Crisi E Fine Della Repubblica

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Crisi E Fine Della Repubblica Costituzione e privilegio aristocratico: le riforme sillane Silla dittatore. Rimasto padrone del campo, Silla si fece assegnare a tempo indeterminato la carica di dittatore per la riforma dello stato. Era una carica inesistente, dato che la dittatura poteva durare al massimo sei mesi e si legava a gravi emergenze, non certo a scopi di riforma politica. Ma Silla voleva piena libertà di manovra per mettere in atto il suo programma politico e la dittatura, annullando i poteri dì tutte le altre magistrature, era l'unica carica in grado di assicurargli questa libertà. Siila rimase dittatore per tre anni, dall'82 all'80 a.C, durante i quali perseguì con coerenza e spietatezza l'obiettivo di rendere immodificabile il potere dell'aristocrazia senatoria, eliminando qualsiasi altra autorità che potesse minacciarlo o indebolirlo. Le liste di proscrizione. Anzitutto, Silla si liberò degli avversari politici attraverso le liste di proscrizione, e cioè elenchi di nemici dello stato, che chiunque poteva uccidere impunemente, anzi ricevendo una ricompensa. La licenza di uccidere si estendeva agli schiavi nei confronti dei loro padroni e ai figli verso i propri padri. La vendetta di Silla investì persino i figli dei proscritti, che venivano privati del loro patrimonio e del diritto di accedere alle cariche pubbliche. Nelle liste furono inserite anche persone la cui unica colpa era di possedere ingenti ricchezze: i beni dei proscritti venivano infatti ceduti all'asta al miglior offerente, e molti patrimoni nobiliari tardorepubblicani ebbero questa origine. Assai bersagliato fu il ceto dei cavalieri, che aveva più volte simpatizzato con Mario nei decenni passati, mentre dai massacri uscì quasi indenne, com'è ovvio, l'aristocrazia senatoria, la principale beneficiaria delle riforme sillane. La limitazione del potere dei tribuni. Liberatosi degli avversari, Silla procedette alle riforme vere e proprie. Nei cinquant'anni precedenti, le minacce al potere dell'oligarchia erano venute soprattutto dai tribuni della plebe. Ebbene, il dittatore decapitò i poteri dei tribuni, stabilendo che le loro proposte di legge dovevano passare al vaglio del senato, prima di essere approvate dai concili della plebe, e inoltre rendendo poco attraente la carica di tribuno, perché chi la ricopriva non poteva più proseguire la carriera politica. I popolari perdevano così l'arma più temibile, quella che dai Gracchi a Saturnino a Druso aveva rappresentato il più efficace strumento di pressione contro l'oligarchia ottimate. Silla stabilì anche l'obbligo per i comandanti di congedare gli eserciti non appena giunti in Italia, i cui confini vennero fatti coincidere con l'intera penisola, a eccezione della pianura padana. A nessuno sarebbe più stato possibile, almeno legalmente, quello che lo stesso Siila aveva fatto due volte: marciare in armi contro Roma. Il rafforzamento del senato. Un'altra norma vietò la rielezione al consolato prima che fossero trascorsi almeno dieci anni dal consolato precedente: situazioni come quella di Mario, che era stato console per cinque anni di seguito, diventavano da allora in avanti illegali. Silla inoltre ridefinì l'intero assetto della carriera politica, fissando l'obbligo di ricoprire la questura e la pretura prima di potersi candidare al conso- lato; anche in questo caso l'obiettivo era di evitare carriere "facili" e di controllare meglio l'accesso alle magistrature maggiori. In compenso, l'accesso in senato venne esteso ai magistrati minori, a partire dai questori. Fu quindi necessario ampliare il numero dei senatori, che passò da 300 a 600; tra l'altro, Silla mise nuovamente nelle mani dei senatori il pieno controllo dei processi intentati contro i governatori di provincia. Il ritiro dalla vita politica. Completate le sue riforme, Silla depose spontaneamente la dittatura e si ritirò a vita privata. Morì subito dopo, nel 78 a.C. Era convinto di aver consolidato in modo duraturo il potere della sua classe: una convinzione che gli eventi degli anni successivi dimostreranno profondamente sbagliata. Roma nell'epoca di Pompeo e di Crasso Due nuovi uomini forti per Roma All’ombra di Silla. Quando Silla era ancora un brillante generale impegnato a reprimere la rivolta degli italici e, più tardi, negli anni di piombo delle proscrizioni e della dittatura, si segnalarono al suo fianco due giovani rampolli dell'aristocrazia conservatrice, Gneo Pompeo (106-48 a.C.) e Marco Licinio Crasso (115-53 a.C). Pompeo colpì l'immaginazione dei contemporanei perché quando nell'82 a.C. Silla, tornato dall'Oriente, si accingeva a marciare contro i mariani, arruolò un esercito personale mettendolo a disposizione del futuro dittatore; durante la dittatura Pompeo ricevette il trionfo e il soprannome di "Magno". Crasso si arricchì sfacciatamente attraverso le proscrizioni, al punto che a Roma lo chiamavano semplicemente Dives, "il Ricco". Questi due uomini dal passato torbido furono tra i protagonisti dei successivi decenni di storia repubblicana. Pompeo contro i mariani in Spagna. Anche se Mario e Silla erano morti, negli anni settanta restavano