Marc Mayer i Olivé, Francesca Pettinari, Tituli urbisalvienses in presbyterio…

Sylloge Epigraphica Barcinonensis (SEBarc) xvii, 2019, pp. 31-61 issn 2013-4118 data de recepció 15.9.2019 data d’acceptació 10.10.2019

Tituli urbisalvienses in presbyterio urbisagliense servati Inscriptions in the «Casa parrocchiale» of Urbisaglia

Marc Mayer i Olivé*, Francesca Pettinari**

Resumen: Se publican en este trabajo la colección de inscripciones empotradas en la entrada de la Casa parrocchiale de Urbisaglia, alguna de ellos inédita.

Abstract: The aim of this paper is to publish the collection of inscriptions embedded in the entrance to the Casa parrocchiale in Urbisaglia, some of them unpublished.

Palabras clave: Epigrafía romana, Vrbs Salvia, Urbisaglia, historia romana, arqueología Keywords: Roman Epigraphy, Vrbs Salvia, Urbisaglia, Roman History, Archaeology

l presente lavoro prende avvio dall’esame della piccola collezione di iscrizioni Ilatine murate nell’atrio della Casa parrocchiale di Urbisaglia e dalla consulta- zione del suo archivio, in particolare del faldone denominato «Archeologia» all’in- terno del quale sono conservati documenti di vario tipo, raccolti e prodotti dal sacerdote urbisalviense Mons. Filippo Caraceni, che permettono di ricostruire la fervente e appassionata «attività archeologica» del parroco nella prima metà del secolo scorso1.

* Universitat de Barcelona / Institut d’Estudis Catalans ** Universitat de Barcelona 1. Vogliamo ringraziare il parroco Don Marino Mariani per la sua grande disponibilità e per aver consentito l’accesso al faldone dell’archivio parrocchiale di S. Lorenzo ad Urbisaglia che permette di conoscere l’origine di alcune iscrizioni conservate nella raccolta oggetto di studio.

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All’interno dell’atrio della Casa parrocchiale di Urbisaglia sono murate undici iscrizioni romane2 e due frammenti di decorazione architettonica (un capitello di lesena e un frammento di fregio decorato con fogliame e fiori)3. A far murare le iscrizioni fu il prevosto Mons. Filippo Caraceni (28 aprile 1886- 6 dicembre 1958)4, grande appassionato di archeologia nonché ispettore onorario per le opere di Antichità ed Archeologia per i comuni di Urbisaglia e . Attivo sul territorio, Caraceni si diede da fare per preservare e tramandare le me- morie del passato; fu autore altresì di libri che ricordano la storia del suo paese, quali Memorie civili e religiose di Urbisaglia ( 1947) e Memorie di Urbs Salvia (Urbania 1952). Considerato l’interesse mostrato dal parroco per queste te- matiche, il Soprintendente (Dott. Giovanni Annibaldi) lo nominò ispettore ono- rario per gli anni dal 1949 al 19605; le lettere, inviate dalla Soprintendenza delle Antichità delle , sono conservate nell’archivio parrocchiale. Tra i vari faldoni conservati presso l’Archivio della Casa parrocchiale di Ur- bisaglia ve n’è uno in cui è stata raccolta tutta la documentazione (scritta, grafica e fotografica) inerente all’intensa attività del parroco, da cui emerge il grande in- teresse dell’uomo per la storia e l’archeologia del suo paese. Sono conservate: la corrispondenza con la Soprintendenza Archeologica delle Marche, gli appunti del prevosto, le lettere scambiate con eruditi ed archeologi del tempo, disegni, foto, articoli di giornale. Dagli scritti del Caraceni emerge un uomo dalla personalità forte, sicuro di sé e della propria cultura; un uomo che non aveva paura di parlare apertamente e so- stenere le proprie idee anche a costo di scontrarsi con gli esponenti politici del suo tempo6. Uno di questi è il suo compaesano Beniamino Belloni, podestà di Urbisaglia (dal 10 agosto 1933 al 29 maggio 1934) ed appassionato di storia. Presso l’Archivio Comunale di Urbisaglia si conservano alcune lettere che si scambiò con la Soprin- tendenza alle antichità delle Marche degli Abruzzi e della Dalmazia, con la Prefet- tura di Macerata e con professori e studiosi del suo tempo in merito all’archeologia di Urbisaglia. Da questa corrispondenza emerge il profondo attaccamento del Bel-

2. Di cui 10 frammentarie e una integra. 3. Sappiamo che l’edificio, così com’è oggi, risale a un rifacimento del 1939/40 voluto dal vescovo diocesano Mons. Argnani il quale, dopo una visita pastorale, lamentò il cattivo stato della canonica, or- dinandone il restauro e l’ampliamento. La vecchia struttura venne così demolita e sostituita dalla nuova, più grande e quindi adatta ad ospitare il catechismo e le riunioni delle associazioni e delle confraternite: vd. E. Pietrella, N.L Barile, M. Mogliani, P. Chinellato, La collegiata di San Lorenzo martire di Urbisaglia. Storia - arte, Colmurano 2012, pp. 55-56. 4. Su concessione di Papa Pio X il Caraceni era stato ordinato sacerdote l’11 aprile 1911 (nono- stante la mancata frequentazione del Seminario Pio di Roma, dove era stato ammesso e dove non si era potuto recare per malferma salute) e, il 27 febbraio 1921, era divenuto parroco della collegiata di San Lorenzo ad Urbisaglia. 5. Come viene specificato nelle succitate comunicazioni della Soprintendenza tale nomina veniva riconfermata, di volta in volta, ogni tre anni. 6. Sappiamo che il Caraceni venne costretto a bere l’olio di ricino; un episodio che gli anziani di Urbisaglia ancora ricordano!

32 SEBarc xvii, 2019, pp. 31-61 Marc Mayer i Olivé, Francesca Pettinari, Tituli urbisalvienses in presbyterio… loni al suo paese: aveva molto a cuore la tutela dei monumenti romani e a lui dob- biamo lo scavo della cisterna romana. Fu anche autore del libro Urbisaglia (1950), un interessante volume che tratta della storia del borgo, dal periodo romano fino a quello a lui contemporaneo. Caraceni, in uno dei suoi appunti conservati tra la documentazione del suddetto faldone «Archeologia», scrive «tale libro per quanto molto voluminoso, per quel che riguarda l’antica Urbs Salvia, è stato compilato, specialmente con riferimento alle fonti, senza alcun criterio storico. Mostra nell’autore, come era ben noto, la to- tale nescienza della lingua latina, senza di cui non si può in alcun modo pretendere di trattare dell’argomento: manca del più elementare senso critico: l’autore troppo idolatra del proprio “io” (come lo era stato in vita), a cui appella con una frequen- za rimarchevole, quasi fosse un’arca di scienza enciclopedica, che non era, o un’au- torità infallibile, che non poteva essere. Sicché il libro stesso, anche per il modo in cui l’autore si esprime, risulta di assai scarso valore e di ben poca attraenza…». Tra le carte conservate nel faldone con la documentazione di mons. Caraceni merita una menzione specifica un foglio, datato 1940, che riporta il seguente ap- punto: «frammenti iscrizioni poste ingresso Casa parrocchiale»; su di esso sono state disegnate 9 delle 11 iscrizioni ricordate inizialmente, oggi murate nell’atrio della Casa parrocchiale di Urbisaglia (fig. 1).

Fig. 1

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Mancano, dunque, due iscrizioni: quella di P. Antilius Diaconus, che suscitò grande interesse nonché un acceso dibattito e un’altra murata ai piedi delle scale che, dall’ingresso, conducono ai piani superiori della Casa parrocchiale. La prima epigrafe non viene riportata sul foglio perché, come scrive lo stesso Caraceni nel suo libro Memorie civili e religiose del 1947, a pag. 37: «murata in un primo tempo nella vecchia sacristia della parrocchia, fu poi collocata nell’atrio della nuova Casa parrocchiale dove ora si trova». La seconda - probabilmente - è stata rinvenuta e quindi murata in un momento successivo. Meritano un breve approfondimento le vicende dell’iscrizione di P. Antilius Dia- conus (Cat. n. 1) poiché questa suscitò, sin dal momento della sua scoperta7, un grande interesse nel Caraceni che, incuriosito da quel «DIACONVS» alla secon- da riga, interrogò i maggiori esperti di epigrafia del tempo per cercare di scoprire qualcosa di più8. Il sacerdote doveva aver pensato che si trattasse di un’iscrizione cristiana, ma venne smentito dagli studiosi che affermarono all’unanimità, al con- trario di quanto sperato, che ci si trovava di fronte a un’iscrizione pagana. Tutto ciò è documentato da una serie di lettere, conservate anch’esse nel faldone «Archeologia» tra la corrispondenza di mons. Caraceni, grazie alle quali è possibile ricostruire la vicenda. Il Prof. Carlo Carletti in una lettera inviata al Caraceni9 datata 17 dicembre 1927, fa un commento a tale iscrizione sulla base di quanto viene affermato an- che dal Prof. Orazio Marucchi (da quanto scritto nella corrispondenza si può desu- mere che tra i due ci siano stati altri contatti di cui però si sono perse le tracce). Leg- giamo: «Carissimo D. Filippo, ti accludo lo scritto dello stesso Marucchi; relativo all’inscrizione; come vedi io mi ero completamente sbagliato. Ti riscrivo l’iscrizione in modo un pò più leggibile, perché il carattere del Prof. Marucchi è un po’ difficile a leggere…». Più avanti: «L’area sacra che ti accennavo non poteva mai essere una chiesa, neppure nel caso che si fosse trattato di un’epigrafe cristiana…». Nella let- tera allegata del Prof. Marucchi10 si afferma: «É una iscrizione sepolcrale che può avessi fra il primo e il secondo secolo dell’età volgare. La parola Diaconus per il posto che occupa deve intendersi come il cognomen di quel personaggio che si chiamava Publius Antilius Diaconus, questo cognome è assai raro (…). La iscrizio- ne dunque è sepolcrale pagana abbastanza antica ed offre la singolarità di questo cognome assai raro».

