NUMERO/242 in edizione telematica 10 aprile 2017 DIRETTORE: GIORS ONETO e.mail: [email protected]

Si scrive FIDAL ma si legge Federazione Italiana Podismo , ovvero un simpatico ritorno alle origini, cioè a quando nell’agosto 1897 nacque a Torino la prima struttura autonoma ad occuparsi delle prime manifestazioni di atletica leggera, l’Unione Pedestre Torinese. Già perché a quei tempi l’attività su pista non esisteva (non foss’altro perché non esistevano le piste se si escludono quelle dell’arena Civica di Milano e di Piazza di Siena a Roma ) ed il podismo era il tutto, o quasi, dell’atletica leggera. Più o meno come oggi, ci verrebbe da dire sfogliando il calendario della Federatletica dove le maratonine, le maratone, le supermaratone le corse in montagna, i trials, le scarpinatine, le corse in salita , le corri-per di qua e le corri-per di là sono predominanti. Ed alla grande. Nel mese d’aprile, ad esempio, di fronte ai 14 impegni definiti come outdoor ( lemma non si sa fino a che punto italianissimo per dire stadio) nel calendario ci sono ben 51 gare su strada. In agosto il rapporto è addirittura di 4 a 20 ! Ma è ancora atletica leggera questa ? Di certo non siamo ancora a questo punto tuttavia ci piacerebbe sapere perché siamo arrivati alla situazione attuale e perché la Federatletica accetti o addirittura incoraggi questo stato di fatto. Non vorremmo avessero ragione i sospettosi (non sempre in buona fede) in s.p.e. sicuri che dietro a questo status ci siano interessi che di sportivo hanno solo l’alibi. Interessi forse anche collegati e collegabili all’incremento del numero di tesserati (veterani, amatori,ecc.) e di quello del contributo versato (almeno si può pensare) dagli organizzatori di gare podistiche, ultramaratone trials, ecc.,ecc. per avere le loro manifestazioni nel prestigioso calendario della Federazione.

Noi non condividiamo queste certezze di certo discutibili, tuttavia (e la questione specifica è approfondita in altre pagine della nostra pubblicazione) ci permettiamo di criticare, e senza alcuna remora, l’eccessivo laissonsfaire dei vertici federali di fronte a concomitanze fra maratonine, maratone, trials, ecc., ecc. di pari livello . Il caso più rumoroso, anche se non il solo, è quello “esploso” un paio di settimane fa: “Maratona di Milano”(iscrizioni 79,00 €) e “Maratona di Roma”(110,00 €) protagoniste in contemporanea ! Cosa da far ridere i polli (se non ci fossero dietro incontrovertibili interessi pecuniari) e per la quale ci permettiamo di dare un piccolo consiglio: l’anno prossimo pur organizzando le due grandiose quanto graziose maratone nello stesso giorno, l’ACEA, la EA7-EA ( o i loro successori), Trenitalia ed Alitalia potrebbero mettersi insieme per realizzare una “navetta” fra Roma e Milano per dare la possibilità ai campioni di lunga lena della porta accanto di partecipare ad entrambe le gare nel corso della giornata. Sarebbe un bell’affare per tutti e non si perderebbe tanto tempo. (Giors)

SPIRIDON/2

Numeri altisonanti ma i maratoneti italiani dove sono?

L’Italia è il paese delle contraddizioni e dei conflitti. E l’atletica, nel suo piccolo, non si fa mancare niente. Vi sembra normale che pur avendo a disposizione buona parte dei 365 giorni dell’anno solare le maratone di Roma e di Milano si debbano disputare lo stesso giorno? Era un problema evidenziato e noto da tempo. Ma il fatto che sia di estrema attualità e di vivace polemica non cambia l’assunto. Anche nel 2018 ci sarà piena concomitanza. Ci si chiede: ma la Fidal è un vigile impassibile che nulla disciplina e controlla, che nulla dialettizza e placa? Non c’è il tempo per rimediare a uno stridore sotto l’occhio di tutti? Gli organizzatori sono stati molto più pacifici e ricchi di fair play di Virginia Raggi, il sindaco di Roma, che ha fatto riferimento a una presunta invidia di Milano. Questione di forma. Due possibili forze che si elidono per le maratone che hanno probabilmente le più stringenti macchine organizzativa nello striato panorama delle prove (numerose) che si corrono in Italia. Poi c’è uno status di merito. Qui le ragioni commerciali più che quelle tecniche sono essenziali. Non è un caso che la Gazzetta dello Sport sia uscita con un inserto sulla Milano Marathon E A7 dove le ragioni dello sponsor (Armani) prevalgano sulla fatica e sul sudore dei corridori, dal primo all’ultimo. Dunque tante pagine per Milano, un pezzetto per Roma, a dimostrazione del fatto che i quotidiani (anche quelli sportivi, ovviamente) devono fare i conti con fondamentali introiti pubblicitari. E quali erano i motivi dominanti di Roma nella titolazione giornalistica? Il debutto di Annalisa Minetti sulla distanza; il tentativo specifico di record di Zanardi, candidato vincente in campo paralimpico; Il bis del canottiere Raineri. L’atletica competitiva, sullo sfondo, dato che il derby Kenya-Etiopia, evidentemente, non interessa al grande pubblico. Roma e Milano dunque mettevano in gioco tanta quantità e nel secondo caso l’ingrediente delle staffette. Roma si gode l’inserimento nell’elite delle maratone più partecipate al mondo. Milano un ordine d’arrivo davvero elefantiaco con 5302 arrivati, inseguendo da questo punto di vista le capitale che già nel 2016 aveva dettato legge con i suoi 13.881 classificati. Ma se ci chiede quanti atleti italiani di nascita o di adozione siano riusciti a scendere sotto le 2H30” (impresa riuscita alla Incerti, una donna!) c’è da mettersi le mani nei capelli. E’ come se dopo i fasti di Bordin e Baldini, dopo averci internazionalmente regalato il piazzamento di Pertile, più che un veterano, la disciplina si fosse completamente prosciugata, scavando il solco tra un paio di specialisti che a Roma e Milano neanche concorrono e quelli che una volta venivano chiamati tapascioni con il condimento di qualche stakanovista atipico come Calcaterra. Ma che il futuro non sia brillante lo dimostra il fatto che all’altezza dei primi di aprile l’unico italiano in possesso del minimo iridato sia il più che quarantenne triplista Donato. E secondo il rapporto Wada del 2015 l’Italia è il secondo paese al mondo per le positività nello sport dopo la Russia: un altro dato assolutamente poco consolante. Daniele Poto Lorena Brusamento conquista la MPI della 12 ore su strada a Provaglio d'Iseo

Provaglio d'Iseo, siamo in provincia di Brescia, ha ospitato il Campionato Italiano IUTA di 12 ore su strada. Diciamo innanzittutto che la UltraFranciaCorta è stata giudicata da atleti e addetti ai lavori una super manifestazione, affascinante dal punto di vista tecnico e molto ben organizzata. L'Atletica Franciacorta ha dimostrato di saperci fare e in modo superlativo. Centocinque gli atleti al via della 12 ore costituiva un bel colpo d'occhio. Se in più aggiungiamo che c'erano 31 staffette della 12x1ora, non si può che applaudire con forza al successo e riscontro ottenuto. Andiamo subito al sodo e ai risultati tecnici, alcuni di questi molto e molto buoni. Partiamo dalla migliore prestazione italiana conquistata da Lorena Brusamento, con 134,368 km alla media di 11,197 kmh che ha consentito anche alla Busamento di vincere la classifica assoluta della manifestazione.

