Unione Europea Repubblica Italiana Regione Lazio

Guida ai servizi delle aree naturali protette del Lazio Riserva Naturale Selva del Lamone . Guida ai servizi delle aree naturali protette del Lazio

Riserva Naturale Selva del Lamone

1 2 Riserva Naturale Selva del Lamone

Indice

Prefazione 5

Introduzione 6

Il territorio, la flora e la fauna 11 Flora e vegetazione 24 La fauna 34 Archeologia e storia 46 Il Brigantaggio 49 Smarriti nella selva oscura 51 Pinocchio a Farnese 53

Il paese di Farnese 55

Guida alla Riserva Naturale Selva del Lamone 59 I sentieri della Selva del Lamone 60 Strutture ricettive nella Riserva e nei comuni di Farnese e Ischia di Castro 66 Ristoranti e bar 67

Ricorrenze e festeggiamenti 69

Bibliografia 70

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Riserva Naturale Selva del Lamone

Prefazione

uesta pubblicazione finanziata dall’Assessorato all’Ambiente e Cooperazione tra i Popoli della Regione Lazio con i fondi del Piano di Comunicazione del DOCUP - Q Obiettivo 2 e dell’accordo di programma quadro “Aree sensibili: parchi e riserve”, si inserisce all’interno della “Collana di Guide dei Parchi del Lazio”. Una collana che ha come obiettivo primario quello di fornire uno strumento di conoscenza delle aree naturali protette, delle loro valenze naturalistiche e culturali e del loro sistema di fruizione, evidenziando il poten- ziale ricettivo, le attività legate al tempo libero, il patrimonio culturale afferente alle tradizioni locali, agli eventi, ai prodotti tipici. Il progetto delle pubblicazioni tematiche si inserisce in un più vasto sforzo volto alla promozione del sistema regionale di aree naturali protette affiancan- dosi ad altre iniziative quali, ad esempio, “Natura in Viaggio” rivolta alla valorizzazione dello svi- luppo del turismo sostenibile o i progetti dell’agenzia regionale parchi “Gens e Giorni Verdi” finalizzati al coinvolgimento del mondo della scuola attraverso l’integrazione con il sistema pro- tetto laziale. La Riserva Naturale Selva del Lamone, istituita nel 1994, tutela un eccezionale tas- sello di natura, costituito da una vasta foresta di pianura sviluppatasi su un soprassuolo lavico che ne fa un paesaggio unico nel Lazio. Si tratta di un’area estesa per oltre duemila ettari, a cui si aggiungono altri millequattrocento di area contigua, al cui interno si conserva un patrimonio floristico e faunistico eccezionale incluso in una delle più belle regioni italiane, la maremma tosco-laziale. Una fauna d’eccezione con caprioli, gatti selvatici, rapaci, vive all’interno di una foresta mista e fittissima che racchiude specie rare tra cui, ad esempio, felci e numerosissime orchidee. Geologicamente interessantissimo il contesto conserva strutture particolari note local- mente come “murce” piccoli e grandi coni vulcanici costituiti da massi lavici a volte posti lungo spettacolari allineamenti e fratture, mentre depressioni allagate stagionalmente formano habitat di eccezionale interesse e importanza per la fauna, noti come Lacioni. La storia testimoniata all’interno della riserva vede la presenza di numerosi siti che senza soluzione di continuità evi- denziano la frequentazione dell’uomo dalla preistoria al medioevo; dall’ insediamento dell’età del Bronzo delle Sorgenti della Nova, eccezionale contesto archeologico composto da resti di capan- ne agli abitati etruschi fortificati come quello di Rofalco, alle tracce di ville rustiche di età roma- na e all’incastellamento altomedievale diffuso: un patrimonio esaltato dall’attività scientifica archeologica condotta da decenni di indagini effettuate da istituti italiani e stranieri. La valenza naturalistica dell’intera regione del Lamone e del fiume Fiora all’estremo limite della nostra regione è confermata dalla presenza di numerosi siti di interesse comunitario (SIC), tra cui lo stesso Lamone, all’interno di una vasta zona di protezione speciale (ZPS); la presenza della riser- va rafforza un sistema di aree protette, costituendone il perno principale, che vede l’esistenza anche di altre zone tutelate in ambito toscano (Riserva Naturale di Montauto) o gestite dal WWF (Oasi di Vulci). Questa guida vuole costituire uno strumento valido di ausilio alla visita e alla conoscenza del territorio della Selva del Lamone, versatile nella consultazione dei servizi offerti dalla comunità locale per quanto riguarda la ricettività e le attività del tempo libero, ma soprattutto ha la pretesa di rivestire una funzione di avvicinamento del turista con una realtà fatta di natura e di calore umano degli abitanti di Farnese custodi privilegiati di questo patrimonio d’eccezione.

Angelo Bonelli Assessore Regionale Ambiente e Cooperazione tra i Popoli 5 Guida ai servizi delle aree naturali e protette del Lazio

Introduzione

La Riserva Naturale della Selva del Lamone; appunti per la conservazione di un paesaggio irrinunciabile

Le peculiari caratteristiche geomorfologiche che contraddistinguono la regione dell’Alto Lazio ne fanno un luogo unico nel nostro Paese. La complessa storia evolutiva del paesaggio dell’Alto Lazio, fortemente condizionata dagli imponenti sistemi vulcanici quaternari, ha definito una configurazione orografica estremamen- te differenziata dove coesistono ambienti ed ecosistemi ricchi in termini di biodiversità concen- trati in un territorio relativamente limitato. Lo scarso impatto demografico legato alle vicende del popolamento umano che fin dalla for- mazione delle citta-stato etrusche ha visto l’accentramento delle genti nei siti urbani a fronte di uno spopolamento stanziale dei territori circostanti, unitamente alla caratteristica morfologia particolarmente accidentata del territorio, dove gli espandimenti vulcanici sono profondamen- te incisi dalle forre fluviali, hanno consentito la conservazione delle valenze naturalistiche della Tuscia, oggi ancora largamente apprezzabili. In particolare la configurazione paesaggistica pro- pria di quel settore dell’Etruria indicato nella maremma tosco-laziale presenta caratteri di una naturalità estesa, una vera e propria ecoregione ancora in larga parte non interessata dalle dina- miche di frammentazione ambientale e di forte discontinuità che caratterizzano vaste porzioni del territorio italiano dove prevale l’alternanza di aree fortemente urbanizzate e più o meno vaste porzioni residuali di ambienti naturali. A testimonianza di questo processo di conservazione è la presenza della vasta estensione foresta- le di pianura della Selva del Lamone, un ecosistema complesso di oltre duemila ettari la cui pre- servazione, dovuta in parte sia pur alla oggettiva difficoltà di mettere a coltura i soprassuoli litoi- di su cui si è sviluppata la fitocenosi, ne fa un elemento di caratterizzazione territoriale dell’in- tero settore al confine con la Toscana. È infatti del tutto eccezionale nel nostro Paese incontra- re sistemi forestali estesi conservati in ambiti di pianura; tutto o quasi è stato assoggettato all’u- so del suolo agro-silvo pastorale, successivamente stravolto dalle bonifiche e dalla meccanizza- zione agricola o, peggio, alterato drammaticamente e definitivamente dall’urbanizzazione diffu- sa. Come già detto l’intera regione, presenta elementi di interesse naturalistico e naturalmente culturale, impostati lungo il bacino e l’asse fluviale del fiume Fiora, dei suoi tributari come l’Olpeta, fosso che scorre all’interno dell’area protetta regionale. Un fiume, il Fiora, che originandosi dall’antico edificio vulcanico del Monte Amiata raggiunge il mare dopo un tragitto di oltre ottanta chilometri presso dapprima scor- rendo ed erodendo i dolci rilievi toscani poi incidendo profondamente un vasto territorio con- notato da morfologie planiziari in una suggestione offerta proprio dal contrasto paesaggistico, una forra prodotta dall’antico corso d’acqua a spese dei depositi travertinosi, delle lave di base e delle ignimbriti; un profondo canyon nel quale e intorno al quale si sviluppa uno dei sistemi fluviali più interessanti per la conservazione degli ecosistemi e per la ricchezza di biodiversità dell’intero litorale medio-tirrenico.

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Per una nuova stagione di conservazione. Aree protette, rete ecologica, la Riserva della Selva del Lamone nucleo embrionale della tutela del- l’intero bacino del Fiora. Nel nostro Paese il dibattito inerente la conservazione della natura è stato caratterizzato da una evidente discontinuità; lunghi periodi di sonnolenza intellettuale hanno preceduto la ripresa di una azione finalizzata a fornire nuove chiavi di lettura inerenti le problematiche di salvaguardia, volta in primo luogo al tentativo di procedere verso una inversione di tendenza contrapposta alla molteplicità e alla evoluzione delle forme del degrado. Intorno alla seconda metà degli anni ’60 le risposte provenienti dalla società civile videro la nascita delle prime forme associative a carattere ambientalista, un’azione questa che senza dub- bio influenzò fortemente anche le scelte politiche verso nuove forme gestionali del territorio che oggi potrebbero definirsi attente alla sostenibilità o sostanzialmente ecocompatibili. Nel Lazio, agli inizi degli anni ’70 il Consiglio Nazionale delle Ricerche attraverso la Commissione Conservazione della Natura e delle sue risorse (1971), individuava una serie di aree di partico- lare rilevanza naturalistica muovendo un primo passo verso la costituzione di un vero e proprio sistema di aree protette, sistema che successivamente venne definito, modificato e accolto in un quadro normativo specifico nella emanazione della prima legge-quadro della Regione Lazio, la legge n. 46 del 28/11/1977, denominata appunto Costituzione di un sistema di parchi regionali e delle riserve naturali. Si procedeva così nel delineare quel percorso difficile ma estremamente suggestivo di un sistema tendenzialmente organico di aree protette che concorresse alla tutela di più vaste porzioni del territorio regionale ancora ricco di valenze naturalistico-culturali. Sulla scia di questa legge ver- ranno istituite le prime aree protette regionali, tra cui la Riserva Regionale Selva del Lamone (1994). Il lavoro successivo, largamente influenzato e permeato dal dibattito internazionale ha condotto alla presa visione di più ampie tematiche di riferimento normativo e degli accordi internazionali sulla conservazione degli ambienti naturali e di tutte le componenti costitutive gli ecosistemi e del paesaggio. A tal proposito, una tappa estremamente importante è rappresentata dalla emanazione delle

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direttive europee 79/409/CEE sulla prote- zione degli uccelli selvatici e 92/43/CEE del 21 maggio 1992 Habitat, pertinenti la salvaguardia degli habitat naturali, semina- turali, della flora e della fauna; direttive che indicano le priorità di tutela e le relative procedure attuative di salvaguardia territo- riale. In particolare, la Direttiva Habitat tende a stabilire le modalità di individua- zione di aree caratterizzate da valenze rico- nosciute, come da allegato alla direttiva La cascata di Salabrone stessa, di importanza comunitaria relativa- mente la conservazione della biodiversità in relazione alle singole bioregioni costituenti l’Unione Europea. L’individuazione di queste aree, denominate SIC (Siti di Importanza Comunitaria) e ZPS (Zone di Protezione Speciale) parte integrante della Rete Ecologica Europea Natura 2000, è stata con- dotta per l’Italia nell’ambito del Progetto Bioitaly dal Ministero dell’Ambiente e dalle regioni negli anni 1995-97. Una prima lista redatta per il Lazio ,comprende centonovantanove tra SIC e ZPS; ben otto di questi siti ricadono nel territorio in cui ricade l’area protetta della Selva del Lamone a testimonianza della estrema rilevanza naturalistica del territorio. Sette sono Siti di Importanza Comunitaria più o meno estesi : Selva del Lamone, Vallerosa, Crostoletto, Caldera di , Lago di Mezzano, Monti di Castro, Sistema fluviale Fiora - Olpeta, a cui si aggiunge la vasta ZPS IT 6010056 “Selva del Lamone - Monti di Castro”. Una recente delibera di giunta (2005) individua nuovi perimetri allargati di zone di protezione speciale tra cui l’intero comprensorio dei Monti della Tolfa, elemento irrinunciabile di conser- vazione naturalistica nell’ambito della regione medio tirrenica. La normativa di riferimento delle aree protette regionali ha subito una accelerazione dovuta all’evoluzione del quadro normativo comunitario di riferimento nonché all’emanazione della legge quadro nazionale sulle aree protette, L. n. 394 del 6 dicembre 1991, che stabilisce moda- lità e procedure di istituzione e gestione delle aree protette e individua una serie di nuovi par- chi nazionali in seguito al dibattito del raggiungimento dell’obiettivo minimo del 10% di terri- torio nazionale protetto successivamente ad una stasi legislativa di oltre sessanta anni. In questa ottica si inserisce la legge regionale n.29 del 6 ottobre 1997 “Norme in materia di aree naturali protette regionali”, che riorganizzando il sistema ha tra l’altro determinato l’istituzione di nuove aree protette nel Lazio, raggiungendo le attuali 60 aree tra Parchi, Riserve e Monumenti Naturali. Le più recenti argomentazioni del dibattito sulla conservazione della natura, degli ecosistemi e quindi del contenuto in biodiversità, si stanno orientando verso la definizione di nuovi model- li di intervento nell’azione di tutela derivati dall’aumento delle conoscenze del mondo naturale e dalla lettura interpretativa delle implicazioni dovute all’interazione con l’antropizzazione; valu- tazioni da cui emergono nuove ed efficaci proposte operative di salvaguardia. In particolare è ormai noto che per garantire la sopravvivenza dell’intero contesto naturalistico, delle complesse dinamiche interagenti tra specie animali e vegetali è necessario operare, ove possibile, nella con- servazione di settori di area vasta evidenziando e favorendo la connessione tra habitat preserva- ti attraverso la individuazione e la creazione della rete ecologica, ovvero un sistema di aree cor- relate dalle valenze naturalistiche tali da garantire lo scambio tra popolazioni animali e che garantiscano la propagazione della flora autoctona. Un processo attuabile attraverso forme inno-

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vative di pianificazione territoriale volte alla conservazione del paesaggio naturale e culturale di cui le aree protette costituiscono elementi forti costitutivi di un più vasto sistema connettivo facente riferimento appunto, alla rete ecologica. Il caso del Fiora è emblematico; l’attuazione di una tutela dell’intero bacino imbrifero avrebbe come ricaduta la salvaguardia del complesso sistema di valenze naturalistiche, paesaggistiche, storico-archeologiche di eccezionale importanza e garantirebbe la qualità della risorsa idrica che assume strategica rilevanza a livello interregionale. L’auspicio è che la Riserva Naturale Regionale Selva del Lamone divenga il volano, costituendone il segmento più significativo, di un’azione di conservazione allargata a comprendere l’intero bacino del Fiora, confrontandosi con altri sog- getti che operano sul territorio nella salvaguardia degli ecosistemi anche attraverso l’attuazione di diversi regimi di tutela. Sul Fiora infatti insistono altre aree protette o sottoposte a vincolo come l’importante zona umida Oasi WWF di Vulci, la Riserva Regionale Naturale di Montauto (Regione Toscana) e il Parco Archeologico Naturalistico di Vulci a tutelare un comprensorio dalle valenze naturalisti- che e culturali di eccezionale importanza. Per la salvaguardia di questo splendido territorio lanciamo la proposta della istituzione di un parco interregionale per il Fiora e vi invitiamo, attraverso l’ausilio offerto da questo strumento di visita, a scoprirne uno dei suoi nuclei di maggiore suggestione, la Riserva Naturale Selva del Lamone

Diego Mantero Direttore Riserva Naturale Selva del Lamone

9 Cappellaccia

Mellicta athalia Coccinella Riserva Naturale Selva del Lamone

Il territorio, la flora e la fauna Testi di Roberto Papi e Giovanni A. Baragliu

INQUADRAMENTO GEOGRAFICO , fini o all’esterno della Selva, da profonde inci- PAESAGGIO E CLIMA sioni prodotte dai corsi d’acqua. La Riserva Naturale Selva del Lamone, istitui- Il fosso dell’Olpeta, affluente del fiume Fiora, ta nel 1994, è parte integrante del sistema segna una parte del confine meridionale della delle aree protette della Regione Lazio esten- Riserva ed è il principale corso d’acqua. Altre dendosi per 2030 ettari nel territorio del zone umide presenti sono alcuni stagni, in di Farnese, in provincia di , parte stagionali, localmente detti “lacioni” che al confine con la Toscana. Successivamente ospitano un’importante comunità animale e all’istituzione della Riserva è stata creata un’a- vegetale. rea contigua di 1400 ettari che circonda l’area La Selva del Lamone può essere definita una protetta nei confini a sud e ad est. grande foresta costituita prevalentemente da Il territorio della Riserva è caratterizzato da querce che presenta una singolare caratteristi- una morfologia dolce, una vasta pianura di ca geologica: il suolo è per gran parte ricoper- origine vulcanica, che si inserisce nel tipico to da una distesa continua di massi lavici accu- paesaggio collinare dell’Alto Lazio e della mulati, a volte, a formare lunghi cordoni ed Toscana meridionale con quote modeste; la ammassi imponenti localmente chiamati quota più elevata, 470 m s.l.m., si registra in “murce”. località Dogana. L’andamento pianeggiante Dal punto di vista geomorfologico e pedologi- del territorio è interrotto bruscamente, ai con- co, il Lamone è un tavolato lavico che si esten-

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tipo mediterraneo, rispecchiando un pò l’an- damento altimetrico dell’area che vede la parte nord-orientale più rilevata rispetto a quella, appunto, sud-occidentale. Gli ambienti predominanti sono i querceti misti con prevalenza di cerro (Quercus cerris) e roverella (Quercus pubescens) , intervallati da pascoli, colture agrarie ed arbusteti. Il bosco di latifoglie decidue, seppur alterato dall’azione umana, rappresenta il tipo di vege- tazione più evoluto oltre che più diffuso. Ampi sono infatti i tratti coperti da un bosco de in direzione NE-SW, nel quale si alternano misto a dominanza di cerro con aspetti più zone ad elevata pietrosità con assenza o quasi mesofili o più termofili a seconda delle esposi- di suolo, a zone di accumulo caratterizzate da zioni e della natura del terreno. I fattori natu- suoli evoluti, profondi e fertili. La particolare rali e le vicende storiche (tagli, pascolo, incen- conformazione litologica ha storicamente di, ecc) nell’insieme hanno determinato come condizionato la fruizione e l’uso delle risorse risultato la vegetazione forestale attuale. dell’area da parte delle popolazioni locali, con- In zone con particolarità legate al terreno si tribuendo a mantenere un alto grado di hanno piccoli tratti di tipi vegetazionali diver- boscosità e di conservazione. Dove l’uomo ha si, quali, ad esempio, nuclei di faggio nelle potuto, è intervenuto con opere di disbosca- zone particolarmente fresche o i boschi ripara- mento e spietramento (i “roggi”), con terraz- li con ontani, salici bianco e pioppi, lungo il zamenti e regimazione delle acque, destinando fosso dell’Olpeta, influenzati dalla vicinanza tali aree all’agricoltura, al pascolo e all’ estra- della falda acquifera alla superficie. zione di legna e carbone. Di particolare interesse è la presenza, nei pres- Per questa particolarità, e per l’intrico della si di Semonte, di un piccolo bosco di bagola- vegetazione che si fa largo a fatica tra i massi, ro (Celtis australis), detto anche “spaccasassi”, la Selva è un luogo affascinante e difficilmen- albero che raramente rappresenta la specie te accessibile, salvo tramite i pochi sentieri esi- dominante in un bosco. stenti, ed è stata un tempo rifugio di briganti. Caratteristici della Riserva sono i “lacioni”, L’intera area, collocata tra la zona costiera e piccoli stagni circondati dal bosco, ambienti quella preappenninica, ricade dal punto di ricchi di biodiversità e di specie rare. vista climatico nella Regione Temperata, con termotipo collinare inferiore e ombrotipo COME SI ARRIVA ALLA RISERVA subumido superiore della Regione mesaxerica La distanza di Farnese (il principale centro (Carta Fitoclimatica del Lazio di C. Blasi). abitato della Riserva) da Roma è 120 km; la Le precipitazioni, in media di 900 mm annui, distanza di Farnese da Viterbo è 43 km; la variano sensibilmente nell’arco dell’anno con distanza di Farnese da Capodimonte (Lago di debole siccità durante il periodo estivo e ) è di 15 km; la distanza di Farnese da abbondanza di piogge autunnali e invernali. Montalto di Castro (mare) è 35 km; la distan- La temperatura media annua è di circa 13 °C za di Farnese dal Monte Amiata (piste da sci) con periodo moderatamente freddo da otto- è di 65 km; la distanza di Farnese da Saturnia bre a maggio e media delle minime del mese (terme) è 35 km. più freddo compresa tra 1,9 °C e 2,9 °C. Nel Per chi proviene dalla S.S. Aurelia e settore sud-occidentale della Selva il clima si fa dall’A12 Roma-Civitavecchia è consigliabile via via più mite e sfuma gradualmente verso il girare al bivio di Montalto di Castro in dire-

