DIVISIONISMO TRA TORINO E MILANO. Da Segantini a Balla

Percorso della mostra

La scelta tematica si pone nella scia delle recenti, fortunate rivisitazioni del divisionismo italiano, condotte in sedi espositive nazionali e straniere e rapportate generalmente a una estensione della ricerca sul colore diviso inprospettiva nazionale. La presente rassegna si concentra intenzionalmente sulla pittura divisa di area piemontese e lombarda, considerando gli autori attiviin tale bacino geografico, al tempo fortemente propositivo. Le opere si snodano dalla fase “eroica” del divisionismo, individuabile a partire dai finali anni Ottanta del secolo decimonono, lungo un percorso che approda al prefuturismo di Boccioni, Balla, Carrà e Dudreville. Alla fine del secolo XIX Milano e Torino ricoprivano un ruolo interrelato e prioritario, non solo cronologicamente, nell’offerta di un terreno fertile per la nascita e lo sviluppo della innovativa tecnica del colore diviso, che segnava il passaggio dal realismo ottocentesco al travaglio dell’arte moderna.La funzione avanguardista assunta dalle due città era connessa al processo di industrializzazione e alla conseguente rivoluzione sociale, aspetti che stimolavano in arte laricerca di nuovi linguaggi e contenuti. L’excursus espositivo apre con Vittore Grubicy de Dragon, noto come il “padre del divisionismo” per avere per primo intercettato,durante i numerosi viaggi in Belgio, Olanda e Francia, i sentori innovativi della tecnica a colori divisi e la sua idoneità a trasmettere valori ideali e universali. Giovanni Segantini, autore mitizzato al suo tempo come genio dal “talento universale”, è rappresentato da opere fondamentali, tra cui Alpe di maggio 1891, esempio del concetto segantiniano di armonia della natura e di tessitura del colore secondo l’andamento strutturale delle forme. Di Giuseppe Pellizza da Volpedo si sottolinea la scelta di duesaggi ispirati ai temi eterni e universali, facenti parte del ciclo degli “Idilli”: L’amore nella vita (1901-1902) e La vecchia nella stalla (1904-1905). Angelo Morbelli, seguace rigoroso dei principi scientifici della divisione del colore, è presente con Vecchine curiose 1891e con Le parche 1904, esempi fondamentali del ciclo pittorico del Pio Albergo Trivulzio e del rigore tecnico del loro autore. I temi religiosi e allegorici di Gaetano Previati caratterizzano l’ispirazione dei suoi paesaggi ideali, pronti a congedare i vincoli con la realtà per approdare a visioni simboliche. Di Emilio Longoni compaiono due opere mai transitate nei circuiti espositivi, Il ritorno dal bosco (1883-1884) e Ghiacciaio di Cambrena (1908-1909), recuperi che affiancano il ritrovamento diAutoritratto (1916) di , mai più presentato dopo il passaggio, avvenuto nel lontano 1928,nelle sale della storica Galleria Pesaro di Milano. Totalmente inedito Paesaggio (1910-1915) del vigezzino Giovanni Battista Ciolina, mentre di Matteo Olivero si esponeil noto e grandioso Solitudine (1907), saggio più volte premiato tra il 1909 e il 1910. La presenza di autori come Giovanni Sottocornola, Achille Tominetti, Cesare Maggi, Andrea Tavernier, Angelo Barabino, ognunolatore di una interpretazione autonoma e sperimentale dell’indirizzo divisionista, introduce il percorso ai linguaggi del secolo XX, fortemente influenzati dalla poetica visionaria di Gaetano Previati. La schiera delle giovani leve che avrebbe animato, a partire dal 1910, il gruppo dei “futuri Futuristi” di area lombardo-piemontese, annovera la presenza in mostra di Umberto Boccioni, Giacomo Balla, Carlo Carrà e Leonardo Dudreville. Di Umberto Boccioni, Campagna lombarda (1908), uno degli esiti conclusivi dell’attenzione boccioniana per la natura, è composta con una tessitura del colore fortemente analitica. La poetica di Giacomo Balla viene segnalata da tre varianti paesaggistiche dell’amata Villa Borghese edauna Periferia (1904), tutte contraddistinte dalla tecnica aerea, filante e trasparente del pastello. Carlo Carrà, autore notoriamente più orientato al realismo, si conferma artista di impianto robusto nello scenografico Autunno (Ritratto di Emilio Colombo) 1909, rivisitazione del genere del ritratto in chiave moderna e di sorprendenteimpatto cromatico. Leonardo Dudreville, attratto dalla tecnica segantiniana e affiliato alla “scuderia” divisionista della Galleria Grubicy, dipingeva tra il 1907 e il 1908 secondo una personale tecnica divisa, rappresentata dal cristallino e abbagliante Meriggio a Borgotaro (1908) e da un pressoché inedito Studio per “Le voci del silenzio” (1907).