CLUB ALPINO ITALIANO Sezione di Leini

Relazione del Presidente...... 2 Consiglio direttivo 2009 – 2010 ...... 4 Notizie dalla sede ...... 5 “Quattro passi nella storia” ...... 6 Biblioteca...... 7 Sezione di LEINI- Attività 2010...... 8 Intersezionale e Valli di Lanzo - Attività 2010 ...... 12 Corso di introduzione all’alpinismo A1...... 17 Col Salvé ...... 18 Tema: “Le mie vacanze”...... 21 Ferrata di Briançon...... 23 Il museo “Forte di Bramafam”...... 25 Viaggio a Monaco ed ai Castelli Bavaresi...... 27 Il ghiacciaio del Sommeiller senza scarponi...... 29 Rocciamelone cinquant’anni dopo...... 31 Rifugio Cibrario - impressioni ...... 40 In ricordo di Sergio ...... 42 Quel rampone maledetto!!!...... 43 Mont Chetif...... 46 Lyskamm Occidentale...... 48 Punta Marguareis ...... 51 Scuola Ribaldone - Ricordi di un allievo...... 54 Monte Rosa - Punta Gnifetti – Capanna Margherita ...... 57 Per la serie …chi me l’ha fatto fare ...... 59 Trekking in Alta Val Formazza ...... 61 Un fiore facile da confondere… ...... 64 In montagna quando vuoi...... 65 Nel magico bosco di Val Susiana ...... 66 Momenti di festa - cinquant’anni di CAI LEINI ...... 67

In copertina la cresta che unisce il Lyskamm Occidentale a quello Orientale. L’immagine si fonde con quella della controcopertina, il Rocciamelone visto dal Colle di , unendo simbolicamente le due gite principali dell’anno. In sovraimpressione sul Rocciamelone le foto in vetta del 1959 e del 2009. Relazione del Presidente

Carissimi soci e amici, con un po’ d’emozione provo a scrivere questa mia relazione sugli avvenimenti della sezione. Il 2009 è stato l’anno del cinquantennale e quindi una buona parte dell’attività é stata dedicata ai festeggiamenti. Abbiamo cominciato a Leinì a Villa Chiosso con l’alpinista Antonio Balma Mion, per poi salire ed arrivare ad , dove si è esibita la banda di Leinì “Filarmonica Vittorio Ferrero” e abbiamo cenato in più di cento. Perché Usseglio? Perché Usseglio è un po’ il nostro secondo paese, dove durante la gestione del nostro rifugio troviamo sempre degli amici disponibili a darci una mano. Dopo la tappa Ussegliese siamo saliti al nostro rifugio Cibrario; l’organizzazione di una festa al Peraciaval non è facile, occorre sempre fare i conti con il tempo. Infatti, il weekend dei festeggiamenti é stato all’insegna del vento freddo, della nebbia e della pioggia, il maltempo non ci ha fatto mancare nulla. Nonostante ciò parecchi soci ed amici, sono saliti per partecipare alla festa. Tra le molteplici uscite, le più significative sono state il Lyskamm ed il Rocciamelone. La serata clou delle celebrazioni è stata il 12 dicembre all’auditorium parrocchiale dove l’alpinista Simone Moro, davanti ad un salone colmo di spettatori ci ha fatto vedere, con grande passione, parte delle sue grandi imprese alpinistiche e umane. I primi 50 anni, ci ricordano la nostra storia che, come tutte le favole, inizia con “c’era una volta …un gruppo di giovani amici, pieni d’inventiva e voglia di conoscere le nostre belle montagne”. Siamo nel 1959 in questi giovani, con tanta voglia di fare, si accende la lampadina della creatività, e da quel bagliore nasce l’idea di fondare un’associazione chiamata GREL, quel piccolo seme germoglia e cresce, nonostante la disgrazia che li colpisce durante la loro prima gita al Rocciamelone. Una disgrazia dove perse la vita la giovane Angela Camerano. Quel gruppo di giovani andò avanti fondando per prima una sottosezione, per poi trasformarsi in sezione autonoma del CAI. Il nostro sodalizio cresceva, ci voleva qualcosa di nuovo; ed ecco l’idea di prendere in gestione il rifugio Cibrario. Una scelta azzeccata; da oltre 40 anni il Cibrario è il fiore all’occhiello della nostra sezione. Tutto questo si è raggiunto grazie ai soci ed agli amici ma anche al di Usseglio ed all’ENEL, che sono sempre disponibili all’occorrenza a darci una mano. Oggi non dobbiamo disperdere il lavoro svolto, che è patrimonio di tutti noi; é su queste basi gettate 50 anni fa, che il nostro sodalizio deve lavorare, per vincere le sfide che ci attendono nei prossimi anni, ma senza dimenticare il passato per la crescita della nostra sezione del Club Alpino Italiano.

2 Sicuramente dei 50 anni di storia ci sarebbe parecchio da raccontare, troppo per queste poche righe, ma tutto questo è diventato un libro dal titolo “Quattro passi nella storia”. E’ doveroso ringraziare gli autori, dobbiamo riconoscere il gran lavoro di ricerca e la certosina pazienza che hanno messo in campo per completare l’opera. Nonostante il handicap iniziale, derivante dalla distruzione quasi totale del nostro archivio, causata dall’alluvione del settembre 2008. Ringrazio tutti quei soci che con foto e scritti hanno contribuito alla buona riuscita del nostro libro. Voglio ricordare due soci che ci hanno lasciato, Sergio Dalla Chiusa scivolato questa primavera durante una gita sulla neve e Padre Gianinetto deceduto alla bella età di 97 anni. Do il benvenuto al nuovo eletto Stefano Battistetti e gli auguro buon lavoro, un arrivederci a Pierangela Cavalleri che lascia il direttivo. Nonostante l’impegno dei festeggiamenti per i cinquantennale le attività sociali nel 2009 sono state molte, con discreta partecipazione di soci. Ricordo con quanto entusiasmo i giovani di estate ragazzi hanno partecipato alle iniziative messe in campo, sia didattiche che pratiche. La gestione del rifugio Cibrario, come sempre, ha impegnato soci e amici per buona parte della stagione con un ottimo risultato. Dobbiamo pensare al futuro, alle nuove sfide che ci attendono, abbiamo bisogno di una nuova sede, perché la nostra attuale oltre ad essere stata alluvionata è anche diventata piccola. Per questo stiamo già lavorando con il comune; ringrazio il Sindaco che col suo impegno ci ha concesso un’area in paese dove poter costruire la nuova sede. Io penso che con l’aiuto di tutti riusciremo a vincere anche questa importante sfida. Grazie a Don Carlo, sempre disponibile a concederci l’utilizzo dei locali per le nostre varie attività. Grazie infine a tutto il direttivo ed a quei soci che si prodigano nell’ombra, per la miglior riuscita dei nostri fini.

Ciao a tutti

Giuseppe Reofli

3 Consiglio direttivo 2009 – 2010

Presidente Giuseppe REOLFI Vicepresidente Marco REOLFI Segretario Clotilde CALIANDRO Tesoriere Rosy PESSIONE Consiglieri Ilaria BALLESIO, Luca BALLESIO, Stefano BATTISTETTI, Edoardo FEDRIGO, Sergio GIOVANNINI, Giancarlo PERINO, Vincenzo PERINO. Marisa RONCO, Giorgio SAVORE’, Claudio TEISA, Giovanni TEMPO

Revisori dei conti Carla CAVALLERI, Aldo GAY, Paolo MARCHINI

Delegati all’assemblea Nazionale Giuseppe REOLFI, Marco REOLFI

Cariche Funzionali Commissione Rifugio Luca BALLESIO, Vito BALLESIO, “L. Cibrario” Clotilde CALIANDRO, Sergio GIOVANNINI, Giancarlo PERINO, Giuseppe REOLFI, Marisa RONCO, Claudio TEISA, Giovanni TEMPO

Biblioteca Edoardo FEDRIGO

Commissioni Alpinismo ed Escursionismo Carla CAVALLERI, Pierangela CAVALLERI, Sergio DEVASINI, Marco REOLFI, Giorgio SAVORE’

Past Presidents Battistino DEPAOLI – Doro BUTTERA – Giancarlo MASSAVELLI - Giuseppe TEMPO – Paolo TEMPO

4 Notizie dalla sede

Rinnovi e Iscrizioni Si aprono ad inizio gennaio le iscrizioni ed i rinnovi associativi per l’anno 2010. Per l’iscrizione è sufficiente una fotografia formato tessera; l’apposito modulo potrà essere compilato in sede. Per disposizioni della Sede Centrale, le quote sociali per l’anno 2010 sono così fissate:

SOCI ORDINARI € 37,00 SOCI FAMILIARI € 19,00 SOCI GIOVANI € 13,00 OLTRE 75 ANNI Omaggio

A tutti i nuovi Soci viene applicata una quota di € 3,50 per la tessera, e viene consegnato un adesivo sezionale con una copia del regolamento sezionale. Tutti i Soci hanno diritto a due buoni di pernottamento gratuito in rifugio; un buono è valido per l’anno in corso anche per i rifugi Daviso, Gastaldi, Tazzetti. Si consiglia di rinnovare le iscrizioni entro venerdì 26 marzo. DA FINE MARZO 2010 CHI NON HA RINNOVATO E’ SCOPERTO DI ASSICURAZIONE Sul sito Internet del C.A.I. http://www.cai.it alla voce ‘Assicurazioni’ del menu a sinistra nella pagina, potete trovare i dettagli delle polizze incluse nella quota associativa. Tra queste la ‘Polizza Infortuni Soci’ valida per incidenti occorsi durante lo svolgimento di attività sociali; anche quest’anno, pagando una quota aggiuntiva arrotondata a 2 € è possibile raddoppiarne i massimali (ad esclusione della voce relativa al rimborso per spese mediche). VALUTATE QUESTA POSSIBILITA’ PRIMA DEL RINNOVO IN QUANTO POTRETE INDICARE LA VOSTRA SCELTA (POLIZZA BASE O RADDOPPIO DEI MASSIMALI) UNICAMENTE CON L’ACQUISTO DEL BOLLINO.

Orario d’apertura La sede della Sezione si trova a LEINI in via Carlo Alberto 16 ed è aperta il venerdì sera dopo le ore 21:00.

Tel./Fax: 0119978134 Sito internet: www.caileini.it E-mail: [email protected]

Assemblee generali dei soci Venerdì 19 marzo - ore 21:00 Venerdì 12 novembre - ore 21:00 5 Quanti siamo 2004 2005 2006 2007 2008 2009

Ordinari 284 275 267 260 250 257 Famigliari 177 175 177 176 180 188 Giovani 55 50 51 45 36 40

Totale soci 516 500 495 481 466 485

Aquile d’Oro 2010 Soci Venticinquennali Soci Cinquantennali

Ambrosino Domenico Bianco Giovanni Boninsegna Franco Maccagnola Domenico Camporelli Tiziana Roagna Giampiero Castrale Gino Esposto Alessandra Fassino Carlo Mitolo Domenico Mollo Patrizia Monticone Claudio Monticone Damiano Onofrio Lucia Rocci Denis Fabio Rocci Denis Lorenzo Russano Maria

“Quattro passi nella storia”

Questo il titolo del libro che racconta la storia della nostra sezione dal 1959 ad oggi. Con pazienza certosina gli autori Doro Buttera, Francesco Macario, Giancarlo Massavelli, Damiano Monticone, Giuseppe Savore’ e Giuseppe Tempo, hanno ricostruito con racconti ed immagini gli avvenimenti belli e meno belli che hanno segnato i primi 50 anni della nostra associazione. Il lavoro e stato lungo, avversato dal devastante allagamento della sede del settembre 2008 che ha distrutto gran parte dei reperti storici; ma, alla fine, il volume di 256 pagine a colori e pronto per la stampa e sarà possibile acquistarlo in sede da fine gennaio. Al fine di reintegrare ed estendere l’archivio storico, invitiamo tutti i soci che dispongono di materiale fotografico (digitale e/o da scannerizzare) relativo ad attività sociali del passato e del futuro a condividerle con noi affinché diventino patrimonio comune.

6 Biblioteca

I MIEI RICORDI Bonatti Walter / Baldini Castori Dalai – VA MONTAGNE DI UNA VITA Bonatti Walter / Baldini Castori Dalai – VA MONTE ROSA VALLE ANZASCA Frangioni Giulio / Ediz. Grossi – NO METAFISICA DELLA MONTAGNA Dalla Porta Xidias Spiro / Compuservice – Carpi – MO ALPINISMO SU ROCCIA Bressan Giuliano / Gruppo Exelle – Mestre – VE NORME TUTELA DELL’AMBIENTE MONTANO Guidetti Simone / Wager A. – BZ ANNUARIO ACCADEMICO 2007/08 CAI – CAAI / Tipog.Nazionale – TO RICCARDO CASSIN. CENTO VOLTI DI UN GRANDE ALPINISTA Alessandro Gogna, Laura Melesi e Daniele Redaelli / Bellavite – Missaglia – LC I SETTE FORTI DI Berrera Francesco / S.G.S. – TO FOTOGRAFIE AL FORTE EXILLES Delahaye Guy / S.G.S. – TO LE STELLE PARLANO AL VOSTRO CUORE Cavanna Pierangelo / S.G.S. – TO ANTARTIDE. INFERNO E PARADISO Messner Reinhold / Garzanti – MI ALPINISMO. 250 ANNI DI STORIA E DI CRONACA Scandellari Lucio / Ixelle – Mestre – VE PALE DI SAN MARTINO EST De Franceschini Lucio / Touring – MI 8000 METRI DI VITA Simone Moro / Grafica & Arte – BG

7 Sezione di LEINI- Attività 2010

21 Febbraio – SCIALPINISMO E CIASPOLE - Località da destinarsi in base all’innevamento

11 Aprile – MOUNTAIN-BIKE - Località da destinarsi

09 Maggio – ESCURSIONISMO Val Soana: Andorina e Nivolastro - Località di partenza: m. 1116 - Località di arrivo: Nivolastro m. 1423 - Dislivello: 500 m. - Tempo di percorrenza: h. 3,15 In Val Soana vi sono decine di villaggi abbandonati. Con questo itinerario ad anello, che sale in un bellissimo bosco di faggi e abeti, si toccano due borgate non raggiunte dalla strada, ma solo da sentieri e mulattiere.

23 Maggio – ALPINISMO Via ferrata Rocca Clarì - Località di partenza: - Località di arrivo: Rocca Clarì m.2045 - Difficoltà: D+ (via ferrata) - Dislivello: 550 m. - Sviluppo parte attrezzata: 750 m. - Tempo di salita: 3,30 h Il percorso attrezzato si sviluppa dal torrente piccola Dora, a Claviere, e sale in modo quasi diretto fino a punta Clari, la salita incontra alcuni tratti molto esposti, presenta parecchi passaggi verticali e l’attraversamento di pilastri, canali e creste, che rendono la salita più emozionante.

6 Giugno – ESCURSIONISMO Da Beaulard: L’anello del Rifugio Rey e di San Giusto - Località di partenza: Beaulard, stazione m. 1140 - Località di arrivo: Cappella di San Giusto m. 1820 - Dislivello: 800 m. - Tempo di percorrenza: 4,00 h L’itinerario si sviluppa ad anello, toccando il rifugio Rey e la suggestiva cappella di San Giusto, utilizzando tratti di diversi sentieri.

8 20 Giugno – ALPINISMO Aiguilles Marbree – m. 3508 - Località di partenza: Rif.Torino m. 3375 (con gli impianti da Courmayeur) - Località di arrivo: Aiguilles Marbree m. 3508 - Difficoltà: PD - Dislivello: 150 m. - Tempo di percorrenza: 2,00 h L’Aiguille Marbree, è una vetta vicina al Dente del Gigante raggiungibile senza grosse difficoltà, dal rifugio Torino si segue la trafficata traccia che conduce al Dente del Gigante, una volta passati sotto la cima dell’Aiguille Marbree si risale un pendio fino all’omonimo colle, e da qui per cresta su blocchi accatastati si giunge in vetta.

10-11 Luglio – ALPINISMO Monviso m. 3841 1° giorno - Località di partenza: Pian del Re m. 2020 - Località di arrivo: Rif. Quintino Sella m. 2640 - Difficoltà: E - Dislivello: 600 m. - Tempo di percorrenza: 2,30 h 2° giorno - Località di partenza: Rif. Quintino Sella m. 2640 - Località di arrivo: Monviso m. 3841 - Difficoltà: PD- - Dislivello: 1200 m. - Tempo di percorrenza: 4,45 h Il Monviso, vetta più alta delle alpi marittime, è una cima molto suggestiva sia per la sua forma, sia per la sua quota molto più alta rispetto le vette vicine, così permette di godere di un grande panorama 360°. La salita della via normale è una gita alpinistica non molto difficile, ma da non sottovalutare, sia per il suo lungo sviluppo che per i suoi passaggi, che anche se non sono di difficoltà elevata sono esposti e ad una quota di tutto rispetto.

25 Luglio – ALPINISMO Rosa dei Banchi – m. 3164 - Località di partenza: Dondennaz m. 2100 - Località di arrivo: Rosa dei banchi m. 3164 - Difficoltà: F+ - Dislivello: 1100 m. - Tempo di percorrenza: 4 h 9 Bellissima gita che conduce in vetta ad una montagna che separa la Val Soana da quella di Champorcher, durante il percorso si incontra anche il lago di Miserin, uno dei più grandi laghi naturali della Valle d´Aosta. La salita fino al colletto della rosa non presenta problemi, mente la cresta abbastanza aerea obbliga ad attraversare alcuni tratti di facile arrampicata (II).

17-19 Agosto – ESCURSIONISMO Bernina Il percorso è in fase di definizione

5 Settembre – ESCURSIONISMO Anello della Testa di Entrelor e del Vallone di Sort - Località di partenza: Bruil m. 1723 - Località di arrivo: Testa di Entrelor m. 2580 - Dislivello: 900 m. - Tempo di percorrenza: 4,30 h Si tratta di un percorso ad anello che passa dal frequentato e bellissimo vallone di Entrelor alle solitudini di Sort, dove si tocca un casotto del guardaparco.

