I giovani presentano il territorio

I QUADERNI DI SANTA GIUSTINA 1

IL VESES DALLA MONTAGNA ALLA PIAVE

COLLANA A CURA DELL’ISTITUTO COMPRENSIVO “G.RODARI COMPRENSIVO DELL’ISTITUTO CURA A COLLANA

1 In collaborazione con il Comune di Santa Giustina

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I giovani presentano il territorio

I quaderni di Santa Giustina n. 1

IL VESES

DALLA MONTAGNA ALLA PIAVE

a cura della classe 3^A – Scuola Media Istituto Comprensivo “Gianni Rodari” di Santa Giustina a.s. 2011-2012

In collaborazione con il Comune di Santa Giustina

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prof. Masini Matteo prof. Balzan Giorgio prof.ssa Da Rech Laura prof. Vello Michele

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I giovani della nostra comunità e i giovani in generale, necessitano di sentirsi parte di un progetto che li coinvolga e li renda protagonisti primari della vita del loro paese. In questo modo possono creare un saldo legame con il territorio ed una relazione con il cosiddetto “mondo degli adulti” con cui faticano a dialogare. L’approccio didattico tradizionale trova sempre maggiori difficoltà a fare breccia nell’interesse dei ragazzi e a motivarli verso un positivo processo di apprendimento. Così i numerosi e accattivanti stimoli offerti dalla vita quotidiana colmano facilmente il vuoto creato, ostacolando il processo di maturazione individuale e di inserimento nella società. Il presente progetto mira a recuperare l’attenzione dei ragazzi verso il proprio paese e a renderli parte integrante della vita stessa della comunità. La realizzazione di un itinerario di valorizzazione del patrimonio storico e naturalistico vuole favorire la conoscenza del territorio e delle Istituzioni che in esse operano. Si auspica che il presente quaderno sia solo il primo di una collana da arricchire negli anni.

Il responsabile del progetto Prof. Matteo Masini

Il Dirigente Scolastico Giulio Bertoldi

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E’ con grande piacere e soddisfazione che salutiamo il primo numero dei Quaderni di Santa Giustina realizzato dall’ Istituto Comprensivo “G. Rodari” con la collaborazione dell’ Amministrazione Comunale che ha accolto con entusiasmo l’ iniziativa. Il piacere è nel percorrere, attraverso la lettura, un itinerario nel nostro territorio comunale, di cui il lavoro ha saputo cogliere gli aspetti più significativi dal punto di vista ambientale, storico e architettonico attraverso testi curati ed immagini significative. La soddisfazione, come Amministrazione, è quella di vedere coinvolti dei giovanissimi in un lavoro che li ha portati ad osservare con occhio attento e appassionato il territorio nel quale vivono: siamo certi che questa opportunità che hanno saputo cogliere così bene, grazie alla guida esperta dei loro insegnanti, li porterà a crescere come cittadini più consapevoli ed anche orgogliosi del proprio paese. Ringraziamo quindi docenti e alunni che hanno realizzato questo primo quaderno, augurando che questo lavoro continui, coinvolgendo negli anni tanti ragazzi nella conoscenza del proprio territorio.

L’ Assessore alla Cultura Il Sindaco Angela Bortolin Ennio Vigne

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INTRODUZIONE

Il libro che vi accingete a sfogliare è il frutto del lavoro eseguito da noi ragazzi di 3^A per promuovere e far conoscere il territorio di Santa Giustina. Abbiamo ricavato le informazioni da varie fonti come libri e siti web, ma abbiamo anche incontrato alcuni esperti, da sempre appassionati alla storia del nostro paese. Il tutto orchestrato dai nostri professori. Per conoscere meglio il territorio abbiamo organizzato alcune escursioni ed uscite che hanno stimolato la nostra curiosità e ci hanno fatto appassionare. Il volumetto che abbiamo prodotto vuole offrire, ai turisti e a chiunque desideri fare una passeggiata, una guida semplice e, speriamo, ricca, per godere di un itinerario immerso nel verde e nelle bellezze che Santa Giustina offre. Concludiamo dicendo che il nostro territorio è tutto da scoprire; tra storia, religiosità, natura e bellezza del luogo si potranno vivere giornate in compagnia, respirando l’aria pura delle nostre montagne. Buona lettura e, soprattutto, buona escursione!

