R.L. Foti, I. Fazio, G. Fiume, L. Scalisi

Storie di un luogo. Quattro saggi su Corleone nel Seicento C. Alaimo, , 2004, pagg. 194

Storie di un luogo è la storia di Cor- motivi di convergenza tra storia locale e leone alla metà del Seicento, un libro storia generale si possono così, seppur scritto a più mani e da più punti di vista schematicamente, riassumere: che si fa apprezzare per diversi motivi. 1. Alla metà del secolo XVII, nell’am- Felice appare innanzi tutto la scelta della bito del crescente fiscalismo e delle esi- metà del secolo XVII come punto di genze finanziarie della Corona spagnola, osservazione preliminare alla storia di Corleone, come molte altre città e comu- una realtà periferica, come fu senz’altro nità del Regno di Sicilia e del Mezzogior- Corleone per tutti i secoli dell’età medie- no continentale, per salvaguardare la vale e moderna, ma al contempo piena- propria condizione di demanialità andò mente inserita nei più generali processi incontro a un forte processo di indebita- della storia dell’Isola e del complesso mento, che assorbì molte delle risorse degli stati italiani in quello stesso perio- locali pur faticosamente realizzatesi in do. Se, infatti, le più recenti ricerche sto- concomitanza, tra l’altro, di una con- riche vanno sempre più individuando giuntura economica negativa. nella metà del Seicento una svolta 2. Come avevano già dimostrato gli importante per le vicende italiane della studi di M. Aymard (La transizione dal prima età moderna, la ricca documenta- feudalesimo al capitalismo, in Storia d’I- zione e la serrata analisi su di essa con- talia, Annali I, Dal feudalesimo al capita- dotta dalle Autrici del libro che qui si lismo, Einaudi, Torino, 1983) e, più di discute non fanno che rafforzare il qua- recente, di M. A. Visceglia (I consumi in dro generale che da quegli studi sta Italia in età moderna, in Storia dell’econo- appunto emergendo (e per cui si può fare mia italiana, II, L’età moderna: verso la riferimento ai contributi raccolti negli crisi, a cura di R. Romano, Einaudi, Tori- Atti del Convegno tenutosi a Napoli nel no, 1991), la crisi che investì le esporta- 1999, ora in Italia 1650. Comparazioni e zioni cerealicole siciliane dagli inizi del bilanci, a cura di G. Galasso, A. Musi, Seicento non comportò una contrazione Cuen, Napoli, 2002). della produzione, poiché essa di fatto Sullo sfondo del declino della Spagna coincise con un potenziamento della e del ripiegamento della politica pontifi- domanda a livello locale, un arretramen- cia entro orizzonti di scala territoriale, i to dei margini dell’autoconsumo specie

Mediterranea Ricerche storiche Anno II - Dicembre 2005 583 n.5 RECENSIONI E SCHEDE

