Lo sciopero generale e la repressione nazifascista

Le agitazioni operaie inizialmente indette o provocate, in alcune importanti fabbri- che delle vallate biellesi, dagli stessi partigiani, trovavano la loro motivazione nella man- cata applicazione dell’accordo firmato il 16 novembre dal rappresentante dell’Unione industriale della provincia e dal segretario dell’Unione dei lavoratori dell’industria alla presenza del capo della Provincia Michele Morsero. Questo accordo, che aveva stabilito un aumento del 50 per cento del salario a parti- re dal 23 novembre e una gratifica una tantum di 500 lire da corrispondere agli operai al di sopra di sedici anni, era stato disatteso dagli industriali: molti dei quali consideravano il premio di 500 lire come anticipo sugli aumenti e sostenevano che questi dovevano riferirsi solo ai minimi salariali precedenti e non al salario reale. In questo contesto, aggravato dall’aumento dei prezzi degli scarsi generi alimentari, il malcontento e l’in- quietudine aumentarono e si estesero. In particolare tra gli operai della Valsessera i quali, potendo contare sulla presenza dei partigiani del “Pisacane” e del “Matteotti” che, per favorire - e in alcuni casi promuovere - l’astensione dal lavoro, controllavano con blocchi stradali i centri più importanti del fondovalle, ripresero a scioperare nei giorni 16, 17 e 18 dicembre. Lunedì 20 lo sciopero, che proseguiva negli stabilimenti di Coggiola, Pray e Creva- cuore, si estese a quelli della valle ed il 21 a scioperare con l’appoggio di tutti i distaccamenti garibaldini biellesi furono gli operai di tutto il Biellese. Per stroncare l’at- tività dei partigiani in Valsesia, in Valsessera, in valle Strona e far cessare lo sciopero degli operai, il 21 dicembre, giunsero a Borgosesia duecentocinquanta fra militi, sottuf- ficiali ed ufficiali del 63o battaglione “M”. Li comandava il 1o seniore Merico Zuccari1, al quale il capo della Provincia Morsero aveva fatto pervenire, alle ore 4 del 21 dicem-

1 Merico Zuccari venne processato - in contumacia - dal Tribunale militare di Milano nel 1952. Riconosciuto colpevole del reato ascrittogli, il 28 agosto 1952, fu condannato all’erga- stolo con questa sentenza: «Aiuto al nemico (art. 5 dll 27-7-1944 n. 159 in rel. all’art. 51 e 110 c.p.) per avere: tra il settembre 1943 ed il maggio 1945, in territorio dello Stato italiano, quale comandante di un reparto della Gnr forze armate della pseudo repubblica sociale italiana (prima 63o battaglione “M” e poi legione “Tagliamento”) con azione diretta, o con ordini ed istruzio- ni a propri dipendenti, e col consentire l’azione di questi in tale senso, commesso fatti intesi a favorire le operazioni militari ed i disegni politici del tedesco nemico invasore, a nuocere alle operazioni delle forze armate del legittimo Stato italiano, ed a menomare la fedeltà dei cittadini dello Stato stesso: partecipando alla lotta contro i partigiani per la guerra di libera- zione; attuando e facendo attuare, anche contro popolazioni civili, rastrellamenti, sevizie, uccisioni, saccheggi, incendi e distruzioni, sequestri di persone ed arbitrarie perquisizioni» (PIERO AMBROSIO, “In nome del popolo italiano”, in “l’impegno”, a. V, n. 2, giugno 1985, p. 3. Sul processo a Zuccari si veda anche Quando bastava un bicchiere d’acqua. Processo alla legione “Tagliamento”. Requisitoria del dr. Egidio Liberti, Borgosesia, Istituto per la storia della Resistenza in provincia di Vercelli, 1980, pp. 30-70). bre, un promemoria con notizie sulla situazione in Valsesia e nel Biellese e delle «diret- tive per azioni contro i ribelli»2. L’occupazione di Borgosesia