ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA FONDATA DA ORIO VERGANI NEL 1953 ______

ISTITUZIONE CULTURALE DELLA REPUBBLICA ITALIANA Decreto del 18 agosto 2003

LA PENISOLA DEL NATALE

Un itinerario gastronomico natalizio che parte dalle Alpi per arrivare all’Etna, attraverso una serie di ricette tipiche un po' insolite o poco note che l’Accademia Italiana della Cucina invita a riscoprire

Natale gastronomico al Nord: quando le Alpi si coprono di un manto di neve…. Il Natale, nell’immaginario collettivo, è coperto di neve. Le Alpi, in questa prospettiva, la fanno da padrone, ma anche più a Sud non si scherza: il Gran Sasso al centro, l’Etna in Sicilia vestono un bel manto bianco natalizio. Ed anche il Vesuvio, quando gli pare, mette su un cappuccio bianco. In Val d’Aosta il pranzo di Natale ed il cenone di San Silvestro vedono in tavola la classica “carbonade”: si tratta di fette di carne macerate nel vino rosso con erbe aromatiche e sale, poi tagliate a pezzetti e cotte in padella con del burro. Si serve con una salsa particolare al vino rosso, ricca di sapori e di profumi. La “carbonade” è anche un ottimo condimento per la polenta. Restando sull’arco alpino, passiamo al Trentino-Alto Adige. Qui il piatto tipico della vigilia è il baccalà alla trentina, cotto in umido con patate, sedano, cipolla, aglio e , spolverato di formaggio grana grattugiato. Nel Friuli-Venezia Giulia il pranzo di Natale è caratterizzato dal cappone girato allo spiedo ed aromatizzato con erba limoncella, bagnato con vino bianco durante la cottura. Lasciando le vette alpine, torniamo un po’ indietro, in . Sia per il pranzo di Natale che per il cenone di fine d’anno non possono mancare due piatti emblematici: gli agnolotti gobbi ai tre arrosti ed il gran bollito misto. Il bollito contiene tutto e di più: manzo, cappone, pollo, zampetti di vitello, testina, lingua e chi più ne ha più ne metta. Viene servito con la salsa classica piemontese, il “bagnett”. Gli agnolotti, invece, hanno un ripieno di carni arrostite di vitello, coniglio e maiale, e in tavola vengono conditi con il sugo dei tre arrosti. Si chiamano “gobbi” per la curiosa forma a mezzaluna. In , accanto al classico (ormai naturalizzato ovunque), il Natale è contraddistinto dal tacchino. Deve pesare più o meno sei chili e per la cottura in tegame, con grasso di rognone, pancetta e aromi, occorrono almeno sei ore. Per Natale si mangia caldo, quel che avanza viene portato in tavola, freddo, il giorno dell’Epifania. Per la cena di magro, comunque, nella bassa Lombardia trionfano i tortelli di zucca, tipici di Mantova e dintorni. La cena della vigilia vede, sulle tavole del Veneto, il classico “baccalà alla vicentina”, che non è proprio baccalà ma stoccafisso. Si tratta di una ricetta antica, collaudata negli anni, che prevede la cottura nel latte con gli aromi classici e il sapore forte dei filetti d’acciuga ben diliscati. Sempre per la vigilia c’è il pasticcio di tagliatelle (detto anche “pastisso de magro"): è una preparazione tipica, racchiusa in un involucro di dolce, con particolari tagliatelle ondulate condite con cipolla, uva passa, pinoli, cedro candito soffritti nell’olio d’oliva extravergine. Per Natale o Capodanno, ecco l’anatra ripiena, farcita con fegato di maiale, pancetta, salsiccia, pane inzuppato nel latte, erbe aromatiche. Viene cotta al forno, bagnata ogni tanto con vino bianco. Appena al di sotto del Po, l’Emilia Romagna vede in tavola, per Natale (ed anche per Capodanno) il trionfante bollito misto (quello “ricco” ormai in casa non si fa più e solo pochi ristoranti presentano ancora il fantasioso carrello dei lessi assortiti). Il “lesso” emiliano aggiunge agli ingredienti del bollito piemontese la ricchezza del maiale, che qui è di casa: musetto, cotechino, prosciutto, cappello da prete, zampone e due ossi con midollo. Si