19 Settembre – ALPINISMO Pic Rochebrune – m. 3320 - Località di partenza: Col d'Izoard m. 2343 - Valle di Cervieres - Località di arrivo: Pic Rochebrune - Difficoltà: F - Dislivello: 1000 m. - Tempo di percorrenza: 2,30 h Imponente rilievo roccioso abbastanza isolato che offre uno stupendo panorama. La salita non incontra particolari difficoltà se non un breve e semplice passaggio di roccia necessario per guadagnare il canalone detritico che conduce sulla cresta finale della vetta.

3 OTTOBRE – ESCURSIONISMO Passo Fourneaux e lago Galambra - Località di partenza: Rifugio Levi-Molinari m. 1849 - Località di arrivo: Lago Galambra m. 2900 - Dislivello: 1200 m. - Tempo di percorrenza: 4 h L’escursione fa parte dell’Alta Via della Valle di Susa ed è considerata un itinerario classico valsusino poiché un tempo, quelli che sono ora solo più morene e laghetti, erano coperti da nevi perenni e ghiacciai. Il percorso sale fino al Passo Fourneaux m. 3094 per poi scendere al Lago Galambra.

17 OTTOBRE – CASTAGNATA 10

Parco Nazionale Del Pollino “Un Parco da scoprire………”

GITA ESCURSIONISTICA DAL 12 AL 19 GIUGNO 2010

Ultimo avamposto a Sud tra Calabria e Basilicata, con vette che superano i 2.000 m., il Parco del Pollino racchiude un insieme di diversità, di contrasti, di aspetti paesaggistici e naturalistici incontaminati che associati ai valori culturali ed umani presenti e gelosamente conservati rende questi luoghi ancora unici e affascinanti. Con i suoi panorami selvaggi, ai confini tra realtà e sogno, dove alba e tramonto assumono colori trascendentali, si impone come affascinante meta per tutti quelli che amano la montagna. Il Programma prevede diverse Escursioni con Guida Ufficiale del Parco Nazionale del Pollino. Per coloro che non possono fare escursioni sono previste delle visite in pullman a centri storici, paesi, Santuari e altri siti.

Pensione completa con bevande ai pasti presso l’HOTEL MIRAMONTI di Rotonda (PZ) Prezzo da stabilire in funzione del numero delle persone e dei rimborsi dell’APT Regionale ed Ente Parco del Pollino sulle spese di viaggio e soggiorno.

Ulteriori aggiornamenti saranno comunicati non appena disponibili.

11 Intersezionale Canavese e Valli di Lanzo - Attività 2010

Kamchatka – Proposta di viaggio in uno dei luoghi più remoti del pianeta Nel mese di agosto 2010 l’intersezionale Canavese-Valli di Lanzo organizza un viaggio di circa 3 settimane in uno dei posti più remoti del pianeta, la penisola di Kamchatka, nell’estremo est della Siberia. La penisola di Kamchatka, ampia poco meno dell’Italia, è una distesa verde costellata di vulcani. Sono in totale una sessantina di cui una decina ancora attivi. Il Kljucevskij, con i suoi 4750 metri, è il più elevato. L’ultima violentissima eruzione si è verificata nel 1994 ed è stata filmata anche da un satellite. L’area del Kamchatka fa parte della linea di fuoco del Pacifico che prosegue, verso sud, con le isole Kurili ed il Giappone. Il nostro itinerario di viaggio si snoda nei dintorni di Petropavlosk Kamchatsky, capoluogo della penisola, che si trova a 9 ore di volo diretto da Mosca e lontano altrettanti fusi orari. L’Avacha Bay, dove sulla riva nord si estende Petropavlosk, è straordinariamente bella e tutt’intorno fanno da scenario alti vulcani come il Vilucivsky di 2200 m; l’Avavachinsky di 2751 m ancora attivo e coperto da un “tappo” incandescente ed il Koriasky di 3456 m. Un’altra emozione sarà quella di entrare dentro il vulcano Mutnovsky attraverso la sua spaccatura a V nel versante ovest e che permette senza difficoltà di accedere all’interno. Tra una camminata e una salita faremo i bagni nelle calde acque delle piscine e delle sorgenti, piacevole toccasana dopo ogni escursione.

N.B. Il viaggio sarà effettuato solo se si raggiunge un minimo di 8 partecipanti. La spesa approssimativa prevista è di €. 3700,00 e comprende, oltre i voli ed i pasti, anche i fuoristrada con autisti e guide, le tende per i pernottamenti ed un volo in elicottero per ammirare dal cielo i crateri dei vulcani. Per informazioni: Bruno Visca. 12 Tel. 0123-27269. Cellulare 3497336929 Mail [email protected]

Le gite del Giovedì

28 gennaio – Vrù - San Giacomo di Moia (1450 m) - Gita con racchette Prima escursione annuale dell’Intersezionale con racchette da neve. Facile e piacevole itinerario con poco dislivello che si svolge interamente su strada sterrata in mezzo a boschi misti. La partenza sarà dalla frazione di , Vrù, dove è ormai da parecchi anni allestito un particolare e famoso presepe che visiteremo. Partenza da Vrù 1005 m Ritrovo ore 8.30 stazione di Resp. C. Brizio – N. Di Felice Sez. Venaria 0114520569 3392903762 Si ricorda che per le escursioni sulla neve è obbligatorio l’uso dell’arva, anche se il percorso non comporta nessuna difficoltà tecnica

25 febbraio – Meta da stabilire – Gita con racchette. Resp. P. Berruti – B. Rebora Sez. 0119113227 0119137648 Si ricorda che per le escursioni sulla neve è obbligatorio l’uso dell’arva, anche se il percorso non comporta nessuna difficoltà tecnica

25 marzo - Monsuffietto 1120 m (Bosco dei cerri) – Rocche di San Martino 1451 m Gita riproposta perché non effettuata a causa maltempo nell’anno 2008. Con partenza da Cuorgnè (strada per ) saliremo alla frazione Ronchi San Bernardo per inoltrarci in boschi di castagni e betulle. Purtroppo vedremo ancora i segni del grosso incendio che qualche anno fa ha completamente distrutto il versante, risparmiando, fortunatamente, i famosi “cerri” alberi di origine mediterranea che ci sono in località Monsuffietto (1120 m) (ore 2), ampio pianoro con baite abitate in estate (ore 2 da Cuorgnè). Neve permettendo, si potrà ancora salire alle panoramiche Rocche di San Martino (ore 3 da Cuorgnè). Partenza da Cuorgnè 420 m Ritrovo ore 9 a Cuorgnè (Strada per Alette) Resp. C. Genisio Sez. Rivarolo 3474942938

22 aprile – Anello Traves - Colle Lunelle 1430 m – Traves + merenda sinoira L'escursione proposta, molto facile, consente di immergersi in un ambiente ancora poco antropizzato e quindi sufficientemente integro. Nella zona interessata dall'escursione, sotto i versanti orientali delle Lunelle e dell'Uja di Calcante, erano presenti antiche miniere che vennero anche utilizzate come

13 rifugio dai partigiani durante la guerra di liberazione. Vista la quota piuttosto bassa, l'escursione si può effettuare per buona parte dell'anno ma la stagione più consigliata è quella autunnale. Particolarmente interessante il colpo d'occhio sul selvaggio Vallone del Rio Ordagna, forse una delle zone più integre delle valli. Al termine merenda sinoira. Partenza da Traves 646 m Ritrovo ore 8.30 stazione di Germagnano Resp. B. Visca Sez. Lanzo 3497336929

27 maggio - Pian Frigerola 1791 m + merenda sinoira Escursione piacevole e panoramica, con ampia visuale sulle valli Malone e tutto l’arco alpino. Si attraverserà un bellissimo bosco di faggi per arrivare all’alpe Frigerola inferiore (da notare qui una singolare costruzione di forma circolare, dal tetto piatto) prima e infine alla Frigerola superiore (ore 2). Al termine merenda sinoira. Partenza da Case Picat (Corio) 930 m Ritrovo ore 8.30 sulla piazza di Corio Resp. C. Brizio – R. Vendramin Sez. Venaria 0114520569 0119203506

17 giugno - Rif. Gastaldi 2659 m – Rocca Turo 2759 m L’evidente Rocca Turo che vista durante la salita mostra i versanti nord est dirupati con notevoli salti di roccia si raggiunge in breve dallo storico rif. Gastaldi, senza particolare difficoltà (ore 2,30). Ottimo il panorama. Possibilità di pranzare al rifugio previa prenotazione. Partenza da Pian della Mussa 1805 m Ritrovo ore 8, stazione di Germagnano Resp. F. Guglielmotto Sez. Lanzo Sottosezione Viù 3389682333

15 luglio - Bivacco Gastaldi 2630 m – Laghi Netsciò 2600 m Sentiero che si sviluppa all'interno di un'area protetta, attraversando boschi di conifere, pascoli fioriti e tipici paesaggi alpini oltre il limite della vegetazione arborea, il bivacco, costruzione metallica ha 4 posti letto (ore 3). Di fronte al bivacco si staglia il ghiacciaio del Netsciò che ha ai suoi piedi due bellissimi laghetti che si raggiungono in breve. Splendido il panorama sul gruppo del monte Rosa. Partenza da Gressoney la Trinité 1624 m Ritrovo ore 8.30 piazzale Gressoney la Trinité. Resp. A. Gabutti Sez. Lanzo Torino (aggregato intersezionale) 0118190420

14 5 agosto - Trav. Ceresole - Rif. Jervis al Nel 2250 m- Colle Nel 2551 - Lago Dres 2087 m + merenda sinoira

Piacevole traversata in Valle Orco. Con partenza da Ceresole R., borgata Villa, si raggiunge il rif. Jervis (ore 2, 15) con possibilità di “pausa caffè”. Dal rifugio si prosegue per il bel pianoro di Nel e successiva salita al colle di Nel (ore 3,30 da Ceresole). Dal colle su ripidissimo sentiero si scende nel versante opposto all’alpe Trucco (qui deviazione che in breve porta al grazioso lago Dres). Su mulattiera si scende al lago di Ceresole e per strada asfaltata si raggiunge la borgata Villa (totale ore 6-6,30). Partenza da Ceresole (borgata Villa) 1583 m Ritrovo ore 7.30 a Cuorgnè (ex piazzale Due Rotonde) Resp. M. Rapelli Sez. Cuorgnè 3491338203

26/29 agosto – Tour della Bessanese (Rif. Cibrario/Averole/Gastaldi) In occasione del decimo anno dell’Intersezionale si organizza questo giro di quattro giorni. Resp. M. Reolfi Sez. Leinì 3403184683

16 settembre - Colle della Balma - 2261 m Classica escursione che parzialmente ricopre il percorso del “pellegrinaggio” che si svolge da Fontainemore ad Oropa ogni 5 anni. Passando di fianco alla cima Gragliasca si raggiungono due laghi prima il Vargno, con la piccola diga prima e poi La Balma. Percorreremo la splendida mulattiera per arrivare al colle della Balma, sormontato da una croce e ammirare il panorama sulla Valle d’Oropa e le cime intorno (ore 3,30). Partenza da Pillaz (Fontainemore) 1261 m Ritrovo ore 8.30 Fontainemore (piazzale prima del paese) Resp. P. Berruti Sez. Chivasso 0119113227

26 Settembre - Tour Del M. Soglio – 1971 m. Dalla fraz. Milani si percorre parte del piacevole “Sentiero del Gallo” che attraversa i boschi di faggi e castagni dell' Alto Canavese. Raggiunti gli alpeggi Bellono 1187m ed Eredi 1285m si prosegue per pian della Pessa 1479m fino ad incontrare il sentiero balcone che salendo da cima Mares conduce alla vetta del M. Soglio con tempo previsto dalla partenza di 4-5 ore ca. Inutile descrivere il panorama apprezzabile dalla vetta, lo sguardo abbraccia a 360° la Serra Morenica Eporediese, le valli Soana, Orco, la cuspide sommitale del Cervino, il Gruppo del G. Paradiso, le vette più imponenti della valle di Lanzo con profilo che segue e conduce al M. Viso, le alpi Marittime e tutta la pianura Piemontese. La sosta per il pranzo è prevista in vetta. La discesa sarà effettuata sul crinale Sud-Ovest opposto alla salita. Ritrovo e partenza presso il Santuario in frazione Milani di 15 Ritrovo ore 7,30 Partenza ore 8 Dislivello complessivo 1100 m Difficoltà: E

21 ottobre - Anello Sentiero del Basilisco (quota massima 1449 m) + merenda sinoira Il percorso ad anello “Sentiero del Basilisco” si snoda in un’ampia zona tra le pendici del Monte Calvo, del Verzel e della Quinzeina, nelle valli scavate dai torrenti Vernetto, Piova e Rondonera; unisce diversi antichi sentieri che collegavano le baite in altura al piano e ai centri abitati di Sale e di Cintano. Dalla località Ponte Romano si raggiungono attraverso fitti boschi alcuni gruppi di baite, alcune in bella posizione. Si arriva alle pendici del Monte Calvo il panorama si apre a 180°. Si raggiungono, su quello che potremo definire un “sentiero balcone”, le baite Valossera. Di qui, su sterrata e tratti di asfalto, arriveremo a Santa Elisabetta e poi alla località Ponte Romano, luogo d’inizio dell’escursione (totale ore 5/5,30.) Il basilisco è un animale della mitologia con la testa, il corpo, le ali, le zampe da gallo, e la coda da vipera ed è il simbolo del paese di Cintano. Al termine merenda sinoira. Partenza da Cintano (Loc. Ponte Romano) Ritrovo ore 8.30 a Cuorgnè (ex piazzale Due Rotonde) Resp. B. Martino Sez. Cuorgnè 3387582737

18 novembre - 820 m + merenda sinoira Itinerario da definire. Partenza da Montestrutto () 262 m Ritrovo ore 9 a Montestrutto (piazzale nei pressi della centrale) Resp. V. Di Bari Sez. 3477844147

16 dicembre - Anello Ponte Diavolo – Ca’ Bianca 730 m – Ponte Diavolo La partenza di questa escursione avviene dal famoso Ponte del Diavolo o del Roc, che è diventato il simbolo della città di Lanzo. È una facile escursione attraverso boschi e strade sterrate, adatta anche ai mesi invernali (in assenza di neve), che offre buoni scorci sulla valle di Lanzo e dintorni. La Ca’ Bianca è una piccola costruzione, visibile anche dalla pianura. Partenza Lanzo (Ponte del Diavolo) 520 m Ritrovo ore 9 Lanzo (Rist. Sangrilà) Resp. B. Visca Sez. 3497336929

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Corso di introduzione all’alpinismo A1

Finalità: Corso rivolto sia a principianti, che a persone già in possesso di qualche esperienza alpinistica, nel quale si impartiscono, mediante lezioni teoriche e pratiche, le nozioni fondamentali riguardanti l’arrampicata su roccia, su ghiaccio e salite in montagna.

Durata: 6 lezioni teoriche, 6 esercitazioni pratiche

Inaugurazione del corso: 28 Aprile presso CAI Leinì

Esercitazioni pratiche: 02 Maggio Courbassere 16 Maggio Rocca Sbarua 30 Maggio Glacier Blanche 13 Giugno Rocca Castello Provenzale 26-27 Giugno Rif. Gastaldi – Punta Maria cresta NE 10-11 Luglio Rif. Mantova – Cresta del soldato

Contenuto delle lezioni teoriche:

ƒ Materiali ed equipaggiamento ƒ Nodi e manovre ƒ Tecnica di arrampicata ƒ Caratteristiche e funzionamento della catena di sicurezza ƒ Topografia e orientamento ƒ Preparazione di una salita e pericoli in montagna

Per informazioni rivolgersi presso la nostra sede oppure visitare il sito www.scuolaribaldone.com

17 Col Salvé

Un numero consistente di persone si sono presentate all’appuntamento del 15 febbario in piazza mercatale a Leini, tutti fiduciosi sulla riuscita della gita. Alcuni che come me calzavano per la prima volta le ciaspole, altri che con gli sci di alpinismo non erano proprio dei maghi ma tutti carichi per fare una gita dopo tutta la neve caduta. Fatta la divisione dei posti auto, la colonna ha preso il via per il vallone di Saint-Barthèlemy: punto d’arrivo località Porliod. Strada facendo il sole illuminava sempre di più la mattinata, il che faceva prevedere una giornata radiosa e non troppo fredda. Più ci avvicinavamo al punto di partenza più lo strato nevoso aumentava al bordo strada e sui tetti delle “baite – ville” Parlando tra noi abbiamo però notato che sicuramente nelle nostre valli è caduta più neve. Giunti al parcheggio in zona d’ombra la temperatura non proprio mite ha consigliato ad alcuni la calzata veloce di guanti – cuffie - maglioni. Fatte le dovute vestizioni ( ciaspole, sci ecc.) il gruppo s’incammina verso la meta . Dopo i primi metri di dislivello incrociamo le piste di fondo che evitiamo immediatamente per non danneggiarle con il nostro passaggio e saliamo su pendii facili fino all’incrocio con una strada sterrata o almeno così ci sembrava. Dopo circa ¾ d’ora chi dalla strada chi dal bosco, sbuchiamo tutti in un immenso plateau bianco. Guardando il tutto penso: “Come sarà in estate?” Finora tutto bene con le mie ciaspole. Lasciato a sinistra una margaria coperta di neve, la colonna girando a destra si inoltra in una diagonale verso la meta e qui iniziano le prime imprecazioni per i novelli possessori di ciaspole: mentre gli amici sci muniti scivolavano tranquilli verso nuovi sbalzi del percorso, noi un po’ impacciati e titubanti passiamo con molta calma il tratto, ma la nostra attenzione è attratta da qualcuno una decina di metri sotto al nostro passaggio: è il Presidente che alla domanda di rito: “Che fai lì sotto” risponde: “Passavo per caso” ma dal bianco sparso su di lui è facile intuire un incidente di percorso, comunque tutto O.K., si prosegue verso il colle . Dopo alcune centinaia di metri c’è stato un ripiegamento assai convinto verso la baita più in basso dove già altri compari si erano fermati, lì tranquillamente accampati abbiamo celebrato il rito del pranzo mentre uno dopo l’altro ci hanno

