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FUNZIONE E ARCHITETTURA DELLA CASA DI TERZA PROBAZIONE DEI GESUITI A

Alexander Grönert

Il complesso edilizio della cosiddetta terza probazione primo noviziato4. Ben presto, però, la forte differen- dei Gesuiti a Palermo è soprattutto per la sua za sia d’età che d’istruzione che contraddistingueva splendida chiesa dedicata a S. Francesco Saverio. i due tipi di novizi si rivelò problematica per la Dell’annessa casa, invece, demolita nel 1958 per far comune convivenza. La soluzione auspicata dalla posto a un edificio adibito ad alloggio per studenti, congregazione generale fu quindi quella di costruire si è persa quasi la memoria1. Esistono, in realtà, alcu- case appositamente destinate alla terza probazione5. ne foto della scomparsa casa, finora inedite, che qui In realtà di queste case ne furono fondate pochissime si presentano; si vuole inoltre chiarire come il com- e, di fatto, la prassi della convivenza tra i novizi di plesso della terza probazione fosse inserito nel con- seconda e terza probazione continuò a persistere fino testo urbano del quartiere. Riteniamo, infine, che alla soppressione dell’ordine6. l’analisi dell’edificio, che si intravede nelle foto, Le prime due case di terza probazione furono aperte possa ampliare le nostre conoscenze sull’architetto e nel 1634 in Sicilia, rispettivamente a e a scultore Angelo Italia (Licata 1628 - Palermo 1700)2, Palermo. Questo fatto da solo è indicativo dell’im- al quale va attribuito non solo il progetto per la chie- portanza rivestita dalla provincia siciliana nell’ambi- sa, realizzato tra il 1680 e il 1684, ma anche quello per to dell’ordine dei Gesuiti7. l’annessa casa. La fondazione della casa palermitana fu resa possibi- Fino alla soppressione della Compagnia di Gesù nel le grazie a Donna Giovanna Beatrice d’Aragona e 1773 (in Sicilia già nel 1767) le case di terza probazio- Ventimiglia, marchesa di Giarratana, donatrice nel ne erano una sorta di scuola di perfezionamento spi- 1633 di venticinquemila scudi, erogati in parte subi- rituale per giovani coadiutori che aspiravano alle to e in parte a rate dopo il 16378. Nel 1633 una parte cariche maggiori nella gerarchia dell’ordine. dei soldi fu utilizzata per l’acquisto di un terreno Superata la prima e la seconda probazione il giovane situato nel quartiere dell’Albergheria: gli edifici pre- gesuita pronunciava i voti semplici di povertà, casti- senti su questo terreno non furono abbattuti, ma sol- tà e ubbidienza. Successivamente, chi era destinato tanto adattati alla nuova destinazione e utilizzati, allo studio, si trasferiva in uno dei collegi per diven- quindi, come abitazione dei novizi; l’unica costruzio- tare coadiutore spirituale formatus. Finiti gli studi il ne nuova fu una piccola chiesa che, secondo la coadiutore, di solito, rimaneva nel collegio per alme- volontà della fondatrice, venne dedicata a S. no altri tre anni svolgendo il compito di insegnante. Francesco Saverio, recentemente canonizzato. Fu Già dopo il terzo anno di studio veniva ordinato aperta al culto il 25 marzo del 1634 dal vescovo di prete, e soltanto in quel momento, dopo circa dieci Palermo, cardinale Giannettino Doria9. Da allora la anni d’appartenenza all’ordine, egli finalmente pote- casa di terza probazione funzionò per circa trent’an- va aspirare al titolo di patre o professus. L’elevazione al ni, ospitando nel 1650 ventitré novizi10. rango di patre presupponeva, però, la professione di Nel 1669, tuttavia, il generale dell’ordine, padre un quarto voto, quello d’ubbidienza al Papa, specifico Giovanni Paolo Oliva (1664-1681), ordinò la chiusu- dei Gesuiti; perciò prima di poterlo professare il coa- ra della casa, dopo aver appreso dal nuovo procura- diutore spirituale doveva trascorrere un anno di tore di S. Francesco Saverio, padre Lanfranco riflessione con esercizi religiosi e spirituali, un secon- Odoino, che l’introito annuo ammontava a soli tre- do noviziato quindi, la cosiddetta terza probazione3. centotrentatré scudi, molto meno di quanto aveva Nei primi tempi, per sistemare i novizi della terza dichiarato il predecessore di Odoino e troppo poco probazione, si ricorreva alle case costruite per il per mantenere la casa stessa. Padre Castelletti, al

Lexicon - n. 2/2006 52 quale era stato affidato l’incarico di verificarne la riguardo al disegno che Italia aveva predisposto per situazione economica, dichiarò la quasi totale disper- le abitazioni di S. Francesco Saverio, ordinando al sione del patrimonio ereditato dalla marchesa di provinciale di mettere «la mano all’opera per subito Giarratana11; forse per questo la casa di terza proba- finirla»22. Appena un anno dopo, però, quando ormai zione aveva effettivamente smesso di funzionare già era diventato più che evidente che la costruzione nel 166112. Non sappiamo come, nel giro di un anno, delle abitazioni sarebbe stata rinviata, visto che la i Gesuiti siciliani siano riusciti a convincere il gene- casa di S. Francesco Saverio non era più in grado di rale Oliva non solo a revocare la chiusura della casa, sostenere neppure la spesa della costruenda chiesa, ma a consentire persino la costruzione di abitazioni Guarini si adoperò per imporre che il disegno di e chiesa nuove. Sta