ArcheologiaArcheologiaArcheologia preventivapreventiva preventiva ee valorizzazionevalorizzazione e valorizzazione deldel territorioterritorio del territorio ArcheologiaArcheologiaArcheologia preventivapreventiva preventiva ee valorizzazionevalorizzazione e valorizzazione deldel territorioterritorio del territorio 2.2. 2.

SoprintendenzaSoprintendenzaSoprintendenza 1.1. TerreTerre1. didi Terre confineconfine di confine perper ii BeniBeni ArcheologiciperArcheologici i Beni Archeologici delladella LombardiaLombardiadella Lombardia LaLa Lavillavilla villa romanaromana romana delladella della PievePieve Pieve aa NuvolentoNuvolento a UnaUna necropolinecropoliUna necropoli dell’etàdell’età deldell’etàdel FerroFerro del aa UragoFerroUrago a d’Ogliod’ Urago d’Oglio 2.2. LaLa villavilla2. La romanaromana villa romana delladella PievePieve della aa PieveNuvolentoNuvolento a Nuvolento RestauroRestauroRestauro ee valorizzazionevalorizzazione e valorizzazione deldel sitodelsito sitoarcheologicoarcheologico archeologico RestauroRestauroRestauro ee valorizzazionevalorizzazione e valorizzazione deldel sitosito archeologicodelarcheologico sito archeologico Archeologia preventiva e valorizzazione del territorio Archeologia preventiva e valorizzazione del territorio 2.

Soprintendenza 1. Terre di confine per i Beni Archeologici della Lombardia La villa romana della Pieve a Nuvolento Una necropoli dell’età del Ferro a Urago d’Oglio 2. La villa romana della Pieve a Nuvolento Restauro e valorizzazione del sito archeologico Restauro e valorizzazione del sito archeologico

ComuneComune didiComune NuvolentoNuvolento di Nuvolento

Comune di Nuvolento

LionsLions ClubClubLions InternationalInternational Club International Lions Club International Restauro e valorizzazione del sito archeologico Restauro e valorizzazione del sito archeologico RestauroRestauro e valorizzazionee valorizzazione del delsito sitoarcheologico archeologico La villa romana della Pieve a Nuvolento La villa romana della Pieve a Nuvolento La villaLa villa romana romana della della Pieve Pievea Nuvolentoa Nuvolento

Archeologia preventiva e valorizzazione del territorio 2.

La villa romana della Pieve a Nuvolento Restauro e valorizzazione del sito archeologico a cura di Filli Rossi La villa romana della Pieve a Nuvolento Restauro e valorizzazione del sito archeologico a cura di Filli Rossi

Testi: Astarte srl, Antonella Barbaro, Chiara Bianchi, Roberto Bugini, Patrizia Cattaneo, Laura Contessi,Viviana Fausti, Sara Ferrati, Luisa Folli, Gian Luca Gregori, Angela Guglielmetti, Elena Mariani, Linda Ragazzi, Filli Rossi, Fausto Simonotti, Serena Solano. Hanno collaborato: Ermanno A. Arslan, Andrea Breda, Rosanina Invernizzi, Elisabetta Roffia

Scavo archeologico: CAL srl, con Viviana Fausti (responsabile di scavo) e Fausto Occhipinti. Hanno collaborato Alberto Scippa e Sergio Gan- dossi. I sondaggi del 1985 sono stati effettuati da Andrea Breda, quelli del 1986 da Tino Pacchieni. Gli scavi 1987 e 1995, a cura della Cooperativa Archeologica Lombarda, sono stati eseguiti rispettivamente da Dario Resinelli con Massimo Benatti e Sira De Blasi e da Davide Scarpella, con Pierluigi Dander, Enrico Faccio e Paolo Tobanelli. In tutte le campagne di scavo effettuate nel sito tra 1985 e 1995 ha sempre collaborato con disponibilità e passione il Gruppo Grotte di , sotto la guida di Piero Simoni.

Hanno collaborato, per il controllo dei dati d’archivio e dei materiali in magazzino, per la promozione e comunicazione dell’intervento: Annalisa Bettini, Gaudenzio Laidelli, Annamaria Montemanni, Lauretta Ortu (Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia- )

Fotografie dei materiali: Luciano Caldera, Luigi Monopoli (Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia)

Riprese aeree e foto notturne della villa: Basilio Rodella, BAMS Photo

Disegni dei materiali: Laura Marchesini, Eva Reguzzoni

Disegni ricostruttivi: Pierluigi Dander

Rielaborazioni grafiche: Donatella Gugliemetti, Oltre s.n.c

Restauro dei materiali: Annalisa Gasparetto (Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia), Lucia Miazzo, Milano

Restauro delle strutture: Astarte srl, Brescia

Progettazione e direzione lavori per l’intervento archeologico: Fausto Simonotti (Studio Simonotti e Massari)

Progettazione e direzione lavori per la sistemazione finale dell’area: Antonella Barbaro ( di Nuvolento)

Pannelli informativi per il percorso archeologico: Compass di Angelo Merlin e Oninart di Nino Busani (-BS)

La pubblicazione di questo volume e tutti i lavori di scavo, restauro e sistemazione dell’area archeologica sono stati realizzati nell’ambito dell’inter- vento di valorizzazione della villa romana della Pieve, effettuato con finanziamento regionale (Bando “Promozione di interventi di valorizzazione del patrimonio archeologico lombardo per l’anno 2010”), con il contributo del Comune di Nuvolento.

© Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia 2012

ISBN 978-88-86752-55-8

Realizzazione editoriale Edizioni Et Corso Indipendenza 12- 20129 Milano e.mail: [email protected] Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia

È trascorso solo un anno dalla inaugurazione di un’altra area archeologica bresciana restaurata e aperta al pubblico grazie al contributo di Regione Lom- bardia, l’Area archeologica del Palazzo, un complesso di strutture romane (domus, edificio pubblico) sito in Valle Camonica nel centro storico di . Questo volume ora presenta gli esiti di un altro importante intervento di valorizzazione anch’esso all’interno di una vallata prealpina, la Valle Sabbia, realizzato ancora una volta nell’ambito della stessa lodevole serie di iniziative di Regione Lombardia per la valorizzazione del patrimonio archeo- logico, sotto la direzione della Soprintendenza per i Beni Archeologici e in collaborazione questa volta con il Comune di Nuvolento: i lavori, svolti peraltro con tempi e modalità esemplari per puntualità ed efficienza, hanno riguardato lo scavo, il restauro e la sistemazione dei resti archeologici di una villa romana di età imperiale, segnalata nel 1972 a seguito di lavori edili, ma finora rimasta interrata e quindi sconosciuta ai più. La villa è in relazione anche con un più esteso sistema insediativo d’età romana che si va delineando e arricchendo con altre nuove scoperte lungo l’asse di percorrenza della Valle del , via d’acqua di importanza strategica fin dalla preistoria perché pone in comunicazione la pianura del Po con le Giu- dicarie Trentine e con il lago di Garda: non casualmente è infatti ubicata pochi chilometri a Sud di un’altra villa d’età romana e di un incrocio viario di recente indagati in Località Bolina a Gavardo. Il nuovo sito della Villa romana della Pieve, ora finalmente visibile e visitabile, racchiude le strutture dell’antico edificio residenziale, ben riconoscibili nel loro sviluppo planimetrico più che in quello degli alzati, entro un nuovo percorso immerso in una cornice di verde. Benché posto subito a ridosso dell’area industriale, o forse proprio a causa di questa vicinanza, esso suggerisce con un impatto forte all’occhio di chi guarda, quello che era in origine l’assetto e la funzione dei luoghi, ponendosi come un angolo di sosta e riflessione che introduce agli spazi verdi di campagna ancora integra che circondano la vicina Pieve romanica. Anche a Nuvolento, come a Cividate, si è scelto di evitare strutture di copertura invasive percorrendo invece soluzioni espositive più leggere ed essen- ziali che non limitassero la leggibilità e visibilità dei resti dall’esterno e ne permettessero oltre che la buona conservazione nel tempo anche l’equilibrato inserimento nel paesaggio: certamente un elemento di interesse in più, insieme al vicino Museo Archeologico della Valle Sabbia di Gavardo (dove sono esposti i reperti della villa), per i turisti che da Brescia raggiungono il Garda attraverso la Valle del Chiese e un motivo in più di orgoglio per le comunità che abitano questo territorio. Dell’opera, realizzata grazie all’impegno e alla lungimiranza dell’Amministrazione comunale e al sostegno determinante di Regione Lombardia-Asses- sorato Istruzione, Formazione e Cultura, sono state artefici determinanti la collega Filli Rossi, che con competenza e passione ha diretto i lavori e coor- dinato il folto gruppo di archeologi e specialisti che hanno collaborato all’indagine, all’edizione dei risultati e all’allestimento della nuova area archeo- logica, e Monica Abbiati, responsabile dell’Unità Operativa Valorizzazione di aree archeologiche, parchi archeologici e siti Unesco della Regione che con abilità e determinazione ha seguito in questi anni l’articolato piano per la “Conoscenza, tutela e valorizzazione di aree e parchi archeologici” promosso grazie al Protocollo di Intesa sottoscritto nel 2006 dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali -Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggi- stici e Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia e dalla Regione Lombardia-Assessorati alla Cultura/ Urbanistica e Territorio/ Ambiente. Quello presentato oggi è uno dei 114 progetti finora realizzati e in corso. Ognuno di essi ha per il territorio e la storia dell’archeologia lombarda un signi- ficato particolare e unico. A tutti quanti -Enti, Istituzioni e colleghi- vi hanno contribuito, quindi, grazie. Raffaella Poggiani Keller Soprintendente per i Beni Archeologici della Lombardia

La valorizzazione del nostro patrimonio culturale attraverso la sistemazione di un’area archeologica non solo arricchisce il territorio e le sue potenzialità, ma soprattutto consente di riflettere sulla storia, la cultura e le tradizioni che afferiscono alla comunità dove l’intervento viene realizzato. La pubblicazione di questo volume si inserisce in un tale contesto e si pone gli obiettivi sopradetti, perché descrive in modo esaustivo l’importante inter- vento di valorizzazione della villa romana di Nuvolento, reso possibile da un impegno congiunto di Regione Lombardia, Comune di Nuvolento e Lions Club Brescia Lago. Sono ormai molti anni che Regione Lombardia ha intrapreso un organico percorso di riqualificazione e valorizzazione del patrimonio archeologico regionale, in stretta collaborazione con le realtà locali e con il Ministero, con l’obiettivo di restituire e far conoscere al pubblico questi beni spesso poco noti, ma in realtà parte preziosa del nostro patrimonio culturale e lo ha dimostrato anche questa volta con il proprio intervento finanziario per un importo di 243.250 euro. L’intervento realizzato presso la villa romana di Nuvolento è per molti aspetti esemplare di questa scelta d’azione con un valore aggiunto: la capacità di coniugare la valorizzazione delle strutture e dei beni archeologici ad un programma di educazione al patrimonio delle giovani generazioni, cui sarà affidato il compito della futura conservazione e protezione. Valentina Aprea Assessore

Comune di Nuvolento

La Villa romana della Pieve di Nuvolento

Sabato 29 settembre 2012, una data che rimarrà impressa per sempre nella memoria di tutti i Nuvolentesi. Infatti presso la Sala Consigliare è stata presentata in anteprima alla stampa ed alla cittadinanza la Villa Romana della Pieve finalmente riportata alla luce, nuovo sito archeologico oggetto di restauro scientifico e di sistemazione con metodi innovativi per la conservazione. L’inserimento nel contesto delle celebrazioni delle Giornate Europee del Patrimonio 2012 ha ulteriormente dato solennità e lustro alla manifestazione che ha visto la presenza di giornalisti, oltre ad un folto pubblico di tecnici e cittadini. L’Amministrazione Comunale con la direzione tecnico-scientifica della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia, con il contributo deter- minante della Regione Lombardia oltre che dei Lions, ha voluto fortemente portare a compimento l’opera, cogliendo l’opportunità offerta dal bando di cui alle leggi regionali 39/84 e 39/91 per la valorizzazione del patrimonio archeologico lombardo. La domanda è stata accolta con decreto n° 11984 del 24/9/2010 e classificata al 3° posto per l’aspetto progettuale ed al 1° posto come entità del contributo finanziario. Questo per sottolineare l’importanza riconosciuta all’intervento anche a livello regionale. Quando una comunità investe risorse nella cultura e nella storia delle proprie origini, queste non sono costi ma risorse che ravvivano i valori fondanti della civiltà, delle tradizioni, del senso di appartenenza e del sapere. Solo con le ali della cultura si superano gli steccati e gli ostacoli delle diverse ideo- logie per poter puntare ad un futuro migliore per le nuove generazioni. Nuvolento è orgogliosa di questo evento che nobilita le proprie origini e che ha consentito dopo due millenni di poter mostrare a tutti i visitatori i resti della antica villa romana, di cui i giovani delle scuole e i cittadini diventeranno simbolicamente i custodi. Angelo Pasini Sindaco di Nuvolento

Lions Club International

I Lions al servizio della cultura

Lions Clubs International è l’organizzazione di club di assistenza più grande del mondo. Abbiamo 1,35 milioni di soci in oltre 46.000 club di 207 paesi ossia in tutto il mondo. I Lions rispondono ai bisogni delle comunità locali e del mondo Fondata nel 1917, la nostra associazione è conosciuta principalmente per la lotta alla cecità, che è parte della nostra storia e anche del nostro lavoro odierno. Inoltre, ci dedichiamo al volontariato per diversi progetti comunitari, tra cui protezione dell'ambiente, lotta alla fame e l’assistenza agli anziani e ai disabili. Il nostro motto è “Noi serviamo”. I Lions sono parte di un network di servizi a livello mondiale e operano facendo tutto ciò che è necessario per aiutare le persone in difficoltà. Poiché siamo presenti a livello locale possiamo servire i bisogni specifici delle comunità in cui viviamo e poiché siamo globali possiamo rispondere alle sfide che oltrepassano i confini. Ben volentieri, perciò, i Lions Club del nostro distretto hanno aderito all’iniziativa del restauro della villa romana presso l’antica Pieve di Nuvolento: “Questo restauro - ha ricordato A. Mattei, vicegovernatore - è anche cultura, l’uomo colto è un uomo libero, è una cultura finalizzata soprattutto ai giovani che sono il nostro presente ed il nostro domani, mediante il trasferimento a loro delle nostre memorie”. Come Lions siamo stati lietamente presenti in questa fase di restauro. Come Lions saremo ancora presenti in futuro, se la comunità locale vorrà avva- lersi del nostro aiuto per la promozione di questa prestigiosa azione culturale. E sempre col nostro motto: “Noi serviamo”. Angelo D’Acunto Presidente del Lions Club Clisis Brixia

SOMMARIO

LA VILLA ROMANA DI NUVOLENTO

Filli Rossi La villa di Nuvolento lungo i percorsi tra Brixia e il Garda pag. 13 Gian Luca Gregori L’iscrizione del senatore Marco Lelio [---]: il proprietario della villa? pag. 21

LA RICERCA ARCHEOLOGICA

Fausto Simonotti Premessa e storia degli scavi pag. 27 Viviana Fausti, Fausto Simonotti Struttura e fasi della villa pag. 33

LA VITA NELLA VILLA

Elena Mariani Intonaci dipinti pag. 49 Roberto Bugini, Sara Ferrati, Luisa Folli Indagini petrografiche sui “marmi” pag. 57 Patrizia Cattaneo Ceramiche fini da mensa pag. 60 Angela Guglielmetti, Linda Ragazzi, Serena Solano Ceramica comune pag. 63 Laura Contessi Anfore pag. 73 Angela Guglielmetti Ceramica invetriata e pietra ollare pag. 75 Patrizia Cattaneo Lucerne pag. 77 Angela Guglielmetti Una statuetta decorativa, oggetti in bronzo, vetri pag. 78 Chiara Bianchi Gli spilloni in osso pag. 82 Angela Guglielmetti Ceramiche e metalli di età altomedievale pag. 85

L’INTERVENTO DI VALORIZZAZIONE

Astarte srl Il restauro pag. 91 Antonella Barbaro, Fausto Simonotti La sistemazione dell’area archeologica pag. 93 La villa romana

Filli Rossi La villa di Nuvolento lungo i percorsi tra Brixia e il Garda

La felice posizione geografica del luogo, posto all’ingresso della Val Sabbia, lungo percorsi frequentati e di raccordo sia tra le valli e la pianura sia tra Brixia e Verona1, ha certa- mente giocato un ruolo fondamentale nella scelta di costruirvi, nella prima età impe- riale, un complesso residenziale e produttivo importante come la villa oggetto di questo studio. Essa era infatti collocata lungo infra- strutture di collegamento ai grandi centri, in particolare alla probabile diramazione della antica via “Gallica”, una arteria secondaria che collegava Brixia con la Val Sabbia e il lago di Garda; ne testimoniano l’importanza il miliare di Costantino rinvenuto appunto a Nuvolento nell’area della Pieve e quello di Costantino e figli da Bottenago, entrambi conferme materiali della cura posta dagli imperatori nel mantenere efficiente la rete stradale che collegava la colonia bresciana con le altre città dell’Italia settentrionale2. Il nome della località prende il nome dalla vicina Pieve romanica, dove sono stati effet- tuati significativi ritrovamenti epigrafici ed Fig. 1. Il paesaggio di Nuvolento, come era probabilmente in antico. In primo piano la Pieve romanica. architettonici e dove si sono evidenziate strutture murarie riferibili a precedenti edifici romani e altomedievali3 (fig. 1). Nel territorio circostante si sviluppò in età romana una vita economica particolarmente intensa. Elemento trainante era l’agricoltura, che trovava elementi favorevoli nella parti- colare fertilità del suolo e nelle buone con- dizioni climatiche: vi si coltivavano cereali, in particolare il frumento, la spelta, l’orzo, il farro, gli alberi da frutto (gelsi) e la vite4. Ma forse anche l’allevamento del bestiame ebbe un ruolo non secondario nell’economia

(1) Percorsi che non soltanto rappresentavano un “tramite privilegiato tra zone alpine e pianura padana ma anche una sorta di bacino di inter- scambio fra le città di Trento, Verona, Mantova, Brescia”: BUONOPANE 1997, p. 23 ss. (2) GREGORI 2000, pp. 250 e 304. (3) SIMONI 1988, p. 25 ss. (4) SIMONI 1988, p. 16. Sul tema dello sviluppo agricolo nel territorio bresciano in età romana e delle iscrizioni che ne ricordano i possibili prota- gonisti GREGORI 2000, pp. 230-233. Fig. 2. La stessa area come si presenta oggi.

13 del territorio come pure l’attività delle cave, immediata conferma di quanto già si intuiva residenziale sviluppato intorno ad un cortile sviluppata in particolare nelle aree vicine cor- dalla lettura di una foto aerea realizzata negli quadrato (tipo di ambiente a cui veniva tra- rispondenti agli attuali centri di , anni ’80 nella quale emergeva la traccia di un dizionalmente assegnato il ruolo di disim- , , e Virle, ben grande edificio; la sua quasi radicale distru- pegno e di illuminazione dei vani circostanti), collegate dal percorso stradale Brixia- Verona zione, dopo le demolizioni già operate in orientato verso sud, con vani disposti lungo ma anche da quello alternativo lungo il antico e nel medioevo, si deve in gran parte i lati, alcuni dei quali risultavano radical- Chiese. Officine laterizie di una certa rile- ai lavori agricoli, in particolare alle massicce mente ristrutturati in una fase più tarda attra- vanza sono inoltre attestate, sempre nello arature del secolo scorso. In seguito l’espan- verso l’addizione di varie parti absidate (fig. stesso comprensorio, a Casto, Gavardo, sione a carattere industriale dell’area ha pur- 3). I pavimenti erano quasi del tutto perduti, Serle5. troppo reso ulteriormente difficile ricom- salvo alcuni lembi in laterizio, malta o coc- La villa di Nuvolento fu indagata nel corso porre in un disegno comprensibile e unitario ciopesto; tessere di mosaico rinvenute in vari di campagne di scavo, sempre parziali, con- le tracce delle vicende insediative che la videro punti, come pure gli stucchi e le lastre di dotte in momenti successivi, prima tra 1986 protagonista in antico (fig. 2). marmi bianchi e colorati, pertinenti a rive- e 1987, poi nel 19956, che portarono alla Gli scavi degli anni ’80 misero in luce i resti stimenti parietali e pavimentali, suggerivano per lo più in fondazione di un complesso comunque la presenza in origine di apparati (5) Carta archeologica 1991, pp. 51, n.331; 83 decorativi di maggior pregio. Della corte n.678; 188 n.157; GREGORI 2000, pp. 237 e quadrata si conservano elementi della cana- 240. di strutture simili nella pianura centuriata e nelle letta in Botticino (vedi infra Viviana Fausti, zone perilacustri: GREGORI 2000, p. 232 per il (6) ROSSI 1987, pp. 51-54; SCARPELLA 1995- Fausto Simonotti Struttura e fasi della villa, 1997, pp. 103-106. Altra possibile villa, solo in collegamento tra la distribuzione dei ritrovamenti piccola parte indagata, a , all’interno della archeologici di questo tipo e quella delle iscrizioni fig. 6) posta a separare la fascia esterna di Val Sabbia. Assai più numerose le testimonianze poste da o per membri dei ceti dirigenti. portico, probabilmente pavimentata a mo -

Fig. 3. Ricostruzione ideale della villa nel suo paesaggio (disegno di Pierluigi Dander).

14 Fig. 5. Frammento di intonaco parietale dipinto.

Sono state così raccolte parti dei rivestimenti parietali in lastre marmoree7 e intonaco dipinto delle sale termali, elementi del sistema di riscaldamento, sia a parete sia pavimentale, frammenti di stucco e piccole porzioni di modanature architettoniche (fig. 5). Va rilevato che il sistema di sale di rappresen- tanza fornito di sistemi sofisticati di riscalda- mento riguardò solo l’edificio nelle sue fasi più antiche. Infatti anche qui come nel settore Fig. 4. Corte interna con portici e vasca centrale (disegno Oltre). residenziale nuove murature absidate si inse- rirono nell’edificio preesistente modifi- saico, dal lastricato centrale con vasca di rac- calmente la struttura dei vani a nord di esso, candone la struttura e obliterandone e man- colta delle acque, forse destinate ad alimentare in origine forse più ampi e con uno sviluppo dandone in disuso varie parti tra le quali una cisterna ad uso interno (fig. 4). Nulla più regolare, invasi poi nella fase più recente anche l’impianto di riscaldamento. possiamo dire dell’accesso, presumibilmente dalle espansioni delle absidi. Le ultime indagini (2011-2012), effettuate in nel settore a sud del cortile, in area finora Altri sondaggi effettuati qualche anno dopo occasione del restauro e della sistemazione mai indagata: ospiti e proprietari raggiun- consentirono di documentare settori della della villa all’interno di un Parco fruibile al gevano gli ambienti di rappresentanza e i probabile pars rustica della villa, con sem- pubblico, hanno fornito ulteriori elementi vani privati disposti sul fondo transitando plici vani pavimentati in battuto di laterizi, di comprensione in particolare per il settore attraverso il cortile o anche seguendo un per- disposti a sud dell’impianto residenziale. residenziale, sia per l’articolazione dei suoi corso laterale, lungo il vano porticato col- Infine nel 1995 indagini ulteriori portarono spazi interni sia soprattutto per la sequenza locato sul lato orientale dello stesso cortile; al rinvenimento della parte termale dello di ristrutturazioni che lo hanno interessato nel un basamento rettangolare addossato ad uno stesso complesso, nella quale si sono ricono- tempo8 (fig. 6). dei suoi lati può forse suggerire, ma solo in sciuti un probabile calidarium e un ampio Gli elementi che caratterizzano il complesso via largamente ipotetica, la presenza di un praefurnium che alimentava un esteso e arti- di Nuvolento sono sostanzialmente due: la larario o comunque di un apprestamento per colato sistema di ipocausti. In questo caso presenza al suo interno di almeno tre settori il culto privato, tipo di struttura, come è la maggiore profondità delle strutture, quasi ben definiti, probabilmente differenziati, noto, molto diffusa negli ambienti adiacenti tutte in origine seminterrate, rispetto al piano almeno in un certo momento della sua vita, ai cortili interni delle domus. di campagna consentì di mettere in luce parti in base alle relative funzioni e la sequenza di Se le indagini effettuate alla fine degli anni di alzato più significative e di recuperare modifiche interne che ne mutarono la fisio- ’80 non consentirono di definire l’estensione molti materiali, per lo più pertinenti agli nomia, nello spazio di almeno cinque o sei totale del complesso tuttavia risultò evidente apparati decorativi dell’edificio e utilizzati secoli, dalla prima età imperiale all’altome- che esso si sviluppava sia verso est, cioè verso come riempimento di una colmata realizzata dioevo. la Pieve, sia verso ovest e sud, mentre era a scopo di livellamento subito dopo la sua Per quanto riguarda il primo punto, è assai certo il suo limite verso nord, sottolineato obliterazione e la rasatura dei perimetrali plausibile ipotizzare che il complesso fosse dalla presenza di un muro di recinzione. (vedi infra Viviana Fausti, Fausto Simonotti costituito da una parte residenziale e di rap- L’impianto che appare ancora oggi più chia- Struttura e fasi della villa, figg. 6-7). presentanza, da una seconda parte riscaldata ramente leggibile è quello che si riferisce alla e forse utilizzata come terme private e da più tarda fase d’uso della villa, che conserva (7) Marmi bianchi e grigi, lastre di pavonazzetto, comunque la corte porticata quadrata come cipollino, alabastro fiorito, greco scritto, rosso di (8) FAUSTI, SIMONOTTI, in questo stesso elemento centrale modificando invece radi- Verona e altri: vedi BUGINI e altri, in questo volume volume.

15 Fig. 6. Veduta dall’alto dell’area archeologica. una terza a vocazione agricolo-produttiva, dei proprietari. estremamente diffusa e comune a molti inse- con quantità di manodopera ed attrezzature Estesa per oltre 3000 mq., la villa si presenta diamenti dello stesso genere, resa leggibile calibrate evidentemente sulle esigenze dei riconoscibile nelle parti residenziali e di rap- dalle tecniche di scavo più evolute e più facoltosi proprietari. Rientra quindi a pieno presentanza per l’ampiezza dei vani e per il adatte a ricomporne con fedeltà lo sviluppo titolo, anche in base alla connotazione pae- disegno architettonico unitario, oltre che per nel tempo. sistica che lo distingue, nella tipologia delle la presenza di tracce di mosaici, pitture Sono state riconosciute cinque fasi (fig. 7). La ville urbano-rustiche9; come l’esempio noto parietali e rivestimenti in marmo; la pars fase I (fine I secolo a. C.-prima metà del I di Russi10 e molti altri, la villa si sviluppava rustica invece, con i vari settori adibiti alla secolo d.C.), corrispondente al periodo della intorno ad un’ampia corte quadrata a cui produzione ed al servizio si distingue, qui romanizzazione che probabilmente coincise probabilmente si accedeva sia da sud sia attra- come in altri casi, ad esempio nelle ville lom- con la prima occupazione stabile delle cam- verso un vano porticato rettangolare che dal barde di Monzambano e Ghisalba11 per il pagne12: pochissimi ed incerti gli indizi strut- lato opposto comunicava con la campagna piano generale più modesto, dettato dalle turali ma numerosi i materiali residuali che circostante attraverso una serie di pilastri o un esigenze funzionali che si creavano e modi- la attestano, come la ceramica comune, da muro ampiamente finestrato. Analogamente ficavano con frequenza nel tempo, e per l’ado- cucina e da mensa, o a vernice nera, tipica di ad altri casi, anche a Nuvolento il piano zione di tecniche costruttive semplici e resi- questo primo periodo o le caratteristiche costruttivo sembra seguire uno sviluppo che stenti, come i pavimenti in cocciopesto o coppe ad orlo inflesso di tipo tardo-celtico. si snoda lungo un asse longitudinale centrale laterizio per vani che erano probabilmente Nella fase II (I-II secolo d.C.) l’edificio resi- imperniato sul cortile e che fu successiva- adibiti a deposito per cereali, a frantoio, tor- denziale si struttura come un compatto corpo mente amplificato ed enfatizzato nei volumi, cularia per la spremitura di uva e olive, doli di fabbrica a pianta rettangolare, con una anche attraverso l’addizione delle absidi, con per la conservazione di vino e olio (figg. 10- serie di vani regolari gravitanti sul cortile, modifiche che certamente rispondevano al 12). un corridoio di disimpegno lungo tutto il mutare delle esigenze non solo abitative e Il secondo elemento che caratterizza dal perimetro ed un muro di recinzione esterno. produttive ma anche di ruolo ed immagine punto di vista archeologico la villa di Nuvo- La fase III (III secolo d.C.) corrisponde a lento è la fitta sequenza di successive ristrut- (9) SCAGLIARINI CORLAITA 1997, p. 56 ss. turazioni al suo interno, un’evidenza del resto (12) In questo periodo attestato l’avvio di una fase (10) Sulla villa urbano-rustica di Russi: MAIOLI propulsiva per il popolamento rurale che perdura 1989, pp. 183-199; MAIOLI 1990, pp. 255-261, fino alla prima età imperiale, con definitivo conso- con bibliografia precedente ORTALLI 1996, pp. (11) BREDA 1997, pp. 271-295; SAPELLI 1981, lidamento delle strutture insediative e produttive al 11-12. pp. 143-203. tempo di Augusto: cfr. ORTALLI 1996, p. 12.

16 Fig. 8. Moneta St. 170330. Diritto con busto dia- demato volto a destra.

Fig. 9. Moneta St. 170330. Rovescio con tre impe- ratori armati frontali.

Fig. 7. Planimetria delle strutture della villa e relative fasi (Fausto Simonotti). una serie di modifiche realizzate all’interno ritrovate nello scavo, in cattivo stato di con- strutture che utilizzano in modo parziale e dei vani, purtroppo solo genericamente ipo- servazione, in corso di studio da parte di selettivo gli ambienti preesistenti ridotti allo tizzabili e probabilmente relative all’impulso Ermanno A. Arslan, sono ovviamente perti- stato di rudere, secondo le modalità di dato dai proprietari al rinnovamento degli nenti a questa fase finale: si distinguono una frattura-continuità caratteristiche dei pro- apparati decorativi interni: sono pertinenti a moneta di Massimiano della zecca di Roma cessi insediativi propri dei primi secoli del- questo periodo i nuclei di decorazione in (300-301 d.C.), una di Costanzo II Cesare l’altomedioevo. Modesti alzati lignei indicati stucco e la stessa iscrizione di Marco Lelio (336-337 d.C.) e una inconsueta moneta da serie di buchi di palo sui battuti, muretti ritrovata nella vicina Pieve. Nella fase IV databile al 406-408 d.C., di zecca orientale, di pietrame con leganti di argilla, tramezze, invece (IV secolo d.C.) si registrano molte e con tre imperatori armati sul retro (figg. 8- occupano e frazionano gli spazi più ampi e significative attività di ristrutturazione tra le 9)14. regolari dei vani preesistenti, con focolari a quali le più vistose sono rappresentate dalla La fase V (inizi del V secolo d.C.) è caratte- suggerire il loro uso come cucine e piccole espansione con absidi di alcuni corpi del rizzata dal degrado e dall’abbandono dei vari cavità nei resti di cocciopesto a indicare pos- settore residenziale13, a conferma che l’edi- corpi dell’edificio, seguiti dallo spoglio quasi sibili paletti, stabbi e truogoli per piccoli ani - ficio romano, rimasto in uso fino alla tarda radicale di murature, elementi architettonici mali da cortile. I pavimenti sono semplici antichità, aveva ricevuto modifiche sia negli e arredi15. Infine nella fase VI (V-VI secolo battuti di terra. Anche la vasca centrale del aspetti funzionali interni e nei servizi sia nel- d.C.) il sito viene di nuovo occupato con cortile in questa fase viene probabilmente l’articolazione degli spazi. Queste vicende riutilizzata come abbeveratoio16 (fig. 13). particolari trovano corrispondenza più in Il riutilizzo della villa, datato piuttosto pun- generale nel fenomeno del diffondersi delle (14) St. 170326, 170328 e 170330. Sul tema del tualmente dai materiali rinvenuti17, è stato concentrazioni terriere da parte di grandi diffondersi delle concentrazioni terriere in epoca registrato con evidenza più marcata nel settore possessores, che le fonti peraltro ricordano aver tardo antica: SCAGLIARINI CORLAITA 1990, p. sud della parte residenziale, oggetto dei nuovi 257; ORTALLI 1996, p. 15. abbandonato in gran numero le città sul (15) BROGIOLO 1997 b, p. 299: “un periodo di finire dell’impero. Le pochissime monete (5) lenta agonia può essere definito il periodo com- preso tra la metà del V e la fine del VI secolo; pur (16) Lo stesso tipo di utilizzo delle strutture romane contraddistinto da evoluzioni diverse tra sito e sito, nella fase altomedievale della villa della Faustinella (13) Anche a Monzambano: BREDA 1997, pp. porta ad un esito comune: alla fine delle ville.” a Desenzano: SIMONOTTI 2007, pp. 61-63. 281-282, fig. 9. Anche BROGIOLO 1996, pp. 109-110. (17) BROGIOLO 1997b, p. 299.

