Spedizione ina.p.-45%-art.2 comma20/blegge 662/96Filialedi Torino 2000 ANNO XV. N.9Novembre 2000

ueo9 94959697 9899100 numero 93 ISSN 1124-044 X

CROSTACEI Il granchio di fiume MENSILE DIINFORMAZIONEEDIVULGAZIONENATURALISTICA alla Zucca BOTANICA Dall’A 101 102 di vita quadro Un metro ECOSISTEMI in omaggio La natura COLLEZIONISMO LE AREE PROTETTE DEL PIEMONTE PARCHI NAZIONALI PARCHI REGIONALI Parco Fluviale del Po Parco Fluviale del Po Tratto cuneese Tratto torinese Gran Paradiso ALESSANDRIA (Riserva Rocca di Cavour) (Area Attrezzata Le Vallere) Via della Rocca 47 - 10123 Torino Capanne di Marcarolo Via Griselda 8, Cascina Vallere, Corso Trieste 98 Tel. 011 8606211 Via Umberto I, 32a 12037 Saluzzo 10024 Moncalieri fax 011 8121305 15060 Bosio (AL) Tel. 0175 46505 Tel. 011 642831 Val Grande Tel. e fax 0143 684777 fax 0175 43710 fax 011 643218 La Mandria Villa S. Remigio NOVARA (Aree attrezzate Collina 28922 Verbania (VB) Sacro Monte di Crea Tel. 0323 557960 Cascina Valperone Valle del Ticino di Rivoli; 15020 Ponzano Monferrato (AL) Villa Calini - Via Garibaldi, 4 Ponte del Diavolo; fax 0323 556397 Tel. 0141 927120 28047 Oleggio (NO) Riserva Madonna della Neve fax 0141 927800 Tel. 0321 93028 PARCHI fax 0321 93029 Monte Lera) Viale Carlo Emanuele II, 256 PROVINCIALI Parco Fluviale del Po 10078 Venaria Reale (TO) Tratto Tel. 011 4993311 Lago di Candia Vercellese/Alessandrino (Riserve Monte Mesma; fax 011 4594352 Via M. Vittoria, 12 - 10123 Torino (Riserva Torrente Orba) Colle Torre di Buccione) Tel. 011 8613501 Piazza Giovanni XXIII, 6 Via Sacro Monte Stupinigi fax 011 8613502 15048 Valenza (AL) 28016 Orta S. Giulio (NO) c/o Ordine Mauriziano, Tel. 0131 927555 Tel. 0322 911960 via Magellano, 1 fax 0131 927721 fax 0322 905654 10128 Torino SETTORE PARCHI Tel. 011 5080223 Monte Fenera fax 011 5080245 Via Nizza 18 - 10125 Torino ASTI Fraz. Ara - Via Martiri 2 Parchi astigiani 28075 Grignasco (NO) Settore Pianificazione (Rocchetta Tanaro, Tel. e fax 0163 418434 VERBANIA Tel. 011 4322596 Val Sarmassa, Alpe Veglia e Alpe Devero Fax 011 4324759 Valleandona e Val Botto) Lagoni di Mercurago Via Castelli, 2 Settore Gestione Via S. Martino, 5 (Riserve Canneti di 28868 Varzo (VB) Tel. 011 4323524 14100 Asti Dormelletto e Fondo Toce) Tel. 0324 72572 Fax 011 4324793 Tel. 0141 592091 Via Gattico, 6 fax 0324 72790 Banche dati fax 0141 593777 28040 Mercurago di Arona (NO) Tel. 011 4324383 Tel. 0322 240239 Sacro Monte Calvario fax 0322 240240 Biblioteca di Domodossola Tel. 011 4323185 Borgata S. Monte Calvario, 5 BIELLA 28055 Domodossola (VB) Baragge (riserva), Bessa Tel. 0324 241976 fax 0324 247749 (riserva), Brich Zumaglia TORINO (area attrezzata) Collina di Superga Sacro Monte Via Crosa 1 (Riserva Bosco del Vaj) della SS. Trinità di Ghiffa 13882 Cerrione (BI) Via Alessandria, 2 P.zza SS. Trinità, 1 Tel. 015 677276 10090 Castagneto Po (TO) 28823 Ghiffa (VB) fax 015 2587904 Tel. e fax 011 912462 Tel. 0323 59870 fax 0323 590800 Parco Burcina - Felice Piacenza Gran Bosco di Salbertrand VERCELLI Casina Blu Via Monginevro, 7 Alta Valsesia 13814 Pollone (BI) 10050 Salbertrand (TO) C.so Roma,35 parchi mail Tel. 015 2563007 Tel. e fax 0122 854720 13019 Varallo (VC) fax 015 2563914 Tel. e fax 0163 54680 tutti gli indirizzi Laghi di Avigliana CUNEO Via Monte Pirchiriano Lame del Sesia e le e-mail 10051 Avigliana (TO) (Riserve Garzaia Alta Valle Pesio e Tanaro Tel. 011 9313000 delle aree protette (Riserve Augusta fax 011 9328055 di Villarboit; Bagiennorum; Isolone di Oldenico; e del settore parchi Ciciu del Villar; Orsiera Rocciavrè Palude di Casalbertrame; Oasi di Crava Morozzo; (Riserve Orrido di Chianocco Garzaia di Carisio) Via XX Settembre, 12 sono aggiornati Sorgenti del Belbo) e Orrido di Foresto) 13030 Albano Vercellese (VC) Via S. Anna, 34 Via San Rocco, 2 - Fraz. Foresto nel sito ufficiale della 10053 Bussoleno (TO) Tel. 0161 73112 12013 Chiusa Pesio (CN) fax 0161 73311 Tel. 0171 734021 Tel. 0122 49398 Regione Piemonte fax 0122 48383 fax 0171 735166 Loc. Sacro Monte www.regione.piemonte.it Alpi Marittime Val Troncea Piazza della Basilica (Riserve: Juniperus V. della Pineta 13019 Varallo (VC) Phoenicea; 10060 Pragelato (TO) Tel. 0163 53938 Tel. e fax 0122 78849 Bosco e Laghi di Palanfrè) fax 0163 54047 C.so Dante Livio Bianco, 5 12010 Valdieri (CN) Canavese Bosco delle Sorti della Tel. 0171 97397 (Riserve Sacro Monte di Partecipanza di Trino fax 0171 97542 Belmonte; C.so Vercelli, 3 Monti Pelati e Torre Cives; 13039 Trino (VC) Vauda) Tel. 0161 828642 c/o Municipio fax 0161 805515 Via Matteotti, 19 10087 Valperga (TO) Tel. 0124 659521 fax 0124 616479 editoriale REGIONE PIEMONTE 2000 Direzione Turismo, Sport e Parchi 9 • Via Magenta 12, 10128 Torino Direttore: Luigi Momo 2 Assessorato Ambiente Parchi piemontesi Via Principe Amedeo 17, Torino Cart, Cartusia ovvero Certosa Assessore: Ugo Cavallera di Enrico Massone Difendersi dalla natura Assessorato Cultura Via Meucci 1, Torino 6 Assessore: Giampiero Leo Crostacei o conviverci? Il granchio di fiume Disastro, tragedia, diluvio. Le ferite, i danni, l’angoscia sono an- PIEMONTE PARCHI di Sandro Bassi cora recenti e cocenti. Ponti divelti, strade smozzicate, case sbrin- Mensile dellate e, su tutto, melma, massi, detriti. Direzione e Redazione 11 Via Nizza 18 Reintroduzioni Le immagini degli scenari apocalittici sono ancora vive e doloro- 10125 Torino Lo stambecco se; il bilancio in perdite umane, fortunatamente, è considerevol- Tel. 011 4323566 nelle valli del pinerolese mente inferiore alla tragica alluvione di sei anni fa. Ma sempre Direttore responsabile: di Marco Giovo, Robi Javanel, troppi. I danni economici e materiali invece di gran lunga mag- Gianni Boscolo Domenico Rosselli giori. Redazione 16 Questa volta la natura ha colpito ancor più pesantemente, iso- Enrico Massone (vicedirettore), Ecosistemi Giovanni Boano (Museo Storia Un m2 di vita lando una grande città come Torino, seminando distruzione in Naturale di Carmagnola, consulenza di Daniele Castellino mezzo Piemonte e in Valle d’Aosta. Un ritorno al medioevo, in un’a- scientifica), Susanna Pia (archivio rea del Paese fiera del proprio sviluppo, delle sue reti tecnologiche fotografico), Mauro Beltramone 22 (documentazione bibliografica), Natura e collezionismo e di comunicazione. Sconvolto il parco del Gran Paradiso, alluvio- Aldo Molino (itinerari e territorio) Figurine che passione! nata la sede a Vallere, del parco del Po torinese, l’acqua è arrivata an- Maria Grazia Bauducco (segretaria di Gianni Boscolo che nella nostra tipografia immobilizzandoci per alcuni giorni.. di redazione), Fiorella Sina (CSI- consulenza informatica) 26 Ponti crollati, strade spezzate, travolti anni di lavoro, risparmi, fatiche. Hanno collaborato a questo numero: Musei del territorio Come sempre, durante e dopo, si discute se e come, era evitabile tutto S. Bassi, D. Castellino, A. Ferrari, I mestieri di Cisterna ciò, dove e chi ha sbagliato, ha omesso, ha guardato, gestito, con super- M. Giovo, C. Gromis di Trana, di Aldo Molino ficialità, insipienza o peggio. R. Javanel, D. Rosselli, D. Valla Fotografie: 28 Come spesso accade si cerca la causa, cementificazione, mancanza di pia- G. Boetti, G. Carrara, L. Giunti, Animali del mito nificazione, incendi boschivi, abbandono della montagna e via verso cau- R. Javanel, F. Liverani, e della storia se sempre più planetarie, riscaldamento della terra, buco dell’ozono, scio- L. Ramires, F. Valla, R. Valterza, L’unicorno glimento dei ghiacciai, “tropicalizzazione” del clima. Archivio Cedrap (G. Carrara) Disegni: tra favola e scienza Torneremo ovviamente su questi temi. Tuttavia si può dire fin d’ora che C .Girard, E. Giuliano di Anna Ferrari non vi è una causa, ma un insieme di cause che concorrono, seppur in In copertina: 30 misura diversa, a rendere questi eventi apocalittici. Con pesi ovviamen- Granchio di fiume, Botanica te diversi, incidono i ghiacciai che si squagliano e un ruscello che ingab- foto Fabio Liverani Olivo, l’albero divino biato in una tubatura diventa dirompente quando si libera. Dobbiamo Registrazione del Tribunale di Torino di Gianni Boscolo n. 3624 del 10.2.1986 abbandonare definitivamente la visione di una natura semplice, legata Arretrati (se disponibili, dal n. 52): L. 3.500 35 a modelli di funzionamento meccanicistici. E se non vi è una causa u- Manoscritti e fotografie non richiesti dalla Esperienze nica non vi è soluzione taumaturgica. La natura è complessa: va af- redazione non si restituiscono e per gli L’Amazzonia salvata frontata consapevoli e rispettosi di questa complessità. stessi non è dovuto alcun compenso. dai suoi abitanti Ma cercando di risalire si finisce di arrivare al modo di pensare la na- Abbonamento 2001 (tutti i 10 di Fredo Valla tura da parte dell’uomo. numeri dell’anno, più gli speciali), tramite versamento di lit. 24.000 37 Dai commenti di quei giorni dolorosi ne possiamo estrarre due, co- sul conto corrente postale Alimentazione sì emblematici da diventare archetipi di due modi di pensare ed n. 13440151 intestato a: Sua maestà il tartufo interagire con la natura. Piemonte Parchi - SS 31 km 22, di Aldo Molino 15030 Villanova Monferrato (AL). Il primo, certamente finora minoritario: “canalizzata, cemen- 40 tificata, “civilizzata”, la natura sembra manifestare una oscu- Gestione editoriale e stampa: Botanica ra volontà di rivalsa. Forse, oltre a contenere le sue manife- Dall’A alla Zucca stazioni selvagge, bisognerà imparare a rispettarla e blan- di Caterina Gromis di Trana Diffusioni Grafiche S.p.A. dirla. A renderla meno offensiva accettando la sua irri- Villanova Monferrato (AL) 43 ducibile diversità”. Tel.0142/3381, fax 483907 Parchi piemontesi Il secondo, fino ad oggi prevalente: “la natura è sel- Ufficio abbonamenti: Lavori in corso tel. 0142 338241 vaggia e ferina e indifferente: non è dunque la difesa 44 della natura che deve starci a cuore, ma la difesa di noi Grafica: Francia Notizie, ricerche, Riservatezza -legge 675/96. L’Editore garantisce stessi dalla sua violenza cieca e dalla sua sovrumana la tutela dei dati personali. rubriche, libri, Dati che potranno essere rettificati indifferenza. Le alluvioni, come le carestie o i terremo- o cancellati su semplice richiesta scritta internet e che potranno essere utilizzati ti, sono natura allo stato puro: è la civiltà, è la tecnolo- per proposte o iniziative legate gia che può forse salvarci”. alle finalità della rivista. Stampato su carta ecologica senza cloro A ciascuno di noi, ed al genere homo nel suo insieme, spetta scegliere e comportarsi di conseguenza. I par- chi, il loro progetto, le loro azioni, la loro cultura, si col- locano nell’alveo della prima lettura della natura. La seconda, investe tutto ed esclusivamente nella tecnologia e, finora, non ci ha risparmiato lutti e danni ed angosciosi scenari futuri.

PIEMONTE PARCHI ON LINE http://www.regione.piemonte.it/parchi/rivista/index.htm PARCHI PIEMONTESI CART, ovveroCartusia CERTOSA

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Enrico Massone foto L. Giunti disegni E. Giuliano Un tipico scenario da immaginario col- lettivo. Un luogo fresco e silenzioso, lon- tano (ma non troppo) dal resto del mon- do e popolato solo da uomini ‘santi’. Poi il campo di visuale si restringe sui par- ticolari della breve radura montana, su un gruppo di edifici semplici, ben pro- porzionati e in perfetta armonia con l’am- biente, dove s’intuisce lo scorrere paci- fico della vita bucolica, dove tutto ciò che avviene è cadenzato dal ritmo lento del- le preghiere e delle stagioni. E’ la realtà del monastero ed è così che si presenta la Certosa e Monte Benedetto. Al mar- gine del parco Orsiera-Rocciavrè, que- sto vero gioiello incastonato nel verde, ancora poco conosciuto dal vasto pub- blico, è una importante testimonianza storica e architettonica. La Certosa non è una generica abba- zia, ma un’istituzione religiosa nata per risponde a ben precisi canoni formali e regole di comportamento. Innanzi tutto il nome. Chartreuse è un toponimo, il nome di un luogo montano impervio, di- ventato famoso in tutto il mondo cristia- no perché proprio lì fu costruita la prima Certosa. In quel deserto, sperduto fra le rocce e la vegetazione del Massiccio Centrale (Francia), il teologo S. Bruno di Colonia fondò la comunità religiosa dei monaci certosini. Era il 1084 e da al- 2

2 La Certosa sorge a 1400 metri d’altezza nel cuore della val di Susa: dal di Villarfocchiardo si raggiunge facilmente in auto lungo una strada stretta e ripida

1. La certosa (foto L. Giunti). 2. L’aspetto presunto della certosa di Monte Benedetto (disegno di E. Giuliano). Il disegno deve considerarsi puramente indicativo in quanto non si conosce con certezza l’aspetto degli edifici (in particolare delle celle) in quell’epoca. Quanto raffigurato è stato desunto da studi storico-architettonici,da ruderi visibili e dalle strutture equivalenti di altre certose. 3. La certosa nel verde di Monte Benedetto (foto L. Giunti). 4. Insediamenti monastici in Val di Susa (disegno di E. Giuliano). 5. L’anello della certosa. è un percorso autoguidato ad anello intorno alla Certosa di Monte Benedetto. Lo scopo di questo percorso è quello di evidenziare alcuni aspetti esterni del complesso monastico di interpretazione non immediata come i ruderi della vecchia fornace per la calce, del muro di cinta, del chiostro, della correria e alcuni aspetti delle consuetudini dei certosini.

profondo desiderio di restare lontano dagli sguardi e dalle at- tività degli uomini, non c’è posto migliore di una valle nasco- sta fra i monti, aspra e inospitale, immersa in una foresta di alberi maestosi. La storia dell’insediamento certosino a Monte Benedetto è ric- ca e complessa, anche se non eccezionalmente lunga, per- ché il complesso religioso costruito nel XII secolo fu investito da una disastrosa colata di fango nel 1473 che costrinse i mo- naci ad abbandonarlo. La chiesa, dedicata alla Vergine Ma- ria e a San Giovanni Battista, non subì gravi danni e conservò inalterata la sua struttura per più di mezzo millennio. Con l’in- 3 cameramento dei beni della Chiesa, a metà Ottocento, la pro- prietà degli edifici e dei terreni circostanti passarono ad una famiglia privata e furono utilizzati a fini agricoli-forestali e per lora le certose si diffusero in tutta Europa, esportando insie- l’allevamento. La chiesa è stata dichiarata ‘monumento na- me alle Consuetudini dell’Ordine, anche un modello orga- zionale’, ma senza i provvidenziali interventi di mantenimen- nizzativo che influenzò l’architettura, l’agricoltura e l’econo- to della stabilità, fatti eseguire già negli anni Quaranta dall’at- mia. L’intreccio delle quattro lettere CART è l’antico mono- tuale proprietario Cattaneo, probabilmente non sarebbe giun- gramma che contraddistingue tutte le certose costruite a par- ta così integra fino ai giorni nostri. Tra il 1987 e il 2000, l’edi- tire dal ‘400 ed è un’abbreviazione di Cartusia. Nel corso dei ficio di culto, ormai sconsacrato, è stato sottoposto ad un’at- secoli, i monaci dal caratteristico abito bianco, si diffusero in tenta operazione di restauro ed ora è utilizzato come centro molte località italiane e in Piemonte, oltre a Monte Benedet- per incontri e concerti. Lo scorso luglio si è svolto un impor- to, un altro importante complesso monumentale è ora com- tante convegno internazionale incentrato sul rapporto fra svi- preso all’interno di un’area protetta regionale: Santa Maria di luppo del movimento certosino e contesti territoriali. Pesio nel Parco naturale Alta Valle Pesio e Tanaro. Preghiera La Certosa sorge a 1400 metri d’altezza nel cuore della val di e solitudine, vita eremitica, rigida alimentazione vegetariana Susa: dal comune di Villarfocchiardo si raggiunge facilmente e continua tensione spirituale, trovano nel contatto diretto con in auto lungo una strada stretta e ripida. Dopo aver visitato i la natura l’ambiente ideale per realizzarsi. Per chi prova il vari edifici che compongono il complesso certosino, ai turisti

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La pubblicistica sulle Certose è mol- to vasta e pertanto segnaliamo solo alcune opere fra le più recenti oltre all’ormai classiche: “Guida alla alla Certosa di Pesio e al Parco Naturale Alta Valle Pesio” Regione Piemonte, Edizioni C- DA, Torino, 1992, £.29.000 e “Guida alla Certosa di Monte Benedetto e al Parco Natu- rale Orsiera-Roc- ciavrè”, Regione Piemonte, Edizio- ni CDA, Torino, 1995, £.29.000. In occasione dell’otta- vo centenario della Certosa di Monte Be- nedetto, nel luglio scorso si è svolto il Convegno internazionale “Certose di montagna, certose di pia- nura, contesti territoriali e sviluppo monastico”. (Per la prenotazione de- gli Atti, rivolgersi al Comune di Vil- larfocchiardo. Tel. 0119645025; fax 0119646283; E-mail: c.villar@filei- ta.it). Un pratico volumetto della serie I tac- cuini del Rocciavrè, realizzato dall’En- te Parco naturale Oriesera-Rocciavrè “L’origine e la storia delle certose di Monte Benedetto e di Banda” (Alza- ni editore, £. 12.000) fornisce molte informazioni ‘collaterali’ che permet- tono di inquadrare le vicende di que- sta presenza certosina nel contesto più ampio del monachesimo medie- vale.

e ai pellegrini viene offerta una straor- notono, dell’acqua di un ruscello che sal- dinaria opportunità di conoscere le ‘per- tella sulle rocce. Il percorso risulterà par- tinenze esterne’ al sacro recinto. Un per- ticolarmente apprezzato dagli amanti corso ad anello, messo a punto dai della natura e della storia. Si articola at- Michela Favro e Federica Turco han- guardiaparco lo scorso novembre, aiu- torno a otto punti-sosta che con l’aiuto no svolto un’interessante studio sui “Certosini in Val di Susa: strutture ta a vedere ed interpretare i segni che i di testi e disegni mettono in luce i resti conventuali ed economiche da Losa monaci hanno lasciato sul territorio più di manufatti religiosi e civili come la cor- ad Avigliana, XII-XVII secolo” (Ed. di settecento anni fa, segni di difficile let- reria, il muro di cinta, il ponte sul Rio del- Morra - Condove - Tel. 01129644264, tura per l’occhio non abituato a coglie- la Sega e la fornace della calce. Le pri- £. 20.000). Si tratta della sintesi di u- re dettagli a prima vista insignificanti. L’i- me brume autunnali con le infinite sfu- na tesi di laurea, discussa alla Fa- tinerario della durata di circa mezz’ora, mature di colori e l’aria frizzante sulla coltà di Architettura di Torino nel si snoda in una piccola conca intervalli- faccia, il sapore di cibi caldi e tradizio- 1998/99, densa d’informazioni sull’ar- va, dove gli spazi prativi si alternano a nali che si possono gustare una volta ri- chitettura e sulle attività economiche piccoli boschetti e dove l’atmosfera di tornati nel fondovalle, trasformano que- delle due certose. pace e serenità è rotta solo dal canto sta passeggiata in un’esperienza indi- degli uccelli e dal fragore, lieve e mo- menticabile.