cittadino e un crescente tasso di com- sue élites. Molteplici, quindi, gli aspetti mercializzazione del grano, diretto ora che legittimano la scelta “microanalitica” verso paesi e città di nuova fondazione e delle Autrici, che pur affrontando ognu- grazie anche al rafforzamento dell’istitu- na questioni e problemi specifici della to annonario della capitale. storia di Corleone alla metà del Seicento 3. Nuovi culti e nuove devozioni con- si confrontano poi tutte con una pro- corsero a definire, in quello stesso lasso spettiva metodologica e storiografica di tempo, il patrimonio agiografico dei unitaria e ‘nodale’, quale è quella del diversi poteri cittadini, in una sorta di rapporto tra centro e periferia. Dove, in corsa alla “autorappresentazione”, che ogni caso, la periferia non è mai un tea- non sempre andò di pari passo col tasso tro ‘passivo’ di norme e regole dettate dal di politicizzazione e di funzioni urbane centro, ma un contesto vivo e vitale, che molte di quelle stesse città erano poi creatore a sua volta di norme e pratiche in grado concretamente di esercitare sociali e in continuo confronto dialettico (qualche più ampia considerazione di col centro. ordine generale in tal senso ho già avuto Fondamentale è, ad esempio, per modo di svolgere nel saggio Identità citta- Rita Loredana Foti far emergere il ruolo dine identità di ceto e monasteri femmini- ‘attivo’ di Corleone e del suo ceto politico li, in La città e il monastero. Comunità allorché per ben due volte, nel corso del femminili cittadine nel Mezzogiorno Seicento, la Corona spagnola tentò di moderno, Atti del Convegno di Campo- venderla dapprima a dei mercanti geno- basso, a cura di E. Novi Chavarria, Esi, vesi e una seconda volta a Giuseppe Napoli, 2005). Sincronie e analogie Scarlata, esponente di una famiglia in emergono anche in questo caso tra la vista del ceto dirigente locale (R. L. Foti, promozione del culto per il frate Bernar- Tra regio demanio, politiche pubbliche e do da Corleone e quella vera e propria strategie private nella Sicilia moderna). ‘esplosione’ di nuovi santi patroni, che Era stata quella del fisco, sin dagli da tempo la storiografia ha individuato inizi del , la grande via della essere uno dei tratti comuni a tutto il politica siciliana, entro cui spesso riflui- Seicento religioso italiano, e più in gene- va il conflitto locale relativo al trapasso o rale all’area cattolica mediterranea. al rientro nella demanialità di centri feu- 4. La capacità di autorappresentazio- dali (e su tale aspetto è tornato di recen- ne di una città e delle sue élites si misu- te anche G. Giarrizzo, La Sicilia moderna rò anche sul numero e il prestigio delle dal Vespro al nostro tempo, Le Monnier, sue istituzioni ecclesiastiche, tanto più Firenze, 2004). Nel caso di Corleone la quando durante la lunga età della con- difesa dello status demaniale da parte troriforma nuovi enti e nuovi complessi della Universitas, che non esitò a ricorre- architettonici contribuirono a qualificare re a ingenti quote di prestito per far fron- o a riqualificare lo spazio urbano anche te alla paventata perdita delle prerogati- di città e centri minori del Regno. O ve all’esercizio della giustizia e della pro- almeno è questo il quadro che la storio- pria autonomia, diventa significativa di grafia municipalistica corleonese, e più un processo di configurazione dell’iden- in generale quella italiana sette-ottocen- tità urbana che a quell’epoca era, evi- tesca, valse a consolidare nella memoria dentemente, più che avviato. collettiva di lunga durata (ne sono un La questione centro-periferia si esempio i testi repertoriati da G.A. Cole- addensa poi di inediti attori sociali allor- ti, Catalogo delle storie particolari civili ed ché la Foti affronta il problema dei rap- ecclesiastiche delle città e de’ luoghi d’Ita- porti tra finanza pubblica e finanza pri- lia, Venezia 1779). vata. L’intera operazione finanziaria si Posta su uno scenario eurocentrico e avvalse, infatti, di creditori locali – cor- ‘italiano’, la storia di Corleone diventa leonesi per lo più proprietari di fondi altresì emblematica del carattere urbano rustici, mercanti di grano etc. –, che tra- della storia della Sicilia medievale e sferirono parte dei propri capitali al Tri- moderna e della qualità cittadina delle bunale del Real Patrimonio di Palermo