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Caratteristiche:

Partenza: Acque More (località San Vittor Vesés) Arrivo: confluenza Vesés - Piave Quota massima: 502 m (Acque More) Quota minima: 260 m (confluenza Vesés – Piave) Dislivello in discesa: 242 m Lunghezza totale: 8,8 km Tempo di percorrenza: 3 ore circa (escluse le soste per le osservazioni) Difficoltà: medio-facile

Coordinate gps dei principali punti di osservazione:

- Acque More: Lat. 46° 06'25.21"N – Long. 12° 00'51.77"E - Chiesa S. Vittor Vesés: Lat. 46° 06'16.68"N – Long. 12° 00'48.61"E - Centrale Altanon: Lat. 46° 05'52.00"N – Long. 12° 00'59.67"E - Mulino di Velòs: Lat. 46° 05'33.32"N – Long. 12° 01'18.55"E - Chiesa Parrocchiale: Lat. 46° 05'01.84"N – Long. 12° 02'35.59"E - Mulino di Via Lodi: Lat. 46° 05'01.23"N – Long. 12° 02'52.57"E - Mulino Santa Libera: Lat. 46° 04'42.37"N – Long. 12° 02'59.38"E - Chiesa santa Libera: Lat. 46° 04'46.56"N – Long. 12° 03'07.24"E - Chiesa San Marco: Lat. 46° 04'15.38"N – Long. 12° 03'11.84"E - Confl. Vesés-Piave: Lat. 46° 04'02.62"N – Long. 12° 03'07.30"E

Prima di partire:

- Controllare il bollettino meteorologico: www.arpa..it/csvdi - Informarsi sulle condizioni del sentiero. - E’ bene calzare scarpe da trekking - Preparare lo zaino con: acqua, cibo, giacca a vento, berretto e guanti (specie se è inverno), cappellino, crema solare, occhiali da sole, piccolo ombrello, kit primo intervento, macchina fotografica. - Non dimenticate una carta dei sentieri aggiornata e alla scala adeguata (1:25.000)

In caso di emergenza: SOCCORSO ALPINO E SPELEOLOGICO: tel. 118

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SANTA GIUSTINA Santa Giustina è un florido comune della Valbelluna e conta 6800 abitanti circa. L’ampio fondovalle che digrada dolcemente verso la Piave ed il clima mite rendono il territorio accogliente e favoriscono l’insediamento della popolazione fin dai tempi antichi. Il paesaggio circostante si sviluppa lungo i versanti solatii della Valbelluna ed è incorniciato dalle cime dolomitiche del M. Pizzocco, del M. Tre Pietre, del M. Palmar. Il centro abitato è contornato da diverse frazioni, ognuna ricca di storia e custode di piccoli tesori d’arte: dalle ville venete alle numerose chiese. Grazie alla sua ricchezza storico-culturale, Santa Giustina è crocevia di itinerari di notevole attrazione, quali ad esempio il “Cammino delle Dolomiti”, i percorsi “Ville nel paesaggio prealpino” e “Pittura del Cinquecento”. La fascia pedemontana del territorio, inoltre, offre la possibilità di percorrere il sentiero tematico del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi: “La via delle Chiesette Pedemontane – Santi guerrieri e Santi guaritori nelle Dolomiti bellunesi” Il 26 giugno 2009 è una data storica perché anche le cime più elevate di Santa Giustina, per la loro valenza geologica e paesaggistica sono state riconosciute dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità. Il Pizzocco e l’alta Val Scura, infatti, già inseriti nel Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi, costituiscono parte del sistema n. 3 delle Dolomiti Patrimonio dell’Umanità. Riportiamo qui la dichiarazione che suggella lo storico momento.

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DOLOMITI PATRIMONIO DELL'UMANITA'

"I nove sistemi montuosi che compongono le Dolomiti Patrimonio dell'Umanità comprendono una serie di paesaggi montani unici al mondo e di eccezionale bellezza naturale. Le loro cime, spettacolarmente verticali e pallide, presentano una varietà di forme scultoree, straordinaria a livello mondiale. Queste montagne possiedono inoltre un complesso di valori di importanza internazionale per le scienze della Terra. La quantità e la concentrazione di formazioni carbonatiche estremamente varie è straordinaria nel mondo, e contemporaneamente la geologia, esposta in modo superbo, fornisce uno spaccato della vita marina del periodo Triassico, all'indomani della più grande estinzione mai ricordata nella storia della vita sulla Terra. I paesaggi sublimi, monumentali e carichi di colorazioni delle Dolomiti hanno da sempre attirato una moltitudine di viaggiatori e sono stati fonte di innumerevoli interpretazioni scientifiche ed artistiche dei loro valori." "DICHIARAZIONE DI SIVIGLIA" (Comitato per il Patrimonio Mondiale, Siviglia 26.06.2009)

Panorama dal M. Pizzocco.

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L’AMBIENTE NATURALE

Il paese è racchiuso tra tre principali corsi d’acqua: il fiume Piave e i torrenti Cordevole e Salmenega; il Vesés invece attraversa il comune e nei secoli ha rappresentato la “forza motrice” per lo sviluppo del paese. La cima più elevata è quella del M. Pizzocco (2186 m).