4 Le leggende delle bocce d’oro

Tra le leggende narrate nelle interminabili veglie nelle stalle di un tempo, ce ne sono mole che hanno come protagonisti i mo- naci di Monte Benedetto e Banda. A lasciare i bambini a bocca aperta erano soprattutto le storie che raccontano delle stupefa- centi ricchezze accumulate dai religiosi e in particolare delle boc- ce d’oro. La cosa che intrigava i più creduloni era il fatto che ancora a- desso le bocce d’oro sono nascoste da qualche parte in attesa che qualcuno molto bravo o molto fortunato le trovi. Cosa non molto difficile visto che “Al momento buono, basta la pedata di una mucca per farle saltar fuori!”. Una partita a bocce a Cassafrera Si dice, nelle borgate di San Giorio, che i monaci di Monte Be- nedetto avessero l’abitudine, durante lo “Spatiamentum” ov- vero nella giornata in cui era loro permesso di uscire per una passeggiata in co- mune, di recarsi nella alta conca di Cassafrera per gio- care a bocce. Per poter fare una partita in santa pa- ce, lontano da occhi indiscreti, avevano scelto come campo da bocce un prato circolare circonda- to da inaccessibili pietraie, perfetta- Bocce di polenta mente piatto, coperto da un’erba bassa, fitta e verdissima. Que- Secondo alcuni la leggenda delle bocce d’oro deriverebbe da u- sto luogo esiste realmente ed è chiamato “lou Pianat di Fra”. na ricetta inventata dal fratello converso addetto alla cucina. Inutile dire che le bocce utilizzate dai frati erano di oro puro e Il buon frate, dovendo preparare un pasto sostanzioso per i con- che per risparmiarsi la fatica di portarle avanti e indietro le na- fratelli che lavoravano lontano dalla certosa, aveva cominciato scondevano nei dintorni... dove si trovano ancora adesso! ad appallottolare la polenta intorno a un bel pezzo di toma. Nessuno le ha mai trovate anche perché, quando qualcuno si Le “bocce” venivano poi ben dorate sulla brace e messe in fila avvicinava troppo alle bocce, la campana di Monte Benedetto a raffreddarsi su una finestra che dava sul sentiero. Così i mon- iniziava misteriosamente a suonare da sola ed i monaci poteva- tanari, che di polenta non ne potevano mangiare a sazietà, un no intervenire a sviare i curiosi. po’ in buona fede un po’ per invidia, cominciarono a raccon- tare in giro che i frati possedevano molte bocce d’oro e faceva- Le bocce d’oro andate al diavolo no delle gran belle partite. Per motivi di sicurezza il Priore della certosa di Banda aveva de- ciso di trasferire a Monte Benedetto le sue preziose bocce d’o- ro. “Fra Minot” obbedisce e carica le bocce nelle ceste da basto di un somarello. “Fra Minot” ed il somaro con il prezioso carico imboccano la galleria che collegava Banda a Monte Benedetto passando sot- to al Gravio. Arrivati a metà strada un terremoto spaventoso sconquassa le montagne. Il versante dentro al quale corre la gal- leria frana così che frate e somaro si trovano appesi alle radici di n faggio sopra una spaventosa voragine. Per liberare l’asino dalla incomoda posizione “Fra Minot” è co- stretto a tagliare il sottopancia ma il basto si rovescia e le bocce d’oro rotolano giù nella frana. In un momento di stizza il mo- naco esclama «Boce ’d la malura! Andé al diaou!». Dalla voragine aperta dal terremoto salta fuori proprio il dia- volo che si impossessa delle bocce. Da allora il maligno non ha avuto più pace: sempre a nascondere le bocce d’oro, a spostar- le di qua e di là con il timore di farsele portar via.

5 I E C A T S O R il granchioC fluviale

1 Prevalentemente notturno, il granchio di fiume trascorre il giorno nella tana, che generalmente consiste in una galleria lunga fino ad un metro scavata da lui stesso nel terriccio molle della sponda del corso d’acqua.

Sandro Bassi ratteristiche biologiche - primo passo per corso d’acqua. Di notte, il nostro cro- foto di Fabio Liverani elaborare corrette strategie di conser- staceo va a caccia, lungo il greto o ne- vazione - sono ancora lacunose, alme- gli immediati dintorni. Le sue prede so- no per quanto riguarda il territorio italia- no perlopiù invertebrati - lombrichi, I granchi non sono esclusivi abitatori del no. chiocciole, crostacei (non esclusi indivi- mare; esiste una specie, Potamon flu- I granchi sono crostacei decapodi (a die- dui della sua stessa specie: il canniba- viatile, evolutasi e adattatasi alle acque ci zampe) brachiuri, cioè con il corpo di- lismo è quasi una regola), carogne, in- dolci dei torrenti. Il granchio di fiume è viso in tre parti: capo, torace addome. I setti e loro larve, acquatici e non - ma, un animale raro, forse già per sua na- primi due (che formano il cefalotorace) potendo, si nutre anche di rane, girini, tura e ulteriormente rarefatto dagli eventi sono ricoperti da un’unica piastra chiti- avanotti e piccoli pesci. La dieta “car- (inquinamento, cementificazioni, modi- nosa che è il carapace. L’addome è in- nea” viene di norma integrata da semi fiche varie dell’habitat) che negli ultimi curvato ventralmente e, nelle femmine, e frutti selvatici come ghiande o noc- decenni hanno causato un progressivo provvisto di una tasca per l’incubazione ciole. In realtà l’alimentazione dipende, degrado della maggior parte dei corsi delle uova e il trasporto dei piccoli. oltre che dalle risorse disponibili, anche d’acqua italiani. A ciò si aggiunge, in pa- Il capo è munito di un apparato bocca- dal ruolo gerarchico: i maschi adulti, più recchie regioni, un’indiscriminata e ille- le masticatore, due mandibole e due robusti, occupano le zone migliori men- gale raccolta a scopo alimentare. Come paia di mascelle non molto evidenti. Gli tre i giovani tendono a rimanere nasco- i suoi parenti marini, infatti, il granchio occhi sono sostenuti da un peduncolo e sti sotto i sassi del greto ove trovano co- di fiume è una prelibatezza: le parti com- possono essere ritratti in due cavità or- munque piccole prede, uova di anfibi o mestibili del suo corpo sono poche ma bitali del cefalotorace. Da quest’ultimo buone ed evidentemente valgono il ri- si dipartono anche gli arti, in numero di di pesci, detriti vegetali. In certi periodi schio di una multa e il rimorso per aver cinque per parte. Il primo paio porta ro- - ad esempio, per le femmine, a inizio contribuito al regresso demografico di buste chele che servono per difesa e estate, quando la produzione di uova un animale affascinante. Raccolta a par- predazione, mentre le altre quattro paia richiede un’alimentazione più ricca - il te (che comunque su una specie già lo- hanno funzioni locomotorie: la deam- granchio può allontanarsi un po’ alla ri- calizzata può avere effetti deleteri), a mi- bulazione avviene, come ben si sa, in cerca di cibo; scorazza allora nel sotto- nacciare questo crostaceo sono so- senso laterale, con risultati buffi, se vo- bosco, fino anche a qualche centinaio prattutto gli interventi antropici sull’am- gliamo, ma efficaci. di metri dall’acqua. biente dato che si tratta di una specie a In periodo riproduttivo i maschi ingag- suo modo “fragile”, specializzata, adat- Un po’ di biologia giano tra loro lotte rituali, che hanno lo tabile sì ma non al punto da sopportare Prevalentemente notturno, il granchio di scopo non trascurabile di sancire quali bruschi cambiamenti dei parametri e- fiume trascorre il giorno nella tana, che siano gli individui più forti e quindi atti cologici che le sono congeniali. Va det- generalmente consta di una galleria lun- ad accoppiarsi. Una femmina può ac- to inoltre che le conoscenze sulla sua ga fino ad un metro scavata da lui stes- coppiarsi con più partner: l’atto copula- distribuzione capillare e sulle sue ca- so nel terriccio molle della sponda del tivo esiste eccome, ma non subito se-

2 Una volta all’anno, ad inizio autunno, avviene la muta, che comporta un momento di “debolezza” in cui i granchi sono indifesi e quasi impossibilitati a muoversi.

guito dalla fecondazione. Il maschio ri- lascia alla femmina un sacchetto di sper- ma, che viene conservato, per un tem- po variabile (da qualche settimana fino a più di un anno, dato che non perde vi- talità), all’interno di un apposito ricetta- colo seminale. La fecondazione delle uova, prodotte dalla femmina all’interno di una sorta di “contenitore-incubatrice” formato dall’addome ripiegato sul tora- ce, avviene successivamente. Le circa 200 uova che compongono ogni “cova- ta” si schiudono dopo una quarantina di giorni: i piccoli vengono accuditi e anzi trasportati dalla madre per le prime due settimane in particolari appendici addo- minali interne all’“incubatrice”. Si tratta di una strategia riproduttiva profonda- mente diversa da quella dei granchi ma- rini, che producono molte più uova ma le abbandonano. Il nostro Potamon flu- viatile ha “scelto” invece di risparmiare in proteine, garantendo però una prote- zione alla prole. Scelta determinata dal- la minor disponibilità alimentare offerta dall’ambiente e dalla necessità di eco- nomizzare i consumi. Una volta all’anno, ad inizio autunno, av- viene la muta, che comporta un mo- mento di “debolezza” in cui i granchi so- no indifesi e quasi impossibilitati a muo- versi. Momento che viene trascorso al sicuro all’interno della tana.

Il granchio di fiume merita certamente un’attenzione maggiore di quella finora prestatagli (e che in molti casi purtrop- po si è limitata agli aspetti gastronomi- ci). La merita perchè di lui si sa ancora poco e perchè comunque, dai dati at- tualmente disponibili, risulta in pericolo 3 a causa delle non poche minacce di cui il suo ambiente è oggetto. Di fatto il granchio di fiume non è pro- tetto a livello nazionale: rientrando fra le specie “ittiche” e mancando una legge- 4 quadro nazionale sulla pesca, la sua sal- vaguardia a livello normativo è affidata alle Regioni, che in alcuni casi hanno provveduto ad inserirlo tra le specie di cui è vietato il prelievo. Questi regola- menti locali possono essere senz’altro efficaci (purchè accompagnati da con- trolli seri), tuttavia, per la conservazio- ne della specie, è prioritaria la tutela dell’habitat nel suo complesso. Alla fragilità intrinseca della sua situa- zione si è aggiunto, negli ultimi tempi, un ulteriore fattore di potenziale minac- cia: l’introduzione di crostacei alloctoni, già avvenuta in alcune zone del territo- rio, ad esempio con il gambero turco o di Galizia (Astacus leptodactylus), il “gambero americano ” (Orconectes li- mosus) e con il gambero rosso di Loui- siana (Procambarus clarkii), segnalato

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DIFFUSIONE Potamon fluviatile ha una diffusione circum-mediterranea, dall’Africa Settentrionale (Maghreb, dove è presente con due sottospecie distinte) alla penisola balcanica (Gre- cia, , Macedonia, e Serbia meridionali) fino a quella italiana, do- ve va dalla Sicilia fino al Piemonte meridionale e alla Pianura Padana; il limite set- tentrionale è costituito pressapoco dal fiume Po, anche se esistono alcune citazioni “storiche” (tutte del secolo scorso) per la Lombardia e il Veneto. Abita le acque dolci correnti; fino a qualche anno fa lo si riteneva legato ai corsi d’ac- qua d’ambiente forestale, che restano in effetti i suoi prediletti. Recenti ricerche han- no appurato che la copertura vegetale continua, arborea e arbustiva, delle sponde, è strettamente necessaria per quei corsi d’acqua a regime torrentizio che in periodo e- stivo si prosciugano o quasi: il granchio in tali casi si rifugia nei microhabitat fresco- umidi che gli consentono di superare il periodo di siccità. Nei corsi d’acqua perenni, dove è il flusso idrico stesso a fungere da volano termico, il granchio può sopportare anche l’assenza o l’eliminazione della copertura vegetale, dimostrando in tal senso una certa plasticità ecologica. Poco si sa invece sulla sua sensibilità agli inquinanti: è genericamente ritenuto abitatore (e, anzi, indicatore) di acque pulite, al pari dei gam- beri di fiume, con i quali però di norma - salvo eccezioni - non convive.

9 in Piemonte fin dal 1991 (vedi Piemon- te Parchi n. 98/2000). Pur occupando u- na posizione sistematica differente - trat- tasi di gamberi e non di granchi - que- ste specie possono in diversi modi inte- ragire con il nostro Potamon fluviatile e competere con lui, occupando le stes- se nicchie trofiche se non addirittura e- sercitando una diretta, seppur episodi- ca, attività di predazione. é superfluo ri- cordare come il fenomeno, per ora non esattamente valutabile per scarsità di dati e limitato ad alcuni settori dell’Italia settentrionale, possa avere effetti de- vastanti per via delle note caratteristi- che di aggressività, maggiore adattabi- lità e mancanza di fattori di controllo ti- pici di queste specie alloctone. 9 Nel servizio fotografico la vita del 10 granchio: 3. Tana con exuvia, ossia la muta. 5. L’accoppiamento 6. Una femmina con il “contenitore- incubatrice” colmo di uova. 7. Le uova. 8. Un granchiolino appena uscito dall’uovo. Misura pochi millimetri. 10. Una predazione. 11. Al riparo nella tana.

Per la conservazione della specie, è prioritaria la tutela dell’habitat nel suo complesso

Bruno S., 1987 - Pesci e Crostacei d’acqua 11 dolce d’Italia. Giunti Ed., Firenze. Froglia C., 1978 - Guide per il riconosci- mento delle specie animali delle acque in- terne italiane. Decapodi (Crustacea Deca- poda). C.N.R., Roma, 4. Grimaldi E., Manzoni P., 1990 - Enciclope- dia illustrata delle specie ittiche d’acqua dol- ce di interesse commerciale e sportivo in I- talia. Ist. Geogr. De Agostini, Novara. Inglisa M., Montanari S. 1995 - Che gran- chio! “Airone”, 168.

Per saperne di più Liverani F., 1994 - Io sto con i granchi. “Aic”, Trimestrale Ass. It. Ciclidofili, 1. Nobile L., 1997 - Presenza di gamberi al- loctoni in Emilia-Romagna. In: Organismi acquatici e ambiente, Atti Sem. Ozzano E- milia del 31.05.1996. Suppl. al n. 6/97 di “Laguna”, bim. Reg. Emilia-Romagna. Tebaldi G., Ciani C., Fabbri R.A., 1997 - In- dagine preliminare sulla distribuzione del granchio di fiume Potamon fluviatile (Herb- st, 1785) in Romagna. Quad. Studi Nat. Ro- magna, 7.

10 REINTRODUZIONI

1 LO STAMBECCO nelle valli del pinerolese storia di un ritorno Marco Giovo anche se veniva assiduamente cacciata dai montanari locali tecnico faunistico Comprensorio Alpino TO 1 per la carne e per le presunte proprietà terapeutiche e tali- Robi Janavel smaniche attribuite a molte parti del suo corpo. consulente faunistico parco Po cuneese Allo stambecco corrispondeva l’identificazione demoniaca, Domenico Rosselli conseguenza dell’immagine del capro (considerata la più fre- guardiaparco Val Troncea quente incarnazione del male), associata alla straordinaria ca- pacità di questo animale di frequentare e vivere in ambienti e- Lo stambecco scompare dalle valli pinerolesi intorno alla metà stremi, preclusi non solo all’uomo ma anche a moltre altre spe- dell’Ottocento, secondo alcuni racconti tramandati fino ai gior- cie presenti sull’arco alpino. ni nostri riguardanti gli ultimi abbattimenti in Val Pellice ed in Nel 1669, Jean Leger, nella sua “Histoire generales des Egli- Queyras. ses Vaudois”, dedica allo stambecco un intero paragrafo con Fino a quell’epoca la specie era diffusa su queste montagne, disegno intitolato "Merveilles des Bouquetins”. In vecchia gra-

2 11 fia del ‘600, dopo aver accennato al ca- ed in pochi anni si assiste alla coloniz- moscio, si legge: “C’è poi un’altra specie zazione di territori esterni al Parco della di capra selvatica che chiamiamo Bou- Val Troncea (valloni di Prali e di Massel- quetin, ma non è né capriolo né camo- lo, Val Germanasca, dove si è costituito scio. Vive sulle cime delle montagne i- un nucleo stabile che conta oggi oltre 80 naccessibili, dove la neve non accenna esemplari), di gran parte del massiccio mai a sciogliersi, si corica di frequente del Monviso e del confinante vallone fran- sui ghiacciai eterni: la loro agilità supera cese del Guil. di molto quella dei camosci. I montanari L’interesse per lo stambecco coinvolge che mangiano sovente la loro carne, ne così anche il Parc Naturel Régional du traggono un meraviglioso giovamento per Queyras che, attraverso un programma il fisico e inoltre, se si è raffreddati non dell’unione Europea (INTERREG) con la c’è che da mescolare qualche goccia di Comunità Montana Val Pellice, libera nel sangue dell’animale con del vino o del maggio 1995 12 capi e, nell’aprile 1998, 3 brodo, coricarsi e dormirci sopra e ci si altri 14 animali provenienti dal Parc Na- rimette a meraviglia”. tional de la Vanoise; questi stambecchi, Questo documento di oltre tre secoli fa è marcati e muniti di radiocollare, vengono molto significativo ed esprime tutta l’am- “battezzati” dalle scolaresche del Quey- mirazione per la superba bellezza che ras e della Val Pellice. Molti di questi a- questo ungulato selvatico suscitava nei nimali, già dopo pochi mesi dal rilascio, montanari locali, ma evidenzia anche i sono avvistati in Val Pellice, in Val Ger- motivi della sua progressiva estinzione, manasca ed in Val Po. favorita dalla relativa confidenza dell’a- Di questi anni è anche la reintroduzione nimale nei confronti dell’uomo. dello stambecco nel massiccio dell’Or- Lo stambecco ricompare in questo set- siera-Rocciavrè nell’omonimo parco na- tore della Alpi Cozie solamente verso la turale; in quest’area protetta, in tre fasi metà degli anni ’70 quando alcuni e- fra il 1995 ed il 1999, sono rilasciati 12 a- semplari vengono avvistati in Val Ger- nimali provenienti dal Parco Nazionale manasca ed in alta val Chisone (Val del Gran Paradiso (cfr. numero 96 di Pie- Troncea): provengono dall’Oasi di prote- monte Parchi). zione del Roc del Boucher (Valle della Le ultime immissioni, nella zona del Mon- Ripa, Sauze di Cesana), dove negli an- viso, sono quelle del maggio 1999 a ni fra il 1970 ed il 1973 l’Amministrazio- Chianale (Val Varaita) e del maggio 2000 ne provinciale di Torino ha curato la li- in Val Maira, dove sono liberati 10 e 10 berazione di 17 animali. esemplari catturati nel Parco delle Alpi Per assistere alla prima reintroduzione in Marittime. una valle pinerolese occorre attendere il La raccolta sistematica delle osservazioni 1978 quando la Provincia di Torino, As- degli animali marcati e l’applicazione del- sessorato Caccia e Pesca, in collabora- la tecnica della telemetria sugli esemplari zione con altri enti locali, trasferisce in liberati nel Queyras, seguiti sul versante Val Pellice, nell’Oasi faunistica del Ba- italiano da un consulente incaricato dal rant nel Comune di Bobbio Pellice, 7 ca- parco del Po - tratto cuneese, ha con- pi, provenienti dal parco nazionale del sentito di realizzare un interessante stu- Gran Paradiso; purtroppo tre di questi dio sugli spostamenti degli stambecchi in morirono dopo pochi giorni a causa del- questo settore dell’arco alpino. lo stress dovuto alla cattura ed alle forti Gli animali, nel periodo immediatamen- nevicate verificatesi nella zona di rilascio. te successivo al rilascio, sono soggetti Negli anni successivi il progetto viene ab- ad un grande erratismo che li porta in po- bandonato credendo che i pochi anima- chi mesi a compiere anche spostamenti li immessi fossero tutti morti o dispersi, di diverse decine di chilometri. ma nel 1985, dopo un lungo periodo di Ecco alcuni esempi: Neige, femmina di ricerca, si conferma la presenza in alta 10 anni liberata in Queyras a fine mag- Val Pellice di un popolamento di circa 12- gio 1995 raggiuge i primi di luglio la Val 15 stambecchi. Germanasca, a 15 chilometri in linea d’a- Nel 1987 è la volta della Val Troncea, do- ria dal punto di rilascio, e stessa sorte ve, a cura dell’Ente parco istituito nel spetta a Jupiter, maschio di 7 anni rila- 1980, vengono rilasciati 6 esemplari pro- sciato a fine aprile 1998 in Queyras e av- venienti anch’essi dal parco nazionale vistato nei pressi di Prali i primi di giugno; del Gran Paradiso. Dopo pochi giorni è questi animali vivono tuttora in Val Ger- ancora la Val Pellice a ricevere 4 animali, manasca, insieme a altre due femmine per rafforzare la sua piccola colonia. francesi, Estoilles e Soldanelle, e due Le operazioni sono sempre coronate dal femmine provenienti dall’ultima immis- successo e negli anni successivi seguo- sione nell’Oasi del Barant. no altre immissioni: nel 1988 in Val Tron- Altro caso particolare è quello di Tron- cea (6 capi), nel 1991 in Val Pellice (8 chino, maschio di 9 anni liberato nell’a- capi) e nel 1993 ancora in Val Pellice (11 prile 1998 nel Queyras e osservato do- capi). po 23 giorni nei pressi di Salbertrand, in Gli animali rilasciati, tutti marcati con con- alta Val Susa, ad oltre 38 km dal luogo trassegni auricolari colorati e numerati di rilascio. L’ungulato trascorre l’estate per studiarne gli spostamenti, provengo- sul monte Fraiteve a poca distanza dal no dal parco nazionale del Gran Paradi- colle del Sestriere, raggiunge nell’autun- so, fatta eccezione per quelli liberati nel no il massiccio dell’Orsiera, quindi ritor- 1993 in Val Pellice catturati in Val d’Ala na in Queyras. Simile è la storia di Robi, di Lanzo. maschio di 6 anni liberato insieme e Tron- La specie si diffonde rapidamente, con chino, sorpreso due mesi dopo nei pres- scambi di animali fra una colonia e l’altra si del monte Rocciavrè, dove vive a 4 4 5

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tutt’oggi, a quasi 40 km dal punto di ri- persorso di oltre 85 km in linea d’aria! 1. Giovane stambecco sulle rocce lascio (vedi Piemonte Parchi n. 96). Ben poca cosa è quindi la recente im- del Queyras (foto G.L. Boetti). E ancora: 3 sono gli animali che, im- presa di un giovane maschio liberato a 2. Branco di maschi adulti messi nel 1995 nei pressi di Saint-Ours, fine maggio 1999 nei pressi di Chianale, (foto G.L. Boetti). nel vallone dell’Ubaye, sul versante in Val Varaita, osservato un mese dopo 3. Maschio nell’atteggiamento del francese del Colle della Maddalena, in Val Germanasca, dove è tuttora pre- corteggiamento - vedi box - hanno raggiunto il massiccio del Mon- sente, a 26 km dal punto di liberazione. (foto L. Ramires). viso, lontano di oltre 30 km; in un caso, Gli stambecchi mostrano anche un com- 4. Giovane maschio (foto G.L. Boetti). un maschio ha persino raggiunto la pun- portamento migratorio stagionale: Orge- 5. Maschio di 14 anni; sullo sfondo ta Ramière, al confine fra l’alta Val Su- re, maschio di 11 anni liberato nel 1995 il Ciarforon (foto G.L. Boetti). sa e il Queyras, prima di ritornare in nel Queyras, estiva in Val Germanasca 6. Stambecchi del Gran Paradiso, Francia, compiendo, in pochi mesi, un per ritornare in autunno in Francia, con un il ceppo del ritorno sulle Alpi percorso di andata-ri- (foto L. Ramires). torno di oltre 40 km; 7. Branco di maschi fra Val Pellice Bamby, un maschio e Val Po (foto R. Javanel). 10 anni, sverna nel 8. Profili tra le rocce (foto L. Ramires). vallone di Saint Ours, 9. Fase delle catture del 1993 a Balme e trascorre l’estate in nelle Valli di Lanzo per l’immissione Val Po, compiendo un in Val Pellice (foto R. Javanel). percorso di andata-ri- 10/13. Un “duello” tra maschi nella torno di oltre 60 km. stagione degli amori (foto G. Carrara). Date le dimensioni dei territori occupati dallo se, il parco naturale della Val Troncea, i stambecco, la gestio- ne della specie inte- Comprensori Alpini TO1, CN1 e CN2 e ressa ora diversi Enti numerosi volontari appassionati. I risulta- ed organismi operan- ti sono incoraggianti e indicano la pre- ti in campo faunistico senza minima certa di 161 animali, più 26 e nel luglio 1998 vie- capi presenti nello stesso periodo nel val- ne realizzato il primo lone francese del Guil. censimento in con- Osservazioni sulle zone di svernamen- temporanea dal Mon- to, effettuate fra novembre ed aprile, con- viso alla Val Troncea: sentono nella primavera di stimare il po- vi partecipano il parco polamento di stambecchi di questo set- fluviale del Po cunee- tore delle Alpi Cozie in oltre 300 capi.

