MATERIALI, TECNICHE E CANTIERI: autarchiche, o di villaggio, e l’introduzione di tecniche e di PRIMI DATI DAL TERRITORIO AQUILANO sistemi estrinseci, per opera di maestranze itineranti o ap- partenenti a ordini monastici d’oltralpe. di FABIO REDI 1. I MATERIALI L’ interno non conosce edifici realizzati intera- mente con terra cruda (pisé) o con mattoni, come il versante È ancora presto per tirare le conclusioni di una ricerca a adriatico; soltanto la produzione di laterizi per la copertura dei tutto campo e su ampia scala territoriale come quella che è tetti è attestata localmente già a partire dal sec. XIV dagli Statuta stata impostata da qualche anno sul territorio aquilano e civitatis Aquile, ma l’uso del mattone risulta secondario, cioè marsicano dalla cattedra di Archeologia Medievale dell’Uni- limitato a interventi successivi, come restauri o integrazioni e versità dell’Aquila. Gli studi esistenti (cfr. Bibliografia), ove risarcimenti di unità stratigrafiche negative. Esistendo giaci- non indirizzati semplicemente verso aspetti formali o pro- menti atti alla produzione di tegole, e quindi, ove richiesto, di blematiche più squisitamente di tipo storico-artistico o sto- mattoni, dobbiamo attribuire ad altre ragioni la pressoché tota- rico-architettonico, riguardano prevalentemente il ruolo ef- le assenza di paramenti murari di laterizi. La natura stessa del fettivamente svolto dai Cistercensi e dalle committenze fe- territorio, aspro e sassoso, offriva buoni motivi per la prefe- dericiana e angioina all’interno dei cantieri edili della se- renza della pietra. Ragioni culturali, ma specialmente econo- conda metà del Duecento e degli inizi del Trecento. Di fronte miche, presiedettero quindi all’impiego quasi esclusivo di alla corrente storiografica di cui è portavoce A.M. Romani- murature di pietra. Non a caso gli Statuti cittadini, al cap. 300, IGHETTI OSTI ROCE ni (R T C 1983, p. 122), che vede nei Cister- De domibus costruendis (CLEMENTI 1977, p. 197), non pren- censi una diretta attività di formazione delle maestranze che dono in considerazione alternative all’uso della pietra. Le abi- costituivano i principali cantieri-scuola del sec. XIII, spe- tazioni di nuova costruzione, alte almento due canne di nove cie nell’Italia centrale, si è sviluppata un’altra tesi, rappre- palmi e lunghe quattro canne, dovevano essere costruite «de sentata in prevalenza da architetti, che tende a ridimensio- bonis lapidibus, clace et arena»; soltanto per la copertura dei nare il ruolo dei monaci cistercensi nella svolta impressa tetti era prescritto «eandem coperire de bonis tegulis seu pincis». alla produzione edilizia del periodo, dalla costruzione delle Il legname, assai scarsamente attestato anche a causa della sua grandi abbazie dell’ordine alla notevole crescita edilizia di deperibilità, appare relegato ai solai e ad altre modeste sovra- città e castelli. In realtà, secondo questa corrente (FIORANI strutture come i «gaifi», cioè balconate di legno chiuse o aper- 1996, p. 194), i Cistercensi, più che essere portatori di tec- te, di tradizione longobarda almeno nel termine lessicale. Del niche costruttive innovative e di respiro internazionale, resto, ai solai di legno si preferivano le volte di pietra, almeno avrebbero rivelato una più flessibile capacità di adattamen- nei livelli abitativi o di servizio inferiori. to alle tecniche locali. La fondazione della città dell’Aquila è da attribuirsi, 1.1 La pietra almeno secondo alcuni (CLEMENTI, PIRODDI 1986, pp. 9-17, CLEMENTI 1998, pp. 17-43), ormai con buona attendibilità, A seconda del tipo di costruzione che s’intendeva rea- a un preciso programma non tanto di Federico II quanto di lizzare, la pietra, quasi esclusivamente calcarea, era reperi- Corrado IV, nel 1254, ed è largamente attestata la presenza bile in sito, da affioramenti superficiali o da raccolta ai pie- sia normanno-sveva nella ricostruzione di numerosi castel- di dei dirupi, nel greto dei torrenti, mediante spietramento li del territorio, sia dell’ordine cistercense nell’attività edi- dei rari e modesti appezzamenti agricoli. Si tratta, quindi, lizia e di promozione e razionalizzazione dello sfruttamen- di materiale abbondante, facilmente reperibile e relativa- to delle risorse agro-pastorali. mente economico; ma, forse, anche, più connaturale con La città e il territorio aquilano, quindi, anche in consi- l’ambiente e con la cultura locale. In pratica le costruzioni derazione della discreta documentazione archivistica, ap- di pietra, grezza o semilavorata o ridotta in conci squadrati paiono un interessante e praticabile osservatorio delle pro- di diversa pezzatura, non rappresentavano altro che un sur- blematiche ora esposte. rogato artificiale e un’amplificazione qualitativa degli La metodologia che applichiamo è, senza dubbio, quella atavici ripari sotto roccia o entro cavità naturali. archeologica, sia nell’analisi e interpretazione dei dati mate- Dobbiamo, infine, distinguere fra l’uso della pietra a riali di superficie, sia delle sequenze stratigrafiche da scavo. secco e quello delle murature con legante di malta. In città sono stati aperti gli scavi dei monasteri di 1.2 Cave e calcàre S. Domenico e di S. Basilio e della basilica di Collemaggio; nel territorio aquilano sono in corso quelli della pieve di S. La