SPIRIDON/3 fuori tema

Negativamente incassata all'uscita di regole e calendari, la notizia torna d'attualità nel giorno in cui attorno al mirabile scenario del teatro romano di Gubbio atterra la finale nazionale dei campionati studenteschi di cross. Bene assoluto, il cross, d'ogni assunto minimamente agonistico. Grande festa, decapitata tuttavia dall'assenza delle rappresentative delle scuole medie di primo grado, il modo peggiore per celebrare i duecento anni dalla comparsa in vita dell'uomo che nelle ultime decadi dell'Ottocento aveva denunciato senza giri di parole, in un memorabile intervento alla Camera dei deputati: <>. La perorazione di Francesco De Sanctis fu alla base del dettato del 1878 che lo stesso uomo nativo di Morra Irpinia e all'epoca ministro della pubblica istruzione, sulla linea di una visione tesa ad allargare la base dell'istruzione popolare, impose all'attenzione della Camera facendone oggetto della legge che stabiliva l'introduzione, nel periodo di cinque anni, degli esercizi di ginnastica educativa in tutte le scuole elementari del Regno. In un quadro generale che ripropone vistosamente, malgrado i ricorrenti proclami annunciati da decenni da un ministro all'altro, l'inguaribile cuore di tenebra e il potere debole della pratica sportiva scolastica e della deficitaria titolarità istituzionale del palazzo installato nel capitolino viale Trastevere, non sarebbe stato male se della ricorrenza bicentenaria si fosse parlato, con un previdente suggerimento (?) al presidente Malagò – generalmente sollecito, nelle sue variabili psicologiche, a raccogliere segnalazioni e a trarne le relative conseguenze – fra un corridoio e l'altro del Foro Italico. Parlarne, ma senza esagerare in illusioni, perché sulla materia, da Carraro a Gattai, da Pescante a Petrucci, non v'è mai stato vertice del Coni discordante dalla celeberrima confessione di Arnaldo Forlani, <>. D'altra parte, caduto nel disinteresse generale del salone d'Onore, torna in mente l'intervento di Alfio Giomi in un consiglio nazionale dello scorso febbraio, quando alla sottolineatura di come i campionati studenteschi sopravvivano solo in virtù dell'impegno dei rari insegnanti ancora seriamente coscienti del loro ruolo pedagogico, l'aula consiliare sia rimasta sorda e grigia e del tutto incapace di mutarsi, senza spargimento di sangue, in un bivacco di manipoli. Per restare non marginalmente sul tema, mentre il nostro ricordo va ad un antico amico dell'atletica quale fu e resta, dalle generose pagine della Nazione di Firenze e sulla linea di un meraviglioso e quasi centenario attaccamento alla disciplina, Carlino Mantovani, merita sottolineare l'iniziativa delle Fiamme Gialle, spesso all'avanguardia in progetti similari: l'aver ospitato nel proprio centro di Castel Porziano, con relativi docenti, venti studenti dagli undici ai quattordici anni dell'Istituto Vivaldi-Murialdo di Torino. Ne saremmo relatori distratti se non aggiungessimo un dettaglio, la visita nel centro polisportivo, durante il raduno, del sindaco del capoluogo sabaudo Chiara Appendino, affiancata da Roberto Finardi, assessore allo sport nella Giunta torinese e 'vecchio' triplista nell'epico sodalizio istituito nel 1921 con la presenza al Trofeo Scudo Nelli di marcia, l'evento magnificato dalla Gazzetta di un'epoca scomparsa con l'intera prima pagina.