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che spicca tra la restante pelliccia, folta e quasi nera. I pro- L’epico duello blemi nascono quando i maschi sono più d’uno e per di più la superiorità di uno dei contendenti non è palese. Si avvicina- no, si guatano, si “prendono le misure”. Maestosi, il mantello Gianni Carrara folto, quasi nero. I due esemplari fotografati non pesano me- no di un quintale, difficile contare i nodi delle corna la cui lun- Il sole luminoso di una tersa giornata di dicembre illumina le ghezza é almeno di 70/80 centimetri. Si tratta comunque di cime della testata della Valnontey nel parco nazionale del Gran due maschi in piena maturità: la loro forza emana dal modo Paradiso. Cielo azzurro e limpido spazzato dai venti setten- in cui si muovono, si atteggiano, scuotono il capo, sotto la pel- trionali che rendono l’aria pungente. Più avanti, in alto, le ci- liccia si intuiscono i fasci muscolari. Poi, d’un tratto un cozzo me della testata della valle, dominate dall’Herbetet, sono già sordo con una sorta di risonanza metallica, che sembra am- illuminate dal sole mentre il fondovalle è ancora in ombra. Le plificato dal silenzio della valle. Le corna si incrociano, i duel- balconate rocciose, tra i 2000 ed i 2500 metri, che fiancheg- lanti prendono brevi rincorse, si scontrano, si spingono, attenti giano il sentiero che sale al Quintino Sella sono costellate di a non dare all’avversario il vantaggio di poter caricare par- stambecchi. Sono le aree di svernamento: pareti ripide, e- tendo dall’alto, quindi in posizione di favore. I colpi crescono sposte a sud dove la neve è scarsa o si scioglie più rapida- d’intensità e frequenza. Seguono momenti di silenzio, irreale, mente. Sono cominciati i periodi degli amori. Le femmine va- in cui prendono fiato o cercano di posizionarsi meglio prima gano isolate, al massimo accompagnate dal piccolo dell’an- dell’assalto successivo. L’aria si riempie di sbuffi di vapore, a- no. Quasi tutte sono già in calore. Ed i maschi, che solita- frori, vibrazioni, scatti repentini. Lo scontro dura mezz’ora poi, mente vivono in branchi unisessuati (i più numerosi rag- uno dei due, riesce a spingere il rivale fuori dal sentiero dov’è gruppano individui dai 4 ai 12 anni) si spargono e comincia- avvenuta la sfida e lo sconfitto scivola lungo il canalone. Ma no ad avvicinarsi singolarmente alle femmine. Il collo proteso lo disputa proseguirà ancora, più in basso, dove il bosco é più in avanti, le corna indietro a sfiorare il dorso, quasi volessero fitto, finché uno dei due non si dichiarerà vinto, ritirandosi. Ra- nasconderle. Ed infatti nel corteggiamento il maschio tende a ramente infatti queste dispute sono letali: può accadere che celare ogni atteggiamento aggressivo. La coda invece é sol- il perdente rotoli rovinosamente, il fatto invece che venga “in- levata, a far bella mostra di se e dello specchio anale bianco cornato” direttamente é da escludere.

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ECOSISTEMI zabile motoperpetuo. efficiente possibileall'irrealiz- vi, avvicinandosinelmodopiù guono percorsiciclicieripetiti- co incuimateriaedenergiase- descrivere questograndegio- ficientemente esplicativoper un campionesignificativoesuf- varietà dellavita,èsenz'altro sentando inmodocompletola sima ebuccia,purnonrappre- metro quadrodiquestasottilis- siamo direcheancheunsolo manendo sullaterrafermapos- metri dispessored'acqua.Ri- centrata inpochecentinaiadi te degliesseriviventiècon- se, comunque,lamaggiorepar- mari ildiscorsoèdiversoanche co versol'altoeilbasso.Nei perficie, spingendosimoltopo- la vitaavvieneinfattiallasu- Sulle terreemerseilgiocodel- le maimportantissimabuccia. nostro pianetacomeunasotti- le velocherivestelasferadel esseri viventirisiedeinunesi- 12000 kmmal'insiemedegli Il diametrodellaterraèdicirca Una bucciafondamentale D I V U V m N I T A 2 del tutto o quasi. Le sostanze organiche che riescono a penetrare in profondità non vengono più metabolizzate (o que- sto avviene con estrema lentezza). La mancanza di vita organica negli strati appena meno superficiali è responsabi- le del fatto che le sostanze inquinanti (anche quelle potenzialmente biode- gradabili) possono scendere nelle falde acquifere profonde senza subire modi- ficazioni. I microrganismi (batteri, fun- ghi e alghe monocellulari, protozoi) so- no i motori principali del flusso di mate- ria ed energia. Senza di loro tutti gli al- tri viventi, di solito più considerati per- ché più appariscenti, non potrebbero e- sistere. L'energia necessaria per man- tenere l'organizzazione di tutta la vita deriva essenzialmente dal sole e viene recuperata e immagazzinata tramite il processo fotosintetico che libera con- temporaneamente l'Ossigeno origina- riamente contenuto nell'acqua e nell'A- nidride Carbonica. Del flusso energeti- co proveniente dal sole (mediamente quasi 20000 calorie per metro quadra- to al minuto) solo una piccola parte, po- co più dell'1%, viene catturato ed im- magazzinato efficacemente dal sistema vita sotto forma di sostanza organica. Sulle terre emerse prevalgono le pian- te pluricellulari anche se il grosso del processo fotosintetico globale del pia- neta viene svolto dalle alghe monocel- lulari del mare. Queste si trovano co- munque, numerose per quanto invisibi- li, anche nel terreno e sulle superfici il- luminate e sufficientemente umide del- le pietre e dei tronchi. Altre volte le al- ghe vivono in simbiosi con i funghi nei licheni. La sostanza organica prove- niente dagli organismi fotosintetici e da Daniele Castellino disegni di Cristina Girard

Un metro quadro: una superficie di un metro per un metro, al- l'incirca quanto un tavolo di medie dimensioni. Immaginiamo- lo situato al margine fra un prato e una siepe, al bordo di un fosso dove scorre l'acqua. Si tratta di una situazione un tem- po comune nelle nostre campagne e che contiene, sia pure in un ambiente notevolmente modificato dall'uomo, una va- rietà di microambienti e di specie tali da permettere un di- screto equilibrio tra i viventi. Oggi la tendenza alla monocol- tura ripetuta e lo sfruttamento economico di tutti gli spazi han- no trasformato la maggior parte della superficie agricola in un "quasi deserto" e anche le siepi e le bealere sono quasi spa- rite. Un metro quadro in un campo di mais nel quale si ripete la stessa coltura tutti gli anni (finché si potrà) o, al limite, in un parcheggio di un supermercato, sono situazioni esemplari di questa tendenza alla distruzione della biodiversità. Immagi- niamo di avere la fortuna di trovare un angolino intatto e an- che di avere il tempo per appostarci ed osservare con como- do quello che avviene sopra ed anche sotto la superficie. Co- sa troveremmo nel nostro fazzoletto di terra che abbiamo scel- to come campione? Molto di più di quanto crederemmo pos- sibile anche se al primo sguardo frettoloso, abituato al ritmo degli spot televisivi, ci sembrerà di non vedere nulla. Innanzi- tutto la terra: scura, umida e morbida o dura e fragile a se- conda del grado di umidità, intrecciata di radici, impregnata di sostanza organica in trasformazione e abitata da un numero prodigioso di microrganismi invisibili all'occhio ma dalle mol- teplici ed essenziali funzioni. Basterebbe addentrarci appena sotto questa sottile e delicata scorza che è la "terra" per con- statare che il numero e la varietà degli esseri viventi si ridu- cono drasticamente già nel primo metro per poi scomparire

18 questi non utilizzata direttamente ten- realtà la quantità di materia che passa le escrescenze colonizzate da questi derebbero però ad accumularsi deter- attraverso questi animali è molto ridot- batteri. Altri microorganismi trasforma- minando il progressivo esaurimento del- ta e la maggior parte del carbonio pas- no l'azoto in forma accessibile per i ve- la CO2 atmosferica. A questa opera di sa attraverso il lavoro degli esseri di pic- getali. Da questi poi, come per il carbo- ripristino provvedono gli altri anelli del- cole e piccolissime dimensioni. Anche nio, attingono tutti gli altri esseri viven- la catena alimentare. Batteri, Funghi e l'Azoto è indispensabile per la costru- ti. Quindi il pugno di terra che stringia- Artropodi (insetti e altri) presiedono a zione delle strutture viventi in quanto en- mo in mano è ben di più di un supporto questo processo di demolizione e ossi- tra a far parte delle proteine e di altri minerale inerte, interpretazione restritti- dazione in cui l'energia liberata serve a componenti essenziali (DNA, enzimi e va e pericolosa propria di una visione mantenere in vita le loro strutture e l'os- coenzimi vari, ecc.). Ma gli esseri viventi semplicistica dell'agronomia di ieri. Dal- sigeno atmosferico viene di nuovo le- non sono in grado di assimilare l'azoto l'aria, con i suoi componenti, dall'acqua, gato al carbonio sotto forma di CO2 e presente abbondantemente nell'aria co- essenziale per tutti i viventi, dai mi- all'idrogeno come acqua. Il contenuto atmosferico di Ossigeno e di Anidride me molecola biatomica piuttosto stabi- croorganismi invisibili e dai componen- carbonica è il risultato di questo delica- le. Questo viene introdotto nel ciclo vi- ti minerali del terreno nasce e si man- to equilibrio che si è instaurato e man- tale per opera di oscuri batteri detti A- tiene il miracolo della molteplicità nel no- tenuto nel corso di miliardi di anni. Di zotofissatori (i più diffusi sono i Rhizo- stro metro quadro di importantissima solito questa funzione di utilizzo della bium), diffusi nel terrreno e che vivono buccia. Con i microorganismi convivo- sostanza organica viene attribuita agli spesso in simbiosi con le leguminose. no altri organismi più complessi. Gli ar- "animali", portando l'esempio degli er- Le radici di piante come il trifoglio, l'er- tropodi e, fra di loro gli insetti, sono quel- bivori e dei loro predatori carnivori. In ba medica e molte altre portano picco- li presenti con il maggior numero di spe- Se non “vediamo” direttamente gli animali, spesso vediamo le loro tracce: le impronte di uccelli o quelle, più rare, di mammiferi quali la volpe o il tasso.

19 Se volete verificare di persona cosa succede in un metro quadro di superficie della nostra terra lasciate a casa il telecomando e la voglia di tutto, di grande e subito, che agita le nostre giornate. Prendete mezza giornata di vacanza: ne vale la pena.

cie (stimato in totale intorno ai 50 milio- mente vario, erano essenziali nella con- per così dire, il "latte versato" di questi ni) e con le popolazioni più numerose: duzione tradizionale dell'attività agrico- allevamenti ante litteram. I lombrichi pre- la differenziazione è alla base della pos- la senza l'utilizzo di drastici antiparas- senti in un campo non troppo maltratta- sibilità di adattamento al maggior nu- sitari. Le moderne tendenze della lotta to dall'agricoltura moderna esercitano mero di situazioni. L'esistenza di molti integrata o biologica mirano proprio al annualmente un lavoro di movimenta- di questi esseri è pressoché sconosciu- recupero, almeno parziale, di queste fun- zione e di aereazione del terreno para- ta ai più. I Collemboli, ad esempio, so- zioni. Le formiche (o le api, per rimane- gonabile meccanicamente a quello di u- no il più antico ordine di insetti che si co- re fra gli animali noti a tutti) costituisco- na aratura, ma molto più capillare, effi- nosca e le loro prime tracce risalgono al no un esempio di come la complessità cace e soprattutto associato a importanti periodo Devoniano. Ancora oggi essi co- delle relazioni si possa esprimere anche trasformazioni chimico fisiche. La den- lonizzano in gran numero il terreno spin- sotto forma di una perfetta organizza- sità di questi anellidi, che scavano galle- gendosi fino alle zone artiche o alpine zione sociale. Se con un endoscopio po- rie fino a 2 metri di profondità, può arri- di alta quota, dove vivono a spese del- tessimo penetrare in un formicaio come vare fino a 120 individui per metro qua- la sostanza organica morta o parassi- quello che quasi sicuramente estende dro: nei terreni sottoposti a molte lavora- tano muffe e funghi, spesso nutrendosi le sue gallerie anche sotto il nostro me- zioni e trattamenti si riduce di solito a va- delle loro microscopiche spore. Sono al- tro quadro che stiamo osservando po- lori cinque volte inferiori. Passando agli tresì in grado di metabolizzare moleco- tremmo verificare meglio la solidità e l'ef- esseri più grandi e complessi (ma per le difficilmente trasformabili per altra via, ficienza raggiunta da queste comunità. questo inevitabilmente meno numerosi, come quelle di molti antiparassitari e di Potremmo vedere, per esempio, dove più rari e più circospetti), per verificare la altri prodotti tossici dell'industria. Que- va a finire il bottino zuccherino che le o- loro visitazione naturalmente tutt'altro che sta preziosa attività di collaborazione peraie sottraggono alle colonie di afidi rara, dovremo essere davvero ben mi- con l'uomo che cerca di porre rimedio tenute sotto interessato controllo sui ra- metizzati, immobili e pazienti. Gli uccelli alle sue malefatte è stata riconosciuta mi del tiglio sopra di noi. La melata che di piccole dimensioni, i ricci, i topi, le tal- nel corso di studi fatti sui terreni inqui- d'estate spesso imbratta i vetri della no- pe si muovono molto ma con orari spes- nati dalle diossine. Le relazioni interne stra auto posteggiata sotto la provvi- so non coincidenti fra di loro e soprattut- ed esterne al mondo degli artropodi so- denziale ombra di uno di questi alberi è, to poco in accordo con le nostre abitudi- no numerosissime e intrecciate in mo- ni e la nostra fretta. Chiunque abbia a- do estremamente complesso. Gli e- vuto l'occasione, la pazienza (e la fortu- sempi di parassitosi e di predazione na) di stazionare molte ore immobile fra specie diverse, governati dal- in un punto qualsiasi della cam- le scadenze delle stagioni e pagna o di un bosco ricorderà delle epoche riproduttive, senz'altro alcuni di questi sono alla base della au- passaggi: un ghiro o uno toregolazione delle po- scoiattolo che si affac- polazioni. Molti inset- ciano dai rami di un ti vivono gran parte albero, uno scriccio- della loro vita da a- lo che frequenta il dulti su alcune ruscello e proba- piante per poi bilmente ha il ni- spostarsi nel pe- do in qualche riodo della ri- punto della produzione per sponda, un ric- parassitare con cio che fa le le loro uova le sue scorriban- larve di insetti de notturne, u- che vivono a na biscia che spese di altre perlustra in cer- specie vegetali. ca di topi. Se Relazioni di que- non "vediamo" sto genere, possi- direttamente gli a- bili solo in una am- nimali, spesso tro- biente sufficiente- viamo le loro tracce:

20 le impronte di uccelli o quelle, più rare, di mammiferi quali la volpe o il tasso, i po- satoi abituali degli uccelli e, con un po' di fortuna, le borre dei predatori notturni. Al ritorno dal nostro "safari" appena fuori porta non potremo vantarci con gli amici di essere stati a due metri dal leone e, se raccontassimo di essere stati per ore sul bordo di un prato a "guardare", verrem- mo probabilmente guardati noi con so- spetto o con commiserazione. Ma la bio- diversità non sta solo nei grandi animali africani o nell'Amazzonia (peraltro im- portantissimi), è una questione unica che interessa anche le nostre campagne, i giardini e perfino le città. La sua tutela di- pende infine soprattutto dalle nostre abi- tudini di vita e dalle loro conseguenze più o meno dirette. Se volete comunque ve- rificare di persona cosa succede in un metro quadro (o giù di lì) di superficie del- la nostra terra lasciate a casa il teleco- Nelle illustrazioni un mando e la voglia di tutto, di grande e su- metro quadro della nostra bito, che agita le nostre giornate. Pren- fondamentale “buccia” e dete mezza giornata di vacanza: ne va- alcuni dei suoi abitanti e le la pena. frequentatori.

Per saperne di più H. Curtis, N.S. Barnes, Invito al- la Biologia, Zanichelli, Bologna 1987 Enciclopedia delle Scienze, De A- gostini, Novara. O. Schmid, F. Strasser e altri, A- gricoltura Biologica, Edagricole, Bologna 1994 21 figurineCHE PASSIONE!

22 NATURA E COLLEZIONISMO NATURA

Gianni Boscolo citi al suo magazzino inventando così la “reclame”. La figurina pubblicitaria é figlia del suo tempo, quan- Prima di Carosello e prima ancora della radio, c’e- do le immagini erano poco diffuse, molti erano a- rano le figurine. Figurine per fare pubblicità ma an- nalfabeti e radio e televisione erano ancora scono- che per divertirsi ed imparare. La loro storia, le rac- sciute. Il suo periodo d’oro é compreso fra gli ultimi colte, i contenuti (memoria di passate generazioni, decenni del 1800 ed i primi del 1900 anche se di- la più giovane delle quali ha scapolato i cin- verse case hanno poi proseguito le loro edizioni. La quant’anni) è l’argomento di un libro, frutto della Lavazza di Torino ne ha stampate fino al 1969; la passione di un collezionista e cultore della materia, Liebig le ha edite con continuità fino al 1975 e ri- Daniele Fazio. Un volume non improntato alla no- prese a partire dal 1998. La pubblicità tramite figu- stalgia ma che indaga e racconta gli aspetti eco- rine si diffonde grazie alla litografia, che consenti- nomici, sociali, culturali ed artistici di questo feno- va tirature elevate a costi contenuti, si alimenta sul- meno. Privilegiando le serie dedicate alla natura, il lo sviluppo, sul finire del XIX secolo, di attività im- libro, accanto alla ricerca filologica e scientifica, af- prenditoriali e commerciali; dilaga per la forza per- fianca (scrive l’autore-collezionista) uno “sguardo suasiva dell’immagine rispetto agli usuali mezzi di incantato sul mondo naturale, il mistero e la curio- comunicazione dell’epoca. Alla loro realizzazione sità, l’insolito ed il fiabesco, l’arte del disegno ed il non disdegnarono di dedicarsi disegnatori e pitto- desiderio di conoscenza, ma anche il gioco ed il di- ri di fama: alle serie del cioccolato tedesco Stol- vertimento”. Un libro sulle immagini “pubblicitarie” lwerck lavorarono, tra gli altri, Richard Knötel, il pit- d’epoca, da leggere e da sfogliare, testimone di tore G.A. Closs (collaboratore anche della Liebig) un’attenzione per la natura insolita, ma non per que- ed Adolph Menzel (pittore favorito della famiglia rea- sto meno emozionante. le germanica). Licheni e funghi, piante grasse e fiori, animali fan- Fu l’industria alimentare (ed in particolare quella dol- tastici e batteri, la figurina pubblicitaria nasce in ciaria) a cavalcare la figurina promozionale ma non Francia alla metà dell’800 e da qui si diffonde nel mancarono quelle del tabacco (specialmente nei mondo industrializzato. Pare sia stato un certo Ari- paesi anglosassoni) ed i grandi magazzini, soprat- stide Boucicaut, proprietario del magazzino Au Bon tutto in Francia. Marché, ad avere l’idea, nel 1867, di regalare agli Nel settore alimentare, si distinsero le aziende pro- acquirenti delle cromolitografie con richiami espli- duttrici di cioccolato, come le francesi Chocolaterie