ricerca in corso riguarda anche il reperimento e il Paolo di e della grancia cistercense di S. Maria del censimento delle cave di estrazione dei materiali da costru- Monte di Paganica, e dei castelli di S. Vittorino di Amiterno, zione da ridurre in conci, sia da più sottili stratificazioni e Rocca Calascio; nella Marsica sta per concludersi lo naturali, sia da banchi più consistenti. scavo del monastero benedettino di S. Maria di Luco dei Uno dei monumenti che dal 1999 è oggetto di scavo Marsi e sono in corso lo scavo dell’abbazia cistercense di archeologico da parte nostra è l’abbazia regia di S. Maria S. Maria della Vittoria a e della chiesa della Vittoria, nel territorio di Scurcola marsicana. altomedievale di S. Potito, insistente sui ruderi della villa Essa, come è noto, fu fatta erigere da Carlo I d’Angiò imperiale omonima nel comune di . per celebrare la sua vittoria su Corradino di Svevia con la La nostra ricerca, dunque, insieme alle altre problema- battaglia dei Piani Palentini, o di , nel 1268 (PE- tiche che stanno all’origine degli interventi di scavo, sia SCE 1988, pp. 46-92). urbano, sia di chiese o monasteri, sia castellano, mediante Per la costruzione della monumentale abbazia risulta il puntuale censimento delle diverse tecniche murarie e il dalle fonti che venne utilizzata la pietra calcarea delle vici- loro confronto incrociato in direzione urbano-rurale, mag- ne cave di Carce e di Montesecco. Già il toponimo della giore-minore, ecclesiastico-civile-militare, ha per obiettivo prima cava è allusivo al tipo di pietra da essa fornita e alla la verifica della effettiva incidenza delle diversità di com- sua cottura per la produzione di calce. mittenza e della presenza cistercense nell’edilizia dei Il sito della cava di Carce è ancora ben localizzabile e si secc. XIII e XIV a livello locale. Particolare attenzione vie- riconoscono i segni della coltivazione antica, durata fino a tempi ne rivolta alla presunta dicotomia fra “cantieri poveri” e recenti, come mostrano le tracce di una fornace settecentesca “cantieri ricchi”, cioè alla presenza e al rapporto fra mano- ai piedi della montagna, lungo la valle dell’Imele-Salto. dopera scarsamente specializzata e altamente specializzata, È ancora riconoscibile il cammino di lizza che univa fra testimonianze di tradizioni locali di produzioni questa fornace, presso la quale avveniva il caricamento dei 587 blocchi di pietra lungo la strada reatina (S.S. 578), e la cava MENTI 1977, p. 320), troviamo indicato che i pinci siano ben di estrazione in quota. cotti e stagionati; i prezzi fissati, a migliaio, sono 3 fiorini e La nostra ricerca ha restituito anche due calcare anti- mezzo per la produzione cittadina, 4 fiorini per quella subur- che, una tardomedievale, una del sec. XVII, in occasione bana, a Pile, 5 per il prodotto proveniente dalla Campania. Le degli scavi archeologici che stiamo conducendo rispettiva- postille degli Statuti cittadini, cap. 592 (CLEMENTI 1977, p. 334), mente in località Villa Imperiale presso S. Potito di Ovindoli concedono ai produttori di realizzare pinci di forma maggiore e nelle adiacenze della abbazia suburbana di S. Maria di rispetto a quella prescritta, ma non minore rispetto alle forme e Collemaggio. Nel primo caso la calcara taglia il muro late- ai telaietti di legno, corrispondenti alla giusta misura, dei qua- rale settentrionale della chiesa altomedievale che s’impo- li, con inchiostro diverso, sono raffigurate le immagini. Si di- stò sulla rasatura dei muri di una grandiosa villa romana stinguono i telaietti per tegole e per embrici e la forma di legno (REDI 2001a, p. 316). con impugnatura per embrici insieme con il suo prodotto. L’impianto della calcara sembra riferibile a una fase di Nel sec. XIV, quindi, all’Aquila le coperture dei tetti in abbandono della chiesa altomedievale e a una operazione laterizio (“pinci”) erano correnti e forse avevano soppian- di spoliazione dei marmi e dei materiali calcarei della villa tato l’uso di scandole di legno e di piaste di scisto. Manca- ancora superstiti al fine di una consistente produzione di no, tuttavia, costruzioni che facciano uso di mattoni al di calce per i restauri della chiesa stessa o per l’erezione del fuori di modeste porzioni, per di più non originali della pri- non distante castello normanno di S. Potito. ma fase costruttiva. Dalle stratigrafie della calcara risultano evidenti le tracce di un uso ripetuto, sebbene forse concentrato in un breve 1.4 Fornaci o pinciare lasso di tempo. Sono numerosi, infatti, i livelli di calcinazione nel suo La ricerca toponomastica e lo spoglio sistematico del contenuto pluristratificato. primo Catasto spagnolo, iniziato nel 1550 (Archivio di Sta- L’altra calcara rinvenuta nel settembre 2002 con lo sca- to dell’Aquila, Archivio Civico Aquilano, Catasti, T53/1- vo all’esterno della basilica di Collemaggio, a nord della 4), hanno consentito di localizzare aree urbane o del territo- regione absidale, taglia il muro laterale settentrionale di una rio nelle quali concentrare l’attenzione per la ricerca di strut- cappella trecentesca. ture produttive di laterizi. Oltre che in città, immediatamen- La calcara in questione è da mettere in relazione molto te fuori della Porta a Bazzano, è stato possibile localizzare probabilmente con la vicina fossa