avvenne inaspettatamente il mattino del 21 e Zuccari, per rendere più intimidatoria l’operazione, fece insediare il comando del battaglione in municipio, predispose posti di blocco nelle più importanti vie di accesso alla città, or- dinò un rastrellamento, nel centro urbano e nelle frazioni, di tutti gli uomini trovati sul posto. Uomini i quali, dopo il loro fermo, dovevano essere portati al Comando per accer- tare se fra loro ci fossero collaboratori dei partigiani. Questa ostentazione di forza non intimorì però i partigiani di Moscatelli, che non persero tempo nell’attaccare i fascisti. Negli scontri tra partigiani e due pattuglie fasci- ste, che avvennero nelle frazioni Agnona e Aranco di Borgosesia nello stesso pomerig- gio del 21, morirono due militi e Angelo Bertone, il primo partigiano valsesiano caduto in combattimento. La morte dei due militi accrebbe in Zuccari e nei suoi uomini la volontà di dimostrare ai valsesiani con quanta crudeltà e ferocia i fascisti del 63o battaglione “M” uccidessero

2 In questo documento Morsero segnalava che i centri ove i ribelli avevano svolto la lo- ro azione delittuosa erano: «Varallo, Scopa, Alagna, Borgosesia, , Coggiola, Pray, , , Serravalle, Mosso Santa Maria, , , , , , , , , Occhieppo, Netro, , Gattinara, Cos- sato [...] - secondo le informazioni più o meno attendibili - i gruppi operanti avevano quasi sempre una forza oscillante tra i 10 ed i 70 uomini. Solo a Crevacuore si è detto esserne circa 250. Alcuni gruppi di ribelli si dice avrebbero il Comando e si raccoglierebbero nelle seguenti località: Zona Cima Cucco (circa 300) - Zona di Oropa (Monte Mucrone) - Moncerchio (vi dovrebbe essere la banda di Moscatelli di Borgosesia - Zona Cellio-Breja dorsale Sesia-Lago d’Orta) - nella cascina Campanile nei pressi di Mosso Santa Maria si riunirebbero dei ribelli, così in una villa di un industriale biellese - nei pressi di - vi era e vi è ancora un comando di ribelli [...] Sono discretamente riforniti di viveri, molto bene in denaro. Sono perlopiù bene armati. Qualche reparto pare abbia anche cannoni. Le bande sono composte da elementi eterogenei (ex militari-comunisti-prigionieri anglo-americani tra i quali qualche ufficiale inglese giovani del 24-25) [...] Le popolazioni in genere danno aiuto e si manifestano favorevoli a detti elementi. Azione dei Carabinieri: negativa». Nelle “direttive” sui “Concetti di massima per le operazioni a svolgersi” che, secondo Morsero, si sarebbero dovute tradurre in «dimostrazioni di forza-ripristino dell’autorità in determinate zone et paesi-neutralizzazione dei ribelli et loro struttura-rastrellamento e fermo favoreggiatori», affermava: «Poiché le bande operano improvvisamente ed in paesi molto distanti tra essi e Vercelli e sono sempre autocarrate, non è sufficiente fare “le puntate” e rientrare in sede a Vercelli [...] Occorre portarsi con forte contingente di truppa (bene armata) in determinate zone, affrontare i ribelli che vi fossero, dare comunque dimostrazione di forza alla popolazione, raccogliere informazioni e rastrellare arrestando anche eventuali favoreggia- tori e persone sospette ovvero antinazionali-antifascisti (ove possibile vi saranno forniti an- che nominativi); poi lasciare un presidio nel paese più importante e meglio ubicato nella zona di azione per ragione di viabilità, comunicazioni, ecc. [...] Nelle zone ove gli operai hanno scioperato per intimidazione dei ribelli, si deve far riprendere il lavoro. In questa particolare azione dovete servirvi del Funzionario degli Agenti di P.S. della località più vicina [...] Mante- nere, sfruttando tutti i mezzi possibili, il maggior