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Colata lavica di Voltamacine Murcia sotto la neve zione -; dopo 5 km svoltare a Il paesaggio di questa zona è molto particola- sinistra in direzione di Ischia di Castro (strada re, forse il più vero ed autentico paesaggio Prov.le Doganella), e da qui per Farnese. laziale. Molti affermano che sia il più bello Per chi proviene dall’A1 , uscire al casello di d'Itala, sicuramente è tra i meglio conservati. Orvieto e seguire le indicazioni per La sua morfologia è stata plasmata dalla lunga Castelgiorgio, poi per S.Lorenzo Nuovo, attività vulcanica del Vulsinio, i cui prodotti , Latera, quindiper Farnese. occupano una vasta area di circa 2200 Kmq Per chi proviene da Roma , percorrere la S.S. nel Nord del Lazio, tra i monti di Castro ed il Cassia fino ad oltrepassare ; oltrepassa- Tevere. Prima del periodo terziario, oltre 110 to di 1 km fuori il paese, girare a sinistra per milioni di anni fa, il mare copriva la maggior (oppure proseguire per Viterbo) e da parte del territorio dell'attuale Lazio. In quel qui seguire le indicazioni da prima per tempo, nel cosiddetto Mesozoico, nel nostro e poi per Valentano, poi in direzione territorio affioravano soltanto le formazioni Ischia di Castro, e da qui per Farnese. più antiche: il monte Canino, il monte Bellino Per chi proviene da Viterbo , percorrere la ed i monti di Campigliola. S.S. Cassia in direzione Nord; dopo 5 km gira- Si tratta di conformazioni calcaree emerse re a sinistra per Marta, quindi Capodimonte, insieme ad altre formazioni site soprattutto in Valentano, Ischia di Castro e Farnese. Toscana (si parla appunto di una "facies Per chi viaggia in treno , le stazioni più vicine Toscana"): in esse sono rappresentati vari tipi sono quelle di e di Montalto di di calcare: cavernoso, massiccio, ammonitico e Castro. selcifero. Sempre nell'era Mesozoica (durante il periodo Triassico), circa 200-180 milioni di IL TERRITORIO , GEOMORFOLOGIA , anni fa, si formarono gli scisti lucenti (scisti IL PAESAGGIO UNICO DELLE LAVE filladici) ed i conglomerati quarzosi che carat- La media valle del fiume Fiora e la Selva del terizzano parte dei monti di Castro (o monti Lamone sono comprese in una zona denomi- Romani) Al Cretaceo superiore, circa 100 nata: “il Castrense”, a seguito dell'importanza milioni di anni fa, sono ascrivibili le arenarie assunta nel Rinascimento dalla città di Castro. dei monti di Castro e quelle che ritroviamo, Il territorio che ci interessa è delimitato grosso con il nome di "Pietraforte", nel territorio di modo ad Ovest dai Monti di Castro (o Monti Farnese, nelle zone di fondo valle dell'Olpeta Romani), ad Est dalla caldera di Latera, a (per esempio: a Vallempio, Piane Strette e Nord dai fossi di Varlenza e della Nova e a Sud Costa Basili e nei pressi del cimitero di Ischia da quello dello Strozzavolpe, andando ad di Castro), in particolare l'attività del fiume occupare le terre dei comuni di Farnese ed Olpeta ha fatto affiorare il substrato di arena- Ischia di Castro. rie su cui si formò in seguito il plateau lavico

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della Selva del Lamone. apparati a chimismo tipicamente basico (mag- Il Pliocene (periodo compreso tra 5 e 2 milio- matismo alcalino-potassico), entrati in funzio- ni di anni fa) è caratterizzato, in seguito al riti- ne in tempi diversi. Essi sono: il vulcano di ro del mare paleocenico, da una serie sedi- Bolsena, l'apparato di , l’apparato mentaria neogenica costituita fondamental- di Montefiascone ed il vulcano di Latera. mente da due formazioni notissime: le argille Visivamente l’ambiente è caratterizzato da turchine o cineree ricche di fossili marini rilievi conici disposti sui bordi di due depres- (detta facies Piacenziana) e, sopra, le sabbie sioni maggiori, quella di Latera e quella di giallo-oro, talvolta frammiste ad argilla (facies Bolsena che, vasta ben 273 Kmq, è occupata Astiana). Esse affiorano tra i fiumi Fiora e per 114 Kmq dall'omonimo lago. Mignone e nel fondo di molti torrenti e fossi Complessivamente il sistema vulcanico Vul- della Tuscia. Veniva così originato un paesag- sino è il più grande del Lazio ed origina da gio di morbide colline, poco elevate, a pendii molteplici periodi di attività con fasi sia erut- dolci, salvo là dove i fianchi dei rilievi appaio- tive, sia esplosive, iniziata nel Pleistocene, su no lacerati da calanchi (come capita a di una regione appena emersa e costituita dalle Bagnoregio). I maggiori affioramenti si hanno argille e sabbie del Pliocene e già allora pro- lungo le valli del Tevere e del Paglia. fondamente incisa. Il magma del vulcanismo Ma l'attuale struttura superficiale del nostro territorio è dovuta ad eventi geologicamente recentissimi, avvenuti nell’epoca Pleistocenica media del periodo Quaternario. Infatti, a cominciare da circa un milione di anni fa, ini- ziò la poderosa manifestazione vulcanica del- l'apparato Vulsino. I prodotti di tale vulcano invasero i bacini palustri e salmastri, con un'attività che si protrasse fino ad almeno 50.000 anni fa. Soltanto successivamente si depositò il travertino a luoghi, con intercala- zione di materiali piroclastici, caratterizzante, nel territorio di Ischia di Castro, le zone dei La testuggine di pietra presso Rofalco Pianetti e di Vallerosa e Pietrafitta; mentre in quello di Canino li ritroviamo nella zona della vulsino fu tipicamente trachitico (alcalino- Bonifica, bosco Baccano Riminino e Vulci. potassico), di provenienza subcrostale. Gli apparati eruttivi sono le forme più appari- Circa un milione di anni fa il territorio su cui scenti del vulcanesimo della nostra zona, si viviamo, era molto diverso da come si presen- possono ancora facilmente individuare un ta attualmente. In quel tempo ebbe origine centinaio tra coni e crateri. I loro prodotti l’attività del complesso vulcanico Vulsino. ricoprono una vastissima superficie, con spes- Allora, dove oggi si trova la caldera di Latera, sori talvolta di alcune centinaia di metri. si innalzava una montagna i cui crinali corre- Dapprima la fase eruttiva interessò la zona del vano lungo l'attuale dorsale che da Ischia di lago di Bolsena, mentre l'assetto del territorio Castro, attraverso Valentano, va a dividere la che ci interessa è stato originato successiva- piana di Latera dal lago di Bolsena. mente dall'attività di un edificio vulcanico Inizialmente la fase eruttiva interessò la zona minore: quello di Latera, che continuò ad del Lago di Bolsena, che già 500.000-400.000 eruttare ancora per lungo tempo. anni fa aveva assunto una struttura molto Nel territorio corrispondente grosso modo simile a quella odierna, tranne per alcuni alla ASL VT1 si distinguono almeno quattro edifici vulcanici come: Montefiascone,

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Capodimonte, M. Bisenzio e l’isola Bisentina stata seguita da un collasso vulcano-tettonico, (in quest'ultimo caso l’attività eruttiva conti- che ha originato la depressione occupata nuò fino a 127 mila anni orsono). attualmente dal lago Vulsinio. Una prima fase di attività, durata circa mezzo Nel Pleistocene Medio, a cominciare da milione di anni, è stata, in seguito, individua- 300.000 anni fa, l'edificio vulcanico venne ta ed è testimoniata da perforazioni e da pic- smantellato, al punto che appare difficile rico- coli affioramenti presenti nella zona orientale struirne il complesso originario. Esso consta del lago di Bolsena. Perforazioni geotermiche soprattutto di lave leucititiche e di tefriti leu- hanno permesso di scoprire nella zona della cititi ed in gran parte di tufi di varia consi- caldera di Latera una serie di manifestazioni stenza (pomicei, litoidi, granulari, ecc.), diffu- esplosive, seguite da un collasso avvenuto circa si in una vasta area. Non mancano vere e pro- 900.000 anni fa. prie colate laviche, che si irradiano tutto intor- Un'attività veramente imponente - definita no all'edificio principale, soprattutto ad ciclo del “Paleobolsena”, dovuta ad un appa- Ovest, dove si dilatano affiorando in estese rato centrale sepolto, in fasi successive, da pro- placche. Esse spesso mostrano una struttura dotti più recenti - ebbe inizio circa 600.000 compatta, prismatica o sferoidale; talora, inve- anni fa (datazioni con il metodo ce, una struttura bollosa, con aspetto scoria- ceo. Come accennato prima, sono stati distin- ti quattro edifici principali, con numerosi coni avventizi e crateri secondari. L’apparato centrale è rappresentato da un gruppo di ampi recinti craterici allargati da esplosioni e fusi insieme, a causa della demo- lizione di pareti divisorie, in modo da forma- re una cavità di circa 20 Km di diametro, che alberga il lago di Bolsena. La batimetria del lago (cioè l'andamento della profondità) non sembra, però, confermare questa origine del bacino lacustre. L’orlo che lo recinge è spesso Una murcia a Valderico assai ripido nell'interno. Esso raggiunge la quota 702 metri a Nord di poggio del Potassio/Argon fatte su numerosi campioni di Torrone, che sovrasta di 400 metri il pelo delle rocce permettono di indicarne l'inizio 576 acque del lago, non distandone comunque, in mila anni fa), con eruzioni di tipo pliniano, linea d'aria, più di 4 Km. Ad Est il monte seguite dalla formazione di caldere, in cui Rado è alto 626 m e poco più la Montagnola un'attività idromagmatica si protrasse lungo i ad Ovest (639 m). Un cratere secondario, bordi di sprofondamento. sotto Montefiascone, è stato colmato da allu- Tra 400.000 e 300.000 anni fa ebbe luogo il vioni. Il ciclo di attività di Montefiascone fu cosidetto ciclo di “Bolsena” con emissione di con probabilità contemporaneo di quello di piroclastiti, lapilli, ceneri e colate piroclasti- Bolsena, con manifestazioni complesse vulca- che, a cui fanno seguito i depositi dell’”ignim- no-tettoniche, caratterizzate da eruzioni brite di Bolsena”. Durante e immediatamente stromboliane seguite da colate piroclastiche ed dopo queste fasi, si ebbe un collasso a Nord di una fase idromagmatica finale. Bolsena e la depressione formatasi venne La fase finale dell'attività di Montefiascone occupata da una conca lacustre. Una successi- sembra contemporanea a quella di Latera. Più va eruzione, avvenuta in questa area (che ha ad Ovest l'orlo craterico è slabbrato ed in que- dato origine alla “Ignimbrite di Orvieto”) è st'area fuoriesce l’emissario del lago: il fiume

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Marta. Le pendenze esterne sono generalmen- tiche, una sorta di tufo con grosse pomici, che te dolci, anzi ad Est degradano verso il Tevere ritroviamo in varie zone a Nord, Sud ed Ovest in un piano inclinato. della caldera di Latera e, in particolare nel ter- Ad Ovest si affianca un altro edificio vulcani- ritorio di Farnese, lungo il fosso della Nova. co minore, ma meglio conservato: quello di Sempre in questo periodo avvenne la forma- Latera, che continuò ad eruttare più a lungo, zione dei depositi di tufo giallo litoide, che come attestato da un migliore stato di conser- caratterizzano parte del territorio di Farnese vazione delle lave. Si distinguono praticamen- ed Ischia di Castro. Queste eruzioni compor- te tre fasi principali di attività: precalderica, tarono l'emissione di un volume complessivo sincalderica e postcalderica. La prima fase a di lava pari a 10-20 Km cubi, ciò ha portato a chimismo trachitico è caratterizzata dalle cola- tutta una serie di collassi vulcanico-tettonici, te più antiche rappresentate dalle tefriti leuci- conseguenti allo svuotamento del substrato titi, oggi visibili sul letto dell’Olpeta nei pres- vulcanico, con cedimenti e fratture, che si di Santa Maria di Sala (400.000 anni fa). Si hanno dato origine alla depressione nota tratta di lave effuse da un centro di emissione, come caldera di Latera. oggi scomparso, la cui posizione è ipotizzabile Questa depressione divenne sede di un lago nella zona tra poggio del Crognolo e Santa molto profondo e ciò è documentato dalla Maria di Sala. presenza di sedimenti lacustri, riscontrabili Successivamente, da centri effusivi anche essi lungo il corsi dell'Olpeta e rappresentati in scomparsi, vennero emesse le lave tefritico particolare da tufiti dilavate, sabbie giallastre, fonolitiche, che si individuano sempre nel depositi travertinosi, argille, ecc. fondo del fosso dell'Olpeta a S. Maria di Sala, Il paesaggio della zona della riserva naturale a Stenzano e a Sant'Amico, anche se quest’ul- della Selva del Lamone è caratterizzato fonda- tima emissione lavica sembra posteriore. mentalmente dalla caldera di Latera. Con queste prime eruzioni si iniziarono a for- La parte più evidente è rappresentata da una mare vari vulcani che dettero origine ad un caratteristica caldera. Il termine Caldera è di grande edificio vulcanico centrale. Questo era origine portoghese, entrato nella terminologia localizzato nella zona compresa tra Dogana, vulcanologica mondiale. A seguito di eruzioni Monte Becco ed il lago di Mezzano, e si pre- estremamente violente, nel corso delle quali sentava come una montagna di 1000-1200 m vengono eruttate enormi quantità di materia- di altezza. Da questo settore ebbero origine le li piroclastici (cioè prodotti detritici), l'appa- successive ed imponenti manifestazioni (fase rato vulcanico, già in parte demolito, subisce sincalderica) che, tra 278.000 e 166.000 anni uno sprofondamento. fa, generarorono le cosidette ignimbriti trachi- La depressione che si forma ha andamento per lo più circolare e viene detta caldera. Quella di Latera, consta di una depressione di forma ellittica, il cui asse maggiore è lungo quasi nove chilometri, presenta parecchi crateri ben rico- noscibili, con quattro cinte crateriche concen- triche, attestanti quattro diverse fasi eruttive. La cinta esterna culmina a Nord nel poggio Evangelista (650 m). Un vasto atrio interno a questa, un tempo acquitrinoso, è oggi scolato dal fiume Olpeta; in un piccolo cratere ben conservato si trova il Lago di Mezzano. Questa "vallata" è coronata da una cinta cal- derica abbastanza ripida verso l'interno, che si

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innalza mediamente fino a quasi 200 metri sul tori ed i pianori tufacei, dalle colture, mentre livello del suo fondo pianeggiante. Ad le ripide pareti dei fossi sono interessate da Occidente, nel territorio di Farnese ed Ischia una vegetazione folta ed intricata. Sul lato di Castro, si sviluppa il lungo plateau lavico occidentale dell'apparato vulcanico, le croste della Selva del Lamone; mentre tutta una serie di dura lava formano talora tavolati a debole di coni di scorie, nella parte orientale, danno inclinazione, coperti di bosco o macchia, ora origine a rilievi accidentati, che caratterizzano molto ridotti (Selva del Lamone). il fondo della depressione stessa (poggio I travertini, in ambiente lacustre, vengono ori- Murcie, poggio Secante, poggio Pilato, monte ginati per immissione di acque termali conte- Spinaio, poggio Montione, ecc.). nenti bicarbonati nelle acque del lago; nel Ancora più ad Ovest e a Sud la caldera appare liberarsi l'anidride carbonica si deposita come pianeggiante. Superato il bordo della cinta cal- carbonato di calcio (aragonite, calcite). derica, sempre ad Ovest e a Sud, si ha un ver- Questi depositi lacustri raggiungono spessori sante che degrada abbastanza dolcemente, con di 30-40 metri. In essi sono presenti fram- ampie spianate, profondamente incise da fossi menti di gasteropodi, alghe, diatomee ed stretti e tortuosi, su cui si elevano i resti di ostracoidi, a conferma della presenza antica di antichi edifici vulcanici più o meno erosi. un ambiente acquatico. L'attività vulcanica Ad Oriente il recinto calderico precipita ripi- non cessò con la formazione della caldera, ma damente fino al lago di Bolsena e la sua som- ben presto le eruzioni interessarono la parte mità funge da spartiacque delimitante i bacini settentrionale del bordo della caldera stessa, imbriferi delle due depressioni. con colate che si estesero nel territorio tra L'attività vulcanica continuò mentre, ritiran- e S. Lorenzo Nuovo e che vennero dosi il mare, rimanevano, soprattutto ad Est, emesse da una fessura che da Latera, attraver- acquitrini e lagune, nelle quali si riversavano so la località Montagna, raggiungeva la conca ceneri, pomici ed altro materiale. Non si può del lago di Bolsena. dire precisamente quando l'attività vulcanica Successivamente il bordo settentrionale della si estinse, certo intorno a cinquantamila anni caldera di Latera venne interessato da grandi fa. Tra le ultime manifestazioni vulcaniche sprofondamenti a cui fece seguito una fase di abbiamo quelle che hanno dato origine alle attività intermittente che dette origine agli colate laviche della Selva del Lamone, i cui strati di lapilli grigio-nerastri, che occupano i centri eruttivi vanno individuati nel colle della versanti settentrionale ed orientale della Dogana, nel monte Becco e nel cono di depressione suddetta. Subito dopo, attraverso Semonte. Le lave del Lamone, sia in colate, due fratture lineari (identificabili sulla diret- che in espandimenti a plateau, sono di natura trice che passa da poggio Evangelista, attra- olivin-latitica, hanno colore grigio-scuro e localmente nero, o grigio chiaro. Sorgenti della Nova, torre medievale Manifestazioni residuali dell'attività vulcanica sono le sorgenti termali, le puzzole ed i depo- siti di zolfo di Latera. Il paesaggio risultante è variegato, i tufi e le ceneri vulcaniche formano una copertura in genere poco resistente, in cui i torrenti hanno scavato incisioni profonde, in cui abbondano le forre e gli orridi, disseccando la platea vul- canica. Le deposizioni travertinose assumono la conformazione di vasti tavolati in lievissima pendenza, interessati, come anche i promon-

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verso monte Calveglio, fino a monte Becco e tra monte Calveglio, Montione, poggio Secante, fino a monte Rosso), venne origina- ta la cosiddetta vulcanite complessa di , che si riversò fino al territorio di Sovana e ritroviamo nella zona di poggio Murcie e del fosso della Faggeta, nei pressi della Riserva Naturale della Selva del Lamone. Questa emissione si concluse circa 166.000 anni fa con l'espulsione di scorie che dette origine al Montione. La fase finale (postcalde- rica) dell’attività vulcanica fu caratterizzata inizialmente da emissioni all'interno della cal- dera medesima e sul bordo occidentale. Si vennero così a formare i centri eruttivi di monte Spinaio, la Dogana, Semonte e monte Rosso, in particolare questi tre ultimi coni di scorie dettero origine a colate di lava trachi- basaltiche. La lava emessa dal centro della Escursione nel bosco Dogana (su cui in seguito si andò a sovrap- Le lave della Selva del Lamone si distribuisco- porre il cono di monte Becco) e di Semonte si no in lunghi cumuli di massi scuri, noti col sparse in direzione Est-Ovest, dando origine nome di "Murce", su cui si è insediato un al plateau lavico della Selva del Lamone. bosco aspro ed impenetrabile, di notevole Questa lava, che può essere definita come oli- suggestione. vin-latite, si presenta, superficialmente, in I monti di Castro, naturale barriera alle cola- blocchi di varie dimensioni con una colora- te del vulcano di Latera, nonostante la loro zione che va dal grigio scuro al nero. Tale fase mole modesta, dominano tutto il paesaggio sembra sia durata tra 178.000 e 55.000 anni del territorio circostante, innalzandosi ripida- fa, le colate del Lamone si ascrivono ad un mente dal fondo del letto del Fiora, che segna periodo compreso tra 158.000 e 145.000 il confine tra le vulcaniti volsine e gli affiora- anni fa. menti della serie toscana. Le ultime fasi dell'attività vulcanica nel nostro Correlabile con l'attività del vulcano di Latera territorio contemplarono eruzioni marginali è l'apparato eccentrico di monte Calvo, posto (Lagaccione, monte Marano, monte , sulla destra del Fiora a ridosso dei monti Pianetti di Sovana e i centri di Valentano: il Romani. cono di scorie su cui sorge Valentano stessa, monte Starnina, monte dell'Eschio, monte LINEAMENTI GEOMORFOLOGICI Altieri) ed, all'interno della caldera, i centri ED IDROGEOLOGICI DELLA effusivi di poggio Murcie, poggio S. Luce, SELVA DEL LAMONE poggio Paterno e poggio del Mulino. Il Lamone è un bosco aspro e selvaggio, che Infine l'attività di monte Becco, il cui cono di rappresenta uno dei luoghi più caratteristici scorie andò in parte ad occupare il rilievo ed interessanti della Provincia di Viterbo. Si della Dogana, dette origine ad una colata che estende per quasi 2300 ettari nei Comuni di si distribuì tra la Selva del Lamone ed il fosso Farnese ed Ischia di Castro, lungo il confine della Faggeta ad Est e nella zona del Voltone a con la Toscana. Nord. le lave emesse dal monte Becco vengo- Ricco di ammassi lavici, di anfratti bui e di no definite come tefriti fonolitiche. siepi impenetrabili ben merita il nome di