di fatto che il 10 agosto del 1670 Italia, approvato a Roma, venisse rispettato quando i un progetto per la nuova casa di terza probazione, lavori di costruzione sarebbero effettivamente inizia- mandato a Roma da Palermo per essere approvato, ti23. Terminus post quem per la costruzione della casa è non venne respinto. Fu però criticato, sia per la gran- dunque il 1690, ma, probabilmente, fu iniziata non dezza eccessiva della casa, sia per le proporzioni prima della metà degli anni novanta24. È certo che il della chiesa, ritenuta troppo lunga o troppo stretta13. pianterreno doveva essere ultimato entro il 169825. Nonostante il permesso di costruire, però, per molto Nel 1700 la casa di S. Francesco Saverio riprese a fun- tempo nessun altro disegno fu mandato a Roma, zionare, nonostante fosse ancora in costruzione26. forse perché la situazione economica della casa di S. Finora la più antica rappresentazione conosciuta Francesco Saverio, in ogni modo, non avrebbe con- della casa di S. Francesco Saverio era quella contenu- sentito l’avvio dei lavori. ta nel quadro intitolato «Descrizione del distretto Le prime notizie di un nuovo progetto, che doveva della parrocchia di S. Nicolò dell’Albergaria fatta tenere conto delle critiche esposte in precedenza l’anno 1749»27. Nel quadro, dettagliato ma non del dalla procura romana, risalgono soltanto al 168014. tutto fedele, si vede il fronte lungo via Albergheria, Nel 1684, finalmente, si poté porre la prima pietra15. un edificio alto tre piani con un piano ammezzato tra Per contenere la spesa, in un primo momento, fu il primo e il secondo. Dietro questo edificio s’intrave- avviata soltanto la costruzione della chiesa, che fu dono la chiesa e altre parti della casa tra cui i tre cor- eretta a pianta centrale, secondo il disegno di Angelo tili, ognuno di forma diversa. Altri particolari ancora Italia16. Dopo un’interruzione dei lavori di sette anni, si possono individuare in due fotografie in bianco e nel 1697 una nuova donazione, da parte del facoltoso nero, ritrovate nella fototeca della Bibliotheca padre gesuita Michele Bassani, ne consentì la ripresa17. Hertziana a Roma e nell’archivio della Nel 1700, quando Italia morì, la chiesa era quasi ulti- Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali di mata. Era ancora senza la finitura in stucco interna e Palermo28. Altre due foto riferite al complesso sono mancava il secondo ordine della facciata, ma, essen- custodite presso l’Archivio di Stato di Roma. Nella do già sul posto il materiale edilizio, il prospetto foto dell’Hertziana la casa è ripresa da ovest, dal della chiesa poté essere terminato entro il 170218. La palazzo Reale [fig. 1]. Come nel quadro, nella foto si cupola fu innalzata dopo il 170319. Quando la nuova vede il fianco che corre lungo via Albergheria con la chiesa di S. Francesco Saverio fu aperta al culto, il 24 torre campanaria e la cupola della chiesa che spunta- novembre del 1711, i lavori di costruzione erano no da dietro. Dieci fasce verticali di pietra raggrup- ormai terminati20. pano i sedici assi di finestre in sette gruppi da due, in L’edificazione della residenza prese inizio circa un maniera che i rimanenti due assi inquadrino la fac- quinquennio dopo la chiesa. Al disegno di Italia per ciata ai lati. A metà altezza la facciata è percorsa oriz- le abitazioni si riferisce una lettera del 9 novembre zontalmente da una fascia marcapiano che separa la 1689 che padre Francesco Guarini, visitatore dei parte inferiore, con pianterreno e piano ammezzato, Gesuiti in Sicilia, indirizzò a padre Giuseppe Maria dal secondo e terzo piano. Nella foto della Aprile, provinciale dell’ordine a Palermo21. Guarini Soprintendenza, in più, si riesce a vedere che i campi scrisse da Polizzi Generosa, dove si era recato per di muro ritagliati dalle fasce verticali e orizzontali vedere il cantiere del nuovo collegio di questa città, sono inquadrati da cornici di pietra leggermente progettato anch’esso da Italia. Nella lettera il padre rientranti rispetto allo stesso piano delle fasce. Nella visitatore esprimeva la sua piena soddisfazione parte superiore della facciata un’altra fascia di pie- 53

Fig. 1. Palermo, veduta del volume della casa di S. Francesco Saverio (Bibliotheca Hertziana, Roma). 1 tra, tesa tra queste cornici, separa le finestre del 2 secondo da quelle del terzo piano. Dal punto di vista formale la facciata appena descrit- ta si inserisce nella lunga serie di opere che ripetono, per lo più in modo semplificato e con qualche Fig. 2. G. Lazzara, pianta della città di Palermo, 1703, particolare variante, la facciata del Collegio Romano29, ma Italia dell’area dell’Albergheria. È evidenziato il complesso della casa di S. Francesco Saverio; 1) Piazza Ballarò, 2) Casa Professa dei Gesuiti. non attinse probabilmente da questo prototipo, bensì dalla facciata del Collegio Massimo di Palermo, dove nello spazio della via, creava una strettoia che sepa- era stato adottato per la prima volta, già nel 1588, rava la parte superiore di via Albergheria da quella l’esempio del Collegio Romano. In seguito, la faccia- inferiore, più popolata e più propriamente intesa ta del Collegio Romano trovò il suo maggiore suc- come «Bergheria»32. cesso proprio presso i Gesuiti