attivi i generali che avevano combattuto con loro nella guerra civile. Già abbiamo ricordato che un consistente gruppo di mariani, fuggiti da Roma all'epoca delle proscrizioni, aveva trovato rifugio in Spagna. Questi fuoriusciti, guidati da un ex ufficiale di Mario, Sertorio, diedero vita a una specie di guerra privata contro lo stato centrale, anche con l'appoggio delle popolazioni iberiche, mai del tutto pacificate. Dopo la morte di Silla si decise di liquidare quest'ultimo focolaio di resistenza mariana. Era un compito tutt'altro che facile, perché la Spagna era sempre stata un osso duro per i generali romani: venne affidato a Pompeo, sillano della prima ora e già con una breve ma brillante carriera militare al suo attivo. La guerra fu aspra, come previsto, durò dal 76 al 72 a.C. e fu vinta solo grazie al tradimento di uno degli uomini di Sertorio. Spartaco e la rivolta degli schiavi . Intanto, alla fine del 74 a.C. la fuga di un gruppo di schiavi dalla scuola di addestramento per gladiatori di Capua si era trasformata in una vera e propria guerra. Guidato dall'abile Spartaco, un gladiatore originario della Tracia, il gruppo degli schiavi si ingrossò fino a diventare un vero e proprio esercito, che impegnò le truppe consolari per tre anni e le sconfisse ripetutamente. Alla fine fu Crasso a infliggere agli schiavi la sconfitta definitiva, nel 71 a.C: gli uomini di Spartaco furono massacrati, i superstiti, circa seimila, vennero crocifissi lungo la via Appia che collegava Capua a Roma; un altro gruppo, che era riuscito a sfuggire a Crasso, fu intercettato dall'esercito di Pompeo che tornava dalla Spagna e annientato. Un chiaro segno della considerazione in cui erano tenuti gli schiavi è il fatto che Crasso non chiese al senato il trionfo o altri riconoscimenti per la sua vittoria: come spiega un antico biografo, era «ignobile e poco decoroso trionfare per una guerra contro degli schiavi». Il consolato di Pompeo e Crasso . Tornati a Roma vittoriosi, Pompeo e Crasso potevano ormai aspirare a un ruolo politico di primo piano, e infatti furono entrambi eletti al consolato per Tanno 70 a.C. I consoli smantellarono gli aspetti più odiosi della costituzione sillana: in particolare, restituirono ai tribuni le prerogative che erano state loro sottratte e reintrodussero i cavalieri nelle giurie incaricate di giudicare i reati di malgoverno nelle province. I due ex sillani di ferro avevano capito che, per governare, occorreva il consenso di gruppi sociali più ampi di quelli a cui si era rivolto Siila, cioè di fatto la sola aristocrazìa senatoria. L'ascesa di Pompeo Il processo a Verre. L'anno del consolato di Pompeo e Crasso passò alla storia anche per un processo che tenne con il fiato sospeso l'intera cittadinanza. L'imputato era l'ex governatore della Sicilia Gaio Verre, che durante il suo incarico aveva commesso innumerevoli abusi e accumulato un'immensa fortuna personale. Gli accusatori erano i siciliani stessi, i cui interessi erano difesi da un giovane avvocato e politico emergente, destinato a un grande futuro, Marco Tullio Cicerone. La posta in gioco del processo non era tanto la sorte di Verre, quanto l'efficacia della riforma che aveva riammesso i cavalieri nelle giurie dei tribunali. Una giuria di soli senatori avrebbe probabilmente assolto l'ex governatore, mentre il tribunale riformato lo condannò: per il ceto equestre (al quale apparteneva lo stesso Cicerone) fu una vittoria politica prima ancora che giuridica. Il nuovo assetto in Oriente Province romane (arancio) Stati vassalli romani (giallo) Regni indipendenti (verde) La carta illustra come Pompeo operò per sistemare definitivamente l'area orientale del territorio romano. Il Regno di Mitridate venne smembrato: la regione orientale fu annessa al Regno di Galazia, quella occidentale fu aggregata alla provincia di Bitinia. Venne creata la provincia di Siria, cui furono annessi molti territori del Regno giudaico. Anche la Cilicia, infine, divenne provincia romana. Per difendere i confini delle nuove province, Pompeo creò una linea di "stati-cuscinetto" -Galazia, Cappa- docia, Giudea, Armenia e Colchide-il cui governo fu affidato a sovrani fedeli a Roma. Tale modello sarà mantenuto anche in età imperiale. L'operazione contro i pirati. Nel corso degli anni sessanta Pompeo continuò a tessere la trama della politica romana. Tenne una posizione equidistante fra ottimati e popolari, fra aristocrazia e cavalieri: l'ex console mirava a consolidare il suo prestigio e la sua influenza politica, e a questo scopo riteneva opportuno non farsi troppi nemici. Nel 67 a.C. il senato gli assegnò un comando speciale per la lotta contro i pirati, i quali, aggredendo i convogli commerciali in viaggio attraverso il Mediterraneo, danneggiavano tanto gli interessi dei cavalieri, che gestivano i grandi traffici internazionali, quanto quelli della plebe, dato che molte delle navi depredate trasportavano verso Roma grano e generi alimentari di prima necessità. Pompeo ebbe il controllo totale delle forze navali romane e di un esercito molto consistente, grazie ai quali riuscì a stroncare l'attività dei pirati nel giro di poche settimane.
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