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“Gangs of New York All’interno non si avvicina La copertina neppure minimamente La rivincita a quello che vedevo dello zero io sulla Bowery” Perché la scienza La strada, il cinema nasce dal “nulla” Autobiografia RECALCATI E ZELLINI di un grande regista La recensione Torna Geda dai coccodrilli all’epica di un nonno LEONETTA BENTIVOGLIO

L’intervista Lila Zanganeh “Le lezioni di felicità fatte da Nabokov” ANTONIO MONDA bravoQuel

Il teatro ragazzo Franco Branciaroli e il declino L’attualità MARTIN SCORSESE ROBERTO SAVIANO di un attore Catastrofi d’Italia, NEW YORK dietro la ribalta la lunga storia ono nato nel 1942 nel quartiere di Corona, nel Queens. I arlare di Scorsese è come avvicinarsi a un mondo im- RODOLFO DI GIAMMARCO miei genitori si erano trasferiti lì dal Lower East Side. La possibile da ridurre a sintesi. Perché se ha raccontato co- che non insegna loro idea era lasciare il vecchio quartiere per “migliorar- me nessuno l’America degli immigrati italiani — lui, fi- PAOLO RUMIZ si”, come dicevano. Corona mi piaceva. Condividevamo glio di figli di immigrati — è forse uno dei più grandi in- Suna casetta con un’altra famiglia. Sul retro c’era un cortile con un al- Pnamorati di New York, affascinato dalla sua frenesia centrifuga in bero. Si poteva andare al parco: c’era qualcosa da vedere. Ma poi mio grado come nessun’altra cosa di raccontare gli elementi universali Il libro padre si mise in guai seri col padrone di casa e dovemmo ritornare a di una vita. I mafiosi di Scorsese sono raccontati nelle loro vite, più Spettacoli Elizabeth Street, a . In un certo senso fu un’umiliazione: che nelle loro gesta. I comportamenti, le amanti, i vestiti e gli sguar- Una certa idea tornare praticamente nelle due stanze e mezzo in cui era nato, per di, gli orologi, i club, i ristoranti. Le stanze che spuntano sempre nei La primavera stare con i miei nonni, finché trovammo un appartamento in fondo retrobottega. Nei film di Scorsese, nei suoi documentari c’è tutto: di mondo: in cui i Beatles all’isolato, al 253. musica, guerra, narrazione criminale, costruzione di comporta- Nel Queens fu meraviglioso. Nick Pileggi e io ci abbiamo scritto so- menti. È un regista che ha battuto talmente tanti sentieri che non può la piccola America scoprirono l’Lsd pra una sceneggiatura, che vorrei girare. Ma non so se sarò mai ca- essere toccato dalla solita accusa rivolta a chi racconta la vita, quel- pace di portarla sullo schermo. la di strada: che con quei film si condizionano i comportamenti. di Elizabeth Strout ANGELO AQUARO E PAUL MCCARTNEY (segue nelle pagine successive) (segue nelle pagine successive) ALESSANDRO BARICCO

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La copertina L’infanzia crudele nel Lower East Side degli anni Quaranta, l’asma che lo isola e gli fa scoprire la magia del grande schermo. È così Martin Scorsese che il grande regista italoamericano comincia a girare i suoi primissimi film disegnando storie su foglietti di carta, come oggi racconta in una straordinaria autobiografia “Il mio cinema è la strada”

MARTIN SCORSESE re sempre protetto. Per questo divenne importante per me il rito di andare al ci- (segue dalla copertina) nema con mio padre, non importa quale film fosse. uanto alla storia col pa- Frequentavamo il Loew’s Commo- drone di casa, è una fac- dore, all’angolo tra la Sesta Strada e la cenda piuttosto compli- Seconda Avenue. Entravamo sempre a cata. A quei tempi se uno metà film. Anche lì, come in chiesa, c’e- Qnon era istruito e lavorava ra un senso di pace. Era come partire in una certa zona, doveva per un viaggio. Fuori dalla sala i mani- stringere legami di vassallaggio con il festi vendono sogni, si sa. E quando si dato gruppo. C’erano diverse famiglie entra in un cinema, il sogno è reale, o mafiose, e mio padre fiancheggiava quasi. E poi, condividere queste emo- una di queste. Il capo era un suo amico. zioni così forti con un padre con cui Fu lui a trovargli casa nel Queens. Mio non parlavo molto, diventò il principa- padre aveva anche molti problemi con le terreno di comunicazione tra noi. Mi suo fratello, Joe. Da quello che ne so, portò a vedere Il bruto e la bella, il pri- spesso partecipava a riunioni dove cer- mo film che vidi su come si realizza un cava di evitare che altri mafiosi lo am- film. A mio padre piacevano i western. mazzassero. Il padrone di casa era uno Ultimatum alla Terra fu una grande che aveva un camion per il trasporto esperienza: di pomeriggio, all’Aca- della verdura in un garage di fianco a demy of Music, con duemila spettato- casa nostra. Un giorno passò di lì mio ri. O La Cosa da un altro mondodi Nyby fratello. Prese una gallina che aveva lì e e Hawks, si apre la porta e dietro c’è Ja- le tirò il collo di fronte a lui, facendolo mes Arness nella parte del mostro: hai scappare in lacrime. Dopodiché co- mai visto duemila persone balzare sul- minciò a prendersela direttamente la sedia contemporaneamente? con mio padre. Probabilmente il pa- Straordinario. drone di casa deve avere pensato che C’era un grande contrasto tra i film mio padre fosse una specie di gangster. che vedevo e l’ambiente in cui vivevo. I Non era vero, però gli piaceva vestire in miei venivano da un paese siciliano. E un certo modo, mentre l’altro era un in Sicilia, lo sa, non ci si fida di nessuno, po’ uno zotico. E poi penso che mio pa- si cresce pieni di diffidenza. E, mi spia- dre piacesse a sua moglie. Così il risen- ce dirlo, ma questo atteggiamento mi timento cresceva. E a un certo punto ci venne inculcato a forza. I miei genitori fu lo scontro. Tornò dal lavoro e, in cor- erano brava gente, lavoratori; non era- tile, dalle parole passarono ai pugni, finché il padrone di casa prese un’a- scia. Allora la sorella minore di mia ma- dre uscì fuori e lo spinse da parte dicen- dogli: «Piantala e molla quell’arnese. Lascia stare mio cognato». E quello si fermò. Proprio come nell’Uomo tran- quillodi John Ford: sono state le donne a fermare tutto. Solo che quella sera ci fu un altro scontro. Li vidi che se le da- vano al bar. Tornai a casa e dissi a mia madre: «Stanno litigando». Lei stava stirando e mi disse: «Lo so». Subito do- po ce ne dovemmo andare. Il Lower East Side era piuttosto duro. Quello che si vede nei film degli anni Trenta, Quaranta e Cinquanta, con i Dead End Kids, non era molto lontano dal vero. I ragazzi stavano in strada, giocavano con quello che trovavano. Il coperchio di un bidone dell’immondi- zia poteva diventare uno scudo, e per fare la spada si staccava un’asse da una cassetta delle arance. C’era un sacco di traffico, un sacco di gente che viveva ammassata. E molta tensione. Pratica- mente vivevo sulla Bowery, e la cosa mi ha molto segnato. Gangs of New York non si avvicina neanche minimamen- te a quello che vedevo sulla Bowery. Nel Queens, la casa aveva stanze più grandi, dove potevi sempre sparire, al- meno per un po’. Qui era impossibile. Avevo addosso gli occhi di tutti e non potevo dire niente, perché ero il più piccolo. Così presi ad andare in chiesa, e rimasi affascinato dai rituali della messa. L’altra cosa era che mio padre, ovviamente, non sapeva che diavolo fare con me. Dopo avere lavorato tutto il giorno nel Garment District, andava BAMBINO dai miei nonni, cosa che a mia madre Dall’alto in senso orario: Scorsese a sette mesi con la madre Catherine, non andava giù. Alle undici di sera tor- la zia e il cugino; nel Queens travestito da indiano; la strada dove viveva, nava a casa con i giornali popolari, il Elizabeth Street a Little Italy; con il fratello Frank. In copertina Martin Daily News e il Daily Mirror. C’era an- in toga e cappello neodiplomato alla junior high school cora tempo per una litigata, e poi tutti a letto. E la mattina dopo usciva per an- no né mafiosi né criminali. Ma c’era giorno, con la mia esperienza. Venivo (DiCaprio, ndr) nel locale. Erano sette re in certe direzioni. Così dico a Jack: dare al lavoro. Così non è che lo vedes- questo atteggiamento verso il mondo. da un mondo dove tutto si riassumeva pagine di sceneggiatura, le avevamo «Jack, domani rifacciamo la stessa sce- si molto. Ma era costretto a portarmi al Se vedete Nuovomondo di Crialese, i in un unico consiglio: “Fa’ quello che girate la sera prima, ed era andato tut- na. Se ti viene in mente qualcosa per cinema; mi portava al cinema in conti- miei nonni erano così. Negli anni Cin- vuoi ma sta’ in campana”. Quando sta- to bene. Ma a un certo punto dico a Leo: rendere nervoso Leonardo...». nuazione. La mia asma in pratica mi quanta era strano cercare di essere vo girando The Departed - Il bene e il «C’è qualcosa, qui, non so esattamen- Il giorno dopo Jack arriva, si siede, isolava da tutti. E nella mia solitudine, americano, di acquisire certi valori male, ho scoperto che alla fine la storia te cosa, che non è ancora uscita fuori aspetta che si sieda Leo, e la prima co- mi mettevano in testa l’idea di non po- americani. Mi era impossibile rendere parlava di queste stesse cose, di padri e bene». Sentivo che doveva essere il sa che fa è annusare il bicchiere e dire: ter fare nulla di fisico. Dovevo stare compatibile l’autorità di un Ei- figli. Stavo girando la scena con Jack punto di svolta del film. Sapevo che do- «Puzza di talpa». E poi tira fuori una pi- molto attento e in qualche modo esse- senhower, che giocava a golf tutto il (Nicholson, ndr) a tavola e Leonardo vevo stargli addosso e aiutarlo ad anda- stola. Fu fantastico. La reazione di Leo-

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Né inni ai mafiosi, né condanne moraliste solo il nudo racconto della vita così com’è