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nella zona del Crostoletto al margine Ovest (220 m circa). Il margine settentrionale del plateau degrada con una pendenza del 45% verso il fosso del Crognoleto, la cui profon- dità media è di circa 50 m rispetto al margine suddetto. Il bordo meridionale sprofonda con una pendenza media del 50% nella valle del fiume Olpeta, profonda, mediamente, tra gli 80 ed i 90 metri. Il tavolato è piuttosto irregolare ed accidenta- to, marcato com'è da alcuni rilievi, come il cono di scorie e lapilli rossastri del Semonte, che caratterizza il settore centro-occidentale innalzandosi di quasi trenta metri sul territo- rio circostante e dando origine ad una vasta radura sgombra da lave di circa 40 ettari, o come le innumerevoli murce, le cui più note sono la Poggetta dei Tigli e la Murcia Strompia. Piuttosto regolari e pianeggianti Selva e le tante leggende che ha suscitato. sono invece le zone interessate da colture di La sua attuale esistenza è dovuta, non tanto Pian di Lance e Pian di Lancino nella parte alla volontà dell'uomo di conservare una fore- NW del Lamone e del Campo della Villa, che sta unica nel suo genere, quanto piuttosto al ne interessa la parte centro-meridionale. fatto che cresce su un vasto plateau lavico roc- Come visto il territorio dell’Alto Lazio venne cioso ed estremamente impervio. interessato nel Pleistocene dall'attività vulca- I suoi confini geografici delimitano un qua- nica dei Vulsini. L'area del Lamone è formata drilatero irregolare, lungo circa 9 Km in dire- principalmente dal materiale effuso da una zione NN-SW e largo mediamente 3 km in delle più recenti e profonde fratture, dalla direzione N-S. Nella parte settentrionale, par- quale sono arrivate in superficie le lave che la tendo dall'angolo addossato alle pendici del ricoprono. Queste lave vengono definite colle della Dogana, il confine corre lungo i (secondo Schneider, 1965) trachibasalti, fossi del Crognoleto e dell'Arsa fino al ponte oppure olivinlatiti (secondo Rittman, 1967), sulla strada provinciale per Pitigliano, che esse si presentano con struttura bollosa, di costeggia la selva a N e ad W fino al bivio dei colore grigio-nero, come blocchi informi di Pianetti. Da qui la strada provinciale del dimensioni da decimetriche ad 1,5-2 metri, Lamone costituisce il limite a meridionale accatastati gli uni sugli altri. fino al ponte del Pelicotonno sull'Olpeta, in Queste eruzioni sono avvenute nell'ultimo località Valgiardino. Il fiume Olpeta poi risa- periodo di attività del cosiddetto vulcano di lendo verso NE segna il confine fino alla zona Latera (tra 158.000 e 145.000 anni fa) ed di Santa Maria di Sala da dove, la strada ster- hanno sovrapposto i loro materiali su prece- rata che risale fino alla Dogana delimita il denti colate laviche, che affiorano sul fondo margine orientale. dell'Olpeta e dei suoi confluenti torrentizi, da Il plateau lavico ci appare come un tavolato Santa Maria di Sala al ponte di Stenzano. irregolare allungato e debolmente inclinato in Sono stati individuati diversi centri di emis- direzione SW. Il punto più alto è localizzato sione, quelli che interessano la formazione del in località la Dogana (circa 450 m sul l.m.), plateau del Lamone sono riconoscibili nella mentre quello più basso si può identificare frattura marcata dai coni di scorie di

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Semonte, della Dogana, del Monte Becco e di veri e propri anfiteatri di lava. di Monte Calveglio. Dal punto di vista idrogeografico, il Lamone La maggiore estensione è dovuta alla lava effu- fa da spartiacque di due bacini imbriferi: sa dal centro eruttivo della Dogana, essa dove- quello dell’Olpeta a Sud e quello della Nova va essere molto fluida per avanzare di ben 9 a Nord. Le sorgenti di quest’ultimo, che km rispetto al centri di emissione. La parte hanno una portata di circa 120 litri al secon- basale è molto compatta, mentre nella parte do, sono in relazione con l'acquifero di base alta si ha una struttura a blocchi di varie del Lamone stesso. dimensioni, con una colorazione che va dal I due fossi hanno andamento parallelo e retti- grigio scuro al nero. Il cono del Semonte, fu lineo con direzione NE-SW; nelle loro acque attivo fino al termine delle effusioni della confluiscono le precipitazioni della Selva che, Dogana. A questa colata si sovrappone, nella pur raggiungendo nell’anno un valore apprez- zona orientale della Selva, l’espandimento zabile (900 mm), sono mal distribuite, con lavico di Monte Becco, con uno spessore mas- una accentuata carenza nel periodo estivo. simo di 40 metri circa, formato da tefriti- All’interno del bosco non esistono sorgenti, fonolitiche compatte e di colore grigio chiaro. ma negli avvallamenti, dove si sono raccolti Si hanno tuttavia altri tipi di affioramenti, vari strati di terreno argilloso, nel periodo come le arenarie (o Pietraforte risalenti al al invernale ed in primavera, si formano piccoli Creataceo-Eocene) presenti presso il ponte di stagni, noti col nome di “Lacioni”, che pre- Vall’Empio e messe in luce dall’attività erosi- sentano una tipica vegetazione acquatica ed va dell'Olpeta ed i piroclasti incoerenti (terre- accolgono temporaneamente uccelli di palu- ni originatisi in modi e tempi diversi, acco- de. L’orografia del territorio è caratterizzata munati da una scarsa coesione), che affiorano dalle già citate murce, che lo rendono parti- nella parte settentrionale del Lamone (Pian colarmente impervio, per cui è sconsigliata la di Lance) ed in quella meridionale (Campo penetrazione all’infuori della viabilità esisten- della Villa). Travertini dovuti a precipitazione te. Tale viabilità è limitata ad una carrareccia chimica di acque idrotermali sono presenti in che taglia per intero il Lamone e ad alcune sue piccoli affioramenti nei pressi del Campo del diramazioni, che portano alle grandi radure di Carcano e di Santa Maria di Sala. Rosceto e Semonte. Da essa si dipartono Alluvioni antiche e recenti sono localizzate molti viottoli secondari, percorribili solamen- lungo l’Olpeta, nelle località Stenzano, te a piedi, utilizzati in passato per ricacciare il Valgiovana e le Prata. Queste si ritrovano legnatico. anche in isolati riempimenti nelle depressioni del Lamone. L’elemento più evidente e carat- I P RINCIPALI MONUMENTI GEOLOGICI teristico è comunque il plateau lavico il quale, DELLA RISERVA NATURALE estendendosi in direzione NE-SW costituisce SELVA DEL LAMONE un uniforme altipiano, ben distinto dal più movimentato paesaggio che lo circonda. Per GEOSITO N . 340 “S EQUENZA ERUTTIVA tutta l’estensione del bosco è distribuita una DI SORGENTI DELLA NOVA ” massa enorme di pietre laviche grigie che, La zona è stata profondamente modificata ammucchiandosi in maniera variegata, ha dall’attività di estrazione di alcune cave di dato origine a piccole alture caratteristiche, pomice, negli anni settanta del secolo scorso. note localmente con il nome di murce, le I lavori di coltivazione della cava hanno messo quali si innalzano su avvallamenti bui, ricchi in evidenza una interessante sequenza strati- di anfratti, inghiottitoi e crateri d’esplosione, grafica vulcanica, che ha stimolato la proposta che in alcuni casi (Rosa Crepante, Pila del di istituzione di un geosito. Sambuco, ecc.) assumono la conformazione L’area è composta da due entità geografiche:

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Le sorgenti della Nova ed il rilievo della inatteso ed emozionante, lungo il Sentiero di Roccaccia, lungo le cui pendici appare ben collegamento delle aree faunistiche. Tra le pie- esposta una sequenza stratigrafica vulcanica. tre, oltre ai detti licheni, affiorano ciuffi di Essa riguarda i prodotti della cosiddetta muschi e felci, tra cui L’Asplenium septentrio- Eruzione di Sovana avvenuta durante l’attivi- nale L., per il quale si tratta del primo sito di tà esplosiva del Vulcano di Latera (270.000- presenza accertata nel Lazio. 160.000) e comprende dal basso verso l’alto le Il nome di Voltamacine è stato dato alla loca- seguenti unità: lità in quanto, dopo le grandi piogge e nel a) Unità di flusso pomicea, con arricchimen- periodo invernale, il gorgoglio delle acque di to in frammenti litici nella porzione superiore un torrente che scorre sotto la coltre di pietre, e passaggio graduale all’unità soprastante ricorda il rumore degli antichi mulini ad (spessore maggiore di 8 metri); acqua. L’affioramento lavico di Rofalco e b) Breccia piroclastica con frazione juvenile situato nella parte opposta della Riserva natu- pomicea bimodale (piccole pomici grigio rale, lungo il confine meridionale a ridosso chiaro e pomici grigie più grandi con fenocri- del torrente Olpeta, ed è rappresentato da stalli di leucite)( spessore pari a circa 6 metri); un’imponente colata di massi grigio-scuri, di c) Unità di flusso litificata con scorie nere varie dimensioni, che assumono diverse con- porfiriche a leucite, ossidianacee ai bordi e formazioni, dalle murce a piccole depressioni vescicolare nelle parti più interne (tufo rosso a imbutiformi a vere e proprie muraglie di lava, scorie nere (spessore paria circa 5 metri); su cui in periodo etrusco è stato costruito l’o- d) Unità di flusso a matrice portante con sco- monimo abitato ed impostate le imponenti rie nere; abbondante contenuto in cristalli di opere di difesa. leucite sia nelle scorie sia nella matrice. Al tetto della sequenza eruttiva di Sovana LA MURCIA STROMPIA E LE ALTRE MURCE sono presenti depositi rimaneggiati seguiti da “Murcia” (dal Latino murex-ricis “murice”, depositi del flusso della successiva Eruzione di poi “sasso acuto”) è un termine locale che Sorano. A questi si sovrappongono due livelli indica una roccia lavica od un cumulo di pie- di surge sopra i quali affiora il tufo giallo, tre effuse. La geografia del Lamone è costel- spesso diversi metri, che costituisce la parte lata da innumerevoli formazioni rocciose, sommatale del rilievo della Roccaccia. variegate nella forma, originate per la mag- gior parte dallo scorrere delle lave, raffredda- GLI AFFIORAMENTI LAVICI te in superficie, durante il periodo effusivo DI VOLTAMACINE E DI ROFANCO dell’attività del vulcano di Latera e, in un Sebbene buna parte del territorio della caso (Murcia del Prigioniero), dall’uomo, Riserva naturale sia coperto da affioramenti di probabilmente in periodo etrusco, come for- lava, anche di notevole estensione e selvaggia tificazione a guardia della valle dell’Olpeta. bellezza, vogliamo ricordarne in particolare Alcune (le Murciarelle) si presentano come due: quello di Voltamacine e quello di piccoli tumuli affiancati, alti alcuni metri, Rofalco. Il primo situato sul margine Nord che danno origine ad un labirinto intricato e della Riserva, tra la radura di Rosceto ed il di difficile percorribilità; altre (il Murcione) fosso del Crognoleto, si presenta come un possono essere raffigurate come lunghe colli- ripido dirupo digradante per circa una qua- ne ad andamento lineare in cui tra i cumuli rantina di metri di dislivello, coperto di gros- di lave grigie si sviluppato avvallamenti rami- si massi lavici, di un candore abbagliante, per ficati e crateri di collasso, dando origine ad la presenza di licheni bianchi. un paesaggio lunare di suggestiva bellezza; Le rocce appaiono libere da vegetazione per altre ancora (i Muraglioni) sono particolari circa 2.000 mq e rappresentano un incontro formazioni, larghe qualche metro ed alte

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5-10 metri, ad andamento serpeggiante, che al Sambuco”, ecc. Generalmente sono cir- ricordano vagamente ciclopiche muraglie; condati da vegetazione arborea lungo il infine la classica murcia formata da un ferri- bordo superiore e presentano sviluppo di gno ammasso isolato di macigni, elevato sul alberi e muschi sul fondo. Una caratteristica territorio (i Tigli, la Strompia, Murcia facilmente verificabile è la differenza di tem- Bianca, Murcia Alta, Murcia del Diavolo, peratura che si riscontra tra la parte superio- ecc.), su alcune di queste denominate re ed il fondo di detti crateri, con una diffe- “Poggette”, nel tempo, si è accumulato terre- renza di almeno cinque gradi centigradi in no fertile che, in parte nasconde le pietre. meno in estate ed in più in inverno. Tante sono le murce e diverse per forme e La struttura più nota è la cosiddetta “Rosa dimensioni, presentando spesso paesaggi Crepante”, situata a poche centinaia di metri aspri e selvaggi, con gole, inghiottitoi e diru- ad Ovest del Semonte. Ha un andamento pi, che concorrono al fascino del Lamone. leggermente ellittico, con diametro massimo Per tutte, accenneremo alla Murcia di 60 m circa ed è profondo circa 15 m. Strompia. Il toponimo, di origine dialettale, Rassomiglia ad un vero e proprio anfiteatro fa pensare a qualcosa di spaccato, di diviso; si di lava. Libera da vegetazione presenta note- tratta infatti di due ammassi di enormi maci- voli massi grigio-scuri, che aumentano di gni di lava paralleli (anticamente, infatti, dimensione con la profondità e si tingono, a venivano dette le Strompie), separati da un chiazze, di bianco per la presenza di licheni. dirupo profondo. La formazione (a quota Tra le pietre si sviluppano cunicoli e spazi, in 320 s. l.m.) si innalza sul territorio circostan- qualche caso percorribili. te di una decina di metri e presenta un acces- In un piccolo anfratto, somigliante ad una so poco agevole. grotticella, su una pietra i pastori hanno rica- Dai punti estremi della sommità è possibile vato una piccola pila (un foro ogivale), su cui ammirare due viste panoramiche sulla Selva a per percolazione dal suolo soprastante si rac- Sud-Est e a Sud-Ovest. Tra le pietre si è svi- colgono alcuni litri di acqua. luppata una vegetazione variegata che va dai Nel fondo del cratere, dove si è accumulato lecci, ai cerri, agli ornelli ed ai carpini; sulla terreno fertile si sviluppano notevolmente parte sommitale, mancando in molti tratti la felci e muschi, dominati da un monumenta- deposizione di suolo fertile, emergono le pie- le carpine nero. La maggiore concentrazione traie rivestite da licheni rossastri. Sulla cima di Pile si ha nella zona del Murcione a Nord- degli ammassi e sul dirupo, in un periodo Est del Semonte, ne sono state individuate imprecisato, per il mancato rinvenimento di 14 di grosse dimensioni, che sembrano, in materiale archeologico, è stata realizzata una alcuni casi, essere allineate. Nella zona della cinta muraria difensiva, pertinente ad un Pila Al Sambuco, a ridosso l’uno dell’altro ne abitato fortificato di cui sono visibili alcuni sono presenti 3, di aspetto simile ed omoge- fondi di capanna. neo. La vera e propria Pila al Sambuco è così detta per la presenza di un secolare albero di ROSA CREPANTE E LE ALTRE PILE Sambucus nigra che ne copre il fondo. Anche Caratteristici del Lamone sono alcuni crateri in questo caso si ha un notevole sviluppo di di collasso, ad aspetto imbutiforme. muschi e felci, tra cui la lingua cervina, ed è Probabilmente sono stati originati per crollo, presente una grotticella con un piccolo baci- a causa del peso, lungo le cavità di condotti no per la raccolta delle acque. lavici, di accumuli di grossi macigni. Localmente tali strutture sono conosciute I C ONDOTTI LAVICI : LA CAVA L’I NFERNO con il nome di “Pile”, sono note infatti la E LA BUCA DI GIOVANNI ROTA “Pila all’Oro”, la “Pila al Prosciutto”, la “Pila La Cava l’Inferno è un ambiente particolar-

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mente impervio, rappresentato da una angu- IL CONO DI SCORIE DEL SEMONTE sta gola di alcuni metri di profondità, che si Semonte si presenta come un cono di scorie sviluppa, con varie ramificazioni, per quasi e lapilli rossastri, nella parte centrale del due chilometri nel Lamone di Sotto. cosiddetto Lamone di Sopra, che si innalza, Probabilmente essa rappresenta le vestigia di mediamente, di quasi trenta metri sul terri- un condotto lavico di cui è crollata la parte torio circostante, all’interno di una vasta superiore. Ricco di anfratti, piccole grotte, e radura sgombra da lave di oltre 40 ettari. La grossi massi, presenta pareti, spesso lisce, di parte settentrionale è più ripida passando in lava compatta. All’interno vegetano alberi breve dai 386 ai 427 m. s.l.m., mentre quel- secolari e, vista la presenza di ombra e di una la meridionale digrada più dolcemente fino maggiore umidità, rispetto alla zona circo- ai 400 m. s.l.m. Come visto, anche da questo stante, appare lussureggiante lo sviluppo di centro di emissione sono state effuse le lave muschi e felci. La Buca di Giovanni Rota, trachibasaltiche della selva. Con i suoi 427 nascosta tra la vegetazione, ai fianchi di una metri s. l. m. rappresenta uno dei maggiori murcia lungo la strada che conduce a rilevi del territorio ed un notevole punto Semonte, è un pozzo verticale naturale, pro- panoramico per la parte settentrionale ed fondo una decina di metri e del diametro di occidentale della riserva. tre. Non sono state fatte esplorazioni per verificare se rappresenti lo sbocco di un con- I L ACIONI dotto lavico. Nella Riserva naturale sono presenti alcuni sistemi di stagni temporanei o stagionali, che I M URAGLIONI DI ROPPOZZO prendono il nome di “Lacioni”. Si tratta di In località Roppozzo, nei pressi della radura corpi idrici di tipo lentico con ricorrenti fasi in cui si svolge la festa alla primavera, si svi- di secca. Sebbene in apparenza effimeri, que- luppa il sistema roccioso dei Muraglioni. Lo sti sistemi riescono a mantenersi nel tempo, stesso nome ricorda l’andamento delle lave, a causa dell’alternanza di una fase umida, o che qui assumono la struttura serpeggiante di idroperiodo, ed una arida. una muraglia ciclopica, che si sviluppa per Nel periodo di aridità, la sostanza organica qualche centinaio di metri. Questo muro depositata sul fondo nell’idroperiodo viene naturale s’innalza sull’ambiente circostante completamente demolita e ciò impedisce di 6-7 metri e presenta una larghezza media l’aumento di spessore dei sedimenti, che di cinque. La sommità, composta da grossi potrebbe portare all’interramento. Il più massi grigio-scuri, è spoglia di vegetazione e vasto e duraturo è il Lacione della presenta curiose fenditure geometriche sulle Mignattara. pietre.