7. In un appunto del Caraceni leggiamo «La lapide fu rinvenuta non lungi dalla strada che in con- trada S. Valentino divide il territorio di Urbisaglia da quello di , e dove è tradizione passasse una via che portasse all’antica Urbs Salvia». 8. All’interno del faldone «Archeologia» sono conservate le lettere della corrispondenza di mons. Caraceni con il Monsignor Giulio Belvederi, il Prof. Carlo Carletti e il Prof. Orazio Marucchi. Le stesse si trovano menzionate nei libri del Caraceni: F. Caraceni, Memorie civili e religiose, Macerata 1947, pp. 36-39; F. Caraceni, Memorie di Urbs Salvia, Urbania 1952, pp. 113-117. 9. Archivio parrocchiale, faldone «Archeologia», lettera del 17 dicembre 1927 e cartolina postale del 2 dicembre 1928. 10. Archivio parrocchiale, faldone «Archeologia», lettera del 14 dicembre 1927.

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Da questo scambio epistolare possiamo quindi desumere che inizialmente il Ca- raceni avesse pensato di essere in possesso di un’iscrizione cristiana; questa sua ipotesi venne forse inizialmente confermata dal Prof. Carlo Carletti, che suppose addirittura la presenza di una chiesa. Solo dopo aver ascoltato il parere di altri stu- diosi si giunse alla corretta interpretazione dell’iscrizione, collocandola in un perio- do compreso tra il I e il II secolo d.C. Mons. Giulio Belvederi, del Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, in una lettera del 23 giugno 1943, conferma quanto era stato detto fino a quel momento scrivendo: «Non è possibile un’origine cristiana, perché anche in iscrizioni pagane precedenti alla diffusione del cristianesimo occorse questo cognomen di Diaconus, che è in uso anche nell’epigrafia classica». Se dunque gli studiosi sembrano concordare sulla datazione dell’epigrafe non si può dire la stessa cosa per quanto riguarda l’interpretazione del testo. Il prof. Carletti, in una lettera del 17 dicembre 1927, scrive: «Si tratta di un Publio Antilio liberto, cioè schiavo liberato, che fa il sepolcro per sé e per Laguria Trofima liberta di Laguria. Publio Antilio a sua volta era liberto di un’Antilia e ciò si capisce perché in epigrafia il segno -Ɔ - indica che il personaggio ricordato è il liberto di una donna; la padrona che lo ha tolto dalla schiavitù. Nel nostro caso il personaggio ha preso il nome dalla sua padrona che si chiamava Antilia; e ciò secondo il costume romano per cui lo schiavo liberato prendeva il nome del suo liberatore. Così Trofima ha preso il nome di Laguria da una Laguria di cui era li- berta. Il sepolcro è stato fatto per beneficio di Caio Calvo ed era lungo e largo circa quattro metri, calcolandosi il piede romano di trenta centimetri». Mons. Belvederi11 scrive invece che entrambi i personaggi ricordati nel testo sono liberti di Gaia. Per quanto riguarda la questione del beneficio, alla riga 6, non vengono espo- ste particolari interpretazioni, a parte la «bizzarra» traduzione che viene proposta da Mons. Belvederi che scrive «…Laguria Trofima beneficiaria (cioè governante) di Gaio Calvio» e «probabilmente i due liberti di Gaia i cui nomi corrispondo- no a Publio Antilio Diacono e a Laguria Trofima erano due sposi che attendevano a qualche ufficio a vantaggio o servizio di Gaio Calvio». Per completare i riferimenti alla storia dell’epigrafia di Urbisaglia e dei pezzi del- la collezione studiata, deve essere menzionata anche un’ulteriore figura, il sacerdote Guido Piergiacomi. Attivo negli anni ’60 del ‘900, egli vuole offrire un suo perso- nale contributo alla conoscenza della storia e dell’archeologia di Urbisaglia e, per questo, realizza un opuscolo in cui, partendo dagli scritti del Caraceni12, emerge la sua volontà di «raccogliere quanto di interessante fosse già pubblicato sulle vicende storiche e circa le notizie di carattere archeologico, specialmente dopo le più recenti scoperte, che hanno posto in luce notevoli elementi validi per la ricostruzione della

11. Archivio parrocchiale, faldone «Archeologia», lettera del 17 giugno 1943. 12. Caraceni, Memorie civili…, cit., pp. 36-39; Caraceni, «Memorie…», cit., pp. 113-117.

SEBarc xvii, 2019, pp. 31-61 35 Marc Mayer i Olivé, Francesca Pettinari, Tituli urbisalvienses in presbyterio… storia cittadina»13. Il suo compendio tiene conto anche dei lavori del Mommsen, di Colucci14, del Pallotta15 e appunto del Caraceni, al quale dedica la sua opera definendo il parroco di Urbisaglia «maestro» e «guida». La struttura dell’opuscolo prevede, dopo un’introduzione storica, l’indicazione dei monumenti principali del- la città romana e, infine, un elenco che comprende le iscrizioni raccolte nel C.I.L. e quelle «scoperte di recente»; nella sostanza il volumetto non si discosta, per quanto riguarda i contenuti, da quanto già scritto dagli altri studiosi e non offre nuove testimonianze o informazioni, bensì emergono anche alcuni errori nel lavoro di copiatura dei testi epigrafici. (F.P.)

1. Si tratta di un’epigrafe funeraria in calcare, già edita16, murata nella parete sini- stra dell’androne della Casa parrochiale (fig. 2). Rinvenuta nel 1910 non lontano dalla strada che in Contrada San Valentino divide il territorio di Urbisaglia da quello di Loro Piceno. Essa ha suscitato (come si scriveva sopra) un grande interesse in Mons. Caraceni, incuriosito dal cognomen «Diaconus» che, a suo avviso, poteva rimandare al mondo cristiano. Si tratta, invece, di un’epigrafe di origine pagana, databile tra il I e il II seco- lo d.C.

Dimensioni: 29,3 × 29,5 cm (spessore non misurabile essendo murata) Lettere: 4; 3; 2/2,4; 3; 2,8/3,3; 2/2,2; 1,6/1,9 cm

P(ublius) · ANTILIVS Ɔ (mulieris) · L(ibertus)· DIACONVS SIBI (hedera) ET LAGVRIAE · Ɔ (mulieris) · L(ibertae) TROPHYME 5 BENEFIC(io) · C(ai)· CALVI IN · F(ronte)· P(edes)· XII · IN · A(gro) · P(edes) · XII

L’iscrizione si sviluppa su 7 righe e ha un’ordinatio molto curata con lettere capitali. L’altezza delle lettere varia da riga a riga: il nome dei due personaggi che vengono ricordati presenta un carattere maggiore. La paleografia presenta apicatu-

13. G. Piergiacomi, ΠNYENTIA – VRBS SALVIA, URBISAGLIA, compendio di notizie, Mace- rata 1964, p. 7. 14. G. Colucci, Delle antichità picene, Tomo XII, Fermo 1791, pp. 139-179. 15. G. Pallotta, Di alcuni superstiti monumenti dell’antica Urbs Salvia nel Piceno. Illustrazione storico-artistica, 1924. 16. Piergiacomi, ΠNYENTIA…, cit., pp. 81-83; A. Pasqualini, «La nozione di “beneficium” nel- la prassi sepolcrale romana: a proposito di una poco nota iscrizione da Urbisaglia», in Picus 4, 1984, pp. 179-197; EDR080457.