per lo spegnimento delle fornaci da laterizi a Coppito (ben due), al Ponte di Pile, a S. calce rinvenuta in aderenza con il muro ora detto e contestuale Vittorino di Amiterno. La ricognizione di superficie che è con un livello d’uso riferibile a quello dei pilastri di contro- seguita ha consentito di rinvenire le struttura superstiti della scarpa realizzati per rinforzare i muri perimetrali dopo il sisma “pinciara” di Porta a Bazzano e di una delle due di Coppito, del 1703. La fossa risulta scavata nella sequenza, abbastanza alla periferia occidentale della città, ovviamente ambedue ravvicinata, di strati di riporto successivi ad altrettanti livelli nella versione settecentesca. d’uso dell’aula mononave con abside a semiottagono. Uno Anche nell’ipogeo della chiesa di S. Giusta di Bazzano, spesso strato di calce bianca fodera le pareti e il fondo della alla periferia orientale dell’Aquila, permangono le strutture di fossa che, dalla parte opposta alla parete della basilica, verso una fornace, ritenuta da alcuni, forse impropriamente, di età nord, era delimitata da una porta a daghe di legno, di recupero, romana. Nella Valle del Salto, a Corvara, sono ben conservate della quale rimane l’impronta nella calce spenta superstite e le strutture di un’altra fornace, del sec. XVIII-XIX, nella quale nella parete di terra che essa era destinata a trattenere. rimangono ancora numerosi telaietti e sagome per la produ- La documentazione archivistica relativa alle fornaci da zione di manufatti diversi per forma e per misure. calce non manca di offrire dati e spunti interessanti. Per la più rapida ed efficace realizzazione delle struttu- 1.5 Il legname re abitative, ecclesiastiche e mercantili della città, di recen- Come già detto, a causa della deperibilità di questo mate- te fondazione, gli Statuti, al cap. 297 De calcariis faciendis riale, non rimangono testimonianze archeologiche di strutture (CLEMENTI 1977, p. 196), prescrivono il numero delle cal- di legno eccetto quelle dei “gaifi”, nella versione dei rifaci- care che ciascuna comunità, chiamata a occupare e a edifi- menti postmedievali, e quelle in funzione antisismica, databili care uno spazio cittadino detto Locale, è tenuta ad attuare. al sec. XIII-XIV, delle quali parleremo nel capitolo successivo. Tralasciando in questa sede il lungo elenco delle comunità È da dire, tuttavia, che per questo tipo di materiale la e delle rispettive calcare, il cui numero varia a seconda del- ricerca nel territorio, a oggi, è meno avanzata rispetto alla l’importanza del castello di origine e della sua quota di par- pietra e ai laterizi. tecipazione nell’edificazione entro l’ambito urbano, risulta significativo il totale. Ben 38 sono la calcare prescritte dagli Statuti e dalle 2 – LE TECNICHE postille aggiunte agli stessi (CLEMENTI 1977, p. 334), il cui alto numero evidenzia eloquentemente il fervore edilizio 2.1 La tecnica della pietra a secco cittadino nella prima metà del sec. XIV. Assai numerose nel bacino aquilano, da un primo cen- Con ricognizioni rivolte appositamente al censimento del- simento macroscopico e da un approfondimento della ri- le strutture ancora individuabili, è stato possibile rinvenire strut- cerca nel territorio di Castel del Monte, risultano le costru- ture produttive che insistono, molto probabilmente, nel sito zioni di pietra a secco. Nel saggio che ne è derivato (REDI delle originarie calcare trecentesche, come quella di . 2001b, pp. 47-81), ho delineato una prima tipologia di que- 1.3 I laterizi ste costruzioni, estremamente elementari ma assai differen- ziate, che ho definito “senza tempo”, perché così antiche Oltre al già citato capitolo degli Statuti relativo alle abita- nelle forme e nelle tecniche da apparire opere protostori- zioni di nuova costruzione, in altri cinque troviamo prescrizio- che, in realtà riferibili non anteriormente al XVII- ni riguardanti la fabbricazione dei pinci. Nel cap. 311, De XVIII secolo, almeno allo stato attuale. Oltre a vari tipi di pincibus (CLEMENTI, 1977, p. 203), a proposito della loro for- muri di terrazzamento o di delimitazione di spazi agricoli o ma, secondo l’esemplare custodito dal Camerario, risulta che a semplici accumuli, sono stati analizzati i numerosi trulli o la lunghezza era di due palmi di canna di nove palmi, mentre “tholoi” monocamera, con falsa cupola troncoconica a la larghezza all’imboccatura era la metà. Seguono il disegno “ecfora”, che costituivano il riparo stagionale per agricol- di un embrice e l’obbligo per i costruttori di pinci di tenere tori o pastori. Da questi ultimi era particolarmente praticato nella officina “cancellos”, cioè i telaietti, e la forma marchiati l’uso di “camere” o “locce” dal quale derivano numerosi col sigillo cittadino. In capitoli successivi, nn. 556, 557 (CLE- toponimi, come S. Pio delle Camere, Cammerata, Le came- 588 Fig. 1 – Una “loccia” sulle alture di Castel del Monte, riparo tipi- Fig. 2 – La calcara medievale di S. Potito di Ovindoli taglia i muri co in pietre a secco. della villa romana e della chiesa altomedievale; da notare gli strati di calcinazione che invadono anche il prefurnio, a sinistra. re, Le logge, cioè piccole grotte scavate artificialmente nel- le pendici dei monti e concluse da muri a secco negli stipiti e negli architravi dei pertugi di accesso.

