Pistola Mitragliatrice Villar-Perosa Mod. 1915 VITTORIO BOBBA

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Pistola Mitragliatrice Villar-Perosa Mod. 1915 VITTORIO BOBBA 67 Pistola mitragliatrice Villar-Perosa mod. 1915 VITTORIO BOBBA n angolo di storia armiera forse troppo presto dimenticato: la storia di un’arma ingegnosa ed efficace che ha svolto un ruolo determinante nel U primo conflitto mondiale, al di là di un’ergonomia inconcepibile e di seri problemi tattici. Per chi si accosta al mondo delle armi automatiche non è semplice distri- carsi nel marasma delle definizioni che - in modo più o meno contraddittorio - popolano l’ambiente. Tra queste, il termine "pistola mitragliatrice" ha sempre destato nell’immaginario collettivo il concetto di arma a grande capacità di fuo- co di dimensioni contenute, in grado di sparare proiettili per pistola e talvolta impugnabile anche con una sola mano. L’oggetto illustrato in queste pagine, invece, pur ricadendo in pieno nella definizione di pistola mitragliatrice, essen- done addirittura l’archetipo, non rispetta per nulla quei canoni morfologici che nel tempo si sono diffusi intorno al termine. Parliamo della creazione del capitano Abiel Bethel Revelli, ossia la pistola mitragliatrice Mod. 1915, comunemente nota come "Villar Perosa". Prima di concentrarci sulle caratteristiche di quest’arma, è necessario ri- spolverare qualche briciola della storia armiera di quegli anni, per poter più profondamente capire lo spirito di questa ingegnosa creazione meccanica. Alcuni cenni storici La storia di quest’arma prende le mosse nel lontano 1906, quando l’indu- stria automobilistica italiana (e soprattutto torinese) iniziava a produrre quelli che per l’epoca venivano considerati grandi quantitativi di veicoli e sentiva quindi la necessità di provvedere in modo razionale agli approvvigionamenti dei componenti e dei ricambi. Uno dei settori più critici, in quanto quasi totalmente dipendente dall’este- ro, era certamente quello del cuscinetto a sfere. Componente di estrema utilità e di largo consumo, per il quale la nostra industria poteva al tempo scegliere sola- mente tra approvvigionamento all’estero e produzione in proprio, dove la se- conda soluzione appariva a quel tempo sicuramente più economica ma su livelli 68 qualitativi non certo eccelsi, specie se paragonati con il prodotto tedesco o fran- cese. In quell’anno nacque, dunque, la RIV, azienda che deve il suo acronimo al fondatore, Roberto Incerti di Villar, un imprenditore che aveva già legato il proprio nome negli anni precedenti ad un’officina di produzione di biciclette, sita dove oggi sorge il complesso ospedaliero torinese delle Molinette. La RIV ebbe in realtà altri soci fondatori, tra cui merita un particolare ri- lievo il senatore Giovanni Agnelli, presidente della FIAT, il quale non solo mi- se a disposizione la maggiore quota di capitale societario, ma promosse le atti- vità della neonata azienda proponendo la propria fabbrica di automobili come maggiore cliente, quasi monopolizzandone le commesse. Negli anni successivi la RIV, prendendo sede nel nuovo stabilimento ap- positamente eretto a Villar Perosa, nei pressi di Pinerolo, assunse il nome di OVP: Officine di Villar Perosa, per riprendere il nome originario solo molti an- ni dopo. Nel frattempo l’Italia si stava mobilitando e il nostro esercito cercava sem- pre nuove fonti di approvvigionamento per materiali e mezzi. La OVP divenne così uno tra i molti fornitori delle forze armate, producendo per esse biciclette (essenzialmente per i bersaglieri), serbatoi per autocarri, bossoli per cannoni e Su questo esemplare, conservato in una raccolta finlandese, la matricola è apposta an- che lateralmente sulle due culatte, a fianco delle leve di aggancio dei caricatori 69 tutta una nutrita serie di altri materiali di natura meccanica. Allo scoppio delle ostilità con l’Austria-Ungheria la OVP si trovò tra le mani un brevetto, datato 8 aprile 1914 e firmato da Revelli, per la costruzione di un’arma assolutamente innovativa: una pistola mitragliatrice, commissionata dalla Società Metallurgica Bresciana per conto del Comando Supremo delle Forze Armate. Quest’arma aveva caratteristiche del tutto inedite per quei tempi: univa infatti alla spaventosa cadenza di fuoco delle mitragliatrici la possibilità di essere spostata come un’arma leggera. Essa poteva infatti, dato il peso tutto sommato assai contenuto della parte essenziale, essere trasportata da un fante appiedato, così come montata su una bici o su di un automezzo se non addirittu- ra su di un aereo. L’arma venne sottoposta al vaglio della commissione tecnica esaminatrice e ricevette parere favorevole. Essa inoltre piacque immediatamente al nostro Stato Maggiore (non sappiamo se con giudizio autonomo o in quale misura "pilotato" dall’influenza della FIAT, dato anche il nome ufficiale che le venne affibbiato), e venne adottata come arma di reparto con il nome di "Pistola- mitragliatrice FIAT modello 15". In realtà la Villar Perosa non fu subito capita appieno, e nei primi tempi venne adoperata dai reparti in prima linea come un surrogato della mitragliatri- ce leggera, con