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Fig. 2 re molto marcate, la Y presenta una forma simile alla T. Le Ɔ retroverse (mulieris) hanno una forma angolare. La punteggiatura è a spina di rosa tranne che nella riga 3 dove troviamo, in posizione centrale, un’hedera distinguens con un evidente scopo decorativo. Sono molto rari i gentilizi dei due personaggi ricordati nell’iscrizione: Antilius potrebbe derivare dall’etrusco Antle17 e, se con il nome Laguria ci troviamo di fronte ad un unicum, con i due cognomina, di origine greca, abbiamo forme ampiamente attestate18. Il cognomen Trophyme19 presenta una forma corrispondente alla cosid- detta declinatio semi greca. Da molte iscrizioni provenienti prevalentemente da Roma, conosciamo anche la variante con il dativo Trophimeni20 ma in questo caso si è volutamente scelto di lasciare Trophime.

17. W. Schulze, Zur Geschichte lateinischer Eigennamen, rist. anast., con aggiunte di O. Salomies, Berlin, Zürich 1991, p. 123. 18. Pasqualini, «La nozione…», cit., pp. 181-182. 19. Solin, Die stadtrömischen…, cit., pp. 489-490; H. Solin, Die griechischen Personennamen in Rom, II, Berlin, New York 20032, pp. 1052-1054. 20. CIL XIV, 01245; AE 1969/70, 51; CIL VI, 2936; 8673; 10651; 11827; 14527; 20960 = AE 1994, 175; 24259; 25220; 26144; 27677; 27850; 37342; AE 1993, 305.

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Riguardo all’onomastica di P. Antilius Diaconus21 possiamo dire che normal- mente per gli schiavi affrancati da donne si utilizzava semplicemente la C retroversa (Ɔ); in questo caso abbiamo la presenza del prenome Publius che potremmo spiega- re con il fatto che si trattasse di quello del padre della sua patrona. Interessante è la menzione che viene fatta del beneficium da parte di C. Calvius verso i due liberti. Quando si parla di beneficium in ambito funerario si fa probabil- mente riferimento alla donazione fatta da parte di un privato di un lotto di terra per l’edificazione di una sepoltura. Nel nostro caso è stato C. Calvius ad aver donato un lotto di circa 4 metri per lato22. La Pasqualini23 si interroga a lungo sul significato del termine beneficium in am- bito sepolcrale sostenendo che bisognerebbe approfondirne ulteriormente lo studio. In buona parte dei casi da lei analizzati, come in quello in questione, sembrerebbe particolarmente connesso a liberti di donne. La studiosa sostiene che, sebbene di norma fosse il pater familias a provvedere alla sepoltura dei membri della sua fa- miglia, anche le donne dotate di un proprio patrimonio familiare potevano avere la medesima capacità. Qualora ai patroni non fosse stato possibile pagare un sepolcro a proprie spese toccava allora ai liberti cercare un benefattore che garantisse loro, tramite beneficium, una sepoltura. Poiché vengono indicate le dimensioni dell’area sepolcrale è facile supporre che l’iscrizione fosse collocata all’esterno, bene in vista, affissa al monumento funerario o come cippo di confine. In uno studio di Werner Eck24 sulle iscrizioni sepolcrali romane viene sottolineato come, vista l’inesistenza di regolamenti cimiteriali, le di- mensioni dei sepolcri potessero facilmente variare. Tuttavia la grandezza maggior- mente attestata è proprio, come in questo caso, quella di 12 piedi. Una particolarità è che C. Calvius, a differenza di Publius Antilius Diaconus, non ha indicato il cognomen; questo sarebbe facilmente spiegabile con il fatto che il personaggio sia un ingenuo e quindi non abbia bisogno del cognomen. Non è possibile affermare con certezza chi sia C. Calvio ma la sua gens è ben attestata in zona: in un’iscrizione di II secolo d.C., conservata nella raccolta arche- ologica dell’Abbazia di , viene ricordato M. Calvius Clemens quattuorviro della città di Urbs Salvia25. I membri di questa gens dovettero dunque avere un ruolo di particolare importanza all’interno della colonia poiché facevano parte del ceto dirigente.

21. Solin, Die stadtrömischen…, cit., p. 499; Solin, Die griechischen Personennamen…, cit., p. 1111, pp. 1459-1460. 22. Partendo dal presupposto che un piede romano corrisponde all’incirca a 30 cm. 23. Pasqualini, «La nozione…», cit., pp. 182-192. 24. W. Eck, «Iscrizioni sepolcrali romane. Intenzione e capacità di messaggio nel contesto funera- rio», in W. Eck, Tra epigrafia, prosopografia e archeologia. Scritti scelti rielaborati e aggiornati (Vetera 10), Roma 1996, pp. 227-248. 25. CIL IX, 5540: D(is) M(anibus) / M(arco) Calvio / Clementi / IIIIvir(o) Urbisal(viae) / M(arcus) Calvius / Sabinus patrono / b(ene) m(erenti) et / Calviae Iucun/dissimae uxori / uxori / karissimae.

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L’assenza del cognomen per il personaggio che ha fatto il beneficium, la formula sibi et e la paleografia del testo permettono di collocare l’iscrizione entro il I seco- lo d.C. (F.P.)

2. Inscripción funeraria. Fragmento izquierdo de una placa de caliza gris muy erosio- nada en superficie, ya publicada26 (fig. 3). Se trata sin duda del margen izquierdo de la placa por las litterae minutae situadas a los extremos del renglón visible. Se hallaba según G. Piergiacomi en «Urbisaglia presso il sig. Cecchi», lo cual no puede ser en el año 1964, fecha de la publicación, dado que la colección que incluye la pieza que estudiamos estaba ya empotrada en el lugar en la cual podemos examinarla ahora27. Hallada en Urbisaglia pudo pasar primeramente por las manos de la familia Cecchi que la donaría seguramente a Mons. Filippo Caraceni para su colección de la Casa parrocchiale empotrada en la pared izquierda de la entrada en la cual se conserva en la actualidad.

Fig. 3

Dimensiones: (17) × (17,6) cm. El grosor no resulta visible. Altura de las letras: 3; 3,3-1,7 (O minuta); 2,5; 3- 1,5 (V minuta) cm

26. CIL IX, 5537; G. Piergiacomi, ΠNYENTIA…, cit., p. 70, núm. IX; EDR106758. 27. Se trata seguramente de una traducción de la indicación de CIL IX, 5537, p. 528, que data de 1883: «Urbisagliae apud Cecchium», sin hacer la comprobación.

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- - - - - [---]ERE [---]S COLO [---]PATER ÊT [---]PROCV [---] PAREN [------]

Las escritura es relativamente regular, aunque se nota un cierta falta de destreza en la O minuta del renglón 2 y en la V minuta del 4. La ordinatio del texto muestra sea por las litterae minutae sea por el nexo una cierta voluntad de preciosismo o de demostración de la capacidad de usar recursos. Las posibilidades de lectura son diversas: si vemos en la segunda línea conservada el término COLO presente y lo integramos en la linea siguiente como colo[niae], nos hallaríamos seguramente ante un patronu]s colo[niae, pero creemos que se trata de un formulario mucho más simple y que la inscripción recogería el nombre de un difunto que recibe los honores sepulcrales de su padre y de su madre: parentes. El nombre reconstruible para el difunto, y naturalmente para su padre, es en función de los restos de la primera línea conservada: H]ere[nnius28 es bien conocido en Vrbs Salvia29. Una propuesta de restitución podría consistir en considerar que los renglones superiores desaparecidos contendrían el nombre del difunto, presumiblemente un Herennius, que pudo incluso llevar el mismo cognomen de su padre de aquí que pre- cisara el dedicante la condición de pater, redundante en cierta manera con parentes. La primera línea conservada contendría por lo menos el praenomen y una parte del nomen del padre H]ERE y la segunda la continuación del nomen y la primera parte del cognomen NNIV]S COLO; en el tercer renglón se completaría dicho cognomen en la forma NVS] PATER ET, para continua en la linea siguiente con el cognomen de la madre quizás antecedida por la abreviación del nomen que podría ser el mismo que el de su hijo y marido como sucede en las familias de origen libertino, por ejemplo: HER] PROCV; el último renglón conservado podría rezar: LA] PAREN, para terminar en un último renglón hoy perdido: [TES FAC CVR] o una fórmula semejante. Cabe señalar que el cognomen Colonus que proponemos para el padre podría también ser Colonicus30. La cronología por la forma de las letras y el posible formulario presente se si- tuaría en el s. I d.C. (M.M.O.)

28. H. Solin, O. Salomies, Repertorium nominum gentilium et cognominum Latinorum, Editio nova addendis corrigendis augmentata (Alpha – Omega, Reihe A, LXXX), Hildesheim, Zürich, New York 1994, p. 92, menos probable la forma Herenius. 29. Por ejemplo CIL IX, 5541. 30. Solin, Salomies, Repertorium nominum…, cit., pp. 315-316, para ambos cognomina a los cuales podemos añadir la posibilidad más remota de Colonio y Colonius.

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3. Angolo inferiore destro di una lastra di marmo proconnesio. Iscrizione di carat- tere incerto, probabilmente onoraria o funeraria, murata nella parete sinistra della Casa parrocchiale (fig. 4).