2.2 Gli apparati murari Alcune tesi di Laurea e gli scavi archeologici attivati negli ultimi quattro anni hanno riguardato, tra l’altro, il cen- simento e l’atlante delle tecniche murarie nei castelli di Roc- ca Calascio, S. Vittorino di Amiterno, Ocre, e nei complessi ecclesiastici di S. Maria di , S. Maria della Vittoria, S. Maria del Monte di Paganica, S. Paolo di Barete, S. Potito di Ovindoli. Con gli studenti dell’insegnamento di “Materiali, tec- niche ed edilizia medievali” sono iniziati quest’anno il cen- simento e l’atlante delle tecniche murarie delle principali chiese della città e delle mura urbane medievali. Fig. 3 – La fossa per lo spegnimento della calce a fianco della Eccetto lo studio delle murature a secco già ricordato, basilica di Collemaggio; da notare i resti della porta riusata per lo la ricerca in atto non è in grado di fornire per adesso risulta- sbatacchiamento del margine terroso della fossa. ti complessivi sufficientemente definitivi; tuttavia alcune considerazioni specifiche e comparative possono già da ora ritenersi acquisite. Esse riguardano alcune varianti, non an- con una certa approssimazione, come le principali chiese cora esattamente definibili cronologicamente, sia dell’“opus cittadine di fine XIII metà XIV secolo: S. Giusta, S. Silve- incertum”, sia dell’“opus aquilanum”, sia dell’“opus stro, S. Domenico, ecc. quadratum”. Quanto all’“opus aquilanum” in esame, altre prove della In questa sede ci soffermeremo sulle ultime due tecniche. sua durata, con solo modeste varianti, si ricavano in parti- L’opus aquilanum è caratterizzato da piccole bozzette colare dall’analisi dei muri laterali di S. Giusta, di S. Silve- di pietra calcarea, di forma poco allungata, squadrate e spia- stro, di S. Maria di Collemaggio nei quali sono evidenti nate ad angoli e piani irregolari con la mazzetta e/o la mar- lotti di crescita della stessa fase edilizia successivi, ma an- tellina, ma anche più regolari con strumenti a punta. che fasi di intervento distanti cronologicamente. La pezzatura non ha spiccate oscillazioni dimensionali È assai frequente l’uso di paramenti più accurati nella attorno a cm 16×10, tanto da giustificare l’origine estratti- fase originale e meno regolari, perché realizzati con mate- va da cava-strati piuttosto che da banchi. Gli allettamenti riali di recupero e zeppe, anche di mattoni, successivamen- presentano corsi tendenti all’orizzontale e alla isodomia, te ai crolli causati dalle frequenti scosse telluriche, che, a letti e giunti di malta evidenti, frequentemente eccedenti e partire dal 1315, si succedettero con una certa frequenza spatolati, con sporadiche tracce di stilatura arrotondata. Le nel 1349, 1461, 1557, ecc. mura della città, realizzate a partire dal 1349, presentano Alcune chiese, come S. Domenico, presentano zone o alcune varianti di questa tecnica, come in genere i lati delle parti del basamento che utilizzano grossi conci squadrati e chiese cittadine, databili fra il terzo quarto del sec. XIII e la spianati con una certa approssimazione, e apparecchiati in metà del XIV (ANTONINI 1999). sequenze suborizzontali discontinue, con zeppe di raccor- Alcune di queste presentano sequenze di fasi costrutti- do e agganciature che fanno supporre il recupero da struttu- ve realizzate con varianti dello stesso tipo di apparato. La re precedenti la fondazione della città, o appartenenti alla chiesa di S. Pietro a Coppito, ad esempio, nel lato meridio- prima fase costruttiva compresa fra il 1254 e il 1316, ri- nale mostra lievissime varianti di “opus aquilanum” abba- mandando, quindi, l’introduzione dell’“opus aquilanum” stanza regolare, con misurazioni che oscillano fra due estre- agli anni della rifondazione angioina o a quelli successivi mi: cm 21×11 e cm 11×9, con zeppe verticali. Le due va- al terremoto dal 1349. rietà di paramento murario principali risultano realizzate in Del resto, anche nella grancia cistercense di S. Maria del fasi di crescita legate a successive esigenze funzionali e Monte di Paganica () le strutture della fase devozionali piuttosto che a un progetto unitario. Le tre ab- originale della chiesa, databili anteriormente al 1220, sono sidi a semiottagono, impostate trasversalmente al nucleo ori- realizzate con un apparato piuttosto irregolare, che fa uso di ginario risalente anteriormente al 1250 (ANTONINI 1999, pietre squadrate di ampie dimensioni e di pietre scarsamente pp. 31-51), in direzione nord-sud, sono realizzate con un regolari nei contorni, in allettamenti di malta evidenti ed ec- buon paramento in “opus quadratum”, spianato e sagomato cedenti a differenza del regolare apparato in “opus aquilanum”

589 Fig. 4 – S. Maria del Monte di Paganica, rilievo del lato meridionale; si notano i diversi apparati murari delle due fasi costruttive (ril. Ilaria Trizio).