18 raggiunto anche tutti i componenti più disciplinati, quelli che erano giunti fino al colle. Dopo alcuni brindisi e cantate con relative foto, ci siamo divisi in due gruppi: noi camminatori con ciaspole siamo scesi dal percorso di salita mentre gli sciatori si sono buttati giù da pendii e boschi. L’appuntamento se tutto filava liscio era a Porliod. Quando noi ”camminatori” siamo giunti al parcheggio ho preso una storica decisione: per il momento le ciaspole non sono attrezzi per me. Saliti in macchina ci siamo avviati al punto d’incontro con gli sciatori (e io non vedevo l’ora di constatare quanta neve avevano portato a valle alcuni di loro, dal momento che erano alle prime uscite). Il resoconto è stato molto interessante e dopo alcune risate e battute spiritose sui vari fatti della discesa siamo stati costretti a fermarci al bar per rinfrescare le gole dalle risate. Qui termina la gita sociale e la mia prima ciaspolata. Alcuni mesi dopo Carla ha avuto la brillante idea di fare un giretto verso il Santuario e Rifugio Cuney a 2656 m. Praticamente alle spalle del Col du Salvè. Tranquillamente abbiamo seguito per un breve tratto il percorso fatto con sci e ciaspole, ora naturalmente calzavamo solo gli scarponcini, camminavamo su sterrato, i prati erano tutti fioriti, i grilli cantavano e l’itinerario scelto era un percorso assai lungo ma piacevole; praticamente abbiamo aggirato tutta la costiera del Col du Salvè ma dopo alcune ore del Rifugio Cuney nessuna visione; ci è sorto il dubbio di aver sbagliato qualcosa ma, in lontananza, un po’ più sotto il colle si notavano dei cartelli; allora li abbiamo raggiunti e lì vicino abbiamo notato un sentiero che scendeva, ancora un bivio e altri cartelli. Finalmente in questi ultimi un’indicazione per il rifugio con variante (sentiero esposto – sentiero normale). Mentre prendevamo una decisione, un signore anziano con due pargoli si è avvicinato e ci ha chiesto:”Sapete dove si trova il Rifugio Cuney?” Perchè siamo andati avanti sul sentiero normale poi mio nipote si è stufato e vuole tornare indietro.” Io e Carla ci siamo guardati in faccia poi, con fare sicuro: “E’ sicuramente dietro quella balza rocciosa, ci vorrà un quarto d’ora – venti minuti”, e con sicurezza ci siamo avviati sul sentiero da dove loro arrivavano. Con la coda dell’occhio ho notato una piccola discussione familiare, poi ci hanno seguito. Tra di me comincio a dire: “Speriamo che sia giusto, speriamo che sia giusto”. Finalmente dopo circa quindici minuti vedo il pianoro che costeggia la costa del rifugio e mentre dietro il nipotino continuava a imprecare, è apparsa la bandiera 19 poi poco a poco anche il rifugio e l’ospizio. Un bel posto con un ottimo panorama; l’ospizio che risale all’ottocento ed è perfettamente conservato era aperto, uno sguardo al suo interno poi alla ricerca di un posto comodo per pranzare. Dopo il caffè consumato al rifugio decidiamo di scendere per il sentiero esposto, simpatico diversivo in alcuni tratti a picco su cenge ma attrezzato con corde. Giunti al bivio dei due sentieri in modo simultaneo il pensiero è stato di fare la parte fatta in salita questo inverno al Col Salvè. Così siamo saliti fino al colle poi in discesa verso la baita che ci aveva fatto da posto tappa durante la gita invernale e abbiamo cercato di percorrere nella mente i punti salienti: dove è scivolato il presidente, il traverso critico con le ciaspole. Senza neve non è stato facile perché il paesaggio è totalmente diverso. Giunti alla famosa baita che scopriamo essere fornita di una stalla enorme, il proprietario che assisteva al lavoro dei suoi operai, ci ha offerto gentilmente del latte appena munto e chiacchierando del più e del meno siamo venuti a sapere che tutti i prati lì attorno sono suoi e vengono usati esclusivamente per pascolo. Seguendo il percorso invernale, ma questa volta su comodo sentiero siamo giunti al parcheggio soddisfatti di aver fatto un bel giro sia con la neve che con prati fioriti.

Giorgio

20 Tema: “Le mie vacanze”

Mi piacciono molto le Dolomiti perciò quando abbiamo pianificato la settimana di vacanze ad agosto, non appena Fester ha ipotizzato un giro da quelle parti per una volta sono stata d’accordo con lui. Mi sono così ritrovata sommersa da cartine, libri, articoli e itinerari scaricati da internet perché Fester in queste occasioni diventa un pochino maniacale. Aveva inoltre un chiodo fisso: il giro del Sassolungo e ha passato ore ad illustrarmi l’itinerario in ogni sua pietra, anche se ad essere sincera l’unica cosa che veramente mi interessava era la durata del percorso. Comunque abbiamo prenotato l’albergo e al giorno stabilito siamo partiti. Il Sassolungo domina il Passo Sella e ricorda le dita di una mano. Dal Passo Sella si può salire con la funivia oppure a piedi fino al Rifugio Demez-Hautte m. 2681. Ovviamente essendo dei puristi noi siamo saliti a piedi e ho accuratamente evitato lo sguardo di quelli che salivano in funivia perché non volevo vedere quanto ridevano nel vedermi arrancare. Arriviamo al Rifugio; la costruzione non è molto grande ma non manca nulla, hanno persino un piccolo pollaio sul retro. Essendo situato alla fine della funivia c’è un gran traffico di gente che sale e scende e offre una splendida vista sulla valle sottostante. A questo punto inizia la discesa per un vallone in pietrisco. Il giro in realtà è piuttosto facile, ci vuole solo un po’ di attenzione e percorre il massiccio nel suo interno. Lungo questo percorso si trova anche il Rifugio Vicenza, più grande del Demez- Hautte, ma gestito nello stesso modo in cui si gestiscono tutti i rifugi delle Dolomiti, in modo molto imprenditoriale, cercando di dare ai clienti alpinisti e non, un servizio completo consigliando loro di consumare le cose fornite dal rifugio anziché portarsi dietro cibo e bevande personali. Passato questo rifugio il sentiero lascia le pietraie, il panorama si fa più verde, con alpeggi e boschi e forma così un anello che ci riporta al Passo Sella, incontrando ancora un rifugio il Comici, preso d’assalto da comitive composte da un numero incredibile di bambini grandi e piccoli. E’ un itinerario frequentatissimo ma a noi è piaciuto comunque molto. A fine giornata in albergo dovevamo decidere dove andare il giorno successivo e io, sfogliando il libro della zona ho chiesto a Fester se non potevamo fare anche il

21 giro del Sassopiatto, una montagna della stessa zona; il tempo di salita era poco più di due ore e questo me la rendeva molto appetibile. Nutro da molto tempo ormai la convinzione di essere il peggior nemico di me stessa e il luccichio negli occhi di Fester quando ho proposto questo itinerario è stato un’ulteriore conferma ma ormai…. La marcia di avvicinamento alla base della montagna è una bellissima passeggiata tra alpeggi e panorami mozzafiato, ma sul Sassopiatto si arriva per vie ferrate e un solo sentiero per umani. Questo sentiero (così definito per non terrorizzare i turisti) è in realtà una semplice traccia ripida in un mare di pietre in continuo movimento. Quindi lasciata la mulattiera bucolica, iniziamo a salire in un'atmosfera spettrale: non ho nemmeno il conforto di maledire Fester perché questo giro l’ho proposto io. Comunque se Dio vuole dopo due ore di tormento arrivo ansimante come un mantice sulla cima e cosa mi trovo? Almeno una trentina di corvacci neri che mi guardano gracchianti. Sembrava proprio che aspettassero il mio cadavere! La cima è una cresta non molto larga sormontata da una croce di ferro; tutto il resto è a strapiombo sulla valle interna, i corvi sono dappertutto, sembra un film di Hitchcock però… quanto mi piace! Guardo Fester che sembra un giapponese; credo che sia riuscito a scattare centinaia di foto con la sua macchina digitale che è ormai diventata l’appendice del suo braccio (alla fine della settimana verrà insignito dell’appellativo di Fester-san dalla sottoscritta). Insieme restiamo ad ammirare questo panorama strano, così diverso da quelli che abitualmente osserviamo dalle nostre parti, scambiamo due parole con due alpinisti che sbucano dalla via ferrata e cominciamo a scendere. Se la salita è stata dura, la discesa è terrificante: ho usato i bastoncini, messo i piedi a coltello, pregato tutti i santi, detto parolacce in tutte le lingue e i dialetti che conosco, il tutto per riuscire ad arrivare in fondo sana e salva. Quando ho ritrovato la bella mulattiera alla base ho anche baciato il suolo sotto lo sguardo divertito di Fester il quale gongola quando assiste a questi spettacoli. Comunque sia la vacanza è finita e noi siamo tornati a casa, ma se ripenso a quei giorni il ricordo più vivido è quella cresta coperta di corvi e il panorama spettrale che la circonda, un posto così aspro e duro eppure così bello….

Cloe 22 Ferrata di Briançon

Per il terzo anno la ferrata della Valgrisenche viene rinviata a causa della neve in quota. Optiamo per una ripetizione, la ferrata di Briançon, così al massimo se il tempo è brutto si può sempre fare i turisti nella città vecchia. Appuntamento al solito posto, in molti hanno risposto a questa gita. Stabilito il ritrovo al grande parcheggio di fronte alla città vecchia di Briançon si parte, l’atmosfera dei partecipanti e la limpidezza della mattina sono i presupposti per una splendida giornata. Giunti al parcheggio il sole è già alto e caldino, la ferrata è tutta esposta al sole, si prevede piccola abbronzatura. Il gruppo si deve dividere in due, chi per la ferrata e chi per il sentiero normale e dopo aver consultato la cartina, zaini in spalla ci avviamo fuori del paese, dove ad un bivio ognuno va per il proprio percorso con appuntamento in cima per la classica sosta mangereccia. Giunti all’attacco della ferrata si passa alla fase “vestizione” con imbraghi, caschi, rinvii con moschettoni, alcuni i guanti e qui già qualche momento di caos per infilare il tutto, ma dopo circa una mezz’oretta tutti sono pronti a partire per l’avventura. Facciamo passare per primi una famiglia di Francesi, che sembrano più veloci di noi e con dimestichezza alla Il serpentone che arranca ferrata in modo non omogeneo, metro dopo metro, scalino e maniglia dopo l’altra, ci alziamo sempre di più e il sole anche, ma il panorama su Briançon e dintorni con la vista del nostro serpentone che arranca sulla via attenua un po’ la calura. Comunque appena posso mi fermo un attimo sotto l’ombra di un albero solitario o uno spuntone di roccia con la scusa di chiedere informazioni a quelli più sotto e in quelle pause sento le impressioni del mio compare più vicino Diego, il giovane del gruppo che si sta comportando egregiamente anche nei punti più esposti con molti metri di vuoto sotto di sé. Continuando la salita (ormai si vede lo sbocco) ad un tratto ci giungono delle voci familiari. Mettendo un po’ a fuoco la vista, vicino a una palizzata vediamo persone che salutano. Riconoscendole io e Diego ci rendiamo conto che l’altro gruppo ci ha fregato ed è arrivato in cima prima di noi. Saliti gli ultimi sbalzi di via tra sentiero, arbusti, cavi fissi e catene arriviamo anche noi al posto panoramico dove termina la ferrata.

23 Scambio di battute con i nostri “sostenitori”, poi mi giro intorno e il mio sguardo si ferma sulla vastità del panorama. Dopo il ricongiungimento dei due gruppi attorno a una tavola da pic-nic all’ombra di alcuni abeti diamo inizio al pranzo con relative foto di rito, poi tutti insieme giù verso Briançon su comodo sentiero. Dopo alcuni metri di discesa incrociamo Pino che sale un po’ in ritardo, ma giustificato (era venuto con noi all’attacco della ferrata poi è ridisceso e salito per il sentiero Il ricongiungimento in cima normale). Lasciamo che continui fino alla cima e ci diamo appuntamento al parcheggio. Scendendo, scendendo il caldo è sempre più sull’afoso e nei tratti del sentiero senza alberi addirittura fastidioso, ma quando arriviamo al parcheggio, una bella grande vasca con tante piccole fontane centrali che zampillano acqua fresca e invitante ci sembra l’ideale per qualche gavettone o bagno, siamo perciò praticamente obbligati (si fa per dire) a rinfrescarci. Dopo un po’ di chiasso e lavatine varie ci avviamo alle macchine che dopo una giornata sotto il sole sono diventati a seconda della cilindrata piccoli o grandi forni adatti più a fornai o pasticceri che a dei baldi alpinisti quali noi siamo. Comunque dal momento che non abbiamo alternative, imprecando un po’ ci saliamo sopra e riprendiamo la via di casa, commentando la giornata trascorsa in allegria.

Giorgio

24 Il museo “Forte di Bramafam”

Il forte eretto sul costone omonimo al margine sud-orientale della conca di , per estensione e armamento può essere considerata la maggiore opera di interdizione di tutte le Alpi Cozie. Fra il 1883 e il 1889 la postazione divenne un vero forte con due moderne installazioni a pozzo con cupola per pezzi da 120, cannoni a tiro rapido con torrette a scomparsa e altri pezzi in magazzino destinati ad essere messi in batteria al momento opportuno. Il forte era abitato da più di duecento unità che controllavano lo spazio di Bardonecchia; in particolare gli sbocchi delle valli del Rho, del Frejus e la Valle Stretta. Durante il primo conflitto mondiale fu quasi totalmente disarmato per portare i pezzi sul fronte del conflitto. Nel 1930 fu ristrutturato ed integrato nel Vallo Alpino, riarmato all’inizio della Seconda Guerra mondiale fu poi definitivamente smantellato al cessare delle ostilità. Al Forte si arriva da Bardonecchia sulla statale per Torino, svoltando a destra dopo circa due chilometri e passando sotto alla ferrovia. Si prosegue su una stradina sterrata fino a una chiesetta intitolata a Sant’Anna dove si lasciano le macchine in un piccolo parcheggio; infine, dopo una decina di minuti a piedi, si entra nel Forte. Varcando un semplice cancello in ferro si accede alla piazza del forte dove a destra sono esposti alcuni pezzi di cannoni, mezzi militari e torrette; sul fondo si trova la biglietteria, ricavata da un vecchio magazzino. A sinistra si eleva su due piani una massiccia costruzione con squadrature regolari in pietra chiara alle finestre e alle feritoie, un profondo fosso la divideva dalla piazza d’ingresso alla quale veniva collegata con un ponte in legno a scorrimento su rotaie dentate. Per la visita all’interno della palazzina, vero centro nevralgico dell’intero complesso, ci accompagna un responsabile dell’associazione dei volontari che hanno ripulito in gran parte il complesso e dato vita a questo museo unico nel suo genere. La visita ha inizio con una presentazione, accompagnata da un audiovisivo, che ci illustra la storia del complesso. Al termine, usciti all’esterno, ci avviamo verso il portale d’ingresso dove, sull’architrave, è scolpito il nome del forte.

25 Passato il posto di guardia, si possono notare la ricostruzione dell’impianto elettrico, con vecchi fili e relativo quadro completo di valvole, che ci riporta indietro di molti decenni e il meccanismo a ruote dentate per il movimento del ponte. Proseguendo lungo il corridoio troviamo una serie di stanze che rappresentano uffici, camere ufficiali, mensa, cucina, dormitorio truppa, gabinetti, tutte perfettamente arredate che con l’ausilio di manichini anch’essi completamente vestiti, ricreano l’atmosfera del forte durante il suo utilizzo e ci permettono di capire meglio la vita e i materiali utilizzati all’epoca. In alcune teche sono inoltre esposti oggetti personali e biancheria intima dei militari. La temperatura all’interno è molto fresca confrontata con quella esterna; Alla fine del corridoio, si scendono alcuni gradini e si raggiungono la caponiera, gli spazi per l’alloggiamento dei cannoni a pozzo, alcune stanze per il riposo della truppa, depositi di munizioni. Tornando al portone di ingresso e andando a sinistra, si incontra una sezione dedicata ai fogli di chiamata alle armi di anni vari, alcuni molto allegorici. Successivamente troviamo esposti reperti, giornali, divise che coprono gli anni della Seconda Guerra mondiale. Tutti i reperti non sono semplicemente esposti ma, grazie ad un’abile ambientazione con manichini, vengono ricreate scene di vita durante la guerra che permettono al visitatore di comprendere meglio l’utilizzo degli oggetti esposti e le difficoltà incontrate dai soldati. Alla fine della visita guidata al museo, l’addetto ci ha accompagnati attraverso una serie di locali ancora da sistemare e tramite una galleria siamo infine sbucati all’aperto sul fianco settentrionale del forte e percorrendo una strada adibita in passato al passaggio dei cannoni, siamo ritornati all’ingresso principale. La visita è lunga ma veramente interessante e ben curata nei particolari. Un grazie al nostro cicerone e alla sua associazione che, in modo totalmente gratuito, hanno contribuito a ripulire e mettere a disposizione del pubblico questo pezzo di storia. 26 Viaggio a Monaco ed ai Castelli Bavaresi