23 Un hobby che sarebbe piaciuto anche a Lessona dalla presentazione di Pietro Passerin d’Entrèves (Università di Torino) In questo bel volume, Daniele Fazio ci illustra, in modo esauriente e preci- so, i principali aspetti legati a questo tipo di illustrazione, intrattenendoci in modo particolare sulle figurine pubblicitarie a contenuto naturalistico. L’argomento è affascinante e poliedrico. Confesso che le mie prime espe- rienze naturalistiche sono legate proprio ad un gruppo di figurine Liebig che giacevano in fondo ad un cassetto ed è con notevole commozione che d'Aiguebelle, Félix Potin, Guérin-Boutron, Louit Frè- ho potuto riconoscerne alcune fra quelle qui pubblicate. res & Co., Poulain, le svizzere Tobler, Gala Peter, Ha ragione Fazio quando sottolinea che le figurine non furono concepite Koheler’s, Lindt, Nestlè e Suchard, le tedesche per essere destinate ad un pubblico di specialisti, di naturalisti, avendo Hartwig & Vogel, Sprengel, Stollwerck,’e olandesi invece, soprattutto, finalità ludiche o didattiche. Su questa base le figurine Bendsorp, Van Houten. In Italia, con una produ- a soggetto naturalistico hanno rappresentato un veicolo straordinario di zione peraltro limitata, Perugina, Talmone, Baratti cultura portando informazioni e curiosità là dove non sempre potevano e Milano, Feletti. giungere i numerosi lavori divulgativi che intanto andavano affermandosi. Da non dimenticare i produttori di estratti di carne E’ vero che le figurine inizialmente non riportavano informazioni scientifi- tra cui Cibilis, Kemmerich ed ovviamente Liebig, il che sufficienti, o in diversi casi le riportavano non corrette o romanzate, cui nome è indissolubilmente legato a quello della ma è pure vero che anche la divulgazione naturalistica fatta dagli accade- figurina pubblicitaria. Sono i dati relativi a questa ditta che ci danno una dimensione del fenomeno. mici del tempo tendeva talvolta a sconfinare nell’immaginario, nel favolo- La Liebig ha pubblicato figurine per ben 96 anni, so. D’altra parte l’unica “enciclopedia” illustrata del mondo animale esi- dal 1875 al 1976, interrotti soltanto dai periodi bel- stente alla metà dell’Ottocento era l’Histoire Naturelle di George Louis lici. Le figurine di questa casa erano diffuse in 16 Leclerc conte di Buffon, pubblicata e ripubblicata in migliaia di copie a paesi (dalla Boemia all’Algeria, dalla Svezia al Ca- partire dalla fine del Settecento. nada); le edizioni nelle varie lingue fanno salire a Solamente a partire dalla seconda metà dell’Ottocento ci troviamo di fron- ben settemila le serie prodotte. Mancano dati sul- te ad un’epoca assai effervescente dal punto di vista della divulgazione in le tirature ma, complessivamente, si può parlare di tutta l’Europa. Anche l’Italia, da poco unita, è partecipe di questa fioritura svariati milioni di copie. grazie all’attività di alcuni accademici. Fra questi primeggia senz’altro la figura di Michele Lessona, medico naturalista, professore di Zoologia dap- La figurina di soggetto naturalistico prima a Genova, poi a Bologna ed infine a Torino.(...) La sua azione divul- La rappresentazione della natura nella figurina pub- gatrice è poi completata da infinite conferenze popolari a favore delle blicitaria non é destinata a naturalisti ma ad un va- Società operaie di mutuo soccorso che permettevano anche ai meno colti e sto pubblico, e quindi rappresenta non l’immagine addirittura agli analfabeti di conoscere e apprezzare quell’importante feno- reale della natura conosciuta all’epoca ma il mo- do di rappresentarla secondo la cultura del tempo. meno che oggi chiamiamo biodiversità... sono convinto che se Michele E numerose sono le “chiavi” di lettura. Vi è la “na- Lessona fosse ancora tra noi oggi, non esiterebbe ad usare anche questo tura come ornamento”, particolarmente presente mezzo per diffondere le Scienze Naturali in modo sempre più capillare. nelle prime produzioni del Novecento, dove fiori, uccelli e farfalle sono soltanto un elemento artisti- co ed in sintonia con l’emergere del Liberty. Due serie Liebig del 1904 sono, ad esempio, dedicate a “Gli animali nell’arte” ed a “Le piante nell’arte”. Un altro uso delle forme naturali è legato alla loro simbologia che viene affrontata nell’universo ico- nografico delle figurine prevalentemente nel bino- mio pianta/animale e vizi/virtù umane. Ma non man- cano serie sul significato che alberi e bestie assu- mono nell’araldica, nell’astrologia, nell’alchimia. Nelle figurine è il simbolismo del regno floreale ad essere maggiormente presente. La Liebig ha pro- dotto quattro serie “Linguaggio dei fiori” (nel 1889, 1890, 1892 e nel 1902). Sempre della Liebig la se- rie “Piante emblematiche” (1950) con loto, ulivo, lauro, cipresso, palma ed iris, piante utilizzate in varie cerimonie proprio in relazione al loro simbo- lismo. Molte ditte hanno pubblicato serie legate all'illu- strazione di fiabe, in particolare di Esopo e di La Fontaine, tra cui si distinguono per numero e bel- lezza quelle di Liebig e Bon Marchè; altre belle il- lustrazioni di favole di animali sono state prodotte da Tobler, da J. Moreau e dalla Guérin Boutron.

All’interno del tema più generale dell’antropomor- fizzazione animale e vegetale vi é poi quello del “mondo alla rovescia”, tipico della iconografia po- polare che, attraverso una irrealistica inversione dei ruoli, si presta alla satira di ricchi e potenti. All’opposto del tema dell’antropomorfizzazione, do- ve gli animali sono colti in atteggiamenti e situa- zioni tipicamente umani, troviamo quindi quello del- le metamorfosi, delle chimere e del travestimento dove è l’essere umano ad assumere in parte le sembianze di una pianta o di un animale. Il connubio uomo - bestia permea la storia della cultura umana assillata dal “bruciante problema di

24 sapere dove finisca l’animale e dove cominci l’uo- Daniele Fazio mo”. LA NATURA IN OMAGGIO Ma ciò che pare ispirare maggiormente gli ideato- ri delle figurine è l’esotismo, il mistero, la stranez- za della natura. Una natura sconosciuta o perva- Piante e animali nella figurina pubblicitaria sa di anormalità per incuriosire e divertire. Ed già tra ‘800 e ‘900 nei titoli delle serie ricorrono gli aggettivi “strano”, “bizzarro”, “curioso” oppure definizioni che ribalta- no l’immaginario archetipo del soggetto rappre- sentato (uccelli che non volano, mammiferi sden- tati, uccelli rampicanti, piante carnivore, animali lu- minosi, ecc.). “Strano” è tutto ciò che risulta di a- spetto insolito, singolare, bizzarro, sulla base di ca- noni estetici antropocentrici e sulla base di una lon- tananza morfologica o comportamentale dal mo- dello ideale di mammifero, insetto o pianta. “Stra- ni” sono quindi il bradipo, l’armadillo e l’ornitorinco, il canguro ed il koala, ma anche la balena per le sue enormi proporzioni e per il fatto di essere un mammifero acquatico o il ghepardo in quanto fe- roce felino che, come recita la didascalia della fi- gurina Lavazza, “bela come una pecora”. In un’epoca in cui solo pochi, facoltosi e avventu- rosi, potevano viaggiare, risultava particolarmente La natura in omaggio attraente la natura dei paesi esotici a cui venivano dedicate numerose serie, con particolare riguardo di Daniele Fazio; prefazione di Pietro Passerin d’Entreves - Blu e- per le “curiosità” provenienti dalle colonie dei di- dizioni, Cuneo (lire 48 mila). versi paesi europei. E’ un volume di grande formato (cm 31 x 28), copertina in brochu- Una grande produzione infine, é legata allo sfrut- re cucita: 160 pagine che raccontano la divulgazione e l’informazio- tamento della natura da parte dell’uomo sotto va- ne della natura delle prestigiose figurine Liebig, Lavazza ed altre ca- rie forme (agricoltura, caccia e pesca, utilizzo di di- se nell’800 e inizio ‘900. Impreziosiscono il volume la riproduzione verse materie naturali per la fabbricazione di ma- di oltre 700 figurine (in dimensione 1:1)“oggetto del desiderio” di nufatti, ecc.). moltissimi collezionisti. Soltanto la Liebig ha realizzato, prima del 1900, La natura in omaggio é il volume che Piemonte Parchi regala (sen- venti serie in cui veniva sviluppato questo tema. za spese di spedizione) ai suoi abbonati sostenitori, a coloro cioè che regaleranno un abbonamento della rivista ad amici o conoscenti. La funzione didattico-divulgativa L’abbonamento a Piemonte Parchi per il 2001 (lire 24.000) com- E’ una caratteristica che si afferma progressiva- prende tutti i 10 numeri dell’anno più gli speciali e i supplementi. In mente fino a mettere in ombra l’originaria funzione omaggio inoltre la Carta turistica del Piemonte. A tutti i nuovi abbo- pubblicitaria. Proprio le figurine a soggetto natura- nati verrà inviato anche il già mitico “mitico” numero listico esaltano la funzione didattico - divulgativa 100. L’abbonamento si effettua con soprattutto nelle pubblicazioni americane prima ed versamento sul ccp n. 13440151 in- inglesi poi. Se al loro apparire, si vede ancora u- testato a: Piemonte Parchi - SS 31 na impostazione artistica, rapidamente emerge la km 22, 15030 Villanova Monferrato funzione divulgativa e didattica fino alla creazione (AL). Info: tel. 0142 338241 di serie pensate prioritariamente per le scuole. Sia Liebig sia Lavazza tendono addirittura a costruire Coltivate nei Vostri Figli la passione di con le loro serie delle piccole enciclopedie delle di- collezionare Figurine Lavazza.”, “Gli psi- verse branche del sapere (storia, geografia, arte, cologi riconoscono al collezionista delle scienze naturali, ecc.). Sul retro delle figurine com- particolari doti di ordine, intelligenza, cul- paiono scritte che enfatizzano questa modalità di tura e buon gusto.”). utilizzo. Ovviamente si tratta anche di un espediente La Lavazza realizza, nell’arco di 15 anni per invogliare i genitori all’acquisto del prodotto che (dal ‘55 al ’69) altrettante serie dal titolo consente di ottenere in omaggio non più solo un “Così si affermò la vita sulla terra”, a futile gioco, ma anche un oggetto utile ed educati- rafforzare l’utilizzo per le ricerche scola- vo. stiche. La Lavazza ad esempio, scrive nel retro: “L’inizia- L'importanza della finalità didattica trova tiva delle Figurine Lavazza è un contributo tangi- conferma nello spazio occupato, sul retro bile che l’antica Casa torinese vuol portare alla dif- del cartoncino, dalla parte didascalica. Nel- fusione della cultura e del senso del bello”, oppu- le serie Liebig finisce per spodestare qua- re, “Le figurine Lavazza istruiscono divertendo”; ed si del tutto il richiamo pubblicitario. E’ la ancora: “Scuola attiva? Insegnanti, Scolari! Le Fi- “qualità” di quest’ultima a qualificare la ca- gurine Lavazza sono per voi un importantissimo sa produttrice. Siamo ai podromi della sussidio.”, “Insegnanti! Le artistiche figurine La- sponsorizzazione, fenomeno più recente che rele- vazza sono tutte al servizio della scuola moderna!”. gherà la figurina pubblicitaria nell’alveo del colle- Il messaggio viene poi rinforzato dal valore del “col- zionismo, esaltandone il ruolo di “oggetto del de- lezionare” (“Massaie! Il piccolo Collezionista di og- siderio” che sarebbe sicuramente piaciuto alla fan- gi sarà domani un uomo ordinato e risparmiatore. tasia promozionale di Monsieur Boucicaut. I parchi si trovano, generalmente, in territori marginali, sovente non coinvolti dallo sviluppo industriale. Inoltre, talvolta questi territori presentano anche un forte degrado dell’originaria economia agricola. I parchi piemontesi non fanno eccezione. I loro territori, frequentemente hanno subito un rallentamento della crescita economica. Tuttavia proprio essere stati “risparmiati” da crescite talvolta rapide ma disordinate, ha permesso la conservazione del proprio patrimonio locale in termini di risorse naturali e culturali. In altre parole il limite rappresentato dalla marginalità di molti comuni inseriti nelle aree parco può orientare verso una possibilità di crescita in termini di sviluppo compatibile con le caratteristiche tipiche dei luoghi e delle comunità locali. Insomma i parchi sono una risorsa, a patto di essere inseriti nel contesto territoriale circostante attraverso la costruzione di “reti” e di “sistemi” nazionali e internazionali.. E’ una constatazione che si fa strada a fatica tra gli enti locali e le stesse comunità che abitano l’area. E tuttavia le aree protette hanno permesso di PARCHI far confluire su territori sovente marginalizzati PIEMONTESI risorse non indifferenti, soprattutto della Comunità europea. E la gestione, progettazione e finalizzazione di queste risorse é diventata una delle attività che accanto a quelle “classiche” di protezione sta sempre più impegnando le aree protette. LAVORI Complessivamente i “lavori in corso” in questi anni vedono attivati circa 130 progetti con una “messa in movimento” di circa 25 miliardi. Ad esempio la cooperazione transfrontaliera IN CORSO con la Francia e la Svizzera (nell’ambito dell’Iniziativa comunitaria Interreg II 1994-1999 Italia-Francia e Italia-Confederazione Elvetica), prevedono interventi (tecnicamente definiti “misure”) per la salvaguardia e la gestione del patrimonio naturale. In questo contesto il parco delle Alpi Marittime, proseguendo il rapporto ormai consolidato con il limitrofo parco francese del Mercantour, sta realizzando alcuni progetti relativi alla gestione di siti naturalistici, alla protezione della fauna selvatica, all’identificazione e alla tutela della biodiversità, alla realizzazione di iniziative promozionali comuni con frequenti e proficui scambi di contatti e di esperienze. Questi lavori vedranno la loro conclusione entro il 2001. Anche il parco nazionale del Gran Paradiso con quello francese della Vanoise sta realizzando un progetto relativo alla protezione della fauna selvatica ed iniziative promozionali comuni. Altre importanti azioni sui temi dello studio e della tutela della biodiversità sono condotti dall’IPLA con il Conservatoire botanique di Gap e dalla Comunità Montana Val Pellice con il Parco del Queyras. Le risorse finanziarie complessivamente erogate ammontano a 5 miliardi. Anche la collaborazione con la Svizzera sta attivando risorse e programmi per quasi 6 miliardi e mezzo. Si tratta prevalentemente di programmi finalizzati alla realizzazione di piani d’area, piani naturalistici e piani di assestamento forestale. Questi progetti che hanno visto coinvolti i parchi piemontesi del Veglia Devero, della Val Grande, del Sacro Monte di Varallo, Ghiffa, del Calvario di Domodossola, dei parchi del Monte Fenera, Lago Maggiore e Valsesia sono in fase di attuazione. Altre risorse sono state messe in movimento in forza del regolamento CEE 2081/93, obiettivo 5b della Comunità. In questo caso i finanziamenti sono finalizzati alla salvaguardia dell’ambiente e del riassetto dei territori compresi nelle aree protette (“misura” II.3) ed all’adeguamento di infrastrutture e attrezzature per il turismo o per la collettività (“misura” IV.2). Nel primo caso sono ben novanta i progetti in corso, per complessivi 9 miliardi e mezzo. Tra questi ben 16 prevedono l’allestimento di aree attrezzate ed una trentina interventi su aspetti faunistici, forestali o naturalistici. Nel secondo caso i progetti che stanno procedendo sono 17 per un spesa di quasi cinque miliardi. Ma per uscire dall’”aridità delle cifre” facciamo qualche esempio. Con queste risorse il parco del Fenera sta recuperando quelle testimonianze preziose che sono i “taragn” (case con i tetti di paglia), mentre il parco della Alpi Marittime ha realizzato il centro visita di Aisone. Sempre con risorse europee, il parco di Crea sta realizzando un lavoro di grande respiro culturale qual é l’Atlante dei Sacri Monti e percorsi devozionali europei, mentre il parco dell’Alta Valsesia sta ricostruendo un ricovero d’Alpe in località Fum Blitz ad Alagna. Nel parco dell’Alta Valle Pesio si stanno studiando invece le modalità di reintroduzione del cervo, mentre alle Capanne di Marcarolo sta per essere completata una ricerca sul biancone, rapace simbolo del parco. Nel parco del Veglia si studia invece la popolazione di gallo forcello, una specie con inspiegabili, per ora, oscillazioni delle popolazioni; alla Burcina si sta Dall’alto verso il basso: un biancone, ricostruendo un pometo con antiche varietà di mele in via di irrimediabile, e grave, sparizione. un “taragn” nel parco del Fenera e Insomma l’esistenza di un parco “mette in moto” risorse a beneficio del territorio una tavola tratta da Pomona italica anche se, talvolta, possono avere tempi lunghi di realizzazione. Sarebbe bene con la mela Carpendola. ricordarlo, prima di chiedersi “a cosa servono questi parchi?”.

43 MUSEI DEL TERRITORIO I mestieridi Cisterna Aldo Molino damentale della Regione) e all'opera so- testo e foto prattutto di Michele Canta, di Rosella Scapino, di Lino Vaudano (attuale pre- Cisterna è il più settentrionale dei bor- sidente dell’associazione nonché pro- ghi del , la storica regione situata prietario del ristorante Albergo Garibal- a sud di Torino tra la pianura e le Lan- di) di Clemente Sacco, il “Museo delle ghe. Un rosario di case antiche che si arti e mestieri di un tempo”, “tempio del- sgranano lungo le principali strade e che la fatica e del lavoro. Il lavoro come ar- convergono verso la collina più alta: ai te”, come è definito dai promotori nell’o- 1 piedi di essa troviamo la parrocchiale e puscolo illustrativo. Memoria di un epo- la piazza e sulla sommità spianata sor- ca in cui il lavoro non era ancora par- ge il castello medioevale. E' stata pro- cellizzato e in cui l’artigiano conosceva grafo, il tutto riproposto con la gamma prio l'antica ”fortezza della cisterna”, co- ancora l’intero processo produttivo con infinita di attrezzi e di utensili spesso u- me si legge in vecchi documenti, così tutte le sue fasi: dalla progettazione, al- nici il cui scopo e l’utilizzo talvolta ci ap- appellata per via del capace serbatoio la scelta di materiali, e talvolta anche al- paiono alquanto misteriosi. Non manca situato nel salone principale dell’attua- la costruzione di specifici attrezzi, al pro- neppure uno spaccato della vita dome- le castello, molto probabilmente a da- dotto finito. stica che vuole dare una dignità profes- re il nome all’intero paese. Inaugurata nel 1980, riconosciuta uffi- sionale al duro e difficile lavoro delle Il vetusto maniero è stato proprietà pri- cialmente l'anno successivo, d’allora l'e- donne. ma dei Carriolai, poi dei vescovi di Asti sposizione non ha smesso di ingrandir- Per trovare il mondo contadino che ha che tanto lo tennero in conto da im- si con nuove ed interessanti acquisizio- plasmato questa terra bisogna invece piantarvi anche una zecca che funzionò ni. Se un limite proprio si volesse cer- scendere nei sotterranei o meglio nelle per qualche tempo intorno alla metà del care è il grande affollamento di oggetti cantine. Qui sono esposti gli attrezzi e secolo XVII. Infine in anni più recenti, e strumenti, ormai oltre 4000, tutti pro- le macchine per coltivare i campi e per profondamente trasformato, venne adi- venienti dalle aree circostanti che ren- lavorare in vino e i cereali. Vi si trova pu- bito a scuola e a uffici comunali. dono anguste le pur spaziose stanze del re un interessante sezione dedicata al Agli inizi degli anni ‘80 per iniziativa di castello e talvolta difficoltosa l’interpre- paesaggio delle colline faticosamente un gruppo di intraprendenti “rascia mu- tazione dei materiali presentati. plasmato dalle generazioni di contadini raje” (l’appellativo scherzoso dato ai ci- L’originalità del museo di Cisterna con- e ai metodi tradizionali di coltivazione sternesi si riferisce all’attività, a cui mol- siste nell’essere non solo una raccolta della vite. ti di loro erano dediti in passato, di rac- mono-tematica o etnografica di oggetti L’orario di visita nei giorni festivi è dal- colta dei nitrati di infiorescenza che si dedicata esclusivamente al mondo con- le 15.00 alle 19.00, su appuntamento in- rinveniva sulle rocche e che servivano tadino (come ce ne sono molte anche vece nei giorni feriali per gruppi e sco- per la fabbricazione della polvere piri- di estremamente interessanti), ma di a- laresche, telefonando allo 0141\979118 ca), ebbe inizio un paziente lavoro di re- prire una finestra anche sulla piccola oppure allo 0141\979032. cupero con l'intento di trasformarlo in borghesia paesana, ceti medi si direb- In primavera ed estate il museo è aper- uno spazio museale in cui raccogliere e be oggi, e su altri aspetti della cultura to anche martedì, giovedì, venerdì e sa- proporre testimonianze della cultura ma- popolare quasi sempre dimenticati. bato pomeriggio. teriale e dei modi di vita sulle colline tra Nel grande salone del castello, al piano L’ingresso è a pagamento; la domenica sei e novecento. Nacque così, grazie a terra, si affacciano le botteghe d’antan, con il biglietto si ha però diritto ad una numerosi contributi (tra cui quello fon- con le loro insegne e le loro vetrine un degustazione presso l’enoteca dei Vi- po’ ingenue ma ancora accattivanti: ri- gnaioli Associati Cisternesi. Un occa- costruzioni fedeli che rimandano indie- sione per assaggiare la famosa Bonar- tro nel tempo quando i super-mercati e- da di Cisterna molto diversa da altri vi- rano ancora da venire. Ecco la sensa, ni del medesimo nome. la rivendita di sali e tabacchi con la bi- Al termine della visita il naturalista po- lancia sulla quale pesare il sale, prodotto trà soffermarsi nel giardino del castello del quale ci siamo ormai dimenticati dove cresce ancora un solitario esem- quanto fosse prezioso, la panetteria con plare di ulivo, osservare la singolare flo- il forno (anche se il pane paradossal- ra rupicola che colonizza le vetuste mu- mente non era la principale attività eco- raglie con esemplari anche rari (l’Abbà, nomica), il laboratorio del torronaio, tra- Flora del Roero, ha rinvenuto qualche dizione ancora viva in quel di Alba, l’o- piantina di fieno greco di Montpellier - steria con la tavola apparecchiata con Trigonella monspelliensis- specie medi- cucchiaio e forchetta, perché il coltello terranea presente nel nord Italia solo in ogni uomo lo portava sempre con sé e alcune oasi xerotermiche) o approfon- le donne erano una rarità. E ancora la dire la conoscenza consultando la ricca bottega del sarto che cuciva su misura biblioteca annessa. Il gourmand invece quei vestiti delle grandi occasioni che avrà già provveduto a prenotare la ce- poi duravano una vita. na e senz’altro si dirigerà in uno dei ri- Al piano superiore, al quale si accede storanti del paese (trattoria la Crusiera, tramite una ripida scala, sono invece i ristorante la Ca Rossa e naturalmente laboratori artigiani, in tutto una ventina: il Garibaldi) per assaggiare qualcuna quello del materassaio, del bottaio, del delle specialità locali tra cui un eccel- falegname, dell’organaro, del carrado- lente fritto misto e il gelato con la mo- re, del calderaio, del cestaio, del tipo- starda. Il Museo di Cisterna ha avviato una collaborazione con l’Ecomuseo regionale Basso Monferrato Astigiano. L’obiettivo è di costruire una serie di laboratori per insegnare gli antichi mestieri con una logica di sviluppo del settore artigiano. Si stanno anche ipotizzando forme di “messa in rete” con gli altri piccoli musei tematici del territorio, come i musei del gesso e gli erigendi musei dedicati a diversi 2 3 mestieri e realtà locali.