siciliani30. La destinazione della casa alla terza probazione, Nelle due foto citate sono visibili tra l’altro, anche incentrata su una vita piuttosto ritirata dal mondo, una parte delle sedici botteghe citate da diverse senza funzione pubblica, si rifletteva sulla scelta del- fonti, nonché le rispettive abitazioni dei bottegai al l’architetto di collocare gli ingressi principali sia piano ammezzato, contraddistinte, queste ultime, da della casa, sia della chiesa, disposti abitualmente finestre con ringhiera31. La creazione di botteghe va nello stesso fronte, in posizione più riparata nell’ala intesa come rimedio alla mancanza di mezzi finan- nord-orientale del complesso33. In questa posizione, ziari, che oppresse in continuazione la casa di S. la facciata principale della casa era rivolta, comun- Francesco Saverio durante tutto il Seicento. que, verso il cuore del quartiere. Collocandole nell’ala nord-occidentale dell’edificio, i A questo punto bisogna spiegare, però, perché mai Gesuiti cercarono di sfruttare a loro vantaggio il fatto Italia, avendo a sua disposizione tutto il terreno che, da quella parte, il terreno della casa confinasse acquistato nel 1633, abbia collocato la chiesa proprio con la strada più importante del quartiere, la via nell’estremo angolo orientale dell’area fabbricabile, Alberghiera che collegava porta Montalto a sud- in maniera tale da dover ricorrere persino alla defor- ovest con la piazza S. Maria del Carmine, l’odierna mazione planimetrica di una delle cappelle angolari piazza del Ballarò, non lontano dalla quale sorgeva per sistemare l’interno della chiesa dietro la sua fac- anche la casa Professa dei Gesuiti. La casa di terza ciata34. Una soluzione alternativa alla deformazione probazione, con le sue botteghe, si trovava al di sotto della cappella sarebbe stata ovviamente quella di di quel punto dove, a metà strada tra porta Montalto spostare la chiesa e la facciata per qualche metro e piazza Ballarò, la chiesa del Crocifisso, sporgendo verso nord-ovest; ma questo, a quanto sembra, non

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Fig. 3. Palermo, casa di S. Francesco Saverio, cortile (Archivio di Stato di Roma). trovò il favore dell’architetto. Evidentemente egli cercava di sistemare l’ingresso della chiesa in asse con una piccola strada che, da nord-est, giungeva Fig. 4. Palermo, casa Professa dei Gesuiti, cortile. perpendicolarmente alla prospetto principale del complesso, in modo da esaltare scenograficamente la facciata della chiesa35 [fig. 2]. Come in un collegio o una casa professa, dall’ingres- so principale della casa di terza probazione di S. Francesco Saverio si entrava in un’ampia corte di forma quadrata. Come mostra una delle due foto dell’Archivio di Stato di Roma, questo cortile era cir- condato da porticati formati da colonne in pietra di Billiemi sostenenti archi a tutto sesto36 [fig. 3]. Sopra le colonne, tra i pennacchi delle arcate, mensole capovolte sostenevano frammenti di fregi e cornici, facenti da base a fasce di pietra che ripartivano ver- ticalmente la superficie delle facciate dei dormitori nei due piani superiori37. Nella foto si intravedono anche fasce marcapiano e cornici di pietra che inqua- drano campi di parete intonacati. Mentre per le facciate dei piani superiori Italia adot- tò lo stesso linguaggio architettonico della facciata in via Albergheria, cioè una variante semplificata del prototipo romano, il modello architettonico e deco- rativo che scelse per i porticati del pianterreno va ricercato, invece, nel cortile della casa Professa di Palermo [fig. 4]. Da questo cortile derivano la solu- zione d’angolo con le due colonne addossate ad un pilastro quadrato e altri particolari, come le punte di diamante inserite nei pennacchi degli archi o i rombi Fig. 5. Palermo, collegio dei Gesuiti, scalone del primo cortile che ornano i piedestalli delle colonne. (Bibliotheca Hertziana, Roma). 55

Fig. 6. Palermo, cortile della casa di S. Francesco Saverio, portale Fig. 7. Studio per un portale, XVII secolo (dall'album di Talman, (Archivio di Stato di Roma). fol.1, Sotheby’s Picture Library).

Complessivamente, però, le arcate della terza proba- e a Mazzarino. Lì, come pure in altre città siciliane, zione erano più semplici di quelle che circondano il che si trovavano lontane dai principali centri di cul- cortile della casa Professa. Le singole forme sono più tura isolani, scultori e architetti continuarono ancora grossolane, il chiaroscuro è più intenso, il tutto per molto tempo a elaborare le stesse forme, appro- dominato da un verticalismo più accentuato38. Le date in Sicilia nell’ultimo quarto del Cinquecento42 stesse caratteristiche si riconoscono anche in altre [figg. 7-8-9]. opere di Italia che furono realizzate durante lo stes- Andrebbe spiegato, inoltre, perché Italia per la chie- so periodo, per esempio nella scala monumentale del sa di S. Francesco Saverio, pare, abbia tenuto presen- primo cortile del Collegio Massimo39 [fig. 5]. te la chiesa di S. Lucia al Borgo a Palermo43. Sembra Particolarmente interessante è il portale che si vede che negli anni ottanta e novanta del Seicento le scel- nella seconda delle due foto rinvenute presso te stilistiche di Italia si inseriscano in un più vasto l’Archivio