L’anno scorso, al ritorno dalla bella gita nella Foresta Nera, avevo ringraziato i nuovi amici e amiche del C.A.I. di Leinì e avevo dato un addio a nuovi eventuali viaggi. Ed invece eccoci qui, io (84) e mio marito 87enne, un po’ acciaccati ma ancora curiosi del bello, al ritorno da una nuova esperienza di viaggio con gli stessi amici del C.A.I. Questa volta ci siamo recati in Baviera e i 4 giorni sono volati via in un baleno. Partiti molto presto da Leinì, la nostra prima meta era Innsbruk. Interessante la sosta nella bella cittadina sul fiume Inn con visita al centro storico. Nel pomeriggio, nel viaggio di avvicinamento alla Castello di Neuschwanstein nostra meta (Monaco) abbiamo visitato il Museo Swarovski. Mi stupì la grandiosità degli stabilimenti di questa ditta, celebre in tutto il mondo; nelle sale del Museo (tutte scurissime per dare risalto alle opere esposte) ho sofferto un po’ di claustrofobia, ma mi sono rifatta gli occhi nel reparto vendite, alla vista di tutte quelle meraviglie che captano la luce, a confronto la mia raccolta di otto animaletti Swarovski è ben misera cosa….. Ripreso il viaggio siamo arrivati a Monaco, l’albergo grande e nuovo ci ha offerto camere confortevoli; gradevole era la colazione del mattino, anche se un po’ trafficata a causa di numerosi ospiti. Il secondo giorno visita a Monaco che è stata per me una gradevole sorpresa; la città è elegante nelle sue ampie vie diritte che mi hanno ricordato la mia Torino, c’è molto verde, è curata e pulita. Un discorso a sé per il Centro Storico: è uno spettacolo percorrere le viuzze dove si aprono caratteristiche birrerie (in questo viaggio ho visto più birra che in tutta la mia vita). Siamo poi giunti nella Marienplatz, sede dell’antico Municipio, una grande costruzione ricca di torri, smerli, meccanismi di statue colorate che a mezzogiorno, al suono delle campane, incominciano il carosello sulla facciata tra voli di uccelli e l’ammirazione di turisti che, tornati bambini, si raccontano a vicenda le gesta dei personaggi variopinti che sfilano in girotondo. Il terzo giorno ci siamo recati a visitare i castelli di Ludwing in uno scenario da fiaba. Personalmente ho ammirato molto di più gli esterni e il colpo d’occhio delle due costruzioni a picco sulle rocce che dominano la vallata, che l’interno e gli

27 arredi; forse noi italiani siamo viziati dalle magnificenze dei nostri palazzi. Al ritorno, con tanti chilometri e tanti gradini nelle gambe, abbiamo apprezzato la cena nella caratteristica birreria dove eravamo già stati la prima sera. Ed è giunto l’ultimo giorno del nostro viaggio. Partenza con valigie e saluti con rimpianto alla città di Monaco, dinnanzi all’albergo a darci l’ultimo addio sul marciapiede c’era uno scoiattolo che, dopo uno sguardo curioso, ha ripreso il suo cammino. Il tempo nel complesso era stato clemente fino ad allora, esclusa una pioggerella che aveva reso romantica la passeggiata nel parco di un palazzo fino al padiglione di caccia. Ma Giove pluvio, maligno, ci attendeva a Lindau dove, appena scesi dal pullman si è scatenata la cosiddetta acqua a catinelle che ci ha impedito di passeggiare per le vie dell’isola fra antiche case e ammirare il porto sul lago di Costanza. Pazienza! Ci siamo consolati con un ottimo pranzo in un ristorante caratteristico. Ripreso il viaggio siamo rientrati sul patrio suolo evitando le temute code. E questo è stato il diario dei luoghi visitati, cioè la “location” come direbbero i giovani, ma ora passiamo ai personaggi: innanzi tutto un applauso a Luigi, re degli autisti e simpatica persona, e poi alla bionda Anna che, senza salire mai in cattedra, ci ha fornito interessanti informazioni di ciò che vedevamo e che ad un certo punto del viaggio si è alternata a Luigi nella guida, strappando un applauso dalla compagnia. Un grazie al Presidente del C.A.I. che si è adoperato con distribuzione di biglietti, raccomandazioni utili e orari per rendere le nostre visite gradevoli. Un plauso a suo fratello che come barman è stato un capolavoro nel servirci i caffè coadiuvato dal signore coi baffi. E poi come in tutte le comitive di “Vip” avevamo il Fotoreporter Brancaleone al seguito, che ha fermato le immagini di tutti in ogni occasione e circostanza. E dicendo “noi” mi riferisco al gruppo di gitanti, agli “attori” di questo film di 4 giorni perfetti. Ci siamo comportati tutti bene, mai un ritardo, mai una lamentela. Ho lasciato per ultima la Signora Tilde per dedicare a lei il pensiero più affettuoso, come penso lo sia per tutti noi. Partita per il viaggio sofferente per un fastidioso raffreddore, il pomeriggio del secondo giorno, scendendo da una scala, si è distorta una caviglia e così è stata bloccata nella gita ai castelli dovendo, per precauzione, fare una radiografia che fortunatamente non ha rilevato fratture. La trovammo la sera, al ritorno dai nostri vagabondaggi, sempre col sorriso sulle labbra, anche se penso che desiderasse soltanto tornare a casa sua. Un abbraccio e un abbraccio alla cara solerte segretaria del C.A.I. di Leinì. Ed ora, amici, non vi rivolgo più un addio come lo scorso anno, ma non mettendo limiti alla Provvidenza, vi chiedo “Dove andiamo a maggio 2010?”

Franca Bonzano

28 Il ghiacciaio del Sommeiller senza scarponi

Sarò sincera, non ero ispirata a scrivere nessun articolo: sapete, i periodi no capitano ad ognuno di noi. Poi la fatidica telefonata di rito alla domenica pomeriggio; fuori piove e allora telefoni ai parenti. Nel mio caso alla sorella (meno male che ne ho una sola), così lei dopo avermi dato notizie e pettegolezzi vari mi dice “Devi scrivere l’articolo per il notiziario, inventati qualcosa, magari sulla bici…”. Già la bici… e così aziun!! Prendo carta e penna e comincio a scrivere. Una delle tante passeggiate che hanno riempito le mie domeniche estive in compagnia della mia amica “Lulù” e del mio guru, maestro e amico Luca in arte “Clò”, è stato il raduno – LA STELLA ALPINA – al ghiacciaio del Sommeiller a quota m. 3008, esperienza stupenda svoltasi in una giornata bellissima. Partiti da Royeres, eh sì, bisogna scaldare bene le ruote, si transita in Bardonecchia e poi su, su, su, sempre più in alto. Al Rifugio Scarfiotti c’è il conta-biker, io transito e mi viene assegnato il numero 72, speriamo sia di buon auspicio; il paesaggio si trasforma, il verde delle pinete lascia il posto alle rocce. Guardandoti intorno mentre pedali, ti rendi conto di sentirti osservata ma da chi? Dalle vette imponenti e maestose che ti guardano, mentre con fatica e con rispetto nei loro confronti, pedali verso il traguardo che credetemi, appare come un miraggio. E come un miraggio mi apparve il ristoro. Panini, the caldo e la squisita torta al limone Mulino Bianco. Giuro, anche per una stagionata fornarina come me, abituata alle torte sfornate con le proprie mani, una fetta di torta industriale al 100% diventa una vera leccornia per il palato dopo che si è fatta 1800 metri di dislivello e ha bruciato tutte le energie comprese quelle di riserva. Il bello però scompare subito dopo l’ultimo boccone, perché altri tornanti ripidi e sassosi mi attendevano e allora su, su, io già un po’ cotta venivo aiutata moralmente nel pedalare dal grande Clò che mi incitava e spronava ad ogni tornante.

29 C’era già chi scendeva, altri che ancora salivano ed erano superati brillantemente dalla sottoscritta (prendersi qualche rivincita anche piccola, nei confronti dei maschi, ogni tanto fa piacere). Finalmente la meta. E’ sempre bello dopo una faticaccia simile giungere alla fine ed incontrare un paesaggio stupendo. Per concludere vorrei precisare che, certo il camminare a piedi rimane sempre un modo unico per essere a contatto con la natura ma vi assicuro che scoprire posti incontaminati, incontrare mucche che con i loro muggiti ti salutano in sella ad una bici, è una bellissima e piacevole emozione inspiegabile a parole che io ho il piacere di vivere ogni volta che “Lulù” mi invita ad uscire con lei.

P.S. – Lulù si è fatta il fidanzato, si chiama Fulmine, ma di lui vi parlerò forse, chissà, il prossimo anno…

Pierangela

30 Rocciamelone cinquant’anni dopo

Tra le varie gite del cinquantenario non poteva mancare la salita al Rocciamelone. Da quella gita, infatti, nacque la nostra sezione. Nacque in modo tragico a causa dell’incidente in cui perse la vita la nostra socia Angela Camerano. Per molti anni quell’escursione ha fatto parte del nostro programma. La gita è stata organizzata salendo da tre rifugi: il Tazzetti, il Ca D’Asti e lo Stellina. Già dieci anni fa si sarebbe dovuti salire da due rifugi Angela Camerano (Tazzetti e Stellina) ma allora le condizioni meteorologiche ci impedirono di farlo. Quest’anno è andata meglio, tutti i gruppi sono saliti in vetta. L’unica cosa che non è riuscita completamente è stata la contemporaneità di arrivo dei tre gruppi, ma è una cosa di poco conto; con alcuni soci, siamo saliti fino alla croce eretta in memoria di Angela e da li, con la bella giornata, si è potuto vedere la statua della Madonna con gli escursionisti che c’erano intorno. Nel salire da Malciaussia la mente è andata a quel 19 luglio 1959. Allora, per fare quella gita, si cominciò a parlarne fin da Marzo. Per noi era già un evento importante e per organizzarla ci volle un certo impegno; anche per i mezzi di trasporto, di auto ce n’erano solo due; pochi avevano lo zaino e la piccozza; di corde (anche se di canapa) nemmeno parlarne. Poiché si dovevano attraversare due canalini assai ripidi, le corde ci volevano e le trovammo ma quei canalini furono funesti per parecchi alpinisti e così anche per noi. Questi erano i tempi di allora! In questi cinquant’anni moltissimo è cambiato, non solo nella società, ma anche nel modo di andare in montagna, nell’abbigliamento, nell’attrezzatura, nell’alimenta- zione rendendo tutto più facile. Cinquant’anni sembrano ieri, ma non è così e non solo per la montagna; lo dimostra la strada percorsa dalla nostra sezione, per ciò che ha fatto e che continuerà a fare per il futuro; sperando di far tesoro del passato con lo stesso spirito che ci ha animato finora.

Giuseppe Tempo 31 Salita dal Tazzetti

Gita programmata a calendario e inclusa nelle manifestazioni del cinquantennale di vita sezionale con salita da tre diverse vie: - Rifugio Cà d’Asti – Rifugio Stellina – Rifugio Tazzetti -. Io scelgo quella che secondo me è la più classica e bella via: dal Rifugio Tazzetti. Inoltre ero curioso di vedere il cambiamento strutturale del rifugio; i miei ricordi si perdono al tempo dei Vulpot gestori. Fatti i soliti preparativi: rifugio prenotato-punto di ritrovo-numero dei partecipanti, il sabato 18/07/09 nel pomeriggio passo a raccogliere i componenti. Doro è il primo e lo trovo tutto carico come un giovanotto alle sue prime escursioni e per prima cosa memore della gita allo Chetif gli chiedo “hai gli scarponi?” , risposta “sono ai piedi così non li dimentico”. Tra me e me penso “Contento lui, due giorni con gli scarponi ai piedi!” Poi noto uno zainetto alquanto piccolo alle sue spalle e non indago oltre. Saliti in macchina apprendo che solo noi due facciamo parte della spedizione, gli altri due partecipanti forse vengono Doro, eterno giovanotto verso sera e si fermano a Malciaussia, non capisco bene il motivo, ma comunque si parte verso la valle. Strada facendo Doro assai loquace, mi racconta tanti spezzettoni della sua vita assai avventurosa, gli anni trascorsi a da giovane negoziante, poi militare sempre in lotta con orari di treni e corriere tra la caserma e la morosa, vicende di beghe tra paesi e anche tra borgate degne di ottime telenovele che vanno molto in televisione, l’arrivo in pianura con il lavoro e lo studio serale, il lavoro duro nelle fabbriche senza alcune protezioni ecc. ecc. Così chiacchierando in un attimo ci troviamo a Margone pronti ad affrontare l’ultimo tratto di strada assai stretto per Malciaussia. Doro mi ricorda che devo chiedere al gestore del rifugio Vulpot due posti letto ed eventuale cena o colazione per gli altri due ex componenti della spedizione, perché misteri della tecnologia, non riescono a contattarlo. Fatto il compitino, prendiamo per mano (si fa per dire) il sentiero per il rifugio e pian pianino o quasi ci avviamo. Lasciato il mondo civilizzato si va verso le mete alpine, alcuni

32 guadi un po’ gonfi “guadabili con stivali da pescatore” ci costringono a modifiche di sentiero un po’ su e un po’ giù, tutto nella norma in questo periodo; ormai il lago di Malciaussia è piccolo laggiù in valle e con mio stupore Doro è ancora chiacchierone e pimpante con un buon passo. Mi ricordo il Doro di alcuni anni addietro con baffi, pipa e bastone che girava sempre spensierato e donnaiolo per le montagne. Giunti al rifugio resto sorpreso sia per la costruzione totalmente cambiata dai miei ricordi giovanili, sia per la notizia dei festeggiamenti di 35 anni di gestione del C.A.I. di . Quindi cena particolare e, prenotando, pranzo speciale il giorno dopo. Altra sorpresa, vi ricordate lo zaino un po’ piccolo di Doro? Ebbene, mancava un po’ di abbigliamento per il cambio e qualcosa di pesante, ma alla fine abbiamo sistemato anche questo. Pienone al rifugio: diversi gruppi di alpinisti di Bergamo e chiacchierando si scopre che è da qualche giorno che girano su questa valle; allora perché non fare pubblicità del nostro rifugio? E’ qui a due passi, ospitalità, cucina, gite, ecc. ecc. Otteniamo la promessa di una visita l’anno venturo. Al mattino sveglia all’alba e colazione solitaria, perché la spedizione da quattro si è ridotta prima a due e poi a uno. Diciamo una gita sociale in solitaria. Comunque parto, tanto la compagnia si trova sentiero facendo; ci sono, infatti, i bergamaschi e alcuni componenti del C.A.I. di Chieri che in concomitanza con i festeggiamenti fanno una salita al Rocciamelone. La giornata è freschina ma bella limpida, la salita al famigerato Col di Resta (tratto famoso per numerose pietre rotolanti e luogo di disgrazie, tra cui la nostra socia Angela), si svolge in tranquillità: un velo di ghiaccio tiene il terreno unito. Dopo aver calzato i ramponi, a passo spedito su quello che rimane del ghiacciaio del Roccia, senza toglierli ho fatto l’ultimo pezzo verso la cima praticamente su terra e La Madonnina innevata ghiaietta tenute insieme da un velo sottile di ghiaccio. In punta la Madonna è cosparsa nella sua figura da sottili sbuffi di neve che le danno un tono invernale. In cima siamo pochi; ma alcuni metri più sotto dalla parte del rifugio Ca D’Asti una lunga fila di persone sta raggiungendo la vetta. Dopo aver ammirato il vasto panorama che offriva il posto e fatto alcune foto, ho notato che alcuni tenevano in mano un bicchiere con qualcosa di fumante e curiosando vedo una pentola con qualcosa di liquido che fuma, è the con offerta. Ne bevo un bicchiere il che non guasta; anche se c’è il sole l’aria è fresca. 33 Dopo alcuni minuti iniziano ad arrivare i componenti della spedizione dal rifugio Ca d’Asti. Saluti, alcune battute poi decido di scendere al Tazzetti. Magari sotto il Col di Resta trovo gli altri componenti della mia spedizione. Non appena scendo il primo tratto di ghiacciaio incontro, in salita, la terza spedizione dal Rifugio Stellina. Breve scambio di parole e s’aggregano con me in discesa Gigi e Diego già un pochino provato dalla salita. Dopo il Col Resta un po’ più d’attenzione per quel tratto famoso, il sole ha sciolto quel leggero strato di ghiaccio che univa il tutto e con cautela giungiamo al fondo; lieve deviazione dove è posta una croce in memoria della disgrazia avvenuta cinquant’anni fa a una nostra socia in quel tratto di sentiero. Proseguiamo la discesa verso il rifugio Tazzetti; se abbiamo fortuna magari troveremo qualcuno della spedizione di cui si è persa la traccia nella giornata. Infatti, oltre ai nostri, il rifugio si è ulteriormente popolato per la festa e, mentre si imbandiscono all’interno le tavole per il pranzo speciale, noi ci accomodiamo sul prato in pendenza davanti al rifugio in pieno sole per consumare il nostro pranzo e commentare la giornata. Poi siamo scesi verso il lago di Malciaussia un po’ a malincuore nel lasciare il posto e nel pensare che, almeno per me, domani sia giornata lavorativa.

