Comune Montale

Il giuoco al tempo di Dipinti, giochi, testimonianze dalla fine del ’500 ai primi del ’700

a cura di Pierluigi Carofano

Montale Villa Castello Smilea 7 dicembre 2013 - 6 gennaio 2014 Il giuoco al tempo di Caravaggio dipinti, giochi, testimonianze dalla fine del ’500 ai primi del ’700 Montale, Villa Castello Smilea 7 dicembre 2013 - 6 gennaio 2014 ente promotore prestatori Comune di Montale Civica Raccolta A. Bertarelli, Castello Sforzesco, Milano ente organizzatore Museo Civico Amedeo Lia, La Spezia Comitato festeggiamenti Montale Museo Civico d’Arte Antica di Palazzo Madama, Centro Culturale La Smilea Torino Associazione Un cuore un mondo Museo Davia Bargellini, Bologna Fondazione Meyer Pinacoteca Capitolina, Roma Pinacoteca Nazionale, Siena a cura di Antichità Leone, Cascina - Pisa Pierluigi Carofano Giorgio Baratti, Milano Silvio Berardi, Bologna comitato scientifico e autori dei saggi Galleria Luigi Caretto, Torino Giacomo Berra Alessandro Chiale, Racconigi Pierluigi Carofano Giuliano Crippa, Milano Alberto Cottino Marco Datrino, Torre Canavese Giuliano Crippa Galleria Lo Studiolo, Milano Marina Monteleone Zanasi Foundation, Castelvetro Franco Paliaga progetto di allestimento Claudio Innocenti collaboratori al catalogo Francesca Bottacin coordinamento generale Valentina Campeggiani Massimo Gazzarri Massimiliano Caretto responsabile strutture Marco Ciampolini Umberto Mannelli Nicola Antonio De Giorgio Elena Dovrandini disegnatori Nello Forti Grazzini Francesco Billi, Alessio Stefani, Andrea Tesi Emilio Negro allestimento Francesco Porzio Manutenzioni del Comune di Montale, Nicosetta Roio Comitato Festeggiamenti Montale foto responsabile sicurezza Mauro Coen, Roma Cataldo Lo Iacono Servizi Fotografici Guerra, Bologna revisione conservativa delle opere in mostra Torquato Perissi, Firenze Antonio Vignali Carlo Vannini, Reggio Emilia Servizi all’Arte Matteo Zarbo, Milano segreteria mostra Teresa Ginanni Le immagini del saggio di Nicola Antonio De Giorgio sono pubblicate su concessione del comunicazione Ministero per i Beni e le Attività Culturali, A Alessandro Genitori SR 66/2012. ringraziamenti Mauro Alberti, Patrizia Caretto, Silvia Battistini progetto grafico e impaginazione Cristina Vennero, Punto Pagina, Livorno Davide Bussolari, Valentina Ciancio, Alberto Cornice Giorgia Ferrari, Francesca Giorgi, Sergio Guarino stampa Eugenie Knight, Walter Malavasi, Andrea Marmori Bandecchi & Vivaldi, Pontedera Laura Martini, Massimo Medica, Giovanna Mori Enrica Pagella Giuseppe Resca, Mario Scalini ISBN 978-88-8341-573-9 Dennis Weller Le incisioni raffiguranti giocatori di carte o dibackgammon e i Bari del Caravaggio

Giacomo Berra

Il pittore e scrittore d’arte Joachim von San- perde la propria anima, come è il caso, ap- drart, nell’esporre l’attività del connazionale punto, del malcapitato giocatore raffigurato artista tedesco Hans Holbein il Giovane nel dall’Holbein. Maurizio Calvesi ha anche os- proprio testo intitolato Teutsche Academie der servato che il diavolo dell’incisione dell’Hol- Bau- Bild- und Mahlerey-Künste (pubblicato bein potrebbe avere un corrispettivo nel a Norimberga nel 1675), inserisce un breve compare dalla faccia diabolica e dai guanti ma interessante riferimento al lavoro del Ca- bucati presente nei Bari del Caravaggio3. ravaggio. Si tratta di una piccola citazione Il tema moraleggiante del gioco come am- che lo stesso scrittore non ha però incluso bito dell’inganno e come vizio che poteva nella parte del suo testo dedicata allo stes- portare alla totale rovina era stato frequen- so Merisi. In sostanza il Sandrart, nel loda- temente sviluppato nelle stampe che anche re l’attività dell’Holbein, riferisce che vari il Caravaggio potrebbe aver conosciuto importanti artisti italiani non hanno avuto direttamente o indirettamente. Giovan Pa- scrupoli nell’utilizzare alcune invenzioni di olo Lomazzo, nel suo Trattato dell’arte de la tale pittore tedesco. In particolare afferma pittvra del 1584, aveva sottolineato (seppur che Michelangelo da Caravaggio, nell’elabo- con disappunto) l’abitudine di alcuni pitto- rare il giovane seduto che maneggia i soldi ri di utilizzare delle stampe come fonte di posto all’estrema sinistra della tela con la Vo- invenzione per i propri lavori: “io dico di cazione di san Matteo (dipinta per la cappella quella gran quantità d’inuentioni, disegna- Contarelli di San Luigi dei Francesi a Roma), te sopra le carte poste in stampa, ritrouate aveva preso spunto proprio da un’incisione modernamente in Germania da Israel Me- dell’Holbein nella quale era raffigurato un tro, & in Italia da Andrea Mantegna; le qua- giocatore seduto a destra di un tavolo da li son propriamente vna confusione de gl’a- gioco1. Il lavoro di cui parla il Sandrart, come nimi nostri [cioè di noi pittori], i quali senza è già stato osservato, è facilmente identifica- dubio se fossero priui di questi esempli più bile con una xilografia della serie delle Ima- sottilmente inuestigarebbero, & non rispar- gines Mortis inserita anche nel testo (in latino miando fatiche produrebbero da se sempre e in italiano) intitolato Simolachri, historie et alcuna bella inuentione secondo la natura & figvre de la mortee stampato a Lione nel 1549 genio loro.”4. (fig. 2)2. L’immagine dell’Holbein raffigura Nei Bari del Caravaggio (fig. 1, p. 16) i due tre giocatori di carte che siedono davanti ad personaggi che giocano a carte attorno a un un tavolo. Uno di essi però, quello al centro, tavolo costituiscono il fulcro del dipinto5. Il che come gli altri ha cercato di arricchirsi con giocatore posto a sinistra è raffigurato come il gioco delle carte, è assalito violentemente, un giovane sempliciotto che si fa ingenua- e senza poter opporre resistenza, dalla morte mente ingannare dal suo rivale. Quest’ulti- e dal demonio. Una scritta in italiano posta mo sta estraendo da dietro la schiena una sotto l’incisione ricorda che all’uomo nulla carta falsa per vincere, su suggerimento del serve acquisire il mondo intero se poi però suo compare. E questo, il cui volto è raffi-

19 In questo dipinto le carte sono ovviamente protagoniste. Ma il Caravaggio sembra al- ludere anche al tema del gioco in generale, ai suoi pericoli e alle possibilità di imbro- glio tipiche del gioco d’azzardo raffiguran- do sul tavolo a sinistra anche il tavoliere del backgammon (o tric-trac o sbaraglino o toc- catillo ecc.), sul quale sono posti tre dadi e un cilindro di avorio utilizzato per gettarli7. Non a caso, proprio questi due ‘passatem- pi’ sono raffigurati anche in un’incisione di Heinrich Aldegrever del 1549 dove è effigia- ta l’immagine viziosa della “Socordia”, ov- vero dell’ottusità, della stoltezza, della stu- pidità (fig. 3)8. Questa figura, infatti, proprio per connotare gli aspetti negativi del gioco, tiene simbolicamente un mazzo di carte nel- la mano sinistra e un backgammon in quel- la destra. Anche il Filarete aveva inserito il gioco del tavoliere con i dadi nell’immagine simbolica rappresentante il vizio: “Il Vizio in questa forma l’ho pensato: io fo una ruota 2. Hans Holbein il Giovane, I giocatori, in Simolachri, historie et figvre de la morte […], Lione 1549, p. C10r. la quale ha sette cardini, cioè sette bracciu- oli che reggono il circulo d’essa ruota. E poi gurato con un fortissimo accento fisiogno- su questa ruota ci pongo a sedere una figu- mico-caricaturale, sta sbirciando le carte del ra inuda in forma di satiro, e da una mano giovane inesperto, in modo da indicare il uno piattello di cose da mangiare e da bere e numero tre con le dita di una mano avvolta dall’altra uno tavoliere con tre dadi suvi; e come da un guanto bucato. Vale la pena di legge- del diamante esce una fonte di liquore dol- re anche la descrizione di questa scena fatta ce, così di questo esce sette rivi di fango e da Giovan Pietro Bellori: di bruttura, dove che fanno una fonte d’essa bruttura dove giace uno porco.”9. [un dipinto] disposto in trè mezze figure ad vn In alcuni testi dell’epoca si parla spesso del giuoco di carte. Finseui vn giouinetto semplice gioco di carte detto “primiera” come uno con le carte in mano, & è vna testa ben ritratta dei più importanti10. Nancy E. Edwards ha dal viuo in habito oscuro, e di rincontro à lui si scritto che con ogni probabilità il gioco raf- volge in profilo vn giouine fraudolente, appog- figurato neiBari del Caravaggio è proprio giato con vna mano sù la tauola del giuoco, è quello della primiera: “The game played con l’altra dietro, si caua vna carta falsa dalla here is likely primiero, a forerunner of po- cinta, mentre il terzo vicino al giouinetto guar- 11 da li punti delle carte, e con tre dita della mano ker.” . Ma in realtà tale gioco non è quello li palesa al compagno, il quale nel piegrasi sù’l rappresentato nel quadro del Merisi. Infatti tauolino, espone la spalla al lume in giubbone la primiera, secondo le fonti, era giocata da giallo listato di fascie nere, nè finto è il colore quattro a otto persone12, mentre i giocatori nell’imitatione6. dipinti dal Merisi sono solo due. Quindi si