I muraglioni di Rappozzo

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Flora e vegetazione A cura di Andrea Schiavano

a vegetazione del Lamone è il risulta- - boschi; to dell’azione di molti fattori i quali, - formazioni riparie arboree; L taluni agendo nel lungo periodo ed - arbusteti; altri nel breve periodo, hanno contribuito a - vegetazione igrofila palustre; plasmare questo angolo di territorio. Per com- - vegetazione rupestre. prendere meglio questo concetto bisogna ana- lizzare, dunque, i caratteri climatici, geomor- BOSCHI fologici e pedologici e l’uso, passato e presen- Nella Riserva dominano abbondantemente le te, dell’area. essenze quercine, in particolare il cerro L’azione congiunta di tutti questi elementi ci (Quercus cerris L.) diffuso quasi omogenea- ha consegnato un ambiente, sotto molti aspet- mente su tutto il territorio, il quale forma dei ti, anomalo e ricco di peculiarità, in cui vivo- soprassuoli al loro interno molto diversificati no 873 entità floristiche censite. (boschi misti di latifoglie). Degli oltre 2000 ettari di estensione della Nel settore nord-orientale e a tratti in quello Riserva Naturale, circa 1500 sono occupati da occidentale, dove la rocciosità è contenuta e i formazioni boschive, pari a circa il 72% del suoli risultano freschi e profondi o dove la totale, la restante parte è essenzialmente ascri- particolare morfologia permette la raccolta vibile a superfici adibite al pascolo e alle prati- dell’acqua piovana e l’accumulo di sostanza che agronomiche. organica, si sviluppano boschi mesofili di Si intuisce, dunque, come gli ambienti fore- cerro al quale, nel piano dominante, si accom- stali siano predominanti e quale valore assu- pagnano il carpino bianco (Carpinus betulus mano, dal punto di vista della biodiversità, le L.) , l’acero campestre (Acer campestre L.) , tal- aree agricole a ridosso di questi: basti pensare volta il carpino nero (Ostrya carpinifolia Scop.) ai corridoi ecologici formati da siepi e canali e l’acero d’Ungheria (Acer obtusatum Waldst. di confine, alle piante camporili, agli ambien- et Kit.) , raramente il faggio (Fagus sylvatica ti ecotonali, alle specie vegetali di mantello. L.) , i cui esemplari sono lembi residui di fag- Dal punto di vista fisionomico, la vegetazione geta depressa a testimonianza di situazioni cli- del Lamone può essere riassunta nelle seguen- matiche, in passato, più oceaniche con tempe- ti tipologie: rature minori e maggiore umidità, e il tiglio

Anemone dell’Appennino Silene italica

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Orchide italiana Uccellino allo specchio (Ophrys bertolonii) selvatico (Tilia cordata Miller) . quali si associano, nel piano inferiore, l’agrifo- La residua presenza di tiglio selvatico è da glio (Ilex aquifolium L.) che spesso si presenta attribuire soprattutto all’ecologia della specie, allo stato arbustivo anche se non è difficile ma anche al fatto che nelle pratiche agro-silvo- osservarlo in forma arborea e addensato in pastorali tradizionali questa pianta veniva piccoli gruppi, il biancospino comune usata dalla popolazione locale per via delle (Crataegus monogyna Jacq.) , il biancospino ottime proprietà di foraggiamento della frasca (Crataegus oxyacantha L.) , il nocciòlo (Corylus e per i vari impieghi della corteccia (fabbrica- avellana L.) , il corniolo (Cornus mas L.) , il zione di corde), al contrario del cerro che, sanguinello (Cornus sanguinea L.) , il nespolo nonostante la ghianda risultasse poco appeti- (Mespilus germanica L.) e infine la fusagine o bile al bestiame (amara), è molto diffuso, berretta da prete (Euonymus europaeus L.) e il favorito perché il suo veloce accrescimento ligustro (Ligustrum vulgare L.) negli ambienti consentiva un cospicuo approvvigionamento ecotonali. È tipico, tra i fusti delle piante il di legname. Significativi per le dimensioni protendersi di specie epifite: la vitalba sono un esemplare di faggio in località (Clematis vitalba L.) e l’edera (Hedera helix “Puiolo” in prossimità del muretto a secco L.) , mentre sui rami delle querce più vetuste (quasi 4 metri di circonferenza) e un indivi- prosperano il vischio quercino (Loranthus duo di tiglio selvatico in località “I Tigli” vici- europaeus Jacq.) e il vischio comune (Viscum no al confine ovest della Riserva, di cui rima- album L. subsp. album) . Il piano inferiore è ne la ceppaia (circa 3 metri di circonferenza). tappezzato da un numeroso insieme di erbacee Poco distante da qui, in località “La Strompia” che, nel periodo della fioritura (soprattutto c’è una delle due stazioni del Lazio dove è pre- aprile e maggio), trasformano il sottobosco in sente l’ofioglosso comune (Ophioglossum vul- un esteso manto multicolore interrotto qua e gatum L.) , specie, quindi, di notevole interes- là dalle pietre affioranti sulle quali crescono, se naturalistico. ammorbidendo un pò il paesaggio, l’ombelico Il piano intermedio è occupato dal carpino di Venere (Umbiculus rupestris (Salisb.) bianco, dall’orniello (Fraxinus ornus L.) , dal Dandy) , l’asplenio maggiore (Asplenium onop- ciavardello (Sorbus torminalis (L.) Crantz) , ai teris L.) e vari tipi di muschi e licheni.

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Bucaneve (Galanthus nivalis L.) , scilla silvestre tobosco di specie eliofile e nitrofile come l’al- (Scilla bifolia L.) , primula (Primula vulgaris liaria comune (Alliaria petiolata (Bieb.) Hudson) , ciclamini (Cyclamen repandum Cavara et Grande) e il geranio purpureo Sibth. et Sm. e C. hederifolium Aiton) , giglio (Geranium purpureum Vill.) . Inoltre, sono rosso o giglio di S. Giovanni (Lilium bulbife- osservabili in più punti alberi di diverse specie rum L. subsp. croceum (Chaix) Baker) , pervin- con dimensioni ragguardevoli che presentano ca minore (Vinca minor L.) , latte di gallina a spesso una ramificazione inserita in basso sul fiori giallastri (Ornithogalum pyrenaicum L.) , fusto e un portamento tozzo e poco slanciato. colchico napoletano (Colchicum neapolitanum Ciò si spiega col fatto che era uso comune da Ten.) , zafferano selvatico (Crocus biflorus queste parti capitozzare gli alberi a circa 2 Miller) , erba-perla azzurra (Buglossoides pur- metri di altezza per ricavarne legna da ardere e purocaerulea (L.) I.M. John.) , fragola (Fragaria foraggiamento per il bestiame. vesca L.) , anemoni (Anemone apennina L. e A. Dove il profilo morfologico si fa più acciden- nemorosa L.) , viole (Viola odorata L., V. rei- tato (elevato indice di rocciosità) e le condi- chenbachiana Jordan e V. alba Besser subsp. zioni microclimatiche diventano più calde, ci dehnhardtii (Ten.) W. Becker) , ellebori troviamo in presenza di boschi termofili misti (Helleborus foetidus L. e H. bocconei Ten.) , di cerro, aceri e carpino nero e di alcune par- pungitopo (Ruscus aculeatus L.) e molte orchi- ticelle rimboschite durante gli anni ’60 a pino dee (che verranno esaminate a parte) sono d’aleppo (Pinus halepensis Miller) , pino nero solo le più rappresentative tra le specie che (Pinus nigra Arnold subsp. laricio) e pino popolano tale piano. marittimo (Pinus pinaster Aiton) . Gli impian- In questo settore della Riserva il soprassuolo ti artificiali sono localizzati nella porzione forestale è costituito da cedui invecchiati che, centrale, nord-occidentale e occidentale della in alcune situazioni, hanno già assunto le Riserva, nelle zone a debole rocciosità ed ex- sembianze di fustaie irregolari. Si tratta di un coltivi. bosco abbastanza rado e tale aspetto è testi- Nel piano dominante primeggiano il cerro, la moniato dal frequente insediamento nel sot- roverella (Quercus pubescens Willd.) , l’acero

Ophrys sphegodes Digitalis ferruginea

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Alberi tra le rocce Lupinus graecus campestre e il carpino nero. Il piano interme- bosco assume le sembianze di un ceduo invec- dio, di spessore consistente, è formato da chiato, ma, considerata l’accidentalità, gli acero minore (Acer monspessulanum L.) , leccio accrescimenti sono ridotti e l’altezza media (Quercus ilex L.) , orniello, sorbo (Sorbus delle piante è inferiore rispetto al settore nord- domestica L.) , pero selvatico (Pyrus pyraster orientale. Tuttavia la densità è maggiore, come Burgsd.) , melo selvatico (Malus sylvestris pure la copertura e l’avviamento ad alto fusto Miller) , ciavardello, fillirea (Phillyrea latifolia risulta più lento. L.) e specie arbustive presenti anche in situa- Va segnalata, inoltre, la presenza sporadica di zioni più mesofile, con un incremento signifi- alcuni individui di cerro-sughera (Quercus cre- cativo, tuttavia, di quelle spinose come il pru- nata Lam.) il cui riconoscimento è spesso dif- gnolo (Prunus spinosa L.) . ficoltoso. È più semplice individuarla, invece, A rendere ancora più fitta e intricata la vege- durante il periodo invernale per il fatto che tazione contribuiscono la lianosa stracciabra- mantiene il manto foliare verde fino alla ripre- che (Smilax aspera L.) , l’asparago pungente sa vegetativa. Il bosco del Lamone è stato col- (Asparagus acutifolius L.) e i rovi (Rubus spp.) . pito per due anni consecutivi (2001-2002) da Questo settore, più di altri, ha contribuito a un forte attacco di un lepidottero di origine creare sulla Selva del Lamone quella legenda americana ormai naturalizzato in Italia, la di bosco aspro e impenetrabile, non a caso Lymantria dispar L. , le cui larve hanno total- rifugio di briganti e fuorilegge, che tanta mente defogliato l’intera superficie boscata, paura suscitava in chi si trovava ad attraversar- non risparmiando nemmeno gli arbusti. lo. È molto interessante dal punto floristico la L’anno successivo, invece, è stata la volta di presenza dell’ Acer x peronai Schwerin , ibrido una prolungata stagione siccitosa protrattasi tra l’acero opalo e l’acero minore, in località da maggio ad agosto, che ha comportato un Semonte. Si tratta di una segnalazione nuova forte stress idrico per gran parte del bosco. per il Lazio; precedentemente questo ibrido L’azione sinergica di tali eventi ha debilitato le era stato individuato solo a Vallombrosa in piante, le quali sono divenute suscettibili ad Toscana. Il piano inferiore è costituito princi- attacchi di parassiti di debolezza come i fun- palmente da specie termofile e xerofile o ghi Armillaria mellea (Vahl.) Quèl. (famigliola comunque ubiquitarie quali il pungitopo, la buona) e soprattutto l’ Hypoxylon mediterra- robbia selvatica (Rubia peregrina L.) , la crocet- neum (De Not.) Mill. (cancro carbonioso delle tona glabra (Cruciata glabra (L.) Ehrend.) , la querce) che stanno provocando la morte di iva (Ajuga reptans L.) e il raro vincetossico molte specie arboree, in particolare di cerro comune (Vincetoxicum hirundinaria Medicus) , che risulta essere il più colpito. Trattandosi, anche se non è inconsueto osservare specie più ovviamente, di fenomeni naturali e di un con- mesofile. Anche in questa parte di Riserva il testo di naturalità (Area Protetta), non è stato

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Fustaia a Felceto Alto Plantago major adottato alcun intervento di lotta. doacacia L. ), si riconosce a queste formazioni un alto grado di conservazione e di maturità. FORMAZIONI RIPARIE ARBOREE Questo tipo di vegetazione è presente lungo il ARBUSTETI Torrente Olpeta e i vari fossi (Fosso della Le aree occupate da queste formazioni sono il Faggeta, F. sso della Botte, F.sso del Verghene) risultato di due eventi distinti ma tra loro col- suoi immissari. Si tratta di una vegetazione legati: degrado di preesistenti boschi di latifo- azonale con una massiccia dominanza di onta- glie o ricolonizzazione da parte della vegeta- no nero (Alnus glutinosa (L.) Gaertner) , salice zione di terreni ex-coltivi. In effetti si può bianco (Salix alba L.) e pioppo nero (Populus riscontrare un insieme eterogeneo di specie nigra L.) ai quali spesso si associano il nocciò- erbacee (residue dei precedenti prati o suben- lo, l’olmo (Ulmus minor Miller) e il sambuco trate in seguito al degrado), arbustive (colo- nero (Sambucus nigra L.) tra le specie più nizzatrici dei primi stadi di successione) e comuni, mentre tra quelle più sporadiche si arboree. annoverano il salicone (Salix caprea L.) e il Su suoli tendenzialmente acidi, profondi e fre- viburno (Viburnum tinus L.) . Localizzata, ma schi le specie dominanti sono la ginestra dei non rara, è la presenza di faggio sottoquota e carbonai (Cytisus scoparius (L.) Link) , così lungo il Fosso del Verghene è stato rinvenuto chiamata perché con le sue fronde i carbonai un esemplare di olmo montano (Ulmus glabra ricoprivano i tetti delle loro capanne, e la felce Hudson) . Inoltre, sono di grande importanza aquilina (Pteridium aquilinum (L.) Kuhn) , un floristica alcuni esemplari di farnia (Quercus tempo probabilmente più diffusa nel Lamone robur L.) in località Acquaforte, appena fuori a giudicare dai toponimi a cui ha dato origine della Riserva, in prossimità del corso (Felceto Alto, Valle Felciosa). In condizioni dell’Olpeta. Nel piano inferiore ritroviamo più mesofile, pur rimanendo nel complesso su specie legate ad ambienti umidi e ombreggia- suoli profondi e fertili, subentrano il prugno- ti, quali l’equiseto massimo (Equisetum telma- lo, il biancospino comune e la rosa selvatica teja Ehrh.) , il farfaraccio maggiore (Petasites (Rosa canina L.) e tendono ad aumentare le hybridus (L.) Gaertn.) , la rara polmonaria essenze arboree, soprattutto gli aceri. Queste (Pulmonaria vallarsae Kerner) e vari tipi di formazioni insistono nelle zone nord e nord- felci come Polystichum setiferum (Forssk.) orientale del Lamone. Woynar, Phyllitis scolopendrium (L.) Newman, Nelle esposizioni a meridione, in presenza di Adiantum capillus-veneris L. e Asplenium tri- forte acclività e suoli fortemente drenanti chomanes L. . Considerata la ricchezza floristi- (costone che sovrasta il corso dell’Olpeta dalla ca (fino a 44 specie rinvenute) e l’assenza di Valgiovana a Roccoia), ritroviamo il citiso tri- specie invasive (ad esempio la Robinia pseu- floro (Cytisus villosus Pourret) e localmente la

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ginestra odorosa (Spartium junceum L.) alle quali si associano saltuariamente il cerro, la roverella e l’olmo campestre; mentre sui pen- dii aridi cresce la vescicaria (Colutea arbore- scens L.) . Dove infine la disponibilità idrica è buona, anche durante il periodo estivo (nei fondoval- le in prossimità di corsi d’acqua e ai bordi dei terreni coltivati), si sviluppano arbusteti a nocciòlo, olmo campestre, sambuco nero, fusaggine e prugnolo, accompagnati dai rovi e dalla vitalba. Vischio quercino (Loranthus europaeus) Lo strato erbaceo che accompagna le tipologie (Ranunculus ophoglossifolius Vill.) , il giunco vegetazionali ad arbusteto, il cosiddetto prato comune (Juncus effusus L.) e la billeri a fiori polifita, è costituito principalmente da grami- piccoli (Cardamine parviflora L.) . nacee, leguminose e composite che offrono un nutriente pasto agli ungulati selvatici e dome- VEGETAZIONE RUPESTRE stici e ai numerosi insetti che popolano questi Questi tipi di cenosi sono caratteristici degli ambienti. accumuli di roccie a forma piramidale (murce), ma anche delle situazioni opposte in VEGETAZIONE IGROFILA PALUSTRE cui le pietre si dispongono a formare dei veri e L’assenza di acque superficiali permanenti propri crateri lavici, simili ad anfiteatri, chia- all’interno della Selva del Lamone potrebbe mati “pile”. Nel primo caso, la mancanza di far supporre l’impossibilità per le specie igro- suolo pregiudica molto la presenza di piante file di trovare le condizioni ottimali di vita. vascolari, tuttavia non di rado si osservano Tuttavia, durante la stagione piovosa, le acque esemplari di leccio, alloro (Laurus nobilis L.) , meteoriche si accumulano in alcuni punti lie- fillirea, acero minore (localmente chiamato vemente depressi dando vita a pozze tempora- “stucchio”), orniello e bagolaro o spaccasassi nee, localmente dette “lacioni”, che ospitano (Celtis australis L.) (detto “ponzicariato”) cre- una flora e una fauna di notevole interesse. scere sulla sommità e lungo i fianchi di queste Questi stagni possono raggiungere dimensioni singolari formazioni laviche. I crateri, invece, a volte importanti (anche 20 m di diametro) e ospitano al loro interno una vegetazione un le acque, a seconda delle precipitazioni, per- po’ più mesofila formata da carpino nero, cia- mangono per lunghi periodi o, come nel caso vardello, ma altresì orniello e acero campestre, del lacione della Mignattara, anche per tutta la le quali specie usufruiscono dell’umidità e del- stagione vegetativa. l’accumulo di suolo della parte terminale dei La vegetazione è caratterizzata da specie di coni rocciosi. In un’unica stazione in località grande rilevanza ecologica, divenute rare per il Cavon di Sorbo, all’interno di una di queste degrado e la graduale scomparsa dei loro habi- depressioni, è stato rinvenuto un soggetto di tat. Tra queste si annoverano il sedano som- frassino meridionale (Fraxinus oxycarpa Bieb.) , merso (Apium inundatum (L.) Reichenb.) , la ma non si esclude che ve ne siano altri. gamberaja calabrese (Callitriche brutia Petagna) , la mestolaccia stellata (Damasonium IL PAESAGGIO AGRARIO alisma Miller subsp. alisma) , la coda di topo In un contesto vegetazionale fondamental- arrossata (Alopecurus aequalis Sobol.) , il grami- mente forestale i terreni migliori sono stati gnone minore (Glyceria plicata (Fries) Fries) , il trasformati dall’azione secolare dell’uomo in ranuncolo con foglie d’Ofioglosso campi coltivati che attualmente ricoprono

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circa un quinto della superficie della Riserva. tranne pochi casi, la scomparsa di coltivatori Negli ultimi anni, comunque, si è avviato un a tempo pieno insediati nel territorio della processo inverso di abbandono dei campi e di Riserva. colonizzazione della vegetazione naturale con Ci sono diverse zone utilizzate come pascolo l’insediamento di arbusteti e successivamente che in parte possono essere caratterizzate dalla la costituzione di boschi di neoformazione in presenza di arbusti o di alberi sparsi; si tratta tempi abbastanza rapidi (10-15 anni). di pascoli, ripuliti in passato dalle pietre, dalla Questo avviene, in particolare, nelle situazio- naturalità piuttosto scarsa, abbastanza simili a ni più sfavorevoli per l’agricoltura - rocce veri e propri coltivi. I seminativi sono diffusi affioranti, piccoli appezzamenti circondati in tutta l’area, mentre incolti e campi a ripo- dal bosco - e per il continuo calo di redditivi- so sono poco frequenti; tra le colture arboree tà dell’attività agricola che ha determinato, sono presenti oliveti, noccioleti e noceti.