Foto di gruppo al Rifugio Tazzetti

Giorgio

34 Salita da Ca D’Asti

Partiamo da Torino in tarda mattinata, dove passo a recuperare Beppe, Enrico ed Enzo con destinazione La Riposa, partenza per il Cà d’Asti da dove saliremo il giorno successivo al Rocciamelone. Da Torino ci dirigiamo verso Susa dove ci fermiamo a fare acquisti per il pranzo del giorno seguente. Da Susa risaliamo la strada che si inerpica ripidamente e che porta alla località di partenza, questo tratto di strada sembra eterno, oltre che per la pendenza anche perché è molto stretta e, nell’ultimo tratto, sterrata anche se il fondo è decente. Parcheggiata l’auto troviamo Sergio e Simona, che sentiti nei giorni precedenti anche loro pensavano di salire verso quell’ora. Ad accoglierci scesi dalla macchina troviamo oltre ad una bellissima giornata anche un vento gelido, che ci costringe a vestirci pesanti già in partenza. Partiamo per il sentiero che sale tra i pascoli, dopo poche centinaia di metri attraversata una dorsale si entra in una zona al riparo dal vento e già lì ci tocca spogliarsi, perché il calore del sole di luglio si fa sentire. Da qui il sentiero prosegue come una trincea scavata nella terra, un po’ per la quantità di gente che vi transita, un po’ per l’acqua che erode il terreno facendolo diventare in alcuni tratti una specie di letto del torrente. Da sotto il Rocciamelone si vede come una grossa dorsale con pendenza costante che sale dai pascoli di partenza e finisce con la punta rocciosa, passando per un enorme pendio detritico. Continuando la salita, sempre con pendenza sostenuta, il terreno diventa più roccioso e ricoperto da pietre instabili, fino a giungere al Cà d’Asti, dove ritorniamo a sentire soffiare il vento gelido della partenza, oltre gli altri del gruppo, infatti siamo in 12. Con l’arrivo del buio, la sera ci offre uno spettacolo stupendo su Torino e sulla Val Susa, guardando bene la città era così limpido che si riusciva a riconoscere le strade principali, però la temperatura era scesa ancora, infatti alle 9 il gestore invita a chi fosse intenzionato ad andarsi a lavare nei bagni, che sono esterni, di affrettarsi che a breve avrebbe chiuso l’acqua per evitare la rottura dei rubinetti a causa del gelo. Al mattino la giornata è splendida, anche se sempre fredda, iniziamo la salita che dal rifugio in poi è solamente detriti, infatti saliamo per un dedalo di tracce che 35 risalgono l’enorme pendio detritico che vedevamo da sotto, dovute alla molta gente che sale da questo versante e alle varie scorciatoie più o meno ripide. Su questo terreno, non bellissimo, raggiungiamo la Crocetta a poco più di 200 metri dalla vetta, da dove iniziamo a trovare tratti di neve gelata, da qui in poi il sentiero si stringe e risale una cengia che conduce sulle rocce finali e poi in vetta. Giunti in vetta troviamo Giorgio, che era già lì da un po’ ad aspettare, mentre del gruppo che doveva salire dallo Stellina non c’era ancora traccia, nell’attesa ci siamo confortati con i viveri e con il tè caldo gentilmente offerto dal gestore del Cà d’Asti che è anche lui salito in vetta a fornire bevande calde agli Il versante di salita escursionisti. Nell’attesa dell’arrivo dei dispersi del Colle di Novalesa, ci godiamo il panorama che ci offre questa bellissima giornata, infatti la temperatura bassa ha permesso di avere un cielo limpidissimo, cosa rara a Luglio, e di spaziare dal Monviso al Monte Bianco. Mentre dal versante di Susa continua ad arrivare gente, iniziano anche ad arrivare i nostri dallo Stellina, e finalmente riusciamo a fare la foto di rito in vetta. Dopo di che giù dalla stessa via di salita, guardando verso il basso si riesce a scorgere la macchina al parcheggio e il sentiero scende quasi in linea retta e sembra lunghissimo, iniziamo a scendere abbastanza velocemente, e grazie al calore del sole la neve inizia a sgelare, rendendo più agevole la discesa. Anche nel tratto di detriti l’aumento di temperatura ha dato dei risultati, ma in questo caso negativi, infatti il disgelo a reso il terreno ancora più friabile e bisogna stare attenti a non buttare giù pietre, anche perché il sentiero è ancora molto trafficato e c’è ancora tanta gente che sale. Comunque rapidamente arriviamo al rifugio e dopo una breve pausa ripartiamo per giungere alla macchina dove un sano e rigenerante pediluvio nella fontana ci attende.

Marco

36 Salita dallo Stellina

La salita al Rocciamelone dallo Stellina propone qualche difficoltà logistica in più rispetto ai percorsi dal Tazzetti e da Ca d'Asti. Lo Stellina è raggiungibile da Novalesa percorrendo la pista forestale Prapiano (1.800 m.) e quindi all'alpeggio Carolei (2.080 m.) oppure dalla pista Moncenisio-AlpeTour (2.126 m.) denominata "Sentiero dei 2000" che inizia dopo la dogana francese sulla strada nazionale del Moncenisio. In entrambi i casi il percorso, in parte su strada sterrata è di svariati chilometri. Entrambe le strade sono interdette al traffico privato ma per quella che sale da Novalesa, esiste la possibilità di contattare il municipio del paese e di richiedere il permesso di transito. Avendo la fortuna di avere disposizione un fuoristrada, decidiamo di perseguire questa via e ci attiviamo ottenendo la desiderata autorizzazione. Partiamo il sabato mattino in dodici, un buon numero per Rifugio Stellina una gita sociale, considerando che altrettanti saliranno dalle altre vallate. Una sosta a Novalesa per rimpinguare le provviste di qualche extra e ci incamminiamo. La strada è lunga più di 13 Km ed il mezzo di trasporto è uno solo per cui ci dividiamo e mentre un primo gruppo parte a piedi per il ripido sentiero che supera le balze che sovrastano Novalesa incrociando più volte lo sterrato, il secondo balza in vettura e parte ...senza sapere cosa lo aspetta. La strada è veramente stretta ed è una fortuna che sia chiusa al traffico, considerando che non ci sono protezioni laterali e a pochi centimetri dal bordo si staccano precipizi di decine di metri, incrociare un veicolo sarebbe un’avventura. Il raggio di curvatura del 'potente mezzo' è largo ed ogni tornante richiede una manovra con le dita incrociate sperando che freni ed autista sappiano fare il loro mestiere. Così è, e tutto procede bene; trasportato il primo gruppo all'alpeggio Giancarlo torna con la massima prudenza a recuperare il resto del gruppo. Ricomposta la comitiva ci si incammina per il sentiero che percorre il fianco erboso sino al Rifugio. In questo tratto il forte vento che ha soffiato tutta la notte precedente sradicando anche alberi a fondovalle, torna a farsi sentire con raffiche

37 che obbligano a mantenere la concentrazione per evitare di essere sbilanciati nella camminata. Arriviamo al rifugio sul tardi ma riusciamo a strappare al gestore un piatto di pasta 'molto' asciutta. Passiamo un pomerig- gio di relax con una passeggiata nei paraggi per visionare la parte iniziale del percorso di domani e per fare qualche foto; passa il tempo e si avvicina ora di cena, e sì, la montagna, la lotta con l'alpe ecc, ecc ma la panza... Sorgono i primi dubbi, nulla si muove nel rifugio, nessun prepara- tivo; alle sei il dubbio Il Passo di Novalesa ancora innevato diventa certezza: lo Stellina è custodito ma non offre servizio di alberghetto. Ah, …saperlo! Non dico sacrificare una piccozza per un salame ma qualche rimedio potevamo cercarlo. Il gestore (a questo punto è più appropriato chiamarlo 'custode’) riesce comunque a recuperare qualche busta di minestra liofilizzata per improvvisare un gradito minestrone e, spazzolando gli extra fortunatamente acquistati a Novalesa, riusciamo a sopravvivere dignitosamente. Ci leghiamo l'esperienza al dito e ci gustiamo comunque la serata in allegria. Al mattino partenza; siamo in nove, il percorso verso il passo di Novalesa si snoda su un pendio detritico solcato da ripidi canali ancora innevati. La presenza di neve rende l'ambiente più piacevole rispetto allo Sul Glacier du Rochemelon sfasciume che probabilmente ha caratterizzato gli scorsi anni ma obbliga in più punti all'uso dei ramponi. 38 Assicuriamo Diego, che con i suoi dieci anni è di gran lunga il più giovane del gruppo, e procediamo con attenzione raggiungendo il colle dopo circa tre ore. La vista dal Colle è notevole, il Glacier de Rochemelon arriva sino al pendio terminale e la conca che aveva contenuto il lago effimero è ben visibile. Ripartiamo seguendo un percorso quasi pianeggiante spostandoci sul ghiacciaio sino ad incrociare il percorso che sale dal Tazzetti. Qui' troviamo Giorgio che scende; era l'unico che ha concluso la salita in vetta partendo dal Tazzetti ma è stato troppo veloce ed è arrivato in punta troppo presto rispetto a noi. La temperatura in punta è molto bassa e dopo un’oretta abbondante di attesa ha deciso di scendere. Peccato, la foto di gruppo in vetta ne risentirà (...ma non è detto). Ancora uno sforzo sulla traccia che percorre su sfasciumi il ripido pendio della cresta ovest e siamo in vetta dove troviamo gli amici saliti da Ca d'Asti anche loro giunti nel frattempo. La temperatura si è alzata e adesso si sta veramente bene. Con calma ci piazziamo per la foto di gruppo e poi iniziamo la discesa. Alcuni di noi decidono di chiudere l'escursione in forma di traversata e scendono verso Ca d'Asti o verso il Tazzetti. Tutto fila liscio, la neve dei canali sottostanti il passo di Novalesa ha perso consistenza semplificando il percorso e quindi impieghiamo poco tempo a ritornare allo Stellina dove ci attendono gli amici. Raccogliamo armi e bagagli e scendiamo alla strada dove, visto che siamo solo più in nove, balziamo tutti a bordo del fuoristrada come veri talebani; incrociamo le dita e partiamo verso valle affrontando il tratto più impegnativo della gita.

Claudio

39 Rifugio Cibrario - impressioni

Le considerazioni di una new-entry Ho conosciuto il rifugio Cibrario lo scorso anno grazie alla mia amica Luigina che mi aveva invitata ad andarla a trovare durante la sua settimana di gestione. Siamo partiti, mio figlio Luca ed io con gli zaini affardellati e tanto entusiasmo... ma ben presto questo ha incominciato ad abbandonarci perché prima non riuscivamo a trovare il sentiero. Giusto poi ci siamo persi su una pietraia... il telefono non aveva campo... provavamo a chiamare Luigina a gran voce ma... niente... nessuno ci sentiva... Per fortuna al rifugio hanno intuito le nostre difficoltà e Luigina ed alcuni baldi giovani (Giovanni, Carlo e Bruno) sono venuti a recuperarci... Luca è corso via con loro scordandosi le difficoltà e io ... cercando di non esalare l'ultimo respiro, incoraggiata dall'amica che mi raccontava cose interessanti sulle caratteristiche della flora locale, ce l'ho fatta e ….é stato amore a prima vista ... il grazioso rifugio in quella splendida conca mi ha ripagato delle fatiche e ha riacceso il mio entusiasmo!!! Al termine della breve vacanza mi è rimasto un desiderio: partecipare anch'io ad una settimana di gestione. Mi sono riscritta al CAI, non più, come da ragazza, alla sezione di ma a quella di Leinì e poi... ”per favore presidente... ci terrei proprio... però vorrei andarci con Luigina... sa io non l'ho mai fatto e non conosco nessuno... e sì lo so che il gruppo diventa un po' numeroso però... ci tengo tanto, ecc ecc” e come deludere l'entusiasmo di una neofita, diciamo cosi, `tenace`? All'inizio ero un po' disorientata... oltre a Luigina non conoscevo nessuno...non sapevo bene cosa fare... allora ho fatto appello alle mie capacità di massaia e mi sono dedicata ai lavori di pulizia che mi sentivo sicura di saper fare ... ma poi più cresceva la confidenza con gli altri componenti del gruppo più. Mi sono lanciata e vai... servizio ai tavoli, accoglienza clienti, traduzioni simultanee per quelli francesi collaborazioni in cucina...

40 …ma non c'è stato solo il lavoro... ho conosciuto nuove persone... insieme abbiamo vissuto in un ambiente naturale bellissimo... cantato ... condiviso momenti di convivialità (chi si dimentica la bagna càuda e il cimiciuri?)... passeggiato. E ammirato al tramonto le file di stambecchi che attraversavano le valanghe per venire da noi a mangiare il sale che i gestori non mancavano mai di mettere... Al di là dell'esperienza personale, penso che gestire un rifugio col lavoro volontario dei soci rappresenti non solo un'occasione unica per favorire l'aggregazione dei soci stessi ma costituisca, in una società dove prevale il tornaconto personale un esempio positivo soprattutto per i più giovani che possono collaborare, esprimersi e sentirsi utili in un ambiente sano e protetto. Un affettuoso grazie a tutti gli amici del gruppo FROLA con la speranza di poter rivivere questa bella esperienza l'anno prossimo.

Rossella e Luca

La nostra prima volta al rifugio Sabato 5 settembre siamo partiti per fare una gita al Rifugio Cibrario, mamma, papà, Carolina di cinque anni e Francesco di sette; insieme a noi sono venuti una coppia di amici, anche loro con i figli, Simone di cinque anni e Jacopo di due nello zaino in spalla a papà. Era la prima volta che noi ci recavamo al rifugio, mentre per i nostri amici era una gita già fatta, quando ancora non avevano bimbi. La giornata era soleggiata e, con i nostri ritmi, abbiamo iniziato la salita fermandoci alla fontana della Lera per fare uno spuntino. Dopo circa un’ora siamo ripartiti e, non senza fatica, abbiamo raggiunto il rifugio verso le 17. Il sole stava per tramontare e la temperatura si era abbassata drasticamente. All’interno del rifugio ci ha accolto gentilmente il sig. Tempo presentandoci come gli amici di Ugo e Rosy (conosciuti su una barchetta in mezzo al mare al largo di Pantelleria otto anni fa). Abbiamo aspettato la cena godendoci il bel tramonto e ascoltando le numerose esperienze di altri ospiti del rifugio; per esempio sulle tempistiche nel raggiungere il rifugio Cibrario, una signora ci ha raccontato di essere arrivata lassù in sole due ore e trenta minuti contro le nostre cinque ore e mezza. Dopo cena subito a letto e al mattino, alzati presto, abbiamo visto alzarsi le nuvole dalla valle sottostante sino ad avvolgere il rifugio. Durante la discesa, dopo aver superato il ponticello, siamo usciti dalle nuvole per continuare il cammino sotto il sole sino ad arrivare ad Usseglio dopo tre ore e mezza di discesa. L’esperienza è stata senz’altro entusiasmante e da ripetere. Un grazie sentito a tutti i volontari del C.A.I. di Leinì per l’ospitalità’ e la cortesia.

Federico e Gabriella 41 In ricordo di Sergio

Anche quest’anno la nostra sezione piange la scomparsa in montagna di un amico. Lo scorso anno Masino, adesso Sergio… Con altri amici del Fornacino, era nostro socio da molti anni e spesso si andava in montagna assieme. Il suo amore per i monti lo spingeva a fare escursioni anche da solo, sia in estate che in inverno, e Sergio amava in modo particolare le passeggiate con le ciaspole in località poco frequentate, lontano dal rumore e dalla confusione, per vivere un rapporto del tutto personale con la natura e cogliere quelle sensazioni profonde che solo la montagna sa offrire. Ma anche un ambiente così sereno ha i suoi pericoli e Sergio ne era consapevole. “Se devo morire, vorrei morire in montagna”. A volte, il destino… Durante una gita con le ciaspole sopra Chiaves, verso i laghi di Monastero, è stato tradito da una cornice di neve che ha ceduto trascinandolo per oltre cento metri. Il suo desiderio è stato esaudito, ma lo sgomento ed il dolore della sua famiglia e dei suoi amici sono indicibili. Di Sergio conserviamo l’immagine di un uomo allegro, dedito alla famiglia ed al lavoro, sempre generoso con tutti.

E’ così che lo vogliamo ricordare.

42 Quel rampone maledetto!!!

Dopo secoli di indecisione, quest’anno ad aprile mi sono iscritto al corso di Alpinismo su ghiaccio, che per motivi logistici ho svolto con il CAI di Chivasso. La penultima uscita, era forse quella più attesa da tutti, (o almeno da me) due giorni nel gruppo del Gran Paradiso con la possibilità di salire il “Grampa” o altre punte come il Ciarforon, la Becca di Monciar o Tresenta (le destinazioni sarebbero state decise dagli istruttori il sabato sera). Finalmente giunse quel fatidico sabato mattina con ritrovo al casello di San Giorgio, arrivano anche gli ultimi ritardatari, Rifugio Vittorio Emanuele partiamo. Dopo la tappa con colazione all’autogrill risaliamo tutta la Valgrisenche arrivando al già affollato parcheggio di Pont, punto di partenza per chi vuole salire il Gran Paradiso o semplicemente arrivare al rifugio Vittorio Emanuele. Gli scarponi sono ai piedi, gli zaini carichi di materiale sono in spalla e il bel tempo ci dà ottime speranze, possiamo partire per l’avventura! Dopo aver percorso un agile sentiero che attraversa prima il bosco e poi, più o meno, dolci pendii rocciosi, in poco più di due ore raggiungiamo il rifugio. Al nostro arrivo già molta gente affolla il Vittorio Emanuele, chi sparpagliato sulle pietre che lo circondano a godersi il bel sole della giornata e chi a recuperare le forze al coperto. Dopo una buona merenda, facciamo un breve ma intenso ripasso delle varie manovre di corda e

Becca di Monciair preparazione del materiale per l’indomani. L’ora di cena s’avvicina e il tempo sembra proprio voler cambiare… in peggio! Che ne sarà della nostra scalata di domani? Adesso non preoccupiamoci, è ora di cena.

43 Nonostante le aspettative non ottime ci è stata servita una buona cena composta da primo, secondo e contorno, frutta dolce e tanto buon vino rosso, seguito poi dall’immancabile caffè con annesso “pusacafe”. Visto il brutto tempo che imperversava, gli istruttori ci annunciano le decisioni per le salite : primo gruppo “Grampa”, secondo gruppo (il

mio) Becca di Monciair. Si è fatto buio ormai e dalla stanzetta si sente il vento soffiare sempre più, ma bisogna mettersi in branda, cercare di dormire un po’ e sperare nella buona sorte. Al mattino, quando la sveglia iniziò a suonare, fu un vero e proprio trauma vuoi che fossero le 3.30, vuoi che la sera prima s’era fatta un po’ di baldoria, ma in pochi attimi tutti eravamo in piedi a guardare dalla piccola finestrella del rifugio il tempo e con grande stupore ammirammo uno spettacolo del tutto inatteso. La perturbazione della notte aveva ricoperto tutte le pietre con una bella spanna di neve, ma Io con la crestina sullo sfondo il cielo ora stellato e fresco, quindi, abbondante foto: Alessio "Il mio istruttore" colazione e via e si parte. Dopo un’oretta di marcia decidiamo di proseguire in conserva per una maggiore sicurezza e solo più tardi, quando ci avviciniamo alla parte più ripida del pendio, calziamo i ramponi, e li iniziò la tragedia! Fino a quel momento la salita era stata ottima, io ero in ottima forma il tempo fantastico ma qualcosa nell’aria stava cambiando, infilo il rampone destro, mi giro prendo l’altro, l’appoggio a terra e mentre lo aggancio allo scarpone noooooo!!!!!!! La talloniera mi tradisce e si rompe. Sono attimi difficili, rimango con il pezzo maledetto in mano a imprecare e dire: “E Vista mozzafiato dalla vetta adesso che si fa?” Poi una lampadina mi si accende, nello zaino ho una fettuccia che mi avanza, dopo vari tentativi e dopo aver perso un paio di volte entrambi i ramponi ci avviciniamo alla parte più interessante della salita composta dall’attraversamento della cresta nord-est che 44 porta allo splendido Gendarme, trovandosi sull’ultimo pendio non troppo ripido, che conduce, con ultimo sforzo, in vetta. Nonostante la disavventura, con un po’ di fatica, la punta è stata raggiunta con molta soddisfazione e stupore per la splendida vista. Dopo le consuete foto e strette di mano, arriva purtroppo anche il momento di scendere e là, a valle, ad attenderci c’è ancora la prova più ardua… LA PIOLA

Luca Genovese

Gent dla Montagna

Forse ancura ancheuj…’nt le seire dautunn al temp dle piovere, del freid e d’le bise, ‘nt le povre bòrgia sperdue, lontane a val dle montagne, la gent as raduna ‘nt el tebi dle stale.