Fig. 4

Dimensioni: 25,8 cm × 13,50 cm; spessore non misurabile (murata) Lettere: 4,3 cm

------[- - -]E [- - -]RAE [- - -]NC [------] 5 [- - - ]+·

Una cornice modanata delimita il campo epigrafico, all’interno del quale si pos- sono osservare le linee guida per il testo. In totale si contano 4 righe e, nell’angolo in fondo a destra del campo epigrafico, si può osservare chiaramente un segno di interpunzione in forma di spina di rosa.

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Confrontando l’iscrizione con l’illustrazione che se ne fa nel foglio conservato presso l’archivio parrocchiale (datato al 1940) troviamo due incongruenze (fig. 5): nel disegno possiamo osservare che, anziché 4 righe, se ne riportano 3 e che nell’ul- tima riga, prima del segno di interpunzione, sembra che sia riportata metà della lettera Q, oggi non visibile. Ricostruire il testo con esattezza è impossibile ma si potrebbe ipotizzare che le tracce della E alla seconda riga e l’AE che leggiamo nella terza possano corrispon- dere alla parte finale di un nomen o cognomen di donna o comunque a un dativo femminile. In base alla paleografia si potrebbe ipotizzare una datazione compresa tra la fine del I secolo d.C. e l’inizio del II secolo d.C. (F.P.)

Fig. 5

4. Frammento di lastra in calcare con venature marroni murata nella parete sinistra della Casa parrocchiale; dell’iscrizione si conservano soltanto due righe in maniera piuttosto lacunosa. Iscrizione onoraria o funeraria (fig. 6).

Dimensioni: 17 × 16,30 cm; spessore non misurabile (murata) Lettere: 3,8; 5,3 cm

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Fig. 6

------[- - - PVBLI]CE · CO[LONIA? - - -] [- - - PA]TROṆ[O - - -] ------

L’ordinatio del testo appare molto curata; le lettere capitali presentano apica- ture. Nella seconda riga le lettere sono in un formato maggiore. La punteggiatura è a spina di rosa. La fotografia di questo frammento viene inserita all’interno di un articolo di L. Gasperini31 sulla carriera di Gaio Fufio Gemino. L’iscrizione, da quanto viene scritto, inizialmente doveva far parte del lapidario della cisterna romana. Questa affermazione sembrerebbe alquanto improbabile dal momento che il moderno in- gresso al serbatoio venne aperto nel 1948 (subito dopo lo scavo) mentre il Caraceni riporta di aver murato questa iscrizione nella Casa parrocchiale nel 1940.

31. L. Gasperini, «Sulla carriera di Gaio Fufio Gemino», in L. Bacchielli, Ch. Delplace, W. Eck, L. Gasperini, G. Paci, Studi su Urbisaglia romana (Picus Supplementi 5), Tivoli 1995, pp. 1-21 (foto a p. 11).

SEBarc xvii, 2019, pp. 31-61 43 Marc Mayer i Olivé, Francesca Pettinari, Tituli urbisalvienses in presbyterio…

Gasperini non scrive nessun commento alla foto dell’iscrizione che, probabil- mente, viene inserita all’interno dell’articolo perché ci viene visto un collegamento con G. Fufio Gemino (a causa del TRON alla seconda riga). L’illustre personaggio urbisalviense infatti, ricordato da un frammento d’iscri- zione rinvenuta al momento dello scavo del teatro romano, fu patronus coloniae e dovette quindi avere una grande importanza all’interno della classe dirigente della città di Vrbs Salvia. Dalle iscrizioni urbisalviensi giunte fino a noi non abbiamo molte notizie di pa- troni, conosciamo: C. Salvius Liberalis Nonius Bassus, M. Calvius Clemens, Numi- sius Rufinus, C. Fufius Geminus e L. Flavius Silva Nonius Bassus32. Non possiamo di certo affermare che il presente frammento sia riconducibile a tale illustre personaggio ma sicuramente, se l’ipotesi di lettura qui proposta fosse corretta, ci troveremmo davanti al testo che ricorda un importante membro della colonia e l’iscrizione potrebbe essere datata in maniera coeva a C. Fufius Geminus: in età augustea - tiberiana. Merita di essere ricordata un’altra iscrizione urbisalviense33, poiché contiene nel- la sua seconda riga di testo la formula publice conditum riferita a un fulgur. L’at- testazione di questa formula permetterebbe quindi un’altra interpretazione per il nostro frammento, sebbene vada considerata la difficoltà di giustificare la presenza, in un testo di questa natura, di un possibile riferimento a un patronus, che non è attestato altrove nelle iscrizioni conosciute che si riferiscono a fulgura condita. (F.P.)

5. Iscrizione funeraria frammentaria in calcare, fratturata sul lato sinistro, murata nella parete sinistra dell’ingresso della Casa parrocchiale (fig. 7).

Dimensioni: (20,7) × (11) cm; spessore non misurabile (murata) Lettere: 0,50/2,3; 2,9; 2-2,3; 2,2 cm

------[- - - FL]AVIV[S] [- - - HE]RMES [CONIV]GI · KAR [ISSIMAE B(ene)] [M(erenti)] F(ecit) ·

L’ordinatio del testo non è molto curata; i segni di interpunzione hanno una forma triangolare irregolare. Alla terza riga la K di KAR ha le due asticelle oblique molto corte e poco mar- cate.

32. CIL IX, 5533; 5540; 5542 e 5744 rispettivamente. 33. AE 1979, 200 = EDR077475.

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Fig. 7

Si potrebbe integrare la parte mancante della lastra inserendo nella prima riga il prenome e le lettere mancanti del nome; nella seconda riga «figlio di» con le lettere mancanti del cognome; nella terza riga completare la parola coniugi; nell’ultima riga, in posizione centrata, si potrebbe ipotizzare un B(ene) M(erenti) F(ecit). Il personaggio menzionato nell’iscrizione ha un cognomen greco: Hermes34. La gens dei Flavi, di cui il personaggio qui ricordato potrebbe essere un liberto, ad Urbs Salvia era una delle famiglie più in vista35. Sicuramente il membro più famoso fu L. Flavio Silva Nonio Basso vissuto sotto il regno degli imperatori Vespasiano e Tito, ricordato come il conquistatore della fortezza di Masada36. Fu lui a finanziare la costruzione dell’anfiteatro nella città di Urbs Salvia come ricordano due iscrizioni. Un altro membro di tale gens fu T. Flavio Massimo37, un procuratore equestre di II secolo d.C. che portò un dono dall’oriente agli dei e alle dee di Vrbs Salvia.

34. Solin, Die griechischen Personennamen…, cit., pp. 368-380 e 1475. 35. W. Eck, «Urbs Salvia e le sue più illustri famiglie in età romana», in Bacchielli, Delplace, Eck, Gasperini, Paci, Studi…, cit., pp. 49-82; F. Cancrini, C. Delplace, S.M. Marengo, L’everge- tismo nella Regio V () (Picus Supplementi 8), Tivoli 2001, VRB 4, pp. 112-115 (F. Cancrini, S.M. Marengo). 36. Eck, «Urbs Salvia…», cit., pp. 80-82. 37. CIL IX, 5529.

SEBarc xvii, 2019, pp. 31-61 45 Marc Mayer i Olivé, Francesca Pettinari, Tituli urbisalvienses in presbyterio…

In un’iscrizione conservata nella raccolta archeologica all’Abbazia di Fiastra sono ricordati i nomi di due coniugi: Flavio Epitteto e Flavia Igea38, probabilmente liberti della famiglia dei Flavi di Vrbs Salvia. (F.P.)

6. El fragmento que tratamos ha sido ya editado anteriormente por nosotros mis- mos39 y queremos ahora proponer en la medida de lo posible una nueva lectura después de un reexamen autóptico de la pieza. El fragmento conservado de la inscripción, situado en la pared izquierda del ves- tíbulo de la Casa parrocchiale (fig. 8), parece ser la parte superior de una placa de marmor Numidicum de Simithus (Chemtou), de color rosado con venas violáceas y el hecho de que no se vean letras en la parte inferior del fragmento conservada nos haría pensar en una dedicatoria con amplios márgenes como conocemos en otras placas del mismo tipo de la estudiada.

Fig. 8

Dimensiones: (10) × (11) cm. El grosor no es apreciable al estar la pieza empo- trada en la pared. Altura de las letras: 4 cm

[- - -G]ERM[ANICI, -ANICO, -ANICVS - - -] ------

38. CIL IX, 5547; G. Paci, «Le Epigrafi», in G.M. Fabrini, G. Paci, La raccolta archeologica presso l’Abbazia di Fiastra, Urbisaglia 1986, pp. 42-44. 39. Cf. M. Mayer, «¿Germánico o Agripina en Vrbs Salvia?», en Picus 28, 2008, pp. 205-211, con fotografía, AE 2008, 488; EDR106665.