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che doveva legittimare l’avvenuta trans- vento fuori le mura di Palermo. Dopo azione. Come per altre città della Sicilia aver rievocato le forti analogie tra la gio- «la alienazione costringe le città ad aprir- vinezza di Bernardo, consumata tra si al prestito forzoso e ne modifica i rap- risse, duelli e vari altri comportamenti porti di potere all’interno, …crea modelli litigiosi, e quella del personaggio manzo- comuni di difesa (il corsivo è nostro, a niano di Ludovico entrato poi nell’Ordine sottolineare anche per questo verso la dei cappuccini col nome di fra’ Cristofo- costruzione di un senso di ro (pp. 112-117), Giovanna Fiume riper- appartenenza alle diverse comunità di corre le tappe salienti del processo di origine), stabilisce e consolida legami», costruzione del santo (Bernardo da Cor- lasciando intravedere una configurazio- leone: un santo locale). Già quando il ne di poteri che si muove tra la Corte e le frate era vivo gli si era costituita attorno, città e che di entrambi questi ambiti sul filo delle straordinarie virtù tauma- condivideva risorse materiali e immate- turgiche e profetiche che gli erano attri- riali (p. 48). buite, una fitta rete di devoti. Alla sua Del rapporto tra centro e periferia si morte questi avevano fatto a gara per occupa anche il saggio di Ida Fazio, «Per accaparrarsi brandelli del suo saio o vitto di soi populi». I riveli dei formenti e qualche altra preziosa reliquia dalle sue delle terre seminate durante la crisi del spoglie mortali, secondo un rituale assai 1646-48. Qui il centro non è più Madrid, noto che si ripeteva puntualmente ogni ma Palermo, luogo di mercato e di con- volta che, al di qua o al di là del Faro, sumo del grano prodotto nella periferia moriva qualche religioso “in odore di corleonese e il rapporto tra le due aree santità”. Sono gli stessi fedeli, tra cui si sostanzia degli intrecci e delle relazio- molti personaggi in vista della vita politi- ni politiche ed economiche tra quanti ca palermitana (Corvino, Castelli) alcuni gestiscono l’approvigionamento della dei quali imparentati con famiglie di Cor- capitale e i ceti produttori locali. leone (Sarzana, Firmaturi), che si faran- Non nuova a questo tipo di studi, la no poi promotori del processo di beatifi- Fazio (che aveva già dedicato all’argo- cazione e, prima ancora, dell’amplifica- mento il libro La politica del grano. Anno- zione del suo culto, con qualche mossa na e controllo del territorio nel Settecento degna dei più moderni esperti di comu- in Sicilia, F. Angeli, Milano, 1993) utiliz- nicazione, come l’acquisto delle prime za ora un documento ‘eccezionale’, pro- mille copie dell’agiografia del frate com- dotto dalla carestia che accompagnò i missionata ad hoc a un padre gesuita e tumulti politici palermitani del 1647-49, distribuita poi, evidentemente, ad ampio la cui analisi le consente di far emergere raggio nella cerchia dei suoi accoliti. oltre che dinamiche locali e forme di È che l’esperienza religiosa del beato organizzazione della produzione cereali- Bernardo, tanto radicata al territorio di cola, anche un gran numero di mercanti provenienza e nella spiritualità france- e mediatori di tali traffici, di operatori scana, aveva finito con l’assumere tutti i finanziari e proprietari fondiari che com- tratti tipici della santità tridentina in merciarono con l’Annona di Palermo, generale, e meridionale in particolare (su come i , gli Spataro, gli Scarlata cui il riferimento più completo è ancora e di concludere in ultima analisi che G. Galasso, Santi e santità, in L’altra circa il 50% del frumento prodotto nell’a- Europa. Per un’antropologia storica del rea di Corleone passava per il mercato Mezzogiorno d’Italia, Argo, Lecce 1997, (p. 77). pp.79-143). La mortificazione della Tra centro e periferia si snoda anche carne, il ricorso costante a pratiche di l’esperienza religiosa e sociale del beato penitenza, la forte connotazione tauma- Bernardo. Originario di Corleone, una turgica, la predisposizione a visioni e vita trascorsa negli insediamenti dei predizioni, il prevalere del senso della cappuccini di Monreale, Chiusa, Prizzi, precarietà e frugalità della vita quotidia- Termini, Calatafimi, Marsala, il frate na ne avevano fatto infatti un vero cam- concluderà la sua vita terrena nel con- pione della fede, in grado di addensare