As la cuntu dle feje. Dij pra e dle crave…del temp cha le staie : a parlo ‘d pastura, del fen cha sè fasse, dl aliam e dla feuia, del bur e dle tume, dle cose ch’as cumpru ‘nt fera ch’ai ven.

Cugià le marane ‘s na rivu le fumne cun fer e cruchèt; travaju a fè maja, queich volta a descuru, magara a desbelo a cuntu le maje e antan le maraie ‘nt ij let fait con le feuie a deurmu tranquille sugnand duman ch’a lè giurnà ‘d festa.

Quaich cita surpreisa jè sempre ch’a riva… duntrè caramele, ‘na qualche desmura’na cosa da gnente per vedde contente ‘ste povre masnà. Rivà ‘l di dla fera as parla ‘d previste.

Pan fresch e turcèt, cafè dla sicoria, ‘l tabach per la pipa, lumin e candele e l’on ch’a jè bisogn an burgià.

Catè da vestise: le braie ed fustagn- le causse per Giacu, la rista, la teila,’l trincet per el Grando e mai pì finì.

Nt le lunghe seire d’invern la gent dla montagna as raduna ‘nt le stale; vin neuv e castagne, ‘na scuela ‘d picheta e a tacu a descure, peui sona desure arbat el ciuchè… l’è lora ‘d cugesse… duman jè da fè.

45 Mont Chetif

Spesso arrivando a Courmayeur ho notato sulla destra orografica della Dora un monte con forma assai aguzza che sovrasta la cittadina: il Mont Chetif. Quest’anno è stato inserito nelle gite sociali dal gruppo anziani della sezione, quindi, dopo un primo rinvio per cause nevose, domenica 7 giugno ci troviamo a Leinì in piazza 1° Maggio. Il numero di convenuti è assai alto e la media anagrafica anche. Fatti i soliti trasbordi di zaini scarponcini ecc. da macchina a macchina si parte; destinazione piazzale di Courmayeur. Durante il percorso breve sosta per recuperare un componente della valle. Con l’arrivo a Courmayeur una colazioncina ci stava tutta, anche perché il tempo non era proprio dei migliori. Dopo esserci rifocillati, ci avviamo tutti a Dolonne pronti come da programma a dividersi in due gruppi. Lì giunti scopriamo che Doro non ha gli scarponcini ma solo scarpe da città che si fa? Si fa che il gruppo più pimpante parte per il sentiero semi attrezzato e più diretto alla cima, mentre l’altro gruppo con Doro sale in macchina e percorre un pezzo della Val Veny fin quasi alla località “il Prato”, con l’accordo che I ‘pimpanti’ che arrancano ci saremmo ritrovati tutti insieme in cima. Noi i pimpanti, arranchiamo su un sentiero assai ripido e a tratti attrezzato con cavi e gradini più o meno sicuri; la gita è stata reclamizzata come miglior punto panoramico su tutto il gruppo del Monte Bianco, ma più passa il tempo più le nebbie e le nubi avvolgono il tutto in un’atmosfera minacciosa di tempesta. Comunque incuranti di questo particolare (si fa per dire), continuiamo a salire. Dopo l’uscita dalla pineta e un lungo traverso, ci troviamo ad affrontare un bel pezzo di sentiero molto ripido dove uno è autorizzato a pensare chi me lo fa fare e subito dopo incrociamo il sentiero che seguendo il crinale ci porterà alla statua della madonna che si trova in vetta. La meta sembra vicina ma non è così. Ci siamo incrociati con il secondo gruppo che salendo dalla parte più corta stava già scendendo, uno scambio di battute e appuntamento più sotto per il pranzo di rito. Giunti alla cima nulla è cambiato e il famoso panorama sul Bianco continua ad essere avvolto dalla nebbia mentre il cielo è sempre più nero. Rientriamo per

46 l’appuntamento e scopriamo che Doro è giunto fino alla vetta con quelle scarpe, come abbia fatto non si sa. Naturalmente appena si azzanna qualcosa di commestibile cosa succede? “Che le nubi nere ci inviano folate di vento gelido con contorno di neve”. E allora zaini in spalla e giù verso le piste di sci dove altri componenti del gruppo ci aspettano. Comunque facendo questo sentiero mi chiedo come abbia fatto a salirlo Doro: è già balordo con gli scarponcini. Quando tutto il gruppo si è riunito il tempo è diventato un po’ clemente ed è cessato il vento gelido, ma del bel panorama neanche l’ombra. Ripartiamo per arrivare alle macchine del secondo gruppo e stringendosi un po’ riusciamo a salirci tutti. Poi altra sosta al parcheggio di Dolonne per recuperare il resto delle macchine, breve sosta al bar del mattino e poi via verso casa con in testa il bel panorama non visto ma immaginato.

Giorgio

Ann Neuv

Ann neuv, t’ ën pòrte an cheur tanta speranssa, speranssa e gòi ëd vëdde finalment la gent guardesse ‘nt j’euj con sentiment e vive ant ël rispét e ant la fradlanssa.

L’Ann vej, sarà mach pì ‘na ricordanssa: tròpi maleur… avar con nòstra gent, Tere inondà ‘d la fùria ‘d j’element ant ij Pais già priv d’ògni sostanssa.

Ann neuv, guarduma a ti con simpatìa; nen mach për la conquista d’un pianeta o për trové ‘d guarì ‘na maladìa,

ma për un’esistenssa pì discreta, për un avnì sicur d’ògni famija e për la pas che tut ël mond a speta.

47 Lyskamm Occidentale

Sabato 4 luglio; dopo molte telefonate tra di noi, consultazioni di guide alpinistiche e ricerca di relazioni di salita un po’ ovunque, siamo finalmente a Gressoney, tutti fermamente convinti di tentare la salita. Non è tanto la fama di “ mangiatrice d’uomini “ del Lyskamm a preoccuparci quanto il fatto che nessuno di noi è al momento particolarmente allenato per un quattromila, poche gite nelle gambe e nessuna in quota da parecchio, ci accomuna in compenso la convinzione che pian piano, step by step, si può arrivare ovunque e, laddove le gambe non bastassero subentrerà la voglia di riuscire. Sono passati ormai una ventina di anni da un primo tentativo, fallito all’epoca sia a luglio che a settembre per le avverse condizioni meteo; quest’anno le condizioni della montagna si preannunciano ottimali ed anche il meteo risulta incoraggiante. Siamo in otto di buon’ora a prendere gli impianti per il Colle della Bettaforca, le previsioni danno una mattinata soleggiata ma a seguire un pomeriggio “ movimentato “ e preferiamo non rischiare. La ci aspettano Gianluca, che ci assisterà e guiderà nella salita, Ivana e Beppe che ci ha anticipato di un giorno per acclimatarsi meglio. Iniziamo a pestare neve già dopo pochi minuti dal colle, a testimonianza di un inverno davvero eccezionale a cui non eravamo più abituati. Arriviamo con calma al Quintino dove ci sistemiamo e passiamo il pomeriggio un po’ a sonnecchiare e un po’ a verificare l’attrezzatura mentre fuori come da programma vento, grandine e nevischio la fanno da padroni. La perturbazione cessa poco prima di cena lasciando il posto ad un tramonto foriero di belle speranze per

48 l’indomani, cullate anche dall’iniezione di fiducia dataci da Gianluca dopo le spiegazioni relative al percorso. Domenica h.4,30: sveglia! Col senno di poi scopriremo che una delle cose più difficili della gita è stato il riuscire a fare colazione perché anche quelli che vanno al Castore si sono alzati presto e, se la sera precedente abbiamo mangiato in tre turni, è stato complicato “colazionarci“ tutti in un’unica soluzione!! Finalmente riusciamo a partire, l’aria è un po’ pesante e una sottile coltre di nubi avvolge la montagna ma, fortunatamente basta la prima brezza dell’alba a dissipare tutto e a presentare tutto il rosa nel suo abito migliore. La salita al colle Felik ricorda una processione, siamo tutti più o meno ordinatamente in fila come tante formichine piccozzate; manca purtroppo all’appello Beppe, un lieve malessere lo ha costretto a rimanere a letto privandolo della possibilità di tentare la vetta. A la prochaine past-president!! Il sole ci saluta poco prima del Colle Felik, dove il grosso delle cordate piega a sinistra per il Castore; davanti a noi tre cordate ci precedono verso il Lyskamm, non siamo veloci ma sicuramente molto motivati e molto uniti nel voler riuscire ad arrivare tutti in cima, cosa che ci ripetiamo ogni volta che uno di noi ha qualche piccolo cedimento. Sempre sotto l’occhio vigile di Gianluca percorriamo l’esile e “ adrenalinica “ crestina che adduce al ripido pendio di circa 45° che porta alla cresta di vetta orlata da belle cornici; l’aria è sottile, ci mancava un po’ a tutti da tanto questa sensazione, ma la giornata a dir poco strepitosa ci consente anche di rifiatare senza l’assillo del cronometro. h.10,30: è fatta!!!!

49 Siamo in cima, tutti, quasi increduli ma estremamente felici, per noi stessi e per i compagni di cordata, strette di mano e abbracci sono sinceri e sentiti come poche altre volte. Ci concediamo qualche minuto di relax sospesi su questa nuvola di neve e ghiaccio, sotto di noi la mitica nord si intuisce soltanto ma già così….!! Scendiamo, non è finita, bisogna restare concentrati, ci rilassiamo al Colle Felik e volgiamo un ultimo sguardo mentre le prime avanguardie della nebbia pomeridiana opacizzano i contorni, preludio di un rientro avvolto in un completo grigiore. Beppe ci viene incontro a pochi minuti dal rifugio, è contento per noi e perché il 50ennale della sezione è stato celebrato in modo degno. Il resto è routine, si scende un passo dopo l’altro, la stanchezza si fa sentire ma l’adrenalina è ancora alta, negli occhi e nel cuore c’è il sogno realizzato, un sogno che si chiama Lyskamm occidentale che sarà per sempre dentro di noi. Un grazie di cuore a Gianluca e un saluto a Ivana.

Sergio

Foto di gruppo in vetta

50

Punta Marguareis

Allora in definitiva quanti siamo? 5, 6 …. no ahimè “i soma mach an tre”! Va bene uguale, la meta è interessante e quindi andiamo comunque. Giorgio, Marco e Stefano partono alla volta di Chiusa Pesio (in Valle Pesio) zona, almeno per me, poco conosciuta. In metà mattinata siamo già arrivati in valle, attrezzandoci per la partenza nella località Piano delle Gorre (m. 1032) dove, dopo un veloce pranzo al sacco ed un ristoratore caffè, presso l’omonimo rifugio, zaino in spalla si parte. La meta della giornata è il Rifugio Piero Garelli (m. 1965) dove ci attendono per la cena. Il percorso è molto suggestivo ed il sentiero in ottimo stato di manutenzione. In poche ore lo intravediamo e siamo accolti da un simpatico gestore che prontamente ci mette a disposizione la cameretta per dove pernottare. Il tempo si presenta splendido, e visto che Rifugio Garelli - sullo sfondo il Marguareis l’ora di cena era ancora lontana abbiamo deciso per sgranchirci un po’ le gambe e di andare a “gozzovigliare” per il giardino roccioso botanico prossimo al piano del rifugio. Anche questo dichiara un attento lavoro per la sua realizzazione e cura e, ad oggi, conserva ancora il suo aspetto formale….peccato che fosse tarda stagione e quindi che per molte essenze e specie floreali fosse già passato il tempo di massimo splendore e fioritura. La luminosità esterna si affievolisce e siamo richiamati da quella artificiale interna della grande manica vetrata del rifugio….nonché francamente dal profumo che fuoriesce dalla cucina per la preparazione della cena. Il rifugio sembra essere al gran completo, almeno nel refettorio, perché noi nella camerata da otto letti siamo solo in quattro. La cena è ottima ed abbondante, finita la quale la “truppa” esce per scrutare il cielo e capire se le nefaste previsioni per il giorno seguente potessero trovare riscontro. Il cielo, in effetti, era velato ma le nostre aspettative erano alte! Alle 6.30 sveglia e ahimè una conferma….la visibilità era un po’ scarsina. Quindi che fare?!? Ovvio mi pare. Per noi tre baldi temerari le intenzioni erano chiare: si prosegue per la meta, come da programma…. Cioè la Punta Marguareis (m. 2651).

51 Il percorso non è stato complesso e abbiamo deciso di intraprendere l’ascensione dal canalino della “via dei Torinesi” che in alcuni tratti risultava essere ancora debolmente innevato ma che, con l’aiuto delle corde fisse, non ha richiesto l’utilizzo dei ramponi. Passato il canalino la presenza di banchi di nebbia ci ha reso di non immediato e facile imbocco il sentiero verso la vetta, forse perché ci eravamo spostatati dal sentiero principale o forse perché semplicemente poco segnalato in quel punto….ma la nebbia non ci ha aiutato a dare una risposta a tale dubbio. Visibilità ancora poca ma, quando meno ce lo aspettavamo, controllando spesso l’altimetro, ci siamo “scontrati” con Sulla vetta l’imponente croce metallica della punta. Piccolo ristoro, foto di rito e due brevi righe di memoria nel registro lì conservato nonché un po’ d’amarezza nell’impossibilità di godere del panorama, che sicuramente doveva essere splendido e suggestivo. Si decide si scendere e, seppur la nebbia ci tenesse ancora compagnia, abbiamo voluto evitare di tornare sui nostri passi utilizzando altro sentiero per scendere, passando in altra valle con meta….speriamo il Rifugio Don Barbera (m. 2079). Il sentiero è ben segnalato e nella discesa abbiamo incrociato colleghi del CAI del VCO che la sera prima avevano pernottato con noi al rifugio e che avevano deciso di arrivare in punta percorrendo altra via. Con nostro stupore, oramai in prossimità del nuovo rifugio abbiamo alzato lo sguardo verso la Rifugio Don Barbera vetta e lì, priva di nuvole, ed illuminata da uno splendido sole scintillante si ergeva la croce della Punta Marguareis…bella e di un vivo color arancione….noi in compenso eravamo neri dalla rabbia!! I nostri colleghi sono stati più fortunati!! Ma le cose vanno prese un po’ come capitano e quindi…. “vorrà dire che ci torneremo un altra volta!!”.

52 Il Rifugio Don Barbera, quello di recente costruzione, si presenta confortevole ed è direttamente raggiungibile con una strada che in parte risulta essere asfaltata ed in parte sterrata. Decidiamo di percorrerla per riallacciarci su un altro sentiero che avesse come meta quello di riportarci all’area di partenza del giorno prima. La giornata si era definitivamente aperta ed il tempo era splendido. Il percorso di ritorno è stato abbastanza lungo ed articolato e ci ha permesso di apprezzare nuovi scenari e versanti. Siamo passati dal Passo Scarason, e attraverso la conca delle Carsene siamo arrivati al Passo del Duca, dove abbiamo fatto un breve spuntino ristoratore, per poi scendere al Il Marguareis dal Colle Scarason Gias degli Arpi (m. 1435) e alle Cascate del Saut (m. 1185) dove a breve ci siamo nuovamente ricollegati al sentiero intrapreso il giorno prima. Che dire, il ritorno è stato abbastanza lungo, forse perché “in fuori programma”, ma la gita direi che è andata a gonfie vele. La pioggia non si è fatta vedere e poi….la birra finale prima di salire in auto e partire per il ritorno, è stata ristoratrice! La zona ed i Rifugio del Pian delle Gorre è giusto segnalarlo per coloro che vogliano fare una gita fuori porta molto, molto tranquilla con l’obiettivo magari di una bella grigliata o castagnata, considerando che, l’area è molto curata ed attrezzata per lo scopo.

