Il Coaching: Come Liberare Il Potenziale Per Massimizzare La Crescita
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UNIVERSITÀ DI PISA CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN COMUNICAZIONE D’IMPRESA E POLITICA DELLE RISORSE UMANE (LM 59) TESI DI LAUREA IN ORGANIZZAZIONE AZIENDALE IL COACHING: COME LIBERARE IL POTENZIALE PER MASSIMIZZARE LA CRESCITA. PERCORSO PERSONALE E POSSIBILE APPLICAZIONE AL MONDO DEL CALCIO. CANDIDATO: DOCENTE RELATORE: Alessandro Marone Prof. Marco Giannini ANNO ACCADEMICO 2016/2017 1 2 INDICE INTRODUZIONE 5 CAPITOLO 1 Alla scoperta del coaching 1. Cos’è il coaching 8 2. Le origini del coaching 8 3. La potenza del coaching 10 4. Le diverse tipologie di coaching 12 5. La metafora della bicicletta 13 6. Chi è il coach 14 7. Le competenze del coach 15 7.1 Dare feedback 16 8. Consapevolezza e responsabilità 18 9. Le domande potenti 20 10. Il modello GROW 22 10.1 Caratteristiche di un buon obiettivo 23 10.2 Le presupposizioni negative 26 10.3 L’esercizio dei nove puntini 26 11. I benefici del coaching 28 CAPITOLO 2 Il mio percorso di coaching 1. Come mi sono avvicinato al coaching 29 2. Il Master CIBA e il focus sulla persona 31 3. La situazione di partenza 32 4. Le convinzioni depotenzianti 33 5. Il cambiamento come opportunità 34 6. Togliere le zavorre per puntare all’autorealizzazione 35 7. La “cassetta degli strumenti” del coach: scrivere per chiarire 36 7.1 L’atteggiamento del coach 37 8. I “vuoti” 39 3 9. Cosa fare da grande? 40 10. I benefici del coaching 41 CAPITOLO 3 Il coaching e il calcio 1. Il gioco interiore 44 2. Le interviste 46 - Christian Amoroso 48 - Mirco Antenucci 51 - Alessandro Birindelli 54 - Francesco Caputo 57 - Alessandro Grandoni 60 - Carlalberto Ludi 64 - Enrico Magnozzi 68 - Francesco Marianini 71 - Giacomo Mitrotti 74 - Marco Nappi 77 - Alessandro Pierini 80 - Attilio Tesser 83 - Giovanni Vaglini 86 - Paolo Vajani 91 3. Analisi delle interviste 94 CONCLUSIONI 103 BIBLIOGRAFIA 106 ABSTRACT 107 4 INTRODUZIONE Se dovessi descrivere con un aggettivo il mio incontro con il coaching, userei il termine “illuminante”. Più che di un incontro, si è trattato di una vera e propria folgorazione: questa metodologia ha subito suscitato il mio interesse, la mia curiosità e il suo impatto sulla mia persona è stato travolgente. Ho attribuito alla tesi un forte valore simbolico: questo lavoro va a chiudere un ciclo, un percorso universitario durato tanti (forse troppi…) anni e la scelta dell’argomento è stata rapida, un qualcosa di naturale: ho semplicemente ascoltato il cuore. Questa tesi nasce da una sinergia: l’illuminante incontro con il coaching e la mia passione per il mondo del calcio. John Whitmore, il padre del coaching, lo definisce “un modo di pensare e quindi anche un modo di essere” e sostiene che fare coaching voglia dire “liberare il potenziale delle persone per massimizzare la crescita”. Il coach vede le persone in termini di potenziale (anche nascosto), non di prestazioni e supporta la persona nel proprio percorso di crescita (sia in ambito personale, che professionale o sportivo). Il coach è uno “strumento” che instaura col coachee un rapporto di grande fiducia e lo supporta nell’individuazione e nel raggiungimento dei propri obiettivi, un “ponte” che accompagna il coachee da una situazione di partenza alla destinazione finale. Ma, attenzione, il coach non insegna, non dà consigli e non fornisce soluzioni. E, soprattutto, il coach non è responsabile dei risultati raggiunti, ma solo del percorso: la palla passa al coachee e determinante è la sua volontà di raggiungere l’obiettivo, il “sogno”. Il primo capitolo è un viaggio nel mondo del coaching, descrivendo in cosa consiste, le sue origini e in che modo il coach lavora sull’essenza della persona, aiutandola ad acquisire consapevolezza dei propri talenti (“conosci te stesso”) e tirar fuori il massimo del proprio potenziale. Mi soffermo, inoltre, sulla figura del coach e sugli strumenti a cui fa ricorso durante le sessioni. Dopo aver descritto in cosa consiste il coaching, il viaggio prosegue con la mia esperienza diretta, il mio percorso. Perché questa scelta di dare un forte tocco personale 5 alla tesi? Prima di iniziare il ciclo di sessioni, mi sono reso conto che, sebbene volessi svolgere la tesi su questo argomento, in pratica avevo una conoscenza di tipo teorico, limitata a quanto avevo letto su alcuni libri. Credo che per fare coaching, oltre al desiderio di migliorarsi e raggiungere degli obiettivi, sia importante anche mettersi in gioco. Vivere il coaching in prima persona mi ha sicuramente aiutato nel comprendere con maggior chiarezza in cosa consista questa metodologia, come se avessi tradotto la teoria in pratica. Travolgente, coinvolgente, il coaching ha avuto un effetto rinvigorente su di me e mi ha cambiato. D’altronde “nulla è permanente tranne il cambiamento”, come sosteneva Eraclito; e anche noi, unici e straordinari nella nostra unicità, siamo in costante cambiamento, sia per scelte proprie e consapevoli, sia per