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SPIRIDON/4

Trattative in corso con l’Ente Fiera

di Vanni Lòriga

Ormai da tempo si sente parlare di Fiera di Roma e di progetti per dotarla di una pista indoor. Il tam-tam si era diffuso nel corso dei Campionati Italiani di Ancona, città che attualmente ospita una dei due impianti per l’Atletica al coperto, il più frequentato ed efficiente. Un altro complesso (piste, pedane, spogliatoi, tribune) sistemato in un punto strategico del nostro Paese è auspicato da tutti. Nella Fiera di Roma troverebbe collocazione ottimale, praticamente ad un’ora di volo da qualsiasi località d’Italia; a pochi chilometri dall’aeroporto; dotato di stazione ferroviaria e collegato con la rete autostradale. Le voci che si rincorrono impongono una verifica che si può concretizzare solo parlando con il Professor Alfio Giomi, Presidente federale. “La notizia – ci conferma – è vera. Ormai da mesi stiamo trattando la questione con l’Amministratore Unico del complesso fieristico, l’Ingegner Pietro Piccinetti. Debbo anzi precisare che fu proprio l’Ente Fiera a muovere i primi passi. Anche a loro interessa dare nuovi impulsi ad un complesso che possiede enormi possibilità”. Abbiamo premesso gli aspetti positivi della collocazione della nuova Fiera di Roma ma vogliamo aggiungere che in realtà il questa grossa realtà fieristica e congressuale sta vivendo i postumi di un periodo di crisi. L’Ingegner Piccinetti è stato chiamato a salvarla ed ha formulato un Piano di rilancio che prevede il pareggio di bilancio (attualmente ci sarebbe un “rosso” di 230 milioni di euro) entro il 2018 ed utili a partire dall’anno successivo. Questo piano industriale prevede fra l’altro la vendita di quattro dei 14 padiglioni: ed il più esteso, il Numero Uno (superfice di 5300 metri quadrati), è quello su cui la Fidal sta trattando. “Stiamo approntando – prosegue Giomi – uno studio di fattibilità. Sono allo studio due ipotesi. Una più modesta che vedrebbe il recupero della pista indoor di Genova attualmente non usata; una più importante con pista del tutto nuova. In entrambe i casi il vero problema sarà sicuramente quello della gestione”. Naturalmente lo studio è impegnativo, ma auspichiamo, come tutti, che si trovi una soluzione positiva. Non abbiamo perso la speranza nonostante si stiano vivendo soltanto situazioni legate al segno negativo. L’Atletica, soprattutto in questo momento, ha assoluto bisogno di positività. Mi tornano in mente gli ammaestramenti del Maestro Alfredo Berra : “Non ci servono quelli che dicono ?” Io penso invece che ci deve “andare”; che non abbiamo altro di meglio da fare e, soprattutto, che abbiamo il dovere di farlo. Così come abbiamo il dovere di essere ottimisti ed anche il diritto di sfogliare il libro dei sogni. Per cui dico che mi sentirei gratificato se succederanno queste cose. Che la Fidal e Nuova Fiera di Roma raggiungano un accordo ed allo scoccare del prossimo autunno nel Padiglione Uno ci sia la pista indoor. Punto di partenza per costruirle attorno una vera Cittadella dell’Atletica. Perché l’impianto potrebbe funzionare 365 giorni all’anno, promuovendolo a sede permanente per le specialità dei salti. Diventare luogo per corsi di avviamento e di perfezionamento dei Tecnici, mobilitando i migliori docenti italiani e stranieri. In quella Cittadella si potrebbe trasferire il Centro Studi,per riprendere in pieno quel corso virtuoso che anni fa rese la Fidal punto di riferimento per tutti gli sport. Se servissero indicazioni sono disponibili in loco molti di coloro che il Centro Studi vollero, fondarono e promossero, da Augusto Frasca a Gianfranco Carabelli con i suoi amici Maestri dello Sport. E sarebbe bello e giusto cercare un locale (alla Fiera ce ne sono di ogni dimensione) per raccogliere alcune preziose raccolte di pubblicazioni che rischiano di andare perdute per sempre, cominciando da quella dell’indimenticabile Mario Gulinelli. Ed anche qui mi permetto di segnalare un nome, quello di Ruggero Alcanterini: chi meglio di lui potrebbe agire in questo campo? Aprirei corsi speciali per gli studenti dei licei sportivi e per aggiornare sempre più chi lavora nel mondo della Scuola. Dal punto di vista logistico non sarebbe male istituire una navetta con l’Aeroporto, stipulare convenzioni con i vicini alberghi e con il ristorante della Fiera. Perché nella NuovaFiera esiste già tutto, dal pronto soccorso alla banca… Punto troppo in alto? Mi hanno sempre insegnato che se hai piccoli obiettivi non potrai andare molto lontano. E poi ho visto realizzare qualcosa ancora più importante. Parlo del Centro Olimpico “Matteo Pellicone di Ostia”. Lì non c’era nulla e tutto è stato costruito. Qui praticamente tutto già esiste. Si tratta di profittare di una opportunità molto favorevole. Potrebbe essere un momento per un grande deciso rilancio della nostra Atletica. Ricordando la citata massima di Alfredo Berra che, tradotta in italiano e detta con parole mie, così risulta: “ Non è bene sbagliare, ma è peggio non fare…”

SPIRIDON/5

Il susseguirsi di squalifiche su gare che sono ormai datate, rende sempre più difficile districarsi nei meandri della memoria per ricostruire classifiche esatte e collocare esattamente ogni atleta al posto giusto. Nulla da eccepire, ovviamente, sulla pulizia che si sta facendo. Ci mancherebbe. Meglio tardi che mai, si può ben dire. Ma questo non ci consola del fatto che il più delle volte, su domanda a bruciapelo riguardo ad una determinata gara, ci si senta spaesati ed incapaci di fornire una risposta precisa e, soprattutto, sicura. Anche perché capita di sovrapporre a livello mentale l’elenco di chi è stato soltanto sospettato a quello di chi invece è stato realmente squalificato.

Povera atletica. Il doping sembra farla da padrone e nessun altra disciplina sportiva degna di riguardo sta offrendo una lista altrettanto copiosa di colpevoli. E qui sta il punto: possibile che la medicina sportiva si sia premurata di produrre sostanze in grado di dopare soltanto nel nostro amato sport? Il sospetto che ci pare lecito è che altrove non ci sia altrettanta cura nel combattere e sancire chi ha barato. E’ un punto su cui ci fermiamo e lasciamo che ognuno tragga le conclusioni che vuole.

Al di là di questo occorre comunque riflettere ulteriormente su dati certi e a questo proposito rapporti come quello reso noto dall’Agenzia Mondiale Antidoping (WADA) lasciano il segno: nel 2015, infatti, l’Italia è al secondo posto tra i Paesi più sanzionati, seconda soltanto alla Russia che guida questa poco edificante classifica con 176 squalificati. Il Bel Paese arriva a 129, cinquanta dei quali praticanti ciclismo. Poi c’è l’India (117) e, al quarto posto, la Francia con 84. Tra le discipline sportive il maggior numero di dopati appartiene al bodybuilding (270 con una percentuale del 14 per cento visto che i controlli sono stati 1932), seguito dall’atletica con 242 sanzionati però su una base di 32 mila controlli e quindi con una percentuale dell’0,8 per cento. Quindi c’è il sollevamento pesi con 239 riscontri positivi rispetto ai 10300 controlli effettuati (2,3 per cento), poi il ciclismo con 200 casi su 22400 (0,9 per cento). Dato riepilogativo: 1929 positivi che coinvolgono 122 Nazioni e 85 sport.

Cifre dunque poco allegre ed ancor meno sono quelle riguardanti lo stato di salute dell’atletica: Enrico Sisti, su Repubblica, partendo dai minimi di selezione fissati dalla Fidal per la partecipazione ai prossimi Mondiali di Londra ha rilevato come un solo atleta azzurro abbia, al momento, ottenuto il minimo: si tratta di che il 14 agosto compirà 41 anni. E’ auspicabile che qualcuno si aggiunga, ma non sarà facile vedere degli italiani gareggiare all’interno dello stadio che ha ospitato nel 2012 l’Olimpiade e questo anche se magari qualche staffetta riuscirà ad inserirsi nel ranking delle migliori 16, guadagnandosi così il diritto di partecipare alla gara iridata e gonfiando così il numero dei componendi della nostra squadra. Giorgio Barberis

Non è vero che i giovani non amano più frequentare le piste di atletica…..