Stefano

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Scuola Ribaldone - Ricordi di un allievo

Quest’anno ho deciso di cimentarmi nuovamente in un corso di alpinismo, per rispolverare un po’ le esperienze maturate durante un analogo corso fatto una decina di anni fa e per capire se le mie esperienze escursionistico - alpinistiche successive fossero guidate da manovre, pratiche ed impostazioni corrette e non troppo basate su ricordi o peggio ancora sul “fai da te”. L’occasione era anche quella di rispolverare ulteriormente, soprattutto dal punto di vista “accademico”, tutte le Preparazione di sosta su ghiaccio nozioni per praticare un corretto, rispettoso e prudente avvicinamento alla montagna, comprendendo le insidie dell’ambiente e il limite delle capacità della persona. Al corso hanno partecipato una quindicina di allievi, alcuni già abbastanza esperti altri più principianti ma tutti spinti da una grande voglia di cimentarsi in nuove avventure. Io e Fabrizio abbiamo rappresentato al corso la quota allievi per la sezione del CAI di Leinì, oltre naturalmente al nostro mitico istruttore compaesano Piero….ma lui essendo “ël professor” non fa testo. Il calendario della stagione ha previsto sei uscite, delle quali tre su roccia e tre su ghiacciaio, con relative serate teorico-didattiche mirate` ed a tema. Le lezioni teoriche sono state molto interessanti e ci hanno permesso di “ripassare” e meglio riflettere sulle metodologie e sulle buone pratiche alpinistiche, di imparare Avvicinamento all'Aiguille du Tour 54 cose nuove e non per ultimo di rinfrescarmi la mente sui benedetti tipi differenti di nodi (altro che barcaiolo……i miei ricordi erano fermi al “boscaiolo”….detto tutto!). Le uscite che maggiormente mi hanno entusiasmato sono state quelle su ghiacciaio, tutte prevalentemente caratterizzate, per fortuna, da belle giornate. In ordine sono state: Glacier Blanc (Oisan) in maggio, Aiguille du Tour (Argentiere) in giugno e Becca di Montandaynè (Gran Paradiso) in luglio. Mentre la prima uscita ha costituito prevalentemente un avvicinamento al ghiacciaio mettendo in pratica, in loco, le diverse metodologie di progressione, di sosta, di recupero e di sicura, le altre due gite, ci hanno portato con molta soddisfazione a raggiungere vette e cime. Queste ultime sono state uscite della durata di interi week-end destinando al Cordate sulla Becca di Montandaynè sabato la giornata per l’avvicinamento ed alla domenica quella per l’ascensione vera e propria. L’uscita dell’Aiguille du Tour, con pernotto nel Refuge d’été Albert 1er, è andata molto bene. Attraverso, chi la via normale e chi un canalino, abbiamo raggiunto la vetta e con immensa soddisfazione abbiamo ammirato il panorama circostante. La cima, trafficatissima, era un via vai di alpinisti, a tal punto che necessitava la presenza di un vigile urbano per gestire il flusso di salita e di discesa. Tra noi allievi del corso una triste constatazione: in Francia, e soprattutto le ragazze francesi, praticano molto più alpinismo che da noi (basti il dato che nel nostro corso avevamo solo due donne che per altro in quell’uscita non c’erano). L’altra uscita, quella finale del corso, è stata alla Becca di Montandaynè, con pernotto nel Rifugio Federico Chabod partendo dalla nota località nei pressi di Pont Valsavarenche. Da programma teorico-didattico, l’uscita aveva come obiettivo la messa in pratica di alcuni elementi tra cui l’individuazione del punto di attacco al percorso, la progressione in cordata, l’uso dei chiodi da ghiaccio per le protezioni, l’utilizzo di ancoraggi naturali, la preparazione di soste ed ancoraggi per discesa in corda doppia nonché l’individuazione del percorso per il ritorno. Ed è stato proprio il ritorno ad aver maggiormente impegnato l’allegra combriccola. La sveglia è stata, come è giusto che sia, di prima mattina ed il tempo è stato stabile con temperature abbastanza rigide (questo sempre per il 55 sottoscritto). Si era ipotizzato di salire attraverso un canalino (salita via versante nord-ovest) e di scendere poi dalla vetta percorrendo la normale. Ma noi, che eravamo (e siamo!) uomini duri, un po’ per “curiosità” ed un po’ per piccoli intoppi del momento, abbiamo deciso di optare per andare ad esplorare il meraviglioso mondo del Ghiacciaio della Tribolazione. Già il nome vi fa immaginare cosa ci avrebbe atteso per il resto delle ore successive. Il motto era scendere da lì, quindi armiamoci e partiamo. Vai di qualche doppia, vai di qualche discesa su seraccate lucide come vetro, vai di lezioni sul campo di come individuare tracce e sentieri, interpretando cartografie non sempre aggiornatis- sime. Finalmente scendi che ti scendi abbiamo intravisto la parvenza di un sentiero….o meglio di una traccia per lo più battuta da stambecchi e camosci, ma a quel punto era già grazia ricevuta. Quindi poco per volta, piano pianino, scendi che ti scendi, lasciamo il nevaio, lasciamo alle spalle anche il sentiero per finire

gli ultimi chilometri con una Discesa tra i muri del Ghiacciaio della Tribolazione strada sterrata approdando finalmente al mitico fondo valle, dove sembra ci fossero tracce di civiltà. L’ora era oramai tarda ed incominciava ad imbrunire, la valle invece completamente nuova, era la Valnontey! Altro che teoria e teoria, con una giornata come questa la pratica ti entra per forza! Anche in quell’occasione birra e panino, consumati nel bar locale, hanno ristabilito gli equilibri….nell’attesa che arrivassero le auto che qualche collega più agile e veloce era andato a recuperare dove le avevamo lasciate il giorno prima, ……nella “valle parallela”. Ricordi belli che ti aiutano a fare tesoro ed esperienza sull’imprevedibilità in montagna e sulla necessità di avere sempre scarponi molto comodi ai piedi e che sappiano accompagnarti anche per ben 15 ore di cammino senza “effetti collaterali”……l’unghia nera dell’alluce ancora tutt’oggi me lo ricorda! L’occasione e gradita per salutare e ringraziare tutto l’organico degli istruttori della scuola intersezionale di alpinismo G. Ribaldone, per il lavoro svolto e la loro dedizione che si protrae negli anni, che fa della scuola un’importante, seria e professionale realtà nel panorama formativo alpinistico.

Stefano

56 Monte Rosa - Punta Gnifetti – Capanna Margherita

Una lodevole meta per gli allievi delle scuole di alpinismo “C. BARBERO” E “G. RIBALDONE” Sul Monte Rosa con un gruppo di amici appartenenti al CAI di Asti per festeggiare e brindare ad alta quota …. con una bottiglia magnum di 5 litri di spumante……il cinquantennale di fondazione della nostra sezione. I pretesti per gustare in compagnia un buon vino, si sa, sono sempre tanti, ma quando il vino è speciale allora anche il luogo e il motivo per brindare non possono essere da meno. In vetta a Punta Gnifetti Riguardo al luogo non siamo certo andati per il sottile: la cima doveva essere di tutto rispetto e la Punta Gnifetti ci sembrava una degna meta. La ragione del brindisi era duplice: festeggiare in amicizia la chiusura di un percorso di formazione alpinistica condotto presso la Scuola. “C. Barbero” di Asti e condividere con gli amici del CAI di Leinì (Marco, il giovanissimo vice-presidente e Stefano allievo del corso della Scuola intersezionale di Alpinismo “G. Ribaldone”, nonché amico e compagno di Università), in un gemellaggio un po’ improvvisato, il cinquantennale di fondazione della loro sezione. I nostri cammini si erano già incrociati a maggio, durante la prima uscita dei rispettivi corsi di alpinismo, alla Rocca di Lities (TO), e ora, in una domenica di fine agosto, ci riconducevano insieme alla Capanna Margherita. Naturalmente per la maggior parte di noi era la “prima volta” sul Monte Rosa, ma potevamo contare su due accompagnatori di tutto rispetto: Piercarlo, istruttore sezionale della Scuola di Alpinismo di Asti e Marco, che Capanna Margherita nel corso del week-end ha avuto modo di 57 raccontarci le sue numerose e interessanti esperienze montane in Italia e all’estero. Da buoni e provetti alpinisti abbiamo chiuso la salita in quattro ore circa: l’ascesa è stata certamente faticosa perché il primo tratto, dal Rifugio Città di Mantova, dove abbiamo pernottato, al Colle del Lys, non concede pause né ammette distrazioni, dal momento che la traccia attraversa diversi crepacci, taluni anche piuttosto ampi. Giunti al colle, la vista della Capanna Margherita ha ridato a tutti un po’ di carica ed entusiasmo per proseguire la marcia in uno scenario di importanti 4000: sulla destra avevamo appena lasciato la Piramide Vincent (m. 4215), il Balmenhorn con la statua del Cristo delle Vette, il Corno Nero (m. 4322), la Punta Parrot (m. 4436); a sinistra la vista spaziava sulla vertiginosa cresta del Lyskamm orientale (m. 4527) con la superba parete nord, e appena dietro il Cervino (m. 4478), il Monte Bianco (m. 4810) mentre di fronte avevamo Punta Dufour (m. 4634) la vetta più alta del gruppo del Rosa e Punta Zumstein (m. 4563). In vetta l’emozione si leggeva sul volto di tutti e quasi senza fiato abbiamo ammirato il panorama che si apriva sotto i nostri occhi, per il quale gli aggettivi possono sembrare banali e ricorrenti, ma ciò che si può apprezzare con un solo sguardo è semplicemente strepitoso: la valle di Alagna a tratti ricoperta di nubi, da cui emergevano le cime più alte e le montagne del Vallese. Sulla via del ritorno, i nostri discorsi, ancora pieni di osservazioni sull’esperienza appena conclusa, facevano trasparire le forti emozioni provate: le fatiche condivise raddoppiano le gioie e rafforzano le amicizie…allora al prossimo anno con un’altra importante salita da condividere insieme!

Simona

58 Per la serie …chi me l’ha fatto fare

Eh sì, proprio come dice il titolo per la serie chi me l’ha fatto fare… di alzarmi una domenica mattina, per la precisione quella del 14 giugno di quest’anno, all’alba, per seguire quei bravi ragazzi (si fa per dire) su per le montagne di Briançon per una via ferrata? Proprio non lo so. Ma andiamo con ordine, tutto prende il via il solito venerdì sera in Sede, tra La meta vista dal basso le solite facce conosciute, le solite chiacchiere e le solite cose, qualcuno mi lancia un’idea, una proposta “ vieni anche tu a fare la ferrata con noi domenica?” Ed io, nella mia ingenuità: “Ma si dai, è la prima volta, proviamo!” …non l’avessi mai detto! La domenica ritrovo in Piazza 1° maggio all’alba ( le 7 o giù di lì) e partenza per la meta prefissata (nessuno, e dico nessuno, mi chieda il tragitto, io dormivo, il sonno arretrato fa male), tappa in “piola”, che ci sta sempre la mattina e poi arrivo. Zainetto in groppa e via lungo il sentiero che porta all’inizio della ferrata, ringrazio il cielo che hanno inventato i cugini buoni e bravi come Marco che portano tutto loro…una faticaccia da arrivare a quattro zampe e lingua di fuori. Tutti trulli gli altri a prendere per i fondelli me, povera tapina inesperta, che manco sa (anzi, ora lo sa) da che parte si comincia a mettere un imbrago..ed è qui che comincia il dramma! Passano tutti in fila con i loro caschetti e moschettoni, per ultimi noi. Io e Marco.. si perché nonostante tutti mi dicano fai così, fai cosà …io solo di lui mi fido.

59 Comincia così la salita, tra un piolo conquistato e l’altro, si va su verso l’alto. Vista magnifica che si fa sempre più bella man mano che si sale. La cosa realmente interessante è la lezione a cui assisto, o meglio la lezione pratica a cui devo sottostare, e sì, perché man mano che si sale il Maestrino che è dietro di me dà sfoggio di tutte le sue conoscenze per farmi capire meglio che vuol dire mettere o no un piede nel posto sbagliato. Raggiunta finalmente la cima, dopo non so quanta salita, posso crollare sul prato anelando un panino, eh si non ci vedo più dalla fame! Breve sosta prima di scendere, per il sentiero, nuovamente a valle. Per concludere in bellezza, dopo una giornata tremendamente calda, non poteva mancare il bagno degli….orsi! Il bagno degli orsi Se devo essere onesta, è stata una bella esperienza, faticosa, incasinata ma divertente tant’è che ho già richiesto il bis.

E.R.

60 Trekking in Alta Val Formazza

Confortati dalle buone previsioni meteorologiche, siamo partiti il 30 giugno mattino, con meta Lago di Morasco, poco lontano da Riale (1740 m), frazione del Comune di Formazza (VB). Il viaggio è stato piuttosto lungo (circa tre ore): quando si è arrivati a Verbania, si è solo a metà strada. Giunti sul posto in tarda mattinata e lasciata l’auto ai piedi della diga, iniziamo la salita verso il Rifugio Claudio e Bruno (2710 m) a cui arriveremo in tre ore e mezza. Costeggiamo il Lago di Morasco per poi voltare a sinistra ed iniziare la salita. Iniziamo a trovare neve pressoché continua verso i 2100 m di quota, ma il sentiero è comunque evidente. Da questo punto in avanti l’innevamento fa pensare di La conca del Sabbione: al centro la Punta d’Arbola, essere a fine aprile piuttosto che a destra la Hosandhorn a fine giugno, anche per la presenza sullo sfondo del Ghiacciaio del Sabbione, al disotto della Punta d’Arbola (3235 m) e dell’Hosandhorn (3183 m); il ghiacciaio ed i nevai terminano nell’esteso Lago del Sabbione, in parte ancora ghiacciato. Lo costeggiamo per un tratto: qui il versante, in esposizione sud-est, è in buona parte libero dalla neve. Arriviamo al Rifugio alle 15.30, nel frattempo sono comparsi alcuni cumuli temporaleschi; dopo cena, infatti, si scatena un violento e suggestivo temporale, che fa piacere guardare attraverso i vetri, al caldo della stufa. L’indomani mattina, partenza per il Blinnenhorn (3375 m) che significa “corno nascosto”, perché salendo la cima resta nascosta fin all’ultimo; è la cima più alta della val Formazza. Il percorso si presenta quasi completamente innevato, tranne brevi tratti. Giunti in cima il panorama è a 360°, spettacolare. Curioso che il Cervino sia a destra del Monte Rosa, invece che a sinistra, come forse si è più abituati a vedere dalla Valle d’Aosta. Si vedono inoltre varie altre cime italiane e Svizzere, tra cui numerosi 4000 dell’Oberland Bernese (Finsteraarhorn, Watterhorn, Feisherhorn, Aletschhorn, ecc.) e il ghiacciaio del Rodano. Al ritorno scendiamo direttamente sul ghiacciaio e invece di voltare a destra verso il Rifugio Claudio e Bruno, proseguiamo quasi in piano verso il Passo dei Camosci (3150 m). Il nome non è casuale: la discesa da questo colle presenta i primi 100 metri decisamente ripidi, con rocce che si sgretolano e sfasciume, senza un sentiero evidente. Fortunatamente al Passo troviamo un gruppo di

61 persone che era già salito al mattino da quella via e che ci indica il percorso; scendiamo tutti assieme per evitare di tirarci pietre in testa. Arriviamo così al Rifugio 3A (2960 m), che si trova su di una cresta con il Lago del Sabbione a sud e, a nord, una vallecola con uno skilift, su quel che resta del Ghiacciaio dei Camosci. Lì si scia in tarda primavera – inizio estate, finché la neve lo consente. Lo skilift ed i due Rifugi sono gestiti da volontari dell’O.M.G. (Operazione Mato Grosso) un movimento che si propone l'educazione dei giovani attraverso il lavoro gratuito per i più poveri in alcuni paesi dell'America Latina, a cui vanno anche i proventi di queste attività. La stessa organizzazione gestisce inoltre tre Rifugi ed un Bivacco in Perù, sulla Cordillera Blanca, a quote comprese tra i 4300 m ed i 5000 m. Dopo un meritato pranzo, scendiamo lungo lo skilift per proseguire verso il Rifugio Città di Busto (2480 m), gestito dal C.A.I. – sezione di Busto Arsizio, dove pernottiamo. Da questo Rifugio si può vedere da un lato la conca del Ghiacciaio del Sabbione ed il Ghiacciaio dei Camosci, dall’altro una porzione del Lago di Morasco, il Monte Basodino e le vette circostanti. L’indomani mattina ci alziamo Sulla cima del Blinnenhorn abbastanza presto perché il percorso previsto è lungo e c’è l’incognita relativa alla quantità e qualità della neve. La meta è il Rifugio Maria Luisa (2157 m) da raggiungere passando dal rifugio svizzero del Corno Gries. Ci dirigiamo pertanto verso il Passo del Gries, che si trova alla stessa quota del Rifugio Città di Busto, ma la presenza di un’estesa parete rocciosa non permette l’esistenza di un sentiero in piano. Ci sono due possibilità: scendere di 400 metri fino a Bettelmatt per poi risalire, oppure seguire il “sentiero Castiglioni” che sale per 300 metri il molto ripido versante est della Punta dei Camosci, per poi ridiscendere. Scegliamo questa seconda opzione ed in circa un’ora e mezza siamo al Passo. Qui verso l’Italia si vedono tra l’altro il Lago di Morasco ed il Rifugio Città di Busto; verso la Svizzera il Lago di Gries (in buona parte ancora ghiacciato) e la parte terminale dell’omonimo Ghiacciaio e in lontananza la strada che collega la valle del Rodano con la valle del Ticino attraverso il Passo della Novena. Proseguiamo in Val Corno, una vallecola stretta e ancora molto innevata. Lungo il percorso voltandoci indietro possiamo ammirare la Punta d’Arbola, la parete nord del Blinnenhorn, con il Ghiacciaio del Gries che scende da essa per una lunghezza di 5 km fino all’omonimo lago. Raggiungiamo quindi la Capanna Corno Gries 62 (2338 m), una costruzione moderna che stona un poco con l’ambiente circostante. A questo punto vi sono due percorsi possibili per raggiungere l’Alpe San Giacomo ed il Passo omonimo: seguire un sentiero più o meno in piano, oppure scendere per 450 m per poi risalirne 350. Nel primo caso si tratta di attraversare per un paio di chilometri un versante molto ripido in piena esposizione nord con probabilmente neve abbondante; preferiamo allora la seconda opzione. Lungo questo sentiero attraversiamo comunque diversi canaloni da valanga, alternati a vegetazio-ne già verde; siamo ora nella Valle del Ticino, a 70 km da Bellinzona. Arriviamo quindi al Passo San Giacomo (2313 m) e rientriamo in Italia. Dal colle scendiamo verso Il pianoro dell'Alpe Veglia l’esteso Lago del Toggia, che costeggiamo per tutta la sua lunghezza, quasi due chilometri, arrivando così al Rifugio Maria Luisa (2157 m) che si trova poco più in basso. Il rifugio, gestito dal C.A.I. – sezione di Busto Arsizio, è chiuso per due giorni per manutenzione: niente pernottamento, nonostante la prenotazione fatta il giorno precedente! Non ci resta che scendere a valle e raggiungere l‘auto, dove arriviamo verso le 17.30; totale ore nette di camminata nella giornata: sette e mezza. Vista l’ora e la stanchezza decidiamo di pernottare a Formazza; abbiamo così il tempo di fermarci ad ammirare le suggestive Cascate del Toce: il fiume compie un salto di 143 metri, scivolando su rocce quasi verticali. L’ultimo giorno lo dedichiamo ad un’escursione al pianoro dell’Alpe Veglia (1750 m), nel Parco Naturale dell’Alpe Veglia e dell’Alpe Devero. Scendiamo fino a Crevoladossola per poi voltare a destra nella Val Diveria e successivamente di nuovo a destra nella Val Cairasca, fino alla località Ponte Campo, dove si lascia l’auto. Il dislivello da superare è di 430 m, lungo una strada sterrata. Arrivati alla meta il panorama è molto bello: il verde dei pascoli e dei boschi di larice, le cime ancora innevate, il cielo azzurro con qualche nube, i torrenti gonfi d’acqua. Ci gustiamo il pranzo al Rifugio Città di Arona e, un poco a malincuore, prendiamo la via del ritorno.