Mestolaccia d’acqua (Damansonium alisma)

Lacione della Mignattara

30 Riserva Naturale Selva del Lamone EORCHIDEE LE

l nome orchidea suscita imme- parte del fiore chiamata labello ha la diatamente l’immagine di grandi funzione di appoggio per l’insetto. I e vistosi fiori, di viaggi avventu- Le orchidee usano due metodi per rosi del XVII secolo dai quali gli esplo- attrarre gli insetti impollinatori, nel ratori del nuovo mondo e dell’Asia sud genere ophrys il fiore assomiglia come orientale riportavano in Europa questi forma, colori, e odori alla femmina del- gioielli della natura. l’insetto. In altri casi l’attrazione è lega- Raccolte a mezz’aria, attaccate sui tron- ta alla funzione dello sperone, che è un chi degli alberi della foresta pluviale, le prolungamento del labello dove il pro- orchidee mettono in mostra la bellezza nubio può infilare la proboscide in dei loro fiori mentre tutt’intorno svo- cerca di nettare. lazzano variopinte farfalle tropicali e Se lo sperone è breve l’impollinazione minuscoli colibrì. avviene da parte di bombi ed api, se Non meno belle ed interessanti sono le lungo viene compiuta da farfalle . orchidee nostrane. Queste, a differenza Se un insetto si posa sul fiore i pollino- di quelle tropicali che, come abbiamo di gli rimangono attaccati sul capo, tra- già detto, crescono avvinghiate al tron- mite il viscidio. Quando lo stesso inset- co delle grandi piante arboree, compio- to si sposta su un altro fiore vi deposi- no il loro ciclo vegetativo a terra, sono ta il prezioso pacchetto. quindi piante geofite cioè terricole. Avvenuta la fecondazione i fiori appas- Anche per questo bisogna darsi da fare siscono mentre l’ovario, maturando, si per cercarle, nascoste come sono tra trasforma in capsula al cui interno si cespugli, nell’erba, nella selva spinosa. sviluppano da migliaia a milioni di Queste piante hanno un’altezza che in semi. All’apertura delle capsule i semi genere non supera i 20-30 cm e biso- volano via trasportati dal vento. gna osservarle da vicino per riconosce- I semi non contengono nutrimento, re la loro bellezza, la vivacità dei colori per questa ragione non sono in grado e soprattutto la complessità e specializ- di germinare da soli ed hanno bisogno zazione dei loro fiori che in alcuni casi di altri organismi simbionti, funghi supera quella delle loro sorelle tropica- capaci di penetrare all’interno del seme li. Le orchidee che si trovano all’inter- e di cedergli sostanze nutritive. no della Riserva del Lamone sono tutte A germinazione avvenuta, in primave- specie perenni pluriennali, ibernano ra si viene a formare la piantina con il d’estate e in parte dell’inverno, attin- bulbo che, dopo un periodo piuttosto gendo energie per il risveglio da tuberi lungo, in qualche caso di alcuni anni, ipogei. La forma testicolare che assu- fino a 12, raggiunge la maturità ed ini- mono tali organi in alcune specie, è il zia a produrre le spighe floreali. motivo del loro nome in quanto in Da quanto finora detto si capisce come greco orchis significa testicolo. queste piante siano legate in modo In campagna sono ben riconoscibili stretto all’integrità dell’ambiente che le dalla spiga fiorifera poiché i fiori pre- ospita, e qui entra l’importanza della sentano sei tepali di cui uno chiamato Riserva Naturale poiché il compito labello, sempre rivolto verso il basso, principale è la conservazione degli che dà asimmetria al fiore. ambienti dove vivono le orchidee. Un aspetto particolare delle orchidee è Si allega una tabella con i principali siti che ogni specie ha un solo insetto specificando fin d’ora che per Lamone impollinatore chiamato pronubio, la si intendono le strade carrabili ed i sen-

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tieri interni alla riserva. La località Farnese e percorrendo la strada provin- denominata la Botte è facilmente rag- ciale Valle dell’Olpeta. Dopo 2,4 km giungile poiche’ ci passa il sentiero dall’inizio della strada sulla destra si delle aree faunistiche. trovano delle tramogge abbandonate e Miniera acquaforte è un ex miniera di dopo 100 m a destra c’è una piccola fluorite e la si può trovare partendo da strada sterrata. Crostoletto è la parte

Orchidee spontanee della Selva del Lamone Località Valle Rosa Lamone La Botte Crostoletto Miniera Acquaforte

Tipo di vegetazione Prato arido Varie Radura di Prato arido Radura di bosco- bosco cespuglieto Farine fossili Calcareo Vulcanico Substrato Calcareo Vulcanico da sedimenti travertinoso lacustri Specie Altezza cm Periodo fioritura Ophrys tenthredinifera 5-25 Marzo- • • maggio Ophrys bertolonii 15-40 Marzo- • • giugno Ophrys saratoi 10-30 Marzo- • • giugno Ophrys sphegodes 15-40 Marzo- sphegodes • • • giugno Ophrys sphegodes 15-40 Marzo- garganica • maggio LE ORCHIDEE LE Ophrys sphegodes 15-40 atrata • Aprile Ophrys majellensis • Ophrys x dekegheliana • Ophrys x grampinii • Marzo- Ophrys incubacea • 15-40 maggio Marzo- Ophrys thirena Fino • a 35 aprile Marzo- Ophrys holoserica • • • 10-50 maggio Marzo- Ophrys crabronifera • • • 20-50 maggio Aprile- Ophrys apifera • • 15-50 giugno Aceras Aprile- anthropophorum • 20-50 giugno Marzo- Serapias lingua • • 15-35 giugno Aprile- Serapias parviflora • 10-30 giugno Aprile- Serapias vomeracea • • • 15-60 giugno

32 Riserva Naturale Selva del Lamone EORCHIDEE LE

più a sud della Selva del Lamone e rag- cava di tufo; percorsi altri 2 km c’è un giungibile da Farnese percorrendo la incrocio dove si gira a destra e poco strada provinciale del Lamone. dopo si incontra il torrente S. Paolo. A Per raggiungere Vallerosa, partendo da 600 m dal suddetto incrocio si gira a Farnese, si va verso il campo sportivo, destra e percorsi altri 600 m si arriva a si procede per 1,2 km e s’incontra la Vallerosa.

Località Valle Rosa Lamone La Botte Crostoletto Miniera Acquaforte

Tipo di vegetazione Prato arido Varie Radura di Prato arido Radura di bosco- bosco cespuglieto Farine fossili Calcareo Vulcanico Substrato Calcareo Vulcanico da sedimenti travertinoso lacustri Specie Altezza cm Periodo fioritura Maggio Himantoglossum 30-105 hircinum adriaticum • • • • • -giugno Anacamptis Aprile- pyramidalis • • 20-60 giugno Marzo- Orchis papilionacea • • • 15-50 giugno Marzo- Orchis morio • • • 10-40 giugno Marzo- Orchis x gennarii • • 10-40 giugno Orchis coriophora Aprile- fragrans • 15-40 giugno Aprile- Orchis tridentata • • • 15-40 giugno Aprile- Orchis purpurea • 30-70 giugno Marzo- Orchis italica • • 20-50 maggio Aprile- Orchis provincialis • 20-40 giugno Dactylorhiza Maggio maculata • • 25-90 -luglio Platanthera Maggio chlorantha • 30-60 -giugno Aprile- Neotia nidus-avis • 15-50 luglio Giugno Epipactis helleborine • 20-100 -agosto Cephalanthera Aprile- longifoglia • 15-60 luglio Limodorum Fino a Aprile- abortivum • 80 giugno Sett.- Spiranthes spiralis • • 10-30 nov.

33 Guida ai servizi delle aree naturali e protette del Lazio

La fauna A cura di Roberto Papi, box a cura di Fiammetta Biselli

a Riserva Naturale Selva del Lamone, L’ultimo dato certo di presenza sul torrente grazie alla posizione geografica e alla Olpeta risale al 2000, mentre nel 2004 inda- L varietà di ambienti presenti, ospita gini dirette condotte sul tratto laziale del baci- una comunità animale ricca e varia con pre- no del Fiora hanno dato esito negativo senza di specie sia mediterranee che tipica- (AA.VV., 2004) anche se vi sono ancora mente centroeuropee. segnalazioni della specie nei pressi di Vulci. Complessivamente i vertebrati terrestri, esclu- Inoltre nella parte toscana del Fiora è stata si i chirotteri, sono rappresentati da 116 spe- indicata l’estinzione locale della popolazione cie tra anfibi, rettili, uccelli nidificanti e mam- di lontra (AA.VV., 2001). miferi. La biodiversità ha quindi valori alti in È invece presente in modo temporaneo e sal- quanto la Riserva protegge il 28% delle specie tuario il lupo (Canis lupus) ; a partire dai italiane e il 51% di quelle presenti nel Lazio. numerosi casi di abbattimenti illegali avvenu- Questo dato è ancora più degno di nota se si ti negli anni ’80; come ultimo dato si registra considera che la Selva del Lamone è un terri- il ritrovamento di una femmina abbattuta nel torio collinare di bassa quota, ricoperto da gennaio 2005 nei pressi di Ponte S. Pietro a boschi, con alcune zone agricole, dove le aree pochi km dalla Riserva. umide hanno una limitata estensione e sono Il lupo può frequentare la Selva del Lamone assenti insediamenti umani permanenti. nell’ambito di movimenti tra aree di presenza Da segnalare che ben 15 specie di vertebrati relativamente stabile della specie situate in (compresi i pesci) sono inserite nella lista rossa Toscana meridionale e nei settori centrali e degli animali d’Italia - vertebrati (Bulgarini et nord orientali del viterbese. al 1998), mentre 17 specie sono di interesse Un canide ampiamente diffuso è la volpe comunitario e hanno contribuito all’istituzio- (Vulpes vulpes) , così come lo è l’istrice (Hystrix ne di cinque Siti di Interesse Comunitario e di cristata), un roditore relativamente abbondan- una Zona di Protezione Speciale nella Riserva te che predilige boschi di cerro e subisce nel- e nelle aree limitrofe. l’area contigua, e nel resto del territorio, fre- Alcune specie, o comunità animali, presenti quenti uccisioni sia per bracconaggio che per nella Selva del Lamone sono, da diversi anni, investimenti stradali. oggetto di studio da parte sia di ricercatori che Tra i mustelidi la specie più diffusa è il tasso dal personale della Riserva. I dati permettono di delineare un quadro approfondito di cono- La volpe scenze sulla fauna vertebrata sia a livello di sta- tus che di distribuzione.

MAMMIFERI Una specie che sembra oramai sull’orlo dell’e- stinzione è la lontra (Lutra lutra) presente fino agli anni ‘90 nel bacino del fiume Fiora e nel- l’affluente Olpeta (Reggiani et al 1986). In particolare la specie, proveniente dal Fiora, risaliva l’Olpeta ma non sembrava avere una presenza stabile su questo corso d’acqua.

34 Riserva Naturale Selva del Lamone AMROAEI GHIRO LA IL MARTORA E

a martora è un mammifero più alte. Per rifugiarsi si serve di tane molto simile alla faina, ma se ricavate recuperando i nidi degli L ne differenzia per la caratteri- uccelli, o degli scoiattoli, o realizzate stica macchia sul petto e sulla gola più all’interno degli alberi cavi, o di altre piccola e gialla anziché bianca. La lun- cavità naturali. La martora si accoppia ghezza del corpo è di circa 45 cm. a durante il periodo estivo, da giugno ad cui vanno aggiunti i circa 25 cm. della agosto, ma il parto avviene solo nella coda. La pelliccia, folta e lucida, è primavera successiva. Solitamente bruna mentre il muso ed il mento vengono dati alla luce dai 3 ai 5 cuc- sono scuri e la testa e le parti del dorso cioli rivestiti di un corto mantello gri- sono chiare; le orecchie sono corte e gio, con la macchia sulla gola poco rotondeggianti ed hanno il bordo evidente e la coda più corta che assu- bianco; la coda è lunga e pelosa ed è mono la colorazione della pelliccia molto utile all’animale sia per correre tipica degli adulti solo alla fine del sia per saltare, perché funziona come primo mese di vita. Si nutre di frutta stabilizzatore, mentre le zampe, grazie e bacche e di roditori, lepri, conigli ed il quinto dito opponibile, le permetto- uccelli, cacciando non solo di notte e no una presa perfetta sugli alberi. La al crepuscolo, ma anche durante il martora è, infatti, un abile arrampica- giorno e saccheggiando i nidi serven- tore sugli alberi, mentre insegue a gran dosi degli incisivi per aprire il guscio velocità ghiri e scoiattoli fino alle cime delle uova.

l ghiro è un roditore lungo circa ca di cibo, costituito da foglie, cortec- 30 cm., di cui ben 13 riguarda- ce, frutti con o senza guscio, uova e I no la coda caratterizzato da una piccoli uccelli. In autunno il ghiro pelliccia di colore grigio o castano sul accumula nella tana le provviste vege- dorso e bianco-gialla sul ventre. In tali che consumerà durante i brevi annate particolarmente fredde rimane risvegli che interrompono il letargo a lungo in letargo nella sua tana fino invernale. L’accoppiamento avviene a un massimo di 7 mesi. una o due volte, tra maggio e ottobre; Questo simpatico animale svolge le in genere a partire da luglio e per tutta sue attività al crepuscolo e di notte; l’estate vengono dati alla luce da 2 a 7 infatti durante il giorno rimane a dor- piccoli, nudi e ciechi, che a tre setti- mire, nascondendosi, nelle fessure mane aprono gli occhi e cominciano a degli alberi, nei nidi artificiali degli fare a meno del latte materno e ad ali- uccelli, nelle cavità dei muri e delle mentarsi direttamente rocce, mentre la sera si reca alla ricer-

35 Guida ai servizi delle aree naturali e protette del Lazio

(Meles meles) , altra specie generalista come la volpe, che mostra una certa preferenza per le formazioni di latifoglie. Donnola (Mustela nivalis) e faina (Martes foina) sono presenti soprattutto in zone agricole e nei pressi d’in- sediamenti umani. La puzzola (Mustela puto- rius) invece preferisce boschi nelle vicinanze di torrenti e zone umide, mentre è stata accerta- ta la presenza, con diversi avvistamenti diretti, della più rara martora (Martes martes) specie strettamente forestale (AA.VV., 2004). Un carnivoro di notevole valore naturalistico è Il moscardino il gatto selvatico (Felis silvestris) per il quale vi è un solo dato certo, relativo ad un esemplare num) , ferro di cavallo minore (Rhinolophus rinvenuto morto nel 2002, e alcuni avvista- hipposideros) , miniottero (Miniopterus schrei menti successivi (AA.VV., 2004). bersii) e vespertilio maggiore (Myotis myotis) . Due specie con distribuzione ampia sono la Per quest’ultima specie si tratta dell’unica lepre comune (Lepus europaeus) aiutata dai fre- segnalazione nota per la provincia di Viterbo. quenti ripopolamenti, negli ambienti aperti Saranno necessarie ulteriori indagini per coltivi e pascoli, e lo scoiattolo (Sciurus vulga- migliorare le conoscenze su questo gruppo ris) nei querceti. La presenza della lepre italica animale poco amato e studiato, ma fonda- (Lepus corsicanus) è stata accertata per i Monti mentale per gli equilibri ecologici e per il con- di Castro situati a pochi km dalla Selva trollo delle popolazioni di insetti notturni. (AA.VV., 2004). Questa specie endemica dell’Italia centrosettentrionale, più piccola e AVIFAUNA rossiccia della lepre comune ma molto simile Questo gruppo animale è sicuramente il più ad essa, ha il suo limite settentrionale di diffu- studiato e conosciuto. Attualmente sono note sione nella provincia di Grosseto. 64 specie nidificanti nella Riserva. Tra gli ungulati il capriolo (Capreolus capreo- La massima biodiversità e presenza di specie lus) è in espansione a partire dagli anni ’80 rare si registra nel settore forestale di grazie alle popolazioni toscane. Predilige i Cervarano e nelle principali zone agricole, boschi di cerro. Infine il cinghiale (Sus scrofa) (Campo della Villa, Pian di Lance e Semonte), ha una popolazione stimata in circa 300 esem- grazie al mosaico creato da una notevole varie- plari che compiono, comunque, ampi sposta- tà di ambienti, tra cui è molto importante la menti tra la Riserva e l’area contigua. Predilige presenza di siepi, e grazie al notevole sviluppo boschi di cerro ma in alcuni periodi dell’anno di ambienti ecotonali lungo i confini con i frequenta molto ambienti ecotonali e zone boschi circostanti. agricole. Sono poi presenti diverse specie di micromammiferi tra cui ghiro (Myoxus glis) e AVIFAUNA FORESTALE moscardino (Muscardinus avellanarius), tra i La comunità ornitica forestale è la più ricca e roditori e il riccio (Erinaceus europaeus), tra gli varia. Il monitoraggio avviato nel 2001 con- insettivori. sente di valutare la dinamica della comunità Nelle aree SIC esterne alla Selva del Lamone è sia a livello di composizione che di frequenza stata accertata la presenza di cinque specie di delle specie. chirotteri (AA.VV., 2004) e precisamente Il colombaccio (Columba palumbus) , è una rinolofo euriale (Rhinolophus euryale) , ferro di delle specie più abbondanti, mentre meno dif- cavallo maggiore (Rhinolophus ferrumequi- fusa è la Tortora (Streptotelia turtur) , che rag-

36 Riserva Naturale Selva del Lamone LPCHORSOMAGGIORE ROSSO PICCHIO IL

l picchio rosso maggiore, simbo- L’accoppiamento avviene all’inizio lo della Riserva naturale Selva della primavera; utilizza come nido I del Lamone, raggiunge una lun- una cavità, con foro d’ingresso di 5-6 ghezza corporea di circa 23 cm. e ha cm., scavata nel tronco degli alberi un piumaggio nero su cui spicca il (con preferenza per quelli morti o bianco di parti inferiori, spalle ed marcescenti), dove la femmina depone alcune zone del capo. Gli adulti hanno da 4 a 6 uova, piccole, allungate e il vertice nero mentre i giovani lo molto fragili, che cova per circa 16 hanno rosso, le copritrici inferiori giorni alternandosi con il maschio. della coda sono rosse sia nei maschi La prole è accudita con grande cura che nelle femmine, mentre solo i fino a quando non è in grado di pro- maschi hanno anche la nuca rossa. curarsi il cibo da sola. Il picchio rosso Vola a sbalzi e con una velocità note- maggiore si ciba di insetti e delle loro vole anche se ha poca resistenza; rara- larve, di nocciole e di bacche, arrivan- mente scende sul terreno, ma quando do anche a depredare uova e piccoli di lo fa vi saltella con una certa disinvol- altre specie. Nella Selva del Lamone tura. È un uccello sedentario, ma ogni già da febbraio è possibile ascoltare il tanto si possono osservare massicce tipico tambureggiamento, prodotto migrazioni a sud da parte d’individui percuotendo rapidamente il becco su che vivono nell’Europa del nord, la tronchi o rami morti, emesso dal pic- zona più settentrionale dell’areale di chio per marcare il territorio. distribuzione della specie.

37 Guida ai servizi delle aree naturali e protette del Lazio

giunge maggiori densità negli ambienti misti AVIFAUNA DEGLI AMBIENTI APERTI al confine con boschi. Negli ambienti aperti, coltivi e pascoli, trovia- Il picchio verde (Picus viridis) ha densità più mo un’avifauna tipica con specie rare, insieme elevate del picchio rosso maggiore (Picoides a generalisti quali la cornacchia (Corvus coro- major) ; entrambi i picidi sono diffusi in tutta ne cornix) o i passeri (Passer sp.) , che hanno, la Riserva. Le alte frequenze registrate in spe- invece, popolazioni generalmente abbondanti. cie come picidi e picchio muratore (Sitta euro- Alcune specie frequentano, oltre che le aree paea) sono tipiche di ambienti forestali evolu- aperte, i confini con il bosco e gli ambienti ti, ma nel caso della Selva sono dovute in gran forestali più radi come ad es. il fagiano parte alla presenza di numerosi alberi monu- (Phasianus colchicus) , l’upupa (Upupa epops) , mentali sparsi nel bosco con diametri che non che predilige i margini forestali e le strade di rado sfiorano il metro, che spiccano nel interne, e il succiacapre (Caprimulgus euro- resto del bosco non particolarmente evoluto e paeus) . maturo. Le famiglie dei turdidi e dei silvidi Quest’ultima specie è un uccello notturno annoverano diverse specie tipicamente foresta- inserito nella lista rossa della fauna d’Italia, li tra cui i comuni pettirosso (Erithacus rube- più grande di un merlo, che si nutre di insetti cula) , merlo (Turdus merula) , capinera (Sylvia ed emette uno strano canto metallico; è pre- atricapilla) e luì piccolo (Phylloscopus collybi- sente nella zona Voltone-Dogana e nei pasco- ta) , mentre la tordela (Turdus viscivorus) e il li accanto al fosso dell’Olpeta. fiorrancino (Regulus ignicapillus) sono più Un altro galliforme presente, come il fagiano, localizzati nei boschi freschi di Cervarano - ma di maggior valore naturalistico è la quaglia Roggi. (Coturnix coturnix) dal ritmico e inconfondi- Più ecotonale la sterpazzolina (Sylvia cantil- bile canto, un “liquido” quit-quit-quit. lans) che predilige arbusteti, pinete con folto La tottavilla (Lullula arborea) è invece associa- sottobosco e margini forestali. ta strettamente alle radure e agli ambienti Codibugnolo (Aegithalos caudatus) e cince agrari aperti; al di sopra dei campi compie il sono ampiamente diffusi. Tra le cince, accan- classico volo territoriale emettendo il canto to alle più comuni cinciallegra (Parus major) e per delimitare il proprio territorio. Negli cinciarella (Parus coeruleus), c’è la più localiz- ambienti agrari hanno una buona diffusione zata cincia bigia (Parus palustris), che frequen- anche la cappellaccia (Galerida cristata) e allo- ta più spesso la tipologia dei boschi ripariali o dola (Alauda arvensis) , parenti stretti della tot- freschi di tipo mesofilo - come le zone di tavilla, che testimoniano con la loro presenza, Cervarano e i Roggi. così come la quaglia, una buona qualità Il picchio muratore è diffuso e relativamente ambientale degli ambienti agrari. abbondante in tutti gli ambienti forestali, Lo strillozzo (Miliaria calandra) è una delle mentre il rampichino (Certhia brachydactyla) specie più abbondanti in particolare nei semi- ha una minor diffusione. Entrambe le specie, nativi e pascoli dove è la specie dominante, insieme ai picidi, sono favorite dall’aumento mentre saltimpalo (Saxicola rubetra) , canapi- di età, dal grado di naturalità e di complessità no (Hippolais polyglotta) , averla piccola strutturale dei boschi che si riscontra ad es. nei (Lanius collurio) e sterpazzola (Sylvia commu- boschi mesofili e nelle fustaie irregolari. nis) sono più localizzati con presenza di poche Da ricordare il rigogolo (Oriolus oriolus) che coppie. frequenta anche i margini forestali, oltre a due L’averla piccola, in particolare, è presente solo specie tipiche del querceto e ampiamente dif- in loc. Pian di Lance ed è una specie in forte fuse come fringuello (Fringilla coelebs) e calo in tutto il suo areale in Europa. ghiandaia (Garrulus glandarius) . Specie xerofila tipicamente mediterranea è l’occhiocotto (Sylvia melanocephala) che nella

38 Riserva Naturale Selva del Lamone LA GHIANDAIA

a ghiandaia, che raggiunge La ghiandaia trascorre tutta la vita tra una lunghezza di circa 34 cm. le fronde degli alberi soprattutto L e un peso di circa 190 gram- all’interno di querceti; tuttavia, seppur mi, ha un caratteristico piumaggio raramente, si avventura sui terreni bruno-rosato con coda nera, ali nere aperti se confinano con boschi. Le con una macchia bianca e una azzurra coppie si formano in primavera e e lunghe piume erettili striate di bian- costruiscono il loro nido mai troppo co e di nero sul capo ed è dotata di un in alto sugli alberi e lo rivestono inter- becco piuttosto grosso e leggermente namente di piccole e morbide radici; uncinato all’apice. Quest’ uccello, in esso saranno deposte tra aprile e abbastanza irrequieto, si muove con maggio da 5 a 6 uova bianco–giallo- notevole agilità fra i rami degli alberi, gnole o verde-biancastre, macchiate di avendo tuttavia un forte timore degli bruno. I piccoli nasceranno dopo sedi- uccelli rapaci, i quali non hanno diffi- ci giorni e ce ne vorranno altri venti coltà a catturarlo allorché si trova a affinchè si involino dal nido. La sua volare in luoghi aperti. Dotato di alimentazione essendo onnivora pre- un’eccellente capacità imitativa, spes- vede oltre a ghiande, faggiole, casta- so, oltre al suo normale grido che è un gne, nocciole e bacche, anche uova e acuto e poco gradevole”ree ree”, mia- nidiacei; cattura inoltre occasional- gola come un gatto e riproduce verosi- mente anche animali di piccola taglia, milmente il verso della pioana e di come roditori, insetti e lucertole. molti altri uccelli.