17 Fig. 10. Attività agricola nella villa (disegno di Pierluigi Dander). Fig. 11. Attività quotidiane nella villa (disegno di Pierluigi Dander).

scavi, e nell’area dell’impianto termale. Questo complesso, obliterato a conclusione di successivi interventi di ristrutturazione protrattisi sino ad epoca tardo antica e che avevano modificato in alcuni casi integral- mente forma e funzione dei vani, subì poi una radicale opera di degrado e demolizione. Le macerie furono livellate e su questi depositi, opportunamente compattati, sono stati indi- viduati i resti evidenti delle attività inse- diative minori già descritte, come le buche di palo, disposte qui con regolarità lungo i muri rasati dell’edificio romano, che indicano la presenza di strutture lignee inserite negli ambienti romani, ormai quasi completa- mente demoliti. Queste attività di occupa- zione e riuso degli spazi sembrano svilup- parsi nel corso di due momenti distinti, anche se ravvicinati nel tempo. Dai contesti imme- diatamente precedenti a tale periodo e relativi in pratica alla demolizione dell’edificio romano e al livellamento dell’area allo scopo di utilizzarla per nuove attività provengono Fig. 12. Attività quotidiane nella villa (disegno di Pierluigi Dander). il mortaio in ceramica invetriata (IV-V secolo d.C.), coppe in sigillata africana databili al V- VI secolo e un frammento di bottiglia lon- gobarda in ceramica a stralucido decorata con motivi impressi a punzone databile, in base ai confronti puntuali con il materiale di S. Giulia a Brescia, alla fine del VI o agli inizi del VII secolo d.C., insieme a molti altri significativi reperti descritti nelle pagine che seguono.

18 riale, anche quella di Nuvolento, che svolgeva funzioni produttive oltre che residenziali e di rappresentanza, doveva essere stata progettata in funzione del paesaggio, una campagna fertile e favorevole alle attività agricole, mossa dalle alture che segnano l’ingresso alla Val Sabbia, con i primi monti sullo sfondo e il lago che si intuisce poco lontano; la piacevo- lezza del luogo era accentuata dalla sua posi- zione facilmente raggiungibile da Brixia e non lontana dalla riviera del Garda, area rinomata e prescelta per le ville più presti- giose. La tipologia edilizia della villa si diffuse in Italia settentrionale parallelamente all’avan - zare della romanizzazione e a seguito della divisione del territorio mediante la centu- riazione. Essa comportò inizialmente, ma in alcuni casi anche nelle fasi più tarde, l’ado- zione di modelli centroitalici nella costru- zione degli edifici, con l’impronta locale rico- noscibile più che altro nelle tecniche di Fig. 13. Attività insediative negli spazi abbandonati della villa. Età altomedievale (disegno di Pierluigi costruzione, nei materiali utilizzati e nel rap- Dander). porto con aspetti specifici e peculiari del pae- La cronologia suggerita da questi materiali o in pietra legate da argilla che dovevano saggio. La documentazione in queste aree è fornisce quindi un termine preciso per inqua- rendere assai facile lo spostamento degli quasi esclusivamente archeologica, a diffe- drare il nuovo insediamento. L’associazione abitati e che potevano indicare la presenza di renza delle realtà centro italiche dove invece inoltre delle classi citate, in particolare l’in- piccole unità agricole nell’ambito o ai margini non manca il riferimento di fonti storiche e vetriata, la sigillata africana e la ceramica lon- del sistema economico delle ville stesse, nel- letterarie: ciò comporta molti limiti dovuti gobarda, aggiunge elementi significativi alla l’ultima fase di vita di queste, oppure pote - principalmente alla difficoltà di eseguire conoscenza delle produzioni di questa fase di vano più direttamente essere sintomo di indagini estensive, indispensabili per acquisire transizione18 confermandone il persistere disgregazione della proprietà e di un degrado la conoscenza integrale di questo tipo di (vedi ad esempio il mortaio e la coppa, tipi del tenore di vita20. edifici. ceramici tradizionalmente considerati tardo La cesura tra il modello della villa ed il nuovo romani) a lungo nel tempo, dal IV fino al VI insediamento è determinata dall’abbandono Nella sua fisionomia generale e con tutti i secolo e forse oltre, nel quadro di un modello conseguente alla grande crisi economica che limiti posti dallo scavo parziale e dallo stato evolutivo basato sulla continuità, almeno si fa tradizionalmente coincidere con il di conservazione delle strutture, la villa di parziale, di forme e tecnologia19. periodo delle invasioni. La ripresa insediativa Nuvolento trova confronti particolarmente È in questa fase che si compie il passaggio dal- si manifestò probabilmente in quelle parti puntuali con vari altri esempi in Italia setten- l’insediamento sparso, su cui il modello delle del territorio in cui era già attiva un’eco- trionale: a quella ad esempio di Joannis, nel ville era basato, all’insediamento per nuclei, nomia esercitata da gruppi sociali ben orga- territorio aquileiese21, si accosta sia per le caratteristico dell’altomedioevo; dai grandi nizzati; in tali contesti infatti si inseriranno diverse fasi costruttive che portano all’esito complessi residenziali agricoli, che sia in per lo più i villaggi dell’altomedioevo, che di alcuni grandi vani della parte residenziale pianura sia nelle aree perilacustri rispec- tenderanno, anche per ovvie motivazioni di con parti abdsidate sia per la presenza di un chiavano i modelli diffusi in tutto l’Impero, opportunità economica, a conservare in parte muro di recinzione intorno all’edificio22, con edifici di struttura e apparato decorativo gli assetti edilizi preesistenti. una anticipazione delle strutture protettive sofisticati, con suppellettili domestiche pro- adottate più propriamente dalle ville tardo venienti da un mercato ad ampio raggio, Finora nel territorio di Nuvolento non si antiche. Quanto alla ripresa della villa del sintomo di un fenomeno di concentrazione sono riconosciuti nuclei accentrati di età IV secolo, in forme più monumentali, essa della proprietà e di riorganizzazione eco- romana, le evidenze sembrano piuttosto testi- rispecchia ciò che si registra in molti edifici nomica delle campagne, si passa, attraverso moniare a favore di un insediamento sparso, della stessa tipologia, in particolare nel ter- la crisi di quegli stessi modelli, ai sistemi di caratterizzato da ville e da piccoli edifici. ritorio gardesano ma un po’ in tutta l’Italia edilizia povera ormai ben noti, strutture lignee Come molte altre ville rustiche di età impe-

(21) Ancora SCAGLIARINI CORLAITA 1997, (18) GUGLIELMETTI, in questo volume. (20) BROGIOLO 1982, p. 214; ORTALLI 1996, p. 58 ss., con bibliografia relativa. (19 ROSSI 1996, pp. 37-40. pp. 16-18. (22) Anche a Monzambano: BREDA 1997, p. 273.

19 settentrionale23, un fenomeno comunemente ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE ROSSI F. 1996, I casi di , Nuvo- collegato al ruolo di capitale dell’Impero che lento e Breno, in La fine delle ville romane: tra- Milano esercita a partire dal 286 d.C. BREDA A. 1985, Nuvolento (Brescia). sformazioni nelle campagne tra tarda antichità e Altro elemento di grande interesse e che meri- Località Pieve. Strutture murarie tardoantiche, alto medioevo, a cura di G.P. Brogiolo, Mantova, terebbe ulteriori approfondimenti è il pos- in “NSAL”, pp. 72-73. pp. 35-41. sibile rapporto delle fasi finali del complesso BREDA A. 1997, La villa delle Mansarine di SAPELLI M. 1981, La villa romana di Ghi- di Nuvolento con il fenomeno più generale Monzambano (Mantova), in ROFFIA 1997, salba (BG). Campagna di scavi 1980, in “Annali delle ultime trasformazioni di alcune ville, in pp. 271-288. Benacensi”, 7, pp. 143-203. cui si sovrappongono24 o si insediano nelle BROGIOLO G.P. 1982, La campagna tra SCAGLIARINI CORLAITA D. 1990, Le immediate vicinanze strutture collegate alla tardo antico e alto medioevo, in Archeologia in grandi ville di età tardo antica, in AA. VV., diffusione della religione cristiana, evento Lombardia, pp. 213-224. Milano capitale dell’impero romano 286-402 , Milano. interpretabile come l’esito di una sequenza BROGIOLO G.P. (a cura di) 1996, La fine d.C. SCAGLIARINI CORLAITA D. 1997, Le che varia secondo i casi ma che poteva comin- delle ville romane: trasformazioni nelle campagne Atti del Con- villae romane nell’Italia settentrionale, in ciare con un semplice sacello cimiteriale cri- tra tarda antichità e alto medioevo, vegno (, 1995), Mantova, pp. ROFFIA 1997, pp. 53-86. stiano fatto erigere privatamente dai pro- 109-110. SCARPELLA D. 1995-1997, Nuvolento prietari della villa, con un’evoluzione suc- BROGIOLO G.P. 1997a, Le ville rustiche e (Brescia). Località Pieve. Indagini archeologiche cessiva in luogo di culto. Questo potrebbe l’organizzazione del territorio perilacustre, in sistematiche, in “NSAL”, pp. 103-106. essere il caso della nostra villa. Strutture di ROFFIA 1997, pp. 245-269. SIMONI P. 1985, Nuvolento (Brescia). epoca tardoantica sono state infatti ritrovate BROGIOLO G.P. 1997b, Continuità tra Località Pieve. Recupero di epigrafi, in “NSAL”, sotto il sepolcreto nell’area della vicina Pieve tarda antichità e alto medioevo attraverso le p. 73. 25 romanica : in esse è significativo il reim- vicende delle ville, in ROFFIA 1997, pp. 299- SIMONI P. 1988, “Nebulentum” (Nuvolento), piego di materiali spoliati, probabilmente 313. Brescia. asportati dalla villa romana, costituiti da BUONOPANE A. 1997, Il lago di Garda e SIMONOTTI F. 2007, Le capanne altome- frammenti di iscrizioni sacre e funerarie e il suo territorio in età romana, in Ville romane dievali, in ROFFIA 2007, pp. 61-62. dal miliare di Costantino già citato. sul lago di Garda, a cura di E. Roffia, Brescia, Tra questi il reperto più rilevante ai fini del pp. 17-52. discorso generale sull’impianto residenziale è Carta archeologica 1991, Carta archeologica certamente la dedica al senatore Marcus della Lombardia. I. La provincia di Brescia, a Laelius, vissuto tra la fine del II e gli inizi cura di F. Rossi, Modena. III secolo d.C., posta dal figlio: testimonianza GREGORI G.L. 2000, Brescia romana. diretta del ruolo importante avuto in questo Ricerche di prosopografia e storia sociale. II. territorio da una famiglia originaria di Brixia Analisi dei documenti, Roma. o che comunque aveva in quest’area pro- MAIOLI M.G. 1989, La villa romana di prietà ed interessi economici. L’iscrizione for- Russi, in Russi un racconto sul territorio, Ravenna, nisce quindi significativi argomenti a sup- pp. 183-199. porto dell’ipotesi di un suo diretto collega- MAIOLI M.G. 1990, Aggiornamento della mento con il possibile proprietario della villa, situazione conoscitiva delle ville rustiche di epoca avvalorato anche dalle corrispondenze crono- romana a Ravenna e in Romagna, in “Corsi di logiche con la sua fase di maggiore espan- Cultura sull’Arte Ravennate e Bizantina”, sione edilizia (v. infra, G.L. Gregori, L’iscri- XXXVII, pp. 249-279. zione del senatore Marco Lelio [---]: il pro- ORTALLI J. 1996, La fine delle ville romane: prietario della villa?, fig. 5)26. esperienze locali e problemi generali, in BRO- GIOLO 1996, pp. 9- 20. PASQUALI G. 1978, La distribuzione geo- (23) BROGIOLO 1997a, pp. 267-268. grafica delle cappelle e delle aziende rurali descritte (24) L’inserimento di oratori cristiani direttamente nell’inventario altomedievale del monastero di sulle ville romane si verifica ad esempio nella Pieve , in AA.VV., di Manerba, ma anche a , Desenzano, Tre- S. Giulia di Brescia S. Salvatore di mosine, Padenghe: BROGIOLO 1997 b, pp. 307- Brescia. Materiali per un museo. I, 2, Brescia, pp. 309. 141-167. (25) L’area della Pieve rientrava tra i possedimenti ROFFIA E. (a cura di) 1997, Ville romane sul del Monastero di Santa Giulia di Brescia: lago di Garda, Brescia. PASQUALI 1978, p. 153; SIMONI 1988, p. 17. ROFFIA E. (a cura di) 2007, Dalla villa (26) GREGORI, in questo volume; BREDA 1985, romana all’abitato altomedievale. Scavi archeo- pp. 72-73; SIMONI 1985, p.73; GREGORI 2000, p. 270: iscrizioni votive con dediche a Giove, alle logici in località Faustinella- S. Cipriano a Matrone, a Mercurio, alla Vittoria, vedi anche Desenzano, Milano. SIMONI 1988, p. 34, suggeriscono l’ipotesi di un ROSSI F. 1987, Nuvolento (Brescia). Insedia- possibile edificio di culto nell’area. Ancora mento rustico di età romana, in “NSAL”, pp. 51- GREGORI 2000, pp. 119 e 123. 54.

20 Gian Luca Gregori L’iscrizione del senatore Marco Lelio [- - -]: il proprietario della villa?

Il gruppetto d’iscrizioni latine recuperate nel tempo a Nuvolento, riutilizzate spesso in strutture della Pieve o comunque ad essa attigue, permette d’ipotizzare che si fosse qui sviluppato un insediamento minore, uno tra i tanti che punteggiavano il vasto territorio bresciano in età romana, favorito in questo caso dalla fortunata posizione geografica della località, lungo percorsi che raccordavano tra loro pianura e valli da un lato, Brixia e Verona dall’altro1. Si tratta, nel complesso, di modeste dediche sacre per divinità romane (Giove, Matronae, Mercurio, Vittoria) talora riconducibili al sostrato indigeno2 e di altrettanto modeste iscrizioni funerarie (con qualche eccezione), le une come le altre riferibili nella mag- gioranza dei casi a individui di condizione servile/libertina, probabilmente impegnati a vario titolo nelle locali proprietà terriere, ma Fig. 1. Dedica di Marco Lelio Firmino Fulvio Fig. 2. Frammento dell’iscrizione dedicata dal figlio anche, in taluni casi, di probabile nascita Massimo a Postumia Paola, Brescia, Piazza della al senatore Marco Lelio [- - -], Brescia, Museo libera (almeno a giudicare dal tipo di Loggia. Romano. cognome)3. Indubbiamente il testo più importante è rap- tenuta proprio a questa famiglia senatoria4. Roscii Paculi e i Vibii Vari6. Benché impegnati presentato dalla dedica che il figlio pose, in Nota fin dal ’400 e da tempo esposta a Brescia per la maggior parte della loro vita, a seconda un contesto di tipo privato, al senatore in Piazza della Loggia è la dedica che il delle varie tappe della loro carriera, a Roma, Marcus Laelius [- - -] verosimilmente in senatore Marcus Laelius Firminus Fulvius in Italia o nelle province, questi senatori occasione della morte del padre. I tre grossi Maximus, giunto alla carica di pretore, pose avevano a Brixia e nel suo territorio domus, frammenti finora recuperati, tutti dall’area alla matrona Postumia Paulla, probabilmente villae e proprietà, dove erano impiegati schiavi della Pieve, consentono, sia pure con tutte le figlia piuttosto che nipote del senatore P. e liberti7. dovute cautele, di avanzare l’ipotesi che, Postumius Paullus Iunior e moglie all’inizio La presenza dei Marci Laelii a Nuvolento, almeno nella sua fase principale di II / inizi dell’età severiana del senatore M. Iuventius già ipotizzabile sulla base di un grosso III secolo la villa di Nuvolento fosse appar- Secundus 5(fig. 1). frammento visto nel Cinquecento presso la Si tratta di famiglie originarie di Brixia o che Pieve e successivamente trasportato nella cella comunque qui avevano proprietà terriere e di mezzo del Capitolium di Brescia dove (1) Sono riferibili a tali percorsi il miliare di interessi economici, gli esponenti delle quali tuttora è esposto (cm 63 x 46; alt. lett. cm 14- Costantino, dalla Pieve di Nuvolento (I. It., X, V, furono presenti nel Senato di Roma tra l’età 9,5)8 (fig. 2), ha trovato conferma con il rin- 1268), e quello menzionante Costantino con i figli, antonina e quella severiana (metà II-prima venimento a metà degli anni Ottanta del riutilizzato per acclamare Magno Massimo e il figlio metà III secolo), al pari di altre, collegate secolo scorso nella stessa area di altri due Vittore, da Bottonago (I. It., X, V, 1269); cfr. con la stessa , come i , i GREGORI 2002, p. 515 e nt. 24. Brixia Marci Nonii frammenti (il primo dei quali combaciante (2) I. It., X, V, 771-775. con il precedente), attualmente conservati (3) I. It., X, V, 777-781. Un caso particolare è nel Museo Archeologico della Valle Sabbia a costituito da I. It., X, V, 779, con belle lettere alte (4) Sui Marci Laelii [- - -] attestati a Nuvolento cm 8,5-7,5, ma a causa del suo stato di conser- vd. ALFÖLDY 1999, pp. 313, 333-334; cfr. vazione è difficile avanzare proposte d’integrazione GREGORI 1999, p. 119. (6) GREGORI 1999, pp. 112-120. (le lettere conservate potrebbero fare pensare anche (5) I. It., X, V, 149, su cui ALFÖLDY 1999, pp. (7) Cfr. GREGORI c.s. alla carriera di un cavaliere). 311-312; cfr. GREGORI 1999, pp. 101, 112. (8) I. It., X, V, 776.

21 Figg. 3-4. Frammenti dell’iscrizione dedicata dal figlio al senatore Marco Lelio [- - -], Gavardo, Museo Archeologico.

Gavardo (figg. 3-4)9. Per quanto riguarda la carriera del perso- non era troppo frequente l’attribuzione a Spetta ad Albino Garzetti il merito di aver naggio, dopo l’iniziale carica di quattuorvir uno stesso senatore di curatele plurime, la pubblicato l’importante iscrizione pre- viarum curandarum, svolta per un anno a lacuna all’inizio della terzultima riga sentando i vari problemi che restano tuttora Roma, gli fu attribuito il tribunato militare indurrebbe a ipotizzare che il nostro avesse aperti a causa dello stato di conservazione e della legione ventiduesima Primigenia, che a svolto la medesima funzione di controllo fornendo un utile disegno ricostruttivo che quel tempo si trovava dislocata a Mogon- sulle locali finanze anche presso una quarta qui si riproduce, con alcune ipotesi inter- tiacum (od. Mainz), nella Germania comunità (l’incarico non presupponeva del pretative degne di considerazione (fig. 5)10. Superiore. Comincia a questo punto una resto la permanenza duratura del personaggio Il Garzetti, e la sua idea è stata sostan- lunga lacuna nella quale dobbiamo pre- in loco)14. zialmente ripresa da quanti dopo di lui hanno supporre comparissero la questura, il tri- Perduto il sacerdozio di cui il nostro era stato citato il testo11, pensava di trovarsi di fronte bunato della plebe o l’edilità e la pretura; la insignito e che doveva trovare posto tra la a un senatore di cui si conosceva con certezza carriera riprende nel terzo frammento che fine della terzultima e l’inizio della penultima solo prenome e gentilizio (Marcus Laelius), conserva una serie di incarichi affidati a ex riga15, l’apice della carriera fu a quanto pare essendo il cognome andato perduto; restava pretori, a cominciare dalla curatela di alcune perciò in dubbio se si trattasse di un perso- città (forse abbinata al patronato), nello spe- naggio nuovo o se egli fosse da identificare cifico Venusia (od. Venosa), nella regio secunda razione della lana, e a Patavium, centro specia- con uno dei Marci Laelii Maximi attestati (Apulia et Calabria), Glemona (od. Gemona) lizzato nella produzione di tappeti e coperte, mentre epigraficamente tra la fine del II e gli inizi del e Patavium (od. Padova) nella stessa regio famose erano le lane altinati; nell’Apulia erano III secolo, epoca alla quale egli pensava decima (Venetia et Histria) cui apparteneva celebri soprattutto le lane canosine: GREGORI Brixia13. Anche se bisogna riconoscere che 1990b, cc. 214-215. Significativo nel corso del IV andasse datato su base paleografica il nuovo secolo il caso del senatore L. Nonius Verus, che fu 12 documento . corrector Apuliae et Calabriae, Venetiarum et Istriae e patrono di Mutina, Aquileia, Brixia e di tutte le 320. I dubbi sull’identificazione del personaggio città di Apulia et Calabria (CIL, XI 831 = ILS sono condivisi da ALFÖLDY 1999, pp. 333-334, 1218). (9) Cfr. BREDA 1985. che distingue per prudenza i Laelii Maximi, (14) Conosciamo almeno un altro curator di quattro (10) GARZETTI 1986, ripreso in. Suppl. It., n.s., comunque ritenuti d’origine norditalica, dai Marci città (CIL, XI 3367 = ILS 1180: il senatore Q. 8, 1991, pp. 220-221, n. 22; cfr. AE 1986, 251-252 Laelii [- - -], padre e figlio, presenti a Nuvolento. Petronius Melior, curator rei publicae Tarquiniensium e ora Suppl. It., n.s., 25, 2010, p. 228; EDR090776 (13) Su queste cariche in particolare GREGORI et Graviscanorum, Pyrgensium et Ceretanorum) e (scheda di D. FASOLINI). 1990b, cc. 215-224. Non meraviglia che il nostro uno addirittura di sei (CIL, X 482 = ILS 6449: il (11) GREGORI 1990a, p. 103; GREGORI 1990b, sia stato curatore di città tanto distanti tra loro: cavaliere M. Tullius Cicero, curator rei publicae Vol- cc. 213-214; ANDERMAHR 1998, pp. 316-317; legami tra l’Apulia e l’Italia nord-orientale sono, ceianorum, [Atinati]um, Acerentino[rum], ALFÖLDY 1999, p. 313; CAO 2010, pp. 161- infatti, ben documentati per quanto riguarda il [Ve]liensium, Buxentin[orum] e Tegianensium). In 165. commercio dell’olio e l’allevamento ovino. Nella generale cfr. ECK 1999, pp. 195-229. (12) Conosciamo in particolare un M. Laelius decima regio l’industria tessile era ad esempio (15) Ragionevole l’ipotesi di GARZETTI 1986, Maximus, legato della legione VII Claudia nel 195, fiorente nella stessa Brixia, come apprendiamo da pp. 201-202 che il nostro fosse stato insignito del e un M. Laelius Maximus Aemilianus, cos. ord. 227: numerose iscrizioni relative alle varie fasi di lavo- sacerdozio [salior(um) Palatin]or(um) o [salior(um) cfr. PIR2, L 52-56; LEUNISSEN 1989, pp. 319- Collin]or(um) piuttosto che [divor(um)

22 Fig. 5. Ricostruzione dell’iscrizione dedicata dal figlio al senatore Marco Lelio [- - -], secondo A. Garzetti. raggiunto con la praefectura alimentorum, portava la vigilanza sull’operato dei quae- un paio di metri, con il fondato presupposto una funzione di rango pretorio che com- stores alimentorum municipali e in generale sui che l’ultima riga dell’iscrizione fosse centrata. contratti di locazione, la raccolta e la distri- Se pare poco probabile che alla riga 1 non buzione dei fondi derivanti dall’institutio ali- comparisse la formula di filiazione, nutro August]or(um); per la formula ornato sacerdotio (o mentaria creata da Traiano (se non già da però qualche dubbio sulla presenza qui della simili), molto rara, cfr. AE 1931, 2 = 1954, 201i Nerva) in molte città per finalità sulle quali tribù, sia pure abbreviata come di consueto (sacerdotio Caeninense ornato); AE 1954, 58 = 1955, 16 122 = 1956, 167 (exornato sacerdotio fetiali); CIL, il dibattito è ancora aperto . alle prime tre lettere, perché resterebbe in VI 1598 ([sac]erdotio Caeninensi item pontificatu Bisogna senz’altro ammettere che l’attuale tal caso troppo poco spazio per un cognome, minore exornatus); CIL, XI 5635 = ILS 6640 stato di conservazione dei frammenti non sia pure corto17. (Laurenti sacerdotio ornato); CIL, XIV 2922 consente di ricostruire in maniera certa la Non crea meraviglia che il cursus di Marco (exornato sacerdotio splendidissimo pontificatus carriera del personaggio e non possiamo Lelio [- - -] sia reso con lettere di altezza minoris). Poco probabile l’ipotesi di CAO 2010, neppure identificare con certezza né il decrescente (da cm 9 alle righe 2-3, a cm pp. 126-127, 163, 165, che le lettere [- - -]OR all’inizio della penultima riga non appartengano, defunto né il figlio. 7,7-5,5 alle ultime righe) benché sia strut- come pensava A. Garzetti, alla formulazione del La ricostruzione proposta da A. Garzetti pre- turato in ordine ascendente, vale a dire dalla sacerdozio, bensì alla carica di curator di una via che suppone un monumento onorario destinato carica più bassa alle funzioni superiori, perché sarebbe stata menzionata però solo alla fine della riga a un ambito privato (villa, sepolcro?) e largo si tratta di un fenomeno che ricorre anche stessa, dopo la praefectura degli alimenta. È vero che questa prefettura è spesso ricordata in asso- ciazione con una curatela stradale, ma il nome della cazione, quest’ultima, che nel nostro caso poteva via segue sempre la carica di curator, mentre dopo trovare posto alla fine della penultima riga dopo (17) Nelle iscrizioni onorarie di Brixia per senatori la praefectura alimentorum si può trovare l’indi- ALIMENTORVM). l’indicazione della tribù è ad esempio omessa in I. cazione di una strada, ma più spesso quella di uno (16) ECK 1999, pp. 151-194; LO CASCIO 2000, It., X, V, 126 (dedica per C. Maesius C.f. Pica- dei distretti in cui l’Italia era stata suddivisa (indi- pp. 223-311; CAO 2010, pp. 116-133. tianus).

23 altrove, a cominciare dalla stessa Brixia18. ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE Vi è semmai il problema di dove fosse nel- l’iscrizione il nome del dedicante, vale a dire ALFÖLDY G. 1999, Städte, Eliten und del figlio di Marco Lelio [- - - ]: anche se Gesellschaft in der Gallia Cisalpina, Stuttgart. non lo posso escludere, mi parrebbe poco ANDERMAHR A.M. 1998, Totus in praediis. verosimile che il figlio avesse rinunciato del Senatorischer Grundbesitz in Italien in der Frühen und Hohen Kaiserzeit, Bonn. tutto a comparire con il proprio nome; forse, BREDA A. 1985, Nuvolento (Brescia). secondo un uso attestato anche in ambito Località Pieve. Strutture murarie tardoantiche, senatorio, egli era presente con il solo in “NSAL”, pp. 72-73. cognome all’inizio dell’ultima riga; se così CAO I. 2010, Alimenta. Il racconto delle fosse stato, dovremmo allora presupporre, fonti, Padova. per ottenere un’impaginazione equilibrata ECK W. 1999, L’Italia nell’impero romano. del testo, che dopo patri, nella lacuna di Stato e amministrazione in epoca imperiale, Bari. destra sia andato perduto un epiteto, ad EDR, Epigraphic Database Roma. 19 esempio il comune [optimo] . GARZETTI A. 1986, Nuovi frammenti di iscrizione senatoria scoperti a Nuvolento (Brescia), Come si vede, molti sono i problemi che in “Athenaeum”, LXXIV, pp. 195-203. restano aperti. L’auspicio è che prossimi ritro- GREGORI G.L. 1990a, Brescia romana. vamenti nell’area della villa e della Pieve di Ricerche di prosopografia e storia sociale, I. I Nuvolento consentano di recuperare altre documenti, Roma. parti di quest’importante monumento, sia GREGORI G.L. 1990b, Sull’autonomia pure fuori contesto come i tre grossi fram - amministrativa di Glemona, in “Aquileia menti finora salvati, fugando alcuni almeno Nostra”, LXI, cc. 213-232. dei dubbi che ancora avvolgono l’identità GREGORI G.L. 1999, Brescia romana. dei personaggi e i dettagli delle loro carriere. Ricerche di prosopografia e storia sociale, II. Analisi dei documenti, Roma. GREGORI G.L. 2002, Dai Tetrarchi ai Lon- gobardi: momenti di storia e frammenti di vita bresciana, in Nuove ricerche sul Capitolium di Brescia. Scavi, studi e restauri, a cura di F. Rossi, Milano, pp. 513-526. GREGORI G.L. c.s., Abitare in campagna: indizi epigrafici dal territorio bresciano, in Abitare in campagna, dalla villa romana alla cascina lombarda, Atti del Convegno (Brescia, 2011), a cura di G. Archetti, in corso di stampa. LEUNISSEN P.M.M. 1989, Konsuln und Konsulare in der Zeit von Commodus bis Severus Alexander (180-235 n. Chr.), Amsterdam. LO CASCIO E. 2000, Il princeps e il suo impero. Studi di storia amministrativa e finan- ziaria romana, Bari.

(18) Ricordo qui le dediche onorarie per due senatori d’origine bresciana che potrebbero essere pressoché contemporanei o di poco posteriori ai nostri personaggi, Marco Iuvenzio Secondo Rixa Pansa Valeriano (I. It., X, V, 123) e Marco Nonio Arrio Paolino Apro (I. It., X, V, 135). (19) Cfr. a Roma il caso dell’iscrizione sepolcrale del senatore Tito Mussidio posta dal figlio Polliano, ricordato con il solo cognome, secondo la recente proposta di lettura avanzata da Géza Alföldy (CIL, VI 41053).

24 La ricerca archeologica Fausto Simonotti Premessa e storia degli scavi

Quella parte di territorio compresa fra la e resti di piani pavimentali subito interpretati Pieve romanica di S. Stefano e l’apice meri- come parte di un piano unitario riferibile ad dionale dell’abitato attuale di Nuvolento è da una villa2. I lavori vengono interrotti e parte sempre stata oggetto d’attenzione da parte dell’area sottoposta a vincolo diretto3. di storici e studiosi sia per le evidenze Nel 1986 la Soprintendenza Archeologica medievali che per i rinvenimenti d’età romana avvia una campagna di sondaggi nel ten- attestati fin dal XVI secolo1. L’esistenza di un tativo di raccogliere ulteriori informazioni antico insediamento è stato più volte com- e di salvaguardare le strutture recentemente provato con dati materiali e anche da riscontri diretti, come evidenziato nelle foto aeree del 1982. Sulla sua estensione ed evoluzione (2) Il terreno, di proprietà del Sig. Mori di sono state fatte ipotesi che lo vedrebbero , ospiterà in seguito un insediamento ricompreso in un castrum i cui limiti industriale tuttora esistente. (3) Provvedimento di vincolo diretto con D.M. Fig. 1. Strutture rinvenute nel 1985 presso la potrebbero proprio coincidere con la Pieve. 15-10-1982 Pieve. La presenza di una delimitazione in que- st’area troverebbe conferma in un rinveni- mento effettuato nel 1985 nel corso di lavori nei pressi del cimitero. In quell’occasione venne documentata la presenza di una struttura muraria larga m 0,50-0,70, orientata nord-sud, realizzata con pietre, ciottoli ed elementi lapidei di riutilizzo fra cui fram- menti di elementi architettonici ed epigrafi, legati da una malta povera di calce di colore giallastro. Il muro, mal conservato, venne visionato per m 9 circa. Sul lato est pre- sentava traccia di due contrafforti ed era fian- cheggiato da un fossato (fig. 1).