ROBERTO SAVIANO (segue dalla copertina) sumono nelle metropoli americane diventino atteggiamenti vincenti che mettono paura e crea- no soggezione nella comoda comunità Wasp trincerata dietro le sicurezze di un lavoro certo, ma corsese ci racconta la vita di quegli immigrati che, dopo generazioni, ancora portano l’ac- monotono e noioso. Si crea epica perché si raccontano le gesta di persone senza limiti. E quell’as- cento italiano nel loro inglese e ancora si definiscono italiani anche se non l’hanno mai vista senza di limiti affascina. Non si può negare, e constatarlo non significa aderire al crimine. Il docu- Sl’Italia. Con la trilogia Mean Streets (1973), Quei bravi ragazzi (1990) e Casinò (1995) non ha mentario Italoamericani (1974) è un capolavoro in cui Scorsese racconta di sua madre e suo pa- voluto costruire la mitologia del mobster, del mafioso. Un’epica positiva dell’antieroe. Ha sempli- dre, di come vivevano. È la dimostrazione di come non gli stia a cuore solo l’aspetto criminale con- cemente voluto raccontare la vita così com’è, come lui la percepisce e la vive, senza porsi limiti. nesso alla presenza di immigrati italiani in America, ma di come tenda anzi a decostruire i precon- Ho sempre creduto che un regista, un narratore, debba raccontare, fare arte, senza avere la pre- cetti che li riguardano. Troppe volte in un cognome italiano echeggia per chi l’ascolta negli Stati sunzione di educare. Del resto, se prescindiamo da quelle critiche sterili che mai hanno fatto del Uniti un fascino esotico legato all’immaginario criminale. La comunità italoamericana ne è infa- bene all’arte, non esistono film che educano al bene e film che educano al male, ma solo film di stidita, ma non è con il silenzio che si risponde al pregiudizio. È raccontando che dimostriamo di buona qualità e film di cattiva qualità. L’emulazione e la mistificazione sono sempre esistite e se i essere altro dalle mafie. Nel 2010 un rapper siciliano, Izio Sklero, in un testo — Tu Vo’ Fari u Sici- film sono prodotti culturali di massa e quindi facilmente individuabili come responsabili di de- liano — racconta di come si sfrutti il mito della mafia per sembrare più cattivo e di come ci si dia terminati comportamenti, nei secoli non possiamo ignorare che Goethe e Foscolo furono critica- l’aria da meridionale, magari usando lo slang per intimidire chi crede che sia un altro ti per aver suggerito il suicidio a molti ragazzi delusi da politica e amore. Che Wagner, Nietzsche o boss siculo. Ma non c’è imitazione che tenga, a quel mondo o si appartiene o non si appartiene. I Tolkien siano stati — in maniera diversa e in epoche diverse — accusati di aver aderito o ispirato boss oggi parlano in italiano, hanno studiato, sono persone curate, dai bei fisici e dall’aspetto gra- teorie naziste. devole. Ma sono altre le dinamiche che portano a compiere gesti estremi, non guardare un bel film o Quindi guardiamo all’arte come a uno specchio della vita senza eccessivi moralismi. Non sono leggere un buon libro. Del resto, questo grado di empatia tra film e società credo sia ascrivibile al- i film di Scorsese o di Coppola, non è Scarface o Al Pacino, Joe Pesci o Robert De Niro a plasmare la potenza che Scorsese ha nel mostrare come le vite dei gangster non siano poi così diverse dalle la realtà che ci circonda. Quando la maggiore economia del mondo è quella criminale, accade che vite di noi comuni mortali. L’alchimia nei film di Scorsese è proprio questa: raccontare il quoti- questi film smettano di essere solo racconti di una parte del mondo. Scorsese non sta solo parlan- diano, il percorso di tutti i giorni di queste persone, un percorso che si intreccia con i nostri per- do a te, spettatore che guardi i suoi film. Sta parlando di te. Del resto Martin Scorsese è quello che corsi. Il fascino nasce dal cortocircuito dell’inesistenza, in quei percorsi, del limite. I criminali sem- nel 1986 gira il videoclip di Bad e che riguardo a Michael Jackson ha detto: «L’esibizione che fece bra possano tutto. E poi, presto, pagheranno tutto. Il loro essere cafoni, spesso cialtroni e ridicoli al Motown 25: Yesterday, Today, Forever è stata la cosa più bella che io abbia mai visto. Era così sem- è un aspetto umano. Quei bravi ragazzie Casinòsono entrambi tratti dai romanzi di Nicholas Pi- plice, così pura, ballava da solo in scena». Sì, questo è Scorsese.

leggi, romanzi in cui lo scrittore descrive come l’atteggiamento paesano che i nipoti di italiani as- © RIPRODUZIONE RISERVATA

IL LIBRO Il testo riprodotto in queste pagine, come le fotografie, è tratto da Martin Scorsese, conversazioni su di me e tutto il resto, autobiografia del grande regista italoamericano raccolta dal critico cinematografico e filmaker Richard Schickel. In Italia edito da Bompiani (502 pagine, 22,50 euro), è in libreria in questi giorni

I GENITORI Charles e Catherine Scorsese, spesso coinvolti in film (sotto) e documentari (al centro in Italoamericani, 1974)

mes Dean in quel film. Le mie radici sono ancora lì. Non appartengo a un mondo di scrittori o di artisti. Col passare del tem- po mi sono reso conto che non voglio STORYBOARD considerarmi diverso da quello che so- Dall’alto no. Ma da piccolo, quando crescevo in a sinistra, quel quartiere, mi sentivo davvero uno storyboard schiacciato. E l’unica via di sfogo era dell’infanzia; immaginare storie, cose del genere. Fin sul set del primo da piccolo. Lavoravo molto di fantasia. corto (1963); E disegnavo i miei film. I primi li dise- lo storyboard gnai in bianco e nero e nel formato 1.33, per Mean Streets che era quello standard del cinema del- (1973). A lato, l’epoca. Un giorno mio padre mi vide all’università che ci giocavo e dovetti nasconderli. (1963) Non capiva che cosa stessi facendo, e pensò che me ne stessi troppo per con- nardo è in tempo reale. Gli ho detto: deve all’altro qualcosa. Ci sono la fidu- Parliamo di persone che, diciamo così, il fratello buono e quello cattivo. A casa to mio. Non completai più le storie. Sta- «Devi convincerlo che tu non sei l’infa- cia e il tradimento. sono di natura diversa dalla nostra. Ma nostra, il conflitto era soprattutto tra vo diventando un adolescente, e le co- me, anche se tu lo sei». Ero felice di co- Nel mondo in cui sono cresciuto io, per me si tratta solo di esseri umani. Il mio padre e mio fratello maggiore. Io in se cominciavano a cambiare. me stava venendo la scena, e d’un trat- il tradimento era la cosa peggiore che ti tradimento ha che fare con l’amore. Ci teoria ero quello buono. Ma quando vi- to ho pensato: ma io questa scena l’ho potesse capitare. La caduta di un gang- deve essere un legame tra le persone di La valle dell’Eden, mi resi conto che Traduzione Alberto Pezzotta già girata. Col senno di poi, mi accorgo ster per me è altrettanto interessante di che si tradiscono, altrimenti non fareb- mi sentivo come il personaggio di Ja- © 2011 by Richard Schickel che questo è il tema di tanti miei film, quella di un presidente o di un cantan- be così male. Ecco perché La valle del- mes Dean. Provavo le stesse cose del Published by Arrangement da Mean Streetse Toro scatenatoin poi. te famoso. Per esempio in Casinò, pri- l’Eden è stato un film così importante cattivo. Sentivo tutto ciò che sentivano with Agenzia Letteraria Santachiara

Ci sono sempre padri e figli, e ognuno ma c’è il tradimento, e poi la caduta. per me. Per la lotta tra padre e figlio. C’è gli adolescenti quando vedevano Ja- © RIPRODUZIONE RISERVATA

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L’attualità Le alluvioni di Genova, della Liguria e di Messina. L’Aquila ancora città fantasma dopo l’ultimo terremoto. E prima ancora, Vesuvio, Irpinia, Vajont, Amnesie fino al Medioevo. Ecco come il nostro Paese è stato devastato dai disastri naturali. E ogni volta ha dimenticato la lezione

Storia d’Italia e di catastrofi PAOLO RUMIZ

el1859 un tuono nel fon- stri. Messina diventa un fiume di fango, Tevere. Se oggi Roma è al sicuro è solo perstizione, quando alluvioni e terre- alluvioni. Palermo pare estranea a cata- do dell’Appennino fa a la Liguria si squarcia sotto le grandi grazie a quell’urlo del Generale. moti erano punizioni divine. C’erano al- strofi di tipo messinese, ma basta un’oc- pezzi Norcia, squarcia le piogge, l’Aquila è ancora una città fan- È un fatto che l’Italia non può più per- meno i preti a tenerci in allerta con le chiata al passato per cambiare idea. An- antiche mura e inghiotte tasma dopo l’ultimo sisma, ma nel gran- mettersi di subire terremoti e alluvioni “rogazioni”, processioni che evocava- drea Goltara, direttore del Centro italia- centinaia di vite. Manca de compleanno dell’Italia i terremoti, le senza trarre lezioni dal passato. E forse no il male con scongiuri, simbologie, ri- no di riqualificazione fluviale, ricorda un anno all’annessione eruzioni, le frane e le alluvioni non han- ora qualcosa timidamente si muove, tuali e precisi anniversari liturgici. l’esondazione del 1862, quella del 1925 dell’UmbriaN da parte dei Savoia, la città no cittadinanza. Eppure se c’è una cosa anche su spinta della presidenza della Il Vesuvio, per esempio, chi ci pensa e soprattutto quella, eccezionale, del medievale fa ancora parte dello Stato che ci fa nazione è proprio il disastro, . A Spoleto è nato un Centro più. Poi guardi la storia dei 150 anni e ve- 1931. Da allora si è talmente costruito in della Chiesa e tocca al Papa intervenire. sua anormale frequenza, il modo con euromediterraneo che raccoglie la do- di che non dorme affatto. Comincia pro- zone allagabili che, se oggi si ripetesse la Ebbene, alla notizia del terremoto, Pio cui la catastrofe naturale si riverbera su cumentazione sugli eventi estremi e i di- prio nel 1861, salutando con una botta grande pioggia di quell’anno, i danni sa- IX, l’uomo teoricamente più reaziona- un territorio notoriamente mal costrui- sastri. Il 12 dicembre il tema dell’Unità memorabile l’annessione al Piemonte. rebbero infinitamente più gravi. I disa- rio dell’epoca, impone un’illuminata to. È la nostra reazione alle avversità, la d’Italia riletta attraverso i disastri sarà Poi brontola, in sequenza ininterrotta, stri sono spesso recidivi, e quello di que- normativa antisismica. Queste regole lezione che ne traiamo, e soprattutto il affrontato a Roma all’Accademia di San nel 1867, 1872, 1891. Quattro anni dopo st’anno a Genova è stato preceduto da indispensabili, ma impopolari per via modo in cui esse vengono (raramente) Luca in un convegno con i massimi un nuovo rigurgito di lava crea il Colle eventi analoghi nel 1945, 1951, 1953 e degli aggravi alla spesa edilizia, non sa- elaborate o (più spesso) dimenticate. esperti italiani del settore. «È incredibi- Margherita e a seguire, nel 1899, una 1970. E che dire dell’esondazione del- ranno mai applicate. Motivo: con l’arri- Quando il Tevere invade Roma nel di- le quanto si debba insistere per far capi- Piedigrotta di lapilli genera Colle Um- l’Arno nel ’66: una fotocopia di quella già vo dei piemontesi l’ordine antico deca- cembre 1870, sotto l’onda emozionale re cose di un’ovvietà assoluta», dice il berto. Nel 1906 un’eruzione violenta di- accaduta nel 1844. de. Siamo in Italia, le norme danno fa- si decide di dare alla città una migliore professor Domenico Giardini, nuovo strugge Borgo Tre Case, poi c’è quella Dal Dodicesimo secolo a oggi, Marco stidio. E poi il Paese ha altre gatte da pe- difesa dall’acqua, ma ecco che la solita presidente dell’Istituto nazionale di del ’29 e ancora quella del ’44, descritta Amanti dell’Ispra ha registrato 480mila lare, a partire dalle rivolte del Sud. Per i commissione parlamentare insabbia geofisica. «Le cose giuste le aveva già dallo scrittore Norman Lewis, che è a frane sul territorio nazionale, estese sul norcini, neanche dire, è una festa. Il ple- tutto, al punto che cinque anni dopo, dette Rousseau dopo il terremoto di Li- Napoli con l’esercito americano. San settanta per cento dei Comuni. La map- biscito del 1861 è per loro un’occasione non essendoci ancora nulla di deciso, sbona del 1755. Disse che l’ecatombe è Sebastiano è minacciato e il paese esce pa dei terremoti dal 1861 registra non unica per accantonare l’impopolare an- Giuseppe Garibaldi in persona rompe fatale se l’uomo si ostina a costruire ca- in processione verso la lava con la statua solo una sequenza ininterrotta di sismi tisismica papalina, azzerare la memoria gli indugi, abbandona inferocito la sua se di sei piani in zone sismiche. Ma noi del protettore. Ma la gente non si fida e quindi la necessità di un’allerta co- e gettare le premesse di un secolo e mez- Caprera e torna nella Capitale per in- ormai siamo così freneticamente troppo e chiama in rinforzo San Genna- stante, ma mostra con evidenza che ne- zo di malaedilizia e conseguenti disa- chiodare i politici alle loro responsabi- proiettati sul futuro che non abbiamo ro, il cui tabernacolo viene però tenuto gli ultimi vent’anni le scosse forti sono stri. Ce le siamo sempre cercate, le scia- lità. Accolto da una folla immensa, tiene più tempo di riflettere sul passato e ogni nascosto fino all’ultimo in un vicolo, semmai diminuite per cui — statistica- gure, ignorando scientemente la storia, un memorabile discorso ai romani «con catastrofe ci sembra un evento eccezio- perché Sebastiano non abbia a offen- mente — c’è da aspettarsi un bel tuono e la rimozione continua anche oggi, con la voce dei bei giorni» e li esorta a essere nale. È un’amnesia fatale per un Paese dersi. Da allora il pentolone tace, la me- a tempi ravvicinati. Più che l’Aquila, le celebrazioni del centocinquantena- «seri, seri, seri e fermi». Solo allora il Par- che ha una media di mille morti l’anno moria del pericolo corso si attenua ed preoccupa il silenzio sismico che le sta rio dell’Unità che rimbombano di fan- lamento si muove e dà via libera ai lavo- per terremoti». In confronto alla cecità ecco, puntuali, i palazzinari all’assalto attorno. L’amnesia è funzionale al ce- fare ma evitano accuratamente i disa- ri per i muraglioni di rinforzo alle rive del dell’oggi era quasi meglio la vecchia su- della scarpata di lava. Idem per frane e mento. Lo si è visto nel 2009 all’Aquila,