i risultati e i giudizi che si possono immaginare. Essa si conqui- La OVP matricola 4012, dotata di bipiede. Questo accessorio fu aggiunto su alcuni e- semplari dopo il giugno 1916 70 stò in breve tempo anche un nomignolo irriverente: "Pernacchia", a causa del caratteristico rumore emesso allo sparo. L’impiego venne mano a mano perfezionato, modificandone la dotazione di contorno che in origine prevedeva anche uno scudo a protezione del mitra- gliere ed una cassetta porta pistola. Nel tempo lo scudo venne eliminato, visto che risultò essere eccessivamente pesante (oltre 26 kg!) togliendo ogni mobilità all’arma, e sostituito con un calcio in legno e - talvolta - un’imbragatura che ne consentiva l’impiego dalla posizione eretta durante gli assalti. Gli Arditi la a- dottarono con ulteriori modifiche: il calcio venne sostituito da una semplice cinghia che passava al collo del mitragliere e ne agevolava così il trasporto. Siccome però in questo modo il tiro diventava più difficoltoso, il colonnello Bassi propugnò e fece adottare alcuni accorgimenti rivelatisi assai utili, tra cui un supporto metallico che sorreggeva l’arma in aggiunta alle cinghie ed un bi- piede che ne garantiva il brandeggio. La pistola mitragliatrice divenne così, finalmente, un’arma offensiva e tale rimase fino alla fine del ‘17, quando venne mano a mano sostituita da modelli più evoluti ma comunque da essa derivati. Il parere favorevole all’impiego bellico di quest’arma da parte della com- missione esaminatrice venne dato nell’agosto del ‘15. Il Comando Supremo ri- Il sistema di scatto della Villar Perosa Mod. 15, con il dente della leva di sparo pronto a impegnare l’otturatore attraverso l’apposita finestra ricavata sotto la culatta. La seziona- tura rende ben visibili le molle interne 71 chiese quindi al Sottosegretariato per le Armi e Munizioni 5.000 pistole mitra- gliatrici, ma la richiesta fu esaudita solo in parte, in quanto - almeno come pri- mo lotto - la Metallurgica Bresciana (che già produceva la Glisenti Mod. 1910 e la sua variante "Brixia") venne incaricata di produrne 2.480. Per lungo tempo si è creduto che questo fosse il numero complessivo di pezzi prodotti, ma alla luce dei numeri di matricola rilevati, possiamo dire che questo numero fu di gran lunga sopravanzato ed è probabile che il totale si av- vicini alle 15.000 unità. La produzione fu subappaltata alla OVP, che aveva una potenzialità pro- duttiva di 500 pezzi al mese ma, date le notevoli richieste, durante gli anni in cui rimase in servizio essa fu prodotta anche dalla FIAT e dalla Canadian Gene- ral Electric Company Ltd. di Toronto. La produzione degli scudi protettivi venne affidata all’Ansaldo e alle Ac- ciaierie di Terni, che trovarono però qualche difficoltà nella produzione delle lamiere, tanto che alla fine del 1915 erano state prodotte dalle Officine di Villar Perosa solo 350 armi che però vennero dirottate all’Aeronautica, che le impiegò per ammodernare l’armamento dei propri velivoli. Quindi, ancor prima che il modello 15 entrasse in azione sui campi di battaglia essa venne impiegata nei duelli aerei: paradossalmente il primo impiego bellico non fu dunque quello del modello base bensì di una variante. Infatti l’Aeronautica modificò la Villar Pe- Il lato inferiore della Villar Perosa mostra le finestre di espulsione e il sistema di arma- mento 72 rosa eliminando il pesante (ed inutile) scudo e sostituendo il disco porta-settore con un supporto che ne consentisse l’alzo e il brandeggio con comodità. Tale supporto fu in seguito utilizzato anche per l’impiego dell’arma a terra (con ap- posito treppiede) o montata su biciclette. Fu inoltre aggiunto un mirino circola- re di tipo aeronautico a cavallo delle due canne, in prossimità delle volate. Non è invece chiaro se esistettero anche caricatori da cinquanta cartucce cadauno, come riportato da alcune fonti. Finalmente, nell’aprile 1916 il primo lotto di 125 armi arrivò al fronte: 60 furono consegnate alla Iª Armata, mentre 65 andarono alla IIIª. Dai dati disponibili pare che al termine del 1916 le OVP consegnate alle Armate furono solo 946, mentre fu nel corso dell’anno successivo che il suo impiego raggiunse vertici altissimi, tanto da coinvolgere nella produzione altri costruttori, come detto innanzi. E’ possibile, sebbene questa sia solamente un’ipotesi, che le Villar Perosa fossero impiegate anche da reparti alleati impegnati sul fronte orientale, e che tale impiego fosse stato deciso per permettere l’utilizzo di un’unica munizione comune a tutti i reparti, vista anche la sua grande disponibilità. Certo è che en- tro il maggio del ‘17 le sezioni di pistole mitragliatrici in tutti i reparti vennero raddoppiate, e addirittura triplicate entro la fine dell’anno per un totale di oltre 600 sezioni, ciascuna delle quali aveva due armi in dotazione ed è facilmente immaginabile che almeno una terza fosse resa disponibile ai depositi dei batta- glioni. Pur essendo previste scuole speciali per mitraglieri, esse non prevedevano alcun addestramento per l’utilizzo del Mod. 15, lasciando questo compito ai singoli battaglioni.
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