Fino al 1975 il territorio a sud della Strada Provinciale 116, che costeggia attualmente la località Pieve, presentava un assetto prevalen- temente agricolo, con rare eccezioni rappre- sentate da capannoni artigianali disposti spo- radicamente a margine della via (fig. 2). Dai primi anni ’80 l’edificato comincia ad incre- mentarsi pur rimanendo contenuto dal tratto iniziale di via Pieve. In questo comparto avvengono i rinvenimenti più consistenti ed importanti che mostrano la presenza di un esteso impianto d’edifici d’età romana. Nella primavera del 1982 uno sbancamento effettuato su una superficie di mq 1.500 circa, mette in luce murature, soglie in pietra

(1) Si veda il contributo di Gian Luca Gregori in questo volume. Fig. 2. Foto aerea anno 1975.

27 Fig. 3. Murature messe in luce con i saggi di scavo effettuati nel 1986. scoperte4. I resti evidenziati vengono riferiti al settore residenziale di una villa romana, confermando l’ipotesi iniziale (fig. 3). Nella primavera del 1987 l’area d’indagine copre una superficie di mq 3.000, suddivisa in tre settori: A (nord-est), B (nord-ovest) e C (sud- ovest) (fig. 4). In generale l’intervento mirava a mettere il più possibile in evidenza l’impianto della villa5, esito raggiunto in particolare nel settore A, dove la completezza dell’edificio antico si legge in continuità planimetrica per oltre mq 1.1006 (fig. 5). In questo settore tutte le murature, realizzate prevalentemente in ciottoli e malta di calce, erano conservate appena sopra il piano di fondazione, alla quota dei piani pavimentali o poco più. Fra le strutture peculiari di questo Fig. 4. Planimetria della zona interessata dagli scavi. In evidenza i settori d’intervento. settore spiccava, sia sul fronte nord che su quello est, una fondazione muraria in cui si evidenziavano con continuità delle lastre di un limite netto o la base dell’alzato7. tosto le tracce della loro presenza quali sot- pietra calcarea infisse di taglio, forse a marcare La pianta regolare della fase insediativa prin- tofondi in malta grossolana o vespai di cipale presentava evidenze di rifacimenti, fra- ciottoli, in particolare nella parte nord-ovest8. zionamenti e sovrapposizioni marcati da Nel settore B, situato a nord del settore A, vennero rinvenute altre strutture murarie, (4) Questi sondaggi saranno effettuati dal 29 set- strutture murarie in appoggio quali tramezzi tembre al 4 ottobre 1986 dopo un fermo dei lavori o absidi. sempre in ciottoli e malta, con lo stesso orien- edili disposto il 12 settembre. Altro elemento singolare e di pregio era costi- (5) Conoscere la reale consistenza ed estensione tuito, al limite occidentale dell’area, da un dei depositi archeologici è stato fondamentale per ambiente aperto quadrangolare in cui si con- (8) L’ipotesi di pavimentazioni musive, seppure variare il piano di lottizzazione a favore della tutela servava un tratto di canaletta in pietra. Non plausibile, non è stata confermata dai più recenti dei resti antichi. scavi archeologici. La presenza di tessere musive e (6) Il progetto di valorizzazione ha riguardato si conservavano piani pavimentali, ma piut- scarti di lavorazione delle stesse nei lacerti di malta proprio le strutture rinvenute nel settore A, che si documentati nei primi scavi, sono da attribuirsi presentavano come un complesso esteso, omogeneo più ad interventi di ristrutturazione che alla posa e abbastanza definito nel perimetro. (7) US 100, 101 (lastre), 102. di piani pavimentali strutturati.

28 Fig. 5. Veduta generale da nord-ovest del settore A (scavi 1987). tamento di quelle mappate più a sud. In Quest’ultimo era costituito da tre vani prin- riconducibili alle prime fasi insediative del- questo caso non è stato però possibile arrivare cipali ai quali si addossava, verso sud-est, l’area, quali tracce di perimetrali realizzati alla definizione di un perimetro definito, con una struttura absidale racchiusa in un corpo con elementi lignei e argille, rifiniti con ambienti articolati e ben riconoscibili. rettangolare13. incantucciato e malta. Resti di un impianto decisamente più com- Tutte le murature presentavano tracce di rifa- La fase principale, per estensione e consi- plesso, sono infine stati riconosciuti nel settore cimenti e sovrapposizioni dovuti a diverse stenza dell’edificato, comprende vari ambienti C. In questa parte, situata a circa m 20 verso fasi edilizie, contrassegnate dall’impiego di riscaldati con pavimentazioni rette da suspen- ovest dalle strutture evidenziate nel settore A, materiali più grossolani e scadenti (laterizi surae. Un praefurnium lungo almeno m 14,00 sono stati identificati diversi ambienti, com- frammentati, pietre sbozzate, argille al posto e largo m 2,00 serviva quattro vani (sembra pletati in taluni casi da piccole absidi. Poiché della malta). realizzati in momenti diversi) dotati di hypo- probabilmente pertinenti a fasi insediative Nel maggio del 1987 gli scavi archeologici caustum. diverse, questi vani sono stati evidenziati vengono completati e successivamente i lavori Consistenti ristrutturazioni portano all’obli- come nuclei separati9. L’edificio 2, situato edili ultimati, con la realizzazione di alcuni terazione dell’impianto termale. Una canaletta quasi al limite fra le aree B e C, presentava degli edifici in progetto, costruiti adeguandosi di grandi dimensioni interrompe il prae- un’abside a cui si legavano (o appoggiavano) alle presenze archeologiche14. Tutti i resti furnium, mentre vengono aggiunte una vasca varie strutture murarie tutte realizzate in vennero di nuovo interrati interponendo con rivestimento in cocciopesto ed un’abside ciottoli e malta di calce10. Più a sud-ovest sabbie fra il terreno di copertura e le murature che cambiano l’assetto planimetrico e fun- (circa m 8) una canaletta con le spallette in e di conseguenza le quote dell’area subirono zionale di questa porzione di edificio. muratura segnava la presenza di strutture di una generale variazione con un innalzamento Il degrado degli ambienti è documentato da servizio di notevoli dimensioni (il tratto evi- di m 0,20-0,50 dei piani originari15. strati di macerie e d’intonaci stesi per modi- denziato era lungo m 30 e le lastre di pietra Nel 1995 a sud-ovest delle acciaierie Mori 2 ficare i piani di frequentazione in funzione di usate come copertura misuravano in media A, all’interno della proprietà, viene aperto nuovi spazi delimitati da strutture precarie. m 1,00 x 1,30)11. Ancora più ad ovest e più un altro settore di scavo ampio circa mq 150 La successiva fase altomedievale di rioccu- a nord si rinvenivano muri dall’andamento (figg. 6-7). In questa occasione si riescono a pazione è attestata da numerosi buchi per regolare connessi fra di loro che racchiu- documentare diverse fasi nelle strutture che palo presenti in particolare lungo i perime- devano un terzo ed un quarto edificio12. vengono messe in luce16. trali. La sequenza descritta comprende elementi L’intervento realizzato tra il 2011 e il 2012, funzionale a valorizzare e rendere fruibile l’area, ha riportato alla luce le strutture pre- (9) Ciò si deve alla necessità, per l’epoca, di operare (13) US 403. senti nel settore A, pertinenti alla porzione di più in estensione che in profondità, fatto che ha (14) I nuovi capannoni vennero costruiti nei settori villa scavata nel 1987; su di esse ed è stato rea- d’indagine B e C. determinato la insufficiente leggibilità delle relazioni lizzato l’intervento di restauro. I lavori effet- fra le strutture. (15) L’interro delle strutture antiche era di soli m (10) US 305 (abside), 304 e 306. 0,20. Attualmente i resti della villa, nel settore A si tuati nell’ambito di questo progetto hanno (11) US 217, 218, 220 trovano in media a m 0,50 dal piano di campagna. fornito l’occasione per integrare la documen- (12) Edificio c. I muri in questione sono 411 e (16) I lavori vennero interamente finanziati dalla tazione grafica e fotografica (fig. 8) e per 412. Società Mori S.p.A., proprietaria dell’area. affrontare alcuni nodi problematici eviden-

29 ziati dai precedenti lavori, attraverso una nuova campagna di scavo che ha riguardato un’area di mq 365 ubicata nella porzione occidentale del settore suddetto. Le nuove indagini hanno meglio definito la struttura di diversi ambienti. In particolare si sono evidenziati tre corpi di fabbrica con- tigui, con vani orientati E-SE/W-NW: a sud il vano 5, al centro il vano 7, a nord un’ala costituita da numerosi spazi di diverse dimen- sioni, numerati dall’ 8 al 15. Il vano 5 è il più meridionale ed è un grande ambiente rettangolare il cui limite ovest è esterno all’area di scavo ed è caratterizzato dalla presenza di 5 pilastri posti a contatto col prospetto interno del perimetrale meri- dionale, conservatisi in fondazione. Il vano 7 consiste in un grande atrio il cui margine occidentale è esterno al limite di scavo. In assenza di molte delle strutture che dovevano delineare l’impianto originario, l’interpretazione degli spazi si è basata in gran parte sulle preparazioni pavimentali e i tagli di spoliazione. Gli elementi principali Fig. 6. Settore di scavo aperto nel 1995 nella proprietà Mori. Vista da nord. evidenziati sono una canalina in marmo di Botticino e un taglio cilindrico centrale che poteva contenere un pozzetto-vasca in marmo. L’identificazione di tale struttura ha permesso di ricostruire, in proporzione, la pianta dell’ambiente porticato e di attribuirgli una superficie di mq 125 al netto dei muri perimetrali. Nella porzione settentrionale dell’area indagata, un corpo di fabbrica a pianta ret- tangolare di mq 135 circa è speculare al vano 5 ed è suddiviso in ambienti di dimensioni variabili, numerati dall’8 al 15. Gli ambienti a est, i meglio conservati, presentano prepa- razioni pavimentali in malta che dovevano essere ricoperte ora da cocciopesto, ora da una superficie che comprendeva scarti di lavorazione di tesserine musive. I due ambienti all’estremità ovest, denominati 15 e 16, presentano invece tracce di una pavi- mentazione in embrici posti con le alette rivolte verso il basso. Quest’ultima tecnica costruttiva è presente anche nell’ambiente Fig. 7. Settore di scavo aperto nel 1995 nella proprietà Mori. Vista da ovest. identificato come calidarium nello scavo del 1995. lastra tenace. Lo spessore della struttura, in un muro successivo17. Di particolare interesse per estensione, dimen- superiore a m 1,60, comprende il paramento All’impostazione della villa nelle sue forme sioni e tecnica edilizia è la struttura muraria esterno del muro perimetrale con lastre di visibile lungo i limiti nord e nord-est del- pietra infisse di taglio (spesse in media m (17) Nel 1987 questo complesso di strutture (fon- l’area indagata, già individuata nel 1987. È 0,20) a cui si addossa un’ulteriore fonda- dazioni e lastre) erano state interpretate come parte costituita da abbondanti frammenti irregolari zione o sostruzione in ciottoli e malta gros- di un’unica muratura spessa oltre m 1,60 che di laterizi, posti per lo più di piatto e in solana. Anche il tratto di muratura rinvenuto avrebbe delimitato, quasi fortificandola, parte della alcuni punti “a spina di pesce”, da ciottoli e villa. Tuttavia, la presenza delle lastre, infisse in nel 2012 presenta traccia di tali lastre, per lo profondità sembra indicare intenzionalmente la scaglie di pietra immersi in una malta gial- più asportate o riutilizzate come paramento base di un alzato spesso “solo” m 0,80.

30 Fig. 8. Planimetria generale del settore A con individuazione dei vani. principali sono seguiti alcuni interventi più tratto di muro nord-sud testimonia la suc- seguono la formazione di un riempimento o meno importanti volti alla manutenzione cessiva suddivisione del vano in due ambienti. molto variegato e ricco di materiali e in delle strutture o a ridisegnarne spazi e fun- Un’altra rimodulazione degli spazi è visibile seguito la rimozione delle lastre infisse ver- zioni. in una struttura muraria che va a delimitare ticalmente. Sui resti del paramento meri- Nel vano 5 spessi depositi di limo dovevano uno spazio chiuso a pianta rettangolare in dionale viene impostato un nuovo muro, che funzionare come sottofondi su cui poggiare appoggio al perimetrale settentrionale del ne segue l’andamento, ma di minore spessore. le pavimentazioni. Caratterizzati da inclusi vano, della cui pavimentazione resta il vespaio Alle realizzazioni che prevedono una piani- provenienti da demolizioni di una prece- in ciottoli. In seguito muro e acciottolato ficazione dell’impianto e ai successivi episodi dente fase edilizia, risultano ricchissimi di vengono tagliati per la posa di un elemento di manutenzione, ristrutturazione e forse frammenti di intonaco (in buona parte a pianta circolare del diametro di m 1. Nel ridimensionamento, in funzione di nuove dipinto, dei colori bianco, giallo, ocra, rosso, corpo di fabbrica settentrionale le risistema- esigenze, ma sempre per mezzo di strutture porpora, verde, nero; in alcuni casi è ricono- zioni individuate riguardano il rifacimento di in alzato di buona qualità, segue un momento scibile l’incannicciatura sul retro) e di stucchi alcuni muri, più esili dei precedenti, e la in cui alle strutture legate da malta si sosti- architettonici, frammenti di laterizi, scaglie creazione di un nuovo vano (11). tuiscono strutture in gran parte lignee, come di pietra. Si conserva una piccola porzione Ad un importante momento di risistema- testimoniato dalle abbondanti buche di palo della pavimentazione in cocciopesto a cui zione è legata l’asportazione del perimetrale che vanno a tagliare i pavimenti. Le murature questi riporti erano funzionali. Un breve nord fino ad una profondità di m 0,70, cui preesistenti diventano riserve per l’asporta-

31 zione ed il recupero di materiale da riuti- colonne che reggevano il tetto. BIBLIOGRAFIA lizzo, soprattutto quelle caratterizzate da ele- Una struttura certamente di epoca tarda è il menti architettonici pregiati in marmo. fornetto in fossa con struttura in ciottoli rin- ATS Soprintendenza per i Beni Archeologici Il vano 5 presentava un gran numero di buche venuto in prossimità al perimetrale orientale della Lombardia. di palo, che interessavano anche il perimetrale del vano. I carboni rinvenuti all’interno sono BREDA A. 1985, Nuvolento (BS). Località settentrionale tagliandone il paramento sud. residui del combustibile utilizzato per la Pieve. Strutture murarie tardoantiche, in Il vano 7 aveva subito importanti episodi di cottura dei cibi. “NSAL”, pp. 72-73. spoliazione anche in questo caso finalizzati Nei vani del corpo di fabbrica settentrionale, ROSSI F. 1986, Villa romana, in “NSAL”, p. all’acquisizione di materiale lapideo, con materiale lapideo di pregio è stato ricavato 68. l’asportazione della pavimentazione in lastre spoliando muri e almeno tre soglie. Buche di ROSSI F. 1987, Nuvolento (BS). Insediamento marmoree del centro della vasca, del poz- palo indice di un nuovo più modesto uti- rustico di età romana, in “NSAL”, pp. 51-54. zetto centrale, di parte della canalina e del lizzo degli spazi sono state rinvenute a est, nel SCARPELLA D. 1995-1997, Nuvolento probabile cordolo su cui poggiavano le vano 8 e soprattutto nel 10. (BS). Località Pieve. Indagini archeologiche siste- matiche, in “NSAL”, pp. 103-106.

32 Viviana Fausti, Fausto Simonotti Struttura e fasi della villa

Tra il 2011 e il 2012 il Comune di Nuvo- lento, con contributo della Regione Lom- bardia e sotto la direzione della Soprinten- denza per i Beni Archeologici, ha avviato un intervento sistematico nella parte della villa romana ricadente in terreno pubblico, al fine di realizzare un’area archeologica a cielo aperto. Nel 2011 il settore della villa oggetto dei lavori è stato riportato alla luce previa la preliminare asportazione di terreno e sabbie con cui era stato ricoperto a fine di prote- zione. Per ragioni logistiche e progettuali sono stati messi immediatamente in evidenza gli ele- menti essenziali e peculiari dell’edificio (peri- metrale nord-est e absidi) e successivamente, prima di procedere all’intervento di restauro, sono state effettuate verifiche sulla sequenza fisica delle strutture; in due terzi dell’area era infatti non più verificabile la stratifica- zione associata, che avrebbe potuto fornire indicazioni più dirette e puntuali sulla cro- Fig. 1. Il corridoio 1 visto da sud-est. nologia dell’impianto. Dati più completi sono stati comunque raccolti con l’esaustiva Vano 2 - Originariamente ampio m 6,22 x aggiunta al vano 5 (fase III). Altre strutture indagine del settore occidentale, dove ancora 14,40, subisce un ridimensionamento (fase minori sono state addossate al perimetrale si conservavano elementi stratigrafici ben III) con modifiche sostanziali che portano nord-est (fase IV). leggibili dalle fasi più antiche fino a quelle di alla creazione di due ambienti distinti, pro- rifrequentazione. babilmente non comunicanti, separati da un Vano 5 - Il perimetrale ovest è esterno al Altri dati utili alla definizione delle fasi cro- corridoio largo m 1,63 che porta dal vano 1 limite di scavo e non è stato individuato nella nologiche e di uso dell’edificio sono stati rac- al vano 3 (fig. 2). campagna del 1987. La lunghezza supera colti nella campagna di scavo effettuata nella quindi m 15,80, mentre la larghezza è m proprietà Mori nel 1995. Queste informa- Vano 3 - Dimensioni analoghe al vano 2. 5,20 (fig. 4). zioni sostanzialmente confermano e com- Interpretato come spazio esterno sia per la Sul lato interno del perimetrale meridionale pletano quanto più recentemente rilevato. successiva rioccupazione (fasi III e IV) con sono presenti 5 fondazioni di pilastri a pianta Di seguito, ad integrazione di quanto già vani absidati sia per la presenza di pilastri rettangolare realizzati con ciottoli di forma e sopra descritto, si propone una sintesi sulla parte sud-est del perimetrale sud del pezzatura variabile disposti caoticamente, descrittiva degli ambienti della villa e della vano 2, che indicano ampie aperture di col- tenuti insieme da una abbondantissima malta loro evoluzione, così come ipotizzata sulla legamento. biancastra tenace. Tali pilastri distano media- base delle informazioni cronostratigrafiche mente tra loro m 2,80. L’ambiente sembra acquisite: Vano 4 - In questo vano erano presenti lacerti aver subito ristrutturazioni (fase III) che di malta grossolana attribuibili a sottofondi hanno comportato modifiche nell’assetto di Vano 1 - Interpretabile come vano di pas- pavimentali (fig. 3). La larghezza non è deter- alcuni pilastri (raddoppiamenti, aggiunte) e saggio (corridoio) (fig. 1). minabile, poiché prosegue oltre il limite sud- l’aggiunta di una struttura rettangolare (m Largo m 3,41 collega, dall’esterno, i vani 2, est di scavo (via Pieve). È lungo m 13,48. 4,30 x 2,80) a ridosso del lato nord. Questa 3 e 4. Tracce di rifrequentazioni con piani Presenta tracce di rifrequentazioni con piani struttura, realizzata con ciottoli, malta e fram- pavimentali ricreati attraverso la posa di fram- pavimentali ricreati attraverso la posa di fram- menti di laterizi, risulta manomessa in una menti di tegole. menti di tegole. Inoltre è stato occupato in fase di rifrequentazione dove l’impostazione parte verso sud-ovest da una piccola abside di elementi lignei è marcata dalla presenza di

33 Fig. 2. Vista del vano 2 da sud-est. numerosi buchi per palo che interessano, sebbene marginalmente, anche le murature.

Vano 6 - È situato ad ovest del vano 3, comunica con i vani 7 e 13 e misura m 8,74 x 10,32. L’interno presentava tracce di sotto- fondi pavimentali costituiti da un vespaio in ciottoli e malte grossolane. Un approfondi- mento dello scavo ha mostrato la presenza di strutture murarie rasate a livello di fonda- zione, pertinenti ad una fase insediativa pre- cedente (fase I). Internamente il vano non ha subito parti- colari modifiche se non il raddoppiamento del perimetrale nord in una fase avanzata di frequentazione (fase IV). A sud sono state aggiunte e sovrapposte in momenti diversi due absidi (fasi III e IV).

Fig. 3. Resti di sottofondi pavimentali nel vano 4.

34 Vano 7 - Consiste in un grande cortile con una superficie indagata di mq 82. Al centro dell’ambiente è una canalina in marmo di Botticino, che doveva raccogliere le acque dal tetto e di cui si sono conservati il lato nord e poco più della metà del lato est (fig. 5). L’ambiente doveva avere un corridoio peri- metrale coperto. Dell’originaria pavimenta- zione si conserva un sottofondo molto com- patto costituito da una malta bianca tenace grossolana posata su ciottoli costipati. Il limite interno di questo piano è irregolare, in quanto intaccato da un’asportazione che suggerisce la presenza di un cordolo presumibilmente lapideo su cui potevano poggiare le colonne di sostegno del tetto. Della canalina in marmo si conservano sei pezzi, tre a pianta rettangolare nel lato nord (m 1,60 x 0,45; m 0,30 x 0,45; m 2,30 x 0,50), due a pianta rettangolare nel lato est (m 1,18 x 0,48; m 1,23 x 0,45), uno con funzione di angolare perfettamente quadrato (m 0,95 x 0,95). I blocchi rettangolari sono concavi lungo l’asse centrale, con sezione a U,

Fig. 4. Il vano 5 visto da ovest.

Fig. 5. Il cortile 7 visto da nord-est.

35 e presentano un bordo di spessore variabile, mediamente intorno a cm 10. L’angolare pre- senta ai lati la stessa sezione dei blocchi con- tigui e al centro un bacino di raccolta circolare del diametro di m 0,70 (fig. 6). Gli angoli sud-ovest e nord-est presentano in superficie dei bordi più ampi, con scanalature parallele il primo, liscio il secondo. È possibile che alcuni blocchi siano di reimpiego o siano stati reintegrati in momenti successivi: in un paio di casi sono sbozzati malamente (pos- sibile ristrutturazione di fase III). Da notare che il blocco più occidentale presenta, al posto dell’estremità ovest del bordo setten- trionale, una scanalatura di m 0,30 x 0,10, probabile incastro per il blocco angolare pre- sumibilmente contiguo. Al centro del vano, una preparazione in ciottoli di medie e piccole dimensioni immersi in una matrice fine limosa- sabbiosa con piccoli frammenti di malta, è quanto resta di una pavimentazione che potrebbe essere stata in lastre marmoree, come indur- rebbe a pensare un frammento triangolare di lastra in marmo bianco rinvenuto posto di piatto in prossimità della canalina. Anche questo pavimento è stato spoliato fino a togliere in parte anche la preparazione in ciottoli, dato che ha permesso di identificare un taglio a pianta circolare avente diametro di m 1,20 e profondità di m 0,60 (fig. 7). Sul Fig. 6. Vano 7. Particolare della canalina con il blocco di marmo angolare caratterizzato, al centro, da fondo e su una fascia di cm 10 a contatto col un’ammonite. fondo si è depositata una patina minerale di colore verde-marrone dello spessore di qualche millimetro molto compatta, forse esito del depositarsi di carbonato di calcio e sali di ferro percolati in un contesto di rac- colta di acqua. Data la centralità rispetto all’ambiente, si ritiene che il taglio conte- nesse un pozzetto-vasca, molto probabil- mente anch’esso marmoreo. È possibile che tale contenitore avesse un foro per fare defluire l’acqua in eccedenza in una tubatura o fogna e questo potrebbe essere suggerito dai resti di una struttura in laterizi posti di taglio a formare un margine rettilineo a ovest del pozzetto e con andamento est-ovest, vicino al quale erano posizionati dei coppi con la parte concava rivolta verso l’alto. Considerando questo elemento come centro del vano e riproponendo specularmente le strutture, possiamo ipotizzare che la canalina creasse una figura pressochè quadrata, con un perimetro esterno di m 6,00 est-ovest x 6,00 nord-sud che inquadrava uno spazio centrale di m 5,00 est-ovest x 5,00 nord-sud. Fig. 7. Vano 7. Il taglio che alloggiava la vasca centrale. L’ambiente porticato nel suo complesso

36 Fig. 8. Ipotesi ricostruttiva del vano 7.

doveva misurare, al netto dei muri perime- trali, m 11,70 est-ovest x 10,70 nord-sud (fig. 8). Il confronto con il contesto di alcuni cortili nelle domus di Santa Giulia a Brescia fornisce molte conferme a questa lettura1 (fig. 9). Varie sono le testimonianze di rifrequenta- zione dell’ambiente. In prossimità degli angoli nord-est e sud-est del vano vi sono due buchi per palo aventi diametro di m 0,33 e pro- fondità di m 0,22-0,28. La posizione in pros- simità di due angoli opposti lascia presup- porre una funzione legata ancora alle forme e dimensioni dell’ambiente. Altra struttura pertinente a questa fase è il for- netto in fossa di forma ellittica, con pareti inclinate e fondo pianeggiante a sud e un approfondimento verso nord (fig. 10). Le pareti risultano molto irregolari verso nord, dove delle grosse pietre (m 0,30/0,40 di lun- ghezza) sono poste con la superficie più ampia

Fig. 9. S. Giulia di Brescia. Domus C, cortile lastricato 41 e porticato 39. (1) Vedi BROGIOLO 1995.

37 in addosso alle pareti, a foderare le stesse. Il taglio si restringe significativamente nella parte basale, dove raggiunge le dimensioni di m 1,25 (nord-sud) x 0,65 (est-ovest). Il riem- pimento, costituito da carbone di legna, è il residuo del combustibile e raggiunge lo spessore massimo nella porzione setten- trionale del fornetto. In corrispondenza di questo ispessimento l’argilla che costituisce la parete del taglio risulta concotta dal calore2. Altri indizi di ulteriori frequentazioni proba- bilmente coeve alle tracce sopra descritte sono immediatamente successive all’ab- bandono delle strutture. La molteplicità di strati di deposito e la com- plessità del riempimento del taglio di spolia- zione del pozzetto centrale, fanno pensare ad una colmatura avvenuta in più momenti, forse in seguito a fruizioni diverse del manu- fatto. Il riempimento è caratterizzato da una parte basale, dello spessore di circa cm 10 costituita da limo grigio verdastro compatto con pochi inclusi consistenti in qualche fram- mento ceramico (databile al I secolo a.C.-I secolo d.C.) e di laterizio. Questa parte è coperta, a sud, da una lente limosa-argillosa rossastra che sembra sigillarla. Una porzione Fig. 10. Fossa di combustione. superficiale di colore prevalentemente ros- sastro con frammenti di laterizi, di ceramica, frustoli carboniosi e qualche osso animale, colma il taglio cilindrico. Lo strato soprastante, prevalentemente limoso, di colore marrone leggermente ros- sastro e consistenza abbastanza compatta, contiene abbondanti inclusi, prevalentemente frammenti di laterizi, grumi di malta e fram- menti di intonaco per lo più molto sfaldati, ceramica, qualche osso animale e rari fru- stoli carboniosi. Potrebbe costituire il piano di frequentazione in fase con il contesto cro- nologico più recente.

Vani 8 e 9 - Hanno le medesime dimensioni, m 3,20 nord-sud x 2,40 est-ovest (fig. 11). Negli ambienti si conservano lacerti di pavi- mentazione, caratterizzati da una malta bianco-rosata grossolana poco tenace. In essa si notano tesserine di mosaico di forma molto irregolare e disposte caoticamente3. La pre- parazione è in malta e ciottoli di piccole dimensioni avente uno spessore compreso tra 5 e 10 cm.

Fig. 11. Resti di sottofondi pavimentali conservati nei vani 8 e 9 (sullo sfondo, in primo piano il vano 10). (2) Si citano come confronto i tre fornetti di , via XX Settembre, in BREDA et alii 2007. (3) Si tratta in realtà di scarti di lavorazione di tessere musive.

38 Questo tipo di pavimentazione che contiene, evidentemente, elementi di riutilizzo è da ascriversi ad una fase tarda di frequentazione dei vani (fase IV) in cui sono stati realizzati anche parte dei perimetrali (nord) e le divi- sioni interne. Il perimetrale ovest del vano 8 (fase II) viene sostituito da un muro di minore spessore realizzato con due file affiancate di ciottoli. È possibile che tra la costruzione del primo muro e del secondo ci sia stato un momento in cui i vani 8 e 9 non avevano divisioni for- mando un unico ambiente. Va tuttavia rilevata la totale identità di sovrapposizione tra le due murature, difficilmente realizzabile se il muro sottostante fosse stato da tempo obliterato. Buchi per palo presenti in entram - bi i vani indicano la rifrequentazione degli stessi.

Vano 10 - È situato a nord dei vani 8 e 9 e presenta lacerti di pavimentazione analoghi a quelli presenti in questi ultimi (fig. 11). Misura m 5,10 x 3,55. I suoi perimetrali sono stati realizzati in una fase avanzata di fre- quentazione (fase IV) con parziale rifaci- mento (a nord) di una delle perimetrazioni principali dell’edificio4 (fig. 12). Nella fase di rifrequentazione dell’ambiente nove buchi per palo tagliano la preparazione pavimentale. Per quanto non assumano anda- menti molto regolari, è forse possibile leggere due allineamenti nord-sud, diversamente orientati rispetto ai muri della villa. Questi allineamenti verrebbero a formare una figura subrettangolare larga m 3 in senso est-ovest e circa m 2,60 in senso nord-sud.