20 doveva trattare di un altro dei tanti giochi di carte allora in uso, alcuni dei quali sono a noi quasi sconosciuti13. La critica ha già da tempo evidenziato come il tema fonda- mentale dei Bari sia quello dell’inganno e del disinganno. In particolare Luigi Saler- no ha scritto, a proposito del quadro, che il giovane è “insidiato nella sua buona fede” perché “chi si dedica al gioco e crede nel- la fortuna viene derubato, e va incontro al disinganno.”14. Mia Cinotti ha precisato che il tema del dipinto “è l’inganno, o meglio l’antitesi fiducia-inganno”15, mentre Helen Langdon ha anche proposto di considerare i Bari del Merisi come un “ammonimento contro i pericoli che insidiano l’ingenuità giovanile”16. Mina Gregori ha pure sottoli- neato come il gioco del backgammon posto sul tavolo a sinistra potrebbe essere inteso come simbolo degli improvvisi rovesci del- la fortuna nella vita17. Va però anche segna- lato che Maurizio Marini ha ricondotto il dipinto dei Bari (che egli associa anche ico- nograficamente alla Buona ventura della Pi- 3. Heinrich Aldegrever, “Socordia”, Londra, British nacoteca Capitolina di Roma) al significato Museum, Department of Prints and Drawings. morale-evangelico derivante dalla parabola del “Figliol prodigo” (Luca, XV, 11-32)18. Il uno de’ compagni del figliuol prodigo dice: giovane ingenuo, cioè, sarebbe raffigurato Compagno, un milione ne perderesti [al gioco]: in uno dei suoi momenti di dissoluzione del tu se’ pipione, e lui [cioè il ruffiano] è volpe vecchia. El tuo con esso lui mai non vedresti: proprio patrimonio. Tale interpretazione e’ ti dà ber col fiasco e con la secchia. meriterebbe un approfondimento. Si può in Risponde el figliuol prodigo: tal senso per ora ricordare che in una sacra Levarmi or ch’i’ ho perso tu vorresti? Rappresentazione del Figliuol Prodigo di Ca- questa è altra puntura che di pecchia. stellano Castellani, comparsa a stampa ver- Ora mette e dice: so il 1510-1515, diverse scene sono dedicate Asso a mille ducati.19 alle perdite al gioco del Figliol prodigo. Ad esempio, quest’ultimo, dopo aver richiesto Il quadro giovanile dei Bari del Merisi, se- al padre la propria parte di denari, va con condo Giovan Battista Bellori, “fù compra- gli ‘amici’ all’osteria. Qui incontra un “ruf- to dal Cardinale del Monte, che per dilet- fiano”, cioè un professionista del gioco, che tarsi molto della pittura, ridusse in buono lo invita a giocare a carte. E l’ingenuo gio- stato Michele, e lo solleuò dandogli luogo vane, “un pippion da pelar a diletto”, come honorato in casa fra suoi gentilhuomini.”20. viene definito dall’oste, inizia a perdere. Come è stato osservato, è probabile che il Ecco una parte significativa di tale testo: cardinal del Monte abbia acquisito anche

21 influenzato anche da un’incisione del 1512 di Hans Sebald Beham raffigurante Due gio- catori di carte (fig. 4)25. In questa stampa si vedono due soldati (lanzichenecchi) men- tre giocano a carte su un tamburo. Uno di essi, quello di sinistra, alza la mano, forse per giurare26. In alto a destra si nota anche un piccolo demone. Secondo il Wind que- sto particolare permetterebbe proprio di confermare che tali ‘mercenari’ giocatori sono dei veri e propri bari27. Lorenzo Pe- ricolo ha inoltre proposto di considerare come un significativo precedente del dipin- to caravaggesco una stampa degli inizi del Cinquecento di Anton Woensam di Worms che raffigura Due soldati che giocano a carte (fig. 5)28. In effetti, il Caravaggio potrebbe aver parzialmente ripreso nel proprio qua- dro la disposizione dei due giocatori e del terzo personaggio in piedi illustrati in tale incisione. Secondo John F. Moffitt i due per- 4. Hans Sebald Beham, Due giocatori di carte, Ox- sonaggi che barano inseriti nel dipinto del ford, Ashmolean Museum. Caravaggio potrebbero essere interpretati non tanto come “bravi”, quanto come due questo dipinto con il “giuoco” tramite l’in- tipiche figure di ‘zingari’. Lo confermereb- termediazione del mercante d’arte Costan- be soprattutto il loro caratteristico costume. tino Spada, la cui bottega era contigua al pa- Il Moffitt, pertanto, ha suggerito di intrave- lazzo del nobile prelato21. Il quadro dei Bari, dere nei Bari una muta polemica contro gli come è noto, può essere associato a quello “zingani fraudolenti”29. In sintesi, dunque, della Buona Ventura in quanto entrambe le gli studiosi hanno evidenziato come nella tele erano presenti nella stessa collezione scena caravaggesca dei Bari si possano indi- del cardinale del Monte22. In effetti i due viduare alcune componenti popolareggian- dipinti, forse dei pendant23, sembrano rap- ti della cultura del tempo: la tipologia dei presentare una sorta di sintetico racconto personaggi tipici della Commedia dell’Ar- di formazione che ha come tema generale te, le rappresentazioni teatrali con temi il giovane ingenuo che si lascia ingannare gitani dette “zingaresche” e, ovviamente, facilmente e che quindi dovrebbe imparare anche la pittura di genere con valore dida- ad evitare i raggiri e le truffe. scalico di origine nordica. Un tipo di pit- Barry Wind ritiene che i due bari raffigurati tura, quest’ultima, che il Merisi poteva co- dal Caravaggio siano in realtà due “bravi”, noscere anche attraverso esempi lombardi, ovvero due mercenari, professionisti del come nei Giocatori di scacchi di Giulio Cam- trucco e dei tranelli, ampiamente citati nei pi, ora presso il Museo Civico d’Arte Antica testi della Commedia dell’Arte24. Il Merisi, di Torino, un quadro però da interpretare aggiunge lo studioso, potrebbe essere stato soprattutto come strategia d’amore30.

22 Il problema della relazione tra i dipinti del Caravaggio e le tematiche della pittura di genere è stato ripreso in considerazione da- gli studiosi anche di recente, nel tentativo di chiarire il senso di alcune parole scritte dal cardinale Federico Borromeo e riemerse dagli archivi in questi ultimi decenni. Il pre- lato, in una serie di appunti e di note stese in preparazione del suo testo intitolato De delectu ingeniorum, nel voler parlare della corrispondenza tra i vizi degli scrittori e la loro opera, ha annotato le seguenti parole, citando esplicitamente il Merisi: “Narra à simile de Michele Angelo Caravagij; in illo apparebat l’osteria, la crapula, nihil venu- sti: per lo contrario Rafaelo: etiam aspectus indicat scriptor: Titianus, Micheal Angelus, Caiettanus [Scipione Pulzone]: e contrario Caravagius [...]”31. Questi sono solo degli appunti, ma il testo definitivo delDe delectu ingeniorum venne pubblicato a stampa dal Borromeo a Milano nel 1623 in lingua latina (il cardinale, però, ne aveva anche prepara- to, come per altri suoi scritti, una versione in volgare che tuttavia rimase manoscritta). 5. Anton Woensam di Worms, Due soldati che giocano In tale sua opera il Borromeo si era dunque a carte, Vienna, Graphische Sammlung Albertina. soffermato sui costumi non proprio orto- dossi di un pittore, il quale, benché non guardano la mano, overo i baronci, et i fachini, venga esplicitamente nominato né nel testo et gli sgratiati, che si dormivano la notte per le definitivo a stampa, né in quello manoscrit- piazze; et era il piu contento huomo del Mondo, to in volgare, può essere tranquillamente quando havea dipinto un Hosteria, et colà entro chi mangiasse, e bevesse. Questo procedeva dai identificato, in base agli appunti sopra citati 32 suoi costumi, i quali erano simiglianti ai suoi del cardinale, con lo stesso Merisi . Il brano lavori33. in italiano che cita il “dipintore” (Caravag- gio), cioè un artista che il Borromeo dice di Bisogna ammettere che questo brano ci la- aver conosciuto a Roma, è il seguente: scia non poco stupefatti. Se è vero che nel te- sto si fa riferimento ai “giocatori”, ovvero a Nei miei di conobbi un dipintore in Roma, il dipinti come i Bari, o alle “cingare, che guar- quale era di sozzi costumi, [cancellato: ed era dano la mano”, ovvero a tele come la Buona sempre] et andava sempre mai con panni strac- ciati, e lordi a maraviglia, e si vivea del continuo Ventura, non riusciamo a riconoscere facil- frà i garzoni delle cucine dei S[igno]ri della Cor- mente gli altri soggetti descritti dal Borro- te. Questo dipintore non fece mai altro, che buo- meo. Nessuna altra fonte attendibile relativa no fosse nella sua arte, salvo il rappresentare i alla produzione caravaggesca, diretta o indi- Tavernieri, et i giocatori, overo le cingare, che retta, cita, infatti, dipinti raffiguranti “Taver-