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1. L’officina del carradore. 2. Attrezzi del fabbro. 3. Vecchi attrezzi agricoli. 4. La “sensa”. 5. L’osteria. 6. L’accesso al castello.

27 L’UNICORNO TRA FAVOLA E SCIENZA

Anna Ferrari

Chi si fosse trovato a transitare in Flori- A O da nel 1564 avrebbe forse potuto avere I la stessa straordinaria fortuna che toccò T I R a sir John Hawkins, il quale vide senza ombra di dubbio con i suoi stessi occhi O M un esemplare di vero unicorno; la stes- M

T sa buona ventura ebbe, quasi un secolo L

S dopo, un certo dottor Dappe, che ne av- S E vistò uno in un non meglio precisato pun- A

D to del “confine canadese”. Avvistamenti D di unicorni sono segnalati in varie parti L I del mondo fino al XIX secolo: ancora nel L L 1820 un maggiore dell’esercito inglese, E A chiamato Latta, poté asserire con asso-

D luta certezza di averne visto uno nel Ti- M D bet, e ne riferì anche il nome con il qua- I

E le era indicato dagli indigeni: Tso’Po. Di

N tutti gli animali fantastici inventati dalla fantasia umana l’unicorno è stato sicu- A ramente uno dei più longevi. Oggi vedere un unicorno non è più tan- to facile. Bisogna accontentarsi delle sue immagini nei bestiari medievali, nei di- pinti, negli arazzi; oppure andarne a cer- care il corno favoloso nelle raccolte di mi- rabilia, quelle straordinarie collezioni di oggetti a metà fra l’interesse scientifico e il gusto del meraviglioso, che si forma- rono a partire dal Cinquecento e che an- La dama col liocorno, arazzo, 1500 circa. cora oggi schiudono tesori strabilianti di Sotto: Ninfa con unicorno da un’antica xilografia. storia naturale e di storia dell’arte, fuse insieme, al visitatore curioso. Nel Museo spesso non era salutare fidarsi del pros- perito; che fosse animale sacro ad Arte- Civico di Bologna come nel Museo del simo, non era perciò raro che il corno ve- Tesoro Imperiale della Hofburg di Vien- mide, il cui cocchio era trainato da otto na, sotto teche di cristallo, adagiati su nisse utilizzato per ricavarne recipienti esemplari della specie; che fosse diffuso drappi di velluto, imprigionati in sostegni per bere. dovunque, dalla Cina alla Persia, dalla di bronzo e d’oro, i corni degli unicorni si Prima che la fede nell’esistenza dell’uni- Siria all’Egitto, dall’India alla Scandina- offrono ancora al nostro sguardo incan- corno (chiamato anche liocorno o mo- via. Erodoto lo collocava in Libia, Eliano tato. E davanti alle loro proporzioni ec- nocero) venisse messa in dubbio, que- in India, Plinio il Vecchio lo chiamava bue cezionali (quello di Vienna è lungo due sto animale strano che pochissimi ave- indiano, gli Arabi vantavano di possede- metri e quarantatré centimetri) e al loro vano visto e della cui esistenza nessuno re alla Mecca i più straordinari unicorni delicato avvolgersi a spirale non faccia- dubitava era stato spesso descritto nei del mondo. Incontri ravvicinati con gli u- mo fatica a immaginarceli in mezzo alla dettagli. Si diceva che fosse vissuto pri- nicorni erano attribuiti a Giulio Cesare fronte di quello strano animale, grande ma del diluvio universale, nel quale era nella selva Ercinia e a Gengis Khan su come un capretto o come una gazzella, un monte inaccessibile. Persino il Boc- con una criniera per lo più bionda e agi- caccio asseriva di aver visto un cranio di lissimo nella corsa, che, raccontano gli unicorno, che era forse quello di un rino- scrittori antichi, emette suoni striduli e non ceronte. manca di ferocia. Chi aveva avuto la possibilità di vederlo Non è difficile figurarsi le perplessità del da vicino asseriva che l’unicorno asso- pubblico quando, nel 1655, Olao Worms migliasse vagamente a un cavallo o a u- dimostrò con una dettagliata relazione na gazzella, avesse gli zoccoli, la crinie- corredata da illustrazioni che il cosiddet- ra, un mantello variamente colorato e un to corno dell’unicorno, pezzo preziosis- modo di muoversi agile e aggraziato, ca- simo delle raccolte di tanti signori e stu- ratterizzato da una straordinaria velocità. diosi, era il lungo dente di un pesce del La sua indole era più difficile da descri- mare Artico, il narvalo (oggi, forse, raro vere. Talvolta poteva apparire docile e non meno dell’unicorno e quasi estinto). mansueto, altre volte si comportava co- La scoperta non riuscì a sfatare del tut- me una belva feroce. Prediligeva i luoghi to la leggenda dell’unicorno; soprattutto solitari e per lo più le selve e le foreste; perché al corno del mitico animale si at- e per la sua forza e la rapidità dei suoi tribuivano qualità magiche e terapeutiche movimenti era particolarmente difficile da e la capacità di neutralizzare i veleni. Nel- catturare. le corti dei principi e dei signori, dove Proprio la caccia all’unicorno rappresen-

28 A fianco:unicorno, incisione di Matthaeus Merian, 1655. Sotto: l’unicorno in una illustrazione umoristica di Grandville dall’Album des bêtes, 1864.

ta uno degli aspetti del mito dell’unicor- tro il veleno diventavano allora allusivi al servatori di dubbia attendibilità, ma ha no più singolari e più esemplificativi de- potere divino sul peccato, la sua imma- generato in compenso suggestioni infini- gli innumerevoli significati simbolici che gine con il capo in grembo alla vergine te e un proliferare straordinario di inter- all’animale sono stati attribuiti in culture faceva esplicito riferimento all’Incarna- pretazioni simboliche, più che qualsiasi anche molto diverse. Racconta il Fisio- zione di Cristo nel seno della Vergine Ma- altro animale leggendario. Solo da poco logo, un’operetta anonima scritta in gre- ria, mentre la vita solitaria dell’animale si più di un secolo siamo sicuri che non ne co tra la fine del II e il principio del III se- collegava all’esistenza appartata dei mo- sia mai esistito nemmeno uno. Ma gli u- colo d.C. e poi tradotta in latino, che l’u- naci. Il corno, poi, simbolo di regalità e di nicorni, come tutti gli animali fantastici, nico modo per impadronirsi dell’unicorno potere, incarnava tutte le virtù. Per parte hanno un grande vantaggio rispetto a è quello di ricorrere alla “caccia sacra”, loro, i poeti medievali amavano ricorrere quelli reali: non si estinguono mai. E per detta anche “cattura per mezzo della ver- all’immagine della cattura dell’unicorno quanto di antichissima origine continua- gine”. Chi volesse provarci, sappia che per mezzo della vergine per alludere no a popolare la fantasia dei poeti e l’im- deve in primo luogo procurarsi una casta all’inganno tessuto ai danni dell’amante maginazione di chi resta, incantato, ad vergine (nuda o vestita, dipende dalle ver- ignaro da parte dell’amata. ascoltarli. sioni del racconto) e coprirla di monili pre- La complessa simbologia dell’unicorno ziosi; quindi porla in un luogo isolato e non è limitata al solo mondo occidenta- solitario della foresta dove si sa che vive l’unicorno. Appena quest’ultimo avverte le. In Cina un unicorno apparve al mo- Per saperne di più la presenza della giovinetta si precipita mento della nascita e a quello della mor- da lei, e docile e ammansito le depone te di Confucio: segno di buon auspicio, F. Maspero, Bestiario antico, Piemme, dolcemente la testa sul grembo, lascian- esso simboleggiava l’unione di yin e 1997. dosi catturare con grande facilità. Innu- yang, la mitezza, la felicità, la benevo- J. C. Cooper, Dizionario degli animali merevoli significati simbolici sono stati let- lenza, la longevità, la saggia ammini- mitologici e simbolici, Neri Pozza, Ve- strazione. L’unicorno era ritenuto di buon ti nella caccia all’unicorno: nell’arte ec- nezia 1997. augurio per l’imperatore. clesiastica essa simboleggiava il trionfo A. Lugli, Wunderkammer, Allemandi, della castità (la vergine) sul male e il de- In ogni parte del mondo, dalle foreste del- la Polonia ai deserti africani, dalla Mon- Torino s.d. (1997). monio (l’unicorno). L’unicorno poteva però A. Ferrari, Dizionario di mitologia gre- al tempo stesso anche essere un sim- golia alla Florida, l’unicorno ha conces- bolo del Cristo: i poteri del suo corno con- so apparizioni fugaci a pochi fortunati os- ca e latina, Utet, Torino 1999.

29 Gianni Boscolo foto G.L. Boetti

Albero millenario, la cui coltura ha segnato le civiltà del bacino mediterraneo fin dal loro sorgere, l’olivo è diventato esso stesso simbolo del Mediterraneo. Dove inizia e finisce il mondo mediterraneo? Gli storici non hanno dubbi: là dove si trova l’olivo; ossia tra i 35¡ ed i 45¡ dalle coste atlanti- che del Portogallo ai monti del Libano, sulle coste battute dai venti marini fino a 700 metri di altezza. Una presenza millena- ria nella cultura dei popoli che hanno abita- to le sponde di questo mare che riverbera nei simboli e nei miti. “Albero invitto Le sue fronde simboleggiano la che da sé rinasce pace, l’onore e la vittoria, proteg- […] che nutre gono i supplici e gli ambasciatori. i nostri figli” Albero benedetto che trasmette Sofocle benedizioni. Il suo olio unge e EDIPO A COLONO consacra re, sacerdoti, vescovi. Il suo frutto spremuto diventa l'olio che unge i credenti, infonde loro speranza e salvezza, scandisce la nascita, la morte ed i momenti più importanti della vita. L'olio di oliva è l'offerta prediletta da Dio ed arde sul Suo altare. La stessa fiamma alimentata dall’olio dell’oliva è simbolo della fede dell'uomo e della presenza di Dio. Dunque veicolo di attributi sacri, segno divino, offerta consa- crata e fonte di ispirazione artistica. Per millenni ha presenziato ai riti ed alle manifestazioni spirituali delle civiltà mediter- ranee. Olivo, albero sacro per le grandi reli- gioni monoteistiche, la cristiana, l’ebraica e la musulmana, pianta immortale, sacra, sim- L’ALBERO

Da circa seimilaD anni l’olivoI ed Vi suoi fruttiI si identificanoN eO delimitano l’area mediterranea

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1 BOTANICA

30 bolo ed alimento. La sua domesticazio- ne inizia tra il IV ed il III millennio a.C., lungo le piste carovaniere è stato tra- sportato dalla Palestina verso l’Egitto in cui ne facevano gran uso medici, imbalsamatori e profumieri. Prodotto così importante che, 25 secoli prima di Cristo, Hammurabi ne regolamentava il commercio in uno dei primi codici di leggi del mondo antico. Dalla Palestina all’Egitto, da qui nella terra che forse più di ogni altra lo ha esaltato, la Grecia. Passato successivamente nella cultura romana e da questa attra- verso la Spagna, agli Arabi e quindi sulla sponda meridionale del bacino. Alimento, luce, calore, albero sacro ed

immortale non vi è mito antico che Disegno di Cristina Girard non ne narri la nascita. Fu un seme di olivo che venne raccol- to da un angelo del Paradiso Terrestre per donarlo ad Adamo e fu un olivo il primo albero che spuntò sulla sua tomba. Quando Noè manda in volo dall'Arca una colomba per sapere se le acque del Diluvio Universale si stessero riti- rando, questa torna e per annunziare la buona notizia porta nel becco un rametto di olivo. All’olivo è dedicato uno specifico museo. Si trova ad Ercole portò al Santuario di Olimpia il seme di un olivo raccolto ai confini del Imperia Oneglia (via Garessio 3). Promosso dalla ditta mondo e da esso nacque il bosco Fratelli Carli è ospitato nell’ex palazzina uffici dell’azien- sacro a Zeus, le cui fronde intrecciate da. Aperto tutti i giorni (tranne martedì) dalle 9 alle 12 e a corona sono state a lungo il premio ai vincitori dei Giochi Olimpici. dalle 15 alle 18,30 è gratuito. Per gruppi numerosi e sco- Aristeo, dio fenicio, piantò olivi sulla laresche è necessaria la prenotazione (tel. 0183 295762).

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31 Cultivar o varietà L’olivo, denominato botanicamente O- lea europaea L., appartiene all’ordine delle ligustrales, famiglia delle oleacee e, pur facendo parte del gruppo delle piante da frutto dette drupacee - poiché il frutto è appunto una drupa - si disco- sta notevolmente da quelle classiche (mandorlo, pesco, albicocco, ciliegio ecc.) innanzi tutto perché è un albero sempreverde e, in special modo, per la peculiarità delle sue gemme. Tra esse, quelle ascellari collocate tra rametti e peduncolo fogliare sono del ti- po indifferenziato, ossia tutte uguali, e 5 solo mediamente da 40 a 60 giorni pri- ma della fioritura possono trasformarsi in rametto a fiori detti racemi (comune- Il frantoio mente chiamati nelle diverse regioni Çmi- a trazione animale gnioleÈ, ÇpaneÈ ecc.) e che successi- e quello idraulico vamente daranno i frutti. I frantoi liguri, detti "gumbi", erano col- Le forme di olivo coltivate (Olea euro- locati per lo più nei fondi delle case dei paea var. Sativa) si differenziano da paesi ed erano azionati da animali da quelle selvatiche, rinselvatichite o spon- tiro, quasi sempre asinelli 4 tanee (Olea europaea var. Oleaster) so- Erano costruiti utilizzando quasi esclu- prattutto per il portamento delle chiome sivamente legno e pietra per le neces- con foglie più turgide e rametti più svi- sità di lavorazione di un raccolto limita- to ed ogni tre o quattro famiglie ve ne Dall’oliva all’olio luppati. Non solo: la chioma delle varietà era uno. più gentili (Taggiasca, Frantoio ecc.) si Nell'unica stanza destinata al frantoio L'estrazione dell'olio dalle olive, richiede evidenzia dal portamento dei rametti in tre fasi distinte di lavorazione. La prima è venivano portate le olive nei sacchi e prevalenza pendenti rispetto a quelli più costituita dalla frangitura, necessaria a dai sacchi versate nella vasca di pietra frantumare le olive sino a trasformarle in assurgenti delle varietà più rustiche (Mo- (detta pila) nella quale ruotava la ma- pasta omogenea. La seconda è la gramo- raiolo, ecc.). cina anch'essa in pietra. latura, durante la quale si rimescola e Tra gli olivi coltivati si annoverano di- Dopo ore di macinazione la pasta di olive così ottenuta veniva collocata in lavora la pasta di olive per prepararla alla verse centinaia di varietà, ubicate in net- ta prevalenza nella zona tipica dell’oli- sporte circolari intrecciate con fibre fuoriuscita dell'olio dalla polpa del frutto. vegetali (gli sportini) che, impilate vo, che notoriamente è all’incirca com- La terza operazione è l'estrazione dell'olio sotto la pressa, lasciavano colare in dalla pasta. presa tra il 35¡ ed il 45¡ parallelo di la- secchi il liquido costituito da olio e Nella lavorazione tradizionale le prime titudine nord, limitatamente all’area me- acqua di vegetazione. due operazioni si svolgono all'interno di diterranea, incluso il Portogallo. Col riposo l'olio, più leggero, affiorava una vasca di pietra nella quale gira una In Italia si contano circa duecento va- e veniva raccolto con appositi mestoli macina, o più di una, che schiaccia e rietà. Salvo poche tipiche da tavola, le e collocato nelle giare dove veniva rimescola le olive. La pasta così ottenuta altre sono tutte da olio, mentre alcune conservato. viene posta in appositi contenitori di fibre si adattano molto bene alla duplice atti- I frantoi erano in qualche modo riscal- intrecciate o stratificata tra dischi filtranti tudine, da tavola e da olio. Le varietà da dati poiché tutte le operazioni erano che vengono impilati sotto la pressa che rese più facili dal calore e dall'uso di olio danno produzioni con gusti diversi: con la forza esercitata fa colare fuori l'olio. acqua calda. Esistono molti tipi di macine e presse poi- dagli oli dai sapori più dolci e delicati a Durante l'epoca del raccolto i frantoi ché le attrezzature olearie si sono evolute quelli più marcati e incisivi; tutti comun- restavano attivi notte e giorno perché il in maniera diversa a seconda delle aree que di altissimo pregio e qualitativa- ciclo completo di lavorazione delle geografiche e delle tradizioni tecnologi- mente tra i migliori in assoluto. olive richiedeva molte ore. che. I frantoi idraulici si sono diffusi in Liguria soprattutto nel corso degli ulti- Oggi, però, due nuove tecniche olearie 6 hanno quasi completamente sostituito la mi tre secoli. Venivano collocati all'in- pressione con altri principi fisici per rica- terno di edifici appositi, costruiti nelle vare l'olio dalle paste dell’oliva: la forza vicinanze dei corsi d'acqua nei quali centrifuga e la percolazione. La prima si erano collocate le grandi ruote verticali che trasmettevano il movimento alle basa sul diverso peso specifico che macine. Le olive erano conservate hanno l'olio, l'acqua di vegetazione conte- all'interno di un olivaio posto, per lo nuta dall'oliva e il nocciolo e, facendo più, al piano superiore del frantoio e girare vorticosamente i tre elementi, li fatte cadere direttamente nelle vasche separa l'uno dall'altro. La percolazione, tramite uno scivolo. invece, si basa sulla diversa tensione I frantoi idraulici erano dotati di più superficiale che ha l'olio nei confronti del- macine e presse ed erano quindi in l'acqua di vegetazione e, per mezzo di grado di lavorare maggiori quantità di lamine di metallo inossidabile che si olive e di sottoporre la pasta a diverse immergono nella pasta di olive, cava fuori estrazioni. l'olio lasciando l'acqua. Si trattava di impianti specializzati, Sistemi entrambi semplici, ma meraviglio- costruiti per lavorare il raccolto di mol- si. te famiglie, nei quali la disponibilità di

32 costa del Mediterraneo e gli uomini impararono a coltivare l'olivo e a rica- varne l'olio. Il mito più famoso è quello che narra dell'olivo nato da un colpo di lancia di Atena nella sua gara con Poseidone per attribuirsi il dominio dell’Attica e di Atene. Da allora la dea della saggez- za fu rappresentata dal prezioso olivo che divenne anche il simbolo della città. Questi miti riflettono ed evocano le vicende dell’ulivo: pianta non facile seppur non richieda grandi cure. Richiede molto tempo per diventare produttiva e, se abbandonata, può facilmente inaridirsi. Preferisce terreni calcarei ed asciutti, ama le colline esposte al sole ma non disdegna le pianure . Le centinaia di varietà domestiche attuali sono il risultato di cure che hanno selezionato e modificato le caratteristiche originali dell'olivo selva- tico per ottenere alberi più resistenti e frutti più ricchi di olio o migliori per es- sere conservati. I romani lo definivano il primo fra tutti gli alberi per le straordinarie caratteri- stiche vegetative e perché “immortale” poiché il suo ceppo ha la capacità di rigenerarsi anche quando il tronco è stato tagliato. La pianta ha crescita lenta e richiede anni di attesa prima di dare frutto, ma è molto longeva e può restare vitale per millenni. Anche lo sviluppo dell'oliva è lento e, dal fiore al frutto, resta sull'albero per molti mesi prima di giungere a matu- razione. Esistono molte varietà di olive diverse tra loro per forma, dimensione e con- tenuto d'olio; alcune sono particolar- mente indicate per la produzione del- l'olio, altre per la mensa. I metodi utilizzati per la propagazione, l'innesto e la potatura incidono profon- damente sul portamento e la crescita delle piante. Le tecniche di coltura tradizionali sono 7 oggi studiate al fine di migliorare il rendimento delle piante e nuove prati- che sono introdotte per rendere più produttiva la coltivazione dell'olivo e più agevole la raccolta dei frutti. L’ALBERO Il primo uso dell'olio di oliva è stato nella preparazione di profumi, IN PIEMONTE unguenti e medicamenti, mentre l'im- piego alimentare, benché vecchio di migliaia di anni, è di epoca successi- Gian Luca Boetti le. Smarritosi forse nei secoli bui va. Innumerevoli sono i doni dell’ulivo dell’inizio del medioevo, attorno all’anno all’uomo: luce, unguenti, alimento, mille l’olivo tornò a ripopolare molte condimento, lubrificante, calore, Anche ai piedi delle Alpi piemontesi contrade. Sapientemente coltivato e cosmetici, legno, medicinali. Poche vegeta questa pianta antichissima. Il ben diffuso, anche grazie a altre specie botaniche sono state, da destino l’ha portata dai mari del Medio quell’espansione monastica che lasciò sole, di contribuire in così tanti modi al Oriente al cospetto delle Alpi importanti monasteri, testimoni di una benessere della vita umana. Occidentali. Dove si è radicato, compli- accorta gestione del mondo vegetale Le vicende dell’olivo hanno accompa- ci la natura e le sorti degli uomini. intorno all’uomo. Certo complici dei reli- gnato i corsi ed i ricorsi della storia Raggiunse il Piemonte forse già al giosi, i potenti di Casa Savoia e varie umana: molte possibilità del suo utiliz- tempo dei romani che lo introdussero nobili famiglie piemontesi, in più secoli zo e dei suoi prodotti sono state nel vecchio continente fin sulle solatie si prodigarono per proteggere l’albero scoperte, dimenticate, riscoperte in riviere del Garda, spingendo così a divino. Da un lato, la regola benedetti- epoche e luoghi diversi. nord il limite dell’areale di coltura stabi- na, operò imperniata sul lavoro, mante-