di Stato di Roma [fig. 6]. Per spiegare le movimento caratterizzato da un voluto ritorno a scelte artistiche di Italia, che Blunt forse avrebbe modelli del «primo barocco siciliano»44. Proprio la visto come ulteriore prova della presunta arretratez- chiesa di S. Francesco Saverio è un’espressione tipica za dell’architettura siciliana rispetto al barocco di quel clima culturale che l’architetto Paolo Amato romano40, sembra invece molto appropriato la consi- aveva creato a Palermo sin dal 1679, quando, con i derazione di Boscarino il quale ricorda come nella suoi disegni per il S. Giuliano e il SS. Salvatore, ela- «civiltà architettonica» siciliana i fatti architettonici borati sull’esempio delle due chiese palermitane di «non sono dovuti soltanto alle élites culturali egemo- S. Mattia e S. Carlo Borromeo, aveva riproposto il ni, ma anche all’attività, che poi è la più vasta e più cinquecentesco tema della pianta centrale con asse importante, delle maestranze locali»41. A questo principale allungato45. riguardo va ricordato, soprattutto, la formazione di Per comprendere meglio il significato delle scelte Italia come intagliatore nella bottega paterna a Licata formali, effettuate da Italia, è utile, ancora, indagare

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Fig. 8. Studio per un pilone di portale, XVII secolo (dall'album di Fig. 9. Studio per un portale, scuola fiorentina del Seicento Talman, fol.23, Sotheby’s Picture Library). (collezione Umberto Osio, Bibliotheca Hertziana). sulla sua attività come architetto della Compagnia di Gesù, partendo dal contributo che questo architetto aveva portato alla costruzione del Collegio dei Gesuiti a Mazara, dove Italia era stato coinvolto, dal 1673-74 al 1677-78, come capo mastro46. In questa funzione avrebbe dovuto eseguire il progetto che in precedenza era stato approvato a Roma47. Come soli- tamente avveniva, il progetto consisteva nella sola pianta dell’edificio, perciò Italia si sentì libero di aggiungere rilievi e sculture alle cornici delle finestre e al portale48 [fig. 10]. Questi ornamenti dimostrano come egli, già allora, si indirizzò verso forme stilisti- che radicate nella tradizione e ispirate soprattutto alla scultura del manierismo nel centro d’Italia49. Inoltre, Italia decise di alzare le arcate, che a Mazara dovevano circondare il cortile delle scuole, su colon- ne, anziché su pilastri come previsto nel disegno approvato50. Con questo cambiamento egli riusciva efficacemente ad adeguare il disegno alla particolare tradizione siciliana che sin dall’inizio fu presente Fig. 10. Mazara, Collegio dei Gesuiti, portale. 57 all’interno del “modo nostro” dei Gesuiti. Come nel cortile del Collegio Massimo avrebbero dovuto abbiamo accennato sopra, questo specifico modo di presentare pilastri, come nel Collegio Romano, pro- costruire dei Gesuiti siciliani si riconosceva nel gettato da Giovanni Tristano e, per quanto riguarda Collegio Massimo, progettato, tra il 1599 ed il 1619, la facciata, dallo stesso Valeriano tra il 1560 ed il dall’architetto gesuita Natale Masuccio. Anche 1580. Masuccio, però, preferì colonne52. Con la sua Masuccio, a suo tempo, partì da un progetto appro- scelta Masuccio gettò le fondamenta per una tradi- vato a Roma e firmato, intorno al 1592, dall’architet- zione siciliana del “modo nostro” dei Gesuiti. to ufficiale della compagnia, padre Giuseppe L’opera di Italia a Mazara e Palermo si inserisce in Valeriano51. In conformità a questo disegno le arcate questa tradizione regionale53.

1 Le poche notizie sull’edificio sono così sintetizzate da Rosario La Duca: «casa gesuitica costruita dal 1636 al 1680. Casa di educazio- ne della bassa gente (1778). Ospedale Militare (1800). Ospedale Civico (1852). Demolito per la costruzione di un pensionato univer- sitario (1961)». R. LA DUCA, Repertorio bibliografico degli edifici pubblici e privati di Palermo. Parte prima: gli edifici entro le mura, Palermo 1994, p. 252. 2 Per Italia ci limitiamo a segnalare i contributi più recenti: L. SARULLO, Dizionario degli Artisti Siciliani, vol. I, Architettura, a cura di M.C. Ruggieri Tricoli, Palermo 1993, p. 230; S. BOSCARINO, Sicilia barocca: architettura e città 1610 –1760, [Roma 1981], III ed. aggiorna- ta a cura di M. R. Nobile, Roma 1997; F. GRINGERI PANTANO, La città esagonale, Palermo 1996; C. D’ARPA, Il contributo dell’architetto Angelo Italia al cantiere della chiesa di Sant’Angelo di Licata, in «Lexicon», vol. 0 (2000), p. 39-52; ID., Il prospetto chiesastico a due campani- li in area agrigentina nel tardo Settecento, in Dal tardobarocco ai neostili, a cura di G. Pagnano, atti della giornata di studio (, 14 novembre 1997), Messina 2000, pp. 63-73. 3 Nova confirmatio instituti Societatis Jesu, cfr. Institutum Societas Iesu, vol. I, Firenze 1892, p. 92. 4 «Scolastici [...] tertium Probationis annum in Domibus Probationum peragant; quod si hoc commode fieri non possit, in Domibus Professis vel in Collegiis, iuxta Regulas Novitiatus»; da Regulae Provincialis, Prov. n.68, in Institutum... cit., vol. III, p. 80. 5 «Domus tertia probationis in omnibus Provinciis erigendae»; da Congregatio Generalis 20, decretum 12, numero 7, in Institutum... cit., vol. II, p. 471. 