Santa Giustina abbraccia un territorio caratterizzato da ambienti molto diversi fra loro che si sviluppano dal fondovalle a 300 m circa, fino agli oltre 2.000 m delle vette circostanti. Riconosciamo un ricco sistema fluviale e torrentizio, un ampio fondovalle caratterizzato dalla presenza di estese aree coltivate, una zona collinare o di versante in cui si alternano piccole frazioni ad aree prative e boschive sempre più estese. Salendo i versanti si entra nella fascia montana dominata dal bosco, per incontrare poi ricchi e ripidi pascoli. A coronare il paesaggio si ergono le pareti dolomitiche da cui è possibile godere di spettacolari scorci e panorami. La fauna è molto ricca e varia e si trovano insettivori, quali il riccio, il toporagno, la talpa e numerosi pipistrelli. Ci sono anche altri mammiferi come lo scoiattolo, il moscardino, l’arvicola delle nevi e il ghiro. Tra gli ungulati sono presenti il capriolo e il cervo e lungo i pascoli è possibile

14 incontrare il muflone, introdotto alcune decine di anni fa. La volpe, astuta e confidente, si introduce tra le frazioni anche alle quote più basse. Negli ultimi anni l’orso ha fatto la sua ricomparsa attraversando in più occasioni, con almeno due esemplari, il nostro territorio. La fauna ittica del Vesés è caratterizzata soprattutto dalla presenza della trota fario e del “marsòn”, vale a dire lo scazzone. Anche per quanto riguarda anfibi e rettili, la ricchezza e varietà di ambienti si rispecchia nell’abbondanza di specie rappresentate. Rospi, rane e tritoni si possono rinvenire nelle zone umide alle diverse quote. Sono presenti la vipera, la biscia d’acqua, il saettone e il biacco (“carbonàz”) così come lucertole, ramarri e orbettini. Ci sono oltre 100 specie di volatili censite (Cassol Michele in AA.VV. 1995) tra cui il gallo cedrone, il germano reale, l’airone e particolarmente abbondanti sono i rapaci: dal nibbio, che non è raro veder volare sopra la campagna nelle vicinanze dei corsi d’acqua, alla poiana, per giungere alla regina, l’aquila reale che domina i cieli al di sopra delle vette più elevate. Tra i rapaci notturni, non mancherete di rabbrividire udendo il canto della civetta, del gufo e dell’allocco. Il vostro cammino sarà sempre accompagnato dal canto degli uccelli. Anche la flora riveste un ruolo importante con oltre 1000 specie rilevate che fin dai secoli passati hanno attirato studiosi e botanici. Nel territorio di Santa Giustina potrete ammirare una grande varietà di colori che dipingono una straordinaria primavera.

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IL VESÉ S

Il Vesés è un corso d'acqua a carattere torrentizio, di breve lunghezza, ma elevata pendenza. Nasce alle pendici del Monte Pizzocco e incide la Val Scura sino alla Valbelluna, attraversando il centro di Santa Giustina. Poco dopo si getta nella Piave. Il suo corso rientra interamente nel comune di Santa Giustina e per un tratto delimita il confine con . In passato il Vesés fungeva da confine tra le diocesi di e . Le sue “chiare, fresche e dolci acque” posseggono una notevole energia e la portata minima è garantita anche nei periodi di siccità. Questo ha fatto sì che fin dall’antichità il torrente fosse sfruttato per alimentare numerosi mulini ed opifici. Attorno ad esso è nata e si è sviluppata la comunità di Santa Giustina. Nel corso dei secoli, il suo alveo è stato più volte modificato, fino a raggiungere l’assetto attuale.

IL PIZZOCCO

Il Monte Pizzocco (2186 m), dalla caratteristica forma triangolare, domina l’abitato di Santa Giustina e la Valbelluna. Il rifugio Casera Ere (1297 m) ed il bivacco Bivacco Palia (1577 m) sono punti di appoggio per chi vuole esplorare il gruppo montuoso e raggiungere la vetta. La parete nord-est resta

16 ad oggi una delle vie più ardite delle Dolomiti. Un panorama mozzafiato si apre dalla cima: lo sguardo spazia dalla Valle del Mis ai Monti del Sole, dal Cimonega al Piz de Sagron, fino all’Agner. Mentre in direzione sud, oltre che la Valbelluna con il corso della Piave, è possibile ammirare le Prealpi Bellunesi e se la giornata è limpida si riesce a veder il mare. L'ingresso del Pizzocco nel mondo alpinistico risale al 1934 quando Ettore Castiglioni e Bruno Detassis scalano lo spigolo nord aprendo un nuovo itinerario di VI grado.