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ISTITUZIONE CULTURALE DELLA REPUBBLICA ITALIANA Decreto del 18 agosto 2003 serve con le salse di prezzemolo, di peperone e di pomodoro. A Bologna e nelle Romagne il dolce tipico delle feste è il “pan speziale”, detto anche “certosino” perché, sembra, sarebbe stato inventato dai frati della vicina Certosa. Nel resto dell’Emilia il dolce tradizionale è rappresentato dalla spongata, una ricetta antichissima (c’è chi la fa discendere addirittura dall’antica Roma). Esaurita questa parte dell’Italia continentale bagnata dal Po, passiamo ad un’altra acqua, quella del mare. In Liguria la tradizione della vigilia di Natale pretende il “”, che non ha niente a che vedere con il volatile di cui porta il nome: è una ricca zuppa di pesci e crostacei con alcuni ortaggi di stagione (cavolfiore, patate, carote, carciofi) con qualche galletta da marinaio inzuppata in acqua e aceto. Si serve tiepida, con una salsa particolare di aglio, limone, capperi e peperoncino preparata in una teglia a strati alterni di pesce e di salsa. Al culmine, ostriche “nude”. Sono sempre piatto di magro, da vigilia, i “pansotti”: , in genere di forma triangolare, con un ripieno di formaggio, uova, ricotta e “preboggion” (alla lettera: erbe da cuocere). E’ una specialità che prevede tassativamente l’uso di sette erbe. Per i dolci, la Liguria vanta il proprio Pandolce (o “pan dòce"): un grosso pane di farina, noci, pistacchi, pinoli, uva passa, canditi, vino Marsala, semi di finocchio e fiori d’arancio, con tre tagli a triangolo al centro. Si cuoce in forno.

La tradizione delle feste “gourmet” al Centro, immersi nella quiete delle campagne e delle colline…. Passando dal Mar Ligure all’Adriatico, si raggiungono le Marche. L’inverno non è molto favorevole alla pesca ed allora si fa ricorso, come gustoso antipasto, al baccalà, preparato per la vigilia in saporite polpettine fritte nell’olio extravergine. Dopo le polpettine, si passa alle tagliatelle al nero, mentre per il pranzo di Natale l’oca in non manca mai. Si tratta di un’oca farcita con aglio, finocchio selvatico e lardo tritato. La cottura “in porchetta” è tipica nella regione, allo stesso modo si cucinano anche polli e conigli. Oltre, naturalmente, i porcelli giovani, da cui il nome. La Toscana gode di una cucina sia di mare che di terra. Dunque, per la vigilia è immancabile il alla livornese (deve essere sempre scritto con cinque c, altrimenti non è livornese!) una straordinaria e composita zuppa di pesce, che prevede almeno dodici varietà, compresi i crostacei e i molluschi. Ma sono altrettanto tipici i ravioli di magro, differenti da quelli liguri (qui, nel ripieno, ci sono solo bietole, formaggio grattugiato, uova, pangrattato e noce moscata): semplicissmi ma ugualmente gustosi. La Toscana è poi la terra delle carni, dello spiedo e della griglia. Per il cenone di San Silvestro non deve mancare l'arista alla fiorentina, disossata ma cucinata con l'osso e gli aromi. Si cuoce in forno in una teglia con abbondante olio. L'Artusi, padre della cucina italiana e specialmente toscana, consiglia anche la cottura allo spiedo, ma non è molto praticata. Per i dolci delle feste, c'è il di Siena, assieme agli altrettanto famosi ricciarelli, senesi anche loro. Prima di passare al Tirreno, ecco l’Umbria, regione le cui acque sono solo quelle dei laghi e dei fiumi. Per la vigilia il piatto di magro classico è rappresentato dalla zuppa di castagne e ceci: viene preparato un soffritto di aglio e prezzemolo nel quale, allungato con acqua salata, si cuociono le castagne (precedentemente arrostite) ed i ceci. Il tutto si versa direttamente nei piatti su larghe fette di pane casereccio abbrustolito. Per il pranzo di Natale ci sono gli “strengozzi” al ragù e la faraona alla ghiotta, cotta al forno in un tegame e bagnata di continuo con il sugo che sgocciola. Questo sugo verrà poi spalmato su fette di pane abbrustolito e portato in tavola insieme alla faraona. Per i dolci, è tradizionale il di Terni ma più caratteristici i maccheroni conditi con le noci e il miele: un tempo rappresentavano il primo piatto per il pranzo di Natale, oggi vengono portati in tavola al termine della cena di vigilia. La più radicata tradizione natalizia è rappresentata nel Lazio, a Roma, dalla cena di magro della vigilia. E’ il trionfo del capitone marinato, che un tempo veniva acquistato durante il “cottìo” al mercato del pesce: il capitone, cotto al tegame, viene tenuto per almeno quarantott’ore nella sua marinatura. Poi c’è la tradizionale minestra con l’arzilla: un pesce caratteristico (la razza petrosa) cotto in acqua salata, sfilettato e sminuzzato. Nella sua acqua di cottura si calano gli spezzettati, poi si aggiunge il pesce. Altro primo piatto tipico della vigilia sono gli spaghetti , semplicissimi e gustosi. I cardoni in brodo aprono la cena della vigilia in . Sono grossi cardi sfilettati e tagliati a cubetti poi lessati, sgocciolati e versati in una pentola di brodo di gallina bollente, cui si aggiungono uova sbattute con formaggio grattugiato e pallottoline di cacio e uova. Ma sulla tavola di Natale o di Capodanno c’è il trionfante timballo di scrippelle: frittelle di uova e farina imbottite a strati con scamorza a dadini, spinaci, funghi, carciofi fritti, fettine di uovo sodo e sugo di tre carni (manzo, maiale, agnello) soffritte con gli odori in olio extravergine. 20124 MILANO – VIA NAPO TORRIANI, 31 – TEL. 02 6698 7018 FAX 02 6698 7008 CODICE FISCALE 80109690158 – PARTITA IVA 05117010156 – e-mail: [email protected]