6 Ordinationes Praepositorum Generalium, caput 3: De tertio anno probationis, in Institutum... cit., vol. III, p. 262. 7 Nel 1679 esistevano sette case destinate al secondo noviziato, e precisamente a Palermo (1633-34), Messina (1634), Telez (1655, pro- vincia di Boemia), Ettlingen (1663), Gandia (provincia di Aragon), Lyre (provincia flandrobelga) e Alten Öttingen. Cfr. Catalogus Provinciarum Societatis Iesu, Anno 1679; Archivum Romanum Societatis Jesu (da ora in poi ARSI), Sicula (da ora in poi Sic.) 134, ff. 174v-199v. Per Palermo cfr. anche nota 9. 8 Cfr. ARSI, Sic. 200, II, doc. II, f. 391-394. Cfr. la copia del testamento della marchesa (ARSI, Sic. 200, II, doc. III, ff.395r-406v) e la rela- zione De fundatione Domus tertiae Probationis Panormitane Comentarius, 1633 (ARSI, Sic. 200, II, doc. I, ff. 387-390), noché i relativi docu- menti dell’Archivio di Stato di Palermo (da ora in poi ASP) citati in A. I. LIMA, Architettura e urbanistica della Compagnia di Gesù in Sicilia: secoli XVI-XVIII, fonti e documenti inediti, Palermo 2001, p. 44. Per altre donazioni minori vedi ARSI, Sic. 200, II, ff. 544r-v, f. 545v; cfr. nota seguente. 9 «Ora in quest’anno 1633 si vide aggiunta una quarta casa destinata alla Terza Probazione de’ Nostri, che forse fu la prima in tutta la Comp[agni]a che fosse eretta a tal fine [...] D. Giovanna Beatrice Aragona, e Ventigmiglia, Marchesa di Cerratana [...] determinò di fondarla in vita, spogliandosi della somma di 25. mila scudi, che di presente offerse. Vi contribuì anche del suo altri 14. mila scudi il nostro P. Carlo Maria Ventimiglia, cugino di lei. Parte di tutta somma si impiegò subito nella compera di una casa ben’ampia, acco- modata al numero de’ soggetti, nel quartiere detto l’Alberghería, di aria salubre: e per que’ primi tempi vi si fabbricò una mediocre chiesa sotto titolo di S. Fran[ces]co Saverio, la quale si aprì con molta solennità nel 1634. a 25. di Marzo, quando vi si esposero per 4. giorni le 40. Ore della Città, e venne a celebrarvi la prima messa solenne l’Arcivescovo di Palermo P. Gioannettino Doria Cardinale»; Historia Collegiorum, ARSI, Hist. Soc. 134, f. 145-146. Cfr. ARSI, Sic. 200, II, doc. I, De fundatione Domus teritae Probationis Panormitane Comentarius, 1633, f. 387r-v. 10 Cfr. ARSI, Sic. 134, f. 165v. 11 Cfr. la relazione di padre Castelletti della casa Professa di Palermo (ARSI, Sic. 200, II, ff. 540v-550r). Alla relazione di Castelletti si riferisce una lettera del generale Mercuriano (Roma, 1669?): «Havendo letto la relatione mandata dal P.re Provinciale intorno al tem- porale della casa di terza Probatione di Palermo, ritrovo essere in malissimo stato, per gli’impieghi mal fatti nel principio della fon- datione, parte nelle Case gettate per il sito, che è convenuto pagarli oltre il prezzo, per le grosse spese fatte nelle liti, e principalm.te per la mala amministratione dè Proc.ri; onde stimo non sia in stato di riaprirsi, ma ben sì porre in esecutione i ripieghi proposti, et

Lexicon - n. 2/2006 58 approvati nella consulta della Provincia, sin che piaccia à Dio si rimetta in stato migliore»; ARSI, Sic. 200, II, f. 540r. 12 In una lettera padre Niccolò Bugio riferisce al gernerale Oliva che «[la casa di] S. Saverio, dove p[er]che sta in fabrica non vi stan- no de n[ost]ri, ma un Capellano, che neanche dimora in casa…»; ARSI, Fondo Gesuitico, Epistolarum Colectio, vol. 703, fascicolo I. 13 «La pianta mandata da Sicilia rappresenta un’abitazione assai comoda per 25 o vero 30 persone ma quando non fosse per un col- legio tanto numeroso, non veggo a che effetto si faccia una fabbrica tanto ampia. Circa la Chiesa, mi pare che sarebbe più proportio- nata se fosse più corta o vero più larga». Il brano è riportato in A. MANGANARO, La chiesa di S. Francesco Saverio in Palermo ed il suo architetto, Palermo 1940, doc. III, p. 81. 14 Ivi, p. 18 e doc. IV, pp. 82-83. 15 Ivi, doc. XI, p. 100. 16 Per i riferimenti bibliografici sulla chiesa di S. Francesco Saverio si rimanda a: S. BOSCARINO, Sicilia... cit., pp. 121-123; E. DI GRISTINA, E. PALAZZOTTO e S. PIAZZA, Le chiese di Palermo, Palermo 1998, pp. 89-94; La Chiesa di San Francesco Saverio: arte, storia e teologia, a cura di C. Scordato, Palermo 1999; La Chiesa di San Francesco Saverio: dalla fabbrica alla suppellettile, a cura di C. Scordato, Palermo 2003. 17 Cfr. ASP, Fondo Corporazioni Soppresse, casa S. Saverio, serie O, vol. 244, cautele dell’eredità di padre Bassano; indicazione riporta- ta in A. MANGANARO, La chiesa... cit., p. 29. 18 «Nota di Benefici fatti alla casa di S.to Xav.o di Pal.mo in tempo del Padre Carlo Nicolò Biancardi [...] Hà speso [Onze] 565.23.3 in fare la nova affacciata della nova chiesa [...] Padre Carlo Nicolò Biancardi. Padre Girolamo Indico Rett.e.»; ARSI, Fondo Gesuitico, Bd. 500, ff. 493v-r. 19 Cfr. A. MANGANARO, La chiesa... cit., pp. 30-31. L’attuale cupola di S. Francesco Saverio non corrisponde al progetto originale. Per la cupola prevista da Italia si veda la raffigurazione della chiesa nella pianta di Gaetano Lazzara del 1703 [fig. 2] e la soluzione ado- perata dallo stesso architetto per la chiesa di S. Girolamo a Polizzi Generosa. 