LE ACQUE MORE

Il nostro itinerario inizia lungo la strada che porta da a San Gregorio nelle Alpi in corrispondenza del ponte sul Vesés. Pochi metri a valle della strada, sulla destra idrografica, si trovano le Sorgenti delle Acque More. Si tratta di fonti di acqua dolce, che affiorano alle pendici del Monte Palmar e devono il loro nome alle alghe scure che vi crescono sul fondo e fanno apparire l’acqua nera. Le sorgenti alimentano l’acquedotto di Santa Giustina e permettono il funzionamento della Centrale dell’Altanon. Nell’area sono presenti anche zone umide di particolare interesse sia dal punto di vista della vegetazione, sia come luogo di riproduzione degli anfibi. In passato le sorgenti delle Acque More alimentavano alcuni mulini che sorgevano nel territorio. Il sentiero si affianca alle opere di captazione delle Acque More e si addentra in un bosco misto di latifoglie. Fresco e ombroso, il bosco offre ristoro dalla calura estiva. In autunno, invece, si trasforma in una meravigliosa tavolozza di colori. Tra le specie arboree principali ci sono il carpino, la quercia, il frassino, il nocciolo, la betulla e l’acero. Con dolci saliscendi si perde gradualmente quota fino a giungere in prossimità della Chiesa di San Vittor Vesés.

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LA CHIESETTA DI SAN VITTOR VESÉ S

Collocata in un ambiente di grande fascino, la chiesa è immersa nel silenzio della natura ed è luogo ideale per la meditazione e la preghiera. I profumi della primavera, il mosaico di colori dell’autunno e le atmosfere magiche dell’inverno, la rendono incantevole in ogni stagione. San Vittore fu un legionario cristiano ai tempi dell’imperatore Marco Aurelio e non rinunciò mai alla sua fede, neanche sotto tortura. Per questo fu decapitato. Il culto del santo è legato a quello di Santa Corona, che per aver sostenuto e incoraggiato San Vittore a resistere alle torture, subì un martirio assai crudele. La santa venne legata alla cima di due palme piegate, che raddrizzandosi, la squartarono. Le spoglie dei due martiri sono conservate nel magnifico Santuario dei Santi Vittore e Corona vicino a Feltre. La chiesetta è citata già nel 1587 nel verbale della visita pastorale del Vescovo Rovellio, che ne ordinò però l’interdizione per il cattivo stato in cui versava. Successivamente, per devozione popolare si decise di riaprirla al culto. All’interno erano custodite tre statue lignee: la statua di San Vittore, quella di Santa Corona e la Madonna col Bambino. Nel 1979, però, furono rubate quelle dei due santi e rimase solo la statua della Madonna con il Bambino, che fu spostata in luogo più sicuro. Ancora oggi, il 14 maggio di ogni anno, la parrocchia raccoglie i fedeli in occasione delle celebrazioni dei santi patroni.

Superata la chiesa il sentiero conduce alle vasche di raccolta delle acque che alimentano la Centrale idroelettrica dell’Altanon. Con un po’ di pazienza

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e fortuna, sarà possibile scorgere la presenza dello scazzone (pesce d’acqua dolce). Il nostro cammino procede piacevolmente nel fitto del bosco ed in prossimità di una curva verso destra del sentiero, il versante a monte, in erosione, mette in luce la presenza di resti di un’antica morena glaciale. I blocchi arrotondati e cementati sono la testimonianza dell’espansione dell’antico ghiacciaio della Piave che durante la grande glaciazione wurmiana, terminata circa 20.000 anni fa, ha plasmato la Valbelluna.

IL MAZARÒ L (IL BOSCO STREGATO )

Le atmosfere suggestive del bosco, liberano la nostra fantasia che ci porta a incontrare gnomi e folletti. Sono questi, infatti, i momenti in cui potrete scorgere sul vostro cammino delle strane orme lasciate da un piccolo omino vestito di rosso. Il Mazaròl. Il Mazaròl, genietto dei boschi, è noto sotto forme diverse, ma tra loro assimilabili, in molte località della provincia di Belluno. Spirito bizzarro e malizioso, è molto vivo nelle credenze popolari. Solitamente è vestito di rosso, è piccolo e si introduce di nascosto nelle stalle, dove è solito governare le bestie e intrecciare il crine dei cavalli. E guai a disturbarlo! Si crede possa trasformare gli uomini in animali o perfino pietrificarli. Si dice abbia poteri magici ed in particolare il malcapitato che