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La escritura es la habitual en las inscripciones julio-claudias de este material con letras capitales cuadradas muy regulares. Como tuvimos ocasión de exponer se trata probablemente de una inscripción dedicada a la familia julio-claudia con una paleografía y un soporte característicos40, que la pueden poner en paralalelo con series como la de Rosselle41 o la de Ruscino42. Cuestión distinta es saber quien pudo ser el personaje homenajeado por dicha placa y el retrato escultórico que la debió sin duda acompañar. En su momento propusimos que podría tratarse o bien del proprio Germánico o bien de Agripina, hija de Germánico, y aduciamos el hecho que Agripina madre de Nerón había sido honrada, publice, con un monumento en la propia Vrbs Salvia43. Podemos ampliar el horizonte de atribuciones posibles a cualquiera de los hijos de Germánico como nos demuestran los hallazgos producidos en otras ciudades. Además Germanicus aparece en la nomenclatura de los emperadores Calígula, Claudio y Nerón, ade- más de que podría tratarse de la esposa del proprio Germánico, Agrippina, hija de Marco Agripa44. Los fragmentos de la inscripción habían aparecido además en la zona del cripto- pórtico, lo cual puede resultar evidentemente muy significativo para determinar la existencia o no de una serie de inscripciones que pudieron corresponder a lo que genéricamente se denomina como augusteum, es decir un recinto con una galeria de retratos de la casa imperial. Otros pequeños fragmentos urbisalvienses pueden ser puestos en relación con la existencia de un conjunto de este tipo45. No hemos de olvidar tampoco la presencia de una inscripción dedicada a Claudio, CIL IX,

40. M. Mayer, «Las dedicatorias a miembros de la domus Augusta julio-claudia y su soporte: una primera aproximación», en G. Paci (ed.), Contributi all’epigrafia di età augustea. Actes de la XVIIe Ren- contre franco-italienne sur l’épigraphie du monde romain (Macerata 9-11 settembre 2005), Tivoli 2007, pp. 171-199; de forma más general M. Mayer, «El material lapídeo como elemento identificativo de officinae epigráficas», en A. Donati, G. Poma (eds.), L’officina epigrafica romana (Epigrafia e antichi- tà 30), Faenza 2012, pp. 89-107. 41. S. Conti, Rusellae, en Suppl. It. n.s. 16, Roma 1998, pp. 93-192, esp. pp. 112-123, núms. 5-26. 42. Cf. ahora M. Mayer i Olivé, S. Braito, V. González Galera, Inscripcions romanes de Ruscino (SEBarc Annexos IV; Studi su Ruscino II), Barcelona 2019, esp. pp. 15-164. Anteriormente M. Mayer i Olivé, «Consideraciones sobre el forum de Ruscino», en G. Baratta (ed.), Studi su Ruscino (SEBarc Annexos II), Barcelona 2016, pp. 19-44; M. Mayer i Olivé, «El espectáculo epigráfico del foro de Ruscino: un horizonte efímero», en A. Donati (ed.), L’iscrizione esposta. Atti del Convegno Borghesi 2015 (Epigrafia e antichità 37), Faenza 2016, pp. 121-145. 43. AE 1982, 243 cf. G. Paci en Chr. Delplace, «Urbisaglia (Macerata)- Rapporto preliminare sulla terza campagna di scavo (1978) condotta ad Urbs Salvia», in NSc, ser. 8, vol. XXXV, 1981, pp. 37-76, «Appendice epigrafica», pp. 59-76, esp. pp. 72-74, núm. 5 y fig. 27, p. 65. 44. No nos extenderemos en el tratamiento de las posibles atribuciones así como de su presencia en la zona y en Italia ya que tuvimos ocasión de hacerlo en nuestro trabajo anterior Mayer, «¿Germánico…?», cit., pp. 207-210. 45. M. Mayer, «Epigraphica frustula in Vrbe Salvia novissime reperta», en Picus 26, 2006, pp. 377- 386, cf. por ejemplo el núm. 2, pp. 380-381, recogido en AE 2006, 403, posiblemente una dedicatoria a Gayo César. Podemos añadir además la posibilidad de que pueda verse una inscripción del mismo tipo en el fragmento de Vrbs Salvia publicado por S.M. Marengo, «Una statua di [- - -D]rusus ed altri frammenti iscriti da Urbs Salvia», en Picus 29, 2009, pp. 35-52, esp. núm. 4 pp. 48-49 y fig.7 .

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5532, en Vrbs Salvia, que presenta en el primer renglón una facies muy semejante a la que estudiamos. Son muy significativas para la zona, en función de su ordinatio y materia, la lastra en honor de Octavia, hermana de Augusto, de , CIL IX, 5449, es- tudiada más recientemente por S.M. Marengo46 o bien la serie de Porto publicada por G. Paci47. La pieza contenida en la colección que estudiamos se inte- gra en las frecuentes series en marmor Numidicum u otros materiales marmóreos en esta cronología. (M.M.O)

7. Iscrizione funeraria in calcare mancante della parte superiore e murata nella pare- te di destra dell’androne della Casa parrocchiale. All’interno dello specchio epigra- fico si leggono chiaramente cinque righe (fig. 9).

Fig. 9

46. S.M. Marengo, «Octavia soror divi Augusti a Falerio», en Picus 28, 2008, pp. 193-204. 47. G. Paci, «Nuove iscrizioni romane da Potentia ()», en Picus 22, 2002, pp. 169-231 esp. pp. 184-185 núm. 4, una dedicatoria a Gayo César, y pp. 186-187, núm. 5 otro fragmento dedicado quizás a Lucio César, ambos de caliza de Chemtou, marmor Numidicum.

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Dimensioni: (24) × 16 cm; spessore non apprezzabile (murata) Lettere: 3 cm in tutte le righe.

------LEAE CLODI VS · VIC TOR B(ene) M(erenti)

Il testo ha un’ordinario curata; la punteggiatura, ben visibile alla riga 3, è for- mata da un punctus collocato a metà altezza del rigo. Sono ben visibili le linee guida che vanno a delimitare l’altezza delle lettere. All’ultima riga si può osservare come, al di sotto del testo, ci siano non una, ma due linee. Nel mondo romano il nome Lea è ampiamente attestato48 ma potrebbe anche trattarsi, essendo l’epigrafe mutila nella parte superiore, delle tre lettere conclusive di un nome più lungo come: Thalea49, Tessilea, Pentesilea, Aphelea, Anticlea, He- raclea, ecc.50 Se nel Piceno il nome Clodius risulta già scarsamente attestato, associato a Vic- tor51 sembrerebbe non trovare alcun testimone. (F.P.)

8. Se trata de un fragmento de una caliza compacta de los Montes Sibilinos de color gris blancuzco a la que un barniz aplicado modernamente ha dado un tono ocre (fig. 10). Presenta una superficie punteada de manera seguramente que pudiera retener el estucado que la recubría para dar mayor relieve a las letras que debieron ser coloreadas con atramentum o con una rubricatura. El fragmento pertenece a una serie de inscripciones que han sido recientemente publicadas52 correspondientes al teatro romano de Vrbs Salvia y concretamente a una de las inscripciones que llevan el nombre de su constructor Lucius Flavius Silva Nonius Bassus a cuyo cursus va referido el contenido del fragmento que estudiamos. Se conserva en la actualidad en la pared derecha del vestíbulo de entrada de la casa parroquial de Urbisaglia en las circunstancias y condiciones que se han indicado en la introducción.

48. Solin, Salomies, Repertorium nominum…, cit., p. 429. 49. Attestata nel Piceno unicamente a Cupra Marittima (CIL IX, 5694). 50. Solin, Die griechischen Personennamen…, cit., p. 1490. 51. Solin, Salomies, Repertorium nominum…, cit., p. 432. 52. Cf. el fundamental trabajo de G. Paci, «Urbs Salvia: le iscrizioni dell’anfiteatro», en G. Paci (ed.), Epigrafia e archeologia romana nel territorio marchigiano. In memoria di Lidio Gasperini. Atti del Convegno Macerata 22-23 aprile 2013, Tivoli 2013, pp. 391-347, esp. pp. 409, nota 29 y fig. 7, B [11] p. 410; la transcripción se halla en la p. 413 núm. B [11].