23 nieri” o “baronci, et i fachini, et gli sgratiati”, o ancora scene di “Hosteria, et colà entro chi mangiasse, e bevesse”. L’accentuazione del Merisi come pittore esclusivamente (o anche parzialmente) bambocciante non corrispon- de proprio al percorso artistico che noi co- nosciamo del pittore milanese. Non quadra neppure quell’aura di disprezzo che emerge dalle parole del cardinale, il quale, come è noto, invece aveva espresso lodi sincere per la ‘sua’ Canestra ora all’Ambrosiana34. Ed è inspiegabile anche la grave dimenticanza dei numerosi dipinti religiosi che il Merisi aveva realizzato per alcune chiese di Roma. Sul motivo di tali contraddizioni è difficile dare una spiegazione certa. Se da una par- te non si può ragionevolmente negare che in questo brano il Borromeo faccia proprio riferimento al Caravaggio, dall’altra non possiamo neppure considerare le parole del prelato come una sintesi del tutto veritiera 6. Anonimo, Il riposo della domenica, in J. Geffcken, Der Bildercatechismus des funzehnten Jahrhunderts dell’attività del pittore lombardo. Si può in- und die catechetischen Hauptstücke in dieser Zeit bis vece fondatamente supporre, come è stato auf Luther. I. Die zehn Gebote, mit 12 Bildtafeln nach già suggerito, che qui il Borromeo, scriven- Cod. Heidelb. 438, (sec. XV) Leipzig 1855, ill. 3. do diversi anni dopo la morte del Merisi, in un periodo in cui la pittura di genere bambocciante si era ben sviluppata a Roma, abbia in qualche modo inconsapevolmen- te intrecciato la pittura del Caravaggio con quella di altri pittori di genere che avevano ampiamente esteso il repertorio caravagge- sco35. In sostanza, il Borromeo avrebbe ricor- dato il Merisi attraverso il filtro della nuova pittura attribuendo al pittore lombardo temi e soggetti del mondo delle taverne e delle osterie che invece saranno tipici di un filone della cultura figurativa romana degli anni successivi. In tal modo il Borromeo avrebbe legato i soggetti considerati ‘indecorosi’ del- la pittura di genere al modo di vivere ‘soz- zo e indegno’ dello stesso pittore lombardo, operando un parallelismo morale che mol- 7. Monogrammista HS, Il rogo dei giochi, Londra, Brit- to probabilmente non avrebbe utilizzato ish Museum, Department of Prints and Drawings. quando il Caravaggio era ancora in vita. Il

24 testo del Borromeo appare, infatti, più una raffinata e dotta esercitazione retorica che cita anche il Caravaggio piuttosto che una ragionata definizione della sua pittura. La Chiesa aveva da secoli messo in guardia in tutti i modi dal vizio del gioco d’azzar- do. Il vescovo Angelo Rocca nel suo Tratta- to per la conservatione della robba, e del dena- ro contra i givochi delle carte e dadi Prohibiti da’ Sacrosanti Concilij, pubblicato nel 1617, nel fare una sintesi dei convincimenti della Chiesa, aveva scritto: “[…] per le male cir- costanze raccontate, il Giuoco delle Carte, e Dadi si deue totalmente fuggir’ e biasma- re, e maledire da’ Laici, da’ Chierici, e da ogni Persona Ecclesiastica […]. Bisogna dir’ adunque con Catone: Aleas fuge, cioè, Fuggi à più poter’ il Giuoco delle Carte, e Dadi, e Tauoliere, ne’ quali Giuochi si perdono le facultà delle Case; s’offusca l’intelletto; s’eccita l’ingordigia; si procura l’ira; e final- mente si fà l’omicidio […]36. In un’incisione raffiguranteIl riposo della domenica, presente nel testo quattrocentesco intitolato Die zehn 8. Albrecht Dürer (?), “Del gioco”, in S. Brant, Das Narren Schyff, Basel 1494, p. nVr. Gebote (‘I dieci comandamenti’) di Johannes Geffcken, il gioco del backgammon è, non a Sulla destra è stato aggiunto anche un altro caso, esplicitamente associato anche al vi- personaggio che sta per gettare a terra un zio del bere (fig. 6)37. Sulla sinistra si vede altro tavoliere, con i relativi dadi, affinché un frate predicatore mentre sta tuonando contro alcuni vizi umani che l’artista ha ben venga del tutto incenerito. illustrato nella parte destra della stessa xilo- La sottolineatura fortemente moraleggiante grafia. Qui si vedono infatti due giocatori (e legata al gioco è stata pure sviluppata nel uno di essi sta anche bevendo) che giocano notissimo testo intitolato Das Narren Schyff a backgammon aiutati e spinti a perseverare (o Stultifera navis nell’edizione latina), cioè nelle loro dissolutezze da due esseri demo- La nave dei folli, pubblicato a Basilea nel 1494 niaci. Il tema della catechesi contro il gioco da Sebastian Brant (con xilografie attribuite è illustrato anche in un’incisione del 1500 ad Albrech Dürer), ma che ha avuto nume- circa del Monogrammista HS (fig. 7)38. Ispi- rose edizioni successive. Qui sono presenti rati dal sermone di Giovanni da Capestrano tre significative incisioni attinenti ai giochi. (Johannes Capistran), che dal pulpito posto In una di queste, intitolata “Del gioco”, a sinistra predica contro i giochi d’azzardo, compare un gruppo di quattro persone, due si vedono qui gli abitanti di Norimberga uomini e due donne, sedute attorno ad un che stanno alimentando un sacro rogo con tavolo e intente a giocare a carte e ai dadi backgammon, con carte da gioco e con dadi. (fig. 8)39. Tutti i quattro personaggi indos-

25 legge: “Non c’è chi ai genitori non somigli / Che spezzin vasi, piatti e vetri, ai figli / Innanzi, allorché furia li pigli.”41. Nell’in- cisione che accompagna il testo si vede un uomo con la moglie: i due sostengono con una mano un backgammon, simbolo del vizio del gioco, e con l’altra due brocche spezzate, simbolo dell’ira e del pessimo umore per la probabile perdita al gioco. Il loro figlio, invece, tiene in mano una broc- ca intatta che però probabilmente spezze- rà quanto prima, ad indicare l’imitazione del vizio appreso dai genitori (fig. 9)42. In una terza incisione, intitolata “Del retto catechismo”, si vedono invece due giova- ni che dopo aver giocato a carte si minac- ciano violentemente con pugnale e spada, mentre il loro padre, sempre con il cappel- lo da folle, è bendato per indicare che non 9. Albrecht Dürer (?), “Cattivo esempio dei genito- vede e quindi non corregge i vizi dei figli ri”, in S. Brant, Das Narren Schyff, Basel 1494, p. (fig. 10)43. E infatti i primi versi di accom- hVv. pagnamento all’immagine recitano: “Chi i figli lascia crescere protervi / Senza difetto sano il cappello dei folli perché questo è il alcuno mai vedervi, / Ne proverà il dolor tema dell’intero testo e di tutte le incisioni sui propri nervi.”44. del volume del Brant. La rima introduttiva Anche in diversi testi letterari del Quattro a questa incisione recita (in traduzione ita- e Cinquecento si insiste sull’associazione liana): “Dal gioco siamo noi talmente osses- gioco-vizio-perdizione. In una sua rima si / Da altre obliar distrazioni, e noi stessi, / quattrocentesca, Filippo Scarlatti sottolinea E i pochi giorni che ci son concessi.”. Segue proprio l’aspetto negativo delle carte e dei un più lungo testo dedicato a questa imma- dadi: gine i cui primi versi sottolineano la pazzia dei giocatori: Come può l’uon di giucare aver voglia, ché carte o dadi non hanno fermezza Io trovo ancora matti assai frequenti e ’l giuoco è mobil com’al vento foglia? Che al gioco solo sono sempre intenti: Ma, quando e’ perde, e’ gli par tanta asprezza, Null’altra gioia conoscon costoro e chi dice il contrario e’ non è il vero: Se non aver carte in mano, e ristoro chi giuoca il mondo brama e Dio disprezza.45 Non si concedono o cibo godere40 L’atmosfera che si respira nel dipinto del Un’altra incisione del testo del Brant è in- Caravaggio è in qualche modo resa anche vece dedicata al tema del vizio che i bam- in uno dei Canti carnascialeschi intitolato bini facilmente imparano dai loro genitori “Canzona de’ giucatori” di Giovambattista ed è appunto intitolata “Cattivo esempio dell’Ottonaio, steso nella prima metà del dei genitori”. Nella rima introduttiva si Cinquecento, dove si sottolinea come il vi-

26 zio del gioco sia sempre associato alle rube- rie e ai bari:

Noi [giocatori] fummo tanto ciechi in questo vizio […] Con mille doppi dadi e carte false mettemmo in mezzo gli amici piú cari; vincemmo anzi rubammo qualche volta, ma niente ci valse: ché piú somma piú presto e da più bari ci fu vinta e ritolta, e per aver danari ponemmo ogni virtù e ’l ciel da parte: ché sempre il nostro dio fu dadi e carte46.