33 1. Raccolta a mano in Basilicata. 2. Olive del cultivar “Taggiasca”. 3. Ponente ligure: uliveto con le reti per la raccolta. 4. Oliva taggiasca e olio ligure. 5. Ruota esterna di un frantoio idraulico nell’entroterra di Imperia. 6. Lavorazione dell’olio in un frantoio a Lucinasco nel Ponente ligure. 7. Olivo secolare in Piemonte alla casa museo “Casa Brina” a Cocconato d’Asti. 8. Vaso greco con rappresentata la raccolta delle olive. 9. Ricostruzione della stiva di una nave romana che trasportava anfore con olio (Museo dell’Olivo). trice d’eccellenti da Albiano d’ a Chiaverano, e in vini locali, con- tutta la zona dei laghi eporediesi ai serva qui alcuni piedi del Mombarone, conferma ancora valori della sto- una volta che il clima pedemontano è ria locale mon- favorevole per l’olio come per il vino. Lo ferrina: fra que- provano i secolari olivi sulle terrazze 8 sti c’è un seco- canavesane all’imbocco della Valle lare olivo, in otti- d’Aosta, o i centenari olivi di Verrés, ma salute. Ma dove il Mediterraneo incontra la neve. nendo la coltura, col suffragio divino e alcuni angoli della Bassa Langa non La sensazione dell’incontro delle due la forza della mano d’opera del popolo sono da meno. Vari documenti storici civiltà ritorna a Castellamonte. Ai piedi agricolo; dall’altro i regnanti promosse- confermano una discreta produzione del suo antico castello, un pastore alba- ro editti e leggi, contro l’abbattimento d’olio, irregolare, forse solo per il clima. nese mena al pascolo le pecore, pro- dell’albero della pace e la raccolta dei Percorrendo i crinali delle colline prio fra le spumeggianti chiome di fron- cuneesi, la provincia d’Alessandria apre preziosi frutti, in uliveti altrui. L’importa- dosi olivi. Ma anche nelle terre papaline zione dell’olio era dispendiosa per dazi le sue porte al viaggiatore in cerca di di Montanaro e dell’Abbazia della e gabelle, che le altre sedi governative toponimi. La campagna di Olìvola, e poi imponevano, perciò a partire dal d’Oliva, a 354 m d’altezza, parlano Fruttuaria di San Benigno, fino a quelle medioevo, modeste colture fiorirono in chiaro, la loro storia racconta dell’olio. della Sacra di San Michele, e lungo la Piemonte, ovunque il clima e la cultura Poco più a nord, le pianure vercellesi bassa e soleggiata Val Susa, fino delle comunità agricole lo permisero. hanno conosciuto l’olivo e l’olio prima all’Abbazia di Novalesa, le Alpi incon- Come un fiume dorato è lungo l’elenco del riso. Come il Piemonte del Lago trano il Mediterraneo. Perfino nel dei luoghi piemontesi dove l’olivo fu col- d’Orta e del Lago Maggiore, dove il Pinerolese, dove gli olivi di Monte tivato. Ma ancora maggiore è quello microclima favorisce il lussureggiare di Oliveto incontrano le mele. delle contrade dove oggi vegeta,pur olivi accanto a ligustri, sughere e rodo- non facendo parte dell’immaginario col- dendri, inneggiando alla preziosa Decadenza e ritorno lettivo del Piemonte, l’olivo è parte inte- mescolanza vegetale mediterraneo La fine della produzione olivicola regio- grante del suo paesaggio. alpina. I versanti solari dell’Ossola e del nale delle zone più votate, come il Biellese, conservano preziosi olivi più Monferrato, accadde per molte ragioni, La mappa degli olivi piemontesi. voluti per ornamento o per consumare il ma probabilmente determinanti furono La luce dorata dell’alba accarezza la saporito frutto, che per vere coltivazioni. le nuove vie di comunicazione con la collina di quella Torino, che vide Ma appena superata la Serra d’Ivrea Liguria. Nessuno degli altri oli prodotti l’Editore Paravia pubblicare addirittura nuove sorprese colpiscono chi legge il in Piemonte, da quelli di arachidi, noc- uno studio di G. Genè, su la larva e la paesaggio. Quasi tutti i castelli del ciole, noci, ravizzone, colza, girasole, mosca dell’olivo. Ma non c’è da stupirsi: Canavese e le ricche residenze della prugne selvatiche e altre semenze, gli “Ordinati comunali” torinesi, oltre sei terra della canapa, hanno avuto olivi o li batté mai, per proprietà e qualità, quello secoli fa, citavano “provvidenze circa i hanno ancora. Ciò grazie alla favorevo- d’oliva. Dunque l’uomo pianta, abban- piantamenti di olive.....nelle colline di le posizione, quasi sempre in cima a dona e ripianta l’olivo. E ne subisce Torino”. E’ proprio qui che scopriamo i una collina, sopra le nebbie invernali. Al l’irresistibile fascino. Come è successo primi olivi. Oggi alla moda, tornati in Castello di Masino vi erano olivi fra cor- a Vialfrè, nel Canavese. Al suo sinda- giardini e orti di molte dimore rurali e bezzoli e lecci: qui è conservata una co, Pier Luigi Baratono, l’olivo piaceva paesane. Sulla strada per il Monferrato pressa per olii, quasi certamente quello da morire. Cominciò col piantarne due d’oliva incluso. La presenza attuale di è Chieri, dove fiorì la coltivazione olivi- alberi. Vedendoli risplendere di luce olivi - a tratti cospicua per la regione - cola e un modesto commercio oleario d’argento ne piantò altri, ne gustò i frutti medievale. Le cronache del 1155 nar- copiosi. Li immaginò risplendere fra i rano che nell’assedio della città da muri del paese e illuminare il paese di parte del Barbarossa, furono distrutte 9 nuova luce. Nell’inverno di oggi gastro- tutte le riserve d’olio. Di qui a nomia ed estetica unite fanno brillare la Casalborgone la collina è punteggiata collina di Vialfrè come il Mediterraneo, di cascine, dove uno o più olivi si accoccolano alle pareti domestiche sopra un mare di nebbie ai piedi di soleggiate; classico esempio, per i viti- Valchiusella e Gran Paradiso. Dopo coltori e produttori vinicoli, la cascina un’indagine con la Comunità Montana del sapiente produttore Morello a dei Monti Martani e del Serano, e con Moncucco Torinese. Non è un caso se (Umbria), ha proprio chi produce vino pianta olivi: piantato olivi di vari cultivar. Tra il ‘98 l’olio è un ottimo isolante, anche per i ed il ‘99 si radicano a Vialfrè 150 piante preziosi nettari piemontesi. Il di “leccino”, 50 di “frantoio”, più altre di Monferrato tutto è l’ideale per viaggiare “carolea”, “bosana”, “Nostrale di Rigali”, con occhi attenti, a scrutare contrade “ascolana” e “pendolino”. “Vedremo vecchie e nuove, in cerca d’argentee quale si adatterà meglio” - conferma il chiome. Dovendo sostare per colazio- sindaco, che ha coinvolto i compaesani ne, l’ideale è Cocconato, dove si visita a comprare gli alberi, e piantarli su ter- “Casa Brina”, così detta perché in reni privati e comunali. “Un giorno moli- inverno è sovente il limite di gelo e neb- remo il primo raccolto in Umbria e, chis- bie. La famiglia Bava, da tempo produt- sà, forse Vialfrè avrà un frantoio”.

34 ESPERIENZE L’Amazzonia salvata

testo e foto dai suoi sembra dare vremmo poter modernizzare la nostra a- Fredo Valla frutti e fa ri- gricoltura” dice Fernando Rocha Carvalho, trovare alla uno dei fondatori del gruppo. “C’è anco- Tema caro all’am- abitanti gente rurale ra chi per sbarcare il lunario si dedica al bientalismo europeo quel rapporto taglio clandestino degli alberi della fore- l’Amazzonia trova bra- con l’ambien- sta o alla cattura di animali per venderli vi difensori fra la popolazione cabocla che te che è tradizionale fra gli indios, i quali ai turisti. I governanti fanno riforme agra- vive lungo i fiumi e nella foresta. Sono sanno usare l’Amazzonia senza depau- rie che di fatto arricchiscono due-tre fa- contadini - uomini e donne - che consi- perarla. zenderos e progetti che poi abbandona- derano la foresta pluviale uno scrigno di Il gruppo Natura Viva, sorto nella Serra di no, cattedrali nel deserto come la Scuo- risorse da amministrare con cautela, un’e- Parintins (venticinque ore di barca a mo- la agricola di Villa Amazonas, costruita redità anche spirituale da trasmettere ai tore da Manaus, capitale dello Stato di A- per i nostri ragazzi e mai aperta. Doveva propri figli. Da alcuni anni, infatti, gli a- mazonas, verso Belem), comprende ven- insegnare un’agricoltura razionale, capa- mazzonici hanno avviato in proprio diverse tidue comunità agricole. I volontari - una ce di recuperare e modernizzare le co- iniziative ecologiche. I loro progetti si ri- cinquantina - difendono il loro pezzo di A- noscenze della cultura india... ”. feriscono ad aree limitate, non hanno l’ap- mazzonia. Proteggono il fiume, le lagu- Agricoltura e zootecnia impostate sui poggio delle grandi stars dello spettaco- ne, la foresta. Sono caboclos, contadini grandi numeri sono nemiche della fore- lo e per questo sono ignorati dai media, che coltivano mandioca e macaxera con sta, così come la pesca industriale lo è di ma il coinvolgimento della popolazione la tecnica primitiva del taglia e brucia. “Do- fiumi e lagune. Nella regione di Parintins Natura Viva ha censito una ventina di la- gune e stabilito un’autoregolamentazio- ne: ci sono laghi santuario dove la pesca è vietata, altri dove si può pescare per le necessità alimentari, e laghi in cui la pe- sca ha una finalità commerciale limitata per dare un guadagno alle famiglie. Il gruppo si preoccupa della sopravvivenza delle specie protette come il peixe-boi, il manato dei fiumi amazzonici che si nutre di erbe acquatiche. O del pesce pirarucu che compare in abbondanza nei menu dei ristoranti a Manaus nonostante goda di una pesca controllata. Un intero villag- gio - Santa Maria de Muirituba - si dedi- ca alla tutela dei cheloni: grandi e bam- bini montano la guardia alle uova depo- ste dalle tartarughe (tracajás) nelle sab- bie della laguna. Le proteggono con gra- ticci in legno dalla predazione di rettili e uccelli; dopo la schiusa difendono le neo- nate dai razziatori che ne fanno oggetto di commercio.

35 Dall’alto verso il basso: Acque “nere” nella foresta allagata dal Rio Andirà: rosse coca-cola a causa dei componenti vegetali disciolti nell’acqua. Il pH di queste acque è circa 3.2, più vicino all’aceto (pH2) che all’acqua di sorgente (pH7). Guaranà, frutto sacro degli indios, coltivato per la produzione di bibite e medicine. Ragazzi della scuola agricola di Sao Pedro (area indigena Sataré Maué - alto Rio Andirà) al lavoro nella foresta. L’area di riproduzione delle tartarughe.

I luoghi più degradati dell’Amazzonia sono le invasioni alla perife- ria di Manaus (un milione e mezzo di abitanti) e nei letti degli iga- rapes, fiumiciattoli fangosi che confluiscono nel Rio Negro. Qui vi- vono centinaia di migliaia di persone, indios e caboclos. Attratti dal- le luci della città hanno abbandonato l’interno per finire col cam- pare di espedienti, tra violenze e abbandono, alimentando oltre al- le fila della delinquenza giovanile, il fenomeno dei meninos de rua e delle prostitute bambine. Viste dall’alto le invasioni sono immen- si squarci nella foresta riempiti di baracche e palafitte, addossate l’una all’altra, dove il sole batte a picco cuocendo il cervello degli abitanti. Solidarietà, assistenza sanitaria, lavoro, educazione alla respon- sabilità sociale non bastano a risolvere il problema. Ci vuole una riduzione dell’esodo: in questo senso operano le scuole agricole sorte nella foresta, a Manaus, Urucara e nell’area indigena Sateré Maué sull’alto Rio Andirà. L’obiettivo è superare le figure classiche del mondo agricolo a- mazzonico, fatto di pochi latifondisti, molti braccianti e miseri con- tadini dalle tecniche arretrate. Celso Batista de Oliveira è il diretto- re della Scuola agricola “Rainha dos Apostolos” nella foresta di Ma- naus, che ospita 230 ragazzi e ragazze. “Una cinquantina sono in- dios provenienti dalle diverse aree indigene distanti anche 20-30 giorni di barco a motore. Al mattino i ragazzi seguono le lezioni di lingua, matematica, scienze, geografia e storia. Al pomeriggio van- no nei campi e in foresta. Fanno pratica di agricoltura e di alleva- mento. Con gli scarti organici producono humus di cui il suolo é po- verissimo. Praticano la piscicoltura, allevano tartarughe per uso a- limentare; fanno orti di erbe officinali e aromi. Lavorano alla man- dioca, al guaraná, al caffé... coltivano alberi da frutto: cupuaçu, a- cerola, ananas, banani, graviola, goiaba e fanno succhi buonissi- mi. Uno dei nostri frutti più interessanti è la pupunha, grosso come un’albicocca, dalla polpa colore rosso-arancione, simbolo delle po- tenzialità alimentari dell’Amazzonia. Contiene proteine (3.3 g. in 100 g. di polpa), vitamine A e C, e ha un grande valore nutritivo”. Lo scopo è far si che i ragazzi tornino nelle loro comunità d’origine con una mentalità nuova, decisi a rimanere sulla loro terra colti- vandola secondo tecniche progredite che non impoveriscono l’am- biente. “E’ un lavoro arduo” spiega Celso Batista de Oliveira. “Arri- vano ragazzi, con una mentalità infantile... partono uomini. Questa è la nostra prima preoccupazione: dare loro una formazione uma- na, farli diventare a loro volta maestri capaci di insegnare alle loro comunità... alle famiglie, uno sviluppo diverso che valorizzi l’iden- tità culturale dei popoli della foresta e ne rispetti l’ambiente”. La scuola di Urucara - 400 km a est di Manaus, sul Rio delle A- mazzoni - ospita 200 ragazzi provenienti dai villaggi del circonda- rio. Nell’area indigena Sateré Maué la Scuola agricola Sao Pedro sorge sul ciglione al riparo dalla piena del Rio Andirà. E’ frequen- tata da 50 ragazzi che studiano in capanne di legno e fango e dor- mono nelle amache. Coltivano guaraná, ananas, mandioca, pa- paia. Imparano la lingua e la mitologia indigene dai tempi in cui A- numawato, il padre delle generazioni, diede ai Sateré Maué le leg- gi della vita. In tutte le scuole il corso di studi e l’ospitalità sono gratuiti: ciò im- plica un bilancio passivo che le produzioni agricole interne non rie- scono ad appianare e che ha bisogno di aiuti dall’estero. La soli- darietà dell’Italia arriva da gruppi come Amazzonia 90 (, p.zza Mazzini 33, tel. e fax 059 238029), associazione che si pro- pone di far nascere in Brasile iniziative capaci di produrre risorse per avviare e sostenere progetti di sviluppo per le comunità cabo- clos e indigene. “Nella città l’indio muore” spiega Honorato Lopes, professore di et- nia Sateré Maué. “Per questo cerchiamo di far capire ai nostri ra- gazzi i valori della tradizione... perché continuino a vivere nella gran- de foresta e lungo i fiumi, in quella terra d’alberi e acqua che Tu- pana (dio) ha dato agli indios”.

36 E N

O SUA MAESTÀ I Z A T N E il artufo M Un fungo sotterraneo che vale un tesoro

I t per il palato e la borsa L A Aldo Molino Nella penombra del bosco, il bastardino, obbediente agi incitamenti del padrone i- speziona il terreno tra le macchie di noc- ciolo. Meticolosamente perlustra la ripa poi improvvisamente, più eccitato che mai, si mette a raspare freneticamente con le zampe anteriori. L'anziano cerca- tore prontamente si inginocchia e con la zappetta completa l'opera del cane. “Con Lilly non sarebbe necessario” ci dirà do- po Batistin, il trifolau che eccezionalmente ha accettato di accompagnarci sulle col- line di Rocchetta per farci vedere come si cercano i tartufi, “lei non li mangia”, e ci racconta di quella volta che gli ha ri- portato una trifula bianca di oltre un etto e mezzo, “ma con gli altri cani é bene non fidarsi”. Il prezioso fungo ipogeo scompare sen- za che neanche si possa vederlo in u- na delle innumerevoli tasche della giac- ca, mentre Lilly già assapora la mollica di pane premio per la sua fortunata ri- cerca. Batistin è da oltre sessant'anni batte ritani e vallette di quest'angolo del 1 Monferrato , una passione che ha sin da I maiali, anzi le scrofe, erano e restano bambino e che si rammarica di non a- “Alba” (ma i monferrini storcono il naso), le altre specie sono considerate un ri- i migliori cercatori di tartufi, la ragione è ver potuto tramandare anche perchè o- stata recentemente spiegata dagli scien- gni "trifulau" ha i suoi luoghi segreti che piego neppure degne di portarne il no- me con buona pace di francesi e cen- ziati: esse infatti sono irresistibilmente custodisce gelosamente. La cerca ha attratte dall'odore del fungo che riesco- luogo soprattutto di notte lontano da oc- tro-italiani che osannano le virtù dei lo- ro “neri”. no a individuare anche a mezzo metro chi indiscreti. Di cani, Batistin ne ha ad- sotto terra e senza alcun addestra- I tartufi erano già conosciuti e molto ap- destrati più di 20, compito difficile e im- mento perché questi conterrebbero lo pegnativo tanto che un buon animale, prezzati dai romani che probabilmente stesso feromone presente nella saliva non contano razza o pedigree può va- impararono a mangiarli osservando i del verro (il maschio del maiale) e che lere anche 7 o 8 milioni. Se un "trifulau" maiali che pascolando le ghiande non funziona da potente richiamo sessuale non accetta le regole, è proprio il cane disdegnavano di procacciarsi il profu- per le femmine. Nonostante a pagarne le conseguenze, un boccone mato tubero. queste straordinarie capa- avvelenato e via. cità, in Monferrato e in Lan- Tartufo: per alcuni il re delle mense, per 2 ga si continua a preferire il altri è associato all'insopportabile olez- cane, compagno più affida- zo (il regolamento delle ferrovie non ne bile e discreto, non sarebbe permette il trasporto), per tutti comun- facile infatti passare inos- que è un qualcosa di mitico e di inarri- servati se si andasse per bo- vabile. schi con l’ingombrante suino Tra i prodotti naturali della terra dopo lo al fianco. zafferano, è uno dei più rari e costosi a- vendo raggiunto quotazioni tali che se Per molti secoli le sue origi- si potesse tesaurizzare potrebbe quasi ni restarono misteriose e competere con l’oro. Non a caso frodi e dettero origine a lunghe dis- sofisticazioni sono all’ordine del giorno sertazioni: per gli antichi es- (l’odore del tartufo infatti viene assorbi- si erano originati dal fulmine, to facilmente dagli alimenti che gli sono figli del fulmine li chiama in- posti accanto) mentre non si contano fatti Plinio il vecchio, fermenti salse o formaggi “aromatizzati” al tartufo della terra era invece l’ipote- con sostanze sintetiche che nulla han- si meno prosaica che circo- no a che fare con il nostro fungo. lava nel medioevo. Il nome In Piemonte il tartufo è quello bianco di

37 Un fungo pregiato I tartufi sono funghi ipogei (sotteranei) appartenenti al genere Tuber il cui ciclo vegetativo, benché ormai ampiamente non è ancora del tutto chiarito. Come tutti i funghi sono simbionti con piante superiori (tigli, pioppi, querce, noccioli ecc.) con le quali instaurano un rapporto di reciproco interscambio. Dalle spore, (i semi), prodotti dal carpoforo (il corpo fruttifero) si originano le ife che danno vita al micelio. Quest’ultimo infettando le radici della pianta ospite produce la micorriza che è costituita da una sorta di guaina sviluppata attorno alle radici 4 secondarie dell’albero simbionte. Quando le condizioni ambientali sono favorevoli, dal micelio si originano gli embrioni di tartufo che se non abortiscono, giungono nel tardo autunno inizio inverno a maturazione. Lo sviluppo sembra essere più lento per il 3 tartufo nero, molto più rapida per quello bianco Si conoscono circa 70 specie di tartufo delle quali 25 sono reperibili in Italia ma di queste solamente una decina hanno interesse commerciale. Il più pregiato e noto è il Tuber magnatum pico nome scientifico del tartufo bianco pregiato di Alba. Il Magnatum, cioè dei grandi dei potenti a ricordare come questo singolare alimento sia da sempre riservato alle mense di chi conta, ha buccia colore giallo chiaro o verdognola e polpa con tonalità che oscilla tra il giallo grigiasto e il nocciola. in quanto al profumo è intenso ed esclusivo (ai non estimatori ricorda molto quello dei calzini sporchi). Responsabile dell’aroma sono alcuni composti solforati e il bis metil-tio metano un idrocarburo che può anche essere sintetizzato. Il tartufo bianco pregiato è endemico della nostra penisola e dell'Istria e dove alligna in terreni marnoso arenacei e come gli altri congeneri essendo molto sensibile all’inquinamento è un ottimo indicatore biologico. Può raggiungere anche il peso di un chilogrammo ma si ricordano anche trifule di 2 chili e mezzo e si ricorda un eccezionale ritrovamento ad Acqualagna nelle Marche dove nel 1688 ne sarebbe stato cavato uno del peso di 75 libbre (25 chili). Oltre che in Piemonte lo si trova nelle Marche (Acqualagna, Sant'Angelo in Vado) in Romagna, nell'Oltrepo Pavese, nelle colline del Chianti in Molise e in Abruzzo. 5 6 L’aestivum rispetto al bianco e al melanosperum è molto meno pregiato ,anche se non mancano gli estimatori, ed è tartufo incominciò a diffondersi nel XIII prie gare tra cercatori. Delimitato il cam- anche conosciuto come Scorzone. E’ simbionte di molte specie di alberi e cresce secolo: terrae tuffolae infatti erano chia- po di gara si nascondono un certo nu- in terreni marnaceo calcarei comunque mati perché maturando e ingrossando mero di tartufi (quelli neri naturalmente ricchi di calcio. Sopporta tenori di sostanza potevano sollevare piccole gobbe nel meno pregiati e soprattutto meno co- organica più elevata che altri tartufi ma mal terreno. Poi il nome si contrasse in tar- stosi) in buche nel terreno poi i “trifolau” si adatta alla prolungata siccità estiva. E’ tuffole da cui tartufo. Fu finalmente il me- con i loro cani si sfidano in batterie eli- anche più facile da trovare perché dico torinese Vittorio Pico nel 1788 a ca- minatorie e finali. Vince, chi nel tempo crescendo in prossimità della superficie è talogare il nostro tartufo riconoscendo- stabilito recupera il maggior numero di più facilmente individuabile dai cani lo come fungo ipogeo. tartufi. E’ un esperienza interessante per Il Melanosporum (tartufo nero di Norcia o del L’alone di mistero intorno al tartufo, an- vedere all’opera l’indissolubile binomio Perìgord), rivaleggia per fama con il bianco, che se oggi le conoscenze sono molto padrone-cane e osservare i differenti sti- ha odore che ricorda il gas acetilene e progredite ed è anche possibile colti- li di ricerca. dimensioni minori (max. 1 kg). La buccia varlo, però resta non fosse altro che per Per diventare cercatori è necessaria (il pericarpo) è rosso vinacea quando quella ricerca un po’ misteriosa che si molta pazienza frutto di una grande pas- immatura, nera a completa maturazione, la gleba (la parte edibile) inizialmente chiara e fa di notte alla fioca luce di una lanter- sione e bisogna anche saper cavare i poi più scura. é legato principalmente a na, perché i cani sentono meglio gli o- tuberi senza danneggiare il terreno in rocce calcaree con spiccata reazione dori e gli umori della terra, ma soprat- cui crescono. La Regione Piemonte ha alcalina. é diffuso in tutta l’Italia tutto per non dover rivelare agli altri ca- disciplinato la ricerca con un apposita settentrionale e centrale e nel centro della vatori la localizzazione delle tartufaie legge che prevede il rilascio di un tes- Francia nel Perìgord che ne ha fatto la gloria Alla luce del sole da qualche tempo a serino di autorizzazione (180.000 £ an- nazionale. questa parte si fanno invece vere e pro- nue) ed esame attitudinale. Nonostan-