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L’EVENTO Si svolge il 12 dicembre a Roma all’Accademia nazionale di San Luca la “Prima giornata per la divulgazione storica, scientifica e culturale sui disastri naturali”. Organizzata dal Centro Eedis (Eventi estremi e disastri) e dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, analizza 150 anni d’Italia unita attraverso i suoi disastri. L’ultima pubblicazione del Centro Eedis è Il peso economico e sociale dei disastri sismici negli ultimi 150 anni di Emanuela Guidoboni e Gianluca Valensise (Bononia University Press)

dove molti ignoravano di trovarsi in area migliore di noi». L’Unità d’Italia azzerò sismica e dove, in quel vuoto di memo- anche la toponomastica “ammonitri- ria, i pirati dell’edilizia avevano fatto ce”. Nello zelo cartografico dei sabaudi, carne di porco del territorio. È una ten- piccoli nomi di luogo come Pozzallo, denza vecchia come l’Italia. Dopo il ter- Pietratagliata, Trematerra, Acquapen- remoto di Rimini del 1916, i parlamen- dente, persero il loro senso o furono tari romagnoli fecero di tutto per far re- fraintesi. La costa sarda di “Maluventu” vocare le norme antisismiche e quando fu registrata come “Maldiventre” dai ci riuscirono, negli anni Venti, furono piemontesi che non capivano il sardo e accolti come eroi alla stazione e portati per parecchie navi quel pezzo di mare in trionfo dalla popolazione. Stessa co- divenne infido perché il nuovo nome sa in Friuli, dopo il terremoto del 1928. I non conteneva più l’avvertimento. Gli paesi più “ammanigliati” scansarono le esempi dello stesso tipo non si contano. norme di sicurezza che avrebbero com- La frana più estesa d’Italia, quella di An- portato spese edilizie maggiorate del 15 cona del 1982, avvenne su un pendio per cento, mentre i periferici subirono. detto “Ruina”, dove dall’epoca dei Ro- Risultato: nel maggio del 1976 i centri mani non s’era mai costruito proprio esentati come Gemona videro un’eca- perché si credeva al senso dei nomi. tombe. Gli altri, come Pioverno, non eb- E che dire del Vajont, 1963, dove nel bero neanche un morto. lago artificiale di una diga appena co- «Solo chi ricorda sa il pericolo che cor- struita cadde un monte intero detto re, e quindi accetta di sottoporsi a rego- “Toc”, che significa più o meno “qual- le che gli salveranno la vita», sbotta cosa in bilico”. L’arroganza dei signori Emanuela Guidoboni, storica dei terre- dell’energia nell’uso del territorio e la moti e ideatrice del centro di Spoleto. supponenza degli ingegneri di fronte al- CRONACHE «Per salvarci dai disastri, una forte me- la memoria dei montanari fece, in un Dall’alto a sinistra in senso orario, Laguna di Venezia, dalla parte moria condivisa è più importante di un botto solo, duemila morti. Per un nome delle Fondamenta Nuove, completamente ghiacciata nel 1709; sofisticato tecnicismo che porta fatal- ignorato vennero giù trecento milioni di Firenze inondata dall’Arno nel 1844; maggio 1926, la Domenica mente a delegare le soluzioni a pochi, a metri cubi di roccia e terra, e fu la più del Corriere racconta l’esondazione del Po a Mortizza (Piacenza); scelte emergenziali, verticistiche, e allo grande frana di sempre. Non fu la natu- disegno delle rovine della chiesa della Madonna di Loreto scavalcamento delle regole. Ricordare ra a essere matrigna, ma gli uomini a es- a Polla (Salerno) dopo il terremoto del 1857; alluvione ci aiuta invece a fare scelte democrati- sere pessimi figli.

del Tevere a Roma nel 1557 in una stampa tedesca che e condivise, e a mobilitare la parte © RIPRODUZIONE RISERVATA

Repubblica Nazionale DOMENICA 27 NOVEMBRE 2011 LA DOMENICA ■ 36 La storia Ideologie Aborigeni, zulù, uomini-leone, donne-giraffa. Rinchiusi ed esposti al pubblico, immortalati in cartoline e gadget. Per secoli l’Occidente ha spettacolarizzato “il nero” per inventarsi il mito della superiorità. Come rivela ora una grande mostra allestita a Parigi e curata da Liliam Thuram

L’Europa in fila davanti alle gabbie del buon selvaggio

LAURA PUTTI PARIGI Considerandola una cosa del tutto normale per quei tempi, si misero in fila. I tempi erano esat- tamente tra il 1850, forse anche prima, e il 1930, for- se anche dopo. La fila raggiunse il miliardo e quat- trocentomila persone, forse anche di più. Erano i “civilissimi” europei che si affollavano felici tra i recinti, le gabbie, i palcoscenici nei quali erano confinati uomini e donne come loro, ma con un di- verso colore della pelle. Erano bambini tedeschi, francesi, americani che si divertivano nei circhi o alle feste di piazza vedendo la donna barbuta, lo zulù scatenato, Toro Seduto e Geronimo impe- gnati in danze e spettacoli. Erano uomini e donne che guardavano altri uomini e donne chiusi negli zoo umani. «Il pregiudizio viene da lontano», dice Liliam Thuram, leggenda del calcio italiano e mondiale, che dal 2008 presiede la Fondation edu- cation contre le racisme. Oggi Thuram parla in ve- ste di commissario generale de L’invention du sauvage, la mostra che da martedì 29 fino al 3 giu- gno, al Musée del Quai Branly, a Parigi, racconterà attraverso più di cinquecento tra oggetti, fotogra- fie, filmati e documenti la costruzione del “diver- so”, quindi la nascita del razzismo. Tra la fine del Quindicesimo secolo e l’inizio del Sedicesimo l’Occidente inventa “il selvaggio”. Uomini e donne venuti dall’Asia, dall’Africa e dal- l’Oceania intrattengono le corti reali. Sono “botti- ni umani” portati dagli esploratori, uomini che tengono al laccio elefanti e giraffe, e che finiscono per diventare animali essi stessi. Già nel 1550 gli indiani della tribù Tupinamba sfilavano a Rouen davanti a Enrico II. Il successo fu Uomini immenso, la gente accorreva, qualcuno fiutò l’af- fare. Nacquero così gli “zoo umani”, le fiere, i cir- e chi, i freak show (nel 1932, sui deformi, l’america- no Tod Browning girerà proprio Freaks, divenuto film cult); i selvaggi, gli uomini esotici, vengono mostrati alle Esposizioni universali e coloniali. Gli zulù a Londra, gli aborigeni a Parigi, i circhi Bar- num e Bailey negli Stati Uniti. La diversità diventa spettacolo, e il “selvaggio” la garanzia di un tutto esaurito. Inizia il razzismo scientifico con un esempio per tutti: la “Venere ottentotta” dal sesso smisurato (raccontata dal bel film Venere nera di Kechiche) è prima sfruttata da un sudafricano co- me lei (ma bianco); poi, morta di stenti e sifilide, se- zionata e il suo calco di gesso esposto al pubblico. «Quando nell’Ottocento la gente vedeva queste persone, usciva dagli zoo umani pensando di ave- re davvero visto “il selvaggio”», dice Thuram, che per due anni, accanto ai commissari scientifici, gli antropologi Pascal Blanchard e Nanette Jacomijn Snoep, ha lavorato alla mostra. «Abbiamo raccol- zooLa fabbrica del razzismo to fotografie dell’epoca, ma anche le cartoline dei “selvaggi” molto alla moda, manifesti dei circhi e degli spettacoli, pupazzi animati, calchi di gesso, filmati. Il razzismo si formava non solo davanti ai SIEGMUND GINZBERG collaborato oltre settanta specialisti. recinti, ma anche attraverso quadri bellissimi, «Zoo umani», il sottotitolo, è un termine manifesti graficamente splendidi, richiami irresi- i è cominciato molto presto a “inventare” il selvaggio, e a esibir- coniato da Desmond Morris negli anni Ses- stibili». E Thuram, uomo di origine africana, si è lo, farne spettacolo. A farne oggetto di curiosità morbosa, di sfo- santa per descrivere la condizione dell’uomo mai commosso, o irritato, davanti a questi ogget- go alle fantasie più inconfessabili, specie quelle sessuali. A ingi- moderno che, costretto a vivere nella «giungla ti? «Alcune cose mi hanno colpito. La prima è l’in- gantire il “diverso”, lo “strano”, il “mostruoso”. A farne il ricet- di cemento» della città come un animale in gab- gresso dell’Hagenbeck Zoo ad Amburgo: attorno tacolo delle convenienze propagandistiche del momento, del- bia, svilupperebbe comportamenti animaleschi alla porta ci sono foto di animali e uomini venuti le paure e, insieme, dei desideri proibiti. Da quando gli antichi legati a questa sua condizione di cattività. Nel conte- da Africa, Asia e Oceania, messi allo stesso livello. S egiziani esibivano i “nani neri” provenienti dal Basso Nilo, il Me- sto dell’esposizione parigina il riferimento è invece agli Le hanno lasciate lì, nessuno ci fa caso. Poi la sto- dioevo esibì i propri “mostri”, “esseri difformi” nelle fiere, Juan oltre 35mila esseri umani “esotici” o “anomali” che dal ria di un uomo africano microcefalo presentato Bosch i suoi incubi impareggiabili nei dipinti, Cristoforo Co- 1800 a metà 1900 furono esibiti come animali allo zoo, tal- con il nome di “What is it?”, “che roba è?”, come l’a- lombo e poi conquistadores e pirati riempirono le corti europee volta letteralmente in gabbia. nello mancante tra l’orango e l’uomo. Ma anche con gli strani campioni di umanità strappati al Nuovo mondo, Erano spettacoli da circo o da baraccone, sapientemente mes- due deliziosi sottobicchieri: nel primo vedi un filosofi e scrittori di viaggi suscitavano brividi nei loro lettori con si in scena e coreografati da impresari specializzati nello stupire bambino bianco che dà un pezzo di cioccolato a i racconti sui “cannibali”. Ma solo nell’Ottocento e nel primo ed eccitare il pubblico, sollecitarne il voyeurismo. Pioniere in un bambino nero chiuso in un recinto; nell’altro lo Novecento l’esibizione del selvaggio e del diverso avrebbero as- America era stato P. T. Barnum, quello del famigerato Circo. Pio- stesso bambino bianco dà una mela a un elefante. sunto dimensioni industriali. niere in Europa fu invece il pescivendolo amburghese Carl Ha- Ma nella mostra non ci sono colpevoli e vittime: c’è Ne dà conto, in modo enciclopedico, l’esposizione parigina genbeck, che dopo aver rifornito gli zoo di animali si mise ad esi- solo la Storia». L’invention du sauvage, accompagnata da un catalogo impo- bire indigeni samoiedi o samoani. Il freak show, l’esibizione del

