Missione 3 – D – Game over di

SINOSSI

Juni Cortez ha lasciato l'attività di agente segreto per la OSS e ora cerca quotidianamente di sbarcare il lunario svolgendo alcune attività che ben poco hanno di avventuroso. L'occasione si ripresenta quando la OSS lo richiama per salvare la sorella Carmen, rimasta intrappolata nel cyberspazio all'interno di un videogioco chiamato "Game Over", creato dal perfido Giocattolaio che intende dominare tutte le menti degli adolescenti con i suoi sofisticati software. Entrando nella realtà virtuale del cyberspazio, Juni dovrà superare quattro complicatissimi livelli di gioco, cercando di non esaurire le varie vite virtuali di cui dispone, per poter accedere al quinto livello, quello in cui è intrappolata la sorella, il più complicato da superare perché programmato dal Giocattolaio stesso in modo che sia impossibile risolverlo. Juni, che è stato scambiato per una delle componenti del gioco "Game Over", incontra come compagni di viaggio nella realtà virtuale quattro coetanei, Arnold, Rez, Francis e Demetra, della quale si innamora quando questa si sacrifica per lui per permettergli di superare un livello in cui stava soccombendo: decide di chiedere aiuto al nonno, che ha un vecchio conto in sospeso con il Giocattolaio, ritenuto responsabile della sua paralisi alle gambe. Giunti con uno stratagemma al quinto livello e incontrata finalmente Carmen, i ragazzi, con l'aiuto del nonno, riescono a spegnere il videogioco in cui sono stati introdotti. Ma il perfido Giocattolaio, liberato da nonno Cortez per potersi vendicare compiutamente, riesce a far trasferire i suoi mostri virtuali sulla terra. I mostri saranno sconfitti soltanto dall'arrivo di tutta la famiglia Cortez al completo e dai suoi fedeli amici, accorsi per fornire un decisivo aiuto.

INTRODUZIONE AL FILM

La terza dimensione Se gli altri due episodi della serie (scritta, diretta, prodotta, montata, commentata musicalmente da Robert Rodriguez), sotto il filtro ipertrofico da action movie per ragazzi e il continuo divertissement proposto attraverso piccole e grandi invenzioni visive e divertenti personaggi ad effetto, possedevano degli indizi problematici che offrivano elementi per un’analisi della realtà (dichiarato ribaltamento dei ruoli tra genitori e figli, costretti ad intervenire per trarli d’impaccio, nel primo film; una sorta di dichiarazione di “sobrietà tecnologica” per gli adolescenti abituati a gadget ultrasofisticati, nel secondo), quest’ultima avventura dei due fratelli Cortez è un pretesto per realizzare una pellicola spettacolare attraverso l’utilizzo della tecnica delle tre dimensioni, adottata, abbandonata e riproposta a più riprese nel corso dei decenni dal cinema commerciale. Già nel 1936 la Metro Goldwyn Mayer aveva realizzato i primi esperimenti di cinema stereoscopico per il quale erano necessari occhialini colorati che avrebbero dovuto esaltare l’impressione di tridimensionalità all’interno delle inquadrature. Il tentativo fu ripreso con alcune variazioni all’inizio degli anni Cinquanta dalla Columbia e dalla United Artists per far fronte all’invadente concorrenza televisiva, ma anche in questo caso – forse a causa della mediocre qualità di quasi tutti i film realizzati con questo procedimento – il successo non arrivò. La Universal tentò ancora la carta della tridimensionalità nel 1983 in Lo squalo 3 – 3 D, per la regia di Joe Alves, terzo episodio dell’avventura marina inaugurata da Steven Spielberg nel 1975. Episodi sporadici, quasi mai baciati dagli incassi, che Rodriguez decide di riprendere e di adornare con lo spettacolo degli effetti digitali ed un simpatico intervento metanarrativo, quello in cui Juni e forniscono occhialini per la visione stereoscopica a tutti i loro amici per rendere più agevole la distruzione dei mostri fatti piovere sulla Terra dal perfido Giocattolaio.