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su di sé aspirazioni e attese di vario nuova fondazione vennero sia dalle genere, ma soprattutto di coagulare un benedettine delle due più antiche istitu- forte senso di identificazione da parte zioni della città, che temevano evidente- della comunità urbana di origine. mente una gestione conflittuale dei flus- Una gran parte dell’impegno dei si di monacazione e delle risorse locali, gruppi di potere a livello locale nella sia dal ceto politico di governo municipa- costruzione delle identità cittadine passò le che impedì di fatto il reperimento del infatti attraverso forme di investimento denaro necessario ad adeguare la fabbri- nel patrimonio simbolico urbano. Lo atte- ca alle norme sulla clausura e soprattut- sta bene anche il saggio di Lina Scalisi, to intralciò l’iter della fondazione presso La fondazione del monastero della SS. la curia vescovile. Annunziata. Politiche familiari e devozioni Il monastero fu aperto poi più tardi, pubbliche nella Corleone di inizio Seicen- nel 1619, stretto intorno alla esperienza to, che sottolinea come il numero e il pre- religiosa carismatica della sua prima stigio delle istituzioni ecclesiastiche di badessa, quella suor Emilia Cordici, che una città costituisse sempre per la storio- finirà col simboleggiare la perfetta sim- grafia municipalistico-erudita del XVIII e biosi tra il modello estatico e profetico di XIX secolo un tratto costitutivo specifico ascendenza francescana e l’ideale triden- della identità urbana. In tal senso la Cor- tino di monaca fondatrice di cui il secolo leone di inizio Seicento, ricca delle sue fu pieno (un caso analogo è, ad esempio, 9.000 anime, poteva vantare un ancor nella Napoli degli stessi anni quello stu- più ricco patrimonio di risorse immate- diato da V. Fiorelli, Una santa della città. riali. La città annoverava, infatti, oltre la Suor Orsola Benincasa e la devozione chiesa matrice ben altre 36 chiese seco- napoletana tra Cinquecento e Seicento, lari, sei conventi regolari maschili e due Editoriale Scientifica, Napoli, 2001). La monasteri femminili di regola benedetti- conflittualità tra i diversi segmenti delle na. In essi era presente tutto il jet-set élites locali riesplose alla sua morte, poi- femminile della società corleonese, con ché il primato simbolico che il monaste- molte esponenti delle famiglie Sarzana, ro della SS. Annunziata aveva acquisito Firmaturi, Scarlata, che dall’interno delle grazie alla sua ‘eccezionale’ presenza sul mura del convento gestivano quote note- territorio aveva scalzato privilegi e prero- voli del patrimonio e delle risorse econo- gative fino ad allora indiscussi. miche locali. Anche per questo verso comunque la Tale quadro si complicò, e di molto, società corleonese mostra tutta la densi- quando alla fine del Cinquecento l’espo- tà della sua vita politica e sociale alla nente di un gruppo familiare emergente, metà del Seicento, la fitta trama delle quello dei Maringo, istituì un legato relazioni con il centro politico e con quel- testamentario per la fondazione di un lo ecclesiastico e la ‘virtuosità’ della nuovo monastero intitolato alla SS. scala microanalitica privilegiata dalle Annunziata, che nelle sue intenzioni Autrici quando, come in questo caso, il avrebbe dovuto incarnare il modello di territorio è visto come realtà antropica e perfezione claustrale post-tridentino, ma la dimensione topografica si addensa di soprattutto accogliere le fanciulle che soggetti politici, di pratiche, attori socia- come quelle della sua famiglia rappre- li, culture, norme e istituzioni. sentavano un segmento del patriziato in ascesa. Fortissime le opposizioni che alla Elisa Novi Chavarria

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Regionalismo e fedeltà locali. L’Umbria tra Cinque e Settecento, Nerbini, Firenze, 2004, pp. 238, 5 tavv.