Fig. 4a-b – S. Maria del Monte di Paganica; campionatura delle tecniche costruttive (ril. Ilaria Trizio). 590 Fig. 5 – Chiesa di S. Pietro a Coppito, particolare della tecnica Fig. 6 – Chiesa di S. Silvestro, particolare della tecnica muraria. muraria. e giunti più sottili impiegato nella soprelevazione trecente- stri. Il conseguente e immediato confronto con il dato ma- sca della navata stessa (REDI 2001c, pp. 272-275). teriale superstite, per quanto ormai soltanto al livello di ru- L’opus quadratum, di varie dimensioni e di pezzatura dere, offre l’opportunità di ulteriori distinzioni. Ma prima oscillante, anche fra cm 70×60 e 49×32 nelle absidi della vorrei soffermare l’attenzione sulla significativa definizio- chiesa di S. Domenico e fra cm 60×32 e 44×28 nel lato, ne terminologica con la quale l’aggettivo “planum” ben può presentare contorni meno precisi, come nel mastio di evidenzia la regolarità dell’apparato murario a pietre squa- Rocca Calascio, riferibile al primo periodo normanno, o un drate e spianate, sia pure con una certa approssimazione, trattamento di alta e raffinata litotomia, come nella rico- rispetto ai contorni e alle superfici irregolari dell’“opus struzione romanica della chiesa di S. Pietro ad Oratorio, incertum”, e l’aggettivo “incisum” sottolinea eloquentemen- illustre dipendenza del monastero di S. Vincenzo al Voltur- te il livello di finitura superiore costituito dalla impeccabile no risalente al sec. VIII, o nelle facciate e nelle absidi di e quasi tagliente rifilatura degli spigoli dei conci e dalla numerose chiese romaniche del territorio. Cito solo qual- regolarissima spianatura delle superfici degli stessi, quasi che esempio assai noto come S. Maria di Bominaco, S. Maria fossero intagliati, cioè “incisi”, con strumenti a lama o a in Valle Porclaneta, S. Pietro di Albe, ecc. sgorbia, in una materia densa e compatta, ma poco resisten- Anche le facciate, ormai trecentesche, delle principali chie- te, anziché scalpellati a colpi di mazzuolo e scalpello in una se cittadine presentano questo tipo di apparato nel quale è pres- pietra resistente, sebbene di relativamente facile lavorazio- soché costante l’uso della gradina, a dentatura più o meno fine. ne, come il calcare marnoso locale. Come eccezione conclusiva si pone l’arabesco geometri- A un’attenta osservazione dei paramenti murari supersti- co, in dicromia bianca e rosata, della facciata della basilica di ti, in effetti, risulta che l’“opus planum” dei muri continui è Collemaggio, ormai quattrocentesca, probabilmente compre- molto più regolare di quello che ci aspetteremmo e impiega sa fra il 1424 e il 1438 (ANTONINI 1999, pp. 191-192). conci di ampia pezzatura, squadrati e spianati a picconcello Sull’attribuzione della reintroduzione dell’”opus e/o a subbia con buona precisione, mentre è semmai l’“opus quadratum” nel Meridione per opera dei Normanni e per in- incisum” che raggiunge livelli di trattamento degli spigoli e tervento dei monaci cistercensi esiste una copiosa bibliogra- delle superfici, per mezzo di gradine e subbie o picconcelli fia (FIORANI 1996). Faccio notare, tuttavia, che l’unica chiesa di precisione e di piccole dimensioni, superiori alle aspettati- cittadina interamente realizzata con “opus quadratum” an- ve e di notevole efficacia tecnico-formale. Le osservazioni che nei lati è quella di S. Domenico, degli inizi del sec. XIV, relative all’“opus planum” sono riscontrate simili nel para- di committenza angioina e dell’Ordine domenicano. mento esterno come in quello interno; quelle relative all’“opus A noi interessa rilevare, inoltre, alcune eccezioni come il incisum” sono evidenti nei frammenti erratici pertinenti a monastero di S. Spirito d’Ocre e la grancia di S. Maria del segmenti di ghiere di archi o di costoloni di volte o di stipiti Monte di Paganica, databili dal 1222 e ambedue cistercensi, mistilinei di portali o di finestre. assolutamente prive dell’“opus quadratum” e costruite con varianti, cronologicamente differenziate, dell’“opus aquilanum”. 2.3 Tecniche antisismiche A proposito della distinzione fra queste due tecniche Di un altro particolare espediente costruttivo in funzio- costruttive è significativa una lettera di Carlo I d’Angiò, ne antisismica sono state rinvenute e analizzate tecnicamente del 6 giugno 1278, relativa alla costruzione dell’abbazia testimonianze archeologiche in elevato. Si tratta di un sem- regia di S. Maria della Vittoria. In essa si legge che “…totum plice, ma razionale, presidio costituito da tralicciature di vero opus eccleise predicti monasterii de opere plano fieri legno inglobate a scomparsa nelle murature di pietra per lo volumus, exceptis cantonibus, fennestris, arteriis, arcubus più a “opus incertum” o “aquilanum” nella variante più ru- et pileriis, que de opere inciso fieri faciatis» (EGIDI 1909- stica. 