39 Guida ai servizi delle aree naturali e protette del Lazio

piccole dimensioni. L’albanella minore è un rapace migratore che in Italia nidifica nei campi di grano e si nutre di animali del terreno (soprattutto roditori, ma anche rettili e insetti). Per questa sua abi- tudine è molto minacciato in quanto le nidia- te vengono spesso distrutte durante le opera- zioni di raccolta del grano. La specie presenta una spiccata differenza fra i sessi, infatti il piu- maggio del maschio è color grigio-cenere nella parte superiore, mentre quello della femmina L’occhiocotto è color bruno-castano. Altre due entità importanti presenti nella Riserva si può trovare solo negli arbusteti che Selva con una coppia sono il falco pecchiaiolo spesso corrispondono a pascoli o coltivi (Pernis apivorus) , specie tipicamente forestale abbandonati da pochi anni. Lo zigolo nero con alimentazione specializzata in vespe, cala- (Emberiza cirlus) frequenta soprattutto gli broni o altri imenotteri, e il lodolaio (Falco ambienti agricoli, oltre ad arbusteti e margini subbuteo) , falchetto che può assomigliare in di boschi, mentre negli ambienti più antropiz- volo ad un grande rondone, una delle sue zati (casali, alcuni margini della Riserva) tro- prede abituali. viamo specie generaliste di scarso valore natu- Il rapace più strettamente forestale è lo spar- ralistico: corvidi (gazza e cornacchia grigia), viere (Accipiter nisus) , presente con almeno storno (Sturnus vulgaris) e passeri. una coppia, specializzato nella cattura di uccelli forestali, che raggiunge dopo rapidi RAPACI inseguimenti tra gli alberi. Tra i rapaci notturni l’allocco (Strix aluco) è il Più comuni e facilmente visibili sono la poia- più diffuso negli ambienti forestali, ma fre- na (Buteo buteo) , che nidifica nei boschi ma quenta anche margini forestali e zone limitro- caccia negli ambienti aperti, e il gheppio fe. La civetta (Athene noctua) è tipica, invece, (Falco tinnunculus) che nidifica nei vecchi degli ambienti agricoli. casali o sui tralicci della luce ed è spesso osser- La specie di maggior interesse è certamente vabile mentre caccia, sostando fermo in volo l’assiolo (Otus scops) , rapace notturno migra- nella posizione detta dello “spirito santo”, in tore che si ciba di insetti; nelle caldi notti d’e- cerca di roditori o piccoli rettili. state riecheggia nelle campagne il suo caratte- ristico canto, un monotono “chiù”. RETTILI Nella Riserva e nell’area contigua nidificano Uno degli animali più interessanti e minaccia- sette specie di rapaci diurni che si possono ti è la testuggine comune (Testudo hermanni), osservare principalmente nelle zone aperte specie tipica di ambienti mediterranei che in mentre sono a caccia. Toscana raggiunge i limiti settentrionali di Il biancone (Circaetus gallicus) è la specie di distribuzione in Italia. Il fenomeno diffuso del maggior pregio naturalistico insieme all’alba- rilascio di animali provenienti da allevamenti nella minore (Circus pygargus) . Il biancone, o da privati è una grave minaccia per la con- detto anche aquila dei serpenti, è presente servazione della testuggine in quanto spesso nella Selva del Lamone dalla metà di marzo a gli animali rilasciati appartengono a sottospe- fine settembre. Caccia negli ambienti aperti cie o specie diverse e causano fenomeni di interni e circostanti la Riserva come la zona inquinamento genetico alla popolazione selva- del Voltone, ma anche nelle radure interne di tica; altre minacce possono derivare dagli

40 Riserva Naturale Selva del Lamone LA POIANA

uesto rapace ha un corpo tare il più possibile le correnti ascen- piuttosto massiccio lungo sionali per poi lanciarsi in picchiata Q 50-55 cm. con una coda sulle prede costituite soprattutto da ampia e arrotondata e le ali larghe ma arvicole, topi e piccoli mammiferi. corte. La femmina è più grande del L’accoppiamento e la costruzione del maschio e può avere un’apertura alare nido, localizzato prevalentemente anche di un metro e mezzo. sugli alberi, avvengono a partire dal Il piumaggio negli adulti è marrone mese di marzo dopo aver effettuato con macchie bianche sul petto e stret- parate nuziali tra gennaio e aprile. La te barre scure sulla coda; le zampe femmina depone 2-4 uova che vengo- hanno unghie ricurve e appuntite. no covate 33-35 giorni; i piccoli Tipico di questo falconiforme è il volo rimangono nel nido per 6-7 settimane lento con ampi e lunghi volteggi pla- alimentati da entrambi i genitori. nari che permette all’animale di sfrut-

Recupero di una poiana

41 Guida ai servizi delle aree naturali e protette del Lazio

L’albanella

incendi degli ambienti aperti o di macchia che genere di vertebrato terrestre endemico la specie frequenta. dell’Italia ed è l’unica specie vivente del suo Per questo motivo la testuggine comune è genere. Il tritone crestato (Triturus carnifex) e protetta in base alla Convenzione il tritone punteggiato (Triturus vulgaris meri- Internazionale di Washington, anche nota dionalis) sono invece due anfibi urodeli, somi- come CITES, che garantisce la regolamenta- glianti in parte alla salamandrina, presenti in zione dello sfruttamento commerciale di Riserva. Gli ambienti in cui si rinvengono diverse specie animali e vegetali minacciate di sono i lacioni ed anche le piccole pozze lungo estinzione. La natrice dal collare (Natrix il corso di alcuni fossi. natrix) è un rettile, legato in parte alle zone Tra gli anuri la specie più diffusa è sicuramen- umide, abbondante nella Selva del Lamone. te la rana verde (Rana esculenta complex) che Negli ambienti forestali e soprattutto lungo frequenta tutte le zone umide della Riserva, da margini e radure troviamo le altre specie di non confondersi con la più esigente e localiz- rettili. Le lucertole (Podarcis muralis e Podarcis zata raganella (Hyla italica) , un anfibio con sicula) sono molto diffuse così come il ramar- spiccata capacità di arrampicarsi localizzabile ro (Lacerta bilineata) , più legato agli ecotoni tramite l’inconfondibile canto notturno. forestali. Le rane rosse (Rana dalmatina e Rana italica) , Per l’orbettino (Anguis fragilis) ci sono poche più esigenti della rana verde, sono invece loca- osservazioni nella Riserva, anche se ci sono lizzate lungo i torrenti e, secondariamente, in ambienti idonei per la sua diffusione. alcuni stagni. Tra i serpenti più comuni c’è sicuramente il La presenza dell’ululone dal ventre giallo biacco (Coluber viridiflavus) , insieme alla (Bombina pachypus) non è accertata all’interno vipera (Vipera aspis) che si può trovare in alcu- della Riserva, ma ci sono osservazioni dirette ni periodi anche nei pressi di zone umide. risalenti agli anni Ottanta esternamente all’a- Meno diffusi il grande cervone (Elaphe qua- rea protetta nel SIC “Selva del Lamone”. La terlineata) e il colubro di Esculapio (Elaphe specie è in forte e inspiegabile calo in tutto il longissima) entrambe specie arboricole. suo areale. Infine tra i bufonidi abbiamo il rospo comune (Bufo bufo) ed il più raro rospo ANFIBI smeraldino (Bufo viridis) osservato poche All’interno della Riserva non è stata accertata volte nella Riserva. la presenza della salamandrina dagli occhiali (Salamandrina terdigitata) , rilevata invece PESCI all’interno della Zona di Protezione Speciale Riguardo questo gruppo animale le informa- (AA.VV., 2004). Questo anfibio è l’unico zioni derivano dal piano di gestione dei SIC e

42 Riserva Naturale Selva del Lamone LA TESTUGGINE COMUNE

n Italia la si può osservare da circa 10 grammi per un diametro di marzo ad ottobre e in modo più circa 40 mm. Il loro numero varia da I assiduo durante i mesi di aprile e 1 a 6 per covata e generalmente si maggio. Nel Lazio le osservazioni più hanno 2 covate l’anno, a partire da rilevanti e numerose si effettuano da giugno; i piccoli, che nasceranno dopo aprile ad ottobre con una maggiore due mesi o più a seconda della tempe- frequenza a maggio, giugno e settem- ratura, misurano sui 4 cm. circa e bre. L’alimentazione comprende sia assomigliano fin dall’inizio agli adulti. vegetali come foglie verdi, germogli La determinazione del sesso è termica teneri, frutti ed erbe varie sia inverte- (50% di maschi e femmine tra i 30 e i brati soprattutto nell’età giovanile. 31°C, tra i 26 e i 29°C tutti maschi, La maturità sessuale viene raggiunta a tra i 32 e i 34°C tutte femmine). circa 9 anni per i maschi e 11 per le Viene predata principalmente dal cin- femmine. La femmina depone nel ter- ghiale, dalla volpe, dal cane inselvati- reno, sotterrandole, le uova nel perio- chito e talvolta dall’istrice mentre il do che va da aprile a giugno; queste tasso e la faina si cibano delle sue sono bianche, rotonde, con un rivesti- uova. mento duro, e raggiungono un peso di

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fra le specie caratteristiche di una biocenosi e le specie caratteristiche dell’altra. L’importanza dell’ecotono è dovuta al fatto che in esso, generalmente, si ha una maggiore biodiversità che nelle biocenosi che separa. Eliofilo: organismo che ama il sole, che ha esi- genze di luce. Epifita: pianta autotrofa vivente su un’altra pianta che le serve esclusivamente da sostegno. Fustaia : forma di governo selvicolturale nella quale la rinnovazione del soprassuolo avviene Il tritone attraverso piante nate da seme, provenienti da disseminazione naturale, piantagione o semina. del ZPS (AA.VV., 2004). In seguito a cam- Geomorfologia: è la scienza che studia le forme pionamenti sono state rinvenute due specie del territorio e gli eventi che lo hanno genera- nel fosso dell’Olpeta, entrambe di interesse to e modificato. comunitario (inserite nelle liste della Direttiva Igrofilo: organismo che ama vivere in ambien- “Habitat”): il vairone (Leuciscus souffia muti- te ad elevata umidità atmosferica. cellus) e la rovella (Rutilus rubilio) . Lepidotteri: ordine di insetti meglio conosciu- Il vairone, endemismo italiano più esigente ti come farfalle, caratterizzati, allo stadio adul- della rovella, può essere considerato un buon to, da ampie ali membranose ricoperte di indicatore ambientale per corsi d’acqua non squame e da un apparato boccale succhiatore. inquinati e che conservano idonee caratteristi- Mesofilo: organismo che necessita di condizio- che ambientali. ni di umidità atmosferica intermedie. Nitrofilo: organismo che ama terreni ricchi di INVERTEBRATI azoto. In questo gruppo sono da citare il granchio Ombrotipo: è dato dall’indice ombrotermico d’acqua dolce (Potamon fluviatile) e il più esi- (rapporto tra la somma delle precipitazioni dei gente e raro gambero d’acqua dolce mesi con temperatura media superiore a 0°C e (Austropotamobius italicus) , entrambi presenti la somma delle temperature degli stessi mesi) lungo il fosso dell’Olpeta. Tra le numerose che mette in relazione i valori pluviometrici specie di insetti presenti si segnalano il cervo con quelli termici. Il risultato ottenuto si volante (Lucanus cervus) , il cerambix cerdo e la compara con dei valori standard che determi- farfalla del corbezzolo (Charaxes jaseus) . nano il tipo situazione climatica Pedologia: scienza che studia il suolo come GLOSSARIO parte superficiale della crosta terrestre. Capitozzare: pratica selvicolturale con la quale Piante vascolari: sono piante dotate di vasi per si recidono i fusti ad una certa altezza da terra. il trasporto delle sostanze nutritive. Si distin- Ceduo: tipo di governo selvicolturale nella guono in piante vascolari prive di seme quale la rinnovazione del soprassuolo avviene (Pteridofite, le felci), piante vascolari a seme per via agamica, cioè con polloni emessi, a nudo (Gimnosperme, le conifere) e piante seguito di un taglio, dalla ceppaia o dalle radi- vascolari a seme protetto (Angiosperme, le ci. Può essere semplice, matricinato, compo- latifoglie). sto o invecchiato. Il ceduo invecchiato viene Prato polifita: prato costituito da più specie di assimilato al governo a fustaia. piante. Ecotono: zona di transizione fra due diverse Regione Mesaxerica: regione bioclimatica ambienti, dove avviene un graduale passaggio secondo la classificazione di Bagnouls e

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Gaussen (1957), caratterizzata da temperature vegetazione, che l’ampiezza termica annua. Il e precipitazioni che rientrano in un range di risultato ottenuto si compara con dei valori oscillazione standard. standard che determinano il tipo situazione Riparia: vegetazione situata in prossimità delle climatica. sponde dei corsi d’acqua e dei laghi. Toponimo: nome proprio di luogo. Specie di mantello: sono quelle piante arbustive Ubiquitario: dicesi di specie diffusa un po’ che allignano ai bordi dei boschi e che creano ovunque che si adatta a diverse condizioni di una sorta di fascia di protezione alle specie crescita. arboree. Hanno grande importanza per gli Ungulato: Mammifero erbivoro munito di uccelli che si nutrono dei loro vistosi frutti. zoccoli. Si distinguono in Proboscidati (ele- Termofilo: organismo che predilige le alte tem- fante), Perissodattili (cavallo) e Artiodattili perature. (buoi). Termotipo: è dato dall’indice bioclimatico di Vegetazione azonale: è quella vegetazione che si termicità (somma di: temperatura media ritrova ovunque le condizioni siano idonee alla annua, media delle temperature massime del crescita (sempre nei confini del suo areale di mese più freddo e media delle temperature distribuzione), senza troppi limiti altitudinali. minime del mese più freddo, moltiplicata per Xerofilo: organismo che predilige i luoghi 10) che permette di ponderare sia l’intensità aridi. del freddo invernale, fattore limitante per la

Il ramarro

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Archeologia e storia A cura di Daniele Ciavatta

e più antiche testimonianze della pre- ceramica; l’esercizio dei commercio permette senza umana nella Selva del Lamone le circolazione di materie prime e di manufat- L sono testimoniate da rinvenimenti ti anche su lunghe distanze. diffusi di strumenti litici risalente al Nella Selva del Lamone, in località di Paleolitico medio; si tratta di manufatti in Roppozzo, sono state ritrovate schegge di ossi- selce scheggiata e schegge di lavorazione che diana, la cui presenza in siti archeologici costi- sono stati ritrovati nelle località limitrofe di tuisce un riferimento sicuro per il periodo Roppozzo e Cavicchione. Sono ascrivibili cro- Neolitico. Si tratta tuttavia di rinvenimenti nologicamente ad un lasso di tempo compre- sporadici sulla base dei quali non è possibile so tra 50.000 e 35.000 anni fa e rientrano dimostrare l’esistenza di un insediamento; tipologicamente nella facies culturale del d’altronde pochi sono in tutta la Tuscia i siti Musteriano, attribuita all’Uomo di Neolitici di un certo rilievo, come quello di Neanderthal, un nostro antico cugino caccia- Luni sul Mignone e quello di Monte Venere tore-raccoglitore estintosi circa 30.000 anni sui monti Cimini. da oggi. Negli stessi siti è documentata una L’ossidiana è un vetro di silice del tutto simile continuità dell’attività dell’uomo anche nel al vetro di produzione umana ma che si origi- Paleolitico superiore dove il rinvenimento di na naturalmente dai silicati presenti allo stato uno strumentario litico di fattura più raffina- liquido nella lava incandescente quando que- ta di quelli precedenti, assieme ad abbondanti sta, venendo a contatto con l’aria, subisce un frammenti e scarti di lavorazione, hanno fatto raffreddamento rapido. Roccia vulcanica ipotizzare agli archeologi la presenza di un’of- abbastanza rara, nel Mediterraneo occidentale ficina per la produzione di strumenti di pietra si trova soltanto in quattro luoghi: a Lipari, a in questo luogo. Con il procedere del periodo Palmarola, a Pantelleria e in Sardegna, nel gia- post-glaciale, intorno a diecimila anni da oggi cimento del vulcano spento del monte Arci. le temperature, lentamente, si innalzano In questo periodo il cui l’uomo non conosce creando le condizioni fisiche per il passaggio ancora l’uso dei metalli, l’ossidiana costituisce cruciale verso un nuovo stadio culturale delle un bene raro e ricercato, poiché permette, la popolazioni umane. realizzazione di utensili da taglio (coltelli, Nel Neolitico antico, intorno al VI millennio, raschiatoi, punte per frecce) di prestazioni ha luogo nella Penisola la grande rivoluzione superiori a quelle ottenute da analoghi utensi- che porta l’uomo a impadronirsi delle tecni- li in pietra. L’ossidiana è uno dei materiali che di coltivazione delle piante e dell’alleva- oggetto di intenso commercio via mare nel mento di diverse specie animali. Gli effetti periodo Neolitico, come dimostra il suo ritro- della rivoluzione neolitica sono costituiti dalla vamento in località anche molto lontane dai notevole espansione demografica e l’inizio giacimenti. dell’irreversibile passaggio verso le forme di Nell’Età del Rame, datata tramite il vita sociale strutturata, mediante la costituzio- Carbonio14 tra la fine del IV e l’inizio del II ne dei primi aggregati di villaggi, costituiti millennio prima di Cristo, per il Lamone, i probabilmente da capanne. riferimenti sono costituiti dalle tre necropoli Il passaggio dallo stato nomade alla stabilità della cultura di Rinaldone, le cui cospicue abitativa favorisce la nascita di attività specia- tracce sono state scoperte nelle località del lizzate come la tessitura e la lavorazione della Palombaro, del Gottimo e del Naviglione