Regionalismo e fedeltà locali si inseri- legate al patriziato locale, risultano sce fruttuosamente nel dibattito ancora ormai selezionate in base a clientele e aperto tra gli storici italiani sull’origine e legami di patronage con la corte romana sulla più o meno strutturata identità delle e legittimate dall’approvazione pontificia. regioni del Paese, un dibattito alimentato Nello stesso Cinquecento comincia a da idee e proposte provenienti dalla cro- delinearsi un ruolo egemone per Perugia, naca politica e sociale. Il rinnovato inte- soprattutto con l’instaurazione di una resse per la storia degli stati italiani in età legazione di Perugia e dell’Umbria, ruolo moderna ha animato numerose ed inno- comunque contrastato dal permanere di vative ricerche soprattutto riguardo all’or- forti autonomie locali, dal perdurare del- ganizzazione politico-amministrativa e l’attrazione esercitata dalle aree conter- alle peculiarità economiche e sociali delle mini, anche esterne allo Stato, e dalla diverse aree della Penisola. Rita Chiac- tendenza dei centri urbani minori a chella raccoglie i frutti dei suoi approfon- instaurare legami diretti con la capitale. diti studi sulla storia economica, sociale Il Seicento è invece il secolo della ed ecclesiastica dell’Umbria e li coordina e «stabilizzazione del potere pontificio», arricchisce con i migliori risultati della dell’inserimento più organico di questi storiografia locale e nazionale per offrire territori nello Stato, un inserimento una panoramica e un bilancio per la sto- testimoniato dalla produzione cartografi- ria moderna della regione, area dall’iden- ca, che comincia a disegnare in modo tificazione e dall’identità particolarmente più compatto la regione, come dal pro- complesse e sofferte. gressivo consolidarsi della propensione Il libro si articola in due parti; con la dei patriziati urbani a entrare nei ranghi prima (strutturata in tre capitoli), si della burocrazia statale e della gerarchia affronta la storia dell’Umbria dal Cin- ecclesiastica, carriere e ruoli che, nello quecento al Settecento ponendo l’accen- Stato ecclesiastico, si intrecciano e to sul rapporto centro/periferia tanto a sovrappongono. Si rileva infine la cresci- livello statuale – tra l’Umbria, o le città ta di forme di patronage non direttamen- umbre, e la capitale –, quanto a livello te legate al potere politico ed espresse periferico – tra Perugia e gli altri centri soprattutto dalle accademie. La metà del urbani come tra ciascuno di questi ed il secolo segna un tornante con la guerra rispettivo contado. La periodizzazione di Castro, l’inasprimento della pressione proposta dall’autrice si organizza, giu- fiscale e la crisi economica che nel com- stamente, non tanto sulla scansione dei plesso impongono nuovi equilibri e secoli, quanto piuttosto sull’individua- segnano anche un maggior controllo del zione di tornanti, di momenti o eventi territorio da parte dello Stato, soprattut- che segnino un cambiamento degli to con il riassorbimento di alcuni impor- assetti istituzionali, sociali e politici. tanti feudi nelle aree di confine. Così il Cinquecento, l’epoca della Il Settecento, infine, conosce negli «fine delle autonomie», trova il suo acme anni ’30 e ’40 la spinta di un importante attorno alla metà del secolo con la sotto- movimento riformatore che, secondo missione delle città umbre allo Stato in l’autrice, non fu, in Umbria, né superfi- via di formazione. Le precedenti istitu- ciale, né calato dall’alto e si espresse zioni comunali sopravvivono, ma vengo- tanto in un vivace dibattito tra intellet- no rette da personalità che, seppure tuali e amministratori, quanto in impre-

Mediterranea Ricerche storiche Anno II - Dicembre 2005 587 n.5 RECENSIONI E SCHEDE