Fig. 12. Spoliazione del perimetrale nord dell’edificio. (4) Ad un importante momento di risistemazione è legata l’asportazione dell’imponente muro US Vano 11 - Probabile ulteriore suddivisione Vano 12 - Per questo vano valgono le consi- 1124 (= US 100) fino ad una profondità di m 0,70 realizzata fra i vani 10 e 12 (fasi III e IV) per derazioni espresse nelle precisazioni in nota cui segue il deposito di un riempimento molto alla descrizione del vano 5. variegato e ricco di materiali, US 1109. Le lastre creare, forse, un ambiente di passaggio largo 5 infisse verticalmente lungo l’asse del muro, m 1,18 e lungo m 3,55 . Il perimetrale ovest, delimitazione fra i vani nominate US 101, vengono a loro volta in un 12, 13 e 14 (fase II), è quasi completamente secondo momento strappate, come testimonia il asportato da uno scasso che interessa anche fatto che US 1109 pare tagliata da uno scasso della i sottofondi in ciottoli delle pavimentazioni larghezza delle lastre che si è andato riempiendo di presenti negli ambienti. un limo argilloso rossastro con molti piccoli inclusi; (5) La sequenza fisica di questa zona è lacunosa. È oppure vengono riutilizzate come contenimento possibile che il perimetrale ovest del vano 11 cor- di un muro, US 1121 (perimetrale nord dei vani 10, rispondesse in realtà a quello del vano 10 (forse 11, 12 e 14), che si appoggia sui resti del presunto fase III). Il vano 10 potrebbe essere stato ridimen- US 102, probabilmente in parte a sua volta sionato (fase IV) e reso simmetrico per dimensioni asportato. al vano 12 (m 5,05 x 3,55)

39 In questa fase (fase I) vennero usate tecniche edilizie che contemplavano anche l’impiego di elementi lignei e argille, oltre a ciottoli e malta, nella definizione dei perimetrali e degli alzati7. Non è chiaro se già fosse presente un disegno unitario o se queste strutture facessero parte di nuclei separati successivamente accorpati. L’orientamento, salvo alcune eccezioni, è sostanzialmente quello riscontrato in tutte le fasi. L’impiego di materiali deperibili è maggiormente attestato nella zona coinci- dente con vani di servizio e termali, mentre nella parte residenziale recentemente restau - rata vi sono fondazioni in malta e ciottoli ben strutturate. La fase successiva (fase II) vede l’oblitera- zione dell’impianto precedente8 e la costru- zione di ambienti molto ampi e planimetri- camente semplici. Questo assetto condi- zionerà le modifiche che si attueranno in seguito restando, soprattutto nelle perimetra- zioni principali, un importante riferimento architettonico. Alcuni cambiamenti di carattere “tecnico” Fig. 13. Vani 15 e 16. Tracce dei sottofondi di probabile hypocaustum. saranno accompagnati da rivisitazioni delle geometrie degli spazi nella fase III con l’ag- Vano 13 - Comunicava con il vano 9 attra- Vano 14 - Adiacente ad ovest ai vani 12 e 13, giunta di nuovi volumi definiti da ambienti 9 verso un passaggio largo m 1,33 nel muro misura m 7,10 x 3,56 e conserva solo il absidati (vani 5 e 6) . Sono ipotizzabili anche divisorio e con il vano 6 attraverso un’apertura vespaio in ciottoli della pavimentazione ori- ristrutturazioni con variazione degli apparati ampia m 1,60 (si conserva parte della soglia). ginaria. decorativi, come testimoniato dagli intonaci Il vano misura m 5,05 x 3,10 e presenta Il perimetrale ovest, che lo separa dai vani 15 riutilizzati come sottofondi nel vano 5. lacerti di pavimentazione analoghi a quelli e 16, è quasi completamente asportato. Più importanti ristrutturazioni riguardano presenti nei vani 8, 9 e 106. Potrebbe aver subito ristrutturazioni fra le un momento avanzato d’utilizzo dell’edificio L’ambiente presenta, in corrispondenza del- fasi II e III. (fase IV) in cui, rispetto al disegno unitario l’angolo sud-est, una fila di 11 piccole buche iniziale, prevale la frammentazione degli spazi che disegnano un angolo retto, andando ad Vani 15 e 16 - Hanno le stesse dimensioni (m con la costruzione di muri divisori realizzati individuare una struttura dalla base rettan- 3,26 x 2,66) e si affiancano, ad ovest, al vano nel corridoio 1 e la definizione di nuovi golare di m 2 (est-ovest) x 1,25. I piccoli fori 14 (fig. 13). ambienti (8, 9, 10) a spese di precedenti più hanno diametro medio tra cm 8 e 10 e inte- Si conserva solo la rasatura dei muri a livello ampie volumetrie. Altri interventi “pesanti” rasse di cm 30. Se la dimensione e la fre- delle fondazioni. Lacerti di pavimentazioni sull’architettura (aggiunta e ampliamento di quenza dei fori fanno pensare al perimetro di in embrici nel vano 16 e di un fondo in malta absidi) comportano inoltre modifiche sostan- una struttura che doveva ergersi vertical- lisciata con impronte di tegole nel vano 15, ziali nella vivibilità di alcune parti della villa, mente, l’interpretazione risulta difficile data permettono di supporre l’esistenza di di cui non era più possibile garantire il riscal- 10 la contiguità con la soglia che permetteva ambienti con ipocausto da mettersi probabil- damento . Nuovi piani pavimentali sono l’accesso dal vano 13 a uno dei vani a meri- mente in relazione con altri vani riscaldati dione. È quindi possibile che la struttura identificati più a nord-ovest nel 1995. Per lignea e la soglia non appartengano alla stessa analogia con questi ultimi, potrebbero rien- (7) Scavi 1995, SCARPELLA 1995-1997, pp. 103- fase, la prima potrebbe essere infatti legata alla trare nella fase III. 106. (8) Non vi sono evidenze di riutilizzi o continuità rifrequentazione del vano. strutturale nelle zone indagate La scansione di fasi edilizie e cronologiche (9) Sembra vi sia la tendenza ad ampliare la zona delle strutture e dei singoli ambienti, non riscaldata. Modifiche negli ipocausti sono state sembra mostrare incongruenze nella generale rilevate durante gli scavi 1995 e nei vani 15 e 16 evoluzione dell’impianto (fig. 14). Ogni cam- degli scavi 2012. pagna di scavo ha portato alla luce porzioni (10) Nel settore di scavo aperto nel 1995 si è notato (6) Molto simile, anche se caratterizzato, in alcuni che gli interventi più tardi rendono inutilizzabili punti, da una maggiore pezzatura delle ghiaie che d’edificio chiaramente preesistenti al più ampi tratti del prefurnio con conseguente disatti- assumono lunghezze di qualche centimetro esteso e strutturato complesso della villa. vazione del riscaldamento.

40 Fig. 14. Planimetria generale delle strutture antiche con l’individuazione delle fasi edilizie e cronologiche.

41 Fig. 15. Pianta del settore di scavo 2012 con la mappatura dei buchi per palo e delle spoliazioni.

42 realizzati con malte grossolane in cui vengono dei quali infissi anche a profondità superiori ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE utilizzati scarti di lavorazione di tessere musive a m 0,50) presuppone l’esistenza di ambienti e frammenti di marmo. La finitura delle ridefiniti attraverso la realizzazione di nuovi BISHOP J., BROGIOLO G.P., DE VANNA superfici non si è conservata. supporti ad integrazione (o sostituzione) di L. 1988-1989, Brescia S. Giulia, in “NSAL”, p. La decadenza dell’edificio è come di con- quanto rimaneva dell’edificio originario11. 254. sueto testimoniata della presenza di accumuli Edifici in parte realizzati con elementi lignei, BREDA A., CATTANEO C., GABELLI di materiali edilizi derivati sia da crolli sia pareti d’argilla e malta, con rincalzi d’ele- D., ROSSI F., ROTTOLI M. 2007, Flero: inse- da demolizioni e spoliazioni messe in atto menti lapidei di recupero e coperture a trama diamenti rurali nella pianura bresciana tra Celti unitamente ad una frequentazione tempo- vegetale sono considerati tipici delle occu- e Longobardi, in “NSAL”, pp. 230-232. ranea di alcune aree. pazioni altomedievali e trovano ampi con- BROGIOLO G.P. 1993, Brescia altome- È stato possibile documentare puntualmente fronti in altri contesti non distanti, sia urbani dievale, urbanistica ed edilizia dal IV al IX secolo, la rioccupazione degli ambienti in particolare sia rustici12. Anche nel caso della villa di Mantova, p. 73 e pp. 86-90. nel settore di scavo 2012, anche se tracce Nuvolento possiamo ipotizzare la sovrappo- BROGIOLO G.P. 1994, Edilizia residen- strutturali erano già state riconosciute nei sizione di un insediamento con caratteri- ziale in Lombardia (V-IX secolo), in Edilizia residenziale fra V e VIII secolo, a cura di G.P. Bro- precedenti interventi in cui erano pure stati stiche rurali diffuso ovviamente anche oltre giolo, Mantova, pp. 108-109. recuperati reperti mobili significativi. i limiti dell’area indagata così come ipotizzato BROGIOLO G.P. 1995, Dalle domus alla Gli elementi più diffusi che testimoniano la in conseguenza dei numerosi rinvenimenti in corte Regia. Santa Giulia di Brescia. Gli scavi dal zona. presenza di un nuovo insediamento sono i 1980 al 1992, Firenze. buchi per palo che interessano sia la stratifi- Non essendosi conservati in modo completo ROSSI F. 1988-1989, Brescia Vicolo Setten- cazione, sia i piani pavimentali e le murature ed esteso i piani di frequentazione relativi trionale, rinvenimento di “domus” romana, in (fig. 15). alle fasi più recenti, non abbiamo riscontri “NSAL”, pp. 256-257. Nel vano 5 i buchi per palo sono concen- sicuri sulle lavorazioni che si svolgevano nella SCARPELLA D. 1995-1997, Nuvolento trati prevalentemente nella porzione orientale. conduzione delle attività quotidiane. (BS). Località Pieve. Indagini archeologiche siste- Particolarmente interessanti i cinque buchi Tuttavia il rinvenimento di una fusarola in matiche, in “NSAL”, pp. 103-106. presenti sul perimetrale nord (non sono cen- terracotta e la presenza di una fossa di com- SIMONOTTI F. 2007, Le capanne altome- trati sulla sua rasatura, ma ne tagliano il para- bustione nel vano 7, lasciano supporre ope- dievali, in Dalla villa romana all’abitato altome- mento sud). Le distanze fra i tre centrali sono razioni artigianali di modesta entità (tessili, dievale. Scavi archeologici in località Faustinella- di m 1,05, mentre i due estremi distano dai metallurgiche) utili alla continuità di un con- S. Cipriano a Desenzano, a cura di E. Roffia, loro prossimi circa m 1,30. Si tratta di pali testo chiuso ed autonomo che trovava in sé Milano, pp. 61-62. che si impostano presumibilmente su muri stesso e nell’ambiente circostante le risorse che rasati, forse funzionali a reggere un tetto. gli garantivano la sopravvivenza. Tuttavia non si sono visti i rispettivi richiami a sud. Il vano è poi caratterizzato da altri 13 buchi per palo e da una buca più grande. Met- tendoli in relazione fra loro si ottiene il peri- metro di un’ipotetica struttura (m 2,60 in senso est-ovest x 2,80/2,90 in senso nord- sud) disassata di pochi gradi rispetto agli orientamenti della villa.

Altra struttura di rioccupazione, con dimen- sioni pressoché analoghe a quella sopra descritta, si riscontra nel vano 10 dove 9 buchi per palo tagliano la preparazione pavi- mentale in malta. Per quanto non assumano andamenti molto regolari, è forse possibile leggere due allineamenti nord-sud, che ver- rebbero a formare una figura subrettangolare larga m 3 in senso est-ovest e circa m 2,60 in senso nord-sud. Centrata in senso est-ovest, ma spostata un po’ verso sud rispetto al punto (11) “Edilizia mista di riutilizzo”, BROGIOLO mediano è una buca più grossa e più pro- 1994, p. 108. fonda (forse un palo centrale). Altri buchi (12) Brescia, via Alberto Mario e S. Giulia, BRO- per palo sono stati riconosciuti lungo i peri- GIOLO 1994, pp. 108-109. Brescia S. Giulia, BISHOP et alii 1988-1989, p. 254. Brescia Vicolo metrali dei vani 8 e 9. settentrionale, ROSSI 1988-1989, pp. 256, 257. La presenza massiccia di pali di legno (alcuni SIMONOTTI 2007.

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La vita nella villa Elena Mariani Intonaci dipinti

Durante le indagini archeologiche nella villa ambienti e, spesso, fasi pittoriche diverse. chino1. Gli stessi pigmenti sono dati con romana di Nuvolento sono state recuperate Per quanto i gruppi pittorici identificati siano spessore tale da lasciare talora evidenti le quantità non piccole di intonaci dipinti e numerosi se ne prenderanno in considera- setole del pennello. Nella preparazione l’in- stucchi architettonici (per un totale di 140 zione di seguito, e in forma ampiamente tonaco è ricco di calce con inclusi di ghiaino, cassette ca.), purtroppo gravemente segnati discorsiva, solo i più significativi per icono- mentre l’intonachino è ancora piuttosto tri- dal degrado prodotto dal tempo e dalle con- grafia o tecnica esecutiva, segnalando al loro turato e classato. Alcuni frammenti sono dizioni di giacitura nel terreno. Si presen- interno unicamente i frammenti di qualche venuti in contatto con fonti di calore che ne tavano infatti ampiamente ricoperti di incro- interesse. hanno determinato la viratura dei toni cro- stazioni di calcare e di terra, ormai consoli- I Gruppi 1-5 sono stati tutti rinvenuti du - matici originari. Il fenomeno, che risulta datesi sulla pellicola pittorica e difficilmente rante le indagini archeologiche del 1995 nel- molto parziale, può essere spiegabile in due asportabili senza arrecarvi danno. l’area degli ambienti con ipocausto e sono modi: durante l’uso della stanza una zona Allo stesso modo, la loro distribuzione areale da considerarsi come il residuo delle attività della parete era adiacente a fonti di calore è ampiamente condizionata dalla dispersione di spoliazione e recupero dei materiali, edilizi (bracieri o focolari di vario genere) oppure determinata dal riutilizzo come macerie. Non e non, verificatesi all’interno della villa in tale contatto può essere avvenuto dopo il sono stati infatti rilevati crolli di intonaci in età tardoantica. Tali attività hanno talora distacco e il riutilizzo dell’ambiente in età situ ma solo situazioni di giacitura secon- intercettato materiali pittorici da tempo non altomedievale. daria in cui i materiali, soprattutto quelli di più in uso, sopravvissuti in minima parte e Il gruppo comprende affreschi con motivi ultima fase, dopo il loro distacco dalle pareti da considerarsi quindi residuali (gruppo 5). differenti ma non riconducibili a nessuno hanno subito spostamenti e trascinamenti Il gruppo 6, costituito da stucchi, è stato schema iconografico complessivo. Alcuni che ne hanno determinato non solo, come già recuperato invece negli scavi 2012 nell’am- intonaci con spruzzature bianche su campo detto, il degrado ma spesso la completa biente 5, all’interno di riporti di una fase di rosso postulano la presenza di uno zoccolo distruzione e scomparsa. Prova di questo ristrutturazione datata al III secolo d.C. almeno in parte decorato con finti marmi fenomeno si ha nella scarsità oggettiva di (nel caso specifico, porfido rosso)2. assemblaggi tra frammenti e nella impossi- Gruppo 1 (US 122) Tre sono i soli frammenti significativi. Il bilità di ricostruire un seppur ipotetico schema decorativo: nessuno dei gruppi pit- L’insieme, dal punto di vista tecnico, si carat- torici individuati lo consente. In più, all’in- terizza per la presenza di una pellicola pit- (1) Su questa tecnica di preparazione della super- terno di una medesima unità stratigrafica torica non più soggetta a levigatura ma che ficie pittorica, diffusa dall’età medio imperiale, MARIANI, PAGANI 2005, pp. 292-294. sono spesso compresenti frammenti attri- in alcuni punti, probabilmente secondari, (2) Per la riproduzione del porfido in pittura buibili a insiemi differenti e quindi ad mostra tracce di spazzolatura dell’intona- MARIANI 2005a, p. 110.

Fig. 1. Gruppo 1, frammento di probabile festone fronzuto.

49 primo relativo all’angolo della parete (ma se ne ignora il registro di collocamento) ha cam- pitura di fondo con colore virato (forse ori- ginariamente nero, ora rosso-bruno) sulla quale riemergono a stento alcune foglie verdi lanceolate, riconducibili al tipo dell’oleandro, e un fiorellino giallo a sei petali (fig. 1). Due sono le letture possibili, entrambe valide: che si tratti del residuo di una cd. “edicola fronzuta” oppure di un “festone verticale fronzuto”3, motivo particolarmente ap - prezzato in Cisalpina e che ben si adatte- rebbe anche alla presumibile datazione del gruppo. Il secondo frammento è costituito dal corpo Fig. 3. Gruppo 2, frammento con bordo a giorno. di un volatile, non identificabile quanto al tipo ornitologico, del quale restano il petto marcarne la scansione ritmica. rosso con la schiena e il collo grigio-azzurri. Anche in questo caso, le caratteristiche tec- Il colore del fondo bianco-azzurro non per- niche e iconografiche depongono per una mette il collegamento del motivo al fram- Fig. 2. Gruppo 1, frammento con parte di qua- cronologia spostata decisamente nell’ambito 4 mento precedente . dretto. del II d.C., con qualche possibilità di una Il terzo pezzo infine raffigura su campo datazione all’età adrianea, per un gusto cro- bianco parte di una colonnina a sfumature Gruppo 2 (Pieve saggio) matico affine ad esempi ostiensi di questo digradanti di azzurro, chiusa su un lato da una periodo ben attestato anche nelle domus del- linea rossa e affiancata sull’altro da un pro- L’insieme, caratterizzato come il precedente l’area di S. Giulia a Brescia7. babile piccolo cespuglio. La fascia azzurro- da una preparazione ricca di calce e inclusi di gnola sottostante crea una sorta di linea di ghiaino e da pellicola pittorica priva di levi- Gruppo 3 (US 106) terra che potrebbe fare interpretare il tutto gatura, è costituito soprattutto da frammenti 5 come parte di un quadretto col quale monocromi gialli, talora attraversati da fasce Il gruppo, simile per caratteristiche tecniche potrebbe forse integrarsi anche il frammento verdi-azzurre o rosse, talaltra affiancati da ai due precedenti ma portatore di una accen- con volatile precedentemente descritto (fig. vere e proprie campiture rosse. La prevalenza tuazione della rudezza della pellicola pit- 2). decisa del giallo, pur se legata alla casualità torica solcata da striature molto visibili e con Considerazioni di tipo tecnico ed icono- dei recuperi e delle sopravvivenze, non può una voluta granulosità del pigmento nei fram- grafico conducono la datazione di questo non indiziare la presenza di pareti in cui menti a tema acquatico, comprende due tipi gruppo ad un periodo non antecedente la questa sia stata la tonalità cromatica domi- principali di motivi. Pur se leggibili con fine del I secolo d.C. con non poche possi- nante. grande difficoltà per lo stato di degrado e la bilità di uno scivolamento cronologico nel- Un solo frammento, sempre su campitura presenza di incrostazioni non rimovibili, si l’ambito del II d.C. di fondo gialla, risulta significativo dal punto distinguono alcuni frammenti dal campo di vista iconografico: si tratta di una fascia azzurro-verde con temi marini e altri, su rossa profilata in bianco sulla quale è stato campo bianco, con elementi verdi di varie (3) Per una disamina delle caratteristiche dell’edicola sovradipinto un piccolo fregio - parte di un gradazioni per lo più ad andamento curvi- fronzuta MARIANI 1996a, p. 141 e PAGANI più ampio fregio a cartelli - costituito da un lineo irregolare, forse interpretabili come 2005a, pp. 197-198; per un recente rinvenimento a Kantharos miniaturistico con infulae rica- piante del tipo cd. “a foglie d’acqua”, la cui Cividate Camuno BIANCHI 2011, pp. 39-40; per denti dalle anse racchiuso entro un riquadro raffigurazione negli zoccoli è diacronicamente il festone fronzuto MARIANI 2005b, pp. 220-223 8 e PAGANI 2005b, pp. 91-96. Recenti considera- con terminazioni a volute. La minutezza del onnipresente nel mondo romano . Ad avva- zioni sull’apprezzamento e la diffusione del motivo motivo lo fa interpretare come un bordo a in Cisalpina si hanno in MARIANI, PAGANI c.d.s. giorno con funzione di profilatura interna (4) Per una disamina recente del tema ornitologico di un ampio pannello giallo6 (fig. 3). (7) Per ambienti adrianei nelle domus di S. Giulia in pittura PAGANI 2006. Il tema, tanto versatile In generale, volendo azzardare una ipotesi PAGANI 2005d, p. 138 e in quella delle Fontane quanto generico, trova numerose attestazioni anche ricostruttiva potremmo immaginare pareti MARIANI 2003b, mentre per alcune case ostiensi nel bresciano (a Brescia S. Giulia con tutte le sue adrianee-primo antoniniane si veda FALZONE domus, l’Istituto Arici e la domus di via Trieste; a scandite, almeno nella zona mediana, da pan- 2007, pp. 56-81. Anche l’età severa potrebbe rap- Cividate Camuno via Palazzo e l’area del teatro e nelli gialli e rossi alternati con fasce di pro- presentare una buona candidatura cronologica ma dell’anfiteatro). filatura interna ed esterna di altri colori, a la presenza del frammento con bordo a giorno non (5) L’abbinamento colonna-cespuglio e le piccole consente di spingere così avanti nel tempo l’in- dimensioni richiamano un quadretto con betilo sieme. rinvenuto a Cremona in via Goito, anche se di (6) Sui bordi a giorno BARBET 1981. Il nostro tipo (8) La pianta acquatica, raffigurata secondo molte- datazione decisamente anteriore rispetto ai nostri è una variante, quanto al riempitivo, del tipo 180 plici tipologie, costituisce una costante negli zoccoli pezzi (MARIANI 2003c, p. 174). d (p. 996, fig. 38). a partire dal III stile pompeiano ed è diffusissima

50 lorare quest’ultima interpretazione un fram- due pesci, eseguiti con tecnica simile nell’al- Anche i motivi marini e in particolar modo mento di dimensioni considerevoli riporta ternanza di toni diversi di verde a costruire i riquadri con pesci, il cd. “tema di vivaio”, la terminazione superiore di tale motivo i volumi, senz’altro più significativo (anche hanno vasta diffusione nel mondo romano e chiusa da una cornice verde profilata in perchè quasi del tutto conservato) risulta buone attestazioni anche nelle nostre zone. bianco e nero, che potrebbe introdurre alla quello di maggiori dimensioni, con il già In ambito bresciano se ne conoscono almeno sovrastante zona mediana (fig. 4). citato contrapporsi di azzurro, verde e rosso due esempi cronologicamente successivi negli Di essa ignoriamo tutto salvo la presenza di chiaro per la costruzione del corpo del- affreschi di Palazzo Martinengo e in quelli riquadri con motivi marini dei quali restano l’animale e la sottolineatura in azzurro e della domus del Dioniso in Santa Giulia9. due frammenti con pesci ed uno con l’evi- bianco delle parti anatomiche più rilevanti Il tema ben si adatterebbe, anche se non in dente presenza di due piccoli occhi inseriti in quali la bocca e l’occhio. In più, quest’ultimo maniera esclusiva, alla possibile collocazione una forma tondeggiate verde-marrone che, ottiene una ulteriore accentuazione dalla in un ambiente della zona termale della villa. sulla base di confronti, potrebbe appartenere voluta solcatura della superficie pittorica in Quanto alla datazione dell’insieme i tratti ad una piovra o polipo che dir si voglia. Dei corrispondenza del suo bulbo (fig. 5). impressionistici, la lavorazione quasi plastica della superficie pittorica, le modalità tec- niche ed esecutive tendono a far spostare la realizzazione della pittura sul finire del II se non agli inizi del III secolo d.C.

nel IV stile e oltre. Per una rassegna della storia del tipo e delle sue attestazioni in Cisalpina MARIANI 2005c, pp. 183-184; tra gli es. citati i più calzanti con il nostro caso sono quelli di Buchs e della villa di Valdonega. Nuove presenze del motivo si sono riscontrate in anni recenti a Cividate Camuno (MARIANI 2011, pp. 28-29 e BIANCHI 2011, pp. 34-36). Alcuni frammenti però non risolvono del tutto il dubbio che ci possano essere anche rappresentazioni di finto marmo sul tipo di quelle visibili in uno zoccolo da Rouen (VIBERT- GUIGUE 2011, p. 204, fig. 5). (9) Per la domus del Dioniso a Brescia MARIANI 2003a, p. 46; per le pitture di Palazzo Martinengo MARIANI 1996b, pp. 160-161 e p. 149, figg. 89- 91. Attestato nelle terme pubbliche a partire dal I secolo fino alla metà del II d.C. il motivo ittico, in pittura e mosaico, si diffonde nelle terme private, in particolar modo nei frigidaria, anche nei ter- ritori settentrionali dell’Impero, conoscendo un particolare successo sotto i Severi. Per alcuni con- fronti e l’uso del tema in Svizzera (DELBARRE- Fig. 4. Gruppo 3, frammento con terminazione di pianta a foglie d’acqua e cornice di passaggio alla zona BÄRTSCHI, FUCHS 2011, pp. 194-195). mediana.

Fig. 5. Gruppo 3, frammento con pesce.

51 Gruppo 4 (US 102)

Questo gruppo si distingue dagli altri per alcune caratteristiche tecniche: in primo luogo perché risulta almeno in parte essere il rifacimento per sovrapposizione di un intonaco precedente (di I fase) che viene pic- chiettato onde meglio garantire l’adesione del nuovo strato pittorico (di II fase); in secondo luogo perché la preparazione pre- senta, mescolata alla calce, una quantità di argilla non rilevata negli insiemi precedenti. Frammenti di I fase: questi frammenti si distinguono per la superficie picchiettata, mentre la preparazione sembra molto simile a quella dell’intonaco di II fase. Cosa questa che potrebbe far propendere per una non eccessiva distanza cronologica tra le due serie di affreschi. Tutti i materiali conservati sono bianchi ma l’osservazione del retro di alcuni frammenti di II fase, che ha assorbito il pig- mento più antico, fa supporre che così in origine non fosse. In generale, possiamo pensare che la superficie pittorica più antica fosse costituita perlopiù da paramenti bianchi ad imitazione dello stucco con qualche motivo ad andamento irregolare, forse ricon- ducibile al finto marmo. Dato interessante è quello dell’appartenenza a questa fase di alcuni frammenti di stucco modellato relativi a uno stipite, a una colonna liscia e infine a una cornice architettonica con astragali e perle nella parte inferiore e probabili patere (molto degradate) nel fregio vero e proprio, Fig. 6. Gruppo 4, parte di cornice in stucco con astragali, perle e patere. sormontato a sua volta da listelli10 (fig. 6). Il fatto che non riportino alcuna traccia di picchiettatura fa pensare che queste cornici fossero state mantenute e integrate nel rifa- cimento di II fase. Quanto alle ragioni di quest’ultimo, esso può essere stato motivato dal deterioramento della decorazione, dal cambiamento del gusto dei proprietari e dalla loro adesione a nuove mode decorative o, infine, dal mutamento della funzione della stanza. Frammenti di II fase: in generale riflettono le medesime caratteristiche dei gruppi prece- denti: pellicola pittorica non levigata ma con spazzolature, pigmento corposo e con im - pronte delle setole dei pennelli; in più, i motivi lineari conservati rivelano trascura- tezza esecutiva nella irregolarità del tratto e Fig. 7. Gruppo 4, frammento con finto marmo a Fig. 8. Gruppo 4, frammento con finto marmo a delle dimensioni. spugnature. spruzzature.

(10) In generale per gli stucchi di III e IV stile RIEMENSCHNEIDER 1986. Per un possibile confronto p. 510, gr. IVb.

52 Fig. 9. Gruppo 4, frammenti con pannello in finto marmo a spruzzature.

La decorazione sopravvissuta è costituita da volutamente molto marcate e visibili, che Gruppo 5 (US 102) vari tipi di finto marmo, probabilmente in riportano sovrapposizioni di vaghi motivi di origine racchiusi entro pannelli o riquadri, altre tonalità di giallo oppure di rosso bruno Dal medesimo contesto stratigrafico del dispiegati in più zone della parete e separati (avendo forse un lontano riferimento al gruppo precedente proviene questo insieme da fasce o lesene di diversi colori impreziosite marmo numidico). Tutti i litotipi, come già che si caratterizza per lo scarso numero di dall’imitazione di venature marmoree. I detto, paiono essere racchiusi da sottili cornici frammenti (grossomodo una ventina), marmi riprodotti sono molteplici e, come o scanditi da fasce: si ha complessivamente peraltro di dimensioni significative, e per la sovente avviene, non riconducibili con pre- l’impressione di trovarsi di fronte alla ripro- loro ottima qualità tecnica e iconografica, cisione ad un litotipo reale: ci sono marmi a duzione di pareti a pannelli, riquadri e lesene completamente “altra” rispetto a quanto ana- spruzzature gialle e bianche su campo rosso in opus sectile (figg. 8-9). Il tema è ben pre- lizzato sin qui. Dal punto di vista tecnico, il scuro e con spruzzature gialle e rosse su base sente in pittura dove si fa più frequente tettorio risulta composto da malta di sabbia nera (con una linea giallastra di probabile soprattutto a partire dalla fine del II d.C. con intonachino di calce ben triturata, la profilatura interna), forse ad imitazione del per dilagare in età tardoantica, come pellicola pittorica è compatta e levigatissima, porfido; altri su campo bianco solcato da dimostra, per restare all’ambito bresciano, il pur se spesso ricoperta da incrostazioni cal- filamenti gialli, neri e rossi, talora affiancati, caso clamoroso dell’ambiente 17 della domus caree tenacissime che ne rendono difficoltosa che ondeggiano tra il riferimento all’alabastro B di Santa Giulia12. la lettura. e quello alle brecce; altri ancora eseguiti con La datazione dell’insieme non è determi- Il degrado ha inoltre spesso portato alla spugnature gialle, sempre sul campo bianco nabile anche se i dati tecnici e iconografici caduta dei motivi sovradipinti al campo rosso di fondo (fig. 7)11. Ci sono infine frammenti tendono a farlo scivolare verso la fine del II di fondo, unico colore di base testimoniato gialli, in cui le setole dei pennelli sono lasciate d.C., se non più oltre nel corso del III secolo, nell’insieme, così che solo due risultano i quando le imitazioni dell’opus sectile diven - frammenti di un certo interesse ancora leg- gono molto diffuse anche in Cisalpina. Né è gibili. (11) Per l’imitazione delle brecce in una villa della possibile determinarne l’appartenenza ad un Il primo è costituito da una cornice costruita metà del II d.C. in Gallia si veda in TARDY, BUJARD PÉNISSON 2011; sempre in Gallia nel contesto residenziale di pregio o meno, anche con una fascia bianca solcata orizzontalmente III d.C. un buon confronto si ha da Parigi se in genere questo tipo di apparati erano da linee azzurro-verdi e da un’altra fascia (ERISTOV, ROBIN 2011, p. 153, fig. 3). Il con- destinati a vani non secondari. azzurro-verde racchiusa tra una linea nera e fronto più prossimo nell’area bresciana si vede negli una bianca. Da essa muove il residuo di un affreschi dal teatro di Cividate Camuno (gruppo 10; elemento bianco dorato non comprensibile MARIANI 2004, p. 317). Per le spugnature signi- (12) Per l’ambiente 17 e le considerazioni sull’imi- (piede di candelabro?) (fig. 10). ficative analogie a a Brescia nel corridoio di accesso tazione dell’opus sectile e le sue valenze culturali della domus delle Fontane di S. Giulia (MARIANI MARIANI 2005a, pp. 110-114 e MARIANI, Il secondo raffigura una sottile colonnina 2003b). Per il numidico e la sua diffusione PAGANI c.d.s. Per la Gallia si veda il recente dorata (largh. 1 cm) cinta da giri di nastri vio- MARIANI 2005a, pp. 109-110. THOREL 2011. lacei e modellata con un sottile gioco di

53 Fig. 10. Gruppo 5, frammento con cornice. Fig. 11. Gruppo 5, frammento con colonnina, festone e tralcio dorato. velature fin nelle sue scanalature e nella Gruppo 6 (US 1008) 12). Se è piuttosto verosimile pensare che ricaduta della luce. Da essa muove una ghir- gli stucchi decorassero l’ambiente 5, non è landa a festone con corpose, per quanto Il gruppo è costituito totalmente da stucchi, altrettanto facile determinarne la datazione, minute, foglie verdi con nastri ricadenti nel sia bianchi che colorati, rinvenuti in gran se non affidandosi ai dati stratigrafici che li punto di aggancio all’elemento architettonico. parte all’interno dell’ambiente 5. Hanno pre- assegnano ad un momento anteriore alla Parallelamente alla colonna corre una linea parazione ancora di buona qualità e di grosso ristrutturazione del III d.C. La genericità gialla dorata che conserva scarsissime tracce spessore con intonaco di sabbia piuttosto delle tipologie architettoniche attestate, pre- di foglie, la cui presenza, testimoniata pur classata e intonachino di calce o calcite anche senti per tutto l’arco della storia romana, se malamente in frammenti analoghi, ce la fa in noduli ma senza inclusi di altro materiale. non consente maggiore precisione17. ritenere una ghirlanda tesa dorata (fig. 11). La superficie pittorica è stata lisciata nei fram- Le qualità tecniche prima descritte e i motivi menti bianchi, mentre non pare aver subito Considerazioni generali riconoscibili fanno attribuire i frammenti levigatura in quelli colorati. Il pigmento è alla fase pittorica più antica tra quelle testi- corposo e spesso pulverulento, aspetto questo Dal punto di vista tecnico sembra confer- moniate, purtroppo di natura totalmente che non può essere imputabile al solo marsi ancora una volta come l’evoluzione residuale, e ad un periodo non successivo degrado. nel tempo delle modalità di realizzazione alla metà del I secolo d.C., sul finire del III In generale, il colore, giallo, bordeaux, rosso, della pittura e del suo supporto muova nel stile pompeiano13 e verso l’esordio del IV, fase verde scuro e verde-azzurro, sembra essere senso di una sempre maggiore trascuratezza che ha dato, in questi ultimi anni, una serie stato impiegato per le specchiature dei pan- esecutiva (scomparsa progressiva della levi- di interessanti rinvenimenti anche nel terri- nelli/ortostati che, presumibilmente, scan- gatura delle superfici e introduzione della torio cisalpino14. divano la decorazione. Sono attestate solo spazzolatura dell’intonachino; uso “corposo” linee che segnano il passaggio da un colore dei pigmenti; velocità del tratto) e di un all’altro o fungono da profilatura interna. impoverimento della composizione del tet- Rossi sono anche alcuni frammenti a spigolo torio, caratterizzato da grosso spessore con (13) Sul III stile e la sua evoluzione BASTET, DE vivo probabilmente relativi al rivestimento di pochi strati differenziati, sempre più ricco VOS 1979; colonnine similari di III stile si trovano colonne15. Completamente bianchi appaiono di calce e inclusi, spesso anche di notevoli anche nella Casa di Lucretio Fronto a Pompei invece gli stucchi, di due differenti dimen- (PETERS 1993; si vedano soprattutto l’atrio b e il cubicolo g). La colonnina di questo tipo trova in sioni, con profilo lievemente obliquo che generale numerosi riscontri. Tra i più calzanti citerei suscitano varie possibilità interpretative: le colonne che sostengono la tholos degli affreschi stipiti, bugne, ortostati se non basi di parasta. con datazione agli inizi del III d.C. (BOISLÈVE, da via Palazzo a Cividate Camuno (per il gioco Significativo è poi un nucleo parzialmente PROVOST 2011, p. 547, fig. 7); in Svizzera delle ombre che modulano le scanalature; assemblabile relativo alla rudentatura di rimando ai pilastri del portico inferiore del padi- MARIANI 2011, p. 25, fig. 7); un frammento con glione F della villa di Pully di età adrianea. Stucchi colonnina e festone su campo nero, in corso di pilastri/lesena, che potrebbero essere quelli analoghi sono stati rinvenuti nelle terme dell’Istituto 16 pubblicazione (MARIANI, GIACOBELLO c.d.s.) attestati nel medesimo ambiente 5 (fig. C. Arici di Brescia. Dal momento che il retro di da Calvatone e alcuni frammenti inediti da Gropello questi frammenti è molto poco conservato e quindi Cairoli (in corso di studio da parte di C. Pagani). non se ne riesce a leggere una eventuale curvatura, Ringrazio la dott. Carla Pagani, amica e collega, (15) L’angolo decisamente ottuso di questi fram- resta comunque una possibilità che questi rivesti- per alcuni suggerimenti e il proficuo, usuale, menti fa pensare a colonne di rilevanti dimensioni. menti fossero relativi alla parte bassa di colonne scambio di considerazioni. (16) Ogni singola rudentatura ha una larghezza baccellate. Per una disamina della loro presenza in (14) Cfr. MARIANI, PAGANI c.d.s. La vaghezza pari a cm. 12. Sono perfettamente assemblabili tre Cisalpina PAGANI 2005c, pp. 167-168. del frammento con ghirlandina impedisce di registri consecutivi. Un confronto perfetto in (17) Sugli stucchi in Gallia ALLAG, BLANC, accennare a riscontri iconografici. Francia si ha nella villa marittima di Mané-Véchen PALAZZO-BERTHOLON 2011.