La straordinaria forza attrattiva che il gioco è in grado di esercitare sull’essere umano era ben evidente ad uno scrittore come Pie- tro Aretino il quale, nel suo Dialogo nel quale la Nanna insegna a la Pippa del 1536, fa dire al personaggio Nanna, la quale istruisce la figlia nel mestiere di prostituta: “Certo il giuo­co ha il diavolo nel core; e perciò ritor- no a dirti che non tenghi carte né dadi in 10. Albrecht Dürer (?), “Del retto catechismo”, in S. casa: perché basta vedergli, ed è bello e Brant, Das Narren Schyff, Basel 1494, p. bIv. spacciato chi se ne consuma.”47. Lo stesso Aretino nel suo Dialogo nel quale si parla del tuna, et è probibito dalle leggi ciuili, et Ca- giuoco con moralità piacevole, del 1543, evi- noniche insieme, et a religiosi, et a seculari, denzia, sulla base degli insegnamenti del- come proua la somma detta il supplemento, la Chiesa, la serie degli aspetti negativi del nel uerbo Ludus aleae, et il piu delle uolte è gioco delle carte: “Dice [il mio confessore] peccato mortale, per l’auaritia meschiata in che in far uoi [un mazzo di carte], io metto esso, et per le brutte circostanze, con le qua- in campo le bestemmie, i latrocinij, gl’in- li souente è accompagnato […]”49. ganni, le crapule, le lussurie, gli spergiuri, Il gioco delle carte e del backgammon sono le falsita, le menzogne, i disturbi, le nimi- dunque vizi da condannare. Non a caso citie, le crudelta, il diauolo, la uersiera, la tali giochi sono associati esplicitamente ad fantasima, e la tregenda.”48. Nella La piazza altri ‘piaceri’ viziosi come quello dell’amo- vniversale di tvtte le professioni del mondo di re mercenario in una incisione di Urs Graf Tommaso Garzoni, edita a Venezia nel 1585, del 1511 circa (fig. 11)50. Sul tavolo si vede nel capitolo intitolato “De’ maestri de dadi” un backgammon, delle carte, una coppa per si dà un severo giudizio morale del gioco: il vino, un liuto (il piacere della musica) e “[…] il quale per un breue piacer ch’ap- un piatto con della frutta (il piacere del gu- porti, ha mille danni inferti in lui, onde si sto). Sotto la scena compare il teschio che causa la ruina di coloro, che u’attendono si ammonisce dell’ineluttabilità della morte e ne’ beni dell[’]anima, come in quelli di for- quindi allude alla vanità dei piaceri. Il tema

27 12. Anonimo, Tavolo con strumenti da gioco, in G. de La Perrière, Le Theatre des bons engingins, auquel sont contenus cent Emblemes, Paris 1539, f. Lv. 11. Urs Graf, L’amore mercenario, Londra, British Museum, Department of Prints and Drawings. un uomo ‘povero’ dal vestito lacerato che è attorniato da alcuni giochi tra i quali carte e del gioco era presente anche in alcuni em- dadi, gli strumenti della sua disgrazia. Que- blemi. In una incisione inserita nel testo di sta immagine porta la scritta “Ivbet qvidvis Guillaume de La Perrière intitolato Le The- et facere et pati”, cioè il gioco in qualche atre des bons engingins, auquel sont contenus modo comanda costringendo a giocare e poi cent Emblemes, pubblicato a Parigi nel 1539, a patirne le conseguenze, anche quelle della si vede un tavolo sul quale sono posti degli povertà. L’associazione tra giochi d’azzardo strumenti per il gioco come dadi e carte (fig. 12)51. Nella pagina seguente, a commento e i pessimi piaceri è esplicitata anche in un dell’immagine, si trova un breve testo in “emblema” intitolato “Pessima placent plu- francese che sottolinea il pericolo morale ribus”, inserito in Sinnepoppen, una raccolta di tali ‘passatempi’. In particolare si dice di emblemi di Roemer Visscher pubblicata 53 che quando l’uomo si dedica al gioco non ad Amsterdam nel 1614 (fig. 14) . Qui un pensa al male che può derivarne e, se non uomo coronato di pampini è associato con sta attento, rischia di cadere in povertà. Il vari vizi: sta bevendo, con ovvio riferimen- gioco, viene sottolineato, espone l’uomo a to al vino, ma nella parte inferiore si allude ‘naufragi perigliosi’ e molto spesso condu- anche ad altri piaceri come quelli del gioco ce alla disperazione mortale. Un altro em- delle carte e dei dadi54. blema ‘morale’ che ha come tema il pericolo Il backgammon è protagonista in una incisio- della passione del gioco si trova nel testo di ne degli anni venti del Seicento di Crispijn Sebastian De Covarrubias Orozco intitolato van de Passe raffigurante appuntoDue gio- Emblemas morales pubblicato a Madrid nel catori di backgammon (fig. 15). L’immagine, 1610 (fig. 13)52. Questa immagine presenta che deriva da un dipinto di Dirck van Ba-

28 13. Anonimo, “Ivbet qvidvis et facere et pati”, in S. de Covarrubias Orozco, Emblemas morales, Madrid 1610, Centuria II, Emblema 27, p. 127r. buren, è relativa al temperamento collerico, dissipino le restanti ricchezze’. In un’altra come evidenzia anche la scritta latina po- immagine (anche qui corredata da un testo sta in alto: “Irarvm cavsas fvgito”55. Il sen- latino e olandese) della stessa serie e quin- so dell’immagine è ulteriormente chiarito di dello stesso autore la scena diventa più anche dalla frase in latino (e in olandese), movimentata e compaiono Due uomini che posta nella parte inferiore, nella quale ven- si affrontano, sicuramente dopo aver bevuto, gono rimarcati i danni del bere e del gioco. davanti a un tavolino sul quale si vedono In una diversa incisione (con testo latino e delle carte e un backgammon che stanno per olandese) di Jacob Matham del 1621 circa e cadere e che sono illuminati dalla luce di inserita in una serie dedicata all’ubriachez- una candela che determina forti contrasti za vediamo Due giocatori di backgammon (fig. luministi di origine caravaggesca (fig. 17)57. 16)56. Il senso moraleggiante del testo latino Il tema del gioco delle carte e del backgam- di questa stampa, in sostanza, è il seguente: mon è stato anche usato in una stampa sati- ‘non è giusto sperperare il patrimonio con rica anticattolica della fine del Cinquecento un lusso alquanto sregolato, e non è neppu- raffiguranteTre protestanti che giocano a carte re opportuno che con il gioco d’azzardo si contro tre cattolici (fig. 18). In questa incisio-

29 14. Anonimo, “Pessima placent pluribus”, in R. 15. Crispijn van de Passe, Due giocatori di backgam- Visscher, Sinnepoppen, Amsterdam 1614, p. 148, mon (“Irarvm cavsas fvgito”), Londra, British Mu- n. XXVI. seum, Department of Prints and Drawings. ne, attorno al lungo tavolo, sul quale com- tro giocatori di carte (fig. 20), un’immagine, pare anche un backgammon, sono disposti quest’ultima, che rivedremo più avanti per tre protestanti che stanno vincendo contro le sue connotazioni amorose58. Una curiosa tre monaci. Uno dei religiosi cattolici ha già incisione legata al gioco del backgammon fa perso la propria tunica e appare seminudo, parte invece di un mazzo di carte realizza- mentre sulla sinistra il papa e un cardinale to da Erhard Schön verso il 1528-1530: qui tentano di impadronirsi della vincita. Pos- troviamo una carta raffigurante Un toro ed siamo trovare anche altre incisioni quattro- un asino che giocano a backgammon, mentre al cinquecentesche che raffigurano la scena del centro compare un maiale con una corna- gioco delle carte e del backgammon in alcu- musa (fig. 21)59. In un altro mazzo di carte ni testi a stampa o nelle immagini presenti elaborato dallo stesso Schön (o comunque sulle stesse carte da gioco. Ad esempio, nel a lui attribuito) nella prima metà del Cin- testo di Meister Ingold intitolato Das gol- quecento sono invece inseriti Due giocatori dene Spiel (‘Il gioco d’oro’) e pubblicato ad di backgammon (fig. 22)60. Augusta nel 1472 troviamo due xilografie Si è visto sopra come il vizio del gioco ve- legate ai giochi. In una si vedono Due gioca- nisse strettamente connesso con la truffa e tori di backgammon (fig. 19), nell’altraQuat - il raggiro. E il tema dell’inganno e dei bari

30 16. Jacob Matham, Due giocatori di backgammon, Rotterdam, Museum Boymans van Beuningen.

17. Jacob Matham, Due uomini che si affrontano, Rotterdam, Museum Boymans van Beuningen.

31 18. Anonimo, Tre protestanti che giocano a carte contro tre cattolici, Londra, British Museum, Department of Prints and Drawings.