1910, pp. 278-280). Gli esemplari rinvenuti e analizzati sono costituiti dalla Si distingue nettamente fra una muratura ordinaria, a facciata della chiesa castellana di Ocre e dalla tribuna qua- bozzette squadrate con mazzetta e martellina e allettate in drangolare della chiesa castellana di Rocca Calascio, am- corsi sub-orizzontali, o a filaretto, con letti e giunti di malta bedue databili entro la metà del XIV secolo, ma più proba- evidenti ed eccedenti, definita “opus planum”, e una tecni- bilmente verso la fine del XIII. ca più accurata, definita “opus incisum”, consistente in conci È interessante il rinvenimento dello stesso sistema più ampi e perfettamente riquadrati e spianati con subbia e antisismico anche in alcune abitazioni civili esperibili a vi- gradina o con polka e ascettino, disposti con scarsissimi sta nello stesso castello di Ocre, databili fra XIII e XIV se- letti e giunti di malta in corsi orizzontali e omogenei. La colo, da noi analizzate puntualmente in occasione della ri- prima tecnica, inoltre, chiaramente viene applicata ai muri cerca archeologica iniziata nel settembre 2000 (REDI c.s.). continui delle pareti, la seconda ai cantonali degli angoli, Una verifica archeologica comparativa mediante scavo agli stipiti e agli archi delle finestre, alle “arterie”, forse da è prevista nel prossimo triennio. intendersi per lesene o semipilastri, cioè le innervature del- In attesa di una maggiore precisione cronologica vedia- le pareti e delle volte, e alle ossature degli archi e dei pila- mo in cosa consiste il presidio adottato. 591 Fig. 7 – Il sistema antisismico a tralicciatura di legno nella mura- tura della chiesa trecentesca di Rocca Calascio.

Una serie di travi di legno, spesse mediamente cm 15, squadrate o semplicemente scontornate ad ascia ma anche pressoché rotonde, sono disposte orizzontalmente, a un in- tervallo variabile, mediamente attestato intorno a cm 180, per tutta la lunghezza del muro fino agli angoli, nei quali s’incastrano o si sovrappongono a squadra, con l’ausilio di cavicchi di legno o di chiodi, con altrettante travi inserite nella muratura ortogonale dei lati dell’edificio. Non si rilevano tracce, come invece ci aspetteremmo, di raccordi verticali o a traliccio fra livelli orizzontali successivi. È prevista una campionatura delle essenze lignee, ma in particolare una raccolta di dati utili per l’impianto di una curva dendro-cronologica. Fig. 8a-b – Segni di cantiere in un concio dell’abbazia regia di S. Maria della Vittoria a Scurcola marsicana. 3. CANTIERI EDILI E PRATICHE DI CANTIERE Uno degli obiettivi principali che ci siamo posti con lo Alla fine del 1281 mancavano da compiere soltanto la co- scavo di S. Maria della Vittoria è quello di reperire testimo- pertura e gli infissi delle finestre del dormitorio dei monaci. nianze archeologiche della contrastata vicenda del suo can- La costruzione della chiesa sembra che fosse ultimata, tiere edile, ben documentata dai registri angioini, purtrop- poiché nel 1282 sono documentati i pagamenti degli stalli po pervenuti soltanto nei regesti sopravvissuti all’incendio lignei del coro dei monaci e di quello dei conversi, dello degli Archivi di Napoli (EGIDI 1919-1910; PESCE 1988, pp. stagno e dei vetri multicolori impiegati per le finestre della 55-59; FALLOCCO 2000, pp. 44-54). chiesa e del refettorio, oltre che delle tegole per le copertu- Quando nel 1273 Carlo I d’Angiò deliberava di dar vita al re e delle volte del monastero. grandioso monumento che avrebbe dovuto celebrare la sua A conclusione del cantiere troviamo il pagamento del vittoria su Corradino di Svevia, vennero chiamati, come è noto, trasporto della campana dalla chiesa dei frati Minori di architetti e supervisori angioini appartenenti al monastero ci- Amatrice alla nostra di Scurcola. stercense di Le Loroux in Francia, in particolare Pierre de Non sembra probabile, quindi, l’ipotesi dell’Egidi che i Chaule, Simone d’Angart e Henri d’Asson, ma anche monaci lavori possano essere rimasti incompiuti esistendo preven- italiani, di fiducia del re, come Pietro de Oratorio, fra’ Giovanni, tivi di spesa per l’inverno 1282-1283 rimasti insoluti. È pro- fra’ Giacomo, Pietro de Carrelli e l’abate di Casanova. babile che rimanessero da compiere soltanto spese per l’ar- Le fondamenta vennero gettate nel marzo 1274 e appe- redo e rifiniture. na dopo tre anni, nel luglio 1277 le strutture già realizzate Da una lettera del 27 marzo 1281 risultano le specia- erano in grado di ospitare stabilmente 20 monaci e 10 con- lizzazioni professionali dei lavoranti nel cantiere e il loro versi, provenienti dalle abbazie cistercensi di Le Loroux e numero: 45 “scappatores”, cioè forse cavatori o diroz- di Citeaux, che di fatto risiedettero in S. Maria della Vitto- zatori di pietre, 40 “incisores”, cioè lapicidi o finitori di ria dal gennaio 1278. conci, 27 “spuntatores”, cioè forse spianatori di conci o È da ritenere, pertanto, che a quella data fossero utiliz- sagomatori, 40 “macconnerii”, cioè muratori, 3 “prepa- zabili almeno la regione orientale della