19 incappa nelle sue orme è costretto come per incanto a seguirle per giorni e giorni, perdendo, oltre al sentiero, anche il senno e la ragione. Ma al Mazaròl riconosciamo anche grande saggezza e a lui dobbiamo il modo di ricavar dal latte il burro, il formaggio e la ricotta ed avremmo avuto anche la cera estratta dal siero del latte se una ragazza quindicenne non avesse avuto troppa fretta di fuggire dalle sue mani. Si narra infatti che… Una ragazza ebbe l'avventura, un certo giorno, di mettere il piede sull'orma del Mazaròl. Mossa da uno strano ordine, camminò per prati e boschi tutto il giorno e tutta la notte. Al chiarore della luna, vide davanti a sé un uomo rosso che la chiamava. La sventurata, impaurita, voleva fuggire ma non poté e dovette seguirlo finché, sul fare del giorno, ella si trovò sul limitare di una grande caverna. L'uomo rosso l'aspettava, mentre una capra gli leccava dalla mano del sale rosso. Il Mazaròl, allora, offrì alla fanciulla del latte munto in una delle galosce. La ragazza, sedutasi, bevve e si ristorò. Il Mazaròl, così, le confidò di voler insegnare agli uomini la manipolazione del latte ed esortò la fanciulla a prestare attenzione al fine di riferire poi il suo metodo anche alla gente del villaggio. Davanti alla fanciulla, il Mazaròl fece il burro, il formaggio e la ricotta, facendo assaggiare alla spettatrice i suoi prodotti. Quando il Mazaròl si apprestò a porre sul fuoco il siero del latte, la fanciulla fuggì via. Egli la richiamò invano e, indispettito, gridò: "Se tu avessi tardato ancora un istante, ti avrei insegnato a estrarre la cera dal siero". (tratto da www.infodolomiti.it)

LA CENTRALE DELL’ALTANON E L’OSTELLO

Scendendo verso la Centrale dell’Altanon, il sentiero è affiancato dalla condotta forzata che alimenta le turbine dell’impianto di produzione di energia idroelettrica. Sul lato opposto alla condotta è possibile notare un fitto bosco di abete rosso. L’occhio attento dell’osservatore non mancherà di notare l’allineamento regolare delle piante di abete. Tale fatto è spiegabile soltanto con l’intervento dell’uomo, che in passato ha creato dei boschi

20 artificiali nel tentativo di aumentarne la produttività. Nel caso dell’abete rosso gli interventi sono stati spesso fallimentari, perché la specie è stata collocata a quote troppo basse al di fuori del suo ambiente naturale. Il legno, così, non mantiene la qualità desiderata. Lungo la Valbelluna non è raro incontrare boschi artificiali abbandonati di abete rosso. Uscendo dal bosco si giunge alla centrale idroelettrica dell’Altanon, nei pressi della quale si trova anche l’omonimo Ostello. Nel 1905, grazie alla Società Elettrica Altanon Commercio – Lavorazione Legnami, si realizza l’idea di sfruttare l’acqua delle sorgenti delle Acque More per produrre energia elettrica. Da notare che Santa Giustina è il primo paese della provincia di Belluno a dotarsi di energia elettrica nel 1889. Oggi l’acqua viene accumulata attraverso una vasca di raccolta (inizialmente ve n’era un’altra più a monte) e una vasca di carico, alimentate dalle Acque More. Dalla vasca di carico una condotta forzata, del dislivello di 84 m, porta l’acqua alla centrale dove una turbina tipo Francis (potenza nominale di 247 kw) trasforma l’energia cinetica in energia elettrica. La centrale venne fermata nel 1967 in seguito alla tragica alluvione del ‘66. Dopo impegnativi lavori di ristrutturazione che hanno coinvolto il Comune di Santa Giustina e l’Enel venne rimessa in funzione nel 2002.

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A fianco della centrale si trova l’Ostello dell’Altanon, collocato in un ambiente naturale circondato da una natura di una bellezza impareggiabile, sullo sfondo delle Dolomiti. La struttura è stata restaurata in modo conservativo a scopo didattico-ambientale e turistico. L’ostello è fornito di 25 posti letto, di servizi, di una cucina con refettorio e, nel sottotetto, di un’ampia mansarda ad uso polifunzionale. L’edificio è arredato in maniera confortevole e funzionale per rendere il soggiorno un’esperienza indimenticabile. Diversi itinerari portano il turista a scoprire le meraviglie naturali e i paesaggi rurali di Santa Giustina.

Lasciato l’Ostello, ci si incammina verso valle. Attraversato il Vesés su di un piccolo ponte, si procede sulla sinistra orografica. Una piccola passerella permette di superare il torrente San Giovanni. (N.B. fare attenzione perché in caso di pioggia o in presenza di neve o ghiaccio, la passerella, priva di parapetto, diventa particolarmente scivolosa e pericolosa).

IL MULINO DI VELÒS

Proseguendo nel bosco si giunge a oltrepassare nuovamente il Vesés e si passa a fianco del vecchio mulino di Velos. In passato funzionava per la produzione di farina. L’acqua era inoltre sfruttata per un piccolo lavatoio visibile dietro al mulino. Oggi rimane l’edificio in pietra semiabbandonato. Nei pressi è ancora possibile individuare il solco della roggia che lo alimentava. Il mulino, probabilmente attivo già nel XVI secolo, venne definitivamente chiuso dopo l’alluvione del 1966 che lo danneggiò gravemente. Ora il paesaggio cambia, dal fitto bosco si passa in ambiente rurale e si percorrono le stradine di collegamento tra le varie frazioni. Al primo incrocio si volta a sinistra e si scende verso la frazione di Velòs. Attraversato