19. Anonimo, Due giocatori di backgammon, in Mei- 20. Anonimo, Quattro giocatori di carte, in Mei- ster Ingold, Das goldene Spiel, Ausburg 1472, f. ster Ingold, Das goldene Spiel, Ausburg 1472, f. 28r (in W.L. Strauss, The Illustrated Bartsch. Ger- 35v (in W.L. Strauss, The Illustrated Bartsch. Ger- man Book Illustration Before 1500. (Part I: Anony- man Book Illustration Before 1500. (Part I: Anony- mous Artists 1457-1475), New York 1981, LXXX, p. mous Artists 1457-1475), New York 1981, LXXX, 102, n. 148). p. 102, n. 150).

32 non poteva mancare nelle stampe e anche nei testi scritti dell’epoca. In un’incisio- ne della seconda metà del Cinquecento di Remigius Hogenberg intitolata Donne che giocano a backgammon in una taverna viene raffigurata sulla sinistra una elegante corti- giana con il seno scoperto e sulla destra una contadina con al braccio un paniere colmo di uova (fig. 23). Queste due donne stan- no giocando a backgammon (ma sul tavolo compare anche un mazzo di carte), mentre sullo sfondo un’altra donna sta segnando i punti del gioco su una tavoletta61. Nella parte inferiore viene inserito un dialogo tra i due personaggi. La cortigiana invita l’al- tra donna ad andare avanti nella giocata e, chiamandola zoticona, la avverte che il gio- co d’azzardo non è come raccogliere il fie- no. La contadina si lamenta di aver perso, con tale passatempo, la sua occasione, i suoi soldi, le sue uova e il suo grano. Mentre gio- ca, però, non si accorge che un’altra donna le sta furtivamente sottraendo il borsellino. Tale soggetto era già conosciuto nei Paesi Bassi nel secondo quarto del Cinquecento 21. Erhard Schön, Un toro e un asino che giocano a e compare (senza però la donna borsaiola), backgammon, Oxford, Bodleian Library. ad esempio, in un dipinto anonimo del 1530 (ubicazione sconosciuta)62. In fondo possia- a ciò le carte del compagno possino riuer- mo considerare l’incisione dello Hogenberg berarci dentro”. Più innovativo era invece come un’immagine nella quale viene asso- considerato il trucco del “muro di mezzo ciato sia il tema del gioco affrontato nei Bari falsificato d’una insfenditura secreta”, che del Caravaggio, sia quello dell’inganno con permetteva a qualcuno, osservando le carte furto presente invece nella Buona ventura dalla fessura della parete, di poter informa- dell’artista lombardo. re, con segni convenzionali, il compagno L’Aretino nel già citato suo Dialogo, dedica- baro delle carte dell’avversario63. C’erano to alle carte, elenca alcuni dei trucchi usa- poi – continua l’Aretino – “le coppie, le car- ti dai bari. Ad esempio – egli scrive – una te d’imbrocco, e di rouescio, quelle prime donna può lasciar cadere apposta una car- stanno segnate in su i cantoni”. Proprio per ta per poi chinarsi nel riprenderla in modo questo – egli aggiunge – “Le dita del gio- che “habbia tempo di cauarsene un’altra care ribaldo non debbono ualer nulla non di seno”. Lo scrittore cita anche l’accorgi- simigliandosi a le mani dei i mariuoli astu- mento truffaiolo (ma ritenuto già allora ti”: cioè le dita del bravo giocatore devono come troppo goffo) di porre “li specchi nel avere il “tatto” come “quel de i zingari”64. pomo de la spada che l’huomo tiene a lato, L’Aretino, inoltre, nel chiedersi che ne era

33 22. Erhard Schön, Due giocatori di bakgammon, Brema, Kupferstichkabinett, Kunsthalle. dei “pouerini” che subivano l’inganno, ri- “I trucchi in questo tipo di giochi”, cioè nei sponde attraverso uno dei protagonisti del giochi di carte. Ad esempio scrive: “Alcu- dialogo: “Non cerchi di parlare chi è muto, ni sbirciano l’aspetto di una carta mediante ne di combattere chi è uile, ne di santificare specchietti montati sugli anelli. Tralascio chi è heretico: non si nega, che l’ingannargli solo i trucchi attuati col concorso di chi assi- non sta iniquità, pur i goffi meritano cotal ste al gioco: gli artifici come l’organum [cioè castigo, come ancho ong’uno, che si mette un’asse di legno del pavimento che poteva a l’arte, che non sa fare, ha la sua punitio- essere mossa a distanza] e i cenni di con- ne.”65. Sembra quasi di vedere il giovane in- senso.”. Nel successivo suo capitolo inoltre genuo raffigurato neiBari del Caravaggio, scrive: “Nella primaria, detta primiera, [i appunto un ‘poverino’ privo dell’“arte” del giocatori] usano scoprire il meno possibile gioco delle carte, che viene gabbato da chi è le carte da dietro e dall’alto perché chi sta più scaltro di lui. alle loro spalle non le possa sbirciare, e sem- Anche Girolamo Cardano nel suo cinque- bra che in ciò risieda una grande abilità, di centesco Liber de ludo aleae dimostra di co- cui si vantano.”66. Il personaggio/baro che noscere perfettamente tutti i sistemi per spia le carte da dietro ricorda quello raffi- barare utilizzati nel gioco delle carte dell’e- gurato nei Bari del Merisi. Sembra un’al- poca. Ne parla nel capitolo XVII intitolato lusione al possibile ‘baro’ anche l’accenno

34 23. Remigius Hogenberg, Donne che giocano a backgammon in una taverna, Brussels, Cabinet des Estampes de la Bibliothèque royale de Belgique. all’abitudine e al piacere di stare a guardare che giuoca con loro, e con cenni fa sempre il giocatore di carte alle sue spalle proposto sapere a compagni che carte hà in mano da Francesco Berni nel suo Capitolo del gio- quello che giuoca.”68. Un esempio di truffa co della Primiera del 1526: “E io per me non nel gioco delle carte si vede in una incisio- truovo altro piacere / Che, quando non ho ne secentesca di Louis Sprinx raffigurante il modo da giocare, / Star dirieto a un al- Due giocatori di carte con una donna che bara tro per vedere.”67. Ancor più esplicita è la con uno specchietto (fig. 24). Due gentiluo- descrizione di un baro nel gioco delle carte mini stanno giocando a carte e accanto al inserita in un testo del pieno Seicento. An- personaggio di sinistra si trova una giova- tonio Maria Cospi, nel suo Il givdice crimi- ne donna. Questa sembra essere amichevol- nalista del 1643, dedica infatti un capitolo a mente legata a tale giocatore, ma in realtà, “De’ Falsatori di Carte” nel quale elenca i con uno specchietto posto dietro alla testa trucchi possibili messi in atto dai truffatori. dell’uomo, fa in modo di riflettere l’imma- Alla fine del capitolo si legge: “ma mentre si gine della carta all’altro giocatore di destra giuoca sempre vno di loro sta dreto a quello che, evidentemente, è il suo vero complice.

35 24. Louis Sprinx, Due giocatori di carte con una donna che bara con uno specchietto, Londra, British Museum, Department of Prints and Drawings. Gli aspetti negativi della truffa e del baro, intrattenimento “gentile”. In una parte del strettamente legati al gioco delle carte e dei suo testo si legge, infatti, questo specifico dadi, non erano invece associati al gioco de- dialogo: gli scacchi. Un passatempo che la tradizio- ne considerava appunto immune dai vizi in Senza motteggiare, – replicò il signor Gasparo, quanto “gentile”, anche perché esente da in- – parvi che sia vicino nel cortegiano il giocare ganni e raggiri. Baldassarre Castiglione, ad alle carte ed ai dadi? – A me no, – disse mes- ser Federico, – eccetto a cui nol facesse troppo esempio, nel suo Cortegiano del 1528 scrive assiduamente e per quello lasciasse l’altre cose di considerare i giochi delle carte e dei dadi di maggior importanzia, o veramente non per di per sé non viziosi per il cortigiano, ma a altro che per vincer denari, ed ingannasse il patto che vengano usati in maniera mode- compagno e perdendo mostrasse dolore e di- rata e senza inganno. Invece ritiene che gli spiacere tanto grande, che fosse argomento d’a- scacchi siano ‘senza dubbio’ un ingegnoso varizia –. Rispose il signor Gasparo: – E che dite

36 25. Maestro b x g, Giocatori di carte, Monaco, Staat- liche Graphische Sammlung. del gioco de’ scacchi? – Quello certo è gentile intertenimento ed ingenioso, – disse messer Fe- derico, – […]69.