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Fig. 10

Dimensiones: (15,5) × (27,5) cm; el grosor no puede precisarse al estar empo- trada en la pared Altura de las letras: (7); 8-7,5 (T 8,2) cm

[------] [- - -ADLEC]T IN[TER- - -] [- - -AD]LECT· IN[TER- - -] ------

Las letras son semejantes a las demás inscripciones y fragmentos de Lucio Flavio Silva y corresponden perfectamente a las características paleográficas de su momento. Como puede verse seguimos la integración de G. Paci que propone53: [--- adlec] t(us) in[ter? ---] / [--- ad]lect(us) in[ter praetorios ---] La integración del fragmento puede hacerse en el contexto del formulario de la que G. Paci denomina «iscrizione principale», que recogemos en su transcripción54: [L. Flavius - f. V]el(ina) Silva Nonius Bassus co(n)s(ul) pont(ifex), / [leg(atus) Aug(usti)

53. Paci, «Urbs Salvia: le iscrizioni…», cit., p. 413, sugiere también que quizás el fragmento en cuestión podría relacionarse con el fragmento núm. B [6], del cual trata en pp. 411-412. 54. Paci, «Urbs Salvia: le iscrizioni…», cit., p. 407 y fig. 6.; cf. pp. 401-402, notas 18-20 para una bibliografía completa.

50 SEBarc xvii, 2019, pp. 31-61 Marc Mayer i Olivé, Francesca Pettinari, Tituli urbisalvienses in presbyterio… pro pr(aetore) pr]ovinc(iae) Iudaeae, adlectus inter patricios / [ab divo Vespasiano et d]ivo Tito censoribus, ab isdem adlectus inter pr(aetorios) legat(us) leg(ionis) XXI Rap(acis / [trib(unus) pleb(is), quaest(or), trib(unus) mi]l(itum) leg(ionis) IIII Scythicae, III vir kapitalis, quinq(uennalis) II, patron(us) colon(iae) suo et / [An- niae - f. Galli]ttae matris suae item / [---]millae uxo[ri]s nomine pecuni[a sua, solo suo] / [amphitheatrum faciendum] curavit et [pa]ri[b]us [qua]drag(inta) [ordin(aris) ded(icavit)]. Como puede fácilmente notarse el fragmento que nos ocupa correspondería a los renglones dos y tres en una ordinatio semejante a la que hemos recogido y que en principio permite una restitución e integración del texto relativamente segura. La datación naturalmente depende de los datos obtenibles del cursus de Flavio Silva y podemos suponer que fue concomitante o inmediatemente posterior a su consulado revestido en el 81 d.C.55 (M.M.O.)

9. Fragmento de inscripción hallado en 1935 cerca del puente sobre el rio Entogge en el límite entre Toentino y Urbisaglia56. Lastra incompleta de caliza local de color seguramente grisáceo, deformado hoy por el barniz amarillento aplicado aplicado a la superficie. Se halla situada en la pared derecha de la Casa parrocchiale (fig. 11). Parece ser la parte inferior de la pieza incompleta por ambos lados y el renglón conservado relativamente distante del renglón anterior si éste existió. Publicado por vez primera por F. Caraceni57 y más adelante por G. Piergiacomi58, que leen erróneamente U]rbisalvien.

Dimensiones: (40) × (23,5) cm. El grosor no resulta comprobable. Altura de las letras: 4,5 cm

------? [V]RBISALVEN[SIVM, -SES]

55. Paci, «Urbs Salvia: le iscrizioni…», cit., pp. 427-429. 56. Caraceni, Memorie…, cit., pp. 51-52: «Così pure relativo all’argomento ci sembra il rinveni- mento verso il 1935 di sepolture romane e frammenti di lapidi per la maggior parte asportate, da ignoti e ora irreperibili, presso il rialzo di terreno, immediatamente prospiciente a levante il ponte sull’Entogge, che unisce la contrada detta, come sopra, di S. Paolo, in territorio di Tolentino con quello di Urbisaglia. Uno di tali frammenti, fissato oggi nella casa parrocchiale di Urbisaglia, porta la scritta, …. RBISAL- VIEN…. Tali indizi possono far giustamente pensare alla diramazione della Flaminia, proveniente da Septempeda, che forse sboccava in una porta che doveva aprirsi verso l’inizio sud dell’attuale paese di Urbisaglia, quasi presso la casa parrocchiale e il palazzo delle scuole». 57. Caraceni, Memorie…, cit., p. 51, texto. 58. Piergiacomi, ΠNYENTIA…, cit., p. 27, que reproduce casi literalmente el texto de F. Caraceni.

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Fig. 11

Las letras son regulares con biseles relativamente anchos y algo achatadas. El contenido del texto convendría bien sea a una origo en forma adjetiva bien a la for- ma substantivada Vrbisalvensis, que en este caso hemos reconstruido en genitivo plural en cuanto nos parece más probable, ya que creemos que por la ubicación de su hallazgo pueda haber sido un confín de territorio. Los Vrbisalvienses están mencionados como tales en CIL IX, 5529 = ILS 399059, en CIL IX, 5544 hallamos V]rbisal[ y en AE 1969-1970, 183a: Vrbi]salviensium o simplemente Salviensium, como resulta más probable, refiriéndose a una Salvien- sium plebs60. Dicha plebs Salviensium se encuentra también en una inscripción halla- da en el margen del río Chienti en 1943, según da noticia por primera vez F. Carace- ni61. Debemos mencionar también las improntas de sello sobre tegulae de M. Attius Fabatus que mencionan una Salus Augusta Salviensium62. El nombre de la ciudad aparece en CIL IX, 5540, 5542 y AE 2000, 487.

59. Dis dea/busq(ue) / Urbisalvi/ensibus / T(itus) Flavius / Maximus / proc(urator) Aug(usti) / ab orient(e) / donum / misit 60. Paci, «Urbs Salvia: le iscrizioni…», cit., pp. 391-347, esp. pp. 406 y 429-430. 61. Caraceni, Memorie…, cit., pp. 53-54, Piergiacomi, ΠNYENTIA…, cit., pp. 27-28 y 85; R. Perna, Urbs Salvia. Forma e urbanistica, Roma 2005, p. 109; Paci, «Urbs Salvia: le iscrizioni…», cit., p. 430 y nota 54 refiriéndose a la publicación de G. Piergiacomi. 62. CIL IX, 5530 = CIL IX, 6078, 1 = AE 1979, 201 = AE 1983, 332 = AE 2013, 437. Son muchas las improntas de este signaculum halladas hasta el momento; cf. por ejemplo: M. Mayer i Olivé, «Re-

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Nos parece de especial trascendencia el testimonio de CIL V, 6991 = ILS 6751 de Augusta Taurinorum, Turín, que menciona entre otras comunidades del Piceno la res publica [Vrbi] Salvensium, en un elenco de patronatos múltiples. Quizás tam- bién pueda referirse a ello el epígrafe publicado por M.G. Angeli Bertinelli, hallado en Luna, Luni (La Spezia), que menciona un posible Salve[[nsis]]63. No se trata, como hemos visto, del único ejemplo de mención de los Vrbisalvien- ses como Vrbisalvenses, lo que en principio podría conducir a descartar un error de transcripción de la minuta por parte del lapicida que grabó la inscripción. En nuestra opinión nos parece que podría tratarse en realidad de un doblete en la denominación de los habitantes de Vrbs Salvia64, formado precisamente por el orígen seguramente sudpiceno del topónimo, quizás *Salua, que muy probablemente es el mismo término que da origen a salas o salaus con el valor del latín salve y que podemos vincular a la raiz de salus así como al nombre femenino Saluta y diversas formas antroponímicas que confluirán en Salvius65. Podría pensarse que una posible forma Salua, podemos también pensar en Saluta66, refleje muy probablemente el culto antiguo de la ciudad que dará origen después a la denominación latinizada de dicha divinidad y culto: Salus, que tendría así claramente un precedente indígena y no el pretendido orígen augusteo que ge- neralmente parece querersele dar, aunque nada impide evidentemente que el culto pudiera ser potenciado en aquel momento por consignas oficiales respecto a la Salus romana, que se hallan reflejadas en la numismática, como no ha dejado de ponerse de relieve67. De todas maneras resulta claro que la fundación de la colonia flexiones sobre el nombre romano de Urbisaglia: una propuesta sobre la denominación de la Colonia Pollentia Vrbs Salvia del Piceno», en Picus 32, 2012, pp. 9-35, esp. pp. 16-17, 21, 27 y fig. 1 p. 17, con la bibliografía anterior. 63. M.G. Angeli Bertinelli en M. Marini Calvani (ed.), Il Lapidario lunense nel Casale Fonta- nini, Parma 1994, pp. 10-27, esp. p. 18; M.G. Angeli Bertinelli, Lunensia antiqua (Serta antiqua et mediaevalia XIII), Roma 2011, pp. 277-303, que recoge su parte de la publicación anterior, esp. p. 289. 64. Sobre la posibilidad de un doblete cf. Mayer i Olivé, «Reflexiones…», cit., pp. 19-20 para el doblete bien documentado Salvienses y Vrbisalvienses. 65. Cf. el indice onomástico en M.H. Crawford et alii (eds.), Imagines Italicae. A corpus of Italic inscriptions, vol. III, London 2011, pp. 1616-1617; así podemos ver el antropónimo femenino Saluta en las inscripciones Corfinium 7, 13, 21, Sulmo 5, 6, 14, Teate Marrucinorum 3 y Sulmo 21, 22 para Sa(luta); además las formas antroponímicas Sa(luies) o Sa(luio), Sa(lvieis), Salaviúd, Hallamos Salaus en Teate Marrucinorum 3 y 6; Teate Marrucinorum 4 para Salve salas. Téngase en cuenta además el enigmático Salavatur de Corfinium 9, que Untermann cree que es el indicativo de una función y no un cognomen, Crawford et alii (eds.), Imagines Italicae…, cit., vol. I, p. 271 y J. Untermann, Wörterbuch des Oskisch-Umbrischen, Heidelberg 2000, p. 652. 66. Crawford et alii (eds.), Imagines Italicae…, cit., vol. I, p. 234, para la inscripción Teate Mar- rucinorum 3 donde dice respecto a la Saluta presente en el texto: «note the teophoric aspect of Saluta». Propusimos ya anteriormente para el nombre de Vrbs Salvia una forma derivada de un radical Salv- en Mayer i Olivé, «Reflexiones…», cit., pp. 15-16. 67. Fundamentalmente Chr. Delplace, La romanisation du Picenum: l’exemple d’Urbs Salvia (CEFR, 177), Roma 1993, pp. 65-66, de donde ha partido esta conjetura bien argumentada que ha sido generalmente seguida y desarrollada posteriormente. Últimamente: A. Bertrand, «Au chevet de Livia. La colonie d’Urbs Salvia et le culte de la Salus Augusta», en MEFRA 125, 2013, pp. 501-521.