collegamento con lo scrivente, con la vostra base e il Comando della 28a Legione [...] rimetterci giornalmente entro le ore 18, relazione generale e succinta dei vari fatti della giornata» (ASV, Prefettura repubblicana 1943-45, Gabi- netto, mazzo 66). chiunque avesse dato aiuto di qualsiasi genere ai partigiani, che essi definivano “banditi”. Alle 11 di mercoledì 22 dicembre, per ordine e sotto la direzione di Zuccari, dieci dei fermati del giorno precedente, «persone particolarmente indiziate [...] che le dela- zioni avevano indicato come attivi resistenti o comunque favoreggiatori», vennero fu- cilati nella piazza di Borgosesia. Un’altra vittima, l’undicesima, fu un operaio che, per un colpo sparatogli proditoriamente da un milite e le percosse ricevute al Comando del 63o battaglione, morì la sera del 22 dicembre all’ospedale di Borgosesia3. Compiuta la rappresaglia a Borgosesia, Zuccari al comando del battaglione in auto- colonna puntò su Crevacuore che raggiunse verso le 15. Il comandante fascista, intenzio- nato a seminare il terrore tra la popolazione di Crevacuore, che simpatizzava e aiutava i partigiani, dopo aver preso possesso del municipio, ingiunse al delegato del podestà di radunare gli industriali ai quali si rivolse con parole di minaccia. I militi, intanto, ormai avvezzi all’uso della violenza di cui si serviva Zuccari, procedevano, su indicazione di una spia locale, all’arresto di numerosi antifascisti, che percossero, e devastarono di- verse abitazioni4. Uno degli arrestati, un pacifico commerciante sfollato da Torino ingiustamente ac- cusato di essere comunista ed ebreo, trascinato al Comando del battaglione dai militi, che gli avevano saccheggiato la casa e infierito su di lui per le vie del paese, venne, per ordine di Zuccari, immediatamente passato per le armi da un plotone di esecuzione5. Dopo Crevacuore la colonna di Zuccari raggiunse verso sera . Altra località con una popolazione che sosteneva la lotta partigiana, luogo di residenza di partigiani autori di clamorose azioni6.

3 Si veda P. AMBROSIO, Dicembre 1943: iniziano le azioni contro i “ribelli”, in “l’impe- gno”, a. III, n. 4, dicembre 1983, p. 20. I dieci fucilati furono: Enrico Borandi, Adelio Bricco, Mario Canova, Giuseppe Fontana, Emilio Galliziotti, Angelo Longhi, Silvio Loss, Giuseppe Osella, Renato Rinolfi, Renato Topini. Virginio Tognol fu l’undicesima vittima. Nella stessa mattinata del 22 a Pray due partigiani del “Matteotti” uccisero un ufficiale fascista e ferirono gravemente il graduato che era con lui ed a Coggiola altri loro compagni arrestarono e por- tarono al “campo” alcuni iscritti al fascio repubblicano del paese. Operazione sulla quale un “Pro memoria”, non datato, della Prefettura repubblicana di Vercelli annotava: «Fonte fidu- ciaria informa che i banditi comunisti hanno prelevato in Coggiola le seguenti persone iscrit- te al Partito Nazionale Repubblicano (nella giornata di ieri) Segretario Politico Gambetti Carlo Cc. Nn. scelta, Micotti Dante, Rag. Fizzotti Arturo, Daziere Pozzi Mario, Impiegata Scalabri- no, Operaio Duviglio Ezio e forse altri. Gli iscritti al Pfr in Coggiola sono circa 30. I registri degli iscritti al Partito sono in mano ai banditi. I banditi si troverebbero nelle zone di Vie- ra-Rivò-Alpe Novejs (altezza 1.200 m.). Sino a Viera si va in auto. Nome dei ribelli che ieri hanno operato a Coggiola: Marabelli Nello di Pray, residente a Coggiola, Debiasi Mimmo, residente a Coggiola, Angelino Angelo, Capitano ex Regio Esercito, Galdini residente a Cog- giola, Milanesi (fratello di un milite) residente a Coggiola, Zecca Luciano residente a Cog- giola» (ASV, Prefettura repubblicana 1943-45, Gabinetto, mazzo 65). 