20 Cfr. l’iscrizione nella parete sinistra del vestibolo della chiesa e F. LO PICCOLO, Diari palermitani inediti (1557-1760), Palermo 1999, p. 88. Secondo Gaspare Palermo la chiesa sarebbe stata benedetta il 27 novembre 1710 dal rettore della casa di “terza probazione”, padre Antonio Lancella, e aperta al pubblico tre giorni dopo; cfr. G. DI MARZO FERRO, Guida istruttiva per Palermo e suoi dintorni. Riprodotta su quella del Cav. D. Gaspare Palermo, Palermo 1858, rist. an. Palermo 1984, p. 423. 21 ASP, Fondo Corporazioni Soppresse, casa S. Saverio, serie O, vol. 244; cit. in A. MANGANARO, La chiesa... cit., doc. LV, p. 154. 22 «Ho parlato appieno col fratello Angelo intorno alla abitazione da farsi per questo tempo in S. Francesco e molto mi piace il dise- gno di detto fratello e tanto più acconsento quanto sarà cosa durevole e della stessa spesa con più comodità e sicurezza di clausura. Egli col suo ritorno [da Polizzi Generosa] comunicherà alla S. V. il tutto e Lei metterà la mano all’opera per subito finirla se pure non ci avrà ella cosa in contrario. Con che mi raccomando a Santi Sacrifici»; ASP, Fondo Corporazioni Soppresse, casa S. Saverio, serie O, vol. 244; cit. in A. MANGANARO, La chiesa... cit., p. 154, doc. LV. 23 Da una lettera del 10 luglio 1690 di padre Guarini rivolta al provinciale Aprile: «Farà S.V. registrare negli ordini quanto qui sog- giongo per ordine di N.ro P.re il quale comanda in virtù di S.ta Ubidienza e sotto peccato mortale che non si possino mutare neppu- re in parte quei disegni delle fabriche delle nostre Case e Chiese che sono stati approvati in Roma...»; ASP, Fondo Corporazioni Soppresse, casa S. Saverio, serie O, vol. 244; cit. in A. MANGANARO, La chiesa... cit., p. 133, doc.XXXI. 24 Cfr. nota precedente e anche Collegium S.ti Xaverij Parnorm.: est suspensum, donec aedificetur; ARSI, Sic. 163 (catalogus brevis, 1691), f. 253v. 25 Nel 1698 la casa di S. Francesco Saverio iniziò a ricavare affitti dalle botteghe ed appartamenti che erano stati allestiti al pianterre- no e al piano ammezzato nell’ala di via Albergheria. Nel 1699 questi affitti ammontavano a quasi un quinto delle entrate complessi- ve della casa: «Stato del Coll.o di S. Saverio di Pal.o [...] introito [...] dal p.mo [settem]bre 1698 p[er] tutti li 31 Agosto 1699 [...] Da locri di case, e botteghe p[er] l’an[no] 1699 [onze] 413»; ARSI, Fondo Gesuitico 486, f. 118v. 26 «Domus 3.a Prob.is Panorm.: Alit ex nostris sex [...] habet redditus [onze] 3728 qua summa deducenda sunt [onze] 1622 ab annuus census [...] sed aedifari debet ecclesia, et domus»; ARSI, Sic. 94 (catalogus triennalis tertius, 1700), f. 47. Nel 1721 divenne la residenza dei dodici missionari gesuiti attivi in Sicilia e con loro anche il fondo per la missione siciliana pervenne alla casa di “terza probazio- ne”; ARSI, Fondo Gesuitico 1605, fasc. 126. 27 Il quadro è conservato al museo Diocesano di Palermo. Per una sua riproduzione cfr. A. I.LIMA, Architettura... cit., p. 48, fig. 37. Cfr. il disegno del «Prospetto principale dell’Ospedale dei Militari in S. Francesco Saverio...»; 1824 ca., Galleria Regionale della Sicilia, Gabinetto di Disegni e Stampe, n. inv. 1148. 28 Roma, Fototeca della Bibliotheca Hertziana, U.PI.D 56867 (fotografo Schwarz) e Regione Siciliana, Soprintendenza BB. CC. AA. di Palermo. 29 Per la facciata del Collegio Romano ci limitiamo a segnalare P. PIRRI, Giovanni Tristano e i primordi dell’architettura gesuitica, Roma 1955, pp. 268-285; E. BELTRAME QUATTROCCHI, Il Palazzo del Collegio Romano e il suo autore, in «Quaderni di storia dell’arte», IV, Roma 1956; R. BÖSEL, Jesuitenarchitektur in Italien, 1540-1573, Vienna 1985, pp.182-188; N. KADIRI, Un progetto per il Collegio Romano, in Dieci tesi di restauro (1982-1985), Roma 1987; S. BENEDETTI, La prima architettura gesuitica a Roma: note sulla chiesa dell’Annunziata e sul Collegio Romano, in L’architettura della Compagnia di Gesù in Italia XVI-XVIII secolo, atti del convegno a cura di L. Patetta e S. Della Torre 59

(Milano 24-27 ottobre 1990), Genova 1992, pp. 57-67. 30 Si vedano in merito le facciate dei collegi di Trapani, Salemi, Sciacca ed . Cfr. R. BÖSEL, Typus und Tradition in der Baukultur gegenreformatorischer Orden, in Römische Historische Mitteilungen, vol. 31 (1989), p. 243; ID., Tipologie e tradizioni architettoniche nell’edi- lizia della Compagnia di Gesù, in L’architettura della Compagnia di Gesù... cit., p. 14. 31 «Relat[io]ne della fabrica [...] nella parte della strada maestra del SS.mo Crocifisso» fascicolo legato in ASP, Fondo Corporazioni Soppresse, casa S. Saverio, Serie O, Vol. 244. Cfr. anche l’elenco dei possedimenti della casa di S. Francesco Saverio nel 1778 in F. RENDA, Dalle riforme al periodo costituzionale 1734-1816, in Storia della Sicilia, vol.VI, Napoli 1978, p. 378: «Numero 16 botteghe con camere sopra, nel quartiero dell’Albergheria, stada maestra di essa, sotto il dormitorio della casa di S. Francesco Saverio...». 32 Nel Sei-Settecento il quartiere del Albergheria era quello con la maggiore densità popolare della città, come risulta anche dalla «Numeratione dell’anime» del 1714: «... Matre Chiesa - n. 18.444, S. Nicolò l’Albergaria - n. 20.108, S. Antonio - n.7.500, S. Ippolito - n. 11.064, S. Croce - n. 7.695, S. Giacomo - n. 7.540, la Calsa - n. 9.650, S. Margarita - n. 4.569, Burgo - n. 1.400 ...»; cfr. F. LO PICCOLO, Diari... cit., p. 100. Per le antiche denominazioni dell’odierna via Alberghiera, cfr. N. BASILE, Palermo felicissima, vol. 3, Palermo 1978, p. 146. 