Anche Giovan Battista Giraldi, nel suo Di- scorso del 1569 dedicato all’uomo di cor- 26. Israel van Meckenem, Giocatori di carte, Lon- te, sottolinea proprio come il gioco “degli dra, British Museum, Department of Prints and Drawings. scacchi è dignissimo di gentiluomo”, an- che perché è un gioco di intelligenza che era associato anche al tema dell’amore. Il non prevede inganni e truffe: “E quindi è gioco di carte come tenzone d’amore è il- che giuoco tale non si vede nelle barraterie, lustrato, ad esempio, in una incisione con perché in lui non han luogo né le truferie né Giocatori di carte di un Maestro anonimo del gli inganni che si fanno da’ barri ne’ giuochi 72 de’ dadi e nelle carte; giuoco, per quanto Quattrocento (fig. 25) . Qui si vede una gio- io stimo, non conosciuto né usato dagli an- vane donna che invita il suo innamorato a tichi nella forma che noi l’abbiamo. E non giocare la sua carta, come se fosse una di- vi hanno tali inganni luogo perché il giu- sputa tra sessi. L’abbinamento gioco-amore oco de’ scacchi pende tutto dalla industria è presente anche in un’incisione quattro- dell’ingegno e dallo avedimento di chi sa centesca di Israel van Meckenem raffigu- antivedere quello che bisogna fare per la rante due Giocatori di carte (fig. 26): qui la vittoria.”70. Non è dunque un caso che nei coppia di giocatori è sicuramente da inter- Bari del Merisi, che immaginiamo ambien- pretare come una coppia di amanti che si tato in una taverna, non ci sia alcun riferi- affronta in una tenzone ludico-amorosa73. mento visivo al gioco degli scacchi71. È palese il tema dell’associazione gioco- In alcuni casi il tema del gioco delle carte amore anche nell’incisione cinquecentesca

37 tematiche amorose. È utile rileggere l’inte- ra rima perché si possono chiarire meglio i possibili rapporti con i Bari del Caravaggio:

Giuoco di Primiera.

CON venti è [e] venti effigiate carte, (Armi del’Ozio) il sol de’ miei pensieri Essercitando già [gìa] frà trè Guerrieri In domestico agon scherzi di Marte.

L’accogliean, le spendean confuse, e sparte, Fatti di cieca Dea campioni alteri, E con assalti hor simulati hor veri Hor schernian l’arte, hor si schermian con l’arte.

Quando ver me volgendo il guardo pio (E gliele diè di propria mano Amore) Quattro ne prese il bell’Idolo mio.

V’era col Quadro, e con la Picca il Fiore, Il cor non v’era già; ma gli died’io (Per farlo apien vittorioso) il core.

27. Virgil Solis, Due uomini e una donna che giocano Come è evidente, in questo sonetto è l’io a carte, Vienna, Graphische Sammlung Albertina. poetante maschile esterno che narra. La rima può essere così velocemente sintetiz- di Virgil Solis raffigurante Due uomini e una zata (anche se, come vedremo tra poco, è donna che giocano a carte (Fig. 27)74. Uno dei stata proposta anche una interpretazione due uomini si avvicina alla giovane donna leggermente diversa). La donna (“il sol de’ con modi cortesi, mentre l’altro personag- miei pensieri”), che è l’amante dell’io che gio maschile sta guardando con attenzio- narra e che assiste al gioco, sta giocando a ne le proprie carte da giocare. L’immagine carte con “trè Guerrieri”, cioè con tre uo- lascerebbe proprio intendere che il ‘gioco’ mini, e tutti sono in balia della Fortuna. La amoroso, come quello delle carte, è ancora donna (“il bell’Idolo mio”), mentre guarda del tutto aperto. il suo amante, riceve (simbolicamente da È stato anche messo in evidenza da alcuni Amore) le carte della giocata, tra le quali studiosi75 come il quadro dei Bari del Meri- però non trova la carta di cuori. Ma que- si potrebbe essere stato la fonte figurativa sta carta, che determinerà la sua vittoria della rima intitolata il “Giuoco di Primiera” al gioco, le viene esternamente data, con che Giambattista Marino, un amico del Ca- frode, proprio dall’amante che assiste al ravaggio, inserì nella sua raccolta di com- gioco (è l’io narrante esterno): “Il cor non ponimenti poetici intitolata Della Lira e data v’era già; ma gli died’io / (Per farlo apien alle stampe inizialmente nel 161476. Si tratta vittorioso) il core”. In questo sonetto il Ma- di un sonetto che sovrappone il gioco delle rino tratta il gioco della primiera come se carte, precisamente quello della primiera, a fosse un metaforico campo di battaglia con

38 assalti e difese. Inoltre sviluppa la sovrap- posizione tra il gioco delle carte e l’amore, concludendo la rima con i termini “cor” e “core”, ambiguamente utilizzati sia come segno della carta, sia come tipica espres- sione metonimica dell’offerta d’amore77. Questo gioco poetico del Marino sembra quasi ripreso da un’incisione cinquecente- sca di Erhard Schön raffiguranteI giocatori (fig. 28)78. Qui il tema dell’amore galante è evidente: un uomo e una donna stanno gio- cando a carte e la donna indica con il dito che sul tavolo è stato posato un asse di cuo- ri, che può essere facilmente interpretato come la carta vincente per la loro relazione d’amore. Un’immagine simile verrà ripro- posta qualche decennio dopo anche negli Emblemata di Johan de Brune pubblicati nel 1624 (fig. 29)79. In questa immagine la donna tiene nella mano sinistra un asso di cuori con palese riferimento alla carta che sta per giocare a suo favore, ovvero ancora con evidente allusione alla sua sicura vitto- ria in campo amoroso. Contribuisce a que- sta connotazione galante anche la candela 28. Erhard Schön, I giocatori (in F. Bottacin, Giochi accesa, la quale nel continuo consumarsi è di carte, inganni e cortigiane: Caravaggio e gli olande- certamente da riferire all’ardore della pas- si, in “Critica d’arte”, LXV, 15, 2002, p. 70, ill. 3). sione80. Va però evidenziato che, in realtà, nel testo del Marino sono state sottolineate celato, di un amore omosessuale tra uno dei delle ambiguità che potrebbero rendere più quattro giocatori (“il sol de’ miei pensieri”) complicata l’interpretazione. Anche dando e l’io poetante maschile che assiste al gio- per scontato che l’io poetante della rima sia co e che froda a favore del ‘suo amante’. Di maschile, ci si è chiesti: i quattro giocatori conseguenza, lo studioso ritiene che anche sono tutti uomini o tra di essi c’è davve- nei Bari del Merisi, al quale il poeta si sa- ro anche una donna? E dunque: “il sol de’ rebbe ispirato, si potrebbe intravedere una miei pensieri” (e quindi anche “il bell’Idolo velata implicazione omoerotica associata al mio”) è proprio un personaggio femminile motivo dell’inganno82. o può essere invece considerato maschile81? Mi sembra però che questa interpretazione Proprio tenendo conto dell’indeterminatez- omosessuale della rima del Marino, e quin- za sessuale di uno dei giocatori citati nella di di conseguenza anche dei Bari del Cara- rima, il Pericolo, nel proporre di considera- vaggio, sia parecchio forzata e quindi fuor- re i quattro personaggi che giocano come viante, soprattutto in riferimento proprio al tutti uomini, ha supposto che il tema del dipinto del Merisi. In realtà è più convin- sonetto del Marino sia in realtà quello, ben cente considerare il quartetto che gioca a

39 29. Anonimo, Emblema XXXVI, in J. de Brune, Emblemata of Zinne-werck: voorghestelt, in Beelden, ghedic- ten, en breeder uyt-legginghen, tot uyt-druckinghe, en verbeteringhe van verscheyden feylen onser eeuwe, Am- sterdam 1624, p. 261, n. XXXVI. carte descritto dal Marino come composto le si è già accennato sopra. Qui i giocato- da tre uomini (che non a caso vengono de- ri sono quattro: compaiono tre uomini e, finiti “trè Guerrieri”, per differenziarli dalla sulla sinistra, anche una donna, con un’a- figura femminile) e da una donna (descritta simmetria presente anche nel quartetto di invece come “il sol de’ miei pensieri” e “il giocatori descritto nei versi del Marino83. Si bell’Idolo mio”). L’io poetante esterno, che noti inoltre come tutte le carte che si vedo- descrive in rima la scena, coincide anche no nell’incisione di Meister Ingold abbiano con la figura maschile che partecipa indi- come seme il cuore, proprio per sottolineare rettamente al gioco aiutando illecitamente chiaramente come ci sia una sorta di gara l’amata. Che i giocatori di carte potessero amorosa che si sovrappone a quella del essere di sesso misto era una cosa sconta- vero e proprio gioco di carte. Se in questa ta. Anche nell’incisione del Solis, già sopra incisione ci fosse stato anche il giocatore analizzata (fig. 27), il terzetto di giocato- esterno che, barando, avesse dato alla don- ri di carte è composto da due uomini e da na una carta di cuori, ci saremmo trovati di una donna. Ancor più evidente è l’incisio- fronte ad una e vera e propria illustrazione ne quattrocentesca con Quattro giocatori di ante litteram del sonetto del Marino. Quin- carte di Meister Ingold (fig. 20), della qua- di, in sintesi, il poeta ha descritto nella sua

40 rima un quartetto di giocatori composto cor meno dell’amore omosessuale, quanto da tre uomini e da una donna. Ha però ag- il motivo del ‘baro’ nel gioco delle carte. In giunto anche il personaggio maschile (l’io entrambi i casi un personaggio esterno bara poetante esterno) che assiste al gioco e che, con la complicità di uno dei giocatori. Ma barando, fa avere alla donna di cui è inna- nel dipinto del Merisi il baro con la sua truf- morato la carta di cuori che le mancava per fa contrasta la ‘Fortuna’, depotenziandone vincere (in quanto “Amore” le aveva dato tutta la sua forza con la probabile finalità ‘solo’ le altre tre carte vincenti)84. Si tratta di ottenere dall’ingenuo giocatore del de- dunque di un amore eterosessuale agevola- naro attraverso l’illecita vincita. Nel sonetto to metaforicamente dalla truffa dell’amante del Marino, invece, l’io poetante, con il suo che si oppone alla ‘Fortuna’ che domina il raggiro della carta di cuori, osteggia la ‘For- gioco umano. I Bari del Caravaggio e il so- tuna’ del gioco al fine di agevolare, sia pur netto del Marino hanno quindi tra loro in metaforicamente e simbolicamente, il suo comune non tanto il tema dell’amore, e an- amore per la complice giocatrice.