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Il tutto in una teglia ricoperto con le scrippelle spennellate di uovo. Dopo questo primo piatto succulento c’è il tacchino alla canzanese (dal paese di Canzano), immerso nell’acqua con gli odori in un tegame di terracotta ben chiuso, che si mette in forno. Per cuocerlo occorrono otto ore e si serve dopo altre dodici. Per i dolci natalizi, c’è il classico pescarese, decantato da D’Annunzio, ma non mancano gli “scarponi di Natale”, dolci al cioccolato tipici di Sulmona. Non è vero che il Molise sia tributario della cucina abruzzese, tutt’altro. E per le feste, oltre al classico brodetto alla termolese per la cena della vigilia, ci sono le “sagne in brodo”, pregiato timballo di lasagne cotte nel brodo di gallina ed imbottite con uova, pecorino e scamorza, la carne della gallina a tocchetti, il tutto ben innaffiato di brodo e messo in forno. Infine, l’agnello cacio e uova, fatto a pezzi, cotto in tegame con lo strutto e gli aromi, servito con il suo fondo di cottura arricchito di tuorli d’uovo sbattuti con il limone.

Nel Sud, dove trionfano la fantasia e la creatività…. In Campania le feste natalizie sono davvero più festive che altrove. La fantasia partenopea ha arricchito nel tempo una cucina nata povera. Il pranzo di Natale o di Capodanno vede piatti superbi. Basta citare il sartù di riso, che si fa in mille modi. Ma per la vigilia ecco un sartù particolare, di magro (detto “alla morconese”), che vede gli zucchini e la mozzarella al posto del ragù di rigaglie di pollo, e rigorosamente in bianco (senza pomodoro). La fantasia, come detto, aguzza l’ingegno: ecco dunque, sempre per la vigilia, una versione anch'essa “in bianco” del classico timpano di maccheroni (cioè senza carni). Il timpano classico, ripieno di carni e con una ricca salsa di grasso, è riservato al Capodanno. E sempre a Capodanno non deve mancare sulla tavola il ragù di castrato. Per i dolci natalizi, susamielle, roccocò, e sfogliatelle. I calzoni di ricotta aprono il pranzo di Natale in Basilicata. Sono dei grossi ravioli farciti con ricotta, zucchero, uova e cannella racchiusi in una sfoglia di farina e uovo. Vengono cotti in abbondante acqua salata poi conditi con un ragù di carne. E’ un piacevole contrasto di dolce e salato, di antica tradizione. Per la vigilia c’è la zuppa del monaco: cicoria lessata poi soffritta nel lardo e versata in una zuppiera di brodo caldo. Si serve con abbondante pecorino grattugiato sui piatti. Per Capodanno, il pollo alla potentina rappresenta il piatto forte: il volatile viene tagliato a pezzi e rosolato in padella con pomodori e cipolla, bagnato con vino bianco, quindi lasciato cuocere in un tegame coperto per un’ora, continuando a bagnarlo col vino se serve. Come contorno si usano patate arrostite a grossi spicchi. Il pancotto con rughetta e patate, semplice e saporito, è il piatto di magro della vigilia in Puglia. Sempre di vigilia sono i “”, una minestra saporita di ceci lessati con tagliatelle larghe un centimetro, fatte di sola acqua e farina. Il rosmarino e la cipolla conferiscono al piatto un aroma particolare. Ancora per la vigilia sono tipiche le orecchiette con la ricotta: questa pasta pugliese viene condita semplicemente con ricotta ammorbidita in un po’ d’acqua di cottura della pasta. Meno sbrigativa la preparazione del coniglio con i peperoni e le olive, per il pranzo di Natale: il coniglio, rosolato a pezzi con aglio e cipolla in olio extravergine, viene bagnato col vino bianco nel corso della cottura. A parte vengono rosolati i peperoni, aggiunti al coniglio con le olive nere snocciolate. In