SPIRIDON/6

Treviglio, cittadina in provincia di Bergamo, vicino al fiume Adda, vanta una lunga tradizione nella produzione agricola e nell’industria; ma anche per una magnifica scuola salesiana. È il canonico don Francesco Rainoni, grande devoto di san Francesco di Sales, rettore della Madonna delle Lacrime, a condurre le trattative sin dal 1887, prima con Don Bosco stesso, in seguito con il suo primo successore, don Michele Rua. Una lettera, proprio del 1887, indirizzata al Santo può essere considerata la magna charta della Casa salesiana. A Treviglio nasce il 18 luglio 1942 Giacinto Facchetti, considerato uno dei primi veri terzini offensivi e uno dei migliori in assoluto nel suo ruolo. Esempio di correttezza e fair play. Celebre una sua frase: «Sono sempre stato del parere che se si deve essere un esempio per gli altri ci si deve anche comportare bene. Da ragazzo, oltre al calcio, pratica atletica leggera, sport in cui ottiene ottimi risultati grazie al fisico poderoso. La prima squadra di calcio (ha 14 anni) è il Gruppo Sportivo Zanconti, che gravita nell’orbita dell’oratorio salesiano. A 15 anni viene tesserato dalla Trevigliese; gioca da attaccante. Nel febbraio successivo provino con il Milan, alla presenza di Ferenc Puskas, in procinto di andare in Spagna, al Real Madrid. Buon test, ma i dirigenti rossoneri non sembrano convinti e tergiversano. A marzo corre gli 80 metri in 9” ai campionati provinciali studenteschi, battendo Ajmone Testa. Un dirigente della Federazione di Atletica Leggera cerca di convincerlo a lasciare il calcio. Ma è tardi. Dal 4 all’8 aprile gioca con l’Inter il torneo giovanile di Ginevra; la lettera di convocazione è firmata da Giuseppe

Meazza, che lo ha visto più volte giocare. Provino superato. A 17 anni muore il padre, Felice. Ora in casa, assieme ad Elvira, la madre, rimangono Giacinto e le sorelle Franca, Gianna e Giuseppina. All’Inter Helenio Herrera lo tiene sott’occhio e lo fa esordire il 21 maggio 1961 in campionato: Roma-Inter 0-2. Lo chiama “Cipelletti”, e profetizza: «In due anni sarà in Nazionale e diventerà il più forte terzino del mondo. Segnerà 60 reti...». La domenica successiva nel debutto a San Siro è lui a segnare il primo dei tre gol neroazzurri. Diviene uno dei protagonisti di quell’Inter: 4 scudetti (1963, 1965, 1966 e 1971), 2 Coppe dei Campioni (1964 e 1965), 2 Coppe Intercontinentali e 1 Coppa Italia; 476 le partite in campionato e 59 reti (sic). Esordio nella Nazionale di Edmondo Fabbri il 27 marzo 1963, a Istanbul contro la Turchia; saranno 94 le presenze. Campione europeo nel 1968 e vicecampione del mondo nel 1970. Negli incarichi dirigenziali conferma le straordinarie qualità umane. Sovente e volentieri torna al suo antico collegio salesiano, per premiare i campioncini in erba. Anche dal punto di vista spirituale non dimentica mai le origini e gli insegnamenti. In una intervista rilasciata ad Avvenire Giovanna, la moglie: «Alla Santa Messa qui nella chiesa di Treviglio Giacinto andava sempre da solo. Era un suo rito dai tempi dei ritiri con l’Inter. La fede lo ha sempre aiutato, anche nei momenti più duri. L’ho visto piangere una sola volta, quando i medici gli hanno comunicato della malattia. Ma non ha mai smesso di credere e gli ultimi giorni in ospedale chiese di poter parlare con un sacerdote». Giacinto Facchetti ci lascia il 4 settembre 2006. «Dalla buona o cattiva educazione della gioventù dipende un buon o triste avvenire della società» (Don Bosco). Pierluigi Lazzarini Exallievo e storico di Don Bosco

SPIRIDON/7

Animula vagula, blandula...

scelti da Frasca

Stiamo assistendo a una demolizione progressiva del linguaggio travolto dall'immagine, soprattutto da quella telematica. Non sono antiamericano, anzi, ammiro molte cose degli Stati Uniti. Ma bisogna sapere che il novanta per cento degli americani, parlando, usa trecentottanta parole d'inglese, mentre nelle opere di Shakespeare ce ne sono ventiquattromila. George Steiner (Parigi 1929). A me queste Brigate Rosse fanno un curioso effetto, di favola per bambini scemi e insonnoliti; e quando i magistrati e gli ufficiali dei Cc e i prefetti ricominciano a narrarla, mi viene come un'ondata di tenerezza, perché la favola è vecchia, sgangherata, puerile, ma viene raccontata con tanta buona volontà che proprio non si sa come contraddirla. Giorgio Bocca (Cuneo 1920-Milano 2011), Il Giorno 1975. Per i fotografi il Bernina era un monte ideale che permetteva scorci rari e stupendi quasi come da un aereo, e soprattutto successivi, così da ritrarre le varie possibili fasi nel loro reale cronologico sviluppo. I fotografi dunque si avviarono con le loro motociclette, si piazzarono nei punti più strategici. Con la nostra macchina ci fermammo su un punto che pareva offrire dal basso grande prospettiva. Ma ne offriva una, magnifica, dall'alto: su di un masso non del tutto ricoperto di neve e sporgente come una dolomia, stavano, in piedi, due figure, due monachelle dal manto marrone e dalla cuffia candida come quella neve e il volto arrossato dal vento, giovanilissimo; una poteva avere diciotto anni. Mi ricordarono due statue lignee di Jacopo della Quercia, immobili com'erano... Un fotografo disse a Bartali (i corridori andavano a passo d'uomo sulla salita): <>. Ma questi rispose con un manrovescio che fortunatamente per lui appena sfiorò il maleducato. Così la foto con Bartali non riuscì, e le monache cominciarono a correre giù per il dirupo, facendosi il segno della croce. Correvano agilmente, senza scivolare, e nessun fotografo le avrebbe raggiunte. Mario Guidotti (Montepulciano 1923-Roma 2011), Il Quotidiano 1954. <>. Dalla lettera alla moglie dell'avv. Giorgio Ambrosoli. Commissario liquidatore della Banca Privata Italiana, Ambrosoli fu assassinato l'11 luglio 1979 da William Joseph Aricò, sicario statunitense inviato da Michele Sindona. Nessuna autorità pubblica partecipò ai funerali. Ogni persona civile ha due patrie, la propria e l'Italia. Henryk Sienkiewicz (Wola Okrzejska 1846-Vevey 1916). Era, posso dirlo per averne conosciuti tanti, un dirigente tecnico atipico… La sua vivace intelligenza ed eclettica conoscenza gli permettevano una così agevole penetrazione e speculazione dei diversi argomenti da farli apparire ovvii. Forse per questo motivo perdeva spesso l'attenzione e l'interesse, tanto da apparire distaccato ed indifferente a problemi così semplici. Sembrava talvolta che l'atletica e le sue tematiche non fossero sufficienti ad appagare le sue necessità intellettive ed oratorie. Ho sempre avuto l'impressione che l'atletica gli andasse stretta, che fosse cioè necessaria ma non sufficiente a dissetare la sua voglia non solo di sapere ma di scoprire… Il contatto con Giorgio Oberweger rese possibile la mia qualificazione professionale poiché inquadrò la mia mente alla scrupolosità del ragionamento scientifico, al rigore terminologico, alla indispensabilità della rielaborazione e revisione delle idee e all'intransigenza dell'autocritica, che considerava presupposti del miglioramento del pensiero che, riferito alle problematiche del training, soleva definire umilmente 'soltanto verosimile'. In diversa occasioni e alla sua presenza gli ho riconosciuti questi meriti, con un ringraziamento per avermi reso possibile l'ampliamento degli orizzonti professionali e consentito di concretare le mie aspirazioni di tecnico allenatore. Carlo Vittori (Ascoli Piceno 1931- 2015), intervista ad Augusto Frasca, dicembre 1999. <>. Dall'intervento alla Camera di Bettino Craxi (Milano 1934-Hammamet 2000), 3 luglio 1992. Nessuno si alzò.