33 Cfr. la foto in G. DI BENEDETTO, Palermo tra Ottocento e Novecento. La città entro le mura, Palermo 2001, p. 49. 34 Ben visibile nei disegni di rilievo riportati in V. PALAZZOTTO, Angelo Italia e S. Francesco Saverio in Palermo, Palermo 1977. 35 Per questa strada, non più esistente, si rimanda alla cartografia storica di Palermo. 36 Sedici colonne e quattordici archi formavano i porticati di due lati di questo cortile. Al pianterreno dell’ala nordorientale, a destra o a sinistra dell’ingresso, c’era la sala per la congregazione di S. Francesco Saverio. Cfr. Relatione... cit. alla nota 31. 37 L’unica planimetria dell’edificio che si conosce è un progetto di trasformazione in ospedale militare di Nicolò Puglia. Dai disegni relativi a questo progetto non è possibile rilevare, però, se sopra i porticati c’erano stanze o piuttosto il corridoio. Cfr. A. I.LIMA, Architettura... cit., p. 86, fig. 67. 38 È caratteristico del linguaggio artistico di Italia la trasformazione della trabeazione, che nel cortile di casa Professa gira al di sopra delle arcate, in una linea spezzata di console sostenute da volute e frammenti di cornice. Altrettanto tipico è il tratto più lungo dello stesso cornicione spezzato utilizzato da Italia come balcone; cfr. fig. 5. 39 Per la bibliografia sul collegio di Palermo si rimanda alla monografia più recente: V. SCUDERI, G. SCUDERI, Dalla Domus Studiorum alla Biblioteca Centrale della Regione Siciliana. Il Collegio Massimo della Compagnia di Gesù a Palermo, Palermo 1995. 40 Cfr. A. BLUNT, Barocco siciliano, Milano 1968, pp. 8, 16. 41 «... Questi artefici erano certamente influenzati dai protagonisti e dalle opere realizzate nelle città più importanti e nelle quali erano più riconoscibili i nuovi linguaggi, ma per esperienza giornaliera questi venivano verificati con quella che si può chiamare la loro civiltà architettonica. Questa raggruppava quella somma di tradizioni e di elaborazioni tecniche e linguistiche, quasi idioma [...] le quali affondavano le loro radici non soltanto nelle opere del Cinquecento, che le precedevano, ma ancora in quelle più lontane risa- lenti all’età medioevale ...». S. BOSCARINO, Sicilia... cit., 1997, pp. 12-13. Cfr. anche S. BOSCARINO, M. R. VITALE, L’architettura barocca in Sicilia fra linguaggi colti ed espressioni dialettali, in «Annali del barocco in Sicilia», vol. 6 (1999), 2002, pp. 11-17. 42 Cfr. per esempio i festoni di frutta che nei due edifici ornano le cornici dei portali; cfr. figg. 4, 6. Per quanto riguarda il tipo di por- tale al quale Italia si riferisce cfr. per esempio la serie di disegni nel cosiddetto album di Talman, soprattutto fol. 1 (portale, Italia, XVII secolo; foto: Sotheby’s, n. 3 M 95892) [fig. 7], fol. 23 (pilone di portale, Italia, XVII secolo; foto: Sotheby’s, n. 3 M 95904) [fig. 8]; e fol. 40 (portale, Italia, XVII secolo; foto: Sotheby’s, n.3 M10311); oppure il disegno per un portale pubblicato come «scuola fioren- tina del Seicento (L. Cigoli?)» in G. FUSCONI, I disegni di architettura nella collezione Umberto Osio, in «Il disegno di architettura», n. 21- 22, ottobre 2000, pp. 26-33 [fig. 9]. In merito cfr. soprattutto i contributi di D. GARSTANG, Origin and early developement of marbeling in Palermo, in «Antologia di belle arti», ns., vol. 52-55 (1996), pp. 80-99; ID., Marmi mischi a Palermo: dalla nascita del vernacolo all’abside di casa Professa, in Splendori di Sicilia, a cura di M.C. Di Natale, catalogo della mostra, Palermo 2001, pp. 152-169. 43 Vincenzo Di Giovanni (1615 c.) suggerisce una datazione di questa chiesa nel periodo del viceré Maqueda, cioè tra il 1598 ed il 1601. Cfr. V. DI GIOVANNI, Palermo restaurato, (ms. 1615 c.), a cura di M. Giorgianni e A. Santamaura, Palermo 1989, pp. 104-105. Della chie- sa, oggi andata distrutta, esistono tre foto nell’archivio Cappellani di Palermo. Non conosco ancora le conclusioni alle quali è giunta, a proposito della chiesa di S. Lucia al Borgo, la dott.ssa Anna Giordano dell’Università di Palermo nella sua recente tesi di dottorato. 44 Cfr. R. WITTKOWER, Art and Architecture in Italy 1600-1750, Harmondsworth/Middlesex 1958, n. ed. New Haven 1999, vol. I, p. VII. Per Boscarino «la vicenda siciliana» del barocco iniziò tra il 1620 ed il 1630. Cfr. S. BOSCARINO, Sicilia... cit., pp. 12, 14 e 95; cfr. anche S. BOSCARINO, M. R. VITALE, L’architettura... cit. Per le difficoltà metodologiche di definire epoche e stili cfr. J. A. SCHMOLL, gen. Eisenwerth, Stilpluralismus statt Einheitszwang - Zur Kritik der Stilepochen-Kunstgeschichte, in Studien zur Kunst des 19. Jahrhunderts. Beiträge zum Problem des Stilpluralismus, a cura di W. Hager e N. Knopp, (I ed. 1970) Monaco di Baviera 1977, pp. 9-19. 45 «Dopo una pausa di ‘silenzio’ di una generazione, alla fine degli anni settanta e nei primi anni ottanta del Seicento la riflessione sugli spazi centrici cupolati raggiunse uno sviluppo intenso grazie soprattutto agli architetti Paolo Amato e Angelo Italia», da M. R. NOBILE, Il noviziato dei Crociferi. Misticismo e retorica nella Palermo del Seicento, Palermo 1997, p. 27. Per questo argomento cfr. anche W.