se consistenti come la realizzazione dei assai piccola sia demograficamente sia nuovi catasti. Malgrado questi buoni territorialmente, caratterizzata dalla pro- presupposti, le spinte riformatrici furono pria insularità, finisce per identificarsi soffocate dal permanere di forti resisten- quasi completamente con la locale Con- ze locali all’applicazione di ogni innova- fraternita di S. Maria, anche per la man- zione e la politica dello Stato ecclesiasti- canza di autorità alternative. Nocera, co divenne sempre più arretrata e inca- invece, instaura rapporti diretti con la pace di una gestione efficiente. In tale capitale, interessata esattamente come i contesto l’autrice rileva l’affermarsi di nursini a promuovere e proteggere lo svi- due tendenze contraddittorie eppure luppo della risorsa termale. Città di coesistenti: da un lato il progressivo sva- Castello, infine, diviene sin dalla secon- nire di ogni riferimento istituzionale a da metà del Cinquecento sede di un una provincia umbra e, dall’altro, la dif- governatorato autonomo, fenomeno che fusione del termine “Umbria” per desi- conferma anche una speciale attenzione gnare un territorio sempre più simile ai ai territori di confine spesso affidati a confini della regione odierna. feudatari o controllati da Roma grazie La seconda parte di Regionalismo e alla nomina dei governatori. fedeltà locali (capitoli 4-7) presenta quat- Nel suo insieme Regionalismo e fedel- tro casi di verifica dell’interpretazione tà locali propone un quadro completo elaborata nei capitoli precedenti e cioè delle conoscenze acquisite sulla storia degli equilibri variabili esistiti in età dell’Umbria in età moderna e lo arricchi- moderna tra la tendenza alla centralizza- sce con nuove ricerche, ma soprattutto zione, o per lo meno alla statalizzazione, consente a Rita Chiacchella di argomen- ed il sopravvivere di forti “fedeltà locali”. tare in modo convincente la sua tesi Il primo caso riguarda Perugia e la sua circa la formazione dello Stato ecclesia- incerta affermazione quale capoluogo stico: la creazione dello Stato fu un feno- della Provincia dell’Umbria che risulta meno sempre contrastato, un processo essere, di fatto, una realtà composita di non irrilevante, ma mai definitivamente centri urbani, ciascuno capace di con- compiuto, in un secolare gioco di tensio- trollare il proprio contado e ostile all’af- ni tra l’esigenza di centralizzazione e fermazione di un centro egemone. Ad razionalizzazione e la costante sopravvi- esso si affiancano i casi dell’Isola Mag- venza dei lasciti dell’età comunale. giore e di Nocera, entrambi segnati da peculiarità estreme. La prima, comunità Regina Lupi

Christoph Cluse (a cura di)

Europas Juden im Mittelalter (Atti del convegno internazionale di Spira del 20-25 ottobre 2002), Kliomedia, Trier 2004, pp. 512

Nell’ottobre 2002, ricorrendo il mille- viri, diretto dal prof. Alfred Haverkamp, nario della fondazione della sinagoga di nell’ambito del progetto «Cultura, mobili- Spira, il Museo storico del Palatinato ha tà, migrazioni e insediamenti ebraici nel- organizzato un convegno internazionale l’Europa medievale» finanziato dalla di studi in vista dell’allestimento di una Commissione europea. Al lettore italiano mostra intesa a celebrare il memorabile che associa Spira, in tedesco Speyer, alla evento. Il convegno è stato coordinato Dieta della «protesta», si ricorda in tale dall’Istituto Arye Maimon per la storia occasione che essa fu anche la patria del popolo ebraico dell’Università di Tre- della famiglia dei Soncino, destinata a