SPIRIDON/8

ViviCittà, trentadue edizioni di corsa verso la libertà

Nel 1984 l'UISP, ha organizzato la prima di una corsa che da nazionale s'irradierà a internazionale proponendo tematiche socio ambientali; nel nome il senso di riappropriarsi della città.Il Corriere dello Sport, parole e voce di Gianni Lorìga, promosse. Il ViviCittà è una espressione di competitività podistica unica al mondo ed è il vanto del benemerito associazionismo sportivo, del quale Sergio Giuntini ha storicizzato ne L'Atletica è Leggera, 1998, che replicò 10 anni dopo nel titolo il manuale di Pino Clemente e, tramite il redattore capo di CorriSicilia, Peppino Giunta, propiziò l'incontro tra i due che scriveranno La Storia dell'Atletica Siciliana.Per inciso, il titolo fu scelto dal Presidente dell’Uisp, (Unione Italiana Sport Popolari), dal compianto Gianmario Missaglia.L'UISP ha diffuso la cultura sportiva con Il Discobolo, la rivista diretta da Fulvio Astori, che divulgava e approfondiva la tecnica e la didattica degli sport, stangava l'egemonia dello sport professionistico mercificato e si estendeva nell'Est dell'Europa con le traduzioni e i commenti di Mario Gulinelli rubato dall'aprile crudele.

Vanni Loriga nell'Arengario

In un bellissimo articolo scritto quello stesso anno da Giovannimaria Lòriga (Vanni Loriga), uno dei massimi esperti di Atletica Leggera, ci racconta quella magnifica giornata del 1 Aprile 1984. L’articolo fu scritto per la rubrica L’ARENGARIO (1) , curata dal Direttore di CorriSicilia Pino Clemente per l’ex sito, Asd Trinacria che ci piace riproporre.

Fra i cimeli che adornano il mio studio occupa un posto centrale un numero di gara: è il numero 1 della prima edizione del Vivicittà che mi fu donato dall’UISP in occasione della XXV edizione della manifestazione. Come tutti sanno la gara più internazionale del mondo nacque nel 1984, indetta dall’UISP e patrocinata dal Corriere dello Sport: io ebbi l’incarico di addetto stampa della manifestazione. Si correva in venti città d’Italia e fin dalla prima edizione Vivicittà suscitò interessi e mobilitò vere masse di amanti della corsa. L’idea iniziale fu di , che qualcosa di simile aveva visto in America; lo sponsor fu l’Ellesse di Perugia dell’ avvocato Gabriele Brustenghi; tutta la Presidenza dell’UISP si mosse con entusiasmo per lanciare un’idea che allora poteva sembrare avveniristica. Lo era, in quanto ebbe, ha tuttora e avrà nel futuro un sempre più concreto avvenire. Come addetto stampa chiesi ed ottenni che i responsabili delle comunicazioni di ciascuna delle venti Città d’Italia interessate all’avvenimento partecipassero ed una riunione di programma indetta a Roma per organizzare i contatti sul territorio. Fu una buona e fruttuosa idea. La collaborazione dei giornali nazionali fu veramente apprezzabile: Tuttosport dedicò una bellissima pagina alla presentazione; alla Gazzetta dello Sport l’idea piacque tanto che l’anno dopo subentrò nel patrocinio, affermando che, a fianco di un Giro d’Italia ciclistico, un Giro d’Italia a piedi si sarebbe trovato come a casa sua. L’altro problema era la partenza: doveva avvenire in simultanea, anche perché i tempi delle venti corse venivano compensati. C’era un computer che calcolava e valutava le differenze dei vari percorsi. Mi venne allora in mente che da ragazzo, quando ero Balilla, partecipavo ad un Saggio Ginnico Nazionale che si disputava contemporaneamente in tutta Italia. Non avevo alcuna nostalgia dei famosi Saggi (“..con un saltello gambe divaricate, braccia in fuori, palme in basso, in quattro tempi torsioni e flessioni del busto, ecc. ecc…”) che nessuno amava, ma ero stregato dal particolare che un uomo solo dettasse i tempi dell’ esercizio ed all’unisono, in tutta Italia, da Torino dove vivevo a Trieste, da Cagliari a Palermo, tutti eseguissero gli stessi movimenti. Chi dirigeva, dallo Stadio Nazionale del Partito in Roma (ora Flaminio), era Argante Battaglia, un profeta dell’atletica che poi fu anche Vice Preside dell’Armellini, Istituto Tecnico Industriale di Orologeria e Meccanica Fine, la Scuola che ha sfornato decine di campioni, da Francesco Rocca a . In quei tempi, era difficile assistere ad una gara di corsa in cui non si registrasse un avvio prematuro, spontaneo. Memore dei miei trascorsi giovanili, avanzai timidamente la proposta che la partenza avvenisse tramite la RAI. Fu contattato il responsabile dello Soprt Massimo De Luca, il quale non solo approvò l’idea ma la esaltò, creando una serie di collegamenti radio tipo “tutto il calcio minuto per minuto”. Altoparlanti diffondevano sulle linee di partenza le cronache sempre più stringenti degli Inviati nelle differenti città. A Roma eravamo di fronte al Colosseo: gli atleti scalpitavano impazienti ma si misero in moto soltanto quando la voce profondissima ed inconfondibile di Sandro Ciotti non dette il via.E tutti di corsa, ignorando che si avviavano verso la storia. Ora sono collegate quaranta città d’Italia, altre diciassette dall’estero. E si gareggia anche in dodici Campi profughi palestinesi e diciassette Istituti di pena e minorili. Considerato che chi scrive è nato nella Colonia Penale Agricola di Lavoro di Sarcidano (comune di Isili, allora provincia di Nuoro) dove suo padre prestava servizio, si sente di poter affermare che Vivicittà è una vera corsa verso la libertà. Vanni Lòriga

(1) Il Coordinatore, Ferruccio Bono, che gestisce il sito CORRIPALERMO, è un fan di Lòriga ed ha rinverdito il ricordo di quello che non fu un ‘pesce d’aprile’.