SEBarc xvii, 2019, pp. 31-61 53 Marc Mayer i Olivé, Francesca Pettinari, Tituli urbisalvienses in presbyterio… debió de tener lugar según los últimos trabajos en época gracana68, o quizás en un momento inmediatamente posterior, aunque evidentemente debió asentarse sobre un precedente indígena. Naturalmente podrá opinarse que llevamos más allá de lo habitual las conside- raciones a partir de un epígrafe fragmentario, aunque deberemos admitir que tiene indudable trascendencia sobre el nombre de la ciudad69. La inscripción datable únicamente por la paleografía parece ser de los siglos II- III d.C. (M.M.O.)

10. La pieza que recogemos, empotrada en la pared derecha del vestíbulo de la Casa parrochiale es sobradamente conocida y ha sido editada cuidadosamente por S.M. Marengo70 (fig. 12). Se trata de una placa de caliza al parecer local de color ocre oscuro, rota por sus cuatro lados, de la cual el fragmento que resta aunque in- completo parece contener el margen derecho del texto y la parte inferior del mismo, la lectura que presentamos es como sigue: Dimensiones : (33,5) × (23,5) cm; el grosor no puede apreciarse en su totalidad ya que la pieza se halla empotrada. Altura de las letras: 3,5; 3,3; 3,3; 3,3; 7 (I longa)-3,5 cm

------[---]IIIIVIR [---]QVAES[TORI PRAEF(ecto)] FABR(um) [---] [--- CONIV]GI B(ene) M(erenti) [---] [FECIT ET] SIBÌ [---]

68. G. Paci, «La nascita della colonia romana di Urbisaglia», en M. Chiabà (ed.), HOC QVOQVE LABORIS PRAEMIVM. Scritti in onore di Gino Bandelli (Polymnia 3), Trieste 2014, pp. 415-430. Cf. además S. Sisani, L’ager publicus in età graccana (133-111 a.C.). Una rilettura testuale, storica e giuridica della lex agraria epigrafica, Roma 2015, pp. 289-290; G. Bandelli, «Considerazioni sulla romanizzazione del Piceno (III-I secolo a.C.)», en Il Piceno romano dal III sec. a.C. al III sec. d.C. Atti del XLI Convegno di Studi maceratesi, Abbadia di Fiastra (Tolentino), 26-27 novembre 2005, Studi Maceratesi, XLI, Mace- rata 2007, pp. 1-26, esp. p. 18, quizás Pollentia que sucesivamente será Vrbs Salvia fue colonia civium Romanorum en función de la existencia de praetores en los últimos decenios del siglo II a.C. Se alínea con la hipótesis expuestas en G. Bandelli: M.R. Ciuccarelli, Inter duos flumines. Il popolamento del Piceno tra Tenna e tronto dal V al I sec.a.C. (BAR Int. Ser. 2435), Oxford 2012, p. 26. 69. Cf. recientemente, Mayer i Olivé, «Reflexiones…», cit., pp. 9-35; G. Paci, «Ancora sul nome di Urbs Salvia», en Picus 36, 2016, pp. 23-44. 70. S.M. Marengo, «Quattuorviri a Vrbs Salvia: un problema aperto», en Picus 10, 1990, pp. 199- 209, esp. pp. 199 para la edición del mismo y p. 201, fig. 1 para una excelente fotografía. A partir de esta publicación AE 1993, 595; EDR106687.

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Fig. 12

La escritura capital cuadrada es regular algo inclinada hacia la izquierda. Las ba- rras transversales de las letras se presentan desplazadas hacia la parte superior de las mismas, resulta notable la Q con apéndice casi paralelo a la caja de escritura y la B con bucle superior de menor dimensión que el superior. La ordinatio parece cuidada y hay que destacar el uso de la I longa en el último renglón. Como muy bien planteó su primera editora, la primera y fundamental in- terrogación que plantea este epígrafe radica en saber quién era el difunto de los dos cónyuges. Y por otra parte el desarrollo de los cargos ejercidos por el anónimo per- sonaje: dos parecen claramente de carácter municipal y un tercero parece referirse a un claro ascenso social al ordo equester mediante una probable praefectura fabrum. La posibilidad de que se trate de un quaestor coll. fabrum propuesta como ejemplo de posible desarrollo e integración por su editora y acogida al menos como hipóte- sis por A. Cristofori71 nos parece en este caso descartable, en función del valor que

71. A. Cristofori, Non arma virumque. Le occupazioni nell’epigrafia del Piceno, Bologna 2004 (primera edición 2000), pp. 545-550, Urbs Salvia 7, lám. LXXIV, p. 792, texto en p. 545.

SEBarc xvii, 2019, pp. 31-61 55 Marc Mayer i Olivé, Francesca Pettinari, Tituli urbisalvienses in presbyterio… creemos que puede suponerse a la forma de cuestura presente en esta inscripción que en nuestra opinión presenta un cursus en orden ascendente. No cabe duda que el cuatuorvirato en Vrbs Salvia presenta numerosos problemas que parten de la lectura de CIL IX, 5538 donde aparece como IIIIvir un liberto en una inscripción que, en nuestra opinión, parece haber sido regrabada al menos en parte72. Este hecho lleva a S.M. Marengo a pensar razonablemente en alternativas que puedan solucionar esta aparente incoherencia, que propone resolver pensando en un cargo cuasi-sacerdotal vinculado al culto imperial semejante a los seviri, que proponer ver también en CIL IX, 5540 y 5543, que podrían ser en cambio ser ex- plicadas perfectamente a través de una magistratura ciudadana73. El razonamiento de S.M. Marengo es acogido por A. Cristofori74 que propone estos IIIIviri sean un colegio no de magistrados sino de un colegio vinculado al culto imperial, de lo cual infiere que el anónimo personaje de la inscripción que tratamos sea un simple miembro de un collegium fabrum como consecuencia de su profesión y que sería quaestor de su collegium profesional, descarta además que la praefectura fabrum pueda estar vinculada a alguien que practica un oficio75. La conclusión de Cristofori queda formulada en la forma siguiente: «Sembra dunque più probabile che il nostro anonimo personaggio, se veramente intraprese una carriera municipale che lo portò alla questura e al quattuorvirato, abbia assunto il patronato del locale collegio dei fabri»76. No cabe duda que la importancia de las corporaciones colegiales fue im- portante en Vrbs Salvia como demuestran por ejemplo los asientos reservados a los honorati en el anfiteatro77. La misma S.M. Marengo no descarta que pueda existir en Vrbs Salvia un cua- tuorvirato aedilicia potestate78, que podría también resolver nuestro problema. El cuatuorvirato presenta, pues, de ser aceptado como magistratura en Vrbs Salvia, no pocas dificultades en cuanto parece que debería haber coexistido con la pretura municipal documentada incluso todavía en época Flavia79. Chr. Delplace propuso

72. La duda sobre la corrección del texto está también presente en el pensamiento de Th. Mommsen en CIL X, p. 790. 73. Marengo, «Quattuorviri a Vrbs Salvia…», cit., pp. 204-209, donde mantiene esta posibilidad señalando posibles encargos parecidos distintos del sevirato en otras ciudades. 74. Cristofori, Non arma virumque…, cit., pp. 547-548. 75. Cristofori, Non arma virumque…, cit., pp. 547-548, la posibilidad sin embargo es considerada y da en pp. 548-549 la lista de los praefecti fabrum del Picenum. 76. Cristofori, Non arma virumque…, cit., p. 547. 77. Véase para los collegia H.L. Royden, The magistrates of the Roman Professional Collegia in from the First to the third Century A.D. (Biblioteca di studi antichi 61), Pisa 1988, no menciona collegia en Vrbs Salvia, donde en cambio son muy importantes pero sí en la vecina Ricina núm. 323, p. 215. Para las inscripciones y los asientos reservados a los honorati cf. Paci, «Urbs Salvia: le iscrizio- ni…», cit., pp. 391-347, esp. pp. 429-431. 78. Marengo, «Quattuorviri a Vrbs Salvia…», cit., p. 204 y nota 12. Cita una inscripción con mención de un aedilis Piergiacomi, ΠNYENTIA…, cit., p. 86 y fig. 18. 79. La cuestión depende fundamentalmente de una de las inscripciones del anfiteatro de L. Flavio Silva, AE 1969-1970, 183 b, donde el personaje aparece como pr(aetor) quinquennalis. Cf. ahora Paci, «Urbs Salvia: le iscrizioni…», cit., p. 428, nota 50 y p. 430.