4 Su questo episodio e altri relativi alla Resistenza in Valsessera si veda ALESSANDRO ORSI, Un paese in guerra, Borgosesia, Istituto per la storia della Resistenza e della società con- temporanea in provincia di Vercelli, 1994. 5 Il fucilato si chiamava Remo Fava Frera. 6 In un rapporto del 24 dicembre inviato a tre comandi tedeschi di Torino, al Comando tedesco ed al capo della provincia di Vercelli, il comandante del Gruppo carabinieri di Vercelli Anche a Cossato il comandante del “Tagliamento” predispose i suoi uomini e si comportò come a Borgosesia e Crevacuore. Schierò i militi per le vie del paese, sguin- zagliò delle pattuglie nelle case e, insediato il comando in municipio, convocò il podestà che venne pesantemente minacciato e svillaneggiato. Prima di lasciare Cossato e rien- trare in serata col battaglione a Vercelli, Zuccari ricorse ancora una volta al terrorismo per intimidire la popolazione: due persone che - a dire dei militi che le avevano arrestate nelle proprie abitazioni - erano state trovate in possesso di armi, vennero, su suo ordi- ne, fucilate nella piazza principale7. Sul suo comportamento a Cossato Zuccari alle ore 19.20 del 22 dicembre comuni- cava al segretario particolare di Morsero, Enzo Lipartiti: «Stamane dalle 11 alle 12 un gruppo di ribelli a Cossato hanno devastato il Municipio la Caserma dei Carabinieri, la Gil ed altri uffici pubblici. La popolazione ha preso parte attiva alla dimostrazione sven- tolando bandiere rosse e salutando col pugno chiuso. Arrivato a Cossato attraverso Crevacuore col battaglione ove ho fatto fucilare un ebreo favoreggiatore di ribelli, ho arrestato un buon numero di ribelli, in possesso di armi e munizioni. Ho intenzione di fucilarne parecchi. Chi non si presenterà al lavoro sarà passibile alla pena di morte. Ho emanato in proposito un bando»8. Ma le atrocità commesse a Borgosesia, Crevacuore e Cossato dai militi del 63o bat- taglione “Tagliamento” non furono le sole, perché a scatenare una rappresaglia non meno spietata di quella fascista, nella stessa giornata del 22 dicembre, ci pensarono i militari tedeschi, animati da spirito di vendetta per la morte di tre loro commilitoni (un ufficiale, un graduato, un soldato), uccisi dai partigiani del distaccamento “Fratelli Bandiera” il mattino del giorno precedente9. A Biella le vittime della repressione tedesca furono sette. A Tollegno quattro civili - due dei quali ragazzi - vennero trucidati dagli uomini di una autocolonna proveniente da

scriveva: «Fra i componenti il gruppo di malviventi che alle 13 del 20 corrente, hanno aggre- dito la caserma dei carabinieri di Cossato, sono stati riconosciuti e sottonotati: Zona Imer da Cossato, già confinato politico, pericoloso; Bonello Diego, della frazione Ronco di Cossato, pericoloso; Angiono - detto il Baraggione - non meglio identificato, pericoloso; Rivardo Silvio, già falegname della tintoria Biellese in Cossato, pericolosissimo; Amisano Quinto, non armato istigava i ribelli ad uccidere il comandante la stazione; Bonardi, non meglio indicato, abitante alla frazione Cervo di Cossato, il quale veniva chiamato il capitano dai malviventi. I suddetti sono attivamente ricercati. Sono in corso indagini per la loro completa identificazione» (ASV, Prefettura repubblicana 1943-45, Gabinetto, mazzo 1). Sui fatti di Pray, Coggiola, Crevacuore e Cossato si veda anche CLAUDIO DELLAVALLE, Operai, industriali e partito comunista nel Biellese 1940/1945, Milano, Feltrinelli, 1978, pp. 98-99 e ANELLO POMA - GIANNI PERONA, La Resistenza nel Biellese, Parma, Guanda, 1972, p. 99, i quali erroneamente affermano essere il 23 dicembre il giorno in cui questi accaddero. 