38 Testimonial 6° FESTA DEL TRIFULAU d’eccezione DEL MONFERRATO Per promuovere la festa del trifulau del Monferrato giunta ormai alla sesta edizione il parco di Crea ha scelto dei Domenica 26 novembre testimonial d’eccezione: i fratelli Giovanni 2000 si svolgerà la 6° FESTA e Nicola de Wespin (noti come i Tabachetti). I manifesti riproducono infatti DEL TRIFULAU DEL la statue della cappella dedicata alle MONFERRATO, dove ver- nozze di Cana del Sacro Monte di Crea. Tra gli altri vi sono due personaggi in abiti ranno premiati i trifulau più secenteschi che la tradizione vuole siano meritevoli della zona. proprio i due scultori che si sono raffigurati nella cappella prendendo L’iniziativa si colloca a con- ispirazione dal matrimonio di Nicola de clusione della Fiere del Tar- Wespin con Dorotea Calligaris avvenuto nel 1604 a Forneglio. Uno dei due fratelli tufo che si terranno ad ostenta appunto tra le dita il prezioso Odalengo Piccolo il 7 - 8 ot- tubero rendendo così questa opera la più antica rappresentazione del prezioso tobre; a Montiglio Monfer- 7 fungo. rato l’8 e il 15 ottobre; a Moncalvo il 22 e il 29 otto- 1. Un esemplare bre; a Cella Monte il 4 – 5 di circa 250 grammi Il tartufo novembre; a Serralunga (foto G. Carrara). in tavola 2. Cane e trifulau Se il barolo è il “re”della tavola della di Crea il 5 novembre e al lavoro nell’alto , il tartufo ne è il degno compare a Murisengo il 12 e il 19 Monferrato di desco. Il tartufo bianco a differenza del (foto G. Carrara). suo cugino nero, non sopporta la cottura, novembre. 3. Un vassoio anzi se cucinato può diventare La festa è organizzata dal alla fiera di Moncalvo. leggermente tossico, ma a chi potrebbe parco naturale del Sacro (foto R. Valterza). venire in mente di farsi un umido di 4. Un magnifico “trifule”! Monte di Crea in collabora- esemplare di ben L’ideale sarebbe consumarlo appena zione con i Comuni di Pon- 290 gr raccolto, a detta degli intenditori il metodo migliore per apprezzarlo è un zano Monferrato e di Serra- (foto R. Valterza). abbondante grattata su due uova al lunga di Crea con il patro- 5. Battistin e un paletto fresche di gallina, cucinate in un suo ritrovamento solitario casale sui bricchi. cino della Provincia di (foto A. Molino). Il tartufo va pulito solamente prima Alessandria – Assessorato 6. Cani da “trifule” dell’utilizzo lavandolo e spazzolandolo (foto A. Molino). per togliere i residui di terra, sotto Agricoltura 7. Particolare l’acqua fredda. Con l’apposito raschietto Programma della giornata: delle statue della si ricavano poi le sottili lamelle adatte a Ore 9.30 Tavola rotonda sul cappella delle insaporire e a esaltare una molteplicità di nozze di Cana piatti . Generalmente il tartufo non ama il tartufo a cura dell’IPLA di (Wespin, 1605 ca) limone o l’aceto ne le carni arrostite e Torino. al Sacro Monte anche con la bagnacauda sarebbe da evitarsi gli abbinamenti possibili però Ore 11.30 Consegna delle di Crea sono quasi infiniti e nel ricettario non targhe ai trifulau. (foto parco Crea). manca neppure il pesce. I piatti più 8. Un bosco classici sono il risotto, le tagliatelle (i Ore 12.00 Santa Messa. dove si nasconde “tajarin”) gli gnocchi , la carne all’albese Ore 13.30 Pranzo. il tesoro e la fonduta alla piemontese. 8 (foto A. Molino). Per chi volesse poi sperimentare le magiche virtù afrodisiache della “trifula” consigliamo un insalata di ovuli te questo, sotto la spinta di una cre- Capitale piemontese e mondiale del tar- (l’Ammanita cesarea) tagliati a fette sottili scente domanda (specie dagli Stati U- tufo è Alba, ogni anno nel mese di otto- condita con una salsa di rosso di uovo niti) non mancano comportamenti irre- sodo, limone e olio extravergine e bre vi si tiene una grande fiera con nu- arricchita da una pioggia di scaglie di sponsabili (come la raccolta prima dell’i- merose manifestazioni collaterali. Non Tuber magnatum. nizio della stagione stabilito a metà set- è questo però l’unico appuntamento per- tembre) mentre prosegue il degrado am- ché quasi tutti i centri di una qualche im- bientale. Logica conseguenza è una di- portanza hanno una loro mostra mer- Per saperne di più minuzione progressiva dei raccolti. Per Raoul Ciapelloni (a cura di), Coltiva- soddisfare la domanda da qualche han- cato dove è possibile ammirare prezio- so fungo (il bianco può raggiungere il zione del tartufo-note applicative, qua- no a questa parte si è iniziato a ricorre- derni dell’Ambiente n.2 Provincia di re a tartufaie artificiali, ottenute metten- valore di qualche milione al chilogram- Pesaro- 1997 do a dimora piantine micorrizate in vi- mo) e messa la mano sul portafoglio che Comunità Montana Medio e Alto Me- vaio. Il risultato per quanto riguarda il poi piangerà, acquistarlo. tauro, La valle dei sapori, ed. Delfi tartufo bianco non sembra essere però A tutti consigliamo comunque una pas- 1998 ancora soddisfacente: è comunque sem- seggiata alle porte di Asti a Rocchetta A.Cortesi, Il cane da tartufi, Edagri- pre indispensabile disporre di un abile cole 1991 Tanaro dove alcuni percorsi attrezzati cane, perché sarebbe comunque im- J.Hurst,L.Rutherford, Funghi e tartu- possibile individuarli altrimenti (il tartufo nel parco regionale (c’è anche un per- fi, Mondadori 1992 bianco a differenza dello scorzone che corso natura) permettono di farsi un i- G.Ravazzi, Il tartufo.Ricerca,coltiva- può crescere anche a livello del terre- dea degli ambienti tipici monferrini do- zione e cucina dei tartufi bianchi e di ve crescono i tartufi. quelli neri, De Vecchi 1992 no, si trova anche a 50 cm di profondità) E.Valli, I tartufi:120 ricette, Calderini 1996 A C I N A T O B Dall’A 1

Caterina Gromis di Trana naturalista foto di Renato Valterza alla ucca I bambini degli anni Sessanta conser- taglio contribuisce alZ miracolo di tra- voglia di farsi l’orto di casa a chiunque vano nella memoria delle favole una sformare il quotidiano in meraviglia. legga la composizione chimica degli zucca: è quella della notte del ballo, Cucurbita maxima è il nome del mira- antiparassitari. L’unico suo difetto, se quando la bacchetta magica della fata colo, specie da cui sono derivate tutte di difetto si tratta, è di essere invaden- esaudisce i sogni di Cenerentola. Una le varietà a frutto grosso. Ha origine te. Richiede spazio: ogni pianta, quan- scia di stelline scintillanti avvolge l’orto incerta: il Niger o forse l’America do non si arrampica al recinto dell’orto, buio e si avviluppa attorno alla rigo- Meridionale, comunque un paese striscia per terra senza badare a osta- gliosa zucca rotonda che prende vita, caldo che le ha lasciato in eredità una coli e soffoca con allegra esuberanza si gonfia e saltella appoggiata sui suoi sola necessità: che la bella stagione qualsiasi timido vegetale che si per- steli striscianti e davanti agli occhi duri almeno fino a ottobre per permet- metta di faticare a crescere nelle sue incantati di chi guarda diventa una tere al suo ciclo di sviluppo di essere vicinanze. Se si può allora è bello splendida carrozza. Una carrozza prin- completo. Per il resto non è difficile da darle spazio e permetterle di vagare cipesca, leggera, raffinata, ma che coltivare, per usarla in cucina o per sul terreno a suo piacimento: così il non rinnega la sua origine di zucca: la divertimento, per la piacevolezza della calore del sole verrà assorbito meglio, forma è da “peponide” (così viene scorza fresca e liscia al tatto e per la il riparo dal vento sarà garantito e i chiamato quel frutto dai dotti), un po’ gioia dell’occhio che regala forme biz- frutti potranno maturare bene, e ralle- schiacciato ai poli, a grossi spicchi; le zarre e colori diversi alla mente creati- grare l’autunno. E’ questa la stagione ruote e gli ornamenti sono i lunghi steli va, che riesce a inventare decorazioni in cui si raccolgono le zucche, non tenaci e i cirri carnosi, arrotolati con di zucche ornamentali belle come ancora completamente mature, quan- molleggiata eleganza; l’interno trapun- mazzi di fiori. Ha molti pregi: non do la luna è calante, come vuole la tato è la polpa zuccherina e ogni det- richiede tanto lavoro e nemmeno tradizione che non chiede spiegazioni esperienza; si adatta a molti tipi di ter- sul perché. Poi vanno lasciate qual- reno e, regolando il momento della che giorno al sole prima di riporle in un semina primaverile, a molti ambienti climatici; è forte e frugale e non ha bisogno di quella opprimente difesa antiparassitaria che fa passare la

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luogo fresco e ventilato, provviste di idee per passatempi invernali, non solo in cucina. Lo scarso valore nutritivo della zucca ha ispirato detti popolari che non la lusingano, perché é insipida, povera di lipidi e di proteine, oltre che poco zuc- cherina. Così quando si vuole denigra- re un piatto di poco sapore si dice che “sa di zucca”, e dare dello “zuccone” a qualcuno non è certo un complimento. Però contiene le vitamine A e C e numerosi oligoelementi . Ed è’ molto digeribile, ideale nel nostro tempo di vita sedentaria da ufficio e da compu- ter, per le diete ipocaloriche e vegeta- riane di cui sono piene le riviste che badano al mantenersi in forma. L’acqua rappresenta più del 91% del peso, come in tutte le cucurbitacee, e la rende indicata nei piani alimentari disintossicanti e nei regimi di riequili- brio nutrizionale dopo affaticamento o malattia. Una minestra, una crema o una torta a base di zucca possono essere da acquolina in bocca, se si possiede qualche vecchia ricetta e un po’ di fantasia. Le zucche essiccate e svuotate una volta si usavano per trasportare il vino e l’acqua: borracce fantasiose create in tempi remoti dalla giocosa inventiva 3 contadina: mentre i frutti crescono possono essere aiutati ad assumere una forma più piatta, più contorta, più bislunga, secondo l’estro della natura e l’idea umana di piazzare assi di legno in posizioni strategiche, a

41 Una minestra, una crema o una torta a base di zucca possono essere da acquolina in bocca, se si possiede qualche vecchia ricetta e un po’ di fantasia

4 schiacciare, spostare, allungare e in qualche modo dirigere la crescita dei progenitori delle bottiglie. Sempre zucche, come scatole lisce o bitorzolute, erano usate dalle famiglie povere per trasportare o conservare il sale: sono loro quelle che hanno tra- smesso il modo di dire “aver poco sale in zucca”. Ancora zucche, vuote e leggere, prima della plastica e di altre diavolerie del progresso, erano i salvagenti dei catti- vi nuotatori: queste hanno ispirato il Sacchetti a scrivere: “Se tu fossi in un gran pelago e fossi per affogare, qual vorresti avere addosso, o ‘l vangelo di santo Giovanni o la zucca da notare?” Le zucche dei bambini degli anni Novanta sono quelle della festa di Halloween, che per qualche misteriosa ragione ha attraversato l’oceano e dall’America è arrivata anche da noi. La tradizione vuole che nella notte tra il 31 ottobre e il 1¡ novembre si svuo- 5 6 le zucche e si trasformino in mostruose teste. Poi si sistemano sui davanzali con un lumino acceso all’interno, per scacciare gli spiriti mal- vagi nella notte che per i Celti segnava il Capodanno, quando vagavano nel mondo le anime dei morti. I bambini degli anni Novanta non sanno nulla dei Celti e dei loro riti pagani: illumina- no le zucche a forma di teschio perché hanno la mania dei mostri, moda infantile di oggi. Contenti loro; chissà se non era meglio Cenerentola.

1, 2, 3. Le zucche, mille forme e colori. 4. Varietà di piatti cucinati con la zucca come ingrediente principale. 5. La preparazione delle frittelle di zucca. 6. La zucca può diventare uno strumento musicale. 7 7. Zucche in vendita alla fiera del tartufo di Moncalvo (AT).

42 Il giardino di Oropa adotta DAL un antico libro di botanica MONDO Originale, simpatica ed intelli- gente operazione della Biblioteca DELLA Civica di Biella e dell'Associazio- ne Amici della Biblioteca. Le vie RICERCA della cultura passano anche attra- verso l’adozione di antichi e rari A cura di volumi. Tra questi una pregevo- Sandro Bertolino le edizione dei cinquecenteschi biologo "Discorsi di M. Pietro Andrea Serpenti Mattioli". Proprio quest'opera ha destato l'interesse del Giardino Ci sono gruppi di animali che attirano subito la sim- Botanico di Oropa, gestito dalla patia degli uomini, altri invece provocano solo sen- locale Sezione WWF per incarico timenti negativi; tra questi ai primi posti troviamo del Comune di Biella. Si tratta in- sicuramente i serpenti. I motivi alla base di questa fatti di una delle opere fonda- sorta di repulsione da parte dell’uomo verso i ser- mentali della storia della botani- penti sono molteplici e antichi; la loro origine è sia ca. Il titolo completo (e prolisso) culturale sia psicologica. Certo, il fatto che alcuni di è "Di Pedacio Dioscoride Anazar- loro siano anche velenosi non aiuta, ma le paure non beo libri cinque della istoria et ma- sono legate solo a questo fatto. I naturalisti sanno che teria medicinale...". Fu una delle anche i serpenti, come ogni organismo, hanno il lo- opere più conosciute del Cinque- ro ruolo nell’ecosistema e meritano tutela. Purtrop- cento (ne furono tirate 50 edizio- po, modificazioni ambientali e persecuzione diretta ni), e contiene quelli che comu- nemente sono noti come i "Di- scorsi" o i "Commentarii" di Pier Andrea Mattioli. Già il titolo originale rende palese il collegamento fra il monumen- tale lavoro di Mattioli e il "De materia medica" di Dioscoride, nato in Asia Minore e - al tempo di Claudio e Nerone - famoso medico Vipera militare al seguito delle truppe romane. Probabilmente ben cono- comune sciuto dal contemporaneo Plinio, a sua volta famoso per la "Natu- (foto ralis Historia", Dioscoride fuse il suo trattato al più antico manoscritto Cedrap/G. botanico/medico a noi pervenuto: il Codice di Anicia, citato come Carrara). "Codex Vindobonensis", realizzato a Costantinopoli nel 512 d.C. La prima edizione dei "Discorsi" di Mattioli è del 1544, (ma la prima edizione con corredo iconografico é del 1565): un volume "in folio" di 1459 pagine, in cui sono incluse più di 1000 xilografie, proprio co- me quello custodito nella Biblioteca di Biella. da parte dell’uomo non ne facilitano la vita. Tutti coloro che faranno una donazione per recuperare questo gioiel- Filippi e Luiselli hanno pubblicato un articolo in cui lo riceveranno, come "certificato di adozione", una bellissima carto- analizzano lo status delle 19 specie di serpenti pre- lina postale realizzata grazie al contributo dell'Erboristeria "La Luna senti in Italia. Gli autori hanno preso in considera- fiorita" di Biella. Riproduce una tavola del prestigioso volume, ed è zione dieci parametri che influenzano la permanen- stata tirata in un limitato numero di copie esclusivamente per que- za in natura di popolazioni vitali. Tali parametri e- st'iniziativa rano legati alla storia naturale di questo gruppo di a- Per saperne di più: WWF Biellese: tel. & fax 015-2523058 nimali, alla loro ecologia, alla loro distribuzione e ca- [email protected]. pacità di adattamento ad ambienti degradati; inoltre, sono stati presi in considerazione anche parametri Turismo scolastico più legati all’intervento umano, come il commercio Dalla collaborazione tra la Società Trenitalia (Gruppo F.S.) e le a- illegale di alcune specie. ree protette della Regione Piemonte è nata una ricca serie di pro- Secondo gli autori, più del 50% delle specie di ser- poste per il turismo scolastico per il prossimo anno 2000/2001. penti presenti in Italia sono soggette a fattori di ri- I vari programmi proposti coniugano l’utilizzo del treno ed il tra- schio che possono peggiorarne la situazione. Dieci sferimento gratuito in bus dalla stazione alla sede del parco pre- specie sono a rischio in quanto localizzate o presen- scelto. Si tratta di visite guidate che vedono coinvolti moltissimi ti in ambienti a forte impatto antropico, tra queste parchi del Piemonte: dal parco fluviale del Po alessandrino-vercel- tre specie di vipera (V. ammodytes, V. berus e V. ur- lese ai Lagoni di Mercurago, dal Bosco della Partecipanza di Trino sinii), Coluber gemonensis e C. hippocrepis, Elaphe si- alle riserve paleontologiche dei parchi astigiani, dal parco naziona- tula ed E. scalaris; V. berus e V. ursinii risentono an- le del Gran Paradiso a quello provinciale di Candia. che di altri fattori limitanti legati alle loro caratteri- I viaggi sono organizzati e coordinati dal tour operator Percorsi DOC stiche ecologiche e biologiche. Cinque specie, tra cui (via Zumaglia 67 bis Torino, tel. 011.7410460 email: percorsi@per- di nuovo due vipere, (V. ammodytes, V. ursinii, C. corsidoc.it) in stretta collaborazione con le singole aree protette e la hippocrepis, Elaphe situla, E. quatuorlineata) posso- Direzione Trasporto Regionale Piemonte della Società Trenitalia (via no essere considerate ancora a rischio per una sorta Nizza 8 bis tel. 011.6652653 email: [email protected]). di commercio illegale, ritenuto in diminuzione ma tuttora presente nel paese. Ribattezzato per errore. Ne abbiamo sbagliato il nome ma la bra- Filippi E., Luiselli L., 2000. Status of the Italian snake vura del fotografo rimane. fauna and assessment of conservation threats. Biologi- Nel portfolio dedicato ai fotografi di Piemonte Parchi (numero cal Conservation, 93: 219-225. 100) Renato Cottalasso, per il classico refuso, è diventato Rober- to. Ce ne scusiamo naturalmente con Renato.