54 Fig. 12. Gruppo 6, stucco con rudentatura di pilastro/lesena. dimensioni, e privo di sabbia fine18. Al punto ad eccezione forse del tema ittico nel caso scono a pieno titolo nel lungo e originale che quando ci si trova di fronte a materiali del gruppo 3, che ben si adatterebbe ad un processo evolutivo della pittura in Cisalpina. residuali più antichi, come nel caso del vano termale, e, soprattutto, degli affreschi gruppo con colonnina (gruppo 5), la diffe- rinvenuti negli scavi 2012 (gruppo 6) che ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE renza balza agli occhi inesorabile. Tale scadi- potrebbero ben figurare nel vano 5, qua- mento, molto visibile nei materiali di Nuvo- lunque sia la sua natura. ALLAG C., BLANC N., PALAZZO-BER- lento, va ovunque di pari passo con la perdita Dal punto di vista strettamente iconografico, THOLON B. 2011, Le décor de stuc en Gaule di importanza della decorazione pittorica a poi, le decorazioni di Nuvolento presentano strette affinità con quanto emerso dagli studi (Ier-VIIIe siècle), in Décor et architecture en vantaggio di altri sistemi di rivestimento Gaule entre l’Antiquité et le haut Moyen Âge, parietale quali il marmo che abbellisce le case dell’area bresciana e, più in generale, Ci - salpina negli ultimi anni. Dalle raffinatezze Actes du colloque international (Toulose 2008), e gli edifici pubblici più sontuosi nella nobile in “Aquitania” Suppl. 20, pp. 510-523. 19 e minuzie iconografiche del tardo III stile e preziosa forma dell’opus sectile . Aquileia c.d.s., La pittura romana nell’Italia (gruppo 5) che si rinnovano nei bordi a Nessuno dei temi rilevati risulta ricondu- settentrionale e nelle regioni limitrofe, Atti della 20 cibile ad ambienti con funzione specifica , giorno di lunga persistenza cronologica XLI Settimana di Studi Aquileiesi (Aquileia, (gruppo 2), alla corposità quasi plastica dei 6-8 maggio 2010), c.d.s. motivi marini (gruppo 3), alla presenza del BARBET A. 1981, Les bordures ajourées dans (18) MARIANI, PAGANI 2005 e Functional and festone fronzuto (gruppo 1), ulteriore con- le Ire style de Pompéi. Essai de typologie, in spatial analysis 1992. ferma dell’esistenza di locali tensioni arti- “MEFRA”, 93, 2, pp. 917-998. (19) MOORMANN 1996. Anche a Nuvolento stiche (gusto di sito), per giungere infine alla sono state rinvenute lastrine marmoree che BASTET F.L., DE VOS M. 1979, Proposta potrebbero aver rivestito delle pareti. rinnovata adesione alle mode centro italiche per una classificazione del terzo stile pompeiano, (20) Sui rapporti tra la decorazione e la funzione elitarie con l’imitazione dell’opus sectile tipica Archeologische Studien van het Nederlands degli ambienti MARIANI, PAGANI 2005, pp. dell’età tardo antica (gruppo 4), tutti gli Instituut te Rome, IV, Gravenhage. 298-300 con biblio precedente. affreschi della villa di Nuvolento si inseri- BIANCHI B. 2011, La Domus. Gli intonaci

55 dipinti dai vani F, B, A, in L’area del Palazzo a cura di G.P. Brogiolo, F. Rossi, F. Morandini, TARDY D., BUJARD S., PÉNISSON É. Cividate Camuno. Spazi pubblici e privati nella Firenze, pp. 212-226. 2011, Architecture publique et domus: un lan- città antica, a cura di F. Rossi e S. Solano, MARIANI E. 2005c, Domus C. Gli affreschi. guage ornamental commun? L’exemple de , pp. 34-43. Gruppo 7, in Dalle domus alla corte regia. S. Vesunna, in Décor et architecture en Gaule entre BOISLÈVE J., PROVOST A. 2011, Les stucs Giulia di Brescia. Gli scavi dal 1980 al 1992, a l’Antiquité et le haut Moyen Âge, Actes du col- de la villa maritima de Mané-Véchen, anciennes cura di G.P. Brogiolo, F. Rossi, F. Morandini, loque international (Toulose 2008), in “Aqui- découvertes et noveaux décors, in Décor et archi- Firenze, pp. 174-185. tania” Suppl. 20, pp. 111-124. tecture en Gaule entre l’Antiquité et le haut Moyen MARIANI E. 2011, La Domus. Gli intonaci RIEMENSCHNEIDER U. 1986, Pompe- Âge, Actes du colloque international (Toulose dipinti dal vano D, in L’area del Palazzo a janische Stuckgesimse des Dritten und Vierten 2008), in “Aquitania” Suppl. 20, pp. 539-552. Cividate Camuno. Spazi pubblici e privati nella Stils, Frankfurt. DELBARRE-BÄRTSCHI S., FUCHS M. città antica, a cura di F. Rossi e S. Solano, THOREL M. 2011, Le role des initations 2011, Architecture d’intérieur en Suisse romaine, Gianico, pp. 20-33. d’opus sectile dans la peinture murale gallo- in Décor et architecture en Gaule entre l’Antiquité MARIANI E., GIACOBELLO F., Intonaci romaine (deuxieme moitie du Ier siècle-fin du et le haut Moyen Âge, Actes du colloque inter- da Calvatone-Bedriacum, in Aquileia c.d.s. IIIe siècle p.C.), in Décor et architecture en Gaule national (Toulose 2008), in “Aquitania” Suppl. MARIANI E., PAGANI C. 2005, Gli entre l’Antiquité et le haut Moyen Âge, Actes du 20, pp. 185-198. intonaci: considerazioni generali, in Dalle domus colloque international (Toulose 2008), in ERISTOV H., ROBIN S. 2011, Les décor alla corte regia. S. Giulia di Brescia. Gli scavi dal “Aquitania” Suppl. 20, pp. 485-497. peints de la fouille du collège Sainte-Barbe (Paris 1980 al 1992, a cura di G.P. Brogiolo, F. Rossi, VIBERT-GUIGUE C. 2011, Cartographie 5e), in Décor et architecture en Gaule entre l’An- F. Morandini, Firenze, pp. 291-300. de décors peints et stuqués découverts in situ sur tiquité et le haut Moyen Âge, Actes du colloque MARIANI, PAGANI c.d.s., MARIANI E., du bâti antique en Gaule, in Décor et archi- international (Toulose 2008), in “Aquitania” PAGANI C., Considerazioni critiche sugli aspetti tecture en Gaule entre l’Antiquité et le haut Moyen Suppl. 20, pp. 151-159. e gli sviluppi della pittura parietale in alcuni Âge, Actes du colloque international (Toulose FALZONE S. 2007, Ornata aedificia. Pitture centri delle regiones X e XI alla luce dei più recenti 2008), in “Aquitania” Suppl. 20, pp. 198-211. parietali dalle case ostiensi, Roma. ritrovamenti, in Aquileia c.d.s. Functional and spatial analysis of wall painting, MOORMANN E.M. 1996, Gli affreschi di Proceedings of the Fifth International Congress on Piazza dei Cinquecento nell’ambito della pittura Ancient Wall Painting (Amsterdam 1992), a romana, in Antiche Stanze. Un quartiere di cura di E. M. Moormann, Amsterdam. Roma imperiale nella zona di Termini, Catalogo MARIANI E. 1996a, Contributo preliminare della mostra (Roma 1996-1997), Roma, pp. sugli affreschi ritrovati in via Trieste sotto il 64-69. Credito Agrario Bresciano, in Carta archeologica PAGANI C. 2005a, Domus C. Gli affreschi. della Lombardia. V. Brescia. La città. Saggi, a cura Gruppo 1, in Dalle domus alla corte regia. S. di F. Rossi, Modena, pp. 157-163. Giulia di Brescia. Gli scavi dal 1980 al 1992, a MARIANI E. 1996b, Contributo preliminare cura di G.P. Brogiolo, F. Rossi, F. Morandini, sugli affreschi dagli edifici romani rirovati sotto Firenze, pp. 192-204. il palazzo Martinengo Cesaresco, in Carta archeo- PAGANI C. 2005b, Domus B. Ambiente 16. logica della Lombardia. V. Brescia. La città. Saggi, Gli affreschi, in Dalle domus alla corte regia. S. a cura di F. Rossi, Modena, pp. 157-164. Giulia di Brescia. Gli scavi dal 1980 al 1992, a MARIANI E. 2003a, La domus di Dioniso. cura di G.P. Brogiolo, F. Rossi, F. Morandini, Le pitture, in Le domus dell’Ortaglia, Milano, pp. Firenze, pp. 90-100. 45-48. PAGANI C. 2005c, Domus C. Gli affreschi. MARIANI E. 2003b, La domus delle Fontane. Gruppo 2, in Dalle domus alla corte regia. S. Le pitture, in Le domus dell’Ortaglia, Milano, pp. Giulia di Brescia. Gli scavi dal 1980 al 1992, a 71-73. cura di G.P. Brogiolo, F. Rossi, F. Morandini, MARIANI E. 2003c, Le domus: gli intonaci Firenze, pp. 164-168. dipinti, in Storia di Cremona. L’età antica, a PAGANI C. 2005d, Domus B. Ambiente 18. cura di P. Tozzi, Cremona, pp. 173-177. Gli affreschi, in Dalle domus alla corte regia. S. MARIANI E. 2004, Gli intonaci dipinti, in Giulia di Brescia. Gli scavi dal 1980 al 1992, a Il teatro e l’anfiteatro di Cividate Camuno. Scavo, cura di G.P. Brogiolo, F. Rossi, F. Morandini, restauro e allestimento di un parco archeologico, Firenze, pp. 127-138. Firenze, pp. 307-322. PAGANI C. 2006, Un frammento di intonaco MARIANI E. 2005a, Domus B. Ambiente dipinto con uccellino da vecchi scavi in piazza San 17. Gli affreschi, in Dalle domus alla corte regia. Nazaro a Milano: alcune riflessioni, in “Quaderni S. Giulia di Brescia. Gli scavi dal 1980 al 1992, del Civico Museo Archeologico e del Civico a cura di G.P. Brogiolo, F. Rossi, F. Morandini, Gabinetto Numismatico di Milano”, 3, pp. Firenze, pp. 105-114. 81-88. MARIANI E. 2005b, Domus C. Gli affreschi. PETERS W. J. TH. 1993, La Casa di Marcus Gruppo 4, in Dalle domus alla corte regia. S. Lucretius Fronto a Pompei e le sue pitture, Giulia di Brescia. Gli scavi dal 1980 al 1992, a Amsterdam.

56 Roberto Bugini, Sara Ferrati, Luisa Folli Indagini petrografiche sui “marmi”

Tra i materiali lapidei dello scavo di Nuvo- sicuro non è ottenibile anche se fossero uti- BIGIOANTICO (marmor Lesbium). Marmo a lento sono stati identificati, mediante osser- lizzate sofisticate e costose metodologie ana- grana grossolana di colore grigio risultante vazione macroscopica, sia marmi bianchi che litiche. Notizie più dettagliate su ciascuno dall’unione del bianco e del nero talvolta marmi colorati. Il termine marmo bianco si dei marmi antichi sono reperibili in alcuni divisi in macchie, liste ed onde, e talvolta riferisce alle numerose varietà di marmo, testi di interesse generale1. confusi insieme; proveniente dalla parte inteso come roccia metamorfica a base di orientale dell’isola di Lesbo (Grecia) e uti- carbonato di calcio, che sono state cavate in Descrizione lizzato per elementi architettonici e deco- epoca romana sia dal territorio italiano (Alpi rativi. Apuane) sia dal territorio dell’attuale Grecia Per i “marmi” identificati nello scavo di Nuvolento: frammenti di lastre (cassette 437, (penisola dell’Attica e alcune tra le isole del Nuvolento si riportano: una breve esposi- 438). mare Egeo) sia dal territorio dell’attuale zione delle caratteristiche morfologiche tratta Turchia (costa dell’Egeo e Anatolia occi- da diversi Autori, l’area geografica di prove- PROCONNESIO (marmor Proconnesium). dentale). Il termine marmo colorato si riferisce nienza e i principali impieghi. Per quanto Marmo a grana media, con fondo bianco in invece ad una serie di rocce di genesi diffe- riguarda le tipologie, i frammenti possono parte tendente al grigio, solcato da venature rente (graniti, dioriti, porfidi, calcari, brecce, essere considerati, nella grandissima maggio- diritte e parallele di colore grigio più carico; marmi ecc.) accomunati solo dalla varietà ranza, come lastre pavimentali di spessore proveniente dalla parte orientale dell’isola di del colore (rosso, verde, giallo ecc.) e dalla sua compreso fra 1 e 2 cm; una cornice e pochi Marmara (Turchia) e utilizzato per fusti di diversa disposizione (uniforme, punteggiato, listelli con bordo a toro possono essere con- colonne, per capitelli, per pavimenti, per venato, variegato ecc.); anche in questo caso siderati, invece, come elementi parietali. rivestimenti e per sarcofagi. le cave erano ubicate in un territorio Nuvolento: frammento di lastra con spessore vastissimo (dall’Egitto alla Turchia, dalla MARMI BIANCHI. Caratterizzati da una buona variabile (cassetta 451). Grecia all’Italia, dalla Francia alla Spagna). uniformità di colore, ma spesso interessati L’utilizzo di questi materiali lapidei, sia da irregolari “mosche”, macchie e vene grigie CIPOLLINO (marmor Carystium). Marmo a bianchi che colorati e denominati poi marmi o nerastre; presentano una grande varietà di grana fine a distinte zone di un bianco antichi, fu molto diffuso soprattutto nel grana da quella finissima a quella grossolana. candido, o verdognolo, che alternano con periodo imperiale, interessando località distri- Provengono da diverse cave distribuite dal- vene e onde di verde chiaro o cupo; prove- buite in tutte le province dell’Impero romano. l’Italia alla Turchia occidentale e sono stati uti- niente dalla parte meridionale dell’isola di I marmi antichi furono già classificati dai lizzati per ogni tipo di impiego architet- Evia (Grecia) e molto utilizzato per fusti di trattatisti di architettura del Rinascimento e tonico, scultoreo e decorativo. colonne, per pavimenti e per rivestimenti. dei secoli successivi, come il Vasari (Introdu- Nuvolento: frammenti di lastre (cassette 361, Nuvolento: frammenti di lastre (cassette 366, zione alle Vite, capitolo I, Firenze 1550/68) 366, 420, 424, 426, 427, 432, 434, 436, 424, 427, 437, 438). o lo Scamozzi (L’Idea dell’architettura uni- 437, 438, 439, 446); un frammento di versale, parte II, libro VII, capitoli IV e VI, cornice modanata, un frammento scultoreo GRECO SCRITTO. Marmo a grana fine con Venezia 1615). Dalla metà del XVIII secolo, ed alcuni listelli con bordo a toro (cassetta fondo bianco in parte sfumato di grigio e i marmi furono oggetto di studi specifici cor- 427). con screziature dello stesso colore più carico redati da ricchi apparati di citazioni degli imitanti in qualche modo una scrittura; pro- scrittori latini e con riferimenti agli edifici in BARDIGLIO. Marmo a grana fine a fondo veniente dal promontorio di Garde presso cui erano stati utilizzati o alle collezioni grigio con vene bianche pallide, più o meno Annaba (Algeria) e utilizzato per la decora- archeologiche in cui erano conservati, come sfumate; proveniente dalle Alpi Apuane e zione architettonica. nel caso del Garofalo (De antiquis marmo- utilizzato per pavimenti e per rivestimenti. Nuvolento: frammenti di lastre (cassette 362, ribus, Utrecht 1743), del Corsi (Delle pietre Nuvolento: frammenti di lastre (cassette 366, 427). antiche, Roma 1828/33/45) o del Belli 420, 426, 427, 434, 437). (Catalogo della collezione di pietre (…), Roma PAVONAZZETTO (marmor Synnadicum). 1842). Marmo più diafano che opaco, a grana fine Per quanto riguarda l’area di provenienza, se con fondo violaceo (pavonazzo) che con- l’indicazione precisa è generalmente possibile (1) GNOLI 1971; MIELSCH 1985; BORGHINI torna irregolarmente delle macchie bianche; per i marmi colorati, è invece sempre incerta 1989; DOLCI, NISTA 1992; PENSABENE, proveniente dall’Anatolia occidentale (Afyon, per i marmi bianchi: in tal caso un risultato BRUNO 1998; LAZZARINI 2007. Turchia) e utilizzato per fusti di colonne, per

57 Fig. 1. Provenienza dei marmi colorati identificati nello scavo di Nuvolento. pavimenti e per rivestimenti. ROSSO AMMONITICO. Calcare a grana fine sempre più chiaro quando esposto all’atmo- Nuvolento: frammenti di lastre (cassette 361, che riceve gran pulimento e lustro, a fondo sfera; proveniente dalle Prealpi lombarde 362, 366, 384, 420, 424, 427, 437, 446). rossastro con macchie rosse e vene infuocate; (lago di Como - Varenna; lago d’Iseo - Riva proveniente dalla Valpolicella (Verona) ed di Solto; val Seriana - Cene e Gazzaniga) e ALABASTRO FIORITO (lapis Alabastrites). Ala- utilizzato per fusti di colonne, per pavimenti, utilizzato in epoca medievale per pavimenti bastro calcareo a fondo bruno-giallognolo per rivestimenti e per sarcofagi. in alternanza con marmi e calcari bianchi. con zone e liste di colore giallo-bruno; pro- Nuvolento: frammento di lastra (cassetta Nuvolento: frammento di piastrella pavi- veniente dall’Anatolia occidentale (Hiera- 446). mentale, spessore fino a 3,5 cm, di forma polis) e utilizzato per pavimenti, rivestimenti esagonale con profilo inclinato (cassetta 420). ed ornati scultorei. CALCARE NERO. Calcare a grana finissima Nuvolento: frammenti di lastre (cassette 362, che può ricevere un bel pulimento, di colore 366, 424, 427, 434, 437, 438, 446). nero uniforme che si trasforma in grigio

58 Confronto con altri siti lombardi scura) o l’assenza di un litotipo in un sito ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE archeologico, indipendentemente dalla Particolarmente interessante risulta il con- quantità di frammenti catalogati e dalla loro BORGHINI G.1989, Marmi antichi, Roma. fronto fra i marmi antichi identificati nello tipologia. La sola presenza di materiali lapidei, BUGINI R., FOLLI L. 2005, Sull’uso di scavo di Nuvolento e quelli identificati, con di così remota provenienza, può tuttavia marmi colorati antichi in Lombardia, in gli stessi criteri petrografici, in altri siti archeo- essere significativa per quanto riguarda la “Marmora”, 1, pp. 145-168. logici lombardi2. Il dato riportato nella tabella conoscenza dei modi di costruire, dei com- DOLCI E., NISTA L. 1992, Marmi antichi è puramente qualitativo; si considera infatti merci e dei trasporti. da collezione, Carrara. solo la presenza (contrassegnata dalla casella GNOLI R. 1971, Marmora romana, Roma. LAZZARINI L. 2007, Poikiloi lithoi - Versi- culores maculae - I marmi colorati della Grecia antica, Roma. MIELSCH H. 1985, Buntmarmore aus Rom im Antikenmuseum Berlin, Berlin. PENSABENE P., BRUNO M. 1998, Il marmo e il colore. I marmi della collezione Podesti, Roma.

Fig. 2. Tabella dei confronti con altri siti lombardi. 1. Milano, via Moneta; 2. Milano, via Correnti; 3. Brescia, Ortaglia S. Giulia; 4. Brescia, via Musei - palazzo Martinengo Cesaresco; 5. Cremona, piazza Marconi; 6. Cremona, via Cadolini; 7. Toscolano Maderno (BS), Villa; 8. (BS), Villa; 9. Desenzano del Garda (BS), località Fau- stinella, Villa; 10. Garlate (LC), chiesa S. Stefano.

(2) BUGINI, FOLLI 2005.

59 Patrizia Cattaneo Ceramiche fini da mensa

La ceramica fine da mensa è strettamente pienti, che avveniva al tornio lento, prevedeva petta emisferica o carenata, con una preva- legata alla vita quotidiana di chi ne faceva un rivestimento argilloso che, cotto in am - lenza di esemplari in pasta grigia di area nord uso; i reperti rinvenuti negli scavi di Nuvo- biente ossido-riducente, dava vita ad una italica. Oltre a questi si contano, infatti, solo lento permettono quindi di illustrare le abi- copertura nera e lucida il cui aspetto iride- un piccolo orlo in argilla beige priva di rive- tudini conviviali di coloro che hanno fre- scente ricordava la suppellettile metallica. stimento e, in particolare, tre piccole pareti quentato il luogo in cui sorgeva la villa in I reperti di Nuvolento si inseriscono tutti in pasta chiara con decorazione sabbiata stesa un arco di tempo che va dal II secolo a.C. al nel filone produttivo padano che già alla fine a pennello e ingobbio rosso che permettono, V secolo d.C. del II secolo a.C. va ad affiancare e poi a nonostante le dimensioni esigue, di ricono- Nonostante lo scarso numero di esemplari si sostituire, nel corso del I a.C., le forme scere con certezza un contenitore centro può notare una discreta varietà di forme e la importate dall’Etruria settentrionale e dalle italico5. Il procedimento della sabbiatura, la presenza, accanto a recipienti frutto di com- zone nord-adriatiche, sintomo di un impiego cui funzione era al tempo stesso estetica e merci a medio raggio1, di prodotti prove- ormai divenuto, da elitario, sempre più pratica in quanto favoriva la presa del vaso, nienti dalle coste nordafricane. popolare. Tra i vasi più antichi si distinguono è tra i più comuni e compare a Nuvolento I ritrovamenti in ceramica a vernice nera un frammento di alto piede pertinente ad anche su due coppette in argilla grigia con costituiscono un interessante indicatore del- un piattello Lamboglia 4, tipo prodotto forse sabbiatura rada, quasi incorporata nell’ar- l’utilizzo di tale vasellame durante le prime nel cremonese a partire dalla metà del II gilla e distribuita uniformemente, tipica del- fasi di frequentazione del sito, in un’epoca, a.C.2, ed un piccolo orlo di pisside Lam- l’area padana, della zona adriatica e dei ter- quella compresa tra gli ultimi secoli della boglia 3, comune in Lombardia dalla fine ritori a nord delle Alpi in età tiberiano- Repubblica e la prima età imperiale, con- dello stesso secolo. Le coppe sono rappre- claudia6. traddistinta da strette relazioni tra tradizioni sentate dai tipi Lamboglia 2 (fig. 1)3 e Lam- Una tecnica decorativa frequentemente celtiche e costumi romani. boglia 28, diffusi dal LTD1 all’età tiberiana. impiegata sul vasellame a pareti sottili di età In Italia settentrionale la circolazione della Allo stesso arco cronologico si datano le imperiale è quella à la barbotine, consistente ceramica a vernice nera prodotta localmente patere Lamboglia 5, 5/7 e 7/16 documentate nell’applicazione di argilla diluita sulla super- interessa soprattutto il II e, in maggior nelle varianti più recenti di fabbrica padana; ficie del vaso, così da ottenere motivi diversi misura, il I secolo a.C. quando, con un reper- i piatti sono qui la forma più consueta, in disegnati a mano libera dal vasaio. Tra i mate- torio piuttosto omogeneo costituito in pre- linea con quanto accade a Brescia ma anche riali della villa un frammento di orlo (fig. valenza da coppe e patere con carena a spigolo nel santuario di Breno, dove costituiscono 2)7, con corpo ceramico ben depurato e rive- vivo, si affianca alle ceramiche comuni l’unica tipologia nota4. stito da ingobbio nero, mostra un tema a depurate, testimoniando non solo un cam- Si estende dall’età augustea a tutto il I secolo foglie d’acqua globulari associate a punti biamento del gusto ma anche l’introduzione d.C. l’uso del vasellame in pareti sottili, classe disposti in grappoli che trova un confronto di nuove tecnologie: la lavorazione dei reci- caratterizzata dall’esiguo spessore delle pareti puntuale in alcune coppe del santuario di e da una destinazione esclusivamente potoria. Breno8. Punti à la barbotine e triangoli rea- Si riconosce una sola forma, quella della cop- (1) Per la cronologia e la diffusione delle forme in (5) MASSEROLI 2010, pp. 294, 295 con biblio- vernice nera, pareti sottili e terra sigillata italica si grafia precedente. veda Ceramiche in Lombardia 1998, in particolare (2) GRASSI 1996, p. 54. (6) SENA CHIESA 1985, pp. 398, 399. il capitolo relativo alla provincia di Brescia (pp. (3) Da pulizia settore B 1987, St. 170603. (7) Da raccolta di superficie 1986, St. 170604. 275-279). (4) BONINI 2010, pp. 289, 290. (8) MASSEROLI 2010, p. 297, tav. II, 3.

Fig. 1. Coppetta in ceramica a vernice nera, tipo Lamboglia 2 (scala 1:2). Fig. 2. Coppetta in ceramica a pareti sottili decorata à la barbotine (scala 1:2).

60 gnamento” di prodotti alimentari quali cereali, olio e vino e distribuito attraverso i centri di smistamento di Aquileia e Ra - venna13. Gli esemplari di Nuvolento appartengono in prevalenza a fabbriche della Tunisia setten- trionale (sigillata africana D) e in minor misura della Tunisia centrale (sigillata africana C) e meridionale (sigillata africana E), in conformità quindi con le evidenze di molti siti dell’Italia settentrionale14. Nonostante il numero non elevato, tali recipienti offrono una testimonianza della presenza in loco di personaggi afferenti ad un ceto sociale piut- tosto alto, in grado di procurarsi pregiati prodotti di importazione. L’utilizzo di sigillate africane nella villa avviene con maggior fre- quenza dalla metà del IV secolo d.C. fino alla metà del secolo successivo, arco crono- logico che rispecchia perfettamente quello della massima affluenza nell’area padana15. La forma meglio rappresentata è la scodella, attestata in due tipologie tra le più comuni quali la Hayes 50 e la Hayes 61 (fig. 3)16; un Fig. 3. Scodella in terra sigillata africana, forma Hayes 61. unico frammento appartiene invece ad una coppa (Hayes 67). lizzati a rotella ornano invece una piccola Alcuni frammenti, pertinenti a coppette Un grande piatto per uso collettivo (Hayes parete di coppetta carenata; la decorazione Drag. 4 e 24/25 e ad una patera Drag. 17A, 68) è la sola ma interessante prova dell’espor- mista sembra essere tipica delle manifatture si segnalano per l’accuratezza della fattura e, tazione da siti della Tunisia meridionale. della Transpadana ticinese ma è d’uso corrente pur non potendo accertare con sicurezza La frequente tendenza ad imitare le sigillate in tutta la pianura padana nel I d.C.9. un’origine aretina a causa delle precarie con- di importazione, in particolare quelle delle Un piccolo frammento di parete in ceramica dizioni di conservazione e dell’assenza di produzioni settentrionali, è testimoniata a tipo Aco, così chiamata dal nome del fab- marchi, sono comunque da considerarsi Nuvolento da un frammento in ceramica bricante più noto, è l’unica testimonianza appartenenti al cosiddetto filone colto della priva di rivestimento che si ispira nella forma relativa al vasellame realizzato entro matrice. produzione italica di I secolo d.C. alla scodella Hayes 6117, in assoluto uno dei Il bicchiere è decorato a Kommaregen, un Gli altri recipienti, riconducibili a tipi piut- tipi più riprodotti (fig. 4)18. ornato geometrico a rilievo molto fine che tosto frequenti tra il secondo quarto del I Non è infine di secondaria importanza identifica le produzioni più antiche, diffuso, secolo d.C. e la fine del II d.C., quali le patere osservare che tutte le forme di sigillata prevalentemente nella Regio VIII, in età proto Drag. 31 (su una di queste compare l’unico africana in uso a Nuvolento, anche le meno e medio augustea10. graffito, una lettera N) e le coppe-piatto diffuse e le imitazioni, trovano stretti con- Assai differenziato è infine il repertorio in Drag. 37/32, sono invece contraddistinti da fronti con i rinvenimenti degli scavi bre- terra sigillata; con questo termine si indica il argille farinose e vernici mal conservate, sciani. vasellame fine da mensa, decorato o meno, tipiche delle fabbriche nord-italiche. caratterizzato da corpo ceramico molto Stretti legami con le produzioni cremonesi depurato e da un rivestimento nelle tonalità sono testimoniati dalla variante “Cremona” ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE del rosso applicato per immersione dell’og- del piatto Drag. 31, attestata a Breno fino ad getto in un bagno di argilla molto fine e età tarda11; nello stesso ambito territoriale BONINI A. 2010, La ceramica a vernice nera, seguito da cottura in atmosfera ossidante. sembrerebbe avere origine anche una coppa in Il santuario di Minerva. Un luogo di culto a All’interno di questa ampia classe si com- decorata a rotella di età medio-tardo impe- Breno tra protostoria ed età romana, a cura di F. prendono numerose varianti corrispondenti riale12. ad ambiti cronologici e di lavorazione diversi. Significativa è la presenza di vasellame pro- (13) MASSA 1999, p. 103. A Nuvolento sono presenti forme di prima, veniente dal Nord Africa, generalmente tra- (14) Per un panorama della diffusione in Italia set- media e tarda età imperiale. sportato via mare come “merce di accompa- tentrionale si vedano: MARTELLI, NOBILI 1982, pp. 99 ss.; GRASSI 2002, pp. 1585 ss. (15) MASSA 2000, p. 121. (9) SENA CHIESA 1985, p. 402 ss. (11) JORIO 2010, pp. 308 ss., tav. I, 9-10; tav. II, (16) Da US 187, scavo 1995, St. 170429. (10) LAVIZZARI PEDRAZZINI 1987, pp. 35, 1-2. (17) Da US 187, scavo 1995, St. 170627. 36. (12) JORIO 2002, p. 326, tav. III,10. (18) MASSA 1999b, p. 121.