SPIRIDON/9

Un giornalista 'speciale'Già nei primi anni '50, Vanni Lòriga aveva effettuato alcune collaborazioni sui quotidiani Il Paese e Paese Sera, con Antonio Ghirelli responsabile delle pagine sportive. Nel 1956 era stato inviato a titolo di premio e per aggiornamento professionale ad assistere ai Giochi Olimpici di Melbourne; in qualità di dirigente sportivo, aveva presenziato ai Giochi di Roma del 1960 e, in rappresentanza dell'Ufficio stampa del Ministero della Difesa, anche a quelli di Tokyo 1964. Assunta la direzione del Corriere dello Sport, Ghirelli si ricorda di Lòriga quando gli si pone il problema di rimpiazzare il dimissionario articolista Cesare Lanza; affida quindi al tecnico sardo la responsabilità dei servizi di atletica leggera. Sino al 1992, per oltre venticinque anni, Vanni Lòriga è capo servizio del quotidiano sportivo nazionale, firmando articoli di atletica, basket e altri sport. È inviato speciale del giornale per tutte le successive Olimpiadi, sino al 1992. È a Monaco di Baviera, nel 1972, quando un commando di otto palestinesi di "Settembre nero" compie un'azione terroristica che si concluderà con la strage di undici atleti israeliani, un poliziotto tedesco e cinque fedayn; per seguire in prima fila l'evolversi del drammatico avvenimento, Lòriga scavalca la recinzione del Villaggio Olimpico, dichiarata "off-limits" dalle forze di polizia tedesche e si procura un frattura esposta della tibia e del perone, che richiede 48 punti di sutura.Passato alla Stampa di Torino, Lòriga è inviato speciale anche ad Atlanta 1996. Collabora poi con l'Equipe di Parigi e per il Marca di Madrid. Dal maggio 2012 è direttore di Athlon, la rivista della FIJLKAM-Federazione Italiana Judo Lotta Karate Arti Marziali. Contemporaneamente si dedica alla pubblicazione di libri che la scieranno traccia. Vince due volte il premio letterario CONI-USSI per la cronaca e per l'inchiesta; con il libro La corsa alla salute, scritto insieme al mezzofondista Franco Fava, è segnalato per il Premio Bancarella.Il suo volume Roma olimpica. La meravigliosa estate del 1960, scritto per celebrare il cinquantenario dell'Olimpiade romana, è stato ufficialmente presentato e consegnato dall'autore al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. (Fonte Wikipedia) (Pino Clemente) Il VIVICITTÀ del 9 aprile scorso Sia pure ridimensionata nei contenuti tecnici, la Corsa ha riaffermato la 'mattinata domenicale' della libertà dai vincoli del traffico e dell'inquinamento cittadino.Palermo ha dato il meglio, come risulta dalle classifiche nazionali. Al maschile, il meno giovane e il giovane , entrambi specialisti dei 3000 siepi che hanno collaudato la resistenza aerobica in prospettiva del minimo da raggiungere per partecipare al prossimo Mondiale. CLASSIFICA UNICA COMPENSATA MASCHILE : CLASSIFICA UNICA COMPENSATA FEMM 1 PALERMO – FLORIANI YURI – ITA 00:36:04 1 BRESCIA – BOTTARELLI SARA – ITA 00.41.31 2 PALERMO – ZOGHLAMI OSAMA – ITA 00:36:13 2 REGGIO EMILIA – BRESSI BARBARA -ITA 00.42.10 3 PALERMO – BIBI HAMAD – MAR 00:36:23 3 ARCO -NATTUZZI ISABEL -ITA 00.42.14 4 PALERMO – TERRASI ALESSIO – ITA 00:36:59 4 REGGIO EMILIA – COCCHI FRANCESCA – ITA 00.43.52 5 TERNI – DI GRERIO ROBERTO – ITA 00:37:36 5 SALICE TERME – ANGOTTI KARIM -ITA 00.44.08 6 BOLZANO – JBARI KHALID – ITA 00:37:50 6 REGGIO EMILIA – MORLINI ISABELLA – ITA 00.44.34 7 BOLZANO – PLONER MARKUS – ITA 00:38:00 7 BOLZANO – CASARO ELENA – ITA 00.44.38 8 – ADUGNA BENIYAM – ITA 00:38:04 8 PALERMO – VASSALLO SIMONA – ITA 00.44.59 9 TERNI – PETRINI DANIELE – ITA 00:38:14 9 LECCE – BOELLIS LUANA – ITA 00.45.26 10 TERNI – CIOCCOLINI GIUSEPPE – ITA 00:38:16 10 LA SPEZIA – CIBEI MARGHERITA – ITA 00.45.44

Corsa in montagna

Partecipazione record alla Vertical Tube di quest’anno. E la cosa non deve stupire ed in effetti non stupisce infatti dopo i successi delle prime edizioni la Valtellina Vertical Tube è divenuta una delle più straordinarie gare del genere addirittura a livello mondiale. Ed il punto di riferimento notevole per tutti i patiti di questo tipo di gare. Oltre 400 atleti hanno fatto da degna cornice ed antipasto alla folta pattuglia di elite, entrata in scena per il gran finale.C’era grande , anzi grandissima attesa per la preannunciata sfida fra Hannes Perkmann e Francesco Puppi e lo scontro c’è stato. Incerto sino all’ultimo. Tanto che i due hanno chiuso nell’ordine nello spazio di, udite, udite, dolo due secondi” Al terzo posto l’austriaco Jacob Mayer, splendido in 14’30”. Seguono a ruota due specialisti delle salite più dure Antonio Toninelli in 14’32” ed Henry Hofer in 14’48”. Top ten dai nomi davvero nobili: 6° è Emanuele Manzi (US Malonno, crono 14’49”), 7° Alex Baldaccini (Atl. Valle Brembana, crono 14’40”) 8° Luca Cagnati (Atl. Valli Bergamasche Leffe, crono 15’02”), 9° Alberto Vender (SA Valchiese, crono 15’21” e 10° Tommaso Vaccina (Cambiaso Risso, crono 15’39”). Grandissimo agonismo anche fra le donne fra le quali ha primeggiato la polacco- piemontese Katarzyna Kuzminska a sua volta assai avanti davanti l’azzurra Valentina Belotti, reginetta di casa, terza Francesca Bellezza che in 18’00” chiude a soli 7” dalla Belotti. Giù dal podio con un tantino di delusione delusa, Samantha Galassi con 18’10”, seguita nella top five di giornata da Angela Serena in 19’ netti.