chiesa, con gli altari ratori”, cioè probabilmente addetti alla selezione dei con- e il presbiterio, e il monastero nelle sue strutture essenziali ci già realizzati e al loro ordinamento in corsi di uguale per dare ricetto ai monaci. altezza e in sequenza con cantonali o con altri elementi Il 12 maggio 1278, alla presenza dello stesso Carlo da comporre in successione (cunei di archi, elementi di d’Angiò, avveniva la solenne consacrazione delle strutture volte, di portali, di pilastri, di altre nervature), 8 “car- della chiesa fino allora edificate. pentieri” per armature e impalcature di legno, 4 “fabbri” Ma i lavori erano ancora lontani dal compimento, tanto per ferramenta di travature o infissi e per l’appuntatura è vero che nel giugno dello stesso anno il re dava disposi- degli scalpelli usurati, 8 “carrettieri” per trasporti vari, zioni di come intendeva venisse realizzato l’apparato mu- 30 “conduttori di buoi” per il trasporto dei blocchi di rario e nel 1280 prescriveva che fossero impostate le arma- pietra dalle cave, 253 “manupuli”, cioè manovali. Inte- ture delle volte. Al refettorio mancavano soltanto porte, fi- ressanti per comprendere l’articolazione del cantiere sono nestre e mense di legno. i rapporti numerici fra i diversi operatori. Quasi parita- L’impulso maggiore all’attività di cantiere è documen- rio risulta il numero di muratori, scappatori, incisori, di tato fra l’aprile e il settembre 1281, quando risultano pre- circa 1/3 superiore a quello degli spuntatori e dei con- senti 450 operatori e circa 350 animali da soma e da tiro. duttori di buoi; ma la quantità, direi, esponenziale, oltre

592 sei volte superiore a quella dei muratori, è rappresentata messa in opera dei segmenti d’arco componenti il fornice di dai manovali addetti a compiti diversi. accesso agli ambienti monastici. I segni incisi su ciascun ele- Lo scavo archeologico degli anni 2000-2002 all’inter- mento sono rappresentati dalle sigle SI, SII, SIII, S4, S5, S6, no della navata meridionale, nelle prime due campate a par- nella metà a destra e DI, DII, …, …, …, nella metà a sinistra, tire dalla facciata, ha restituito indicazioni stratigrafiche sulle oltre al cuneo di chiave, apparentemente privo di incisioni procedure di costruzione di questa parte della chiesa dalla ben leggibili. La posizione dei cunei segnati con la S e di scavo delle fondazioni all’elevazione dei muri. quelli segnati con la D, apparentemente invertita secondo la I dati che emergono riguardo alla fondazione dell’edificio logica dell’osservatore, evidenzia che il riferimento all’asse mostrano che le operazioni preliminari all’impianto dei muri di simmetria non riguarda la destra o la sinistra del portale, o non si limitarono allo scavo delle fosse, in cavo libero, bensì di chi guarda, bensì la direzione della curvatura dei singoli anche a uno sbancamento del terreno all’interno della chiesa elementi dell’arco: a destra, infatti, sono situati quelli che si per oltre m 1,50 dallo spiccato delle riseghe superiori, allo scopo volgono a sinistra, e viceversa. di predisporre un invaso in cui riversare le scorie di lavorazio- La progressione numerica inoltre, procede dalle imposte ne dei conci. Esse, insieme con malta magra, avevano la fun- verso la chiave dell’arco. I piedritti delle imposte, tuttavia, re- zione di formare una platea pavimentale, compatta perché ben cano la sigla S VI quella di destra, è abrasa quella di sinistra. costipata e omogenea, capace di staccare la pavimentazione Un altro cantiere che abbiamo iniziato a indagare è quello dalla risalita dell’umidità e di saldare le fosse di fondazione sia di S. Maria di Collemaggio, riguardo al quale esistono docu- dei muri perimetrali, sia dei pilastri, sia dei setti di collega- menti di riferimento, ma anche un complesso dibattito legato mento tracciati a graticola. Le fondazioni dei muri e dei pila- alla presenza dei Templari e a misteriose coincidenze esoteriche. stri sono realizzate in tre passaggi tecnici successivi: Lo scavo, finora limitato all’esterno della zona absida- a) fossa con gettata di malta tenace e grossi scapoli in essa le, nel versante settentrionale, oltre alle tardive tracce di costipati, collegamenti a graticola per mezzo di setti murari cantiere già dette (calcara e fossa per lo spegnimento della realizzati allo stesso modo e complanari, riempimento degli calce settecentesche) non ha fornito, per adesso, risposte invasi intermedi e copertura della prima risega mediante pla- particolarmente risolutive. tea di scapoli minuti, malta magra e brecciolino con terra rossa; Anche dai primi risultati dello scavo condotto negli ulti- b) spiccato dei muri e dei pilastri con paramento in “opus mi due anni entro l’ex monastero di S. Domenico in L’Aqui- planum” e secondo riempimento, di terra e pietrisco, nel la non emergono dati di rilievo su particolari pratiche di can- quale sono alloggiate le sepolture; tiere, né sono state individuate tracce