7 I fucilati furono Ivo Boschetti e Giovan Battista Pizzorno. 8 ASV, Prefettura repubblicana 1943-45, Gabinetto, mazzo 65. 9 Dei tre tedeschi uccisi il mattino del 21 dicembre due (l’ufficiale e il graduato) trovarono la morte al bivio tra Tollegno e Pralungo, luogo in cui si erano appostati i partigiani del “Ban- diera” per appoggiare e proteggere gli operai in sciopero della valle Cervo. Il terzo, ferito con una raffica di mitra da una pattuglia dello stesso distaccamento nella salita di Riva, venne trovato morto nel corridoio di una casa di via Umberto, fronteggiante la piazza S. Cassiano (oggi piazza S. Giovanni Bosco) di Biella. Biella. A Valle Mosche (Campiglia) un civile venne ucciso dalla stessa autocolonna che, ripartita da Tollegno, risalì la valle del Cervo sparando a caso per terrorizzare la popo- lazione10. Il mattino del 23 i tedeschi ripresero l’azione terroristica e scelsero come meta della loro spedizione punitiva Valle Mosso, l’importante centro industriale della valle Strona i cui lavoratori avevano sempre appoggiato i partigiani e dato un notevole apporto allo sciopero in corso11. Il compito dell’operazione venne affidato dal Comando germanico ad un reparto militare che, muovendo su camion da Biella e passando per , giunse a Valle Mosso verso metà mattina. Con scrupolo e meticolosità i militari tedeschi eseguirono un rastrellamento nelle case del centro e le persone prelevate dalle proprie abitazioni vennero condotte nella piazza del paese, ove altre, già arrestate durante il tragitto, erano in attesa. Tutti i fer- mati vennero sottoposti ad un accurato controllo dei documenti, quindi dalla cinquanti- na di fermati i rastrellatori ne scelsero tre: tre operai in sciopero. «Dodici tedeschi forma- rono il plotone di esecuzione e fucilarono i tre messi contro il muro»12. Erano le 11.30 del 23 dicembre 1943. Secondo i piani dei nazisti e dei fascisti il loro terrorismo, deliberatamente atroce contro inermi cittadini, avrebbe dovuto suscitare tra i biellesi rancore e ostilità nei con- fronti dei partigiani. Ma quella reazione antipartigiana, dopo la feroce repressione che aveva atterrito la gente e sulla quale i nazifascisti contavano per tagliare il legame tra popolazione e garibaldini, non ci fu. Le aspettative dei nazifascisti non si avverarono: proprio gli operai e il ceto popolare più colpito tramutarono il dolore per le rappresaglie in un duraturo odio per gli oppressori.

10 Le vittime della rappresaglia nazista furono: Angelo Cena ucciso a Biella il 21 dicembre; Basilio Bianchi, partigiano del “Mameli”, Carlo Gardino, Norberto Minarolo, Aurelio Mosca, Pierino Mosca, Francesco Sassone fucilati a Biella il 22 dicembre; Giacomo Janno, Angelo Martinazzo, Pietro Pastore, Alfonso Strippoli uccisi a Tollegno il 22 dicembre; Giuseppe Mosca Zunca ucciso a Valle Mosche () il 22 dicembre; Gino Camozza, Ugo Lanzo- ne, Francesco Panichi fucilati il 23 dicembre a Valle Mosso. 11 Durante le giornate di agitazione e di sciopero degli operai biellesi Ermanno Angiono “Pensiero”, il giovane comandante del “Piave”, il 22 dicembre parlò agli scioperanti di Cos- sato e Valle Mosso e Francesco Moranino “Gemisto”, comandante del “Pisacane”, nei gior- ni 16, 17 e 18 dicembre si rivolse agli operai in sciopero di Crevacuore, Coggiola e Ponzone. L’intervento dei due comandanti garibaldini fu il momento più alto dell’incontro tra operai e partigiani e di entrambi accrebbe il prestigio e la popolarità. 12 Da una testimonianza di Edda Panichi in “La pulce di Valle Mosso”, n. 4, marzo 1983.