61 Fig. 4. Imitazione priva di rivestimento di scodella Hayes 61 (scala 1:2).

Rossi, Milano, pp. 289-290. fini da mensa tra tarda età romana e alto medio Ceramiche in Lombardia 1998, Ceramiche in evo, in Santa Giulia di Brescia. Gli scavi dal Lombardia tra II secolo a.C. e VII secolo d.C. 1980 al 1992. Reperti preromani, romani e alto Raccolta dei dati editi (Documenti di Archeo- medievali, a cura di G.P. Brogiolo, Firenze, pp. logia, 16), a cura di G. Olcese, Mantova. 119-123. GRASSI M.T. 1996, La ceramica a vernice MASSA S. 2000, Le imitazioni di ceramiche nera, in Bedriacum. Ricerche archeologiche a mediterranee tra IV e VII secolo in area padana Calvatone, 1.2. Il Campo del Generale: i mate- e le ultime produzioni fini da mensa: problemi di riali del saggio 6, Milano, pp. 53-75. metodo e stato della ricerca, in Produzione GRASSI M.T. 2002, La diffusione della ceramica in area padana tra il II secolo a.C. e il ceramica africana in Italia settentrionale, VII secolo d.C.: nuovi dati e prospettive di ricerca, in L’Africa romana. Lo spazio marittimo del Convegno internazionale (Desenzano del Mediterraneo occidentale: geografia storica ed Garda, 8-10 aprile 1999), a cura di G. P. Bro- economica, Atti del XIV convegno di studio giolo, G. Olcese, Mantova, pp. 121-128. (Sassari, 7-10 dicembre 2000), vol. 2, a cura di MASSEROLI S. 2010, La ceramica a pareti M. Khanoussi, P. Ruggeri, C. Vismara, Roma, sottili, in Il santuario di Minerva. Un luogo di pp. 1585-1600. culto a Breno tra protostoria ed età romana, a JORIO S. 2002, Terra sigillata della media e cura di F. Rossi, Milano, pp. 291-306. tarda età imperiale di produzione padana. Con- SENA CHIESA G. 1985, Ceramica a pareti tributo alla definizione di un repertorio lom- sottili, in Angera romana. Scavi nella necropoli bardo, in Nuove ricerche sul Capitolium di 1970-1979, a cura di G. Sena Chiesa, Roma, Brescia. Scavi, studi e restauri, a cura di F. Rossi, pp. 389-426. Milano, pp. 323-352. JORIO S. 2010, I reperti in terra sigillata, in Il santuario di Minerva. Un luogo di culto a Breno tra protostoria ed età romana, a cura di F. Rossi, Milano, pp. 308-317. LAVIZZARI PEDRAZZINI M.P. 1987, Ceramica romana di tradizione ellenistica in Italia settentrionale. Il vasellame “tipo Aco”, Firenze. MARTELLI D., NOBILI R. 1982, L’impor- tazione e lo smistamento della sigillata africana in Lombardia e il ruolo del delta padano tra tarda antichità e altomedioevo, in “Padusa. Bol- lettino del Centro polesano di studi storici, archeologici ed etnografici”, XVIII, pp. 99- 124. MASSA S. 1999, La ceramica d’importazione africana, in Santa Giulia di Brescia. Gli scavi dal 1980 al 1992. Reperti preromani, romani e alto medievali, a cura di G. P. Brogiolo, Firenze, pp. 97-117. MASSA S. 1999b, Le imitazioni di ceramiche

62 Angela Guglielmetti, Linda Ragazzi, Serena Solano Ceramica comune

Si definisce ceramica comune il vasellame mente ben rifinite; i manufatti risultano per cui si apriva in genere il versatoio per il travaso fittile domestico che si caratterizza essenzial- lo più sottoposti a una cottura ossidante, di quanto preparato. Un frammento con orlo mente per il prevalere dell’aspetto funzionale seppure spesso irregolare, che comporta colo- ingrossato a sezione ovale seguito da un su quello estetico; a seconda dei diversi uti- razioni chiare del corpo ceramico, dal beige listello poco sporgente potrebbe essere per- lizzi sono generalmente distinti recipienti all’arancio. Nella complessiva scarsità di mate- tinente a manufatti di tal genere 7 (tav. I, n. per la conservazione nella dispensa, per la riale restituito dai contesti della villa, le atte- 3). preparazione degli alimenti, per la cottura stazioni piuttosto numerose di queste ciotole2 Nella fase tardo-repubblicana sulla mensa le dei cibi e per il servizio sulla mensa, ai quali sembrano documentare una presenza diffusa suppellettili di tradizione celtica erano corrispondono solitamente differenti carat- di tale produzione che, caratteristica del affiancate da coppe e piatti a vernice nera, teristiche degli impasti con i quali sono rea- periodo della romanizzazione (fine II-I secolo vasellame importato o prodotto localmente lizzati1. a.C.), è testimoniata ampiamente in tutta secondo i modelli centro italici più in voga8. Benché quantitativamente modesta e prove- l’area padana sia da contesti abitativi che Solo dall’età augustea-tiberiana, con la com- niente per lo più da contesti fuori strato, la funerari. Gli esemplari documentati hanno pleta romanizzazione del territorio tran- ceramica comune da Nuvolento rappresenta dimensioni medio-grandi, con orlo schiac- spadano e la conquista del mercato locale da una preziosa fonte di informazione sulla vita ciato e assottigliato verso l’interno oppure parte dei prodotti “romani”, la ceramica fine quotidiana della villa attraverso i secoli. Le più arrotondato. In un caso3 la caratteristica tradizionale scomparirà definitivamente, forme e i tipi attestati rimandano da un lato forma a mandorla dell’orlo potrebbe ricon- mentre maggiore continuità avranno le pro- al repertorio noto in tutta la pianura roma- durre a un diverso tipo di ciotola più antico4, duzioni locali in ceramica grezza. nizzata, dall’altro trovano confronti in ambito anche se le dimensioni ridotte del frammento Appartengono alla fase più antica (I secolo centro-alpino, testimoniando la vivacità cul- e il degrado delle superfici non permettono a.C.) anche alcune olle a impasto grezzo9 con turale e commerciale del territorio, in pros- una sicura attribuzione tipologica (tav. I, n. orlo estroflesso e motivi incisi e impressi sulla simità della “via Gallica”, lungo i percorsi di 2). spalla o sul corpo, secondo un gusto deco- collegamento tra la pianura, il Garda e le Riconducibile alle ciotole-grattugia della rativo tipico della ceramica tardoceltica. Tali vallate alpine. ceramica celtica è un fondo con piede ad recipienti, associati a ciotole-coperchio tron- Nell’esposizione si è voluto presentare, anello e superficie interna ricoperta da una coconiche a volte ornate da tacche e impres- seguendo un ordine cronologico, un quadro fitta e minuta graniglia5, atta a sminuzzare sioni sull’orlo, servivano per preparare zuppe delle attestazioni delle varie forme ceramiche cibi e altre sostanze (tav. I, n. 4); ad esso di legumi e cereali e per bollire la carne. d’uso comune impiegate durante le fasi di poteva corrispondere un orlo a listello6 su Mentre negli esemplari più antichi la deco- frequentazione del sito. In alcuni casi, data razione copre buona parte del vaso, in quelli l’esiguità del frammento conservato, nelle più recenti tende a ridursi alla spalla, che tavole grafiche è stata proposta la forma-tipo diventa arrotondata e rialzata nei recipienti (2) Sono otto gli esemplari documentati; i fram- di riferimento. L’analisi che ne risulta, seppure menti provengono tutti da pulizie effettuate nelle di età augustea e tiberiana (tav. I, nn. 5-6, fig. parziale, delinea un quadro complessivo piut- varie campagne di scavo, ad esclusione di un orlo 1). tosto variegato dei manufatti d’uso comune restituito da US 1098, scavo 2012, St 171073. Rimandano invece alla produzione ceramica impiegati e offre spunti a futuri approfondi- (3) US 181, scavo 1995, St.170592. dell’area alpina centro-orientale della seconda menti sui circuiti di approvvigionamento dei (4) Potrebbe trattarsi della ciotola con orlo a man- e tarda età del Ferro un frammento di parete materiali nel più ampio contesto territoriale. dorla e sottostante gola su vasca ad alta carena, tipo a impasto grigio micaceo con linee incise morfologico molto longevo che si data all’incirca dal V alla fine del II secolo a.C.; ma il frammento parallele e un orlo estroflesso a impasto scuro Le più antiche suppellettili da tavola rin- potrebbe anche riferirsi a un bacino o a un tegame micaceo pertinenti a ollette o boccali e un’olla venute a Nuvolento sono rappresentate da non pertinente alla produzione celtica. Il contesto con orlo estroflesso assottigliato a impasto alcune ciotole a orlo inflesso (tav. I, n. 1) ricon- di provenienza, appena sopra lo sterile, conferma ducibili alla produzione ceramica tardoceltica. comunque l’antichità del pezzo. (5) Pulizia area A, scavo 1987, St. 170594. Si tratta di prodotti eseguiti al tornio con (6) Ma anche di altra morfologia; ad esempio, le (7) Pulizia area A, scavo 1987, St.170593. Non si argilla depurata e dalle superfici general- ciotole a orlo inflesso sopra esaminate potevano a può tuttavia escludere l’appartenenza del pezzo a volte assumere questa funzione, come documentato una grossa coppa. da alcuni esemplari, presenti in sepolture dove (8) Cfr. Ceramiche fini da mensa, in questo volume. (1) Per la definizione di ceramica comune, oggetto erano impiegati come cinerari, che mostrano (9) Due frammenti di orlo e due frammenti di di discussione, si veda tra gli altri CORTESE 2003 superfici interne della vasca granulose. Cfr. RATTO parete provengono da pulizia, scavo 1987, un fram- con bibliografia precedente. 2009, p. 190, tipo B15. mento da pulizia, scavo 1986, St. 170616 e St.

63 scuro con inclusi a grosse scaglie micacee e quarzitiche10. In associazione a questi manufatti si segnala un frammento di olla in argilla semide- purata11 che richiama nella peculiare morfo- logia dell’orlo, esternamente modanato e ben distinto dalla spalla, una produzione di reci- pienti ampiamente diffusa nell’ambito della seconda metà del I secolo a.C.- primi decenni 1 I secolo d.C., modellati con un tipico impasto ricco di piccoli inclusi e scabro al tatto, adatto all’esposizione alla fiamma12. La corrispon- denza con questo particolare impasto risulta puntuale nel coperchio con orlo arrotondato a breve tesa lievemente rialzata, utilizzato 2 come copertura di un’analoga olla da fuoco come suggerisce l’affumicatura della parte esterna del pezzo13 (tav. I, nn. 7-8). Di poco posteriore è un’olla con orlo modanato e corpo globulare14, rispondente a un tipo che sarà ampiamente diffuso anche 3 nella media età imperiale, sovente decorato da linee incise e tacche.15 I recipienti più antichi sembrano caratterizzati da un corpo ceramico ricco di inclusi a scaglie affioranti in superficie, caratteristica che si riscontra anche nel frammento di Nuvolento. Sono 4 associate a tale olla alcune ciotole-coperchio, con pareti convesse e orlo più o meno ingrossato con profilo a T, confrontabili con esemplari databili fra la fine del I a.C. e l’età augustea16 (tav. II, nn. 1-2). Rappresenta invece una tipica forma da toe- letta di tradizione ellenistica, destinata a unguenti e oli profumati, il balsamario fusi- 5 forme presente a Nuvolento con un esemplare ricomposto pressoché integralmente17; questo caratteristico contenitore fittile è diffuso nelle aree romanizzate a partire dal II

170617. (10) Da US 234, scavo 1995; da US 1009, scavo 6 2011; da pulizia settore A, scavo 1987. (11) US 1098, scavo 2012, St. 170596. (12) Definito anche refrattario. Cfr. GUGLIEL- METTI, LECCA BISHOP, RAGAZZI 1991, p. 178. 7 (13) Pulizia settore A, scavo 1986, St. 170595. (14) Un frammento da US 1009, scavo 2011, St. 170618. (15) Confronti in CORTESE 2003, p. 69 e fig. 3, 5, p. 77; per Brescia BONINI, FELICE, GUGLIELMETTI 2002, tav. XV, n. 11, p. 270 e 251. (16) Un frammento sempre da US 1009, St. 8 171074, un frammento da US 1014. Confronti in GUGLIELMETTI, SOLANO 2010, p. 253, Tav. III, 14 e 15. Analoga tipologia perdura per tutta l’età Tav. I. Ceramica di II-I secolo a.C. (scala 1:3). imperiale.

64 Fig. 1. Olle decorate a impasto grezzo. secolo a.C. fino agli inizi del I secolo d.C., (tav. II, n. 3, fig. 3). quando viene sostituito da equivalenti pro- Appartiene probabilmente a una coppa dal dotti in vetro. Il pezzo, del tipo Haltern 30, corpo carenato di un tipo relativamente stan- ha corpo affusolato, lungo collo cilindrico, dardizzato e diffuso a Brescia e nella pro- stelo pieno con base piana ed espansa; vincia nel corso del I secolo d.C. il fram- notevoli risultano le sue dimensioni, con mento21 di un caratteristico orlo estroflesso, un’altezza pari a circa 30 cm (fig. 2)18 . arrotondato e esternamente ripiegato22; la L’instrumentum domesticum di cui era dotata presenza del versatoio e talvolta di granuli la villa doveva essere vario. Sulla mensa della sulla superficie interna di questi manufatti prima età imperiale non mancava una carat- rispondeva a un loro utilizzo prevalente come teristica bottiglia, l’olpe: si tratta di un con- coppe-grattugia per triturare gli alimenti (tav. tenitore per liquidi, generalmente mono- II, n. 4). Un altro esiguo frammento23 è rife- ansato, caratterizzato da un lungo collo sottile ribile a un recipiente ad ampia imboccatura legato principalmente al servizio da tavola e nonostante lo spessore relativamente sottile alla mescita. La forma è documentata da una delle pareti. Presenta orlo arrotondato rilevato grande varietà di tipi; l’esemplare di Nuvo- su un listello decorato da una cordonatura lento19 ha orlo estroflesso lobato, collo ondulata ed è realizzato con argilla depurata svasato con collarino su cui si imposta l’ansa di colore rossiccio. Rientra nella forma a nastro, corpo rialzato con ampia spalla arro- generica del bacino a listello ben documentato tondata e piede ad anello. Le caratteristiche fin dall’età augustea, la cui funzione poteva del pezzo e il confronto con esemplari simili essere molteplice: per schiacciare e preparare gli alimenti, oppure per contenere e lavare i provenienti da contesti funerari del bresciano Fig. 2. Balsamario fusiforme. inducono a collocarlo entro il I secolo d.C.20 cibi. Le limitate dimensioni del pezzo lasciano tuttavia aperte altre possibilità: un utilizzo

(17) Pulizia, scavo 1987, St. 60134. (18) Esemplari provenienti da altri contesti inse- mente PORTULANO, RAGAZZI 2010, p. 91, diativi indicano abbastanza diffusi i balsamari di Tav. I, 2 e MASSA 1996, p. 46, n. 62. grossa capacità, che sembrano meno comuni nel- (21) Pulizia cortile A, scavo 1986. l’utilizzo funerario. (22) Per le varie attestazioni si veda DELLA (19) Pulizia, scavo 1987, St. 60133. PORTA, SFREDDA, TASSINARI 1998, p. 178, (20) Come, ad esempio, quelli di e del mortarium n.15. territorio di ; cfr. rispettiva- (23) Pulizia area A, scavo 1987, St. 170597.

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Tav. II. Ceramica di I secolo d.C., di cui n. 4 forma-tipo di riferimento (scala 1:3). più specifico poteva forse essere quello di tenitori da dispensa di varie dimensioni, quali spalla, a cui possono essere associati corpi brucia-profumi, per odorare gli ambienti 24 le olle a impasto depurato o mediamente ovoidi o bassi ed espansi (tav. III, nn. 1-2); (tav. II, n. 5). depurato a cui si possono attribuire diversi essi trovano ampio riscontro in ambito bre- Come ci informano i trattati antichi d’agri- frammenti di orlo rinvenuti nella villa di sciano nei primi due secoli della nostra era.26 coltura, la conservazione degli alimenti Nuvolento25, potevano contenere cereali, Olle simili sono presenti anche con corpo assumeva un’importanza vitale per assicurare uova, frutta anche essiccata, salse e conserve ceramico più grezzo, suggerendo un loro la disponibilità e le riserve dei prodotti; tale di vario genere. I tipi morfologici, docu- compito era demandato alla massaia (vilica), mentati da singoli esemplari, riconducono assistita dalle altre donne e dai fanciulli. Con- principalmente a olle con orlo variamente (26) In particolare, due frammenti di orli corri- articolato e collo distinto da una risega dalla spondono puntualmente alle imboccature di due olle rinvenute a Brescia, per le quali si veda BEZZI (24) In questo caso si tratta di recipienti general- MARTINI 1987, p. 55, nn. 11-12. Olle simili mente a foggia di calice e con orlo espanso decorato, sono testimoniate anche nella necropoli di Nave e comunemente diffusi nel mondo romano e che si da ritrovamenti nella pianura bresciana; cfr. rispet- ritrovano anche in contesti funerari come parte del (25) Esemplari restituiti dalla pulizia delle aree B tivamente BESSI TREVALE 1987, pp. 195 e 197, corredo che accompagnava il defunto. e C, scavo 1987, St. 170598 e 170599. Tavv. 30 e 31 e MASSA 1996, p. 47, nn. 71-72.

66 secondo una forma che dal II secolo d.C. continua fino all’avanzata età romana29 (tav. III, n. 5).

Per quel che riguarda le successive fasi medio e tardo imperiali tre soli frammenti di olle scure a breve orlo ripiegato e spalla distinta30 appartengono alla produzione di alcune grandi manifatture tipicamente romane che, almeno a partire dal II sino a tutto il IV secolo d.C., rifornirono capillarmente i mercati della Lombardia occidentale rag- giungendo anche Brescia, l’area del Garda sino a Verona, e la Val Camonica. Si tratta di recipienti dalla forma standardizzata, uti- lizzati soprattutto per la cottura dei cibi e accomunati da una grande imboccatura, ventre rialzato, breve spalla distinta dalla parete sottostante obliqua, e da un distintivo orlo ripiegato su una piccola stecca piana o a sezione arrotondata31 (tav. IV, n. 1). Fra le ceramiche mediamente depurate un solo frammento32 con fondo marcato e parete di colore arancio brillante levigata a stecca è probabilmente da riferire ad un’an- foretta ad anse rialzate e pizzicate, diffusa sia in contesti abitativi che funerari in tutta l’area bresciana sino a Verona, ma anche nel terri- torio di Bergamo, Milano e Como, sino a raggiungere la sponda est del Ticino, dalla fine del III agli inizi del V secolo d.C.33 (tav. IV, n. 2). Destinati alla dispensa e, forse, all’uso collettivo in tavola sono alcuni frammenti riconducibili a due coppe ansate con tesa sagomata e corpo carenato, delle quali è anche Fig. 3. Olpe con becco-versatoio. attestata una variante impreziosita da rivesti- mento vetroso trasparente34 (tav. IV, n. 3). impiego quali recipienti da fuoco27 (tav. III, La forma è nota per lo più a Brescia, dove ne n. 3). è stata proposta la produzione locale, e nel ter- Fra i coperchi in associazione a tali olle si ritorio bresciano a , a Breno e distingue per la ricercata lavorazione un esem- plare con presa concava internamente, (29) Da US 1109, scavo 2012 e da pulizia 1987. modellata a leggera ondulazione esterna- Confronti in MASSA 1997, p. 112, St. 170261. mente e con corpo decorato da tacche incise, (30) Un esemplare dalla pulizia 1987 settore A, secondo un gusto decorativo che riprende uno da US 1109, scavo 2012, uno da US 180, schemi protostorici28 (tav. III, n. 4, fig. 4). scavo 1995. In questa epoca fanno la loro comparsa anche (31) Si veda GUGLIELMETTI 2010, pp. 264, tav. I, 12-15, Tav. II, 1-3 con bibliografia prece- piccoli tegami, impiegati per la cottura di dente. carne, pesce o verdure, ma anche come piatti (32) Da US 229, scavo 1995, St. 170626. da portata, presenti con alcuni esemplari a (33) DELLA PORTA, SFREDDA, TASSINARI fondo piano e orlo leggermente rientrante, a 1998, pp. 186-187, anforetta n. 4, Tav. CVII, nn. volte decorato da piccole impressioni, 1-2; SIMONE ZOPFI 2004, p. 230, fig. 12. 15 e 16. La forma è inoltre ben testimoniata tra i corredi delle necropoli recentemente indagate nel terri- Fig. 4. Presa di coperchio decorato. torio di Chiari (BS). RAGAZZI, in corso di stampa. (27) Da US 1109 scavo 2012, da US 221, scavo (34) US 180, scavo1995; pulizia, scavo 1987. Cfr. 1995, dalla pulizia 1987 settore A. infra GUGLIELMETTI, Ceramica invetriata e (28) Da US 1109, scavo 2012, St. 170620. pietra ollare.

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Tav. III. Ceramica di I-II secolo d.C., di cui n. 3 forma-tipo di riferimento (scala 1:3).

68 nell'area del Garda35. Ancora a quest’ insieme doveva infine appartenere una coppa emi- sferica su alto piede e orlo a tesa triangolare che forse si articolava in un piccolo ver- satoio36. La coppa, ritrovata in più fram- menti in associazione con un recipiente in vetro databile al IV secolo, trova confronti fra il vasellame in ceramica comune e invetriato della media e tarda età imperiale di Brescia S. Giulia37. Tale recipiente voleva certamente imitare pregiato vasellame rivestito d’impor- tazione (tav. IV, n. 4). L’analisi dei manufatti della villa permette 1 di affermare che per il rifornimento di vasellame in ceramica comune da fuoco e da cucina nella media e tarda età imperiale vennero utilizzati prioritariamente circuiti di approvvigionamento locali legati alla tra- dizione culturale centroalpina, come già noto per Brescia nei contesti urbani, in quelli vallivi e nella gardesana. Fra le olle è quasi esclusiva la presenza di recipienti a corpo cordonato con orlo estroflesso sporgente, a volte segnato dalla scanalatura per l’appoggio del coperchio, ampia gola, corpo globulare, fondo piano. Caratteristica la presenza di una decorazione a cordone plastico oriz- zontale con impressioni a tacche ovali o trian- 2 golari posto in corrispondenza del diametro massimo del corpo del recipiente, secondo un gusto decorativo che riprende un motivo della tradizione protostorica locale e che risulta diffuso in territorio trentino tra I e IV secolo d.C.38 (tav. V, nn. 1-2, fig. 5). Nello stesso arco cronologico sono quantita- tivamente rilevanti frammenti di pareti con presa a linguetta riferibili a grandi teglie a profilo troncoconico39. La forma, evoluzione e derivazione di un modello protostorico

(35) GUGLIELMETTI 2010, p. 267.GUGLIEL- METTI 2010, p. 267; AMIGONI 2004, p. 51. A ovest di tale area si segnala il rinvenimento della ver- sione a boccale nella necropoli ad incinerazione di Cambiago (MI). SIMONE ZOPFI 2006, p. 267, fig. 17. 44. 3 4 (36) Da US 206, scavo 1995, St. 170625. (37) In associazione a coppa Ising 96/ar 60.1 in vetro incolore. Per il confronto con coppe in ceramica comune da S. Giulia: MASSA, POR- Tav. IV. Ceramica di III-IV secolo d.C., di cui nn. 1 e 3 forme-tipo di riferimento (scala 1:3). TULANO 1999, p. 154 tipo tav. LXIV, 4.5; per le piccole coppe in ceramica invetriata: POR- TULANO 1999, Tav. XLIX,9, p. 128. (38) La forma è presente con oltre dieci esemplari in USS 180, 187, 214, 229, scavo 1995; pulizia 1986 e 1987, St. 170624, St. 170623. MASSA PORTULANO 1999, p. 161. Per gli esemplari trentini si veda ENDRIZZI 2007, pp. 211-233. (39) Da: US 1109, scavo 2012; US 180, scavo

69 ampiamente diffuso dal VI secolo a.C. in tutta l’area alpina retica e camuna, si dif- fonde in età medio e tardoromana nel bre- sciano e nella gardesana occidentale. Diverse sono le ipotesi d’uso di tali recipienti, definiti in letteratura catini-coperchio, fornetti-por- tatili o clibani: fornetti per cuocere pani o focacce, recipienti connessi alla lavorazione del latte o impiegati nella produzione di for- maggi40. In nessun caso a Nuvolento è rico- 1 struibile la forma intera: il fondo è piano, sabbiato; gli orli trovati in associazione e forse pertinenti sono variamente ingrossati, con labbro a volte rientrante, secondo una tipologia che si ritrova anche in ciotole- coperchio e ciotole-tegami di età tardo- romana41 (tav. V, n. 3). Rientrano nella medesima tradizione grandi piatti piani o testi, rappresentati a Nuvo- 2 lento da un solo esemplare a impasto a grossi inclusi calcitici, con orlo ispessito decorato a festone a ditate rade42. Testi o “testelli” impiegati per la cottura di pane, polentine o focacce, lavorati manualmente o al tornio lento sono noti in contesti tardoromani e altomedioevali e con maggiore frequenza dal bassomedioevo sino a pochi decenni fa, soprattutto nell’area della Lunigiana e della Liguria di Levante. Esemplari simili a quello da Nuvolento sono stati documentati in Val- 3 camonica a Cividate Camuno e Breno nel I e II secolo d.C.43. Il contesto rinvenimento dell’esemplare di Nuvolento fa propendere per una datazione fra II e IV secolo d. C. (tav. V, n. 4, fig. 6). Infine provengono da orizzonti medio e tardo imperiali44 alcuni frammenti riferibili a piccoli boccali monoansati, caratterizzati da una evidente inflessione della parete in cor- rispondenza dell’ansa a nastro, dal piede a tacco e dal corpo decorato da sottili linee incise. Tali boccali, noti come Salurner Hen- kelldellenbecher, sono diffusi per tutta l’età 4 1995; US 227, scavo 1995; pulizia settori A e C, scavo 1987. (40) SOLANO, BASSO, RICCARDI 2010. (41) Da: US 231, scavo 1995 (fondo sabbiato e orlo ripiegato, impasto marrone rosato con grossi inclusi quarzitici); US 180, scavo 1995 in associa- zione a boccali; US 229, scavo 1995 (stesso orlo di US 231). 5 (42) Da US 1109, scavo 2012, St.170622. (43) FABBRI, GUALTIERI, MASSA 2004 , p. 237, Tav. I, 1-3; GUGLIELMETTI, SOLANO 2010, p. 251, Tav. III, 1-3. Tav. V. Ceramica di tradizione alpina (II-IV secolo d.C.), di cui nn. 3 e 5 forme-tipo di riferimento (scala (44) Un probabile orlo da US 1109, scavo 2012; inoltre da US 187, pulizia, scavo 1987, da US 180, 1:3). scavo 1995.