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Vertici dell’atletiva leggera nazionale e regionale, autorità personalità istituzionali hanno presenziato alla “Festa dell’atletica toscana” nel corso d’una sontuosa cerimonia nel Salone dei cinquecento in Palazzo Vecchio a Firenze. Una cerimonia coi fiocchi un un piccolo grande nei che ad un certo punto ci ha fatto pensare che quella fosse piuttosto la “festa degl’… ineducati” visto che non solo tanti premiandi non si sono presentati ma soprattutto che tanti se la sono svignata non appena ricevuti diplomi o coppe lasciando pressoché vuoto il Salone ben prima fosse suonato il “finis”. E’ però anche vero che la sconfortante lungaggine dell’incontro e la prolissità dei politici riescono schiantare anche un bove altro che pazienza di tanta gioventù. Senza dimenticare l’ovvietà di certi discorsi. Ma lo sanno tutti che “L´atletica sta molto a cuore a questa città” ha detto l´assessore allo sport del Comune di Firenze Andrea Vannucci che ha fatto gli onori di casa. Oppure ricordare , con toni di campagna elettorale, tipo “possiamo vantare successi organizzativi importanti nelle attività su pista e su strada. Lo stadio Asics Firenze Marathon Stadium dedicato a Luigi Ridolfi, rinnovato grazie al contributo dell´Atletica Firenze Marathon e della Regione Toscana, ospita alcune delle più importanti manifestazioni nazionali e internazionali. Inoltre la stessa Firenze Marathon organizza tra gli altri eventi la stessa maratona internazionale, la seconda maratona d´Italia per numero di partecipanti, che dà lustro alla città. Con il riammodernamento dell´impianto del Cus Firenze ora abbiamo una pista anche nel Quartiere 5 e quindi abbiamo un impianto in ogni quartiere, ad eccezione del quartiere 1, centro storico. Intenzione dell´amministrazione è quella di mettere mano e sistemare meglio anche. Cose ovvie, concetti più o meno opinabili che a tutto quella gioventù presente, diciamocelo pure, non interessano molto.

I riconoscimenti sono tanti, anzi tantissimi cominciando dalle società per poi passare ai premi individuali e ai Premi Toscana 2016, gli oscar dell´atletica toscana. Per gli atleti i riconoscimento andato a Stefania Strumillo, la discobola dell´Atletica 2005, finalista ai Campionati europei, campionessa italiana e primatista toscana con 59,80. A Stefano Giardi, allenatore di saltatori e saltatrici, tra cui Elena Vallortigara fresca di titolo italiano assoluto indoor nel salto in alto, l´oscar come tecnico dell´anno. Roberto Ninci come giudice mentre Giancarlo Romiti, presidente di Firenze Marathon ha ricevuto il premio come dirigente. Premi speciali alla carriera al tecnico Marco Ugolini, 32 medaglie internazionali per atleti da lui allenati, comprese quelle olimpiche e iridate e al giornalista Carlino Mantovani, 96 anni e Decano dei giornalisti toscani, firma dell´atletica per La Nazione fino a pochi mesi fa. Poi sono state consegnate le querce al merito di terzo, secondo e primo grado, e i premi per gli atleti che hanno ottenuto piazzamenti a titolo mondiale ed europeo. Medaglie internazionali le hanno portate a casa , Samuele e Lorenzo Dini, Said Ettaqi. Premiati anche i vincitori di titoli italiani e regionali, del Gran Prix Fidaltoscanaestate su pista e Fidaltoscana di cross. Suddivisi in due blocchi, per altro numerosi anche i premiati per l´attività Master . Consegnate pure le “Querce al merito” a. Adriano Buccelli, Gustavo Pallicca, Franco Felucci, Adriano Leoncini, Mauro Naldini, Sergio Raminghi, Gennaro Di Fraia, Claudia Manfriani, Paolo Mari,Roberto Mazzantini, Gerardo vaiani Lisi, Roberta Vezzosi, Simone Petracchi. Il presidente della Fidal Alfio Giomi ricordando la “toscanità” della sua federazione. Infatti come ha ricordato che “ai vertici federale ben tre dirigenti su undici sono della nostra regione”. Ricordiando infatti che nel consiglio federale da lui presieduto c’è l’impareggiabile Ida Nicolini , vicepresidente e Gerardo Vaiani Lisi. Prima di chiudere un saluto particolare a Daniele Dellavedova di Luco nel Mugello classe 1977 della Toscana Atletica futura non solo per i risultati ottenuti nell’annata ma anche per la ribalta ottenuta come ultimo, in ordine di tempo, premiato.

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E’ ANDATO AVANTI Lutto nel mondo dell´atletica leggera. All´età di 96 anni è scomparso il giornalista Carlino Mantovani. fino a pochi mesi fa firma per La Nazione prima e per La Nazione Firenze poi per il settore atletica e podismo. Con la sua firma aveva spesso onorato la nostra rivista. A marzo aveva ricevuto il premio speciale Fidal Nazionale alla carriera in occasione della Festa dell´atletica toscana nel Salone de´ Cinquecento di Palazzo Vecchio. Atleta in gioventù, uno dei pionieri della disciplina, si era sempre dedicato con assiduo amore fino oltre la pensione a raccontare la disciplina attraverso gli articoli sul giornale. E’ passato a miglior vita in una data per lui, Stracciafogli dell’Arciconfraternita della Misericordia di Firenze, ricca di significati: il giorno in cui sogni settimana prestava servizio alla Misericordia e redigeva la cronaca di servizio, un venerdì per di più di Quaresima. Per ricordarlo come sportivo ed atleta ecco una breve biografia per mano dell’amico gustavo Pallicca.