IL RUOLO DEL MINORE E LA SUA RAPPRESENTAZIONE Il controllo delle menti Sotto la scorza spettacolare, sotto gli infiniti pixel degli – a volte stucchevoli e straripanti – effetti digitali, al di là del rilievo fornito ai personaggi grazie alla tridimensionalità, Spy Kids 3 D – Game Over offre la possibilità di riflettere su tre aspetti fondamentali all’interno della storia narrata: l’importanza della famiglia, la possibilità che i nuovi media dotati di sofisticate tecnologie digitali riescano a controllare le menti più indifese e il problema dell’identità degli adolescenti. Nella saga di Spy Kids la famiglia ha sempre ricoperto un ruolo fondamentale, arrivando a motivare le stesse azioni dei personaggi e le scelte fatte nel corso della vicenda. Gregorio Cortez, ad esempio, in quest’ultimo episodio compare soltanto nel finale, quasi che il suo fosse un semplice cameo prestigioso (il personaggio è interpretato da Antonio Banderas), ma il suo intervento appare decisivo ai fini della riflessione sulla funzione e l’importanza degli affetti familiari. Gregorio ci viene mostrato all’interno di un laboratorio ipertecnologico mentre sta per compiere un esperimento rivoluzionario che, secondo quanto afferma, pare essere in grado di conferire nuove certezze sulle modalità di funzionamento del cervello umano. La sua mano è pronta ad incidere una propaggine cerebrale, mentre, sempre più eccitato per la scoperta imminente, si raccomanda di non essere disturbato per nessuna ragione al mondo. La situazione si fa sempre più tesa e degna di attenzione, ma l’improvvisa richiesta d’aiuto del piccolo Juni, attaccato dai mostri provenienti dalla realtà virtuale scatenati dal Giocattolaio, fanno sì che Gregorio con un gesto deciso sbaracchi tutto, distruggendo ciò che di prezioso aveva scoperto fino a quel topico momento. La famiglia innanzitutto, come è d’altronde ribadito nel finale dl film, con i personaggi, anche quelli non legati da vincoli da sangue ma di semplice amicizia, che uniscono le mani inneggiando alla loro origine comune. L’obiettivo da raggiungere, infatti, è quello di evitare che il Giocattolaio, suprema entità che presiede al controllo delle menti adolescenziali, riesca nel suo apocalittico intento di schiavizzare tutti alla sua “mercé virtuale”, impedendo che i ragazzi del mondo svolgano altre attività oltre al gioco dei videogame (l’immagine di un fanciullo che si accanisce con rabbia davanti ad uno schermo di un videogioco incurante del tentativo degli adulti di allontanarlo, mostrata a Juni perché si renda conto della gravità del problema, rende perfettamente l’idea del problema sollevato, anche se in termini grotteschi). L’intrappolamento di Carmen all’interno del cyberspazio, ragione dell’avventura di Juni, è poi elemento indicativamente metaforico di uno stato potenzialmente pericoloso per i minori. Al problema del controllo della mente da parte di un’entità virtuale si accompagna quello, altrettanto grave, della ricerca di un’identità (non virtuale) da parte degli adolescenti: Arnold, Rez e Francis (ma anche il Ragazzo, comparso improvvisamente come una sorta di Deus ex machina in grado di risolvere qualunque problema e scomparso fugacemente nell’arco di pochi istanti per un errore commesso nel tentativo di superare presuntuosamente il quinto livello), nel mondo reale, non sono i dotati personaggi che appaiono nel videogioco, bensì dei ragazzi normali che utilizzano la finzione per apparire ciò che non sono e, in questo modo, far fronte alle loro lecite insicurezze e normali insoddisfazioni dovute all’età.

RIFERIMENTI AD ALTRE PELLICOLE E SPUNTI DIDATTICI

Spy Kids 3 D – Game Over può essere utilizzato all’interno di una discussione che si concentri sull’importanza della famiglia e sul suo ruolo di difesa dai pericoli esterni ad essa (e per questo, in un’ipotetica filmografia di riferimento, possono comparire anche i primi due episodi della saga di Rodriguez), come spunto – naturalmente ironico – di uno studio che voglia riflettere sul ruolo che occupano i videogiochi nel tempo libero dei minori, ma anche in un percorso che intenda rendere conto del problema dell’identità adolescenziale in un mondo che ha riferimenti altri, spesso fittizi, quasi sempre fuorivianti. Giampiero Frasca