70 Fig. 5. Olle a corpo cordonato. Fig. 6. Testo a orlo decorato.

ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE AVANZINI M., BRUSCHETTI A., CAVADA E., ENDRIZZI L., OBEROSLER R. 1994, Vasellame e contenitori da cucina e da mensa, in Archeologia a Mezzocorona. Docu- menti per la storia del popolamento rustico di età romana nell’area atesina, a cura di E. Cavada, Trento, pp. 93-121. BESSI TREVALE V. 1987, Olle e urne, in Sub ascia una necropoli romana a Nave, a cura di L. Passi Pitcher, Modena, pp. 194-201. BEZZI MARTINI L. 1987, Necropoli e tombe romane di Brescia e dintorni, Brescia. BONINI A., FELICE M., GUGLIEL- METTI A. 2002, La ceramica comune in Nuove Ricerche sul Capitolium di Brescia. Scavi, studi e restauri, a cura di F. Rossi, Brescia, pp. 239- 271. CAVADA E. 1992, Ceramica comune romana e tardoantica delle Giudicarie Inferiori. Un Fig. 7. Ceramica di tradizione alpina. recupero a Bondo, in Per Aldo Gorfer: studi, con- tributi artistici, profili, bibliografia in occasione romana nel territorio trentino e altoatesino In conclusione, per l'età medio e tardo impe- del settantesimo compleanno, Trento, pp. 375- e con maggiore concentrazione nell’area bre- riale, mentre alcuni recipienti in ceramica 396. sciana e gardesana occidentale, in Valca- semidepurata (anforette e coppe) confermano CORTESE C. 2003, Le ceramiche comuni. monica e nelle valli Giudicarie e rappre- circuiti di distribuzione più ampi, la pre- Forme e produzioni tra l’età augustea e il III sentano l’esito medio e tardo imperiale di senza a Nuvolento di forme caratteristiche secolo d.C., in Ricerche archeologiche nei cortili forme tipiche della tradizione centro alpina quali teglie, boccali e olle con cordone pla- dell’Università Cattolica. Dall’Antichità al preromana, risultando un chiaro indicatore stico distingue l’area lombarda orientale da Medioevo. Aspetti insediativi e manufatti, Atti della persistenza in età romana di una tradi- quella occidentale, delimitando sfere di delle giornate di studio (Milano 24 gennaio 2000, zione protostorica locale45 (Tav. V, n. 5). influenza commerciali e culturali diverse. In Milano 24 gennaio 2001), a cura di S. Lusuardi particolare quella nord-orientale, compren- Siena, M.P. Rossignani, Milano, pp. 67-83. dente il bresciano, la gardesana e l’alto man- DELLA PORTA C., SFREDDA N., TAS- (45) CAVADA 1992, pp. 382-383 e fig. 5 e fig. 7 tovano, appare maggiormente gravitare verso SINARI G. 1998, Ceramiche comuni, in Cera- (con carta di distribuzione); AVANZINI et al. 1994, l’area centro-alpina (fig. 7). miche in Lombardia tra II secolo a.C. e VII secolo pp. 105-106 e fig. 70 (con carta di distribuzione); d.C. Raccolta dei dati editi, a cura di G. Olcese, MASSA 1997, pp. 113-114; ENDRIZZI 2002, p. Mantova, pp. 133-229. 256; ENDRIZZI 2007, pp. 212-213, Tav. 1. ENDRIZZI L. 2002, Cloz in Valle di Non

71 (Trentino): La necropoli di Via S. Maria e altri Documenti di Archeologia, 32. rinvenimenti , in “Archeoalp-Archeologia delle PORTULANO B., RAGAZZI L. 2010, I Alpi”, vol. 6, pp. 217-290. materiali. La ceramica comune, in Fuoco, Cenere ENDRIZZI L. 2007, Ceramica comune, in e Terra. La necropoli romana di cascina Trebeschi Fra il Garda e le Alpi di Ledro, Monte S. Martino. a Manerbio, Rodengo Saiano, pp. 87-95. Il luogo di culto (ricerche e scavi 1969-1979), a RAGAZZI L. in corso di stampa, Le necropoli cura di G. Ciurletti, Trento, pp. 211-233. romane di Cascina San Basciano e di Cascina FABBRI B., GUALTIERI S., MASSA S. Lughetti, in Chiari da villaggio a città, a cura di 2004, Studio delle classi ceramiche: aspetti archeo- A. Breda, nel capitolo di Fausti V., Malaspina logici e indagini archeometriche in Il teatro e F., Mills J., Ragazzi L., Rossi F., Solano S. Il ter- l’anfiteatro di Cividate Camuno. Scavo, restauro ritorio a sud di Chiari alla luce dei ritrovamenti e allestimento di un parco archeologico, a cura di BreBeMi. V. Mariotti, Firenze, pp. 231-253. RATTO S. 2009, Il quotidiano oltre la morte. GUGLIELMETTI A. 2010, La ceramica La ceramica comune in I Celti di Dormelletto, a comune del santuario Flavio tra la fine del I e il cura di G. Spagnolo Garzoli, Gravellona Toce, IV secolo, in Il santuario di Minerva. Un luogo pp. 179-192. di culto a Breno tra protostoria ed età romana, a SIMONE ZOPFI L. 2006, La necropoli tar- cura di F. Rossi, Milano, pp. 291-306. doromana ad incinerazione di Cambiago (MI), GUGLIELMETTI A., LECCA BISHOP in “NSAL”, pp. 249-270. L., RAGAZZI L. 1991, Ceramica comune, in SIMONE ZOPFI L. 2006, La necropoli d’età Scavi MM3. Ricerche di archeologia urbana a romana di Bernate Ticino (MI), in “NSAL”, Milano durante la costruzione della Linea 3 della pp. 219-246. Metropolitana 1982-1990, a cura di D. Capo- SOLANO S., BASSO E., RICCARDI M. P. russo, Milano, pp. 135-252, tav. LIV-CXI. 2010, Studio archeologico e petro-archeometrico GUGLIELMETTI A., SOLANO S., La delle teglie con prese a linguetta (Lappenbecken) ceramica comune del primo santuario romano nell’arco alpino centro-orientale, in 3rd Inter- tra età giulio-claudia e prima età flavia, in Il national Conference on Late Roman Coarse santuario di Minerva. Un luogo di culto a Breno Wares, cooking wares and amphorae in the tra protostoria ed età romana, a cura di F. Rossi, Mediterranean: archaeology and archaeometry, Milano, pp. 245-259. Atti del Convegno (Parma, Pisa 26-30 marzo MASSA S. 1996, Le necropoli e i riti funerari 2008), pp. 539-547. in età romana, in Insediamenti romani di pianura. Vita e rituale funerario, Catalogo della mostra (Padernello di Borgo San Giacomo, 13 aprile-13 giugno 1996), Brescia, pp. 33-65. MASSA S. 1997, Aeterna Domus. Il com- plesso funerario di età romana del Lugone (Salò), Mozzecane (VR). MASSA S. 1999, Le imitazioni di ceramiche fini da mensa tra tarda età romana e alto medio - evo, in Santa Giulia di Brescia. Gli scavi dal 1980 al 1992. Reperti preromani, romani e alto- medievali, a cura di G. P.Brogiolo, Firenze, pp. 119-123. MASSA S., PORTULANO B. 1999, La ceramica comune, in S. Giulia di Brescia. Gli scavi dal 1980 al 1992 Reperti preromani, romani e altomedievali, a cura di G. P. Bro- giolo, Firenze, pp. 143-174. PORTULANO B. 2007, Il vasellame da cucina e da mensa, le lucerne, gli oggetti di orna- mento, in Dalla villa romana all’abitato alto- medievale. Scavi archeologici in località Fausti- nella-S.Cipriano, a cura di E. Roffia, Milano, pp. 36-40. PORTULANO B. AMIGONI S. 2004, La necropoli romana di Campo Olivello dagli scavi ottocenteschi di G.B. Marchesini ai recenti ritro- vamenti nel territorio di ,

72 Laura Contessi Anfore

Le anfore, contenitori di grosse dimensioni destinati al trasporto a media e lunga distanza di derrate alimentari1, costituiscono un rin- venimento fondamentale all’interno dei con- testi archeologici, utili a ricostruire il flusso di scambi commerciali che interessarono grandi e piccole comunità del mondo antico. Particolarmente adatte ai viaggi via mare, poiché impilabili all’interno di grandi navi onerarie, le anfore cariche di derrate giun- gevano, attraverso percorsi marittimi, dai luoghi di produzione agli empori del- l’Adriatico per poi essere smistate. Le merci infatti, giunte agli emporia costieri via mare, venivano reimbarcate su mezzi di trasporto di dimensioni minori e prose- guivano il viaggio risalendo i fiumi, che in epoca antica potevano essere navigati per buona parte dell’anno, per raggiungere i mercati dell’entroterra, ma, soprattutto nei mesi in cui la ridotta portata di alcuni fiumi non ne permetteva la navigazione, i trasporti venivano effettuati via terra, attraverso la rete delle vie consolari, con un incremento dei Fig. 1. Nuvolento, collegata al Po attraverso il fiume Chiese ed il fiume Oglio, era perfettamente inserita costi dovuto alla necessità di organizzare tra- nella rete fluviale norditalica. sporti su vie soggette a manutenzione e con mezzi adatti a far viaggiare contenitori pesanti commerciato (autorizzando anche conside- interessato il territorio italico in generale, subì e poco maneggevoli. razioni quantitative sulle merci oggetto di trasformazioni radicali: iniziarono ad affer- Il contenuto trasportato da questi recipienti esportazione/importazione), al livello di ric- marsi le importazioni provinciali con traffici era costituito il più delle volte da prodotti chezza della popolazione interessata all’ac- a lungo raggio dai mercati del Mediterraneo, deperibili dei quali non si conserva alcuna 2 quisto di prodotti di importazione e soprat- a discapito delle produzioni italiche e nordi- traccia se non nel contenitore utilizzato per tutto sulle rotte commerciali preferenziali taliche che avevano sino ad allora dominato i farli giungere dove richiesti. La forma delle dei vari prodotti. mercati, e ad affermarsi nuove produzioni ita- anfore venne perfezionata fino ad elaborare L’Italia Settentrionale in epoca imperiale si liche a carattere ‘regionale’4. tipologie specifiche atte a far riconoscere la trovava inserita all’interno del circuito com- In molte regioni dell’Occidente l’afflusso di regione di origine ed il tipo di prodotto con- merciale gravitando intorno al fiume Po e anfore continuò per tutto il V secolo. Tuttavia tenuto. Tale diversità tipologica permette alla rete dei suoi affluenti che collegavano in nel V secolo, mentre nei centri costieri si oggi di trarre dai rinvenimenti di anfore in modo capillare il territorio cisalpino al bacino mantenne il predominio delle merci di contesti archeologici informazioni relative al dell’Adriatico ed attraverso questo alle rotte importazione, nei centri dell’entroterra si luogo di produzione, al tipo di prodotto commerciali con l’Oriente3. svilupparono produzioni locali e regionali5. Con la fine del II secolo d.C. il sistema eco- (1) Principalmente vettori per il trasporto di olio e nomico produttivo e commerciale che aveva Le anfore della villa vino, le anfore erano utilizzate anche per trasportare salsa di pesce, olive, frutta, tutti prodotti fonda- La villa romana di Nuvolento, circondata mentali nell’ambito dell’economia antica. (3) I rapporti commerciali con l’Occidente e con senza dubbio da ettari di campagna, doveva (2) L’anfora non era l’unico contenitore utilizzato il versante tirrenico furono invece scarsi, resi diffi- per il trasporto di prodotti (c’erano infatti anche coltosi dalla barriera naturale appenninica che dolia o ad esempio botti di legno), ma è uno dei avrebbe costretto le merci ad affrontare onerosi tra- (4) Cfr. BRUNO 2003, p. 90. pochi non costituito da materiale deperibile. gitti terrestri o lunghi viaggi via mare. (5) Cfr. BROGIOLO 2011, p. 198.

73 fase, essere travasati in contenitori più idonei al trasporto via terra dei quali non è rimasta traccia archeologica.

ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE

BROGIOLO G.P. 2011, Le origini della città medievale, Mantova. BRUNO B. 2003, Le anfore della cava di UC VII. Considerazioni sulle anfore nei contesti databili tra la tarda età antonina e la prima età Severiana, in Dall’antichità al medioevo: aspetti insediativi e manufatti, Milano, pp. 85-97.

Fig. 2. Anfora con orlo dal profilo a imbuto. essere in grado di produrre una buona quan - venisse trasportato l’olio prodotto in area tità di generi alimentari, tale da garantire il nordadriatica. Un piccolo frammento di orlo necessario per i suoi abitanti (proprietari e sembra attribuibile ad anforette norditaliche, lavoranti) e forse tale da generare delle ecce- contenitori di medie dimensioni frequenti denze da destinare al mercato locale. anch’esse nei siti della Cisalpina ed adibite al Alcuni prodotti, però, e non necessariamente trasporto di salsa di pesce. Un ultimo fram- prodotti secondari (ad esempio l’olio e pro- mento riferibile al I-II secolo d.C. è rappre- babilmente anche il vino), dovevano essere sentato da un’ansa a doppio ba stone perti- reperiti all’esterno, sui mercati, e merci par- nente ad una Dressel 2-4, anfora vinaria ori- ticolarmente pregiate potevano arrivare anche ginariamente di produzione tirrenica, ma da molto lontano. prodotta anche in ambito adria tico. Il contesto archeologico della villa di Nuvo- Sempre al circuito orientale, ma ad una fase lento ha restituito una limitata quantità di cronologica successiva, fa riferimento l’anfora frammenti anforari, tra i quali pochissimi S. Lorenzo 7 rappresentata da un piccolo frammenti diagnostici utili a risalire alla tipo- fram mento di orlo associato ad un fram- logia del contenitore e per lo più provenienti mento di collo. Si tratta di un contenitore che da strati superficiali. viene prodotto a partire dal II secolo d.C. e La maggior parte delle anfore individuate che troviamo fino al IV-V secolo, del quale appartengono a tipologie diffuse in ambito al momento si ignora il contenuto, ma che norditalico nel corso della prima età imperiale circola prevalentemente nel mediterraneo e prodotte nel bacino dell’Adriatico. L’esem- orientale e nell’Italia settentrionale. plare meglio conservato (ricomposto nel- Mancano, alla luce dei dati finora raccolti, l’orlo e nel collo) è un’anfora con orlo dal testimonianze relative a contenitori di prove- profilo a imbuto (fig. 2)6, caratteristica distin - nienza spagnola o africana tipici dei com- tiva della forma, contenitore molto diffuso in merci di IV-V secolo d.C., particolare dal Italia settentrionale con il quale si ipotizza quale si potrebbe ipotizzare un reperimento delle merci in ambito locale o regionale, sebbene vada anche considerato che i prodotti (6) Da pulizia settore C, scavo 1987, St. 170591. nel loro percorso finale potessero, in questa

74 Angela Guglielmetti Ceramica invetriata e pietra ollare

Ceramica invetriata

Pochi, ma ben riconoscibili e datanti i manu- fatti in ceramica invetriata dalla villa. Alla media e tarda età imperiale è da riferire una bella coppa ansata con ampio orlo a nastro e vasca emisferica carenata1. L’ansa risulta impostata appena sotto l’orlo e si rac- corda al corpo del vaso appena sotto la carena. La forma riprende un tipo di coppa di uso collettivo o da dispensa già illustrato fra la ceramica comune della villa2. Nell’esemplare preso in esame tuttavia l’orlo e parte della superficie interna della vasca risultano rive- stiti da una vetrina trasparente e fine, chiaro indizio della volontà di riprodurre preziosi prodotti d’importazione, probabilmente ormai divenuti molto costosi o rari3. Non mancano recipienti in cui l’invetriatura aveva funzione impermeabilizzante, per- Fig. 1. Grande mortaio invetriato. metteva cioè di isolare il contenuto del vaso dal corpo ceramico troppo poroso. A questo insieme sono da riferire le grosse ciotole mortaio, convenzionalmente definite mor- taria, contraddistinte dalla presenza di grani di pietra e sabbia sul fondo, orlo verticale poco sviluppato e sottostante listello verticale sul quale si imposta il canale versatoio4. La forma ebbe ampia diffusione in tutta l’Italia settentrionale fra IV e VII secolo e un utilizzo legato ad abitudini alimentari ben radicate che richiedevano di triturare e macerare gli alimenti, forse con l’aggiunta di liquidi, per poi travasarli in un altro contenitore. Gli esemplari di Nuvolento sembrano rien- trare nelle produzioni di IV-V secolo5; sono Fig. 2. Olletta invetriata. Tav. I. 1. Olletta invetriata (scala 1:3). ben cotti, hanno colore arancio con rivesti- mento spesso e coprente di vetrina verde o 6 marrone, diametri in genere intorno ai 30 cm. Un grande mortaio (fig. 1), ricostruito biansata (fig. 2; tav. I, 1) , entrambe con da più frammenti, è forse da ricondurre a superfici interne scanalate, che la composi- una produzione di poco più tarda; la cottura zione degli impasti a inclusi affioranti e i (1) US 187, scavo 1995; altre pareti della stessa risulta poco uniforme con impasto in sezione forma da pulizia, scavo 1987. confronti morfologici con i materiali di (2) A tal proposito si veda Ceramica comune, in di colore dal grigio all’arancio e rivestimento Brescia permettono di assegnare con sicu- questo volume, tav. IV. 3. in vetrina verde oliva. I mortai attestati nei rezza al VI-VII secolo7. (3) DELLA PORTA, SFREDDA,TASSINARI contesti longobardi presentano in genere 1998, p. 234; MURIALDO 2007, pp. 9-30. dimensioni più contenute. (4) Orli: n. 2 pulizia, scavo 1987; fondi: n. 2 pulizia, Alle produzioni altomedievali appartengono (6) Rispettivamente: pulizia, scavo 2012; US 1005, scavo 1987 e US 100, scavo 1995; esemplare rico- infine due forme chiuse, un frammento di scavo 2012, St. 170612. struito: US 187, scavo 1995, St. 170430. (7) PORTULANO 2002, p. 134 tav. LVI 6 e p. 133 (5) PORTULANO 2007, p. 38, n. 12. piccola olpe a corpo cilindrico e un’olletta tav. LV 8,9. Pp. 125-142.

75 Fig. 3.a-b. Superficie esterna ed interna di fondo di pentola in pietra ollare.

Pietra ollare di età longobarda. Dai riempimenti delle buche di asportazione Lo scavo ha restituito un numero considerevole delle strutture romane e dalla pulizia dei Fig. 4. Pareti di pentola in pietra ollare verde pro- di fondi e pareti di pentole, tegami e bicchieri muri provengono frammenti di pentole cilin- veniente dalla Valle d'Aosta. in pietra ollare, una roccia di origine meta- driche e troncoconiche; le superfici esterne morfica compatta e tenera, facilmente lavo- sono segnate da ampie scanalature regolari in L’area del Capitolium di Verona. Ricerche sto- rabile al tornio e resistente al calore e al freddo con profilo ad arco di cerchio e apici rilevati, riche e archeologiche, a cura di Cavalieri Manasse che ebbe notevole utilizzo in età medievale. un fondo presenta superficie esterna rifinita G., Verona, pp. 491-493. La fortuna commerciale dei recipienti in a “graticcio” con una strumento a più punte DELLA PORTA C., SFREDDA N.,TAS- pietra ollare dipese dal fatto che il materiale e la tipica superficie interna con spacco “a SINARI G. 1998, Ceramica invetriata di età tar- non assorbe e non modifica il gusto dei cibi, gradini” (fig. 3)9. doantica-altomedievale, in Ceramiche in Lom- e per la credenza popolare circa la sua capacità Dalla colmatura di un’altra buca proviene bardia tra II sec. d.C. e VII sec. d.C.. Raccolta dei di annullare la tossicità o i danni comportati un frammento di parete di pentola cilindrica dati editi, a cura di G. Olcese, Mozzecane (VR), pp. 233-249. alla salute da alcuni ingredienti utilizzati nelle in pietra ollare verde molto lucente e a grana LUSUARDI SIENA S., SANNAZARO M. pietanze. fine e liscia giunta dalla Valle d’Aosta, pre- 1994, La pietra ollare, in Ad mensam. Manufatti Ad esclusione di un solo esemplare in pietra sente a Brescia solo a partire dal VI e VII 10 d’uso da contesti archeologici fra tarda antichità verde proveniente dalla valle d’Aosta, tutti i secolo (fig. 4) . Altre pareti con superfici e medioevo, a cura di S. Lusuardi Siena, pp. frammenti di Nuvolento sono riconducibili interne segnate da fini solcature “millerighe” 11 157-188. a talcoscisti di colore grigio-verde della Val- si datano fra VII e X secolo , come forse MANNONI T., MESSIGA B. 1980, La pro- tellina e della Val Bregaglia in Svizzera. anche un frammento a superfici lisce con duzione e la diffusione dei recipienti in pietra Diversamente da quanto attestato nella Lom- leggera cordonatura presente all’esterno, ollare nell’alto medioevo, Atti del VI congresso bardia occidentale (fra Milano, Como e appena sotto l’orlo, che doveva servire a Internazionale di Studi sull’Alto Medioevo, II Varese), l’introduzione della pietra ollare a bloccare la fascia metallica di aggancio del (Milano , 1978), Spoleto, pp. 501-522. Brescia e nel suo territorio avvenne a partire manico a sospensione del recipiente. MANNONI T., PFEIFER H.R., SER- dal V secolo, con una netta intensificazione NEELS V., 1987, Giacimenti e cave di pietra nel VI e VII e sino al X, quando la città entrò ollare nelle Alpi, in Atti del Convegno (Como a far parte dei circuiti commerciali e distri- ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE 16-17 ottobre 1982), pp. 7-45. butivi dei lavezzi in pietra i cui centri di pro- MURIALDO G. 2007, Alto-Adriatico e alto- duzione erano localizzati nell’arco alpino ALBERTI A. 2002, I recipienti in pietra ollare, Tirreno nel mondo mediterraneo: due mari a nord-occidentale8. in S. Giulia di Brescia, gli scavi dal 1980 al confronto tra VI e X secolo, in La circolazione A Brescia le stoviglie in pietra ollare risultano 1992. Reperti preromani, romani e altomedievali, delle ceramiche nell'Adriatico tra tarda antichità particolarmente apprezzate dalle popolazioni a cura di G.P. Brogiolo, Firenze, pp. 261-270. e altomedioevo, III incontro di studi longobarde, il cui arrivo ne fa registrare un BOLLA M. 1991, Recipienti in pietra ollare, CER.AM.IS., a cura di S.Gelichi e C. Negrelli, picco di presenze. in Scavi MM3. Ricerche di archeologia urbana pp. 9-31. Anche a Nuvolento sono documentate forme a Milano durante la costruzione della Linea 3 PORTULANO B. 1999, La ceramica inve- databili a partire dalla fine del V-VI secolo, della Metropolitana 1982-1990, a cura di D. triata, in S. Giulia di Brescia. Gli scavi dal 1980 con pareti spesse e lisce su entrambi i lati o Caporusso, Milano, 3.2, pp. 11-37. al 1992. Reperti preromani, romani e altome- segnate da leggere linee del tornio a distanza BOLLA M. 2008, I recipienti in pietra ollare, dievali, a cura di G.P. Brogiolo, Firenze, pp. irregolare, ma sono per lo più presenti i tipi 125-142. PORTULANO B. 2007, Il vasellame da cucina e da mensa, le lucerne, gli oggetti di orna- (9) Da Pulizia scavo 1987, St.170613; altro fondo , in di pentola ricomposto da più frammenti in US mento Dalla villa romana all’abitato alto- (8) A tal proposito ALBERTI 2002, pp. 264-265; medievale. Scavi archeologici in località Fausti- per un quadro generale sulla diffusione dei manu- 180, scavo 1995, St. 170428. fatti in pietra ollare si veda MANNONI, MESSIGA (10) Da US 1061, scavo 2012. nella-S.Cipriano, a cura di E. Roffia, Milano, 1980, pp. 501-522. (11) ALBERTI 2002, p. 269. pp. 36-40.

76 Patrizia Cattaneo Lucerne

Solo tre esemplari testimoniano l’utilizzo sigillata africana; il frammento, proveniente delle lucerne nella villa di Nuvolento. L’ap- da un contesto altomedievale, non permette partenenza a tipi diversi per produzione e né l’identificazione con una forma certa né cronologia permette comunque di fare la sicura attribuzione ad un esemplare di qualche breve considerazione. importazione piuttosto che ad uno di fabbri- A lucerne di prima e media età imperiale cazione locale; le imitazioni sono infatti fre- appartengono un piccolo frammento di spalla quenti e non sempre riconoscibili ma si tratta decorata ad ovoli, tipo assai frequente la cui in ogni caso di produzioni cronologicamente qualità di lavorazione farebbe però pro- vicine a quelle africane, comprese in linea pendere per l’appartenenza ad un esemplare generale tra IV e VI d.C.3. di I secolo d.C., ed un fondo di Firmalampe, tipologia caratterizzata dalla lunga durata e da una sostanziale omogeneità e semplifica- ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE zione della forma, così denominata per la Fig. 1. Porzione di fondo di Firmalampe con marchio Fortis. presenza del marchio di fabbrica. La nostra GUALANDI GENITO M.C. 1986, Le lucerna (fig. 1)1 presenta traccia di una firma lucerne antiche del Trentino, Trento. facilmente interpretabile come quella di STELLA C., MORANDINI F. 1999, Le FORTIS, titolare di un’officina, localizzata lucerne, in Santa Giulia di Brescia. Gli scavi dal probabilmente nel modenese, che raggiunge 1980 al 1992. Reperti preromani, romani e alto il massimo sviluppo tra la fine del I e il II medievali, a cura di G.P. Brogiolo, Firenze, pp. secolo d.C.2. Si conserva infine solo una por- 69-79. zione di corpo e piede di una lucerna in

Fig. 2. Esempio di lucerna con marchio Fortis (Museo Nazionale della Valcamonica di Cividate Camuno - BS).

(1) US 2012, scavo 2012, St. 170619. (2) GUALANDI GENITO 1986, p. 280. (3) STELLA, MORANDINI 1999, pp. 73 ss.

77 Angela Guglielmetti Una statuetta decorativa, oggetti in bronzo, vetri

Una statuetta decorativa1

Dalle macerie di demolizione del settore termale della villa proviene un frammento di statuetta femminile in marmo2 (fig. 1). Rimane parte della gamba sinistra, piegata al ginocchio relativa ad una figura panneggiata, stante sulla gamba destra, con la sinistra piegata leggermente e spostata di lato. Con- siderate le ridotte dimensioni, la piccola scultura era alta intorno ai 60 cm e rappre- sentava una divinità o una figura mitologica, replica di un originale greco. La lavorazione del marmo è accurata, con un raffinato gioco di pieghe nel panneggio che lascia intrav- vedere le forme del corpo. L’opera faceva parte del ricco apparato decorativo degli ambienti di rappresentanza della villa e può essere datata nel I-II secolo d.C.

Oggetti in bronzo 3

Anche gli oggetti in bronzo restituiti dagli scavi riflettono le abitudini e la raffinatezza dei proprietari della villa della Pieve. Un manico di simpulum, piccolo attingitoio o mestolo, è riferibile al servizio da tavola utilizzato durante i banchetti allestiti dal dominus per i suoi ospiti4 (figg. 2-4). L’og- getto, cui manca la conca alla quale si rac- cordava con due piccole volute, presenta all’estremità superiore un piccolo colino a forma di conchiglia; è databile nel I-II secolo d.C. Veniva utilizzato per filtrare e poi versare bevande, in particolare il vino che solita- mente non era bevuto puro, ma allungato con acqua, spezie, miele. Alla sfera cosmetica, medica o all’igiene per- sonale rimanda uno specillum, una piccola spatola con stelo decorato a piccoli tagli oriz-

(1) L’esame dell’oggetto si deve a Rosanina Inver- nizzi. (2) Da US 178, scavo 1995, St. 170615. (3) L’esame dei reperti in bronzo di età romana si deve a Rosanina Invernizzi, quello della fibula a chi scrive. (4) Pulizia, scavo 1987, St. 60124. ROSSI 1987, p. 53. Fig. 1. Frammento di statuetta femminile panneggiata.

78 Figg. 5-6. Specillum a stelo decorato. Figg. 2-3. Manico di piccolo mestolo e sua ricostruzione.

Fig. 7. Pendaglio in bronzo.

zontali e obliqui5 (figg. 5-6). Lo strumento era utilizzato per preparare misture e unguenti o mischiare polveri profumate ottenute da sostanze vegetali aromatiche. L’esemplare di Nuvolento si data genericamente ad età ro - mana. Lo scavo ha restituito due soli oggetti di ornamento personale. Un pendaglio ad anello che, sospeso, doveva essere portato al collo6 (fig. 7), e una fibula con arco a forma di elica

Fig. 4.a-b. Colino a forma di conchiglia posto all’estremità dell’attingitoio. (5) Da US 1048, scavo 2012, St. 170434. (6) Pulizia, scavo 1987, St. 60123.

79 Figg. 8-9. Fibula in bronzo. che è da riferire allo spoglio della villa in età tardoromana (figg. 8-9). La fibula, rinvenuta integra nel riempimento della fossa di spoliazione di una soglia del- 10 l’area residenziale7, presenta ardiglione ripiegato a formare la molla e arco laminare ottenuto tramite battitura terminante nella staffa. La sagoma dell’arco prende a modello guarnizioni e placche decorative di fibbia 11 dalla caratteristica forma “ad elica” che erano montate sui cinturoni in dotazione ai militari dell’esercito romano fra IV e V secolo8. L’esemplare presenta sul dorso una stagnatura che lo doveva impreziosire conferendogli un aspetto argentato9. 12 Vetri10

Il vasellame fine in vetro proveniente dalla villa è composto quasi esclusivamente da piatti, bottiglie, coppe e bicchieri utilizzati sulla mensa. È presente un solo balsamario. Pochi gli esemplari da riferire alle fasi più 13 antiche: un fondo di piatto in vetro verde, Figg. 10-13. Recipienti in vetro (scala 1:2). fuso a stampo (forma Isings 22), è databile fra la fine del I secolo a.C. e la prima metà del I secolo d.C., due frammenti sono ricon- comune in tutta l’Italia settentrionale e a quenti dei contesti tardoantichi dell’Italia ducibili a bottiglie a corpo quadrangolare nord delle Alpi, prodotta a basso costo in settentrionale. A Nuvolento quest’ultima è prodotte in vetro soffiato nei primi due secoli diverse manifatture locali11. presente con esemplari in vetro incolore, d.C. (Isings 50). Bottiglie in vetro soffiato nelle tonalità del- verde chiaro e, in un caso, giallo con gocce Alla metà del I secolo-primi decenni del II l’azzurro e del verde chiaro (fig. 11)12, la più decorative applicate in vetro verde scuro (fig. secolo si datano due piatti a vasca svasata e preziosa delle quali in vetro giallino reca sul 12)13. Ad una produzione più rara e pre- orlo a cordoncino in vetro verde chiaro (Isings corpo alcune linee incise parallele, sono atte- giata va ricondotto un frammento di bic- 46a) (fig. 10), una forma semplice e molto state sino all’età tardo imperiale insieme a chiere con decorazione a nido d’ape ottenuta coppette con orlo tagliato a spigolo vivo per soffiatura entro matrice (Isings 107a, (Isings 96 o 106), una fra le forme più fre- (7) Da US 1065, scavo 2012, St. 170431. (8) CAVADA 2002, p. 156, tav. XII. (13) Da US 122, scavo 1995, St. 17607. Bicchieri (9) La presenza di un probabile rivestimento in (11) Da pulizia settore C, scavo 1987, St. 170605; con gocce applicate nei colori verde e blu sono ben stagno è stata rilevata nel corso del restauro da parte In merito alla cronologia e alla diffusione della attestati nei contesti di Brescia, S. Giulia: UBOLDI di Lucia Miazzo, cui si deve l’informazione. forma si veda ROFFIA 2010, p. 335. 1999, p. 285, tavv. CLVI, 8-9 e CLVII, 1; CXIX, (10) L’analisi dei vetri si deve a Elisabetta Roffia. (12) Da US 1109, scavo 1995, St. 170606. 4-6.

80 ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE

A.A.V.V. 1977, L’instrumentum domestico di Ercolano e Pompei, Roma, p. 167, tav. LXXXVII, 53. CAVADA E. 2002, Militaria tardoantichi (fine IV-V secolo) dalla Valle dell’Adige e dalle aree limitrofe. L’informazione archeologica, in Miles Romanus Dal Po al Danubio nel tardoantico, Atti del convegno internazionale (Pordenone- Concordia Sagittaria, 17-19 marzo 2000),a cura di M. Buora, Pordenone, p. 156, tav. XII. ROFFIA E. 2010, I vetri, in Il santuario di Minerva. Un luogo di culto a Breno tra protostoria ed età romana, a cura di F. Rossi, Milano, pp. 328-344. ROSSI F. 1987, Nuvolento (Brescia) Insedia- mento rustico di età romana, in “NSAL”, pp. 51- 54. UBOLDI M. 1999, I vetri, in S. Giulia di Brescia. Gli scavi dal 1980 al 1992. Reperti pre- romani, romani e altomedievali, a cura di G.P. Brogiolo, Firenze, pp. 271-307.

Fig. 14. Frammenti di lastre da finestra di tipo più antico. seconda metà del IV-V secolo). superficie opaca e l’altra brillante ottenuta È infine ben documentata la produzione di per colatura su stampo (fig. 14)15; la cui pro- vetro altomedievale con forme databili a duzione si data fra I e II secolo d.C. Altre partire dalla fine del V al VII-VIII secolo, lastrine di vetro con striature e numerose tutte uniformemente restituite dagli strati di bolle di colore verdastro o azzurro di medio rioccupazione della villa nella fase VI. Sono spessore (tipo 2), oppure di vetro incolore o frammenti pertinenti a bicchieri a calice con azzurro chiaro molto sottile (tipo 3), rientrano orlo rifinito a caldo e pareti a volte decorate in una seconda produzione diffusa a partire da striature e sottili filamenti applicati dal III secolo d.C. ottenuta con soffiatura a bianchi; il vetro è sottile, di colore azzurro cilindro. Frammenti delle lastre di primo chiaro (sei esemplari) o giallo (un solo esem- tipo provengono dai depositi precedenti la plare) con bolle e inclusioni (fig. 13)14. Si costruzione dei vani riscaldati della villa e tratta di stoviglie di particolare lusso uti- paiono quindi essere pertinenti alla sua prima lizzate dalla piccola comunità longobarda fase edilizia. I frammenti più fini e di minore stanziata a Nuvolento. qualità dovevano invece essere stati impiegati La sontuosità degli edifici di rappresentanza nell’area residenziale del complesso di fase e le agiate condizioni economiche dei pro- III o IV. prietari della villa in età romana si desumono anche dalla presenza di lastre di vetro che, montate su telai in legno, ne impreziosivano le finestre, proteggendole. Simili manufatti, che in genere risultano piuttosto rari e costosi, a Nuvolento sono presenti in tre diversi tipi. Un primo gruppo di lastre è di colore azzurro, in vetro spesso e di buona qualità, con una

(15) Tipo 1: pulizia settore C, scavo 1987; US 100, (14) Da US 229, scavo 1995, St. 170608. Altri 152, 153, scavo 1995; tipo 2: US 100, 101, 153, esemplari in US 102 n. 2, in US 187 n. 3, scavo 187, scavo 1998, US 1109 e 1048, scavo 2012. 1995; US 1069, scavo 2012. UBOLDI 1999, pp. tipo 3: US 100, 123, 153, 180, 187, 198, 206, 294-298, tav. CXXIV-CXXVII. 227, raccolta di superficie, scavo 2012.