© RIPRODUZIONE RISERVATA nente, ricchissimo di documentazione iconografica, cui hanno mostro, dello scherzo di natura, e la performance con brivido dei

Repubblica Nazionale DOMENICA 27 NOVEMBRE 2011 LA DOMENICA ■ 36 La storia Ideologie Aborigeni, zulù, uomini-leone, donne-giraffa. Rinchiusi ed esposti al pubblico, immortalati in cartoline e gadget. Per secoli l’Occidente ha spettacolarizzato “il nero” per inventarsi il mito della superiorità. Come rivela ora una grande mostra allestita a Parigi e curata da Lilian Thuram

L’Europa in fila davanti alle gabbie del buon selvaggio

LAURA PUTTI PARIGI Considerandola una cosa del tutto normale per quei tempi, si misero in fila. I tempi erano esat- tamente tra il 1850, forse anche prima, e il 1930, for- se anche dopo. La fila raggiunse il miliardo e quat- trocentomila persone, forse anche di più. Erano i “civilissimi” europei che si affollavano felici tra i recinti, le gabbie, i palcoscenici nei quali erano confinati uomini e donne come loro, ma con un di- verso colore della pelle. Erano bambini tedeschi, francesi, americani che si divertivano nei circhi o alle feste di piazza vedendo la donna barbuta, lo zulù scatenato, Toro Seduto e Geronimo impe- gnati in danze e spettacoli. Erano uomini e donne che guardavano altri uomini e donne chiusi negli zoo umani. «Il pregiudizio viene da lontano», dice Lilian Thuram, leggenda del calcio italiano e mon- diale, che dal 2008 presiede la Fondation educa- tion contre le racisme. Oggi Thuram parla in veste di commissario generale de L’invention du sauva- ge, la mostra che da martedì 29 fino al 3 giugno, al Musée del Quai Branly, a Parigi, racconterà attra- verso più di cinquecento tra oggetti, fotografie, fil- mati e documenti la costruzione del “diverso”, quindi la nascita del razzismo. Tra la fine del Quindicesimo secolo e l’inizio del Sedicesimo l’Occidente inventa “il selvaggio”. Uo- mini e donne venuti dall’Asia, dall’Africa e dall’O- ceania intrattengono le corti reali. Sono “bottini umani” portati dagli esploratori, uomini che ten- gono al laccio elefanti e giraffe, e che finiscono per diventare animali essi stessi. Già nel 1550 gli indiani della tribù Tupinamba sfilavano a Rouen davanti a Enrico II. Il successo fu Uomini immenso, la gente accorreva, qualcuno fiutò l’af- fare. Nacquero così gli “zoo umani”, le fiere, i cir- e chi, i freak show (nel 1932, sui deformi, l’america- no Tod Browning girerà proprio Freaks, divenuto film cult); i selvaggi, gli uomini esotici, vengono mostrati alle Esposizioni universali e coloniali. Gli zulù a Londra, gli aborigeni a Parigi, i circhi Bar- num e Bailey negli Stati Uniti. La diversità diventa spettacolo, e il “selvaggio” la garanzia di un tutto esaurito. Inizia il razzismo scientifico con un esempio per tutti: la “Venere ottentotta” dal sesso smisurato (raccontata dal bel film Venere nera di Kechiche) è prima sfruttata da un sudafricano co- me lei (ma bianco); poi, morta di stenti e sifilide, se- zionata e il suo calco di gesso esposto al pubblico. «Quando nell’Ottocento la gente vedeva queste persone, usciva dagli zoo umani pensando di ave- re davvero visto “il selvaggio”», dice Thuram, che per due anni, accanto ai commissari scientifici, gli antropologi Pascal Blanchard e Nanette Jacomijn Snoep, ha lavorato alla mostra. «Abbiamo raccol- zooLa fabbrica del razzismo to fotografie dell’epoca, ma anche le cartoline dei “selvaggi” molto alla moda, manifesti dei circhi e degli spettacoli, pupazzi animati, calchi di gesso, filmati. Il razzismo si formava non solo davanti ai SIEGMUND GINZBERG collaborato oltre settanta specialisti. recinti, ma anche attraverso quadri bellissimi, ma- «Zoo umani», il sottotitolo, è un termine nifesti graficamente splendidi, richiami irresisti- i è cominciato molto presto a “inventare” il selvaggio, e a esibir- coniato da Desmond Morris negli anni Ses- bili». E Thuram, uomo di origine africana, si è mai lo, farne spettacolo. A farne oggetto di curiosità morbosa, di sfo- santa per descrivere la condizione dell’uomo commosso, o irritato, davanti a questi oggetti? «Al- go alle fantasie più inconfessabili, specie quelle sessuali. A ingi- moderno che, costretto a vivere nella «giungla cune cose mi hanno colpito. La prima è l’ingresso gantire il “diverso”, lo “strano”, il “mostruoso”. A farne il ricet- di cemento» della città come un animale in gab- dell’Hagenbeck Zoo ad Amburgo: attorno alla tacolo delle convenienze propagandistiche del momento, del- bia, svilupperebbe comportamenti animaleschi porta ci sono foto di animali e uomini venuti da le paure e, insieme, dei desideri proibiti. Da quando gli antichi legati a questa sua condizione di cattività. Nel conte- Africa, Asia e Oceania, messi allo stesso livello. Le S egiziani esibivano i “nani neri” provenienti dal Basso Nilo, il Me- sto dell’esposizione parigina il riferimento è invece agli hanno lasciate lì, nessuno ci fa caso. Poi la storia di dioevo esibì i propri “mostri”, “esseri difformi” nelle fiere, Juan oltre 35mila esseri umani “esotici” o “anomali” che dal un uomo africano microcefalo presentato con il Bosch i suoi incubi impareggiabili nei dipinti, Cristoforo Co- 1800 a metà 1900 furono esibiti come animali allo zoo, tal- nome di “What is it?”, “che roba è?”, come l’anello lombo e poi conquistadores e pirati riempirono le corti europee volta letteralmente in gabbia. mancante tra l’orango e l’uomo. Ma anche due de- con gli strani campioni di umanità strappati al Nuovo mondo, Erano spettacoli da circo o da baraccone, sapientemente mes- liziosi sottobicchieri: nel primo vedi un bambino filosofi e scrittori di viaggi suscitavano brividi nei loro lettori con si in scena e coreografati da impresari specializzati nello stupire bianco che dà un pezzo di cioccolato a un bambi- i racconti sui “cannibali”. Ma solo nell’Ottocento e nel primo ed eccitare il pubblico, sollecitarne il voyeurismo. Pioniere in no nero chiuso in un recinto; nell’altro lo stesso Novecento l’esibizione del selvaggio e del diverso avrebbero as- America era stato P. T. Barnum, quello del famigerato Circo. Pio- bambino bianco dà una mela a un elefante. Ma sunto dimensioni industriali. niere in Europa fu invece il pescivendolo amburghese Carl Ha- nella mostra non ci sono colpevoli e vittime: c’è so- Ne dà conto, in modo enciclopedico, l’esposizione parigina genbeck, che dopo aver rifornito gli zoo di animali si mise ad esi- lo la Storia». L’invention du sauvage, accompagnata da un catalogo impo- bire indigeni samoiedi o samoani. Il freak show, l’esibizione del

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Repubblica Nazionale DOMENICA 27 NOVEMBRE 2011 ■ 37

CARTOLINE Foto d’epoca in bianco e nero e cartoline ritraggono donne, bambini e gruppi di “selvaggi”. In mostra a Parigi al Musée del Quai Branley

MANIFESTI Poster e locandine di esibizioni di “selvaggi” alle Folies Bergère, al circo o al museo di anatomia A destra, il manifesto dell’Esposizione di Milano del 1906

ria dell’Ohio, persino bianchi trasformati in cannibali del Anche l’Italia fece la sua parte. Si era cominciato a Tori- continente nero con una mano di vernice. no a esibire, nel quadro dell’Esposizione generale del La messa in mostra del selvaggio si ammantò presto di 1884, i cosiddetti “assabesi” dell’Eritrea, dancali prove- razzismo scientifico, prima ancora di dar man forte al raz- nienti dal retroterra della Baia di Assab. Seguirono rico- zismo popolare. Poi si trasformò in esibizione della pro- struzioni con selvaggi “autentici” a Palermo nel 1892 e di dezza civilizzatrice coloniale. Tutte le grandi Esposizioni una “Cairo”, ovviamente fasulla, a Milano nel 1906. Furo- internazionali avevano il loro villaggio indigeno fasullo, no portati per divertimento “selvaggi” persino al Quirina- con centinaia di “selvaggi” in carne e ossa in mostra. L’E- le, ma qualcuno di loro morì prima di allietare la famiglia sposizione universale di Parigi del 1889 fu visitata da 32 mi- reale. Seguirono i tempi di Faccetta nera. “selvaggi autentici” erano le due facce della stessa meda- lioni di persone, quella del 1900 da oltre cinquanta milioni. Poi questo tipo di esposizione “etnica” cadde in disuso. glia. Si misero in scena gemelli siamesi, donne e bambini A Chicago accorsero nel 1893 in 27 milioni a vedere eschi- Fino all’atroce replica del 23 giugno 1944 nel campo di pelosi, uomini-leone e uomini-elefante. Tra 1800 e 1815 mesi impellicciati, “amazzoni” a seno nudo e il “villaggio concentramento di Theresienstadt (Terezin), a nord di grandi folle accorsero a Londra e a Parigi ad ammirare, sbir- algerino” con tanto di danza del ventre. A Glasgow nel 1888 Praga, quando rappresentanti della Croce rossa svizzera e ciare, misurare, persino toccare eccitati le forme ipertrofi- erano stati quasi in sei milioni ad accorrere per guardare danese furono invitati a visitare il “villaggio ebraico” ge- che della povera “Venere ottentotta”. Così come la gente bayadere e fakiri. Sono già cifre da audience tv, prima an- stito dalle SS, con tanto di aiuole fiorite, squadre di foot- correva a vedere gli Indiani di Buffalo Bill (che almeno era- cora che si potessero immaginare la televisione, le veline, ball, cori di bambini e orchestrine di musica classica e jazz. no pagati). L’imbroglio degli imbonitori faceva parte del le abbondanze anatomiche in prime time e il Grande fra- Per evitare una cattiva impressione di sovraffollamento, gioco. Andarono in scena anche uno “spaventoso guerrie- telloo L’isola dei famosi. Ma il selvaggio di massa che si cre- giusto alla vigilia dello spettacolo 17mila “ospiti” erano ro del Dahomey”, che invece veniva dal North Carolina, dei de civilizzato cominciava già a rispecchiarsi in quello eso- stati trasferiti ad Auschwitz.