44 Il minerale artista VII edizione In mostra fino al 12 novembre in corso Dante 102 Forumnaturae a Torino le meraviglie cromatiche del Calcedonio NOTIZIE Ultimi appuntamenti e particolarmente dell’agata. La mostra, ad ingres- dell’ormai tradizionale so libero, è organizzata dall’Associazione Piemon- ciclo di incontri orga- tese di Mineralogia e Paleontologia e dalla Sezione PAN: un progetto nizzati dal Museo Regio- paleontologica dei Centri di Attività Sociali Fiat. innovativo nale di Scienze Naturali. Info per orari e visite guidate: 011.6866478. Nel contesto della coo- Con inizio alle ore 18 perazione internazio- presso il Centro Torino L’uomo Disegno naturalistico nale importante è la Incontra in via Nino Co- di Neandertal Due corsi della nostra collaboratrice Cristina Girard. partecipazione della Di- sta, 8 a Torino, l’8 no- a Pinerolo Il primo, organizzato dal parco di Avigliana inizia rezione Turismo (nella vembre Walter Rossi (u- Ospite del Cesmap, nel il 2 novembre e si tiene il giovedi dalle 20 alle 22,30 fattispecie del Settore niversità dell’Aquila) museo d’Arte Preistori- (info: parco 011 9313000). Pianificazione Aree parla della natura e ca in via Giolitti 1: si Il secondo si tiene al lunedi a partire dal 13 novem- protette) al progetto dell’ambiente in Sierra tratta di una statua a bre (dalle 20 alle 22,45) ed é organizzato dal WWF transnazionale “PAN – Leone; il 22 novembre grandezza naturale (o- Piemonte (tel. 011.4731746). Entrambe i corsi du- sistema Mediterraneo Bruno Gambarotta rac- pera di Saulo Guarna- rano 14 settimane e costano 360 mila lire. di itinerari dei Parchi conta il viaggio di un cu- schelli) dell’ominide vis- naturali e culturali” fi- rioso tra i tesori di carta suto in Europa tra 600 Autunno alla Bessa nanziato dall’Iniziativa della biblioteca del mu- mila e 30 mila anni fa. I Riapre il Centro visite del parco a Zubiena, frazio- comunitaria Interreg seo ed infine, il 6 dicem- fossili di Neandertal rin- ne Vermogno (tutti i fine settimana dalle 10,30 al- IIC. Il progetto vede la bre Charles Jarvis del venuti sono numerosi le 17,30), dove é possibile ricevere informazioni e partecipazione di Italia, museo di storia naturale nel Vecchio Continente materiale per passeggiate e escursioni in mountain Francia, Spagna e Gre- di Londra racconta la ri- ma il suo grado e signi- bike ed usufruire dell’area pic-nic. cia e si propone l’atti- voluzione scientifica di ficato evolutivo dopo un In novembre sono previste due escursioni guida- vazione di un sistema Linneo. L’ingresso è li- secolo e mezzo dai pri- te: domenica 12 (ore 14,30) all’aurofodina roma- integrato di parchi eu- bero. mi rinvenimenti é anco- na e domenica 26, stessa ora alla Baraggia di Can- ropei che perseguono Info: tel 011.432.4444 ra aperto. delo. Info: 015.677276 obiettivi di sviluppo e- conomico e sociale Carta della Terra compatibili con le pe- Museum Naturae Sono occorsi otto anni culiarità ambientali e MUSEUM NATURAE, è il titolo di una nuova rivi- di dibattiti internazio- culturali delle aree inte- sta edita dalla Regione Piemonte. Il Museo Re- nali per elaborare il te- ressate. Il “Sistema” in- gionale di Scienze Naturali, istituito 22 anni fa sto definitivo della Car- tende collocarsi sul a Torino, apre così un nuovo canale di comu- ta della Terra, un docu- mercato coniugando e- nicazione che affianca la consolidata attività e- mento mondiale para- sigenze ambientali e po- ditoriale del ‘Bollettino Scientifico’ e delle va- gonabile alla dichiara- litiche di sviluppo turi- rie monografie specialistiche. Tra gli obiettivi zione dei diritti dell'uo- stico, di uso del tempo Il Botanical della testata, resi noti dal direttore Paolo Sibil- mo. libero e di utilizzazione Magazine in Cd le, è dato rilievo al collegamento del Museo con La Federazione Pro compatibile delle risor- Il “Curtis’s Botanical “l’ambiente sociale che lo circonda: in primo luo- Natura che collabora se. Al termine del pro- Magazine” è una presti- go al mondo della scuola, con le istituzioni cul- con altre organizzazio- getto (nel 2001) dovrà giosa rivista edita in In- turali e scientifiche, ma anche con l’associazioni- ni alla promozione e essere avviata una “bor- ghilterra dalla fine del smo, le imprese e, più ingenerale, con il mondo conoscenza di questo sa turistica mediterra- ‘700. Delle sue splendi- del lavoro” nella prospettiva di dar vita a un’i- documento ha realizza- nea”. Nell’ambito di de illustrazioni botani- stituzione sempre più vicina alle esigenze del to un sito (con versione questo progetto é stata che abbiamo parlato in pubblico. Il nuovo magazine rappresenta italiana ed inglese) con prevista un’iniziativa di occasione della bella un’importante operazione culturale per ri- numerosi approfondi- carattere sperimentale: mostra del Museo spondere alle crescenti richieste di divulgazio- menti. quella che si propone regionale di Scienze ne scientifica e, L’invito è quindi una vi- l’applicazione di siste- Naturali (vedi Pie- più in generale, sita a www.cartadella- mi di gestione ambien- monte Parchi di sensibilizzazio- terra.it tale (EMAS secondo n.84/99) “Fiori ne sui temi delle l’acrostico europeo) ad d’autore”. Ora il scienze naturali. Animali in esposizione aree protette pilota (per museo regionale MUSEUM NATURAE E’ il titolo di una spetta- il Piemonte: le Alpi Ma- mette a disposizio- ha 24 pagine; è colare rassegna di mam- rittime ed il Po alessan- ne, riprodotti su Cd stampato in miferi di specie in grave drino) per pervenire al- Rom i primi due 10.000 copie ed è pericolo d’estinzione la “certificazione” di at- volumi della prezio- distribuita in ab- che si tiene, fino al 17 tività collegate alla frui- sa raccolta della ri- bonamento gra- dicembre, al Museo Ci- zione e all’accoglienza vista al costo di 12 tuito. vico di Storia Naturale presenti in loco che mila (spese postali Info: 0114323063; di Genova. possono presentare ri- escluse). e-mail: redazio- Orsi, leopardi, argali, lu- cadute rispetto alla ca- Info: tel.0114323061 ne.mrsn@regio- pi vi attendono quindi pacità di attrattiva turi- biblioteca.mrsn@re- ne.piemonte.it. in via Brigata Liguria, 9 stica delle zone interes- gione.piemonte.it (tel.010.564567/582171. sate.

45 SENTIERI PROVATI

L’anello dell’orrido degli itinerari possibili, pre- di Luca Giunti senta complessivamente 1000 guardiaparco Orsiera m di dislivello e richiede 4 o- testo e foto re di cammino Dalla piazza della Chiesa (q. La riserva speciale dell’Orri- 480) si attraversa il ponte e si do di Foresto è stata istituita gira immediatamente a destra nel 1998 per salvaguardare u- in direzione dell’Orrido. Al na rara specie di ginepro ma fondo della stradina, (cartel- anche per tutelare un am- lo) si prende a sinistra il sen- biente dalle singolari caratte- tiero che comincia subito a sa- ristiche morfologiche e cultu- lire con sei tornanti intagliati rali. La riserva e i suoi dintor- nella bastionata calcarea. Rag- ni offrono innumerevoli mo- giunto un pilone votivo (15’) tivi di interesse che vanno dal- si prosegue per un tratto in la ricca avifauna, alle traccia piano, si raggiunge un altro della presenza umana del pas- cartello indicatore e si segue la sato come incisioni rupestri, direzione Case Cote - Monte vecchi coltivi, cave di marmo, Molaras, ricominciando a sa- 1 mulini... Foresto si affianca al- lire sulla mulattiera lastricata: la riserva di Chianocco costi- in questa zona si notano alcu- tuendo così un vero e proprio ni esemplari di ginepro coc- dere. Ben presto si sente il fra- ramico, al termine del quale sistema degli orridi della bas- colone. Il sentiero prosegue gore dell’acqua e si può am- guadagna quota ripidamente. sa Val di Susa. lungo la cresta, passando con mirare il fondo della gola sca- Un traverso verso ovest supe- La modesta altitudine e le fa- diverse tracce vicino a Case vata dal rio Il sentiero si ab- ra alla base una grande spalla vorevoli condizioni climatiche Molé dou Rourou. Il sentiero bassa su terreno franoso, so- rocciosa, ed entra in un bosco fanno si che la zona sia fruibi- si riunifica in direzione di un vrastato sulla sinistra da una rado di pini silvestri. Il sentie- le anche in tardo autunno e alto traliccio elettrico, e rag- alta parete di “pudding”, un ro sale ora con ripidi tornan- negli inverni secchi. Per ren- giunge il Bivio del Masso (q. conglomerato poco consi- ti, e oltrepassa due diramazio- dere accessibile l’area sono sta- 740, 40’). Superato il traliccio stente derivato dall’antica mo- ni. Un ulteriore lungo traver- ti recentemente predisposti e e la casa diroccata alle sue spal- rena glaciale erosa dal torren- so verso ovest, in lieve salita, segnalati alcuni itinerari fa- le, si raggiunge il pilone voti- te. In breve si raggiunge un arriva alla base di una caratte- cilmente accessibili all’escur- vo e il Bivio Cote. Da qui si la- ponticello di tronchi (q. 800, ristica parete bianca (eviden- sionista medio. Considerando scia il sentiero verso sinistra 70’) superato il quale il sentie- te anche dal fondo valle e dal- le caratteristiche fisiche del ter- che sale al Rocciamelone e si ro ricomincia a salire. Dopo la partenza). Con ripidi tor- ritorio caratterizzato da forre, prosegue in piano verso de- circa dieci minuti si raggiun- nanti invasi da foglie secche il ruscelli, barre rocciose, stra- stra, entrando nel vallone ge una piccola cresta erbosa. sentiero sale in mezzo ai noc- piombi è necessario comun- dell’Orrido. Una deviazione a destra por- cioli, oltrepassa a sinistra una que essere prudenti e dotarsi Dopo circa dieci minuti il sen- ta verso Meisonasse. Il nostro selletta - da dove una devia- di un adeguata attrezzatura tiero incrocia il confine della sentiero invece prosegue evi- zione verso il basso conduce a (pedule, zaino ecc.). L’anello riserva, identificabile dalle ap- dente verso sinistra, con un Case Bastia - e supera a mon- qui descritto che è solo uno posite tabelle, e inizia a scen- tratto lastricato molto pano- te la balza rocciosa, per poi proseguire verso est in lieve sa- lita, molto esposto e panora- 2 mico: bisogna prestare atten- zione agli strapiombi e a non provocare cadute di pietre. Il sentiero gira poi verso nord (sinistra), attraversa un pen- dio con faggi e pini silvestri e raggiunge i prati di Armita (q. 1333, 2,5 ore). Il toponimo fa riferimento ad un antico inse- diamento eremitico. Alle spalle della casa, in dire- zione est, il sentiero prosegue in piano. Nel primo tratto è difficile individuarlo perché invaso da inestricabili pruni, che è opportuno oltrepassare sulla sinistra. Ritrovato il sen- tiero, lo si segue verso est in piano per dieci minuti e dopo alcuni grossi faggi si trova Fontana Beneita (q. 1300, 2 o- re e 45’). Questa sorgente è l’unica della zona, ed è quindi indispensabile fare riserva di acqua. Nella cassetta per le let- tere si trova un “libro di vet- ta” per gli escursionisti. Dalla fontana il sentiero scen- de leggermente in mezzo ai noccioli fino a raggiungere la confluenza fangosa di un tor- 3 rentello coperta da salici. Poi prosegue in salita in direzione sud-e- Nelle foto prospettive e st, ed alterna brevi panorami della passeggiata. rampe e discese, fi- Nella foto 2 la gita con i muli del no a piegare deci- maggio 1999. samente verso est con un traverso in salita, esposto, al cui termine due stretti tornanti in ripida discesa su- basso. Dopo circa 20 minuti le perano una parete tracce diventano più evidenti di roccia. Il sentie- per poi unificarsi, e raggiun- ro entra poi in un gono un cartello segnaletico in valloncello e piega legno (30’ dalla Tavola di O- decisamente verso rientamento, 4 ore e 40’ in to- sud, ormai in pia- tale). Si prende il sentiero ver- no, attraversando so destra, ormai largo e sasso- un caratteristico bosco di pini silve- so, e in circa quindici minuti stri. Dopo la cur- - oltrepassato il Bivio della va in pochi minu- Fornace, si raggiunge la cava di pietra alle spalle di Foresto. ti si raggiunge Ca 5 Teissard (q. 1250, 4 In questo tratto si osservano 1 ora da Armita). sulla destra numerosi terraz- Nel bosco poco prima delle ratterizza la parte bassa della sulla cresta erbosa che delimi- zamenti, ancora in buono sta- case si incontra il bivio che Riserva. Il sentiero scende ra- ta la parete est dell’Orrido. La to, a testimonianza del lavoro porta alla Fugera e alla cava di pidamente, ed in breve rag- cresta, molto panoramica, secolare dell’uomo (vigne e marmo verde. giunge un bivio in mezzo alla porta ad un imponente tralic- pascoli). L’ultima parte del I prati sottostanti Ca Teissard pineta (q. 1100, 15’ da Ca cio elettrico e alla Tavola di O- sentiero, in piano, permette di sono invasi dalla vegetazione Teissard): verso sinistra si rientamento, dove si con- osservare alcune tpiche pian- bisogna quindi seguire una scende a Case Trucco, men- giunge con il “Sentiero degli te xerofile come di mandorli, traccia poco evidente che scen- tre a destra si prosegue per Orridi” e dalla quale inizia ver- ulivi e biancospino. Dalla ca- de in direzione sud-est a fian- Truc S. Martino e Foresto. Il so est il sentiero che porta a va si prende la strada sterrata co della vecchia mulattiera. Foresto (q. 900, 40’ da Ca verso sud, e dopo cento metri Ben presto però al fondo dei nostro sentiero, molto sasso- si raggiunge via S.Rocco, a- prati si ritrova l’evidente trac- so, si abbassa verso sud-ovest Teissard, 4 ore e 10’ in totale). ciato principale. Seguendolo e attraversa una zona dove so- sfaltata. Girando a destra si ol- si raggiunge un tornante dal no evidenti sugli alberi i segni In questa zona il sentiero è di- trepassa la sede del parco (a- quale si possono vedere in bas- di un vecchio incendio. Alla sperso in numerose tracce che perta per informazioni anche so a sinistra Case Trucco e a base della cresta calcarea non attraversano i pendii erbosi: è nei giorni festivi) e si raggiun- destra Truc S. Martino e Fo- bisogna seguire la traccia più importante in ogni caso se- ge la piazza della Chiesa, dal- resto. Da questa zona ripren- evidente che scende verso si- guire l’andamento del vallon- la quale siamo partiti (q. 480, de il paesaggio di pareti bian- nistra, ma attraversare in pia- cello verso est, in direzione di 1 ora dalla Tavola di Orienta- che e picchi calcarei che ca- no verso ovest fino a portarsi alcune case che si vedono in mento, 5 ore in totale).

47 tipici, proporre itinerari di vi- ze cosmiche che a volte “si ri- re a Igor Man: “finché esisterà sta all’aria aperta. bellano al conformismo, ri- un filo d’erba, l’uomo potrà Dal locale al generale, pur ri- trovando la propria dignità e salvarsi. Fuor di metafora: li- manendo nell’orbita enciclo- il senso della natura”. Quat- bri come questo ti riconcilia- pedica: PARCHI NAZIONALI D’I- tro storie e altrettanti incon- no con la letteratura”. TALIA - GUIDA ALL’OSPITALITÀ tri con realtà e personaggi del (Ed. Giunti, £. 25.000) di nostro mondo quotidiano. Il libro ha vinto il premio Co- LIBRI Giulio Ielardi (in collabora- Racconti emblematici e av- cito -Montà d’Alba ed ha a- zione con la Federazione Ita- vincenti, con valore di testi- vuto la menzione al premio Non solo articoli liana Parchi e Riserve natura- monianza, scritti in forma Procida-Elsa Morante. naturalistici li). Un’efficiente carta dei ser- semplice, che hanno fatto di- E.M. I nostri collaboratori vizi offerti nelle 21 aree pro- autori di interessanti libri tette nazionali, dallo Stelvio Diversi nostri collaboratori al Vesuvio, dal Gran Paradi- hanno al loro attivo un gran so al Gennargentu. Il libro numero di pubblicazioni sui comprende una parte de- scrittiva dei singoli Parchi e temi ambientali o proposte di un’accurata sezione per ri- itinerari naturalistici, cultu- spondere alle domande: dove rali, sportivi. Alcuni di loro dormire, dove mangiare, co- insegnano materie scientifi- sa fare? Altre pagine indicano che nelle scuole o all’univer- i centri visita, i luoghi d’inte- sità, altri occupano posti di resse culturale e scientifico, le responsabilità in Associazio- segnalazioni relative all’arti- ni o Enti parco, mentre altri gianato e ai prodotti tipici. ancora fanno tutt’altro lavo- Un vademecum utile, anzi in- ro nella vita quotidiana, ma dispensabile per muoversi in sono intimamente innamora- modo informato in ambiti ti della natura. Comunque, naturali. tutti hanno in comune un La mancanza di memoria sto- rica e l’accelerazione dei pro- cessi di cambiamento in atto in tutti i settori della società, sono i principali imputati del volume I DISASTRI ECOLOGICI di Daniele Castellino e Gior- gio Fattor (Ed. Clerico, £. 29000). Lo studio analizza la lunga serie di episodi succe- dutesi nel corso del XX seco- lo, in cui un irresponsabile e drammatico impatto am- bientale, fu causa di gravissi- me conseguenze della salute dei cittadini. Acna di Cengio, Seveso, Cernobyl e altre ‘sto- rie di ordinaria tecnologia’ come la produzione farma- cologica del Talodimite in Germania e la nube tossica di marcato interesse per la tute- Bhopal in India. Nella corpo- sa appendice conclusiva, si la dell’ambiente e la grande Un mondo riposante, quello del bosco. Rilassante, affascinan- volontà d’impegnarsi in pri- trova la tabella con i princi- pali incidenti rilavati su scala te e coinvolgente. Un mondo che invita a lasciarsi andare per ma persona, in suo favore. scoprire attraverso passeggiate ed escursioni, infinite sfumatu- Nella collana ‘4 stagioni’, l’E- mondiale dal 1950 al 1994, u- na bibliografia informatica e re e colori, ombre, profumi e strani rumori. Un viaggio nel pas- ditore Alzani (£. 18.000 cia- la legislazione italiana ed eu- sato e nel presente, per trovare scuno) ha recentemente pub- ropea. nuove emozioni ed antichi pia- blicato una serie di volumi di Il rispetto e la passione per la ceri... Questo e molto altro an- Gian Vittorio Avondo: PRALI, natura non si manifesta uni- cora racchiude l’ambiente del VAL PELLICE, SESTRIERE e PRA- camente attraverso i saggi, ma bosco. Questo e molto altro an- GELATO. I libri hanno il valo- anche nelle produzioni lette- cora si può trovare nei trenta re di una mini enciclopedia rarie. E questo spazio è magi- itinerari proposti nella guida: su zone montane bellissime, stralmente occupato da un o- BOSCHI SENZA CONFINI - E- ma ancora poco conosciute riginale intreccio di verità e scursioni nelle foreste di dal vasto pubblico. Conten- plausibilità: I CATTIVI ELEMEN- Friuli-Venezia Giulia Slove- gono l’inquadramento natu- TI di Carlo Grande (Ed. Fer- nia Croazia, a cura dell’As- ralistico-storico-geografico di nandel, £. 20000). Quattro sociazione Sportiva e Cul- ciascuna area e poi scendono storie che si sviluppano in- turale dei corpi Forestali nei dettagli più minuti per de- torno alle componenti della del Friuli-Venezia Giulia scrivere leggende e tradizio- terra, del fuoco, dell’acqua e (Ed. Ediciclo, £. 24000). ni, presentare musei e piatti dell’aria, di quelle libere for- vvisi ai Rita Rutigliano @ [email protected] web.tiscalinet.it/LaGazzettaWeb naviganti

http://www.epa.gov/enviroed/) e materiali ed informazioni utili (un moto- l’EETAP (The Environmental Education re di ricerca interno facilita la naviga- and Training Partnership, http:// zione). Oltre ad illustrare attività ed ini- eetap.org/). Questi siti sono raggiungi- ziative, tra il resto (moltissimo!) com- bili anche digitando nell’apposita casel- prende forum di discussione, mailing la l’indirizzo italiano http://www. list che informa sia sugli sviluppi del Riprendo il filo conduttore dell’educa- water.rete.livorno.it/bibliografia/altri sito sia sulle attività GEV in Italia, zione ambientale, già seguito l’altra %20www/wet/eelink_net.html, dove sezione news (con notiziario, calenda- volta, e vado a segnalarvi un ottimo si trova il sito livornese “www on rio del mese, segnalazione d’eventi, sito americano che vi consiglio d’ag- water”, ottimo sull’argomento acqua convegni, mostre, corsi etc). Curioso il giungere all’elenco dei vostri preferiti. (comprende un interessante ipertesto “Bestiario, ovvero: pagine semiserie “EE-Link”, rintracciabile digitando didattico e anche una splendida biblio- sulla vita da Gev”. Da notare anche, in http://www.nceet.snre.umich.edu/ grafia) affrontato da parecchi punti di particolare: l’ampia raccolta di leggi oppure www.eelink.net, si occupa vista (nella storia, nella cultura, lettera- regionali e nazionali, i commenti legi- esclusivamente d’educazione ambien- tura a storia sociale dell’acqua, nell’in- slativi, la libreria, la serie di link che rin- tale ed è in sostanza una guida alle conscio, come fonte di salute e benes- via ad altri siti e alla Federazione risorse Internet disponibili sull’argo- sere, come fonte di morte e distruzio- nazionale delle GEV (http:// www. mento. L’ordinata raccolta di numero- ne, nelle religioni, nell’arte, nella sim- guardiecologiche.it). sissimi link, costantemente aggiornata bologia, nell’inconscio collettivo e nel anche grazie alle segnalazioni dei visi- vissuto quotidiano etc). Il “progetto GLI INDIRIZZI tatori, permette di collegarsi subito con acqua” è realizzato grazie al concorso segnalati altrettanti siti ricchi di materiale. Per un di Provincia, Provveditorato agli studi, in questa primo orientamento, date un’occhiata IRRE (IRRSAE) e Bezirkesregierung di rubrica sono alle varie categorie principali (dalle Detmold Ð Germania coinvolgendo ÇlinkatiÈ risorse per i docenti alle banche dati), alunni e docenti delle scuole d’ogni nella versione ciascuna delle quali è suddivisa in un ordine e grado e con il contributo di on-line della gran numero di sottocategorie. “Enti e istituti pubblici e privati, singoli rivista in cui si “EE-Link” è un progetto della studiosi, cultori della materia, che desi- trovano anche Associazione Nord Americana per dereranno mettere a disposizione gli abstract l’Educazione ambientale (http:// materiale interessante, come spunto e degli articoli, naaee.org/), rapidamente raggiungibile stimolo per i progetti delle scuole”. Per bibliografie, dalle sue pagine così come l’EPA restare in tema ecologico, non dimenti- indici tematici (Office of Environmental Education, cate di frequentare le guardie ecologi- e link. che volontarie della Provincia di Torino Altre informa- (http://www.provincia.torino.it). zioni acceden- All’http://www.icip.com/gev/ le GEV do al sito della hanno realizzato un sito assai ricco di Biblioteca http://www.regione.piemonte.it /parchi/rivista/index.htm