81 Chiara Bianchi Gli spilloni in osso

Dagli scavi nell’area della villa di Nuvolento iconografiche dell’uso di spilloni posti fra i provengono tre spilloni in osso (fig. 1), due capelli proviene dai ritratti dipinti sulle dei quali presentano piccole teste ovoidali mummie egiziane di epoca romana rinvenuti con le sfaccettature di lavorazione non rifinite, soprattutto nella zona di El-Fayum (figg. 4- il terzo è uno stelo frammentario mancante 6), alcuni dei quali mostrano chiaramente della parte superiore e della testa1. spilloni infilati obliquamente nell’accon- Gli spilloni o aghi crinali erano gli strumenti ciatura sulla sommità della testa4. utilizzati nell’ambito delle acconciature fem- I due spilloni rinvenuti a Nuvolento sui quali minili per la divisione dei capelli nelle ope- si è conservata la testa sono riferibili al gruppo razioni di pettinatura (acus discriminalis), per A XX, 8 della classificazione tipologica impo- il fissaggio delle ciocche di capelli nelle accon- stata da J.C. Béal, che raccoglie gli spilloni ciature più elaborate (acus crinalis) e anche per con testa ovoidale5. l’applicazione di unguenti e profumi pre- All’interno di questo tipo, uno dei più levati da contenitori2. comuni durante tutto il corso dell’età impe- Nel mondo romano però sono estremamente riale romana, sono riconoscibili alcune rare le rappresentazioni iconografiche di varianti nella forma della testa, che poteva spilloni infilati nei capelli ed è verosimile presentarsi più o meno voluminosa, bassa o che lo spillone venisse in genere celato inten- allungata, con la sommità appuntita o arro- zionalmente nell’acconciatura, in modo che tondata. Una delle varianti più comuni, cui svolgesse la sua funzione statica senza essere sono riferibili gli esemplari da Nuvolento, è visibile. È questo il caso degli spilloni dei costituita dagli spilloni con testa ovoidale tipi più comuni, piuttosto piccoli e con la piccola e irregolare, spesso con le sfaccet- testa configurata in forme geometriche molto tature di lavorazione non rifinite. Proprio in semplici. ragione del fatto che si tratta del prodotto cor- Una attestazione dell’uso degli spilloni per rente di botteghe di artigiani anche non sostenere le acconciature è il ritrovamento molto specializzati, gli spilloni di questa nella zona di El-Fayum in Egitto di una fascia variante sono molto diffusi in numerosi siti a diadema di capelli posticci (fig. 2), risa- di età romana e in diversi casi è probabile lenti al II secolo d.C., con un’intelaiatura di che si tratti di esemplari lavorati localmente. Gli spilloni di questo tipo sono stati raccolti nella variante f2 della classificazione degli Fig. 1. I tre spilloni in osso dalla villa romana di spilloni rinvenuti in Lombardia, dove sono Nuvolento. (1) I tre spilloni, rinvenuti nello scavo del 1995, da presenti in contesti databili a partire dalla US 180, St. 170600 (lungh. cm 4,7); da US 235, fine del II secolo d.C. e poi prevalentemente St. 170602 (lungh. cm 8,3); da US 214, St. 17601 del III e IV secolo d.C.6. La notevole diffu- (lungh. cm 6,8), provengono da stratificazioni più di sessanta spilloni in bronzo3. legate alle spoliazioni in età tardoantica dei vani Fra le rare rappresentazioni di aghi crinali con ipocausto. visibili nelle acconciature si possono ricordare (2) Sulle funzioni degli spilloni in età romana (4) Per queste rappresentazioni iconografiche pla- STUTZINGER 1995, pp. 135-153; BIANCHI anche alcuni ritratti femminili in marmo o stiche e pittoriche BIANCHI 1995, pp. 17-22, 1995, pp. 15-31; MIKLER 1997, p. 50; terracotta di età flavio-traianea che mostrano figg. 1-11; OBMANN 1997, pp. 65-66, figg. 10- OBMANN 1997, pp. 63-66; DESCHLER-ERB sul retro lunghi spilloni infilati orizzontal- 12. ˇ 1998, pp. 159-162; GOSTENCNIK 2005, pp. mente sopra la nuca che servivano a sostenere (5) BÉAL 1983, pp. 193-199. 89-94; SCHENK 2008, pp. 23-24. Sulla questione sui due lati le ingombranti crocchie a ciam- (6) BIANCHI 1995, pp. 60-63, variante f2. In di un possibile utilizzo degli spilloni in età tardo- particolare per quanto concerne il territorio bre- antica anche per fissare vesti o sudari BIANCHI bella composte da più giri di trecce (fig. 3). sciano due spilloni in osso riferibili a questa variante 1995, p. 29, in part. nota 84; ROSSI 2000 (l’ipotesi Un’altra importante serie di testimonianze provengono dalla tomba 9 a cremazione della è stata avanzata in relazione a uno spillone in osso necropoli di via S. Faustino a Brescia, databile alla rinvenuto a Brescia in una tomba femminile a inu- fine del II-inizi del III secolo d.C. (La vita dietro le mazione in Tresanda S. Nicola databile alla seconda (3) FLINDERS PETRIE 1927, p. 5, tav. IV, n. cose 2004, pp. 42-43 e 51) e altri due esemplari metà del III-inizi del IV secolo d.C.). 43. simili databili al III-IV secolo d.C. dall’area dell’an-

82 Fig. 2. Diadema di capelli posticci con intelaiatura di spilloni in bronzo, II secolo d.C., dalla zona di Fig. 3. Ipotesi ricostruttiva dell’utilizzo di un lungo El-Fayum (particolare della tavola, in alto, n. 43) (da FLINDERS PETRIE 1927, tav. IV). spillone infilato orizzontalmente nella crocchia sopra la nuca, come è attestato su alcuni ritratti di età flavio-traianea (disegno di Pierluigi Dander). sione degli spilloni riferibili a questa variante è stata confermata dalla loro presenza in numero percentualmente rilevante fra gli esemplari rinvenuti nello scarico nel con- dotto del vano adiacente al portico occi- dentale del Capitolium di Brescia, databili dalla fine del II al IV secolo d.C.7. Sempre in territorio bresciano si ricorda il rinvenimento di sette spilloni in osso nel- l’area della villa romana di Desenzano (via Borgo Regio), emersi in ambienti a destina- zione termale o ad essi limitrofi e in canali8.

fiteatro di Cividate Camuno (CARRARA 2004, p. 283, nn. 1-2, tav. I). (7) BIANCHI 2002, pp. 468-470, figg. 3-4. Una conferma di questa preponderante rilevanza numerica degli spilloni a testa ovoidale (però con una maggiore incidenza della presenza delle varianti f3 e g) è stata offerta recentemente dallo studio degli spilloni in osso provenienti dall’area del Capi- tolium di Verona (BOLLA 2008, p. 522, fig. 1). (8) BIANCHI 1995, pp. 40-41, nn. 66-72; in part. p. 62 n. 69 per un esemplare riferibile alla variante Fig. 4. Ritratto di donna a encausto su legno di f2; pp. 95-96. Altri due spilloni in osso provengono Fig. 5. Ritratto di donna a tempera su legno di dall’area di un’altra villa romana a Desenzano, in cedro, 100-120 d.C., da Hawara, Londra, British cedro, 140-160 d.C., provenienza sconosciuta, località Faustinella-S. Cipriano (PORTULANO Museum (da Fayum 1997, p. 82, n. 53). Londra, British Museum (da Fayum 1997, p. 135, 2007, p. 37, n. 10; p. 39, n. 26). n. 99).

83 ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE versity College, London, London. GOSTENCˇNIK K. 2005 Die Beinfunde vom BÉAL J.C. 1983, Catalogue des objets de Magdalensberg (Archäologische Forschungen zu tabletterie du Musée de la Civilisation gallo- den Grabungen auf dem Magdalensberg, 15), romaine de Lyon, Lyon. Klagenfurt. BIANCHI C. 1995, Spilloni in osso di età La vita dietro le cose 2004, La vita dietro le romana. Problematiche generali e rinvenimenti cose. Riflessioni su alcuni corredi funerari da in Lombardia, Milano. Brixia, a cura di F. Rossi, Milano. BIANCHI C. 2002, Gli spilloni in osso, in MIKLER H. 1997, Die römischen Funde aus Nuove ricerche sul Capitolium di Brescia. Scavi, Bein im Landesmuseum Mainz (Monographies studi e restauri, a cura di F. Rossi, Milano, pp. Instrumentum, 1), Montagnac. 467-474. OBMANN J. 1997, Die römischen Funde BOLLA M. 2008, Miscellanea, in L’area del aus Bein von Nida-Heddernheim (Schriften des Capitolium di Verona. Ricerche storiche e archeo- Frankfurter Museums für Vor- und Frühge- logiche, a cura di G. Cavalieri Manasse, Verona, schichte, Archäologisches Museum, XIII), Bonn. pp. 517-527. PORTULANO B. 2007, La vita quotidiana, CARRARA M. 2004, Instrumentum, in Il in Dalla villa romana all’abitato altomedievale. teatro e l’anfiteatro di Cividate Camuno. Scavo, Scavi archeologici in località Faustinella-S. restauro e allestimento di un Parco archeologico, Cipriano a Desenzano, a cura di E. Roffia, a cura di V. Mariotti, Firenze, pp. 283-284. Milano, pp. 36-40. DESCHLER-ERB S. 1998, Römische Bein- ROSSI F. 2000, Una signora di rango a Brescia artefakte aus Augusta Raurica (Forschungen in in età tardoantica, Scheda edita in occasione Fig. 6. Ritratto di donna a encausto su legno, 100- Augst, 27), Augst. della mostra, Milano. 110 d.C., da El-Hibeh?, Malibu, J. Paul Getty Fayum 1997, Fayum. Misteriosi volti dal- SCHENK A. 2008, Regard sur la tabletterie Museum (da Fayum 1997, p. 138, n. 102). l’Egitto, Catalogo della mostra (Roma, 1997- antique. Les objets en os, bois de cerf et ivoire du 1998), a cura di S. Walker, M. Bierbrier, Musée Romain d’Avenches, Avenches. Milano. STUTZINGER D. 1995, Römische Haar- FLINDERS PETRIE W.M. 1927, Objects nadeln mit Frauenbüste, in “Bonner of daily use with over 1800 figures from Uni- Jahrbücher”, 195, pp. 135-208.

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Angela Guglielmetti Ceramiche e metalli di età altomedievale

La rioccupazione della villa romana in età altomedievale, successiva al degrado delle strutture edilizie, comportò una parziale demolizione dei ruderi abbinata ad una con- servazione selettiva di alcune murature. Nell’ area residenziale sud e nella porzione termale nord ovest del complesso vennero impiantate nuove strutture di edilizia povera: piccoli vani con pareti e tramezze in legno, coperture a trame vegetali, pavimenti in terra battuta con fosse focolari poste lungo i peri- 1 metrali e utilizzate nelle attività domestiche1. Lungo il lato orientale dell’atrio (ambiente 7) le indagini hanno documentato una grande fossa ellittica, ampia 1,25 x 0,65 m, con pareti rivestite da ciottoli e fondo combusto, riempita da terra e ciottoli e alla base da uno strato di carbone di legno, residuo del com- bustibile utilizzato2 (fig. 1). È probabile che questa buca venisse adoperata per la prepa- 2 razione dei cibi secondo la pratica della “cottura soffocata”, recentemente docu- mentata in altri siti altomedievali bresciani3 o per altre attività artigianali delle quali è rimasta scarsa evidenza. 3 Oltre ad alcuni reperti già citati come i vetri,

4 (1) Cfr. supra ROSSI, La villa di Nuvolento lungo i percorsi tra Brixia e il Garda. (2) Cfr. supra SIMONOTTI, Struttura e fasi della villa. (3) BREDA 2007, p. 230. Tav. I. Ceramica di fine VI-VII secolo d.C. (scala 1:2).

la pietra ollare, la ceramica invetriata, la fibula nelle attività domestiche di filatura delle fibre in bronzo, altri manufatti testimoniano il naturali usualmente praticate dalle donne, riutilizzo del sito da parte di una piccola il coltellino in ferro aveva usi molteplici e comunità in età longobarda. Dai riempi- ricorre sia nei contesti domestici che nelle menti delle buche di palo di sostegno ai vani sepolture. in legno provengono la lama frammentaria di Sempre all’età longobarda sono da riferire un piccolo coltello in ferro e una fusaiola a altri manufatti trovati nei livellamenti delle corpo biconico con superficie nera segnata da buche di spoliazione delle strutture romane. leggere solcature (tav. I, 1)4. La fusaiola si Fra le ceramiche l’orlo di un piccolo boccale data alla fine VI-VII secolo5 ed era impiegata in pasta grigia e la spalla di una bottiglia in ceramica fine e micacea dalla caratteristica colorazione scura, ornata a stralucido e a (4) Coltello da US 1042, scavo 2012; fusarola da US 1048, scavo 2012, St. 170435. Fig. 1. Fossa focolare ricavata nell'atrio della villa (5) Una fusarola biconica in ceramica comune costi- della necropoli di Santi di Sopra. DE in età altomedievale. tuisce l’unico oggetto di corredo della tomba 29 MARCHI 1997, p. 398, fig. 7.1.

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Fig. 4. Recipienti in pietra ollare.

I due piccoli recipienti appartengono ad un in superficie (tav. I, 2). Tali recipienti particolare tipo di ceramica diffusa soprat- dovevano essere utilizzati per la cottura dei tutto in Lombardia, nelle necropoli e nelle cibi insieme a pentole cilindriche o tronco- aree abitate delle maggiori città dei ducati lon- coniche in pietra ollare dalle caratteristiche gobardi, come anche nei castelli o nei piccoli superfici lavorate a gradino o con scanalature centri abitati collocati in aree strategiche della ad apici rilevati (fig. 4). Per la conservazione campagna, laddove risiedevano comunità lon- e la preparazione dei cibi erano preferiti altri gobarde che intendevano mantenere e mani- vasi, olle ansate e piccole brocche caratte- festare la loro cultura di appartenenza anche rizzate da rivestimento vetroso impermeabi- negli oggetti di uso quotidiano8. lizzante interno o esterno. Ancora dall’area termale e residenziale della È probabile che al corredo della tavola venisse villa provengono alcuni frammenti di olle in destinata una suppellettile in vetro di parti- ceramica comune già note nei contesti abi- colare pregio, rappresentata a Nuvolento da Fig. 3. Punta di lancia trovata fra le macerie della tativi longobardi dell’area del Capitolium e di un buon numero di esemplari e composta villa. S. Salvatore di Brescia9. Due frammenti da bicchieri a calice con pareti a volte decorate hanno orlo a sezione triangolare segnato da da striature e sottili filamenti applicati stampiglia da un motivo di piccoli zig zag una lieve solcatura interna per l’appoggio del bianchi11. verticali impressi su più registri (tav. I, 3 e 4)6. coperchio e pareti svasate, uno ha orlo a Dalle macerie dei muri romani proviene, La decorazione, uguale a quella presente su sezione squadrata10; il loro impasto è duro, infine, una bella punta di lancia (fig. 3)rea- un altro recipiente rinvenuto a Brescia7, era grigio-nero con abbondanti inclusi affioranti lizzata in ferro forgiato e martellato con forma realizzata prima della cottura, quando il reci- di foglia di alloro e sede di innesto circolare piente aveva raggiunto la durezza cuoio, uti- per il manico in legno, tipico elemento che lizzando un punzone in osso, corno o metallo. (8) DE MARCHI 2007, pp. 287-288. qualificava i guerrieri longobardi. (9) GUGLIELMETTI 1996, p. 271, 20-21 e p. Quest’ultimo oggetto, come forse anche 272; MASSA, PORTULANO 1999, Tav. LXXVIII (6) Entrambi i pezzi da US 102, scavo 1995; St. 7-11, pp. 170-171. 170610 e 170611. (10) Da US 131, scavo 1995, St. 170609; US 1075, (11) Cfr. supra GUGLIELMETTI, Una statuetta (7) VITALI 1999, p. 188. e pulizia vano 7, scavo 2012. decorativa, oggetti in bronzo, vetri.

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alcuni degli altri descritti, potrebbe essere ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE appartenuto al corredo funerario di una sepoltura maschile, successivamente scon- Carta archeologica della Lombardia 1991, volta, deposta appena al di fuori delle piccole Carta archeologica della Lombardia. La Pro- abitazioni in legno costruite dalla comunità vincia di Brescia, a cura di F. Rossi, Modena. longobarda, secondo una pratica ampiamento BREDA A. 2007, Il territorio di Flero nell’an- documentata in altri siti lombardi coevi. A tichità. Il sito di via XX Settembre, Flero: inse- rafforzare questa ipotesi è il rinvenimento di diamenti rurali nella pianura bresciana fra Celti una sepoltura ad inumazione altomedievale e Longobardi, in “NSAL”, pp. 227-235. registrato nel 1986 in località Pieve Vecchia13. BROGIOLO G.P., CHAVARRIA A. 2003, I resti delle abitazioni documentate presso Chiese e insediamenti tra V e VI secolo: Italia Set- tentrionale, Gallia meridionale e Hispania, in la villa di Nuvolento, così come le sepolture Chiese e insediamenti nelle campagne tra V e VI sopra menzionate, sono certamente da secolo, Atti 9° seminario sul tardo antico e l’alto mettere in relazione con la Pieve eretta appena medioevo (Garlate, 26-28 settembre 2002), a sud dell’area intorno al V secolo, come pp. 9-38. indica la presenza di frammenti di arredo DE MARCHI P.M. 1997, Calvisano e la liturgico altomedievali conservati all’interno necropoli d’ambito longobardo in località Santi di 14 dell’edificio . Sopra. La pianura tra Oglio, Mella e Chiese nell’al- tomedioevo, in L’Italia centro-settentrionale in età longobarda, a cura di L. Parodi, pp. 377-411. DE MARCHI P.M. 2007, La ceramica lon- gobarda in Italia, in “NSAL”, pp. 281-301. GUGLIELMETTI A. 1996, Ceramica di età longobarda dall’area del Capitolium: analisi di una struttura produttiva, in Carta Archeo- logica della Lombardia. Brescia. La città, a cura di F. Rossi, Savignano sul Panaro (MO), pp. 265-283. MASSA S., PORTULANO B. 1999, La ceramica comune, in S. Giulia di Brescia. Gli scavi dal 1980 al 1992. Reperti preromani, romani e altomedievali, a cura di G.P. Bro- giolo, Firenze, pp. 143-174. SIMONOTTI F. 2007, Le capanne altome- dievali, in Dalla villa romana all’abitato alto- medievale. Scavi archeologici in località Fausti- nella-S.Cipriano, a cura di E. Roffia, Milano, pp. 61-62. VITALI M. 1999, La ceramica longobarda, in S. Giulia di Brescia. Gli scavi dal 1980 al 1992. Reperti preromani, romani e altome- dievali, a cura di G.P. Brogiolo, Firenze, pp. 175-220.

(12) Da pulizia, scavo 2011, St. 170433. (13) Carta archeologica della Lombardia 1991, p. 151, rinvenimento 1136. (14) BROGIOLO 2003, p. 12.

87 L’intervento di valorizzazione Astarte srl Il restauro

Premessa a becco, prestando la massima attenzione, al acrilica dello stesso tipo di quelli usati per i fine di recuperare una superficie il più pos- preconsolidamenti, (Plextol e Primal AC33) Le modalità di esecuzione dell’intervento sibile omogenea. Successivamente è stato ese- con concentrazioni non superiori al 5%. sono state dettate dalla scelta progettuale, guito un lavaggio ad acqua utilizzando spugne Nelle aree dove erano presenti frammenti di indicata dalla Soprintendenza per i Beni e spazzole di saggina naturale e spazzole di laterizio si è optato per l’utilizzo di silicato di Archeologici della Lombardia, di riportare setola sintetica di varia durezza secondo il etile, steso in più mani fino al rifiuto. Questa a vista ciò che restava delle strutture della tipo di deposito presente. L’operazione è stata differenziazione si è resa necessaria per la dif- villa romana e di conservarle all’aperto senza effettuata sull’intera superficie muraria emersa ferenza materica delle superfici da conso- tettoia di copertura. Ciò implicava la necessità dallo scavo. lidare e per garantire agli elementi in laterizio di consolidare le murature previa realizza- (notoriamente meno resistenti delle pietre) un zione di adeguate superfici “di sacrificio” che Preconsolidamenti miglior assorbimento del materiale ed allo proteggessero le fondazioni originali sotto- stesso tempo una miglior idrorepellenza. stanti, offrissero resistenza all’azione degli Sono stati eseguiti, sulle malte d’allettamento agenti atmosferici, consentissero la migliore delle pietre, dei fissaggi temporanei sulle parti Stuccatura con ripristino di parte della mu - lettura della trama dell’edificio antico e infine in via di distacco, questo prima di iniziare le ratura sommitale ne favorissero la fruizione nel tempo. Natu- operazioni di consolidamento vere e proprie. ralmente si prevede di attivare, con cadenza Per questa operazione si sono impiegate resine La stuccatura delle lacune e delle fessura- regolare nel corso del tempo, opere di manu- acriliche (Plextol e Primal AC33), opportu- zioni è stata eseguita a livello, utilizzando tenzione programmata, in corso di defini- namente diluite in acqua ed alcool per garan- malta a base di calce idraulica, sabbia di fiume zione all’interno di un atto d’intesa tra tirne una miglior penetrazione. Questa ope- di varia granulometria ed inerti di pietra Soprintendenza e Comune. razione si è eseguita localmente nelle aree macinata sempre di granulometria e colori Le murature su cui è stato necessario operare maggiormente degradate, prima della variabili così da rendere l’impasto di una sono state messe in luce 25 anni fa e succes- pulitura, per garantire la conservazione di tonalità adeguata ad evidenziare il nuovo sivamente interrate al termine delle indagini tutto il materiale emerso dallo scavo. intervento. Trattandosi di nuove integrazioni, archeologiche, interponendo, come elemento tutte le stuccature sono state realizzate con di discontinuità uno strato di sabbia che col Trattamento biocida malte composte da calce ed inerti idonei, tali tempo si è compattato sulla rasatura dei muri da conferire caratteristiche meccaniche, cro- e sui piani di calpestio1. Tutte le superfici emerse sono state trattate matiche e porosimetriche compatibili con i I meccanismi di degrado si sono attivati in con un prodotto biocida al fine di eliminare materiali sui quali si è intervenuti.Al fine di conseguenza dell’esposizione delle malte agli le presenze di colonie infestanti che si garantire una migliore conservazione nel agenti atmosferici sia durante gli scavi degli venivano a creare sulle murature nuovamente tempo dei resti, si è proceduto alla “ricostru- anni ’80 sia dopo la più recente riscavazione. esposte all’aria. Questa operazione è stata zione” di un corso di muratura sommitale In alcuni casi il legante si presentava forte- eseguita a spruzzo, utilizzando una soluzione (volume di sacrificio). mente disgregato o era addirittura scomparso al 5% di Benzalconio Cloruro.Vista la scarsa Per eseguire questa operazione, si sono uti- lasciando ampie lacune nella trama muraria. permeabilità del terreno e i frequenti ristagni lizzate pietre nuove o di recupero e come Gli interventi di restauro sono stati dunque d’acqua, è stato necessario ripetere svariate legante l’impasto descritto in precedenza (fig. portati avanti in modo graduale e continuo volte questa operazione, sia prima, che 1). In certe aree, vista la quasi totale assenza secondo una precisa sequenza di operazioni durante e anche dopo tutte le fasi dell’inter- della muratura in elevazione, si è intervenuti qui di seguito descritte: vento. con la ricostruzione della stessa onde avere un “livellamento” in altezza di tutte le murature Pulitura. La rimozione degli strati di deposito Consolidamenti esistenti. e terra presenti è stata eseguita con mezzi meccanici quali spatole, bisturi e martelline Per restituire consistenza e continuità strut- Ripristino soglie turale a masse decoese e separate, sono state (1) L’impiego delle sabbie non venne all’epoca prese in considerazione le caratteristiche di Alcuni degli accessi agli ambienti conservano documentato, né ricordato nei diari dei lavori, si rigidezza e porosità dei diversi materiali pre- ancora parte delle soglie in pietra di Bot- supponeva quindi che la ricopertura dei resti fosse senti. L’adesione di frammenti e scaglie è ticino Su questi manufatti, dopo la pulizia, stata effettuata con solo terreno di scavo. stata eseguita con adesivi sintetici a base sono state eseguite stuccature con un impasto

91 di calce bianca a basso contenuto di sali solubili mescolata a sabbia fine di fiume e polvere di marmo bianca sia per chiudere le fessurazioni sia come “rasatura” finale della stuccatura di raccordo tra i vari pezzi. In una delle soglie è stata eseguita una ricostruzione delle parti mancanti in mattoni, stando sot- tolivello. Trattandosi comunque di superfici estese e completamente esposte agli elementi atmosferici, si è deciso di ricoprire queste integrazioni con graniglia di pietra di Bot- ticino per ottenere comunque un’intona- zione cromatica che si armonizzasse con l’esi- stente. Per gli altri accessi, non avendo nessun ele- mento che li caratterizzasse al di fuori degli scassi d’alloggiamento delle pietre, si è optato per l’inserimento a filo delle murature di due lamine in metallo, così da individuare l’area della soglia. Per seguire un filo conduttore unico si è optato, anche in questo caso, per l’utilizzo di graniglia di pietra di Botticino come riempi- mento dello spazio tra le due lamine metal- liche. Fig. 1. Realizzazione del volume di sacrificio.

Pilastri in laterizio

Durante i lavori di scavo, sono state riportate alla luce alcune basi di pilastro realizzate in laterizio. In questo caso la scelta è stata quella di rico- struire a livello delle murature utilizzando dei mattoni di recupero lavorati a mano, con un andamento il più fedele possibile a quello originale, così da evidenziare la presenza del- l’elemento strutturale, evitando il rischio di confondere il materiale di integrazione con quello originale (fig. 2).

Fig. 2. Integrazione con laterizi di recupero delle basi di pilastro.

92 Antonella Barbaro, Fausto Simonotti La sistemazione dell’area archeologica

Il progetto prevedeva una sistemazione del- segno leggero ma articolato del tracciato dei calcari di provenienza locale, facilmente repe- l’area archeologica finalizzata alla sua valoriz- muri, leggibile nel contorno del paesaggio. ribili, scelti per le loro caratteristiche tec- zazione e fruizione pubblica, mediante la Le essenze scelte, tra cui piante aromatiche, niche e cromatiche (fig. 2). realizzazione di un parco-giardino nel quale cotoneaster, photinie, lauri e cipressi, fanno All’interno e all’esterno dell’area sono stati le strutture antiche fossero leggibili e armo- da cornice ai resti murari senza invaderne previsti supporti informativi e didattici che, niosamente inserite nel verde (fig. 1). l’evidenza; materiali lapidei di diversa dimen- attraverso testi, immagini e ricostruzioni Lo stato delle murature pertinenti alla villa, sione vengono utilizzati per la sistemazione diano al visitatore un quadro complessivo la quasi totale perdita dei livelli pavimentali delle scarpate e per ospitare i percorsi di attra- del sito nell’antichità e colleghino in maniera e degli alzati, hanno suggerito l’opportunità versamento del parco o per le aree di sosta e comprensibile le strutture visibili a quelle di un intervento mirato a garantire la conser- riposo. non più visibili già rilevate nelle aree circo- vazione dei resti, adeguatamente restaurati, All’interno dei vani l’utilizzo di inerti diffe- stanti. all’aperto, senza tettoia di protezione. Questi, renziati per tessitura e colore intende sug- A protezione delle strutture antiche è stata inseriti in un’area tenuta a verde, lasceranno gerire ed esaltare, dove possibile, la rilettura realizzata una recinzione che delimita esclu- percepire al visitatore lo sviluppo planimetrico degli ambienti, degli accessi e delle pavimen- sivamente l’area prossima allo scavo, costituita e l’imponenza del complesso attraverso il tazioni. I materiali impiegati sono perlopiù da pannelli di rete metallica, a tessitura

Fig. 1. Planimetria di progetto.

93 simità del cancello di accesso, ove è stata col- locata una canaletta con relativa caditoia per la raccolta delle acque meteoriche. Nella parte più alta del piazzale sono state posizionate tre panchine in marmo botticino, per invitare il visitatore a sostare e godere della visuale sul sito. All’interno dell’area archeologica sono stati posizionati dei corpi illuminanti spot col- locati ed orientati in modo tale da valorizzare i reperti architettonici più significativi. Nel- l’area di sosta esterna, antistante all’ingresso, essi sono invece stati incassati nella pavimen- tazione. Il percorso di una pista ciclo-pedonale già prevista lungo la via, è stato meglio con- formato in modo da costeggiare armoniosa- mente il nuovo spazio pubblico che include i resti romani. Per agevolare la sosta dei pas- santi, in prossimità del vialetto di accesso principale è stato previsto un piccolo par- cheggio per le biciclette. Fig. 2. Sistemazione del vano 7 con inerti selezionati. Per raggiungere gli obiettivi progettuali è stato necessario, oltre ad un costante impegno in cantiere, uno sforzo congiunto di profes- sionalità diverse che hanno collaborato effi- cacemente creando presupposti di continuità fra l’opera finita ed il suo ruolo culturale nel contesto locale. La finalità forse più importante del progetto è proprio quella che, attraverso le soluzioni tecniche delle opere realizzate e qui sinteti- camente descritte, la scelta dei materiali, l’ac- cessibilità e la visibilità del sito, una struttu- razione delle delimitazioni semplice e asso- lutamente non invasiva del deposito archeo- logico, vogliono indicarne la “disponibilità” a diventare bene comune. L’intervento si propone con caratteri inno- vativi nel panorama delle opere di valorizza- Fig. 3. Realizzazione dell’area antistante all’ingresso. zione attualmente in atto nel territorio, con l’intento di creare un nuovo polo di inte- resse culturale e turistico. leggera, con minimo impatto visivo sull’in- l’asse centrale della porzione di edificio Un piano di comunicazione efficace e ad sieme. riportata alla luce riproponendo la forma ampio raggio dovrà promuoverlo presso i Da via Pieve due vialetti, uno costruito sulla semicircolare delle absidi, marcata nelle fon- cittadini e presso le istituzioni scolastiche prosecuzione dell’asse della villa romana e dazioni dell’antico impianto (fig. 3). Si evince (da sensibilizzare sul tema della cultura come l’altro che costeggia la recinzione dell’area chiaramente come la geometria della piazza risorsa) e dovrà anche riuscire a coinvolgere di scavo, convergono verso l’accesso prin- scaturisca dall’intersezione dell’asse della villa l’interesse di visitatori al momento più con- cipale all’area archeologica, garantito da un con la configurazione attuale dello spazio centrati su altri percorsi già collaudati da cancello scorrevole posizionato a nord-est ed (recinzioni esistenti e tracciato stradale) (figg. Brescia verso il Garda. anticipato da una piazzola di sosta semicir- 4-5). Questa, derivata dalla fusione del colare, protetta dal traffico veicolare ed passato con il presente, viene messa in evi- inserita nell’area verde. denza dalla pavimentazione, eseguita con L’area di sosta antistante all’ingresso, per la sua materiale lapideo locale, marmo botticino forma, richiama chiaramente l’assetto plani- bocciardato e spaccato di botticino. metrico della villa romana: la costruzione La pendenza della piazza consente anche un geometrica del semicerchio si sviluppa sul- naturale convogliamento delle acque in pros-

94 Fig. 4. Il nuovo accesso all’area archeologica.

Fig. 5 . Veduta aerea da nord dell’area archeologica a lavori ultimati.

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Finito di stampare nel mese di novembre 2012 dalla Litografia NOVA LITO, (BS) per conto delle