“cacciatori di teste del Borneo”, cresciuti però in una fatto- tico e immaginato. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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CARTOLINE Foto d’epoca in bianco e nero e cartoline ritraggono donne, bambini e gruppi di “selvaggi”. In mostra a Parigi al Musée del Quai Branley

MANIFESTI Poster e locandine di esibizioni di “selvaggi” alle Folies Bergère, al circo o al museo di anatomia A destra, il manifesto dell’Esposizione di Milano del 1906

ria dell’Ohio, persino bianchi trasformati in cannibali del Anche l’Italia fece la sua parte. Si era cominciato a Tori- continente nero con una mano di vernice. no a esibire, nel quadro dell’Esposizione generale del La messa in mostra del selvaggio si ammantò presto di 1884, i cosiddetti “assabesi” dell’Eritrea, dancali prove- razzismo scientifico, prima ancora di dar man forte al raz- nienti dal retroterra della Baia di Assab. Seguirono rico- zismo popolare. Poi si trasformò in esibizione della pro- struzioni con selvaggi “autentici” a Palermo nel 1892 e di dezza civilizzatrice coloniale. Tutte le grandi Esposizioni una “Cairo”, ovviamente fasulla, a Milano nel 1906. Furo- internazionali avevano il loro villaggio indigeno fasullo, no portati per divertimento “selvaggi” persino al Quirina- con centinaia di “selvaggi” in carne e ossa in mostra. L’E- le, ma qualcuno di loro morì prima di allietare la famiglia sposizione universale di Parigi del 1889 fu visitata da 32 mi- reale. Seguirono i tempi di Faccetta nera. “selvaggi autentici” erano le due facce della stessa meda- lioni di persone, quella del 1900 da oltre cinquanta milioni. Poi questo tipo di esposizione “etnica” cadde in disuso. glia. Si misero in scena gemelli siamesi, donne e bambini A Chicago accorsero nel 1893 in 27 milioni a vedere eschi- Fino all’atroce replica del 23 giugno 1944 nel campo di pelosi, uomini-leone e uomini-elefante. Tra 1800 e 1815 mesi impellicciati, “amazzoni” a seno nudo e il “villaggio concentramento di Theresienstadt (Terezin), a nord di grandi folle accorsero a Londra e a Parigi ad ammirare, sbir- algerino” con tanto di danza del ventre. A Glasgow nel 1888 Praga, quando rappresentanti della Croce rossa svizzera e ciare, misurare, persino toccare eccitati le forme ipertrofi- erano stati quasi in sei milioni ad accorrere per guardare danese furono invitati a visitare il “villaggio ebraico” gesti- che della povera “Venere ottentotta”. Così come la gente bayadere e fakiri. Sono già cifre da audience tv, prima an- to dalle SS, con tanto di aiuole fiorite, squadre di football, correva a vedere gli Indiani di Buffalo Bill (che almeno era- cora che si potessero immaginare la televisione, le veline, cori di bambini e orchestrine di musica classica e jazz. Per no pagati). L’imbroglio degli imbonitori faceva parte del le abbondanze anatomiche in prime time e il Grande fra- evitare una cattiva impressione di sovraffollamento, giu- gioco. Andarono in scena anche uno “spaventoso guerrie- telloo L’isola dei famosi. Ma il selvaggio di massa che si cre- sto alla vigilia dello spettacolo 17mila “ospiti” erano stati ro del Dahomey”, che invece veniva dal North Carolina, dei de civilizzato cominciava già a rispecchiarsi in quello eso- trasferiti ad Auschwitz.

“cacciatori di teste del Borneo”, cresciuti però in una fatto- tico e immaginato. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Repubblica Nazionale DOMENICA 27 NOVEMBRE 2011 LA DOMENICA ■ 38

Spettacoli Londra, 1° aprile 1966. John Lennon entra in una libreria e ne esce con “L’esperienza psichedelica” Lucy in the Sky dell’inventore dell’Lsd. Da quel giorno i Beatles, la loro musica, i loro vestiti e le loro copertine non saranno più quelli di prima. E neanche il mondo, come racconta un volume che ripercorre l’epopea della più colorata tra le controculture

Il grande scherzo dei Fab Four

ANGELO AQUARO YELLOW SUBMARINE Sopra, disegno NEW YORK preparatorio per il film Yellow Submarine (1968) orrà pure dire qualcosa la e, a sinistra, il retro data. È un primo aprile della copertina del disco quando John Lennon varca After Bathing At Baxter’s la soglia di una libreria di dei Jefferson Airplane LondraV per uscirne con un volume al po- del 1967 sto di un altro sotto il braccio: e dare vita al più grande scherzo mai ordito ai signo- ri della cultura di tutto il mondo. Addio fumo di Londra e circoli Pickwick e grup- pi di Bloomsbury. Benvenuti sex and drug and rock’n’roll. E benvenuta, soprattutto, sorella psichedelia. Intendiamoci: la psichedelia non l’hanno inventata certo i Beatles come i Beatles non hanno inventato certo il pop. Ma credete davvero che la stagione dei fiori sarebbe sbocciata così rigogliosa se scritto da un certo Timothy Leary con Ri- sachusetts, una decina d’anni fa ha inco- non fosse stata innaffiata da quei quattro chard Alpert e Ralph Metzner. minciato a fare i conti con quell’eredità: bravi ragazzi che fino ad allora, o quasi, Naturalmente oggi non la mette giù co- che molti allora davano seppellita nei mil- cantavano in giacca e cravatta “Voglio te- sì il vecchio Paul McCartney. Che in questo le riflussi dell’irrigidimentazione, come si nere la tua mano”? Electrical Banana: Masters of Psychedelic diceva in socialese, e dell’edonismo reaga- La metamorfosi di John, Paul, George & Art racconta agli autori Dan Nadel e Nor- niano. «Seduto in un ristorante all’aperto, Ringo è il primo di quegli incredibili cambi man Hathaway della sua infatuazione per sorseggiando un bicchiere di vino bianco», di look che ci regaleranno gli anni Sessan- la psichedelia, certo, e ricorda quel perio- scriveva Bromell, «mi chiedo perché mai ta. I ragazzini sbarbati con la frangetta riap- do straordinario in cui «il villaggio globale dovrebbe sorprendermi di più il fatto di ri- paiono con i capelli lunghi così e il pelo di stava appena cominciando», e ammette trovarmi, oggi, un aeroporto intitolato a un Neanderthal. Succederà perfino a Miles perfino la «forte componente visuale» re- Ronald Reagan, piuttosto che scoprire che Davis: il divino trombettista che nel 1961 galata da quella droga potente chiamata la cameriera che mi sta servendo porta gli viene eletto musicista più elegante nel “Lsd”. Ma tace, e ti pareva, sul ruolo dell’al- orecchini col vecchio segno della pace». Il mondo ora sale sul palco vestito come uno IL LIBRO tra metà dei Beatles. E che ruolo. sottotesto era chiaro: non tutto è perduto, sbandato. E invece del bianco & nero di Electrical Banana: Masters «Leary era quello che andava in giro a l’eredità di quegli anni rivive ancora ades- Francis Wolff, il fotografo-mito della Blue of Psychedelic Art di Dan Nadel predicare fatelo, fatelo, fatelo» scrive John. so, nell’eterno contemporaneo ormai Note, inonda la copertina di Bitches Brew e Norman Hathaway (Damiani editore, «E noi seguimmo le sue istruzioni. Feci condizione del nostro vivere quotidiano. con le fantasmagorie di Mati Klarwein. 208 pagine, 150 illustrazioni, 29 euro), proprio come diceva nel libro: e fu allora Ma se oggi, appunto, nel metrò di New Sì, nasce davvero tutto quel primo apri- da cui sono prese le immagini che scrissi Tomorrow Never Knows, in pra- York o di Roma nessuno fa più caso a chi si le del 1966, quando John Lennon entra nel- che illustrano queste pagine, tica la prima canzone sotto effetto acido. veste strano è (anche) perché i Beatles de- l’Indica Books & Gallery e invece di com- è in libreria da martedì 29 novembre “Abbandona ogni pensiero / arrenditi al cisero di trasformare in business quella prare il libro che cercava, una copia del Lo stesso giorno alle 18 il libro, che ripercorre vuoto”: e tutte quelle altre stronzate che cultura che inizialmente si chiamava gio- Nietzschedi Walter Arnold Kaufmann, il fi- la storia della cultura psichedelica, Leary aveva preso dal Libro dei morti». Tut- vanile — ricordava all’alba degli anni Set- losofo tedesco-americano che aveva reso viene presentato in anteprima nazionale te quelle altre stronzate? Tomorrow Never tanta William O’ Neill nell’ormai classico digeribile a quei faciloni di anglosassoni il a Bologna alla Libreria Coop Ambasciatori Knows è anche il titolo del bel saggio in cui Coming Apart — ma fu subito ribattezzata genio prussiano venerato da Adolf Hitler, Nick Bromell, che ai suoi tempi sarà stato “controcultura” proprio per il successo trova L’esperienza psichedelica: un ma- anche flippato ma oggi insegna letteratura trasversale che tracimò tutti i bordi del- nuale basato sul libro tibetano dei morti americana e inglese all’università del Mas- l’età. Sono sempre loro, i Beatles, a decide-

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Così i nostri giganteschi 33 giri diventarono tele per gli artisti dei fiori

PAUL MCCARTNEY er me che ho sempre disegnato è stato davvero stupendo poter commissionare ope- re ad artisti che all’epoca ammiravo perché facessero le copertine dei nostri dischi. PChe occasione fantastica! Quel che voglio dire è che noi spingevamo sempre le cose più in là, alla ricerca del Mago di Oz… Ce n’erano tanti tra noi che amavano l’arte: molti musicisti inglesi avevano frequentato scuole d’arte o avevano un interesse preciso per l’ar- te (e questo era il mio caso) ma non avevano frequentato scuole apposite. Così iniziammo, e fummo fortunati da un certo punto di vista perché avevamo a disposizione quei magni- fici, grandi 33 (e 1/3) giri, gli ellepì, che costituivano una tela fantastica, grande abbastan- za da poterla tenere in mano e grande abbastanza per un artista per farci stare qualcosa. All’inizio fu Klaus Voormann. Nostro carissimo amico sin dai tempi di Amburgo, venne da noi con la cover per Revolver. Sinceramente credo che quello fu il momento preciso in cui iniziammo a prendere sul serio le cover degli album. In precedenza, i dischi di jazz ave- vano qualche illustrazione, ma credo che il nostro fu davvero il primo disco ad avere la co- pertina illustrata da un artista. Poi arrivò Yellow Submarine, non parlo del disco ma del film. Fu girato di fronte all’edi- ficio nel quale avevo il mio ufficio a Londra. Avevamo avuto alcuni colloqui con i creativi: erano i King Features a volerlo girare. Così pensai: «Wow! Fantastico! Potremmo fare una specie di film fantastico in stile Disney, pieno di magìa e di questo e di quello». Ma loro — credo giustamente — decisero che il film avrebbe dovuto riflettere lo spirito dei tempi. Vo- levano fare qualcosa di un po’ più avventuroso. Misero insieme un team di animatori clas- sici e tra loro ce n’erano davvero di molto innovativi. Il loro capo era Heinz Edelmann. Da- to che lavoravano proprio di fronte al mio ufficio, ogni tanto capitavo lì e andavo a trovar- li. Mi sedevo con lui alla sua scrivania. E ricordo di aver visto nascere così, pian piano, Blue Meanies... Traduzione Anna Bissanti (dall’introduzione a Electrical Banana: Masters of Psychedelich Art. Damiani editore)