Enzo e Paolo

63 Un fiore facile da confondere…

L’arnica (Arnica montana) è un fiore che si trova sulle nostre montagne, ma non è così diffuso come si possa pensare. Infatti, si può confondere con alcune specie del genere Doronico e del genere Senecio, tutte con petali gialli. L’arnica ha l’aspetto di una margherita, presenta cioè dei petali (gialli) ed una parte centrale giallo più scuro. Essa si può trovare principalmente tra i 1000 m ed i 2200 m in zone di pascolo o prati aridi; ha un’altezza variabile tra i 20 cm ed i 50 cm ed un diametro di 5 – 8 cm; fiorisce da giugno ad agosto. Caratteristica sicura per distinguerla dal doronico e dal senecio sono le foglie opposte a due a due e la presenza di due coppie di foglie (opposte) alla base del fusto con il punto di inserzione su di esso molto Arnica lungo il sentiero dei laghi di ravvicinato, così da formare una croce; nelle Unghiasse altre due specie le foglie sono alterne. Inoltre molto spesso nell’arnica diversi petali sono ripiegati (e attorcigliati) in tutto o in parte verso il basso, dando al fiore un aspetto “disordinato”. Quest’ultima caratteristica differenzia l’arnica dal doronico, ma non dal senecio, dove si può trovare tale aspetto. L’arnica è una pianta officinale conosciuta fin dall’antichità per le sue proprietà. In particolare per uso esterno ha effetto curativo in seguito a contusioni, storte, Doronico (Doronicum grandiflorum) lungo il slogature. Per uso interno (oggi sentiero che dal Lago dietro la Torre conduce al sconsigliato perché può avere Rifugio Cibrario effetti tossici) ha proprietà calmanti ed analgesiche.

Enzo Perino

64 In montagna quando vuoi

A fine novembre dopo varie vicissitudini lunghe e dolorose, la mia azienda mi comunica che dal 1 gennaio sarò a casa “in pensione”. E’ sicuramente un traguardo, ma anche nel profondo un cambio di modo di vivere , tutto da inventare . La cosa positiva che subito balena nella mia mente è: finalmente andrò in montagna quando voglio, non solo la domenica bello o brutto tempo: non si può scegliere quando si lavora , piuttosto che rinunciare si va anche col cattivo tempo. Capita a volte che qualche amico che ha già raggiunto il traguardo pensione mi dica “domani fa bello e vado in montagna vuoi venire?” la risposta è quasi sempre no: non è facile prendere ferie o permessi quando non sono preventivamente programmati. D’ora in poi potrò anch’io scegliere di andare quando mi pare senza vincoli. Voglio dirvi che il mio rapporto con la montagna è sempre positivo, sono solita dire che essa è il mio medico primario e il mio psicologo a costo zero. L’amore per la natura si fa sentire in tutte le sue stagioni . quando si fanno passeggiate nei boschi si sente molto intenso il profumo delle sostanze balsamiche preziose per i nostri polmoni e cerco di immagazzinarne il più possibile Man mano si impara ad approfondire vari aspetti, si impara ad ascoltare i profumi e i rumori più nascosti, si impara a guardarsi sempre intorno per non perder la possibilità di vedere un animale nel suo abitat naturale che è sempre una cosa fantastica . E che dire delle gite con gli sci e le pelli di foca? Vai dove non ci sono mezzi meccanici, dopo una nevicata pianori e pendi sono candidi e puri da solcare con delicatezza per non rovinare il manto perfetto e vedere la bravura nelle serpentine lasciate da chi è più bravo, e anche cercare di scendere senza cadere quando trovi il famoso “crustun”. Le cosiddette “gite” hanno tutte qualcosa di speciale da ricordare nelle serate in tranquillità e serenità magari davanti ad un buon bicchiere e un buon dolce. La montagna nella sua semplicità e completezza mi ha aiutato e mi aiuta ancora a vivere bene sia nei moment difficili che in quelli straordinariamente felici. Viva la montagna e le gite con gli amici di sempre.

Rosy (una nuova pensionata)

65 Nel magico bosco di Val Susiana

Aveva nevicato copiosamente per tutta la settimana; le nostre fatine “caine“ si rallegravano pensando all’imminente domenica che avrebbero trascorso in montagna. L’elfo dei boschi pensò come al solito dove portare le fatine; aveva già un’idea ma preferì chiedere lumi a domenicus, il gran visir dei monti, che conosceva quelle montagne come le sue tasche. Ricordo, disse l’elfo a Domenicus, che mi parlasti di quel monte in Val Susiana dove tu più volte nel corso degli anni salisti con gli “ski“ soprattutto quando la tanta neve rendeva poco sicuro avventurarsi sui percorsi più ripidi, un luogo tranquillo ma di grande soddisfazione per gli occhi grazie agli ameni boschi di secolari conifere che ne ricoprono i pendii. Il Gran Visir confermò quanto ricordavo a proposito del Monte Fournierious, arricchì di ulteriori particolari la gita e benedicendo la scelta fatta ci augurò la miglior fortuna e una” buona neve “ per la riuscita della nostra escursione. Venne il settimo giorno ed il nostro terzetto risalì impaziente la Val Susiana sino al piccolo borgo di Boussonis di Cesania sede di fortificazioni ove albergano le regie truppe alpine; qui, calzati gli sci, risalgono l’antica strada che porta al Rifugio Mautinia. Il cielo è blu come solo nelle fredde giornate invernali si può vedere, l’aria è gelidamente frizzante e, tutt’intorno, il bosco è così carico di neve che solo le cime degli abeti emergono dalla candida coltre; l’atmosfera è assolutamente magica, sembra di essere in quei grandi boschi delle terre del nord visti soltanto in sbiadite immagini di vecchi libri; più saliamo e più ci sembra di galleggiare su nuvole sospese fuori dal tempo, scherziamo sul fatto che ci sembra di essere dei granelli di zucchero di canna a zonzo su un’enorme meringa! Raggiungiamo e traversiamo il Lago Nerastrum che appena indoviniamo sotto la spessa coltre che lo ricopre, entriamo nel bosco ora ripido oltre che fitto e sbuchiamo sugli ampi pendii finali dove rade piante mostrano delicate merlettature di ghiaccio …ed ecco le nostre fatine sulla stretta vetta, il freddo è pungente, l’elfo le immortala nel felice momento, un saluto alle altre creature dei boschi che hanno condiviso la salita e giù un tuffo nel mare bianco! Spruzzi di neve ci bagnano il viso, curva dopo curva riguadagniamo il bosco che la morbida luce del meriggio rende ancora più dolce; scivoliamo furtivi fra gli alberi, improvvise cadute di neve dai rami ci imbiancano come pupazzi, mancano cervi e scoiattoli e la fiaba sarebbe al completo. E’ finita, ci togliamo gli sci e godiamo gli ultimi raggi del sole che sta per scomparire dietro le creste più alte; è stato un giorno così magico che neanche il pensiero del lunedì ci rattrista, siamo carichi a mille e, mentre ci allontaniamo, un ultimo pensiero corre al Gran Visir che sarebbe stato fiero di esserci ed alle sue preziose e sagge indicazioni.

Rosymont e Symont, le fate” caine “ e l’Elfo 66 Momenti di festa cinquant’anni di CAI LEINI

Serata con Antonio Balma Mion

La prima delle serate programmate dalla sezione per festeggiare il 50° anniversario della propria fondazione ha riscosso un buon successo. La sera del 29 Maggio, la proiezione dell'audiovisivo "Tra terra e cielo" ha richiamato un folto pubblico nella sala di Villa Chiosso. Antonio Balma Mion, una delle figure di spicco dell'alpinismo Canavesano, ha fatto rivivere con le sue splendide immagini le emozioni delle ascensioni da lui compiute negli anni '60 - '80 nelle Alpi Occidentali. Momenti di gioia e di tragedia personali alternati ad aspetti di vita montana e di storia dell'alpinismo da lui sapientemente commentate. Antonio Balma Mion

Festa ad Usseglio

Non poteva mancare nei festeggiamenti una giornata con gli amici di Usseglio. Il 25 Luglio, sotto una splendida giornata di sole, due pullman partiti da Leinì hanno accompagnato i partecipanti all’appuntamento; tra questi una folta rappresentanza della Filarmonica Leinicese con il compito di allietare il pomeriggio con il proprio repertorio musicale. I primi pezzi li abbiamo ascoltati nel piazzale antistante all’albergo Rocciamelone; poi la rappresentazione è proseguita con una sfilata per le vie del paese conclusa nell’area polivalente del Comune dove era allestito il capannone che ci attendeva per la cena. 67 Dopo qualche attimo di meritato riposo per i suonatori, il concerto è ripreso al coperto dove la Banda, sapientemente diretta da Ezio Leone ha concluso la propria performance eseguendo altri brani calorosamente applauditi dal numeroso pubblico. Al termine del concerto, l’intrattenimento è proseguito con la proiezione di un filmato sulla storia del Rifugio Cibrario assemblato per l’occasione. La serata non poteva avere miglior conclusione che con l’ottima cena in catering organizzata, per più di centocinquanta commensali, dagli amici dell’albergo ristorante “La Furnasa” di Usseglio; prezioso punto di appoggio per le ’attività’ di gestione del Rifugio.

Riepilogo (a due mani) di una Festa al Rifugio. Come sicuramente tutti saprete quest’anno il 30-31 agosto si è tenuta al Rifugio la festa per il Cinquantennale di Fondazione della Sezione CAI di Leinì e, come sempre, noi c’eravamo. Il solito programmino stilato nei particolari il venerdì precedente: partenza all’alba delle otto dalla Furnasa ( dopo la solita colazione del “Gruppo Vacanze Rifugio” a base di caffè, cornetto e cappuccino) e arrivo alla Torre, per i più… Io sono tra i più, mentre quel bravo ragazzo, del mio ragazzo, s’è fatto tutta la scarpinata che come si dice, fa figo e non impegna partendo da Barnàs. Ma torniamo a noi. Dopo una salita super veloce, da battere ogni record (si fa per dire) e la solita mezz’ora di ambientamento, saluti, colazione di metà mattina e merenda. ecco che tutti avevano preso i posti di battaglia. C’era chi colorava con le tempere, chi infilava strane erbe dentro scatoline decorate, chi cucinava e programmava la serata, chi sistemava le tende e chi…sì insomma, faceva sostegno morale. Anche quello è importante! Come sempre buon umore e allegria a farla da padrone, dando a tutti, amici e sconosciuti, quel senso di famiglia che solo da noi si ritrova.

68 Una mangiata eccellente per la serata, divisa tra ospiti nel refettorio e vecchia guardia nella tenda/dormitorio. Mangiata e bevuta seguita da un immancabile coro offerto un po’ da tutti per concludere in bellezza. E così quella che doveva essere la prima sera di festa si concluse nell’allegria generale, di chi beatamente andò a dormire nelle stanze e nell’invernale e di chi subì gli spifferi delle tende. Il risveglio al mattino fu un po’ brusco con le occhiaie che arrivavano quasi a toccar per terra. Attivati tutti come dei bravi soldatini, preparammo i tavoli, l’aperitivo e l’immancabile banchetto delle offerte con tanto di cappellini omaggio a ricordo dell’Anniversario. Nonostante il tempo non sia stato dei migliori durante la domenica, gli affezionati ci hanno raggiunto lo stesso per festeggiare in compagnia e le cuoche ed i cuochi, pilastri di molte gestioni del rifugio, hanno superato loro stessi per soddisfare i palati: polenta e spezzatino a volontà. Tra il divertimento generale un’altra festa è passata perché non ha importanza il tempo, il luogo o il motivo quello che conta sono le persone che collaborano tutte insieme per un unico fine, una grande avventura chiamata Rifugio.

…dal diario di un anonima

Pranzo sociale

Al fine di concludere degnamente i festeggiamenti per i nostri primi cinquanta anni di sezione, per il consueto pranzo che chiude le attività sezionali, quest’anno abbiamo scelto un ristorante del nostro paese: il Ristorante Ikaro dell’Hotel Air Palace di Leinì. Il pranzo che si è in un clima piacevole ed allegro, è stato come sempre un’ottima occasione per riunire iscritti e simpatizzanti, compresi i soci che per molteplici motivi non sono sempre presenti nelle varie attività sezionali. Come da tradizione, a simboleggiare la continuità nel tesseramento sezionale, durante il pranzo sono state consegnate le “aquile d’oro” ai soci che hanno raggiunto i venticinque ed i cinquant’anni di iscrizione. Al pranzo hanno partecipato anche tutti i “Past President” della storia sezionale; con sincera riconoscenza il direttivo ha donato loro una pergamena personalizzata che riassumeva per ciascuno le caratteristiche peculiari del loro 69 operato. Li ringraziamo ancora per il loro impegno nel portare la sezione fino a questo traguardo. Nel ricordare i personaggi chiave della storia della nostra sezione non poteva mancare la nostra madrina Felicina Roagna che nonostante gli anni è sempre presente e vicina alla sezione, per lei l’Aquila d’oro dei 50 anni di iscrizione ed un omaggio floreale. L’Aquila d’oro dei 50 anni è stata consegnata anche a Clementina Falchero e Carlo Bugnano. Non possiamo fare a meno di ricordare la grande sorpresa dell’attuale presidente Reolfi quando si è visto consegnare un’inattesa (per lui) pergamena con una dedica molto sentita da parte di tutti noi; Giuseppe riesce a farci sentire ancora una grande famiglia. La madrina Felicina Roagna Data l’importanza della ricorrenza hanno partecipato al pranzo anche il Sindaco di Leinì e l’assessore Nazzareni che, in nome della giunta comunale, hanno omaggiato la sezione di un bel quadro raffigurante la Torre Provana, simbolo di Leinì; entrambi hanno auspicato un’efficace collaborazione tra Comune e sezione per portare sempre più giovani in montagna. Per sfatare un luogo comune che vuole l’alpinista rude e poco socievole, tutte le signore hanno ricevuto in omaggio una rosa rossa. La qualità delle portate, i vini ed il servizio sono stati impeccabili; un complimento alla cucina ed a tutto il personale del ristorante.

Il direttivo

70 Serata con Simone Moro

Simone Moro sul Makalu

Sabato 12 dicembre, si è tenuto l’incontro con l’alpinista Simone Moro presso l’auditorium parrocchiale, che per l’occasione era pieno. Simone ha presentato una serata nuova, proiettata per la prima volta all'International Mountain Summit di Bressanone ad inizio novembre. Il titolo dell’incontro “Explore” è il racconto del suo alpinismo esplorativo, della ricerca di un modo diverso dall'alpinismo d'alta quota di massa. Ha parlato delle sue invernali, delle vie nuove, della traversata dell'Everest, della famiglia, delle sue passioni extra alpinistiche. Il documento fatto di foto e di pezzi di filmati realizzati in condizioni estreme con temperature fino a -40°, è stato commentato tutto sul momento senza nulla di scritto, tirando fuori i sentimenti e le impressioni che le immagini riportavano alla mente, facendo scoprire oltre alla sua grande forza e tecnica alpinistica, anche il lato umano. Infatti, ha affrontato non solo momenti di successi, ma anche di sconfitte alpinistiche ad esempio la rinuncia a pochi metri dalla vetta del Broad Peak in invernale, che per ora resta ancora inviolata nella stagione più fredda. Affronta momenti drammatici, come nel ‘97 sull’Annapurna dove perdono la vita i suoi 2 compagni di cordata tra cui il russo Anatoli Boukreev suo grande amico.

71 Scelte difficili, come nel 2000 quando ha soccorso a rischio della propria vita, senza ossigeno e a oltre 8000 metri sulla parete ovest del Lhotse, un alpinista inglese che si era infortunato. Questo salvataggio lo ha portato a ricevere importanti riconoscimenti internazionali come il Fairplay Pierre de Cubertin tropy dall’UNESCO, la medaglia d’oro al valor Civile dal Presidente della Repubblica Ciampi e In Usa ha ricevuto il prestigioso David Sowles Award American Alpine Club. Molte anche le conquiste, come la prima attraversata in solitaria dell’Everest da sud a nord e la discesa dal versante cinese in sole 5 ore dalla vetta al campo base avanzato, tutt’oggi record di velocità in discesa, che però gli ha causato un po’ di problemi burocratici in Cina perché è arrivato dal Nepal clandestinamente. Ultimo suo successo a febbraio di quest’anno la salita del makalu che era l’ultimo 8000 himalayano inviolato nel periodo invernale. In conclusione ha affrontato quelli che sono i suoi obiettivi e sogni extra alpinistici, oltre alla famiglia, al paracadutismo, la sua passione per il volo, infatti è già pilota d’elicotteri commerciali e ha un progetto molto ambizioso, la creazione del soccorso alpino in Nepal.

Foto ricordo della serata Simone autografa le copie del suo libro "8000 m. di vita"

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