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LOTZ, Die ovalen Kirchenräume des ‘Cinquecento’, in «Römisches Jahrbuch für Kunstgeschichte», vol. 7, 1955, pp. 7-99. 46 Per la presenza di Italia a Mazara cfr. il Catalogus Primus eunte anno [1675]: «… qui morantur Mazariae, et Regalbuti Anno 1675: Angelus Italia, Alicatetensis … Architectus et Sculptor»; ARSI, Sic. 71, f. 131, n. 2; cfr. inoltre ARSI, Sic. 74, p. 33 e Sic. 162, f. 43r; Sic. 162, ff. 82, 121; 1681 non indicatur; e Catalogus triennalis primus 1678, Coll. Panorm.: «... Angelus Italia ... Architectus»; ARSI, Sic. 74, p. 33, n. 157. 47 Cfr. J. VALLERY-RADOT, Le recueil de plans d’édifices de la Companie de Jésus conservé a la Bibliothèque Nationale de Paris, Roma 1960, n. 172-175. A nostro avviso, l’autore di questi disegni è l’architetto Michele Blasco (1628- 1685), perché lo stile grafico dei disegni somi- glia molto a quello del disegno firmato «D. Michele Blasco», che Vallery-Radot pubblica con il n. 258, eseguito intorno a 1670. I dise- gni per il collegio di Mazara, invece, vanno datati tra il 1671 (fondazione del collegio; cfr. acceptatio e notitia in ARSI, Sic. 196, Fundationes, vol. IV, I-M, ff. 114v-115r) e luglio 1674 (mancata approvazione del progetto; cfr. la lettera del generale del 18.08.1674 in ARSI, Sic. 22, f. 173). Per il collegio di Sciacca cfr. A. I. LIMA, Architettura... cit., pp. 229-237 e 523. Per Blasco cfr. I. SCATURRO, Storia della città di Sciacca, Napoli 1924-1926, vol. 2, pp. 253, 255; S. POLICASTRO, Grandi ed illustri Siciliani del passato dal VII secolo a.C. al 1968 d.C., Catania 1968, p. 67; S. BOSCARINO, Sicilia... cit., p.187; L. SARULLO, Dizionario... cit., p. 57. 48 ARSI, Sic. 23 I, f. 57r, f. 58v, f. 71v, f. 81v. 49 Cfr. per esempio gli atlanti inseriti nel portale principale del collegio [fig. 10] e le erme sui pilastri della cappella di S. Anna nella chiesa del Gesù a Palermo (D. GARSTANG, Origin and early developement... cit., fig. 26, p. 92, 93). Per gli atlanti di Mazara cfr. inoltre la cosiddetta fontana dell’organo di Pirro Ligorio nella Villa d’Este a Tivoli (1568), nonché la facciata esterna di Porta Nuova a Palermo. 50 Anche i portali e gli altri ornati nel cortile del collegio di Mazara sono da attribuire all’intervento di Italia; cfr. A. I.LIMA, Architettura... cit., p. 422, figg. 472, 474; cfr. il portale di fronte al portale d’accesso al cortile (ivi p. 425, fig. 480) con quelli che nei cor- tili palermitani di casa Professa (ivi pp. 342-343, fig. 289) e della terza probazione [fig. 6] si trovano nella stessa posizione. 51 Il progetto di Valeriano corrisponde ai disegni riportati in J. VALLERY-RADOT, Le recueil... cit., n. 228, 229 e 230. 52 I porticati su colonne, che circondano il primo cortile del collegio, furono ultimati prima del 1619; ARSI, Sic. 61, f. 253; in A. I.LIMA, Architettura... cit., p. 43. A differenza del centro d’Italia, i Gesuiti siciliani preferirono le arcate su colonne anche all’interno delle loro chiese a pianta basilicale, secondo una lunga tradizione dell’isola che affonda le radici, come è stato più volte notato, nelle grandi basiliche di epoca normanna. 53 Un altro esempio palese dell’affermazione, nell’opera di Italia, di una tradizione architettonica particolare dei Gesuiti siciliani è, nel 1693, la riedificazione della chiesa del collegio catanese secondo la pianta realizzata dal suo predecessore, Tommaso Blandino, nelle chiese collegiali di Trapani e Catania, rispettivamente tra il 1606 e il 1631 e nel 1623.