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quel modo l’auto simbolo della potenza “Lui diceva fatelo, fatelo britannica: e che oggi, pensa com’è anda- E noi seguimmo le sue to il mondo, è esposta in un museo di Sua Maestà). E dici sempre Beatles quando dici Heinz istruzioni.Fu allora che scrissi Edelmann, l’art director di quell’altro vi- Tomorrow Never Knows, la prima sionario capolavoro che fu Yellow Subma- rine: la pop art spiegata ai bambini. E dici canzone sotto effetto acido” sempre Casa Beatles quando dici Martin Sharp, il disegnatore di Disraeli Gears, il se- condo e più famoso album dei Cream di re di aprire all’incrocio tra Baker e Pad- quell’Eric Clapton che nel White Albumfa- dington un negozio di dischi, vestiti e ceva gentilmente piangere la sua chitarra quant’altro (antesignano dei vari Fiorucci (“While My Guitar Gently Weeps”) per l’a- e Urban Outfitters e Antropology che ver- mico-fratello George Harrison. ranno) che chiamano Apple Boutique. E Questa è la storia. Poi, per carità, gli chi invitano a rianimare le grigie pareti di esperti tireranno le loro belle genealogie, Londra con un bell’affresco — come si fa in riportando l’origine dell’arte psichedeli- ogni nuova chiesa che si rispetti? Una ra- ca nientemeno che ai ghirigori dorati di gazzotta semisconosciuta che qualche Gustav Klimt e della Secessione Viennese COVER anno prima è scappata da scuola, e dalla e dei Preraffaeliti: e allora perché no dello Da sinistra, la locandina del film Sho wo Suteyo Machi e Deyo sua Amsterdam, e insieme a un paio di stesso Botticelli e della sua Venere — che (Throw Away Your Books, Rally in the Street!) di Shuji Terayama amici fuori di testa ha fondato un gruppo infatti Andy Warhol ripresentò riveduta e (1967); il poster di Mister Tambourine Man e una copertina del ’67 dal nome “The Fool”: il Pazzo. I Favolosi psichedelicamente corretta? E i moralisti della rivista satirica Oz, pubblicata a Londra tra il 1967 e il 1973 Quattro sono così colpiti da Marijke Koger continueranno a chiedersi come sia stato che le chiedono di realizzare la copertina possibile vedere bruciare, nei fumi dell’L- di Sgt. Pepper’s, che poi però viene affidata sd, le menti migliori di più di una genera- a Peter Blake sotto la supervisione di Ro- zione: e solo, letteralmente, per bellezza. bert Fraser. E lei si accontenta, si fa per di- Ok. Ma pensate che pesce d’aprile se il no- re, di disegnare i vestiti a loro, ai Beatles in stro John, quel giorno, fosse davvero usci- carne e ossa — oltre a dipingere di multi- to dalla sua libreria, invece che con le colore il piano di John e soprattutto la sua istruzioni di viaggio del dottor Leary, col Rolls Royce («Maiale, maiale» gridano per bignamino di quel pazzo di Nietzsche.

la strada a Lennon che ha svergognato in © RIPRODUZIONE RISERVATA

SAVILLE THEATRE A destra, un’illustrazione del Saville Theatre di Brian Epstein, manager dei Beatles (1967)

Repubblica Nazionale DOMENICA 27 NOVEMBRE 2011 LA DOMENICA ■ 40

Next Finora riconoscevano comandi semplici: manda un messaggio, COME FUNZIONA L’ASR Hal 9000 chiama questo numero, segna questo memo. (AUTOMATIC SPEECH RECOGNITION) Adesso un nuovo motore tecnologico ha dotato smartphone, pc ed elettrodomestici di una scintilla di intelligenza in più. Non ubbidiscono: capiscono e ci rispondono. Così tastiere e “touch” diventano un ricordo

1 2 Tu parli Il computer ascolta

Quando parliamo un dispositivo elettronico divide la nostra voce in segnali per interpretarla

ERNESTO ASSANTE rano gli anni Sessanta quando sugli schermi dei nostri televisori vedevamo il Capitano Kirk sulla sua Enterprise pronunciare la parola «computer» e poi iniziare a parlare con la macchina per ottenere dati, risposte, suggerimenti. EPer ascoltare la voce di un computer abbiamo dovu- to aspettare qualche anno, quando nel 1968 Hal 9000 dialogava con gli astronauti di Kubrick in 2001: Odis- sea nello spazio. Certo, se Kirk arrivasse oggi sulla Ter- ra resterebbe sorpreso dallo scoprire che con i com- puter ancora non ci si può parlare. Alcuni ascoltano, ma nessuno rispondecon la propria voce perché nes- suno ha una propria voce. E nessun computer ha una propria voce perché nessun computer ha un proprio pensiero. Le macchine non hanno imparato a parla- re. Fino a oggi. Perché da qualche mese nelle mani di molti nel mondo è arrivata l’ultima generazione di smartphone: macchine in grado di risponderecon la propria voce alla nostra voce perché dotate di un bar- lume di “intelligenza” aggiunta. Dallo scorso ottobre, quando è arrivato sul merca- to l’iPhone 4S della Apple, abbiamo fatto conoscen- za con Siri, un personal assistant computerizzato, Macchine che imparano a parlare che ascolta quello che chiediamo, lo capisce e ci ri-

L’EVOLUZIONE 1961 1968 1978 COMPUTER PARLANTE ODISSEA NELLO SPAZIO SPEAK AND SPELL Nei laboratori Bell, compagnia telefonica Usa, Primo esempio di interazione uomo-computer La Texas Instruments introduce i fisici John Larry Kelly Jr e Louis Gertsman è in 2001: Odissea nello spazio. Arthur C. Clarke, uno strumento di assistenza usano un computer Ibm 704 per sintetizzare autore del libro da cui è tratto il film, aveva visto all’apprendimento: Speak & Spell la voce umana. Finalità dell’esperimento, nei Bell Labs un computer che sintetizzava Il chip vocale è tra più simili progettare un sistema di risposta automatica la voce e lo riproduce nel suo Hal 9000 alla voce umana

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GLOSSARIO DOVE SI UTILIZZA L’ASR

SMARTPHONE TELEFONO I segnali sono divisi in fonemi Sono i telefoni “intelligenti”, I sistemi di risposta Il computer ricompone che si collegano alla Rete, automatica (ASR) dedicati i fonemi utilizzando il calcolo scaricano software dedicati alla telefonia risultano statistico per determinare (le app) e svolgono moltissime efficienti al 100% la parola esatta mansioni: come i computer ma in mobilità

PERSONAL SMARTPHONE DIGITAL ASSISTANCE Un’evoluzione 4 dell’ASR il segnale suddiviso I sistemi software in grado consente di “ubbidire” ai comandi di comprendere PERSONAL COMPUTER dettati da un utente. Scrivono ciò che diciamo I sistemi di dettatura testi, chiamano numeri telefonici, 3 Il software misura le onde, automatici efficaci tengono appuntamenti in agenda, normalizza la velocità, 5 sono comparsi trovano località sulle mappe rimuove i rumori è ora fonema nei primi anni Novanta

FONTE: WWW.GEEKY-GADGETS.COM AUTOMATIC SPEECH RECOGNITION sponde con la sua voce. Siri può dirci che tempo fa, È già così, anche se in uno stadio iniziale, con Si- È il sistema che fa funzionare zioni nel campo della domotica ovvero già si parla è in grado di cercare su Internet la risposta che ci ri e l’iPhone 4S: noi parliamo e il telefono esegue gli i “personal assistant”, riconosce con alcuni modelli di frigoriferi, si comunica a vo- serve, fissa o cancella appuntamenti . Siri non è so- ordini, cerca, organizza, risponde, cerca nel Web, la voce e consente per esempio ce anche con alcune console per videogiochi. Ma lo un sistema di riconoscimento vocale (il buon segnala le strade, prende appuntamenti, ci aiuta, è ai word processor di scrivere l’avvento di Siri modifica decisamente lo scenario. vecchio Asr, “automatic speech recognition”, si- tutto quello che abbiamo immaginato dovesse fa- testi o agli smartphone Quello che sembra solo un gioco per ragazzini è stema funzionale ma basico che ci ha consentito di re un computer ma che un pc non era abbastanza di chiamare un numero in realtà il pezzo finale di un piano più grande e vi- dettare semplici memo o chiedere al telefono di fa- intelligente per fare. Come fa? Il cuore di Siri è Wol- sionario, quello che da qualche tempo chiamiamo re al nostro posto un numero) ma qualcosa in più: fram Alpha, un “motore computazionale di cono- l’era post pc. Un’era fatta di macchine mobili, leg- è un sistema intelligente che comprende il linguag- scenza” creato dallo scienziato e matematico in- gere, portatili, intelligenti, che sono sempre colle- gio naturale. Si può chiedere: «Ho bisogno di met- glese Stephen Wolfram nel 2009, un software che WOLFRAM ALPHA gate al Web o al cloud. Macchine senza fili, perso- tere l’impermeabile domani?» e Siri, basandosi sul- decodifica ed elabora, intrecciando i dati a sua di- È un “motore computazionale nalizzate, una diversa dall’altra perché modellate la nostra localizzazione e sulle previsioni del tem- sposizione, eseguendo calcoli e confronti a secon- di conoscenza” che comprende da noi a seconda delle nostre esigenze. Macchine po, ci risponde illustrandoci le condizioni atmosfe- da dei casi, invece di cercare nel Web e restituire le domande in linguaggio naturale che non fanno solo quello che sanno fare, come ac- riche del giorno dopo. È in grado di svolgere funzio- una lista di collegamenti ipertestuali. E, come e offre risposte specifiche cadeva con i computer, ma che fanno quello che ni più complesse di quelle che i sistemi di ricono- quando si parla con un amico, il modo in cui si po- Anziché: “Che tempo fa?” noi vogliamo facciano. Macchine fotografiche e te- scimento vocale ci hanno consentito. ne la domanda influenza l’efficacia della risposta. “Devo prendere l’ombrello?” levisori, telefoni e computer, strumenti musicali e È l’inizio di una rivoluzione? Probabilmente sì. «È l’inizio di un’era completamente nuova», di- automobili, con le quali dialogheremo parlando. Perché indica quale sarà la strada per l’interazione ce il professor Nelson Morgan dell’università di Che sarebbe accaduto, prima o poi, lo avevano det- tra noi e le macchine. Le tastiere, vecchio e solido Berkeley, in California, uno dei più grandi esperti DOMOTICA to in molti. Ma Bill Gates, nel 1996, aveva addirittu- strumento di comunicazione tra noi e “loro”, ab- nel campo, «e spingerà verso infinite innovazioni. ra predetto che nel 2011 avremmo avuto «compu- biamo già iniziato a mandarle in pensione con l’av- La vocalità cambierà il nostro rapporto con le mac- È la scienza che si occupa ter in grado di riconoscere la nostra faccia e parlar- vento dei touch screen, che ci hanno consentito una chine, renderà più semplice il loro uso, farà sparire dello studio delle tecnologie ci». Non è esattamente così, la nuova era vocale è comunicazione più immediata, fisica. Ora ci avvia- barriere che oggi rendono soprattutto i più anziani che migliorano la qualità della vita appena iniziata, ma di certo la strada è aperta e non mo verso l’interazione vocale. Non sarà più possi- degli analfabeti digitali». Del resto, i comandi voca- nella casa e ha applicazioni si tornerà indietro. Anche perché, come sottolinea bile dire «non so come funziona», perché tutti noi li sono già tra noi, non si comunica a parole solo con pratiche come i comandi vocali Stephen Wolfram, «se le macchine impareranno a sappiamo parlare e le macchine del futuro saran- il cellulare ma anche con i navigatori e i sistemi hi- per gli elettrodomestici parlare, non smetteranno più di farlo». no in grado di comprenderci e di rispondere. fi che abbiamo nelle automobili, ci sono applica- © RIPRODUZIONE RISERVATA IL VOCABOLARIO