22 nuovamente il Vesés, si passa tra le case della frazione dove in passato funzionavano una segheria e una fucina. L’itinerario oltrepassa la strada che conduce a San Gregorio e prende a sinistra in direzione Case Donce. Al primo bivio, a fianco di un’abitazione si abbandona la strada e si scende tenendo la destra. Da qui il sentiero si mantiene sempre sulla sinistra idrografica del Vesés e lo si segue per lungo tratto fino a giungere in prossimità della vecchia Segheria Bugana. Da notare che parte del percorso si sviluppa a lato della roggia di Ignan e Salzan, che per secoli ha alimentato numerosi opifici. La segheria fu attiva durante il 1900 e chiuse nel 1980. Nei secoli precedenti vi funzionava un maglio da ferro che dava il nome all’omonima località. Il percorso segue la strada che si allontana per 200 m circa dal torrente e poi riprende a scendere per strada asfaltata fino a condurci alla Piazza Maggiore, il cuore di Santa Giustina.

PIAZZA MAGGIORE

La piazza si sviluppa nelle adiacenze della sponda destra del Vesés ed è composta dalla Chiesa Arcipretale, dal campanile, dalla fontana, dal Municipio e dal Monumento che ricorda i Caduti della Prima e Seconda Guerra Mondiale. Alle spalle di tali edifici si apre l’ampia area dedicata al mercato e alle manifestazioni. Si può notare che la piazza è rialzata in prossimità del ponte sul Vesés. Le ragioni di tale assetto vanno ricercate in un curioso episodio storico: il 20 aprile 1829, l’imperatore Francesco I d’Austria, dovette transitare per S. Giustina, ma il ponte sul Vesés era pericolante ed assomigliava più a un guado, che congiungeva le due sponde del torrente. Giunta la notizia, i paesani restaurarono il ponte con pietre provenienti dalle

23 tre cave di Campél. Cave che forniscono tre tipi di rocce di colori diversi: bianco, rosa e grigio. Il ponte venne alzato notevolmente per resistere alle forti ondate di piena. Di conseguenza, si dovettero alzare la strada e la stessa piazza; parte della scalinata di accesso della chiesa venne coperta e le case circostanti si ritrovarono semi-interrate.

LA CHIESA ARCIPRETALE

La chiesa di Santa Giustina fu costruita alla fine del Settecento, secondo i progetti dell’architetto Antonio De Boni, in circa dieci anni, ma dovette aspettare il 1832, quarantun’anni dopo il termine dell’edificazione, per essere consacrata. La chiesa precedente fu demolita anche se era in buone condizioni perché era troppo piccola per la comunità. Il campanile, che era stato ricostruito nel 1682, rimase quello della chiesa precedente, ma in seguito a ai danni subiti in un incendio fu restaurato nel 1872. La chiesa ha subìto parecchi interventi di restauro e decorazione. Al suo interno conserva interessanti dipinti di Carlo Saraceni e di Francesco Frigimelica.

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IL MONUMENTO AI CADUTI

Fu eretto nel 1924 a memoria e in onore dei 292 caduti della Prima Guerra Mondiale.

IL MULINO IN VIA L ODI

Il Mulino di via Lodi ha una storia di oltre 100 anni, fu lavanderia, falegnameria e prima ancora latteria sociale. La struttura dell’edificio è a forma di “U” e racchiude un cortile attraversato dalla roggia (in buona parte interrata). Il mulino era composto a due ruote “pestapanizzo a due pestelli” e risale almeno al XVI secolo. L’acqua della roggia alimentava il mulino e grazie ad una turbina di tipo Francis, collocata a fine ‘800, produceva anche energia elettrica che consentiva il funzionamento dei macchinari per la lavorazione del latte anche in orario notturno. Nel 1894 la latteria fu costretta a chiudere e fu venduta all’asta. Il nuovo gestore risulta essere Isidoro Testolini che crea una falegnameria. Nel 1946 il mulino viene venduto a Luigi Sartorelli e trasformato in mulino da farina. Già nel 1947 poteva macinare 72 quintali di granoturco e 24 quintali di frumento al giorno. Era il principale mulino del paese.

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Nel 1972 Albino De Donà costruisce una lavanderia industriale che serve soprattutto le numerose caserme militari della provincia, ma anche di altre località. Chiuso nel 1992, l’edificio viene trasformato in alloggi residenziali così come li possiamo vedere oggi.

IL CASELLO

Giunti alla Piazza di Salzàn si incontra il bell’edificio del Casel del latte.

Restaurato di recente, oggi ospita la Protezione Civile e l’ANA ed è sede di attività culturali. Ma fino al 1979 il casello raccoglieva il latte conferito dai contadini che assieme al casaro lo lavoravano per ricavarne formaggio e burro. Nei pressi della struttura corre la roggia di Ignan-Salzàn ed è ben conservato un grande lavatoio.