41 1 von Sandrart 1675-1680, 1675, II, p. 252 (sinistra): “Schließlich sein Lob zusammen zu fassen so ist er noch in seinen Leb-Zeiten in so hohem Wehrt gewesen daß die fürnehmste Italiener keinen Scheu getragen aus seinen Inventionen viel in ihre Werke zu bringen sonderlich Michael Angelo Caravaggio, als da Mattheus von dem Zoll durch Christum Christum beruffen wird auch den Spieler der das Geld vom Tisch abstreicht und anders mehr; […].”. La traduzione latina di questo passo, pubblicata dallo stesso von Sandrart 1683, p. 241 (destra), è la seguente: “Ut autem in unum cumulum quicquid est laudum eius congeram, tanta fuit illius adhuc viventis celebritas, ut ne Itali eum imitantur. primarii quidem Italorum ex Inventionibus eius multa operibus suis inserere erubescerent, inter quos Michael Angelus Caravagiensis in historia sua Matthaei e telonio a Christo vocati: item in pictura lusoris pecuniam e mensa reducentis; cum similibus aliis”. Ho trascritto integralmente questi due brani perché non sono stati inseriti nella raccolta delle fonti caravaggesche curate dalla Macioce 2003, ed. 2010. 2 Simolachri, historie et figvre de la morte 1549, p. C10r. Il riferimento all’incisione dell’Holbein appare già in Friedländer (I ed. 1955) 1969, pp. 106, 109, ill. 73; ed è stato poi ripreso, in part. anche da Lavin 1993, tr. it. 1994, pp. 182-184; e soprattutto da Lindemann 2000, pp. 245-256, in part. p. 245, ill. 2, e pp. 249-251. Sull’uso delle stampe da parte del Caravaggio si veda anche Hermann Fiore 1995, pp. 24-27. Per le in- cisioni tratte dalle opere del Caravaggio, si vedano Macioce 2009, pp. 169-185; e Gianfranceschi 2011. 3 Calvesi 1990, p. 230. 4 Lomazzo 1584, p. 482. 5 Sul dipinto si vedano in particolare (oltre a quelli citati nelle successive note) i seguenti testi, ciascuno dei quali con ampia bibl. pre.: Cinotti 1983, pp. 554-556, n. 70; Gregori 1991, pp. 96-102; Marini (I ed. 1987) 2005, pp. 164-165, n. 18 e pp. 401-403, n. 18;. Marini 2008, pp. 50-59; Spike (I ed. 2001) 2010, pp. 37-43 (CdRrom allegato: pp. 20-28, n. 4); Terzaghi 2010, p. 49; Edwards 2011; e il recentissimo testo di Langdon 2012. 6 Bellori 1672, p. 204. Il giocatore di carte di destra porta al suo fianco quel che viene di solito conside- rato uno stiletto, cioè una specie di pugnale, ma va segnalato che Whitfield 2011, tr. it. 2011, pp. 53-54, ritiene invece che si tratti molto probabilmente di un “compasso”. 7 Sul backgammon/tric-trac si veda Dossena 1999, I, pp. 131-137: “Backgammon”; e III, pp. 1315-1317: “Tric-trac”. Lo studioso evidenzia che ci sono delle piccole differenze tra i due giochi, ma in questo la- voro userò il termine “backgammon” per indicare il gioco raffigurato dal Merisi, anche se certamente in quell’epoca era chiamato in modo diverso. Lo stesso Dossena (ivi, I, pp. 136-137) segnala infatti che il termine backgammon comparve nella lingua inglese solo nel 1645 e che nelle varie regioni italiane erano diffusi diversi giochi “analoghi” di cui si conoscono solo i nomi. Lo studioso ne elenca ben 37 (com- preso, “backgammon” e “tric trac”) e tra questi si possono ad esempio citare i seguenti nomi (in ordine alfabetico): “buffa”, “camarzo”, “giacchetto”, “isbaraglio”, “sanzo”, “sbaraglino”, “sbaraione”, “tavola reale”, “toccadiglio”, “toccadilo”, “toccatillo”, “tornagalea”, “tuccatigli”. Non sappiamo quindi quale termine il Caravaggio abbia usato per indicare tale gioco (ringrazio Pierluigi Carofano per aver attirato la mia attenzione su questo problema). 8 Cfr. Mielke 1998, pp. 104, 107, ill. 108. 9 Averlino detto il Filarete 1461-1464, ed. 1972, II, libro XVIII, pp. 533-534 (il corsivo è mio). 10 Si veda, ad esempio, Berni 1526, pp. n.n. (ed. 2005, pp. 29-96). 11 Edwards 2011, p. 183. 12 Cfr. Dossena 1999, II, “Primiera”, pp. 948-950. 13 Si veda Dossena 1984, con un nutrito elenco di giochi di carte (ma solo alcuni prevedono due gioca- tori). Si tenga anche presente che talvolta nei testi popolari del Cinque e Seicento si usava l’espressione ‘giochi di carte’ per indicare i giochi di prestigio: cfr. Pratesi 1991. 14 Cfr., per le due citazioni, rispettivamente: Salerno 1966, p. 110; e Salerno 1970, p. 241. Lo studioso ha associato il dipinto del Merisi al Giocoliere (o Prestigiatore) (Saint-Germain-en-Laye, Musée Municipal) di Hieronuymus Bosch. 15 Cinotti 1983, p. 556. 16 Langdon 1998, tr. it. 2001, p. 94. Si veda anche il recente intervento di Langdon, 2012, p. 11 (un testo a cui rimando per l’ampia bibliografia).

42 17 Gregori 2008, p. 38. 18 Marini (I ed. 1987) 2005, p. 402; e Marini 2008, p. 54. 19 Castellani 1510-1515, ed. in Faccioli 1975, pp. 169 e 172. Il riferimento al tema del Figliol prodigo come antecendente alla Buona ventura e ai Bari del Caravaggio è presente anche in Feigenbaum 1996, pp. 150-151; e in Porzio 1998, pp. 25-27, riedito con modifiche in Porzio 2008, pp. 88-90. 20 Bellori 1672, p. 204. 21 Cfr. Curti 2011 (ma 2012), pp. 172-173. 22 Si veda la bibliografia alla nota 5. 23 Invece Feigenbaum 1996, p. 150, scrive che è difficile sostenere che i due dipinti siano stati deipendant poichè le misure originali erano diverse. 24 Wind 1974, p. 33. Cfr. anche Olson 2006, p. 72. 25 Wind 1974, p. 34, ill. 9. Per l’incisione si vedano anche Dogson 1933, p. 115 e p. 116, ill. B (“Gam- bling”); e Hollstein 1954a, p. 246, n. 1231B. 26 Cfr. Dogson 1933, p. 115. 27 Wind 1974, p. 34. 28 Cfr. Pericolo 2011, cap. 5, p. 163, ill. 67. Questo capitolo è una versione rivista e ampliata dell’articolo di Pericolo 2008 (nel presente saggio farò riferimento solo al capitolo del volume del 2011). Per l’inci- sione si veda anche Strauss 1981b, p. 206, ill. 10 (491). 29 Moffitt 2002, pp. 135 e 138. L’associazione con gli zingari era già stata proposta da Hibbard 1983, ed. 1985, p. 23. Si veda in tal senso anche Olson 2006, pp. 72-74. 30 Sul dipinto, si veda Bora 1985. Sul tema della scena di genere si vedano in particolare Porzio 1998, pp. 25-29 (riedito in Porzio 2008, pp. 88-94); e la recente sintesi in Langdon 2012, pp. 25 sgg. 31 F. Borromeo, De delectu ingeniorum, ms. conservato presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano, F 31 Inf, f. 130v, n. 22. Questo testo è stato citato e parzialmente trascritto per la prima volta da Agosti in Borromeo 1624, ed. 1994, p. 97, nota 34; e, più ampiamente, dalla stessa Agosti 1997, p. 180, nota 13 (ma qui la studiosa indica erroneamente il testo come al f. 30v). 32 Borromeo 1623, pp. 51-52 (a lato sinistra di p. 51 si trova la frase: “Pictor prauis moribus.”) (citato anche da Agosti 1997, p. 180, nota 13: la studiosa tralascia però di trascrivere il “nos” iniziale). Il testo latino è il seguente: “Dum nos Romae essemus, monstrabatur inter Pictores homo prauis moribus, foe- disque, qui lacera semper, et sordida veste Principum coquinas sectabatur, atque ibi inter mediastinos agebat aeuum. Is homo nihil vnquam in arte illa sua dignum laude fecit, nisi cum ganeones, et ludiones, et aleatores pingeret. Aegyptiae diuinatrices, et garruli, baiulique, et strata nocturnis horis ebriorum corpora per fora, et vias tabulae ipsius erant; triumphabatque mirificè quoties cauponam vnam, et in ea comessantem aliquem fecisset. Nimirum indigni mores hominis manum huc, penicillumque trahebant, et qualis illi animus obtigerat, talia etiam opera artificis cernebantur. Numquam ego dicerem id, quod sum dicturus, nisi ad laudem potius illustrium Auctorum, quàm ad notam, ignominiam ve vllam per- tinere arbitrarer”. 33 F. Borromeo, De delectu ingeniorum, ms. conservato presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano, F 31 Inf, ff. 118-119 (ff. 205v-206r) (citato e trascritto per la prima volta da Marghetich 1988, p. 108; e poi ripreso da Agosti 1997, pp. 177-178). Qui propongo una trascrizione leggermente diversa. 34 Sulla Canestra, si veda, da ultimo, Calvesi 2010, pp. 82-89. 35 Si vedano in particolare: Terzaghi 2004, pp. 270-275 (con bibl. pre.); Bologna 2009, LXXIII, pp. 659- 660, il quale scrive che è evidente che il “Borromeo menziona opere e cose relative ai soli primi anni dell’attività romana del M[erisi]”; Terzaghi 2010, pp. 48-49; Whitfield 2011, tr. it. 2011, p. 265; e Teza 2013, pp. 29-30. Tra i diversi studiosi, è stato in particolare Calvesi 1999, pp. 10-11, a negare la possibilità di identificare il Caravaggio con il pittore di cui parla il cardinale Borromeo. 36 Rocca 1616, tr. it. 1617, p. 29. Su questo testo si veda Nadin 1997, pp. 159-172. 37 Cfr. Geffcken 1855, ill. 3 (cfr. anche Langdon 2012, pp. 19-20, ill. 17). 38 Cfr. Spoto s.d. (1994?), p. 82. 39 Brant 1494, p. nVr. Le incisioni sono attribuite ad Albrech Dürer o alla sua bottega: cfr. Rockenberger 2011.