La vocalità cambierà il rapporto parole utilizzate in media da una persona ‘‘tra noi e loro, farà sparire molte barriere che oggi rendono soprattutto le persone parole utilizzate da un software di sintesi vocale più anziane degli analfabeti digitali Nelson Morgan Direttore dell’International Computer Science Institute, UC Berkeley parole utilizzate dal traduttore automatico di Google

1983 1990 1999 2011 IN AUTO DETTATURA AUTOMATICA IL CELLULARE SMARTPHONE Nella Renault 11 Message una voce Dragon presenta un sistema vocale di 5.000 Il Philips Genie è il primo cellulare Gsm Android e Apple sono tra i primi a introdurre sintetizzata comunica quando si entra parole per pc e introduce Dragondictate, che permette di chiamare pronunciando negli smartphone un sistema di controllo vocale in riserva, quando fare manutenzione sistema speech-to-text per la dettatura il nome della persona a cui si vuole telefonare in grado di leggere, scrivere e-mail, gestire o non si allacciano le cinture. Gli avvisi risultano Ciò permette il controllo del pc usando comandi Il numero dei contatti attivabili è limitato, l’agenda. Può costruire relazioni complesse, fastidiosi. Il nuovo modello è un insuccesso vocali ma richiede lunghe pause tra le parole errori frequenti con l’esaurirsi della memoria per esempio: ricorda di prendere l’ombrello

Repubblica Nazionale DOMENICA 27 NOVEMBRE 2011 LA DOMENICA ■ 42 I sapori Old style

Carote-piselli-broccoli, maccheroni bolliti, fish&chips La tavola di Gran Bretagna non gode certo di buona fama Ma ora, stufa di farsi rappresentare dal melting pot, rispolvera in chiave moderna due vecchi ricettari. Per dimostrare Nella ricetta originale, latte bollito zuccherato, Uvette, mirtilli, scorzette candite, pane raffermo che in fatto di arrosti, creme acqua e burro, miscelati con farina, sale, lievito di birra grattugiato e grasso di rognone, legati con uova e brandy e dolci non è seconda a nessuno Doppia lievitazione prima di cuocere in padella Pressatura nello stampo, cinque ore di bollitura

LICIA GRANELLO o be born with a silver spoon in one’s mouth», dicono gli inglesi. Nascere con un cucchiaio d’argento in boc- ca equivale al nostro «nato con la ca- micia». Ma se da noi venire al mon- do vestiti significa aver già risolto il problema«T primario (il nuovo nato mangerà bene co- munque, povera o ricca che sia la famiglia) in Gran Bre- tagna fortunato è chi nasce da genitori capaci di garanti- re su quel cucchiaio pasti ottimi e abbondanti. La cucina inglese è così, sospesa tra limitazioni oggettive — le ma- terie prime — e successo di libri e trasmissioni dedicate al cibo. Un percorso punteggiato di spezie e cibi esotici fi- gli del colonialismo, ancorato all’orgoglio del principe dei cibi di strada (fish&chips), in costante avvicinamen- to ai piani più evoluti della gastronomia internazionale. In questi giorni, un anniversario e due libri — The Sil- ver Spoon e The Book of Household Management — stanno accendendo il dibattito intorno alla cucina bri- tannica, alla sua ambivalenza alimentare e culturale. Da una parte, la nuova edizione inglese del Cucchiaio d’argento, che in Inghilterra ha venduto oltre un milio-

Mix di pesce bianco (merluzzo) pastellato in acqua, La ricetta tradizionale prevede il taglio di manzo Orgoglio farina e bicarbonato, servito con patatine fritte nel cartoccio “on the bone”, con l’osso (almeno tre coste). Si serve e pregiudizio Nella ricetta originale, frittura in strutto con patate al forno, salsa al rafano e verdure al vapore

ne di copie, forte di un adattamento intelligente delle ri- cette tradizionali italiane. Dall’altra, le celebrazioni per LA RICETTA i centocinquant’anni della bibbia delle casalinghe in- glesi: mille pagine tra consigli, spiegazioni e ricette, scritte a metà Ottocento da una giornalista londinese, Isabella Mary Mayson, conosciuta come Mrs Beeton (cognome del marito, che editò il libro). Difficile imma- Ingredienti per 4 persone ginare due tomi più distanti per ispirazione e contenu- 225 gr di zucchero di canna ti. Se il Silver Spoon snocciola duemila ricette calibrate alla perfezione, il libro di Mrs Beeton alterna prepara- 225 gr di grasso di rognone tritato zioni da passerella gourmand, come il Christmas Pud- 225 gr di uva sultanina ding, a prescrizioni sbilenche, come i maccheroni da 225 gr di uva a pezzi bollire per un’ora e mezzo o le carote per più di due ore. 120 gr di ribes disidratato Ciò che rende grande l’opera della Beeton è l’impo- 120 gr di scorzette candite nente ricerca sugli alimenti e sulle modalità di lavorazio- 120 gr di farina ne, da come si trancia un carré alle differenze tra i tipi di burro. Così, se in tema di ortaggi è difficile andare oltre la Sopra, la copertina 120 gr di pangrattato triade piselli-carote-broccoli, altre parti del menù vanta- di “The Book 60 gr di mandorle pelate e spezzettate no piena dignità gastronomica, che siano arrosti o stufa- of Household la buccia grattugiata di un limone ti, creme o paste lievitate. Il tutto, senza passare sotto si- Management” 3 uova lenzio i due appuntamenti quotidiani più attesi, colazio- di Isabella Beeton 1 cucchiaino da sale di noce moscata ne e merenda, dove la pasticceria inglese dà il meglio di 1 cucchiaino da the di sale sé, in un trionfo di dolci da nirvana dei golosi. (edizione del 1923) Se avete tempo, organizzate una gita tra le fattorie da cui è tratta la ricetta 140 gr di latte della foresta di Sherwood, nel Nottinghamshire, dove si qui a fianco 1 bicchierino di brandy produce lo Stichelton, versione a latte crudo dello Stil- ton (il tradizionale formaggio erborinato), oppure cer- Preparazione: catelo sui banchi dei mercati alimentari di Londra, tra Sbattere bene le uova, aggiungere latte e brandy un boccone di rognone in casseruola e una pinta di bir- Mescolare gli ingredienti asciutti e incorporarli al liquido ra. In caso di indigestione, dopo una tisana allo zenze- ro da Fortnum&Mason, prenotate un tavolo da Zuma e Versare in due stampi unti e cuocere a vapore per 5 ore regalatevi la miglior cena anglo-giapponese dell’anno.

Prodigi del british melting pot. © RIPRODUZIONE RISERVATA ✃

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DOVE DORMIRE THE SANCTUARY CLUB LONDON CITY THINK HOUSE HOTEL QUARTERS SUITES TOWER BRIDGE (con brasserie) (con brasserie) (con ristorante) APARTMENTS 33 Tothill Street 8 Northumberland A. 52 Chiswell Street 37 Tanner Street Westminster Trafalgar Square Barbican Bermondsey Tel. (+44) 020- Tel. (+44) 020- Tel. (+44) 020- Tel. (+44) 020- 77994044 78710577 73742988 34659100 Doppia da 140 euro Doppia da 150 euro Doppia da 185 euro Monolocali colazione inclusa colazione inclusa colazione inclusa da 140 euro

DOVE MANGIARE THE SQUARE HIBISCUS SCOTT’S ZUMA 6-10 Bruton Street 29 Maddox Street 20 Mount Street 5 Raphael Street Mayfair Oxford Circus Green Park Knightsbridge Tel. (+44) 020- Tel. (+44) 020- Tel. (+44) 020- Tel. (+44) 020- 74957100 76292999 74957309 75841010 Sempre aperto Chiuso domenica Sempre aperto Sempre aperto Menù da 45 euro Menù da 40 euro Menù da 42 euro Menù da 45 euro

DOVE COMPRARE BOROUGH ALLEN & CO. LEADENHALL NEAL’S YARD MARKET (carni) MARKET DIARY (formaggi) 8 Southwark Street 117 Mount Street Gracechurch Street 17 Shorts Gardens City of London Mayfair City of London Covent Garden Tel. (+44) 020- Tel. (+44) 020- Tel. (+44) 020- Tel. (+44) 020- 74071002 74995831 7929107 72405700 ILLUSTRAZIONE DI CARLO STANGA

Sulla strada Colazione da Wilton’s

ENRICO FRANCHESCHINI

LONDRA U n tempo gli inglesi si vantavano di non avere una cucina: all’epoca del British Empire, l’impero più grande della storia, ritenevano che la buo- na tavola fosse un’abitudine per popoli rammolliti, come i «mangia- rane» (francesi) e i «macaroni» (ita- liani). In realtà ce ne avevano una anche loro. E oggi che la multietni- ca Londra ospita tutte le gastrono- mie della Terra, con l’opportunità Base pasta sfoglia, farcitura a base di cubi di manzo La patata “ingiacchettata” (con buccia) va bucherellata, di mangiare italiano meglio che in e rognone d’agnello rosolati in olio e cipolla, unta d’olio, cosparsa di sale grosso, Italia o thai meglio che in Thailan- dia, nelle strade della capitale (o po- cotti nel brodo profumato con pepe e Worcester sauce infornata un’ora e mezza, poi incisa a metà e imburrata co distante) è possibile scoprire pu- re le prelibatezze della cucina na- zionale. Esplorarle, anzi, è un modo per capire meglio l’Inghilterra, pae- se in cui gli stereotipi valgono “up to a point”, fino a un certo punto, co- me il grande Evelyn Waugh faceva dire a un personaggio di un suo ro- manzo. Cominciamo da Covent Garden, quartiere di borseggiatori, prostitu- te e mendicanti, quando lo frequen- tava Charles Dickens, oggi piazza luccicante il cui ex-mercato orto- frutticolo è diventato una fiera delle vanità. E all’angolo della piazza ec- co Rules, il più antico ristorante di Londra, aperto nel 1798, monu- mento nazionale: non esiste una cu- cina inglese più classica di così. Se- conda tappa, poco più in là: a St. Ja- mes, storico nido dell’aristocrazia a due passi dai palazzi reali, nella stra- da dei camiciai e di Lord Brummel sorge Wilton’s, eleganza, tradizio- ne, compostezza, cacciagione, so- gliole che si sciolgono in bocca, uo- mini politici e businessmen che leg- gono silenziosi il giornale (ma ci ho incontrato anche l’attore Hugh Grant che portava a cena i genitori). E dopo il passato, un ritorno al futu- ro: a Bray-on-the-Thames, idilliaco Una dozzina di arance amare (dette “di Siviglia”) bio, Per la crema inglese, latte, panna e bacca di vaniglia villaggio sul Tamigi a meno di un’o- due limoni e 1.250 grammi di zucchero scuro. Le scorze fino a sobbollire, poi a filo sui tuorli sbattuti con zucchero ra da Londra, trovate il celebre quanto caro The Fat Duck, dove He- a bagno nel succo per una notte, poi lenta sobbollitura Di nuovo sul fuoco fino a che si addensa ston Blumenthal ha inventato la «cucina molecolare». E reinventato a suo modo quella inglese.