IL MULINO DI SANTA LIBERA

Lasciato il Casello ci muoviamo verso il Mulino di Santa Libera. Oltrepassata la ferrovia, si arriva presso il cortile che ospita il mulino. L’edificio è stato recuperato nel 2004 grazie ad un restauro conservativo voluto dall’amministrazione comunale che permette al visitatore di apprezzare una lunga storia di molti secoli. Ubicato in un tipico cortivo, il mulino è azionato dalle acque della roggia di Ignan e Salzan, derivata dal Vesés e serve per la macinazione dei cereali. Già nel 1526, erano in funzione

26 le due ruote da farina, e nei secoli si sono avvicendati diversi proprietari. Gli ultimi mugnai a gestire la struttura appartenevano alla famiglia Zanandrea, (dal 1852 fino al 1981 anno di chiusura del mulino). La giornata del mugnaio iniziava alle quattro del mattino e proseguiva fino al pomeriggio. La roggia non è mai stata senz'acqua e, nei periodi di siccità, il mulino compensava il lavoro di altre strutture in difficoltà. Nel 1981, con la morte dell'ultimo mugnaio, Leandro Zanandrea, il mulino rimase in silenzio e senza lavoro. Ora il Comune ha incaricato le guide naturalistiche della Cooperativa Mazaròl di gestire la struttura e organizzarne le visite guidate, le escursioni nei dintorni, i laboratori didattici e gli eventi di animazione e approfondimento legati al mulino e alle tante storie ad esso legate, al fine di valorizzare, promuovere e far conoscere sempre più questo splendido luogo.

SANTA LIBERA DI SALZAN

Dal Mulino il nostro itinerario si spinge verso la piana alluvionale ove il Vesés confluisce nella Piave. Prima di raggiungere ampie distese coltivate, si passa a fianco della Chiesa di Santa Libera di Salzan. Originariamente dedicata a San Vigilio, la chiesa viene descritta già a

27 partire dal 1500 nella relazione del vescovo Revellio, che la interdice per le pessime condizioni in cui versa. La stessa sorte subiscono diverse altre cappelle del paese. Con fortune alterne, la chiesa sopravvive e nel 1872 viene citata come Santa Libera, nome tutt’oggi utilizzato. All’interno vi è una pala che raffigura la santa con la Madonna e San Pietro con catena al piede. Secondo un’altra ipotesi, si tratterebbe invece di Santa Caterina nell’atto dello sposalizio con Gesù. Nel 1971 la chiesa viene restaurata.

LA CHIESA DI SAN LORENZO

Superati i prati coltivati in direzione della Piave, si giunge in prossimità di un importante allevamento, superato il quale si gira a destra e in breve si arriva alla chiesa di S. Lorenzo. Due sono le ipotesi prevalenti sul martirio di San Lorenzo: arrostito sulla graticola, la prima; decapitato nel 258 d.c. la seconda (Sogne Viviana 2007). La ricorrenza cade il 10 di agosto in coincidenza con lo spettacolare fenomeno delle stelle cadenti della cosiddetta “notte di San Lorenzo”. La piccola chiesa a pianta rettangolare e navata unica, sorge in località

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Portin di Grighér a testimoniare la vicinanza con l’attracco dell’antico traghetto per Nave di Mel. Nel 1393, la cappella di San Lorenzo di Grighér viene scelta per l’elezione di Alberto da San Giorgio di Piemonte, Vescovo comune tra le due diocesi di Belluno e Feltre. La collocazione della chiesa ben si presta a “mettere d’accordo” le due cattedrali rivali perché si trova nella cosiddetta “terra di mezzo e di nessuno”: a metà distanza tra le due città e compresa tra le acque del Vesés e del Cordevole, considerata al tempo zona neutra. Allora, rispetto ad oggi, il corso del Vesés era situato tra le chiese di San Marco e di San Lorenzo; inoltre Grighér rappresentava un luogo strategico perché si trovava sulla strada che, attraverso il “Passo della Barca”, portava a Mel. A lato della chiesa, è ancora presente un cippo di confine datato 1644.

LA CHIESA DI SAN MARCO

Ancora qualche passo e si arriva alla chiesa di San Marco, che sorge poco distante da quella di San Lorenzo. In passato esse erano divise dal corso del Vesés, il cui alveo era spostato rispetto ad oggi. Secondo alcune ipotesi, inoltre, la cappella si trovava lungo l’itinerario dell’antica strada romana Claudia Augusta Altinate (ipotesi in realtà dibattuta e sostenuta dallo storico Novello). La chiesa, risalente alla fine del medioevo è orientata verso occidente, con due finestre, una situata a sud e una dietro l’altare. La pavimentazione della chiesa è in pietra, mentre il tetto è fatto di tegole. Il Vescovo, il giorno della festa di San Marco (25 aprile), conduce una processione che va dalla chiesa parrocchiale alla chiesetta.