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(quest’ultima all’esterno della Riserva villaggi all’interno del bosco o nelle sue Naturale ma poco lontana da essa). Le tombe, immediate vicinanze; tra gli altri citiamo i siti scavate nella roccia tufacea, assumono la carat- di La Botte, Le Castellare, Mandria Buona, teristica forma a forno in cui il defunto è Valderico. deposto in posizione rannicchiata assieme al Un’importanza particolare assume l’abitato del corredo funebre costituito da armi in rame Bronzo Finale di Sorgenti della Nova, localiz- come le asce e il particolare pugnale a lama zato a nord della Selva del Lamone, all’estremo triangolare con costolatura mediana, nonché confine regionale con la Toscana e attualmen- vasi ceramici dalla tipica forma a fiasca. te in via di inclusione nel territorio dell’Area Quella di Rinaldone (dal nome della località Protetta. L’abitato sorge su un promontorio di vicino Viterbo ove furono fatti i primi ritrova- tufi e pomici e dal 1974 è oggetto di regolari menti), è una cultura preistorica autoctona campagne di scavo, iniziate da Ferrante dell’Etruria, le cui sepolture sono state ritrova- Rittatore Vonwiller e condotte fino ad oggi te in gran numero nella Maremma tosco-lazia- dall’Università di Milano sotto la direzione di le (valle del Fiora, Norchia, Luni sul Nuccia Negroni Catacchio. Mignone). In particolare va citato il sito di Nonostante le parziali distruzioni causate sul Ponte S. Pietro, in Comune di Ischia di versante nord dai lavori di una cava rimasta Castro, non lontano dal Lamone, con una attiva fino al 1976, le ricerche hanno portato concentrazione di dodici necropoli rinaldo- alla luce la rete delle strutture abitative, grotte niane. e capanne, nonché delle strutture accessorie, Per l’Età del Bronzo, oltre alle segnalazioni come i forni, i bacini di approvvigionamento sparse di tracce di insediamenti relativi alla idrico e canali di drenaggio che hanno per- fase del Bronzo Antico (dal XVIII al XVI sec. messo una ricostruzione piuttosto completa di a.C.) va segnalata la tomba di Prato di un abitato che alle soglie del Villanoviano, si Frabulino. Inquadrata cronologicamente nel configura oramai come “protourbano”. Bronzo Medio, (dal XVI al XIII sec. a.C.), Oltre a questi dati da Sorgenti della Nova pro- questa sepoltura, a suo tempo già violata dai viene una ingente quantità di reperti archeolo- “tombaroli” è costituita da un ampio corri- gici, fondamentali, tra l’altro, per lo studio doio che conduce ad una camera quadrango- della cultura materiale e del repertorio tipolo- lare chiusa da una lastra di tufo. Durante lo gico e decorativo del Bronzo Finale. scavo condotto nel 1992 dall’Università di Alcuni dei materiali più interessanti prove- Milano, dalla Soprintendenza archeologica nienti dallo scavo sono attualmente esposti per l’Etruria meridionale e dal Museo civico di presso il Museo civico di Farnese. Farnese, vi sono stati ritrovati i resti di quattro Il periodo Villanoviano, (dal 900 al 700 a.C.), individui, di cui due di sesso femminile ed in cui viene scoperta la lavorazione del ferro, è, uno di un bambino nonché i resti del corredo almeno allo stato attuale delle ricerche, assen- funebre costituito da quattro vasi ceramici, te dalla Selva del Lamone. Il motivo di questo una collana in faïence e tre fermacapelli in vuoto va forse ricercato nella tendenza, in que- argento. La tomba non è attualmente visitabi- sta fase, all’abbandono dei centri minori in le, poiché è stata nuovamente interrata dopo favore di veri agglomerati urbani, precursori lo scavo. delle città etrusche. Nuove testimonianze della Per il Bronzo Recente (dal XIII al XII sec a.C.) presenza umana nel Lamone tornano ad essere abbiamo indizi di insediamenti per il sito di evidenti nel periodo etrusco verso il VI secolo. La Botte e Crostoletto di Lamone, fuori La presenza etrusca qui non assume le caratte- Riserva Naturale. La fase finale del Bronzo, ristiche dei grandi centri urbani, ma piuttosto alle soglie del X secolo a.C. è abbondante- è in funzione di controllo del territorio. mente rappresentata con numerose tracce di Piccoli insediamenti sorgono lungo le direttri-

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ci di comunicazione stradale e in prossimità Mandriola, Semonte, Roppozzo, il dei centri di approvvigionamento di materie Palombaro. Nel periodo medievale assume un prime. In questo senso vanno visti insedia- certo rilievo il complesso di Santa Maria di menti come Rofalco nella Selva del Lamone, Sala dove, oltre alla chiesa omonima, oggi Castro, Poggio Buco vicino al Fiora. diruta ma ancora officiata negli anni sessanta, Si ipotizza che, a sua volta, il centro etrusco sono stati rilevati un abitato rupestre, un che oggi chiamiamo Rofalco, svolgesse il ruolo castello, una necropoli e un ponte. di controllo della zona e ad esso facessero rife- Il toponimo Sala indica l’origine longobarda rimento i villaggi de I Crini e Le Castellare, dell'insediamento e l’epoca della sua fondazio- allineati sulla valle dell’Olpeta, al limite sud- ne. Le prime notizie storiche risalgono al est del bosco del Lamone. In relazione con 1210, nell’atto di infeudazione dell’imperato- questa situazione insediativa viene messa la re Ottone IV alla famiglia degli Ildebrandini. monumentale tomba del Gottimo, localizzata A nord, nella valle del fosso Crognoleto, tro- poco lontano sullo stesso versante al confine viamo un altro complesso medievale, quello di del bosco. Si tratta di una sepoltura gentilizia Valderico. Anche qui il toponimo, trasparen- scavata nel tufo e costituita da due celle specu- te, tradisce l’origine barbarica dell’insedia- lari con vestibolo. Il soffitto, ottimamente mento. “Signore del bosco” è il significato del- conservato, riproduce, scolpita nel tufo, la l’unione dei due termini Wald e Rick . struttura a travatura in legno usata nelle case L’indagine archeologica ha evidenziato le di abitazione etrusche. strutture di un villaggio, posto in posizione La città che controlla questi centri minori è naturalmente fortificata, di una chiesa e di Vulci. Localizzata su un pianoro sul fiume una necropoli. Una sorgente provvedeva alle Fiora, a poca distanza dal Tirreno, la città di necessità di acqua della comunità. La stessa Vulci fu una delle più importanti metropoli sorgente alimentava fino a qualche anno fa dell’Etruria, raggiungendo il periodo di massi- quello che tutti i frequentatori del posto cono- ma prospertità nel VI secolo a.C. scono come “il fontanile di Valderico”, una Nella seconda metà del V secolo a.C. la città delle poche, preziose sorgenti d’acqua all’in- subisce un periodo di declino, seguito da una terno del bosco. ripresa a partire dalla seconda metà del IV Nel sito di Sorgenti della Nova si trova, par- secolo a.C. e durante il periodo ellenistico, zialmente sovrapposto alle strutture protosto- sino alla definitiva sconfitta della città, nel riche, un centro medievale costituito da abita- 280 a.C., da parte di Roma. Vulci entra così, zioni rupestri alternate a case in muratura, nella sfera d’influenza romana perdendo parte una chiesa a pianta rettangolare e unica nava- del suo territorio e il controllo sulla costa, spe- ta absidata e un castrum turrito. cialmente dopo la deduzione della colonia romana di Cosa-Ansedonia nel 273 a.C. Il Scavo del sito di Prato Pianacquale sigillo del definitivo dominio romano sulla costa tirrenica venne apposto con la realizza- zione della Via Aurelia. Dal II secolo a.C. la Selva del Lamone e le zone vicine sono interessate da un incremen- to delle attività agricole che porta alla nascita di numerose fattorie. Resti di queste strutture suno stati ritrovati in quantità notevole, ma manca ancora uno studio che possa condurre ad una interpretazione organica del fenomeno. I siti sono quelli di Campo della Villa, la

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Il Brigantaggio A cura di Fabrizio Marchionni

ell’800 nelle regioni centro-meri- “Corata” soprannome dionali d’Italia il brigantaggio fu tipico della famiglia N una pesante e problematica realtà Biagini, divenuto poi “Il con radici e connotazioni diverse a seconda Curato” per via delle sue delle condizioni sociali e politiche in cui nac- manie religiose) i quali que e allignò. Nella memoria e nella tradizio- spesso albergavano ne orale della Tuscia alcune figure di briganti all’interno della Selva del sono entrate a far parte nell’immaginario col- Lamone, soprattutto lettivo e ancora appassiona un giudizio su di durante il periodo loro. Brutali assassini, autori di estorsioni e autunnale e invernale, violenze o una sorta di eroi dei poveri e di- per via della presenza dei seredati contro i ricchi e i potenti? Sta per carbonai e dei taglia- Il brigante Tiburzi certo che il brigantaggio nel Lazio prosperava legna, ed erano di gran in una società misera e negletta, vessata da lunga i più temuti. Alcuni di questi briganti tasse e balzelli, oppressa da un governo ottuso vennero sepolti nel vecchio cimitero di e da una giustizia inumana e distorta, domi- Farnese. nata da pochi nobili e latifondisti. Miseria, I latifondisti venivano ricattati e costretti a analfabetismo e superstizione erano mali consegnare forti somme di denaro (tassa sul comuni insieme alla malaria. Il brigantaggio brigantaggio). Altre volte erano presi di mira i poteva prosperare in una società dove i più ricchi nobili o rapite belle giovani di cui si per- elementari diritti erano negati. Quasi sempre deva notizia. L’audacia dei briganti aumentava il primo passo verso la latitanza e la fuga negli tanto più, quanto si sentivano sicuri e impu- impenetrabili boschi era una dura condanna niti. Capitò ad esempio al Conte Leali di per un furto di bestiame, un delitto d’onore o vedersi arrivare in villa Biscarini e Pastorini per reazione alle continue angherie subite da che, tra lo spavento dei commensali, vollero parte dei fattori e dei guardiani dei grandi lati- partecipare al banchetto e se ne andarono fondi. tranquilli e indisturbati. Né le carrozze che La popolazione per paura, per legami di transitavano sulle vecchie strade avevano parentela o per convenienza, copriva con il miglior sorte ed erano di frequente assalite e silenzio le imprese dei fuggiaschi, ricercati da depredate. Estirpare la piaga del brigantaggio una gendarmeria che con grande difficoltà e per l’omertà e per l’andamento del territorio, riusciva a catturarli. Ricorrono nei racconti non fu né facile, né di breve durata. Non vi della Tuscia i nomi di Ansuini e Menichetti, di erano riuscite le truppe pontificie e quelle Erpita, Pietro Rossi e Brando Camilli che francesi durante l’occupazione, né miglior ebbero Latera come teatro delle loro gesta, di sorte ebbero le leggi speciali del Regno Fumetta, Bustrenga e Marintacca che semina- d’Italia. Certo fu una lotta crudele e cruenta, rono terrore e sangue nel territorio di Castro. ancora oggi oggetto di studi e di analisi. Nella zona della Teverina si imposero Biscarini Meritano un discorso a parte alcune figure che e Pastorini che in seguito, attestatisi nella zona sono entrate nella leggenda e la cui personali- di Castro e del Lamone, accolsero poi nella tà, piena di contrasti, va analizzata sotto una loro banda Tiburzi e Biagini (quest’ultimo luce particolare. Sono questi Domenico nativo di Farnese e noto con l’appellativo di Biagini, detto Il Curato e Domenico Tiburzi

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detto Domenichino (o “Livellatore” o “Re del due chiese che cosa avrebbero avuto in cambio Lamone”), le cui attività e connivenze furono rivelando il rifugio dei banditi. Ci fu una sviscerate nel processo di Viterbo del 1893 che breve trattativa, al termine della quale il cac- coinvolse in modo pesante tutti coloro che, in ciatore indicò un filo di fumo che usciva nella qualche modo, potevano avere avuto contatto valle proprio dalla grotta dove i compari si con i famigerati briganti. Ben 271 abitanti erano rifugiati. I carabinieri accerchiarono la della zona della Maremma Tosco-Laziale, ven- costa, ne seguì uno scontro a fuoco. Tre dei nero imputati di favoreggiamento, tra questi briganti riuscirono a fuggire. Tiburzi, colto di anche l’allora Sindaco di Farnese, Pietro sorpresa mentre asciugava i suoi panni al Castiglioni, ed il Segretario Comunale fuoco, scappò in mutande. Solo Biscarini, il Eucherio De Angelis. capo, rimase nella grotta deciso a tutto. La Tiburzi, di famiglia poverissima, fin da ragaz- scaramuccia sarebbe continuata a lungo e zo aveva subito lievi condanne per risse e furti forse gli assalitori avrebbero avuto la peggio se di erba da pascolo, allora preziosa. A pascola- il carabiniere Brunetti portandosi sopra la re abusivamente il proprio bestiame, lo sor- caverna non avesse fatto fuoco sul Biscarini, prese il fattore del Marchese Guglielmi, per il che rimase ucciso. “Il fianco avea guarnito da quale tra l’altro “Domenichino”, lavorava una ricca fascia di seta dalla quale spiccavano come mandriano. Invano Tiburzi supplicò il un revolver e un pugnale forbito e lucente: indos- sovrastante di tacere, inginocchiandosi pian- sava una camicia a quadri, pantaloni e gilet di gente davanti a lui, poi nel timore di perdere panno nero e grossi stivali” così un anonimo il lavoro, a causa della denuncia, lo freddò con scrittore di Valentano descrive il cadavere del una fucilata. Solo un anno dopo, scoperto il brigante. Tiburzi diventò il capo riconosciuto delitto, Tiburzi fu catturato e condannato, dai suoi e dalla popolazione. L’episodio che lo grazie ad alcune attenuanti, a 18 anni di car- vide fuggire in mutande, spesso ricordato al cere duro da scontarsi nelle Saline di brigante dal Pastorini per metterlo in ridicolo, . Era il 1867. indurrà forse Domenichino a sfidare il com- Sottoposto a indicibili sofferenze, lontano pagno e, dopo aver buscato una lieve ferita, ad dalla famiglia, in cuor suo maturò forse il pro- ucciderlo con un colpo di pistola. posito di non provare mai più il carcere e pre- In breve tempo Biagini e Tiburzi si fecero una dispose la fuga. Aveva conosciuto proprio in consolidata fama di abili estorsori, ricattatori e carcere il Biagini ed insieme tentarono di eva- sequestratori. Le loro azioni apparivano detta- dere riuscendoci prima il Tiburzi e dopo un te da pura ferocia, con il disegno di accapar- anno Biagini. Si ritrovarono nella macchia rarsi rispetto e timore della gente. Una sorte dove ebbero come maestro di ribalderie David particolare, una specie di pubblica esecuzione, Biscarini, astuto nel dare scacco ai gendarmi. era riservata a chi tradiva come accadde ad La presenza dei tre briganti, cui si era unito Antonio Vestri. Questi, nella settimana santa Pastorini, rintanati in una grotta presso il tor- dell’89 rientrava a Farnese con altri cinque rente Paternale, fu rivelata ai carabinieri il 10 legnaioli e due giumenti carichi di legname. dicembre del 1877 per un caso fortuito che Due individui sbucati dalla macchia ordinaro- merita ricordare. Due pattuglie dei carabinie- no l’alt e lo uccisero con una scarica di fucile, ri, provenienti rispettivamente da Farnese e poi lo sgozzarono e gli tagliarono la lingua di Canino, perlustravano le campagne quando fronte agli atterriti testimoni, né risparmiaro- incontrarono due bracconieri che vennero no i due somari “ceduti dai briganti al Vestri in invitati a seguirli in caserma. Quando il briga- pegno del suo manutengolismo per dieci anni” . diere fece per mettere le manette, alle loro Per chi fosse sorpreso a parlare un pò troppo proteste rispose essere questa una normale con le forze dell’ordine, giù botte da orbi e misura in un paese di briganti. Al che uno dei botte anche all’amante di Tiburzi sospettata di

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civettare con altri. Ormai Tiburzi era il re del Viterbo il già ricordato processo, ma i due Lamone, con dimora alla Roccaccia d’estate e banditi continuavano a imperversare come in quel che restava dell’antica Castro d’inver- prima. Tre anni dopo, nella notte del 24 otto- no. Di qui partivano concisi bigliettini mina- bre ‘96, Domenichino, che da un lustro spa- tori per i fattori che non si facevano scrupolo droneggiava tra la Toscana e la Tuscia, fu ucci- di infierire sulla povera gente. so sulla soglia del casale Le Forane nei pressi di Nell’agosto del 1889 Biagini era insieme al Capalbio (Gr), mentre Fioravanti, il giovane nipote Luciano Fioravanti nella macchia di gregario nipote dell’anziano Biagini, verrà Gricciano, i due briganti riposavano tranquil- ucciso nel 1900 dall’amico Gaspare Mancini. li perché il fattore del Marchese Guglielmi, Qualcuno sul cadavere di Tiburzi, si dice, Raffaello Gabrielli, avrebbe dovuto avvertirli versò una lacrima. Finiva un’epoca piena di della presenza dei carabinieri che invece li col- contrasti e di violenze. sero di sorpresa. Rimane comunque un interrogativo: quanti Fioravanti riuscì a fuggire, Biagini ormai vec- di questi biechi figuri, senza l’iniquità degli chio e malato fu stroncato da un colpo apo- ordinamenti dell’epoca avrebbero egualmente plettico. Tiburzi non perdonò il Gabrielli, che imboccato la strada della perdizione? È un dopo pochi mesi fu ucciso davanti a circa 120 interrogativo sul quale riflettere. mietitori. Intanto nel 1893 si celebrava a

Smarriti nella selva oscura A cura di Giovanni Antonio Baragliu

na leggenda metropolitana che circo- sti penetrali di qualche anfratto, dietro la pro- la, tra le tante, sulle bocche di molti messa, leggi permettendo, di una raccolta U e negli articoli di qualche rivista è pantagruelica, da esaltarsene per anni con quella del gruppo di turisti smarritisi nella amici e non; capita al capraio, vecchio fauno Selva del Lamone, assieme alla guida. della selva, che racconta di conoscere cose che È questa l’ultima versione di un mito ricor- altri nemmeno immaginano; capita... rente che affonda comunque le sue origini E così, anno dopo anno, si allunga la lista nella realtà. Il Lamone è una selva nel vero degli smarriti, causando talvolta allarmi anche senso della parola. Aspro e selvaggio, domina- giustificati, chiacchiere, racconti e alimentan- to da rocce cupe che formano strani labirinti do un mito, duro a morire. Succede quindi circondati da arbusteti impenetrabili, in cui è che non sempre perdersi è un fatto casuale; facile perdere la nozione del tempo e dello ma, in qualche caso, pianificato. Per racconta- spazio, questo bosco sembra improvvisamente re di averlo fatto, come se fosse un rito di ini- divorare, fino a farli scomparire, sentieri, ziazione, la sera al bar o attraverso i mass segnali e certezze. media. Molti, anche le persone più esperte, d’improv- La Selva del Lamone è ancora un luogo del- viso possono trovarsi angustiati dall’inenarra- l'immaginario, in cui si può bene andare cer- bile sensazione di essersi smarriti nella selva cando strane presenze o tracce di un mondo oscura. Capita a turisti sprovveduti; a racco- utopico e leggendario. Si favoleggia di sibille, glitori ammaliati da una sequenza di funghi, di UFO, di briganti, di galline con pulcini che invita irridente ad addentrarsi negli angu- d'oro nascoste nelle possenti muraglie dell'a-

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bitato etrusco di Rofalco. Si favoleggia ed sito è coperto di pezzi di pietre lisce di varie gros- intanto si continua a cercare, nella speranza sezze fra le quali sono cresciuti arboreti di elci e mai sopita di un incontro unico ed esaltante. sorbi; niuno ci pratica perché alcuni che vi sono Si favoleggia ed intanto si continua a smarrir- entrati cercando bestiami spersi, non sono più si. Lo confesso, l’ho fatto anch’io! Come tanti, tornati, credo che questa selva fosse anticamente anche più importanti e famosi di me. consacrata al Dio Ammone, non già che un re Il primo a farlo, sembra, sia stato un re favo- Ammone vi si perdesse dentro e ci morisse” . Si loso. Il re Ammone che, addentratosi nel legge in una anonima cronaca senza data. bosco per cercarvi bestiami dispersi, si perse Nella sua “Informazione e cronica della Città anche lui e finora, per quanto ne sappiamo, di Castro” Benedetto Zucchi così scriveva il non ne è ancora uscito. Quando un re si 10 Novembre 1630: muove, lo sanno tutti, lo cantano i poeti; se “...una macchia chiamata il Lamone quasi tutta poi si perde o scompare misteriosamente, la di elci e cerque, tutta sassosa con pietre spezzate fama raggiunge gli estremi confini del mondo. una sopra l’altra, che si puol dire per esempio sia La vicenda si riveste degli aloni del mito e come un mucchio di sassi, la quale macchia è della poesia. E mito e poesia hanno accompa- impenetrabile, e se uno vi entra, ancorché sia del gnato a lungo l’uomo del Lamone. Per questo, Paese, con difficoltà vi può trovare la strada d'a- per secoli, forse millenni, si è parlato della ver da uscire; luogo più da capre che da altri Selva di Ammone, divenuta poi Amone e animali, per il che una delle due si va congettu- quindi la selva del Lamone. rando, non essendovi altra memoria in contra- Tempi favolosi quelli, in cui si poteva benissi- rio, o che sia stato quel luogo un monte fracassa- mo credere, che la smisurata caterva di massi to dal terremoto, o che al tempo del Diluvio i plumbei, accumulati in strane conformazioni, detti sassi si sieno radunati insieme in tanta siano stati qui portati dalle acque urlanti del quantità in questo luogo”. Diluvio e quanta umanità avrebbero potuto Ancora nel 1821, Luca Ceccarini, avvocato di generare qui Deucalione e Pirra! oppure, que- Farnese, in una sua orazione in difesa di alcu- sti cumuli di pietre possono benissimo essere ni pastori accusati di furto, cedeva al mito del- il risultato di uno scontro titanico, forse quel- l’inaccessibilità: lo dei giganti con il tonante Giove. Potere “La macchia denominata il Lamone forma una incommensurabile di questo dio che può, se gran parte del territorio del Principato di vuole, far piovere sassi. Farnese. È tale l’immenso irregolare ammasso di Queste storie non ce le siamo inventate noi, smisurate pietre, che copre l’intiera superficie di tanto per arare con neri caratteri i prati bian- questa macchia, che il volgo non sapendo a che chi dei fogli; ma le troviamo nascoste in mille attribuirne la causa, crede che ivi sieno piovute cronache e relazioni che per quasi un secolo, a dal cielo. Ma in sostanza altro non sono, che cavallo tra Cinquecento e Seicento, scrivono macigni di lava prodotta da un antico vulcano alcuni maggiorenti della città di Castro e, estinto, per cui un tal sito chiamavasi antica- superato il secolo dei lumi, in una prolissa mente il Lavone, ed ora dicesi più corrottamen- arringa dell’avvocato Luca Ceccarini, che te il Lamone. difende due campagnoli accusati del furto di Questa macchia si rende per la maggior parte una innocente agnella. “Saxa pluunt hic auxi- inaccessibile non solo agli uomini, ma ben anche lio Ioue missa per auras/Predones, quibus oppres- al bestiame domestico; le sole capre, come più sit Lamonis arvis” , scriveva il dott. mariano atte ad inerpicarsi ne luoghi alpestri, e scoscesi Ghezzi nel 1610. per pascersi delle frondi selvatiche loro cibo ordi- nario, possono alquanto spaziare in questo luogo IL DESERTO NOMINATO AMMONE d’orrore; mà se l’incauto pastore lascia ivi inol- “Questo deserto dista circa 15 miglia, e tutto il trarle più dell’usato, facilmente le smarrisce, e le