56 SEBarc xvii, 2019, pp. 31-61 Marc Mayer i Olivé, Francesca Pettinari, Tituli urbisalvienses in presbyterio… que pudieran haber coexistido, lo que daría pie a mantener la lectura del texto que estudiamos como magistratura municipal como quizás sería la solución más senci- lla80. Aunque más tarde se alineó con la posición de considerar este cuatuorvirato como una no-magistratura81 Por otra parte resulta indudable que las magistraturas de la vecina Auximum eran la pretura y la edilidad, pero resulta también claro que en Potentia, Porto Recanati, se produce un transición entre praetores y duoviri82. Conocemos en Vrbs Salvia la presencia de aediles83, lo que podría facilitar la aceptación de la existencia de IIIIviri como magistrados municipales; no obstante no entraremos en este caso en la discusión sobre este problema, aunque en nuestra opinión el caso que ahora hemos tratado refleja una magistratura municipal. Tanto más cuanto la mención de la cuestura seria un encargo que culminaría una carrera municipal84, ya que por el orden del cursus en el epígrafe se situaría al término de la misma85 y antes de entrar en el ordo equester a través de la praefectura fabrum como resulta habitual, especialmente en la cronología que proponemos para esta inscripción entre la segunda mitad del s. I d.C. y la primera del siglo II. (M.M.O.)

80 Chr. Delplace, «La colonie augustéenne d’Urbs Salvia et son urbanisation au 1er siècle ap. J.-C.», en MEFRA 95, 1983, pp. 761-784 (versión italiana con alguna modificación, La colonia augustea di Urbs Salvia e la sua urbanizzazione nel I sec. d.C., en Bacchielli, Delplace, Eck, Gasperini, Paci, Studi…, pp. 23- 48); además Delplace, La romanisation du Picenum…, cit., pp. 70-72. 81. Chr. Delplace, «“Culte impérial” et élites municipales du Picenum et de l’ager Gallicus», en M. Cébeillac-Gervasoni (ed.), Les élites municipales de l’Italie péninsulaire de la mort de César à la mort de Domitien entre continuité et ruptura. Classes sociales dirigeantes et pouvoir central (CEFR 271), Roma 2000, pp. 417-430, esp. p. 425, donde parece alinearse con la posición de S.M. Marengo, que la extiende a CIL IX, 5655 de Trea, actual . 82. M. Mayer, «¿Magistratus o decuriones primi creati en Potentia (Porto Recanati, Macerata, Italia)?», en Espacios, usos y formas de la epigrafía hispana en épocas antigua y tardoantigua. Homenaje al Dr. Armin U. Stylow (Anejos de AEspA XLVIII), Mérida 2009, pp. 211-216. 83. CIL IX, 5539: D(is) [M(anibus) s(acrum)] / Ataliae C(ai) f(iliae) / Sabinae / M(arcus) Molletius M(arci) f(ilius) / Cor(nelia) Valens aed(ilis) / uxori sanctissim(ae) / et C(aius) Publicius Florus / et Te- rentia / Moderata [parent]es / filiae piissimae / vixit an(nis) XXIIII / m(ensibus) V dieb(us) XVIIII; se trata, como puede verse, de un personaje M. Molletius Valens de cuyo origen se duda en función de la tribu Cornelia que ha hecho suponer que pudiera ser edil de otra ciudad, sin embargo Piergiacomi, ΠNYENTIA…, cit., p. 86 y fig. 18, nos presenta un nuevo ejemplo de aedilis, como ya hemos señalado en una nota anterior, en una inscripción hallada en 1948. 84. Un caso semejante quizás podría haber sucedido en la vecina Auximum con los personajes cita- dos en CIL IX, 5831 = ILS 6572 y CIL IX, 5843. Para los quaestores de esta ciudad cf. F. Branchesi, «La colonia di Auximum (Picenum) e la gestione dello spazio pubblico: l’apporto della documentazione epigrafica», en Cahiers du Centre Gustave Glotz 17, 2006, pp. 153-173, esp. p. 155 y nota 6, desde otro punto de vista. 85. Cf. M.F. Petraccia Lucernoni, I questori municipali dell’Italia antica (Studi pubblicati dall’I- stituto italiano per la storia antica XLI), Roma 1988, pp. 186-191, para los quaestores documentados en la regio V y las conclusions p. 331, pp. 338-339; en otro contexto para estas quaesturae en momentos de crisis o necesidad: M. Mayer, I. Rodà, «La cuestura municipal en la costa oriental de la Hispania citerior», en C. Castillo et alii (eds.), Coloquio Internacional de Epigrafía Jurídica, Pamplona 1987. Novedades de Epigrafía Jurídica Romana en el último decenio, Pamplona 1989, pp. 77-87.

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11. Fragmento superior derecho de una estela funeraria monolítica moldurada con un frontón triangular superpuesto, también moldurado, que contiene una repre- sentación de una flor de doce pétalos con botón central86 (fig. 13). Hallada segura- mente en Urbisaglia e incorporada a la colección que nos ocupa con posterioridad seguramente a las demás inscripciones (cf. introducción), se encuentra al fondo del vestíbulo de entrada a la casa parroquial adosada a los pies de la escalera que conduce a los pisos superiores.

Dimensiones: (84) × (47) × (20) cm Altura de las letras: 9; 7; 7-6,5 cm

P(ublius, -o) FLAV[IVS, -IO] HIL[ARVS, -ARO] VIX[IT- - -] o VIV[VS] ------

Letras capitales cuadradas regulares trazadas con surcos relativamente profun- dos. Forma de V muy abierta, P de bucle superior no cerrado. Se trata de un texto que no presenta mayores problemas ya que se trata de un formulario simple sin mayores alternativas que considerarlo en nominativo o dativo. El nomen Flavius corresponde a una de las gentes más notables de Vrbs Salvia, aunque su frecuencia del mismo impida establecer parentescos. Respecto al praenomen conocemos al menos otro Publius Flavius en la ciudad87. El cognomen Hilarus es especialmente frecuente88, aunque hasta ahora no registrado en la ciudad. La fórmula final debería ser más probablemente vixit con la indicación de los años; menos probable la forma que indica la erección del monumento en vida hasta ahora no documentada en el contexto que estudiamos. La datación en función de la forma del soporte y del formulario así como de la paleografía se situaría en el siglo I d.C. (M.M.O.)

86. Asemeja por ejemplo por su tipología a AE 1986, 346, publicada por G. Paci, «Nuove iscrizioni romane di Senigallia, Urbisaglia e Petritoli», en Picus 2, 1982, pp. 37-68, esp. pp. 48-55, y esp. fig. 2 p. 50, y a CIL IX, 5556. 87. CIL IX 5547: Publius Flavius Epictetus. 88. Solin, Salomies, Repertorium nominum…, cit., p. 342, puede considerarse casi seguro dada la existencia sólo de variantes del mismo.

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Fig. 13

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ARCHITETTONICI89

1. Blocco di fregio

Frammento di fregio in calcare, fratturato sul lato destro e con lacune lungo i mar- gini, con decorazione a motivo vegetale: girali di foglie d’acanto e fiori. La superfi- cie risulta piuttosto abrasa, soprattutto nella parte sinistra (fig. 14). Si potrebbe forse riferire a un monumento funerario.

MISURE: Altezza: 29 cm Lunghezza: 88 cm (limite superiore); 64 cm (limite inferiore) Spessore: murato

(F.P.)

Fig. 14

89. I due elementi architettonici, di cui si dà una breve descrizione, sono in questo momento in fase di studio.

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2. Capitello di lesena corinzio

Frammento di capitello di lesena in calcare fratturato lungo il lato destro e il lato sinistro, dove si presenta abraso (fig. 15). Forse parte di un monumento fune- rario.

MISURE Altezza: 53/57 cm Lunghezza: 46 cm (limite superiore); 33 cm (limite inferiore) Spessore: murato

(F.P.)

Fig. 15

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