Calabria, specie sullo Stretto, per la vigilia è d’obbligo il pesce spada alla ghiotta insieme al macco di fave, una crema di legumi aromatizzata e versata sul pane abbrustolito. Non mancano gli spaghetti al nero di seppia e, per il dolce, la pignoccata al miele. In Sicilia, non c’è cena della vigilia senza la pasta con le sarde. Ma quale pasta con le sarde? Ogni località, ogni campanile, ogni famiglia ha una ricetta propria: c’è chi ci mette il pangrattato e chi no; in altri luoghi la pasta viene passata al forno prima di essere portata in tavola; altrove, invece, deve essere servita appena scolata; il condimento viene mescolato rapidamente assieme alla pasta ma c’è chi preferisce condire la pasta (in genere , ma non sempre) a strati, come una ; a Palermo si aggiunge una graniglia di mandorle tostate, altrove no. E così via. Ma la pasta con le sarde resta, ovunque e comunque, un piatto straordinario. Un altro piatto delle feste (Natale e Capodanno) poco conosciuto è l’agglassato: un bel girello di manzo (ma si usa anche una gallina) messo in un tegame di terracotta con abbondante acqua e olio, con moltissime cipolle affettate (che dovranno fornire la glassa). Una volta rosolata, la carne viene passata nel burro in un altro tegame, bagnando con Marsala secco. Si schiacciano le cipolle ricavandone una specie di puré con il quale si ricopre la carne lasciando addensare la glassa. Servito caldissimo, l’agglassato viene accompagnato da patate fritte insaporite con parte della glassa. 20124 MILANO – VIA NAPO TORRIANI, 31 – TEL. 02 6698 7018 FAX 02 6698 7008 CODICE FISCALE 80109690158 – PARTITA IVA 05117010156 – e-mail: [email protected]

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La Sardegna, la cui cucina è singolarmente autonoma, presenta piatti caratteristici come la fregula: si tratta di una specie di cuscuss, di antiche origini: semola di grano duro macinata grossa, impastata con acqua tiepida e zafferano poi soffregata tra i palmi delle mani per far gonfiare i grani. Asciugati su un canovaccio, questi grani vengono cotti nel brodo di gallina e conditi con formaggio fresco in salamoia (casu de fitta) e abbondante pecorino grattugiato. Una pastasciutta tipica sono i malloreddus: bastoncini di pasta grossi quanto un dito e lunghi tre o quattro centimetri, cotti in acqua salata e conditi con un sugo di carne tritata, prezzemolo, rosmarino, olio e pomodoro. Piatto di magro per la cena della vigilia è la “burrida a sa casteddaia”: a un grosso gattuccio di mare, eviscerato, si toglie il fegato e lo si mette da parte. Il pesce viene lessato ma il fegato, appena sbollentato, viene rosolato in tegame con olio, aglio e gherigli di noce tritati e marinati nell’aceto. Quando questa salsa risulta cremosa e filante viene posta in un tegame sui pezzi di gattuccio, a strati alterni. Deve restare così almeno ventiquattr’ore prima di essere portata in tavola. Anche il tacchino fa parte, in Sardegna, della tradizione delle feste, ma viene chiamato “pastu mistu” per la singolarità della preparazione. Infatti il tacchino viene farcito con un pollo (o, a piacere, con una piccola anatra o un coniglio) ben lardellato e aromatizzato. Con ginepro, mirto e salvia. Il tacchino viene calato in una fossa su un letto di braci, e con le braci viene ricoperto. Si cuoce così e viene servito tiepido. Si tratta di un antichissimo metodo di cottura tipico della Sardegna. Un tempo, un vitello veniva farcito in questo modo, via via con altri animali sempre più piccoli a loro volta farciti, come in un gioco di scatole cinesi.

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