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perde, quelle pietre accavallate in modo prodi- rimmo; tempo fu ch’io credetti di non avere mai gioso le une sopra le altre, si rovesciano bene spes- più a capire in paese abitato, trovandone rin- so ad ogni piccol urto, ed è facil cosa, che le bestie, chiusi e aggirati per lochi dove l’astrolabio e ‘l ch’ivi sopra camminano, ò rimanghino fra l’una, quadrante vostro non arebbono calcolato il sito e l’altra pietra a guisa di tagliuola afferrate ne de’ burroni e gli abissi de’ catrafossi in che ci era- piedi, ò restino precipitate nei profondi vani, che vamo ridotti. E se aveste veduta la nostra guida, a guisa di pozzi frequentemente s'incontrano, in vi sarebbe parsa la smarrigione e ‘l baloccamen- quell'orribil caos. Né di rado addiviene, che to di naturale. Pensate che Vittorio la botò a cadino eziandio vittime degli affamati lupi, i Santa Drianna, la quale, dice egli, ch’era una quali albergano con sicurezza in un luogo di fata che con un gomitolo di spago trasse dal lar- simil natura”. (Luca Ceccarini, 1821). brinto un certo Tisero figliuolo di Manosso. O Il deserto, il luogo d’orrore, l’incredibile caos è quivi arei voluto io voi, messer Giorgio, con la sempre pronto ad accogliere lo spaurito viag- vostra còlera acuta e co ‘l vostro stomaco impa- giatore che, suo malgrado vi si addentra, por- ziente, a vedervi strassicar dietro da un balordo tandolo ad esperienze traumatiche che riempi- per quelle catapecchie, senza sapere dove vi foste, ranno, nei racconti, le lunghe serate attorno al né dove, né quando, né che v’avreste a magnare. camino. Viaggiatori spesso di rango, di cui O come vi sarebbe venuta la senapa al naso! e che dopo secoli si parla ancora come Annibal strani visi areste veduti fare a noi altri! Io per me Caro, il famoso traduttore, per quanto infede- mi condussi a tanto di fame, che le peruzze e le le, dell’Eneide di Virgilio. È lui che vive l’e- nespole m’ebbero a strangolare. Ma tanto ci sperienza, in prima persona, di una drammati- avvoltacchiammo a la fine, che vedemmo, come ca traversata, oppresso da una terribile sensa- per ciarbottana, un poco di piano. E tirando a zione di smarrimento in un labirinto oscuro, quella volta, meravigliosamente si presentarono che come quello dedalico di Creta, non lascia avanti alcuni morbisciatti, che ne diedero lingua speranza di uscita. Alla fine, “come per ciar- e indirizzo per venire dove siamo” . (A. Greco, bottana” appare uno spiraglio di salvezza. Per 1957-61). Così la Selva entra nella letteratura, fortuna! altrimenti, col Caro, avremmo perso o forse rientra, perché nulla è più simile al la sua bella relazione scritta il 13 ottobre 1537 Lamone della selva oscura, selvaggia ed aspra è da Castro ai familiari di Mons. Gaddi: forte, dove si perde Dante, il padre di tutti gli “Entrammo poi in una foresta tale, che ci smar- smarriti.

Pinocchio a Farnese Le Avventure di Pinocchio. Storia di un burattino. Farnese, 1971.

per milioni di italiani, giovani e meno giova- iamo in piena primavera, corre l’anno ni, bambini e adolescenti. Alcuni dei perso- 1971, e Farnese, piccolo centro agri- naggi non protagonisti della storia, sono atto- S colo dell’Alta Tuscia Laziale, viene tra- ri locali reclutati all’interno del paese. E a sformato, dal grande Maestro del cinema onor di cronaca anche lo scrivente ha preso Luigi Comencini, in un grande set cinemato- parte, come comparsa, alle riprese del celebre grafico. Iniziano proprio qui i primi ciak del sceneggiato tv. Anzi, a dire il vero, quasi tutto romanzo, che diventerà l’appuntamento fisso il paese vi partecipò come comparsa! Durante

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le riprese era un brulicare di attori e compar- tutti gli abitanti del piccolo borgo che, ancora se, tra i quali spiccava il grande, ed ora com- oggi, ricordano con immensa gioia, ed un piz- pianto Nino Manfredi, che con la sua simpa- zico di orgoglio, quei giorni. Attualmente, i tia rallegrava i momenti di pausa dell’intero luoghi nei quali vennero girate molte delle cast. Si consumavano i pasti, forniti dalla pro- scene del romanzo, sono cadute nell’oblio, e duzione, tutti insieme, poi si tornava a girare. sarebbe bello se un giorno si potessero rico- Sembrava di essere a Cinecittà, nel paese non struire fedelmente quegli scorci di paese tanto si parlava d’altro, e chi non partecipava attiva- cari a molti Farnesiani… è così che si dice… mente, davanti alle telecamere, lo faceva da non Farnesani! spettatore. Furono giorni indimenticabili per

Un muro del castello di Valderico

Le mura etrusche di Rofalco

Il carro di Sant’Isidorio

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Il paese di Farnese A cura di Giovanni Antonio Baragliu

arnese è un tipico abitato di altura appartenute al Conte Raniero di Bartolomeo, della Tuscia, il cui centro storico è nella seconda metà dell’XII secolo. In quel F posto su di un vasto pianoro, circon- tempo, Farnese, con le dette terre ed assieme a dato da due fossi confluenti, le cui ripide pare- Latera, Iuliano e Mezzano, faceva parte della ti tufacee rispondevano naturalmente alle esi- cosiddetta “Terra Guiniccesca”, un grosso genze di difesa dei tempi passati. La prima feudo attestato attorno alla Selva del Lamone, frequentazione dell’uomo, documentata dal che venne assoggettato dal detto Ranieri di ritrovamento di resti di fori di palificazione e Bartolomeo al Comune di Orvieto nel 1168. frammenti di vasi ceramici, è riferibile all’Età In seguito, non sappiamo come, questo feudo del Bronzo Finale (XII-X sec. a. C.) e sono passò agli Aldobrandeschi. ascrivibili ad un agglomerato protourbano di Si presume che il nome di Farnese, o Farneto, una certa importanza. come anticamente si diceva, derivi dalla pre- Da quel periodo, fino al Basso Medioevo, non senza nel territorio di boschi di farnie si hanno notizie o documentazioni archeolo- (Quercus robur) , specie di quercia oggi presso- giche che possano indicare l’esistenza del ché scomparsa. paese; anche se, fino a non pochi anni fa, si è Farnese è anche il nome della potente famiglia favoleggiato che qui fosse situata la che ha dato il pontefice Paolo III, i duchi di Maternum, posta lungo la via Clodia, nei Latera, di Castro e di Parma e Piacenza. Con pressi del fiume Armine (Fiora), citata dalla probabilità il primo personaggio ascrivibile a Carta Peutingeriana, che oggi viene localizza- questa stirpe si può individuare in Giovanni, ta, secondo i diversi autori presso la villa gastaldo degli Aldobrandeschi, che nel 1222 romana della Selvicciola, nel territorio di rinnovò l’omaggio feudale ad Orvieto per i Ischia di Castro, o in località Maderno, nel castelli di Ischia e Farnese. contado di Canino. Probabilmente, in perio- Nel Luglio del 1294 risultano signori del do romano, la popolazione del distretto era Castrum Pepo di Ranuccio di Pepo ed i suoi distribuita in numerose ville rustiche ed, fratelli, segno che il feudo si era distaccato attorno al mille, nei pressi di pievi rurali. dalla Contea aldobrandesca ed i Farnese ave- Il territorio di Farnese, sotto Ludovico il Pio, vano il pieno possesso. Pepo e Ranuccio sono nell’817, andò a far parte della “Tuscia nomi che si ritroveranno spesso nella famiglia. Longobardorum” sotto la diretta influenza Sempre legati ad Orvieto e di fazione guelfa i degli imperatori franchi. Verso la fine dell’XI signori de Farneto, parteciparono alle lotte secolo probabilmente si ebbe il fenomeno di intestine del libero comune ed alle sue azioni incastellamento con la nascita del “Castrum” di guerra esterne, mentre in seguito, dal 1353, di Farnese. In realtà, tale nome non compare prestarono il loro aiuto al cardinale Egidio nei documenti fino al XII secolo, né come Albornoz nell’impresa militare finalizzata alla castello, né come pieve rurale. restaurazione della sovranità pontificia nel La prima citazione si ritrova in un diploma di Patrimonio di San Pietro. Questi servigi por- infeudazione del 1210, rilasciato ad tarono ad estendere le loro terre, gettando le Ildebrandino Ildebrandeschi, dall’imperatore basi dei domini che saranno i futuri ducati di Ottone IV, assieme alle terre di Pitigliano, Castro e di Latera. Dediti al mestiere delle Sorano, Vitozza, Sala, Ischia, Castiglione, armi, i Farnese brillarono al comando di vari Petrella, Morrano e Castellarso, che erano eserciti e truppe di mercenari e, ben presto,

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andarono a scontrarsi tra loro, con lotte feroci ca e la fine del piccolo stato che, nel 1825, che culminarono nell’assedio di Farnese, nel rientrava alla Camera Apostolica, iniziò un 1389, e nella strage di Ischia, in cui vennero certo risveglio, che ebbe il suo culmine negli massacrati tre esponenti della famiglia. anno a cavallo tra fine Ottocento ed inizio Anche a seguito di ciò, nel 1450, Ranuccio il Novecento con il completamento dell’acque- Vecchio lasciava nel proprio testamento al fra- dotto, la realizzazione della centrale elettrica, tello Bartolomeo le terre di Farnese, Latera, del lavatoio, delle scuole. In quegli anni però Castiglione e Sala ed ai propri figli i restanti imperversò, come non mai il brigantaggio. Per feudi. I discendenti di Bartolomeo, per oltre la sua natura di luogo impraticabile ed impe- due secoli, continuarono ad esercitare il loro netrabile, la Selva del Lamone ben si prestava ruolo di capitani di ventura al soldo della ad essere un rifugio prediletto dai banditi. Chiesa, di Francia, Spagna e Venezia. Così Nel territorio che comprendeva la Maremma, Pier Bertoldo combatté per i senesi dal 1476 da Cecina a Corneto e si spingeva nell'interno al 1489. Suo figlio Galeazzo partecipò alla fino al Monte Amiata, fino alla fine difesa di Roma contro i lanzichenecchi e a dell'Ottocento il brigantaggio è stato una mirabolanti imprese in mezza Italia. vera e propria malattia endemica. Da soli, in Un altro Pier Bertoldo partecipò al trattato di piccoli gruppi, od in grosse bande organizzate Chateau Cambresis, assieme ad altri capitani, i malviventi svolgevano la loro losca attività in per conto della Spagna. I suoi figli Galeazzo, questa zona, lungo la Valle del Fiora, confine Fabio e, soprattutto Mario, furono importanti naturale e - fino all’Unità d’Italia - politico ed nel loro tempo, ricevendo incarichi militari ed amministrativo. Luogo ideale, per tutto il amministrativi. Dedicandosi, tra una guerra e corso del secolo, per contrabbandare materia- l’altra, con un certo paternalismo, alla gestio- li ed idee e potersi eclissare rapidamente dopo ne del feudo, seppero legiferare creando statu- i misfatti, attraverso le macchie selvagge dei ti e regolamenti molto liberali per i tempi, die- Monti di Castro e della Selva del Lamone, o le dero impulso all’agricoltura, all’allevamento profonde e buie forre boscose di torrenti e ed all’artigianato. Realizzarono chiese, con- fossi, spesso inaccessibili per chi non conosce- venti, palazzi, acquedotti, giardini, (e non solo va i luoghi. nei loro possedimenti, ma anche a Roma) il Nelle macchie vi erano più banditi che selvag- borgo; fondarono un’accademia letteraria e si gina. Vi latitavano individui di bassa taglia, circondarono d’artisti come poeti e pittori, anche se feroci ed imprevedibili e, per questo facendo vivere a Farnese un periodo di fioritu- molto temuti ed incapaci di crearsi una rete di ra durato un cinquantennio, tra il 1570 ed il connivenze tra la popolazione, che assicurasse 1620. Molti dei monumenti e delle opere d’ar- loro di rimanere a lungo uccel di bosco. te che arricchiscono questo paese sono stati In tal modo, gente come Erpita, Marcotullio, realizzati allora. Tanto spendere e spandere, Fumetta, Bustrenga e Marintacca, finirono alla fine, portò la famiglia ad un crac finanzia- ben presto i loro giorni uccisi o in carcere. rio tale che Pietro Farnese, duca di Latera, Nell’ultimo quarto di secolo però, comparve- dovette vendere, nel 1658, il feudo d’origine ro tra i briganti, personaggi di notevole spic- della stirpe ad Agostino Chigi, che, con esso, co, che fecero scorrere fiumi d’inchiostro ed acquistò il titolo di principe. alimentarono l’immaginario collettivo finen- Il principato chigiano, pur mantenendo le isti- do per essere mitizzati, come se fossero dei tuzioni della precedente casata, segnò un Robin Hood e non dei protomafiosi locali. Il periodo di forte regresso economico e sociale, più celebre di tutti fu Domenico Tiburzi di che impoverì notevolmente il paese e sviluppò, Cellere, autodefinitosi “livellatore della a fine settecento, il fenomeno del banditismo Maremma” ed incoronato col titolo di “Re del nel territorio. Dopo l’occupazione napoleoni- Lamone”. Il resto è storia recente.

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DA VEDERE e notevoli soffitti lignei, dipinti, attualmente Farnese merita di essere visitato per molti ed in fase di restauro. Sempre nella piazza, fa interessanti motivi. Anzitutto la stessa sua bella mostra di se la fontana monumentale, urbanistica di centro storico, abbarbicato su realizzata nel 1886, su disegno dell’ingegner una rupe tufacea con le sue viuzze concentri- Tuccimei. che e le case antiche, spesso di bella architet- La Chiesa parrocchiale , dedicata al tura, da il senso di un paese aggraziato e vivi- Santissimo Salvatore, anche se attualmente bile. Notevoli sono i suoi monumenti e le presenta una infelice facciata degli anni cin- opere d’arte. La Rocca dei Farnese , realizza- quanta del secolo scorso, racchiude al suo ta nel corso di cinque secoli, si presenta oggi interno notevoli opere d’arte come gli oli e gli come palazzo fortificato, abitato da molti cit- affreschi dovuti al pittore bolognese di fine tadini, con la sua bella facciata secentesca, i cinquecento Antonio Maria Panico ( San cunicoli interni, le poveraglie (abitazioni Giacomo Maggiore, San Giovanni Battista, della servitù), i piani nobili, gli stemmi delle San Sebastiano, la Messa di Paolo terzo o famiglie che vi hanno dominato. L’accesso Miracolo di Bolsena e l’altare del Rosario ), il alla Rocca, ed al centro storico, avviene attra- bellissimo capolavoro giovanile di Orazio verso la cosiddetta Porta Nuova , realizzata su Gentileschi, raffigurante San Michele disegno dell’architetto Smeraldo Smeraldi nel Arcangelo , ed un notevole tabernacolo del 1613, affiancata dalle agili arcate del “corri- 1603, dono di Ferrante Farnese, vescovo di dore”, che collegava l’abitazione dei signori Parma. La chiesa del monastero delle cla- con il parco della “Selva”. risse presenta una luminosa pala d’altare rea- Di buon’architettura è, nella piazza principa- lizzata nel 1750 dal pittore romano Agostino le, il Palazzo Chigi-Ceccarini , costruito Masucci e gli affreschi cinquecenteschi, nella seconda metà del Settecento, sede del recentemente riscoperti e restaurati, in cui il Comune, dove si trovano affreschi staccati matrimonio della vergine celebra le glorie dalla Chiesa campestre di Santa Maria di Sala della famiglia Farnese, rappresentando gli sponsali di Galeazzo con Isabella Orazio Gentileschi, San Michele Arcangelo dell’Anguillara, con il celebrante che presen- ta il volto di papa Paolo terzo. Nella chiesa del Convento di Sant’Umano si trovano la tela di Sant’Antonio da Padova di Giovanni Lanfranco ed il crocifisso ligneo, scolpito da fra Vincenzo da Bassiano, artista secentesco che lavorava solo di martedì e venerdì dopo aver digiunato ed essersi flagellato. La chiesa del Convento di Cappuccini , nasconde tra i banchi un pavi- mento istoriato con marmi preziosi con la tomba della famiglia Farnese. Di notevole interesse è la chiesa campestre di Sant’Anna o Madonna della Cavarella, nata come ex voto della Comunità per un’in- vasione di cavallette nel 1577 e abbellita, a seguito di un altro voto dei signori del luogo, per un parto difficile, con bellissimi stucchi ed affreschi di Antonio Maria Panico, in cui tra ariosi paesaggi, storie della vergine e grot-

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tesche, si sviluppa un vero e proprio Mutus Punti forti sono i settori dedicati agli scavi Liber alchemico. Infine una visita la merita il dell’abitato Protovillanoviano di Sorgenti Museo Civico Ferrante Rittatore Vonviller , della Nova e della fortezza Etrusca di che è anche sede del Centro Visite della Rofalco, nonché la notevole collezione di Riserva naturale Selva del Lamone. In esso vi ceramica medievale e rinascimentale prove- sono raccolti, con un’esposizione didattica, niente dai butti del centro storico di Farnese. reperti provenienti dal paese, dal tutto il ter- Completa l’allestimento una piccola sezione ritorio della riserva e circostante dal naturalistica. Paleolitico Medio al Tardo Rinascimento.

Chiesa del monastero delle Clarisse, il matrimonio della Vergine

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71 Testi a cura di: Giovanni Antonio Baragliu, Fiammetta Biselli, Alessandro Ceccarini, Daniele Ciavatta, Gianluca Fapperdue, Diego Mantero, Fabrizio Marchionni, Roberto Papi, Andrea Schiavano, Aldo Terrazzi.

Progetto grafico ed impaginazione: Fabrizio Olati per Edindustria S.p.A. - Roma

Fotografie: Giovanni Antonio Baragliu, Daniele Ciavatta, Gianluca Fapperdue, Luciano Frazzoni, Diego Mantero, Fabrizio Marchionni, Roberto Papi, Andrea Schiavano, Aldo Terrazzi, Archivio Riserva Naturale Selva del Lamone.

Cartografia: Graphispaera in collaborazione con Giovanni Antonio Baragliu, Riserva Naturale Selva del Lamone.

Stampa: Beta Tipografica - Roma

La presente pubblicazione è il prodotto della collaborazione di tante persone che vi hanno contribuito in diversa misura. Un apporto essenziale è venuto da tutto il personale della Riserva Naturale Selva del Lamone, grazie al coordinamento di Diego Mantero ed in particolare alla collaborazione di:

Un ringraziamento speciale va in particolare al dott. Raniero De Filippis, responsabile della Direzione Regionale Ambiente e Cooperazione tra i Popoli della Regione Lazio, alla dott.ssa Valeria Romano di Sviluppo Lazio S.p.A., all’arch. Giovanna Bargagna dell’Area Conservazione della Natura, all’arch. Luca Colosimo, al dott. Guglielmo Arcà, al dott. Giulio Fancello, alla dott.ssa Daniela Nolasco e all’arch. Guglielmo Villa degli Uffici Centrali del Ruolo Unico del Personale dei Parchi della Regione Lazio che hanno collaborato alla realizzazione del progetto e della guida.

Pubblicazione realizzata con il contributo dell’Unione Europea, nell’ambito del Piano di Comunicazione per il Lazio 2000-2006. Responsabile del Piano di Comunicazione Docup Ob.2 Lazio 2000-2006: Pierguido Cavallina.

Unione Europea Repubblica Italiana Regione Lazio . Copyright Regione Lazio 2006 La presente pubblicazione è stata realizzata con i fondi del piano di comunicazione del DOCUP obiettivo 2 2000-2006 e dell'Accordo di Programma Quadro "Aree sensibili: parchi e riserve" (APQ7) siglato tra Regione Lazio, Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e Ministero dell'Economia e delle Finanze

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