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IL TRAGHETTO SUL LA PIAVE

Ritornando brevemente sui propri passi, si prende poi la strada sterrata che conduce fino alla Piave. Il fiume si presenta con diversi rami intervallati da ghiaie. Rispetto al passato la portata media è ridotta a causa delle numerose dighe e centrali idroelettriche che sorgono lungo il suo corso. La navigazione oggi non è più possibile, ma fino a metà del ‘900 le cose erano ben diverse. L’antico traghetto sulla Piave collegava la sponda destra del fiume (Santa Giustina) con Nave, frazione di Mel. Come suggerisce il toponimo, Nave era anche un importante porto sul fiume, dove attraccavano e partivano le zattere che trasportavano in pianura legname, merci e anche passeggeri. Le zattere, guidate con maestria da squadre di “zater”, hanno rappresentato per secoli un valido mezzo di trasporto e di comunicazione verso la Serenissima. Il traghetto, che collegava Santa Giustina e Mel, univa anche la media Valbelluna al Feltrino orientale. Per la sua importanza per le popolazioni locali, la strada che dalla frazione di Salzan porta al “passo de la barca” di Grighér aveva larghezza doppia rispetto alle altre e ancor oggi è denominata “Cal larga per Mel”. Oggi non resta alcuna traccia dell’esistenza del traghetto.

Qui si conclude il nostro itinerario, che speriamo vi sia piaciuto e vi abbia arricchito. E se vi siete persi… siamo sicuri che il Mazaròl insegnerà qualcosa anche a voi.

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BIBLIOGRAFIA

− AA.VV. (1995) – Santa Giustina. Comune di Santa Giustina (BL), pp. 238. − ALPAGO Novello (1972) – Da Altino a Maja sulla Via Claudia Augusta. Milano − ALPAGO Novello – a cura di - (2000) – Chiese e cappelle rurali nella Valbelluna. Vicenza − BARTOLINI Donatella (2005) - Ruote ad acqua lungo il Veses: storia e tecnologia . Comune di Santa Giustina (BL), pp. 207. − DAL PAN Dino (2004) - Cergnai: fede e comunità . Parrocchia di Cergnai (Santa Giustina Belluno), pp. 205. − DAL PAN Dino (2012) – I traghetti sul Piave. Il Vesés Finestre sulla Valbelluna – anno XIII n. 01 gennaio 2012, pp. 2-5. − SOGNE Viviana (2007) – Chiese di campagna. Parrocchia di Santa Giustina (BL), pp. 78. − UNESCO (2009) – Dichiarazione di Siviglia. Proclamazione delle Dolomiti Patrimonio dell’Umanità (26.06.2009).

SITOGRAFIA

• www.arpa.veneto.it • www.bellunovirtuale.com • www.comune.santagiustina.bl.it • www.dolomiti.it • www.dolomitipark.it • www.wikipedia.org

Il presente lavoro può essere visionato anche ai seguenti indirizzi web:

www.rodari.org www.comune.santagiustina.bl.it www.dolomitilive.net

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INDICE

Introduzione ...... 9 Mappa e Caratteristiche ...... 11 Santa Giustina ...... 12 L’ambiente naturale ...... 14 Il Vesés ...... 16 IL Pizzocco ...... 16 Le Acque More ...... 17 La chiesetta di San Vittor Vesés ...... 18 Il Mazarol (il bosco stregato) ...... 19 La Centrale dell’Altanon e l’ostello ...... 20 Il mulino di Velòs ...... 22 Piazza Maggiore ...... 23 La Chiesa Arcipretale ...... 24 Il monumento ai caduti ...... 25 Il Mulino in via Lodi ...... 25 Il Casello ...... 26 Il Mulino di Santa Libera ...... 26 Santa Libera di Salzan ...... 27 La Chiesa di San Lorenzo ...... 28 La Chiesa di San Marco ...... 29 Il Traghetto sulla Piave ...... 30 Bibliografia ...... 31 Sitografia ...... 31

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RINGRAZIAMENTI

Noi alunni, infine, desideriamo ringraziare le persone che ci hanno dato una mano in questo progetto. Innanzitutto il Comune di Santa Giustina che ha creduto nella sua realizzazione e ha finanziato il lavoro; quindi lo storico Dino Dal Pan che ci ha fornito preziose informazioni sugli aspetti storici del Vesés e della Piave; l’esperto Enrico Tonin che ci ha illustrato le caratteristiche di alcune chiesette; le guide naturalistiche del Mazarol che ci hanno condotto lungo i sentieri dell’itinerario e Vittorino, custode del Mulino di Salzàn, che lo ha messo in funzione e ci ha fatto macinare la farina. Ringraziamo anche il dirigente scolastico e i professori per aver creduto in noi.

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