di strutture corrispon- denti alla presunta presenza di un palazzo costruito per vole- c) copertura con strato di malta di calce farinosa e massetto re di Carlo d’Angiò come sua residenza cittadina anterior- pavimentale in corrispondenza dello spiccato dei muri. mente alla edificazione del monastero domenicano. Nell’area di scavo, sbancata dalla Soprintendenza ai Ma la ricerca archeologica non è ancora terminata. BAP dell’Abruzzo precedentemente al nostro intervento stratigrafico, non rimangono tracce delle buche di palo dei BIBLIOGRAFIA ponteggi per l’elevazione dei muri. Sul piano superiore dei conci che compongono le ANTONINI O. 1999, Architettura religiosa aquilana, voll. 1-2, innervature a semipilastro del muro perimetrale meridiona- L’Aquila. le e di alcuni erratici che ne proseguivano, a forma di semi- CLEMENTI A. 1977, Statuta Civitatis Aquile, in A. CLEMENTI (a cura colonna, l’ordito in elevato, rimangono particolari segni di di), Fonti per la Storia d’Italia, Roma. guida, riferibili alla fase di cantiere, consistenti in croci o in CLEMENTI A., PIRODDI E. 1986, L’Aquila, (Le città nella storia d’Ita- triangoli, ma anche in tracciati lineari, a doppio solco pa- lia), Bari. rallelo, realizzati con strumento a punta sottile guidato da CLEMENTI A. 1998, Storia dell’Aquila dalle origini alla prima guer- un righello a stecca. Questi segni sono indicativi dell’alli- ra mondiale, Bari. neamento di separazione fra la parte dell’elemento destina- EGIDI P. 1909-1910, Carlo I d’Angiò e l’abbazia di S. Maria della Vittoria presso Scurcola, «Archivio Storico per le Provincie ta a essere immorsata nel sodo murario dei perimetrali del- Napoletane», XXXIV (1909), XXXV (1910), pp. 252-291, l’edificio e la parte programmata in aggetto rispetto a essi. 732-767, 125-175. In particolare la faccia superiore di uno dei conci costi- FALLOCCO L. 2000, Santa Maria della Vittoria, una potente abba- tutivi del perimetrale meridionale, destinata a essere rico- zia cistercense nell’Italia meridionale, . perta dal concio superiore, reca significativi, e in parte enig- FIORANI D. 1996, Tecniche costruttive murarie medievali. Il Lazio matici, segni di cantiere interpretabili probabilmente come meridionale, Roma. tracciati di progettazione della trilobatura delle polifore da PESCE M.I. 1988, Carlo I d’Angiò e i cistercensi: la fondazione realizzare nei perimetrali stessi. Come negli esemplari già dell’abbazia di S. Maria della Vittoria, in Declino svevo, asce- ricordati, le linee, a doppio solco parallelo, sono realizzate sa angioina e l’arte venuta dalla Francia, Atti del Convegno a mano libera con uno strumento a punta sottile. (Tagliacozzo, 27 settembre 1987), Avezzano, pp. 46-92. Il motivo graffito raffigura un arco ogivale, in posizio- REDI F. 2001a, Una chiesa, un villaggio, un cimitero altomedie- ne centrale rispetto a un arco di raccordo esterno a pien vali sulle ceneri della villa romana di S. Potito di Ovindoli, in A. CAMPANELLI (a cura di), Il tesoro del lago. L’archeolo- centro, affiancato a sinistra da un altro arco ogivale di mi- gia del Fucino e la collezione Torlonia, Catalogo della mo- nore ampiezza, a destra da un arco rampante che forma con stra, Pescara, p. 316. quello centrale il tipico motivo a tre lobi. A destra, un altro REDI F. 2001b, Costruzioni di pietra a secco, in AA.VV. (a cura arco ogivale a forma di scudetto perché capovolto rispetto di), La memoria delle pietre. Storia, Architettura, Toponimi, ai precedenti, interseca l’arco rampante. Non è accertabile L’Aquila, pp. 46-81. se possa trattarsi, come riterrei, dello schizzo di progetto REDI F. 2001c, Per una ricerca archeologica sulla presenza nor- della vetrata, o del calcolo di una ripartizione geometrica. manno-sveva in Abruzzo. Gli scavi nel castello di Rocca L’ogiva include, infatti, tre circoli: tangenti i due infe- Calascio e nella grancia di S. Maria del Monte di Paganica riori, secante quello superiore, scompartiti diversamente: a (L’Aquila), in S. PATITUCCI UGGERI (a cura di), Scavi Medie- quadrati quello inferiore sinistro, a triangolo capovolto quel- vali in Italia, 1996-1999, Roma, pp. 266-276. lo inferiore destro; quello superiore sembra non conservare REDI F. c.s., Le strutture in elevato e l’indagine archeologica del borgo fortificato di Ocre, in L. NARDIS, F. REDI (a cura di), Il segni di partizione. borgo fortificato di Ocre, da strumento difensivo a luogo aper- Altri segni particolari di cantiere abbiamo rinvenuto nel to per la cultura del restauro e della comunicazione, Atti del portale rinascimentale del monastero di S. Maria a Luco dei Convegno (L’Aquila, 6-7 ottobre 2000), L’Aquila. Marsi, nel quale dal 1999 stiamo effettuando uno scavo stra- RIGHETTI TOSTI CROCE M. 1983, Architettura ed economia: “strutture tigrafico. Si tratta di particolari chiavi di riferimento per la di produzione” cistercensi, «Arte Medievale», 1, pp. 109-128.

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