Nato nato a Siena il 19 marzo 1922 Carlino Mantovani era aveva iniziato l’attività agonistica nel 1937, dopo una selezione fatta da Bruno Betti sul campo di via Bellini tra quaranta giovani del circolo rionale “Montemaggi”. L’esordio era avvenuto con un secondo posto in una gara di corsa campestre alle Cascine. A questa prima uscita seguirono altre gare anche su pista sui 1500 e 3000 metri. Nel 1939 avvenne l’esordio nel ciclismo in gare per dilettanti e indipendenti (categoria unica): Coppa Burci (170 km), Giro del Casentino (220 km), campionato toscano dilettanti (170 km) vinto da Giulio Bresci (dove Carlino giunse dodicesimo nonostante due forature fra Saltino e Vallombrosa). Effettuò il servizio militare in aeronautica a Torino nel maggio 1940. Anche qui non perse occasione di gareggiare e si qualificò per le finali regionali nei 5000 metri a Firenze e poi per i campionati italiani a Milano. Trasferito all’Idroscalo di Sesto Calende a causa della guerra cessò l’attività sportiva, che riprese nel 1945 con la partecipazione a tre ciclo campestri dove ottenne un secondo e due terzi posti. Terminata la guerra, sollecitato da Bruno Betti tornò all’atletica disputando campestri e gare su strada e su pista spaziando dagli 800 ai 5000 metri. Nel frattempo era stato assunto in ferrovia. Centoventi furono complessivamente le vittorie, tre delle quali nel campionato terza serie a Firenze negli 800 col personale di 1’59”2 nel 1952, nel campionato italiano di corsa campestre ferrovieri a Sulmona (7 km). Secondo nei 1500 a Napoli nei campionati italiani. Con la nazionale ferrovieri quattro furono le presenze in maglia azzurra di cui due a Stoccolma contro la Svezia.Partecipò, su invito, al Trofeo Della Pergola a Milano, una classica dell’epoca, dove giunse terzo nei 1500 metri; vinse anche la prima Coppa Galanti a Bologna. Ha gareggiato per Assi Giglio Rosso, Edera, Atletica Sestese, Etruria Prato e Virtus Lucca con presenze e terzi posti nella finale del campionato di società.Da atleta è stato più volte campione toscano di campestre e su pista. Passato seconda serie, nel 1953 cessò l’attività agonistica dedicandosi al giornalismo. Cronista sportivo, attivissimo e instancabile fino agli ultimi giorni della sua esistenza, Mantovani si era formato alla scuola di Giordano Goggioli, maestro di giornalismo sportivo e non. A sua volta è stato guida per generazioni di colleghi, soprattutto per la sua eccezionale capacità di essere cronista: mai superficiale, sempre attento a ogni particolare fino allo scrupolo. Dopo oltre 30 anni alla redazione sportiva del quotidiano ‘La Nazione’, Carlino Mantovani ha continuato a collaborare anche nell'età della pensione. Ha ricoperto incarichi direttivi nell'Ussi e ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti: nel 2015 è stato inserito nella Hall Fame della Fiorentina, accanto ai più celebrati campioni di calcio. Instancabile era riuscito anche a dedicare tempo al volontariato: è stato per decenni confratello della Misericordia di Firenze. Pochi giorni fa a Palazzo Vecchio la Fidal gli ha assegnato il Premio Alfredo Berra, che era stato ritirato dasl figlio. Come giornalista da segnalare le sue presenze a campionati Italiani, europei, mondiali ( e Roma), Coppa Europa.Nei primi anni ’50 partecipò al corso per giudice di gara ed ottenne la nomina a provinciale. Sempre sotto la guida di Bruno Betti fece anche alcune esperienze in gare di marcia. Gustavo Pallicca

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La gonna bruciata, opera prima di Gabriella Labate Riefoli, ha un ritmo narrativo che avvince dalla prima all'ultima pagina e, in forma autobiografica, racconta di una bimba che patisce una violenza dallo zio 'orco', (già la sua vita è lacerata), transita nell'adolescenza, s'innamora di un coetaneo che scoprirà portatore di caratteri sessuali maschili e femminili, e nella età matura stempera il suo amore impossibile con l'alcol. Nella copertina il colore delle arance, la mamma della protagonista del romanzo durante la gravidanza aveva voglia di arance, e la bimba nasce con i capelli rossi e le efelidi e sarà malvista, come Rosso Malpelo, novella di Giovanni Verga. L'arco temporale riguarda i tempi attuali e l'autrice, felicemente sposata con Raffaele Riefoli, collega d'arte, madre di Samuele e di Bianca Aleida, rivela di aver attinto dalla cronaca e le degenerazioni ci sono tutte: l'infanzia violata, il bullismo, le droghe, i diritti dell'amore. Il pregio del racconto è nel pudore delle parole che descrivono i momenti più scabrosi con metafore e tratti di poesia.Le Istituzioni e la coorte educativa femminile hanno presentato il libro 14 marzo, nel tardo pomeriggio, in via Torremuzza 20, Noviziato dei Crociferi, Palermo.Vittorio Di Simone, che il 4 marzo nella stessa sede aveva presentato I Tre Amici Imperiali, storie del calcio palermitano, ha coordinato e promosso nella sua bacheca, infiorata da sue foto, e da pensieri profondi, ha scritto: "Uniti si vince". L'Opera di Gabriella deve essere diffusa capillarmente nelle Scuole e commentata, per educare alla convivenza con i 'diversi' e al rispetto del prossimo, all'amore sano.

Con puntualità oseremmo dire matematica il nostro comune amico e collaboratore Ermanno Gelati ci propone una sua nuova opera, un volume straordinariamente bello. Un racconto che Alessandra Crabbia non esita a definire degno di un grande romanziere francese Guy de Maupassant. Tracce di colazione, un racconto avvincente che a primo acchito sembrerebbe inadatto ad un titolo dal tono surreale. Il filone della narrazione verte su uUna coppia ricca e borghese, nella quale il tradimento di lui è sinonimo di noia e fatuità: nemmeno la bellezza e la classe di lei hanno fermato l'infedeltà di lui. Ma chi la fa l'aspetti: la donna è determinata a tradire il marito, per vendetta e appianamento del torto. La vacuità dell'adulterio consiste nei dettagli deludenti. Una reazione per certi versi e per la mentalità muliebre “legittima”. Certamente comprensibile che qui tuttavia ha un ricontro diverso ed imprevedibile. La repulsione che lei prova nella squallida camera d'albergo, e nel disgusto alla vista di quella briciola all'angolo della bocca dell'amante, il piacere ripugnante con uno sconosciuto, la riconducono a casa con l'urgenza di scrollarsi di dosso tale contatto, in un desiderio di purificazione mortificante. Il tradimento vendicativo è l'emblema che nessuna rivincita si compie con un adulterio.L'amore, ovunque sia, non vive in esso.

Corrispondenza e immagini dal fronte della Grande Guerra Miane 1915-1917 un interessante volume redatto da Franco De Biase che raccoglie l’iedita corrispondenza dei soldati di Miane, piccolo centro della Marca Trevigiana, inviate dal fronte. Sono lettere , cartoline e fotografie che i mianesi hanno riscoperto nelle loro case e affidato all’autore dopo il suo primo volume è un mosaico di stati d’animo , di situazioni vissute da quei soldati che fissarono sulla carta le loro impressioni, i loro stati d’animo , i loro momenti d’immalinconimento. Testimonianze dirette che ci consentono di percepire, a distanza di cento anni, la crudezza dei loro disagi , la nostalgia di casa , la dura vita di trincea ed in particolare , attraverso le lettere del maestro Mario Lazzari , gli scontri sanguinosi per la conquista del Bassone del Corno di Vallarsi. Il ricavato della vendita sarà devoluto al restauro del Santuario del Carmine tanto caro ai combattenti mianesi