43 40 Brant 1494, tr. it. 1984, p. 199 (per la prima cit.) e p. 200. 41 Brant 1494, ed. 1984, p. 121. 42 Brant 1494, p. hVv. 43 Brant 1494, p. bIv. 44 Brant 1494, tr. it. 1984, p. 18. 45 Scarlatti in Lirici toscani 1973-1975, 1973, II, p. 540, n. LXVI, vv. 31-36. 46 Dell’Ottonaio in Canti carnacialeschi 1936, pp. 307-308, XI, vv. 10 e 19-27. 47 Aretino ed. 1969, I giornata, p. 203. 48 Aretino (I ed. 1543) 1545, p. 5v. 49 Garzoni (I ed. 1585) 1593, discorso CXXVI, p. 327. 50 Rowlands 1977, p. 52, n. 26. 51 La Perrière 1539, f. Lv (testo n. LXXVI: p. Lir). Si veda anche Henkel - Schöne (I ed. 1967) 1976, coll. 1122-1123. 52 Covarrubias 1610, Centuria II, Emblema 27, p. 127r. Cfr. anche Henkel - Schöne (I ed. 1967) 1976, col. 1123. 53 Visscher 1614, p. 148, n. XXVI. Cfr. anche Schuckman 1991, p. 173, ill. 575; e Wind 1989, p. 16, ill. 15. 54 Per una correlazione tra carte da gioco e vino, si veda La vite e il vino 1999, pp. 59-68, nn. 34-53 (con incisioni anche dei secoli successivi). 55 Cfr. Slatkes 1965; per l’incisione: p. 128, ill. 26; per il dipinto di : pp. 127-129, n. A23, ill. 24. Cfr. anche Gianfranceschi 2011, p. 83, ill. 34. 56 Cfr. Strauss 1980, p. 47, ill. 57 (145). Si vedano anche Hollstein 1954b, p. 231, ill. 3; e Widerkehr 2007, pp. 53, 55, ill. 168. 57 Cfr. Strauss 1980, p. 48, ill. 58 (145). Si vedano anche Hollstein 1954b p. 231, ill. 4; e Widerkehr 2007, pp. 53, 55-56, ill. 169/I-169/II. 58 Meister Ingold 1472, rispettivamente f. 28r e f. 35v, in Strauss 1981a, p. 102, n. 148 e n. 150. 59 Cfr. Mielke 2000a, p. 67, n. 36, e p. 73, ill. 36. 60 Cfr. Mielke 2000a, pp. 220-221, ill. 252.2. 61 Cfr. Mielke 2009, pp. 22-23, ill. 10 (sul bordo del tavolo è scritto: “Jan de Merchie excudebat”). 62 Cfr. Gibson 1978, pp. 679-680, ill. 8-9. 63 Aretino (I ed. 1543) 1545, p. 70v. 64 Aretino (I ed. 1543) 1545, pp. 71v-72r. il Fried 2010, p. 123, ha osservato che i guanti bucati permet- tono al baro di sentire le carte con le dita. La Gregori 1991, p. 102, ha sottolineato che il guanto scucito raffigurato dal Merisi potrebbe derivare dal dipinto dei Due Amanti (Dresda, Gemäldegalerie Alte Mei- ster, Staatliche Kunstsammlungen) del pittore cremonese Altobello Melone. 65 Aretino (I ed. 1543) 1545, p. 73r. 66 Cardano 1663, tr. it. 2003, rispettivamente p. 110 e p. 111 (qui la parentesi quadra non è mia). 67 Berni 1526, ed. 2005, p. 93 68 Cospi 1643, cap. XLIX, p. 561. 69 Castiglione, 1528, ed. 1998, Libro II, cap. XXXI, pp. 164-165. 70 Giraldi Cinzio 1569, ed. 1989, cap. V, “I giuochi”, pp. 43-44. 71 Il backgammon è stato sostituito con una scacchiera in una copia dei Bari eseguita da un autore anonimo del XIX secolo: cfr. Langdon 2012, p. 52, ill. 47. 72 Cfr. Pericolo 2011, p. 170, ill. 74. 73 Cfr. Koreny - Hutchison 1981, p. 240, ill. 114 (302); e Pericolo 2011, pp. 170-171, ill. 75, il quale ne sottolinea il significato amoroso. 74 Cfr. Beaujean 2004, p. 137, n. 181, p. 139, ill. 181/II. 75 Cfr. Martini, in Marino (I ed. 1982) 1995, p. 50 (p. 51: didascalia al quadro del Merisi) e p. 169; Crop- per 1991, pp. 197-199; e Pericolo 2011, pp. 169 sgg. 76 Marino 1616, p. 36 (cfr. anche l’ed. moderna in Marino (I ed. 1982) 1995, p. 94, n. 34). 77 Cfr. Pericolo 2011, p. 161 e pp. 169 sgg. 78 Cfr. Bottacin 2002, p. 70, ill. 3, e p. 71.

44 79 De Brune 1624, p. 261, n. XXXVI. 80 Cfr. Pericolo 2011, pp. 170-171, ill. 76. 81 Secondo il Martini in Marino (I ed. 1982) 1995, p. 169, “il sol de’ miei pensieri” e “il bell’Idolo mio” non “è da riferisi alla donna che tutta la tradizione lirica impone, ma, permettendolo l’assenza totale di altri segni distintivi, referenziali o grammaticali, a un uomo che più convenientemente può sedersi fra uomini al tavolo da gioco”. Ma in realtà lo studioso ammette anche: “(benchè dal dialogo del Tasso appaia chiaro come anche le donne fossero tanto vivamente interessate alla primiera e ai dadi, quanto preoccupate dell’atteggiamento ludico dei maschi)” (p. 169). Questa opinione è stata ripresa anche dalla Cropper 1991, p. 199, e p. 211, nota 41, la quale, nella traduzione inglese del sonetto del Marino, usa il maschile per il personaggio “sol de’ miei pensieri”. 82 Pericolo 2011, pp. 173-175; p. 174: “because the beloved is playing with three male competitors, he is most likely himself a young man. It is worth signaling the diverse strategies followed by Marino, and possibly Caravaggio, in concealing the homoerotic implications of their compositions.”. 83 Non è difficile trovare nei dipinti del Cinquecento, in cui compaiono dei giocatori di carte, la presente variabile di uomini e donne (e anche di una sola donna tra uomini). Si veda, ad esempio, il dipinto della cerchia di Jan Massys, I giocatori di carte, del sec. XVI, che raffigura una donna che gioca con due uomini: cfr. Langdon 2012, p. 23, ill. 21. 84 Secondo il Martini in Marino (I ed. 1982) 1995, p. 168, il “farlo apien vittorioso” può essere riferito anche al “core”. Ma anche in questo caso si può intendere il cuore dell’amata. Non tragga inoltre in in- ganno, nell’ultima terzina, il “gli” e il maschile di “farlo apien vittorioso”, perché qui il poeta si riferisce all’“Idolo mio”, espressione riferita alla donna, ma ovviamente di genere maschile.

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183 STAMPATO DA BANDECCHI & VIVALDI PONTEDERA

DICEMBRE 2013

Con il contributo di

dr. Mario Muscariello, notaio dr. Michele Morganti, commercialista dr. Lorenzo Bandinelli, commercialista rag. Raffaelle Fedi, commercialista geom. Mirko e Glauco Meoni studio tecnico dr. Gianna Risaliti, commercialista