eventi esterni sui quali non abbiamo il pieno controllo. L’importante è mantenere la consapevolezza di se stessi, dei propri valori e dei propri obiettivi: in questo modo, a seconda del nostro atteggiamento nei confronti del cambiamento, quest’ultimo potrebbe rivelarsi un’opportunità, una sfida, un’occasione di crescita. Molti sono stati i vantaggi che ho tratto da questa metodologia, ma svelo una curiosità riguardante il mio percorso di coaching: se leggete queste righe, vuol dire che l’obiettivo (ogni sessione di coaching ha un obiettivo; c’è, poi, l’obiettivo di fine percorso, la destinazione) è stato raggiunto... Questo è un elemento tangibile. Quello che non si vede è il modo in cui ho affrontato la scrittura della tesi, il mio atteggiamento (difficile immaginarlo, fino a pochi mesi prima...), la soddisfazione di raggiungere un traguardo con la consapevolezza della propria forza e assumendosi la responsabilità del risultato. Non c’è stato un solo attimo in cui abbia pensato “non ce la farò” oppure abbia anche solo dubitato sul fatto che potessi raggiungere l’obiettivo. Una delle (tante) frasi di John Whitmore che mi ha colpito e che ho cercato di fare propria è questa: “Quelli che vogliono vincere vincono, quelli che hanno paura di perdere perdono: tendiamo a conseguire ciò su cui ci concentriamo. Se temiamo di fallire, vuol dire che siamo concentrati sul fallimento, ed è proprio quello a cui andremo incontro”1. 1 J.Whitmore, Coaching. Come risvegliare il potenziale umano nel lavoro, nello sport e nella vita di tutti i giorni, Roberti Editore, Urgnano (BG), 2016, pag. 107. 6 Un concetto simile a quello espresso dalla frase del libro L’Alchimista, di Paulo Coelho: “soltanto una cosa rende impossibile un sogno, la paura di fallire”2. Sono sincero: senza il percorso personale di coaching non sono sicuro che avrei raggiunto il traguardo. Grazie al coaching ho risvegliato un potenziale che sembrava latente, ho risvegliato la fiducia in me stesso, la forza, la motivazione, la volontà e la determinazione che sembravano sopiti. Ecco perché ho usato l’aggettivo “illuminante” in precedenza: il coaching ha fatto sì che la mia luce, che sembrava offuscata, tornasse a splendere. Il viaggio si conclude con il binomio coaching-calcio. Cosa conoscono e cosa pensano allenatori e giocatori di questa metodologia? Sono d’accordo con la formula di Gallwey riguardo alla performance? In che modo il coaching potrebbe essere uno strumento utile per migliorare le performance? La parte delle interviste è stata molto interessante e, allo stesso tempo, emozionante, piacevole e divertente. Avere l’opportunità di contattare e chiacchierare anche con personaggi che da ragazzino vedevo in tv (o sulle figurine dell’album Panini) è stato stimolante: l’analisi delle loro risposte e dei loro contributi mi ha consentito di fare una piccola fotografia sulla possibile applicazione del coaching al mondo del calcio. 2 P.Coelho, L’Alchimista, Bompiani Editore, Milano, 2012, pag. 159. 7 CAPITOLO 1 Alla scoperta del coaching 1. Cos’è il coaching. La Federazione Internazionale Coach (ICF) definisce il coaching come un “rapporto di partnership che si stabilisce tra coach e cliente con lo scopo di aiutare quest’ultimo ad ottenere risultati ottimali in ambito sia lavorativo che personale. Grazie all’attività svolta dal coach, i clienti sono in grado di apprendere ed elaborare le tecniche e le strategie di azione che permetteranno loro di migliorare sia le performance che la qualità della propria vita”. Detto in altri termini, il coach instaura col cliente (definito coachee) un rapporto di collaborazione e lo supporta nel suo percorso di crescita e nel perseguimento dei propri obiettivi. Il coach lavora affinché il coachee focalizzi i propri obiettivi, individui i propri desideri e trovi gli strumenti e le opzioni più adatte per passare all’azione e realizzarli. Il coach ti aiuta a prendere consapevolezza della realtà che ti circonda, della situazione attuale, ti chiede dove vuoi arrivare e ti “butta” nel sogno. Attenzione: il coach è responsabile solo del percorso, non del risultato. Ma allora in che modo il coach supporta le persone nel loro percorso di crescita personale e le aiuta nel perseguimento dei propri obiettivi? Chi è il coach? Andiamo con ordine e addentriamoci con curiosità alla scoperta del coaching. 2. Le origini del coaching. Dal punto di vista etimologico, il termine coaching deriva da “Kocs”, un piccolo villaggio ungherese che nel XV secolo era noto per la produzione di carrozze di qualità (dette in ungherese kocsi, in inglese coach). Come una carrozza è un mezzo per 8 raggiungere più rapidamente una destinazione, così il coach è uno strumento a cui il coachee si rivolge per accelerare il raggiungimento di una meta, di un obbiettivo. Il coach affianca il coachee durante il percorso, lo accompagna a prendere consapevolezza delle proprie risorse, a tirar fuori il meglio di sé e a superare le barriere e le interferenze che gli impediscono di esprimere la miglior performance.