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Repubblica Nazionale DOMENICA 27 NOVEMBRE 2011 LA DOMENICA ■ 44 L’incontro Mistici “Sono quarant’anni che medito, potrei anche andare in pensione In questo momento provo un rifiuto istintivo, totale della violenza Sono allergico alla politica Non temo la morte e mi ricordo di continuo che siamo Franco Battiato impermanenti” Mentre esce la sua opera “Telesio” e prepara un film su Händel, il compositore-cantautore si confessa

GIUSEPPE VIDETTI andare in pensione, sono quarant’anni mistici occidentali sono fantastici», co. Mai sentimentale però. L’amore, montabili, insopportabili, e che invece che pratico», scherza. «In questo mo- commenta Battiato. «Jäger ha 85 anni e l’innamoramento e quel che ne deriva puoi superare in un batter d’occhio. MILO (CATANIA) mento mi trovo nella stessa condizione vive in Germania. Da monaco era con- sono state cose facili per me da supera- Basta ricordare che siamo imperma- del poeta e mistico persiano Sana’i, vis- siderato un eretico. Ratzinger volle leg- re. Puoi amare una persona senza quel nenti. Noi pensiamo di essere eterni, l maestro impartisce ordini se- suto nel Dodicesimo secolo, che ha gere il suo libro e gli intimò di non pub- tipo di coinvolgimento, diventa tutto questa è la nostra disgrazia. A scuola veri. Lì si fa a modo suo. Non so- scritto Viaggio nel regno del ritorno, una blicarlo, pena la sospensione dalla ce- magnifico, non hai più controindica- non c’insegnano a morire; sulla morte no ammesse repliche. Il ragazzo sorta di Divina Commediain cui il Dan- lebrazione e dall’insegnamento, che zioni. Si può ammazzare un altro per- invece gli antichi egizi hanno costruito entra nello stanzone, si sistema te della situazione confessa al suo Virgi- puntualmente arrivò. Perché la Chiesa ché non ti vuole più? Spengo la tv quan- una civiltà». Isul pavimento. Il guru protesta: «Cosa lio una totale avversione per la violenza non ha mai capito che una cosa è la teo- do raccontano queste storie di stalking, Canzoni? «Non ho altri progetti che sta facendo?». Il ragazzo obietta che che li circonda nelle valli (i gironi) che logia altro è l’esperienza. Se come mi- di delitti passionali; quando l’amore Händel in cantiere. Il resto deve aspet- quella è la posizione in cui meglio riesce vanno esplorando. Io mi trovo esatta- stico non hai una vita pratica — lo so- perpetua il trauma diventa il regno de- tare, anche il prossimo disco. Se il film a rilassarsi e (forse) a meditare. Lui mente in questa fase, un rifiuto istinti- steneva anche Jung — non vali niente. gli equivoci. Sono possibili altri tipi di va in porto mi prenderà almeno due sbraita: «Come si permette?», poi si ab- vo, totale della violenza. C’è un incon- Non basta una vita per liberarsi dal cat- amore, ma se ne parlassi, ah quante anni. Non ho canzoni sulla punta del- bandona a un ingiustificato, eccessivo tro di pugilato in tv? Cambio canale. Ho tolicesimo e dal romanticismo di cui le ambiguità, quante polemiche. Sarebbe la lingua, lavoro a progetto, forse per- attacco d’ira che lascia i presenti sba- trovato insopportabili anche alcune nostre esistenze sono infarcite». come parlare di Dio. Ecco perché io non ché sono più un compositore che un lorditi e dubbiosi. Altro che santone, un scene di Gomorra». Non c’è spazio per l’amour fou in parlo mai di Dio». cantautore. Né ho mai scritto una can- imbroglione. Il ragazzo Battiato avrà Sulla tv scorrono silenziose le imma- questa vita di Battiato. Né per il com- La psicanalisi? Scettico: «Sarà che ho zone mosso dall’urgenza del momen- avuto allora vent’anni o poco più. «Ero gini di Telesio, opera in due atti su li- piacimento e l’autoindulgenza. I senti- avuto un’infanzia tribale. Da bambino to, anzi se di notte mi viene un’ispira- a Milano. A quell’età non avevo idea di bretto di Manlio Sgalambro che arriva mentalismi, banditi. La nostalgia, oltre sono cresciuto in strada dove vigeva zione improvvisa mi giro dall’altra cosa sarei diventato né mi aspettavo nei negozi in cd e dvd il prossimo mar- il giardino. «Forse all’inizio della carrie- una legge che non era quella di casa. E parte; se domattina ci sarà ancora be- una carriera di questo tipo», racconta tedì. «Una fortunata commissione del ra, quando con Gaber si giocava a poker nessuno di noi tornava mai la sera a rac- ne, altrimenti addio». l’artista immerso nella quiete della ca- Teatro Rendano e del Comune di Co- fino all’alba e poi un cornetto un cap- contare quel che succedeva là fuori. Said appare sulla soglia a ricordare sa di Milo, alle pendici dell’Etna. «Il mio senza», precisa Battiato. «Non mi sa- puccino e a letto, le mie canzoni aveva- Chi ci conosce meglio di noi? I traumi che la pasta (integrale) è in pentola. At- impulso era scappare, lasciarmi alle rebbe mai venuto in mente un’opera su no qualche coinvolgimento romanti- gravi si possono risolvere solo se li guar- traversando il soggiorno con vista sul spalle le lamentele degli adolescenti: Telesio, ero totalmente preso dall’idea di in faccia». La politica? Allergico, co- giardino l’artista fa scivolare le dita sul- “Non c’è niente in questa isola di mer- di un film su Händel... Con tutti i libri me alla violenza: «Mi sento male quan- la tastiera del magnifico Steinway a co- da!”. A sedici anni già leggevo qualcosa che ho letto negli ultimi due anni so più L’amore do ascolto le sue (di Berlusconi, ndr) da che si è appena regalato; il primo di cibernetica e di Freud, poi una valan- del Settecento e di Händel che di me bugie, mi viene il voltastomaco. Spen- suono della giornata. C’è un’aria incan- ga di letteratura mitteleuropea. Erano stesso. In fondo anche di Telesio a scuo- e l’innamoramento go la tv». Il cinema? Sì, ma senza com- tata sotto il vulcano nel primo pomerig- avvisaglie, sarei diventato uno struttu- la leggevamo quattro righe, invece poi promessi: «Un produttore americano gio. Quando il cancello si chiude e ti re- ralista. Il sapere è infinito, ma puoi scopri che è un filosofo di grande attua- sono state cose facili si è interessato al film su Händel; “Fac- stituisce all’asfalto, immagini che im- crearti i mezzi per esplorarlo. È quel che lità. Ha intuito una sensibilità umana per me da superare ciamone una bella storia d’amore, un provvisamente lì dentro tutto magica- diceva Stravinsky prima di cominciare negli animali — cosa sacrilega per l’e- nuovo Amadeus”, mi ha detto. Ma se io mente si ricomponga come in una per- a comporre: “Se non mettessi dei palet- poca — e che il seme non è immesso da Puoi amare avrei strozzato Forman per come ha fetta, preziosa miniatura persiana, do- ti mi spaventerei all’idea di essere com- Dio. Confesso che quando ho letto il li- trattato il povero Mozart!». Debolezze? ve i cipressi sono smeraldi aguzzi, i fiori pletamente libero”». bretto di Sgalambro ho immediata- una persona Pochissime. «Se conosci te stesso sca- rubini e diamanti e zaffiri incastonati su Quarantacinque anni e molte ore di mente esclamato: non è musicabile! Mi teni gli anticorpi che tengono a bada li- un prato di malachite, il cielo una tavo- meditazione dopo, Franco Battiato sa- sbagliavo. In questo caso, anzi, le paro- senza un forte miti e fragilità». Il mondo? I giovani? la di acquamarina e il pennacchio di fu-

rebbe capace di smascherare un falso le hanno “attirato” un certo tipo di mu- «C’è in giro gentaglia che non è degna mo levigata madreperla. Ogni cosa a profeta ancor prima di trovarsi al suo sica che altrimenti non sarebbe venuta coinvolgimento neanche di appartenere al genere suo posto. Divina e impermanente.

cospetto. «Come meditante dovrei già fuori, mi hanno costretto a pescare in umano. Ma sono sicuro che non siamo © RIPRODUZIONE RISERVATA zone (metafisiche) che non sono con- dentro un nuovo medioevo. E poi l’Ita- genite. Abbiamo già una decina di of- lia non è il mondo. Non tutti i giovani

ferte per rappresentarlo in teatro l’anno sono sprovveduti e indifferenti a quel prossimo. E forse questa volta potrem- che accade, si fidi. Vedo in giro ragazzi mo mischiare ologrammi e scene reali. svegli, più ventenni che trentenni». A Cosenza, nonostante il pubblico fos- Paure? «Di quali paure parla, della se scettico, in scena c’erano solo olo- morte? Non vorrei dire di aver risolto il grammi. L’illusione era perfetta. Quan- problema e poi quando arriva non es- ‘‘ do ho visto i primi risultati sono rimasto sere all’altezza, ma poco a poco mi sto di stucco: ma siamo anche noi degli olo- convincendo che non sarà così dram- grammi? Sono nostri fratelli? L’entrata matico. I momenti brutti che ho avuto in scena di Giulio Brogi all’inizio dell’o- nella mia vita sono stati solo di natura pera è impressionante». cosmologica. Una volta durante la not- Il tavolo tra i due divani è colmo di li- te mi sono alzato, sono venuto in que- bri. Dipinti di arcobaleno. L’essenza del sta stanza e ho guardato in faccia la mia tantra di Urgyen Tulku; Il mistero del paura, con attenzione, e la crisi si è ri- fiore d’oro di Lu-Tzu, la bibbia del taoi- solta. Non è facile, perché in quel mo- smo operativo; La mente oltre la morte mento ti senti un essere sbattuto nel del tibetano Dzogchen Ponlop; L’essen- nulla, non ha legami con niente. È la za della vitadi Willigis Jäger, ex monaco notte oscura di San Giovanni della Cro- benedettino e maestro zen. «Anche i ce, sofferenze che sembrano insor- FOTO PHOTOMOVIE ‘‘ Repubblica Nazionale