588 RECENSIONI E SCHEDE

grandi fortune nel nostro paese, e uno Haverkamp, Ebrei e città – contatti e scam- dei vertici di quel triangolo magico dello bi; Yacov Guggenheim, La comunità ebrai- spirito noto con l’acronimo ebraico di ca e l’organizzazione territoriale nel ShU”M, dalle iniziali ebraiche di Spira, medioevo europeo; Sarah Stroumsa, Mai- Worms e Magonza. Gli atti del convegno, monide e la cultura del Bacino mediterra- ora pubblicati a cura di Christoph Cluse, neo; Shlomo Simonsohn, Sicilia: un mil- raccolgono essenzialmente i contributi di lennio di (più o meno) pacifica convivenza; quelle giornate feconde, in cui i maggio- Menahem Ben-Sasson, Al-Andalus: l’età ri esponenti degli studi giudaici europei dell’oro degli ebrei spagnoli – una revisione convennero all’ombra del Kaiserdom per critica; Asunción Blasco Martinez, Arago- tracciare un quadro aggiornato, e libero na: cristiani, ebrei e musulmani tra coesi- da steccati ideologici o specialistici, delle stenza e conflitto; Miguel Ángel Ladero comunità ebraiche medievali in Europa. Quesada, Castiglia: una panoramica (XIII- Un genere di iniziativa, questa, che sem- XV secolo); Juan Carrasco, Navarra: gli bra riuscire particolarmente bene ai giu- ebrei, l’altra religione del Libro (c. 1000- daisti tedeschi. Chi non ricorda infatti i 1498); Danièle Iancu-Agou, Provenza: ponderosi volumi di Monumenta Judai- insediamento, mobilità e cultura degli ca. 2000 Jahre Geschichte und Kultur der ebrei; Michele Luzzati, Italia centro-setten- Juden am Rhein oppure Jüdische Leben- trionale: bilanci e prospettive della ricerca; swelten, editi rispettivamente in occasio- Gérard Nahon, Zarfat: l’ebraismo medie- ne della mostra di Colonia del 1963 e vale della Francia settentrionale; Robin R. della mostra di Berlino del 1992? Mundill, Inghilterra: gli ebrei nella vita eco- Nel momento in cui l’Europa cancella nomica dell’isola; Rainer Barzen, Organiz- con un colpo di spugna frontiere secolari zazione regionale ebraica nella Renania e la domanda di adesione di sempre nuovi centrale: le comunità ShU”M verso il 1300; Stati all’UE rilancia il dibattito sull’identi- Jörg R. Müller, Eretz Geserah – «Terra tà europea, ecco che il medioevo acquista della persecuzione»: pogrom ebraici nel una nuova attualità. Le differenze religio- Regnum Teutonicum nel periodo 1280- se e le diversità culturali che esso ci ha 1350; Klaus Lohrmann, A sud-est dell’Im- tramandato costituiscono infatti le fonda- pero: le comunità ebraiche di Austria, Boe- menta e le costanti della civiltà europea. mia e Moravia; Nora Berend, Ungheria: gli È in questo senso che lo studio della sto- ebrei tra integrazione ed esclusione; Rami ria degli ebrei, quale più antica e persi- Reiner, Da Rabbenu Tam a Rav Isacco da stente minoranza religiosa, può aiutarci Vienna: l’egemonia della Scuola francese ad acquisire una nuova consapevolezza nella scienza talmudica nel XII secolo; circa i destini del nostro continente quale Simcha Emanuel, Ignoti responsi di Rav terreno d’incontri piuttosto che di scontri, Meir da Rothenburg come fonte per la sto- di sinergie piuttosto che di esclusioni. La ria ebraica; Haym Soloveitchik, Halakah, cultura degli ebrei medievali non era certo tabù e la nascita del prestito ebraico in meno europea che ebraica. Questo l’as- Germania; Annegret Holtmann, Il prestito sunto che ha guidato i partecipanti nell’e- ebraico allo specchio dei libri contabili splorazione delle società ebraiche medie- medievali: l’esempio di Vesoul; Martha vali, un’esplorazione a tutto campo, senza Keil, Rinomata negli affari, invisibile nella confini e preclusioni, che manda in soffit- sinagoga: la donna ebrea nell’Ashkenaz ta qualche vecchia e cara icona storiogra- del basso medioevo; Kay Peter Jankrift, fica. Il risultato è questo libro caleidosco- Gli ebrei nella medicina medievale euro- pico. Lo testimonia già l’indice: Alfred pea; Vivian B. Mann, Per un’iconografia Haverkamp, Gli ebrei europei nel medioe- delle sinagoghe medievali della diaspora; vo. Un’introduzione; Anna Sapir Abulafia, Erika Timm, La protostoria dell’Yiddish; Cristiani ed ebrei nell’alto medioevo: Pam Manix, Oxford: il quartiere ebraico immagini cristiane di ebrei; Peter Schäfer, nelle carte catastali; Monika Porsche, Ebrei e cristiani nell’alto medioevo: il Sefer Spira: la sinagoga medievale; Werner Chassidim; David Abulafia, Il re e gli ebrei Transier, Spira: la comunità ebraica – ebrei al servizio dei regnanti; Alfred medievale; Gerold Bönnen, Worms: gli

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ebrei tra città, vescovo e Impero; Matthias pio, a pag. 129 l’a. attribuisce a Maimoni- Schmandt, Colonia: un centro ebraico de l’opinione secondo cui gli ebrei di Sira- nella Bassa Renania; Karlheinz Müller, cusa sarebbero «troppo inesperti nella Würzburg: il più grande ritrovamento cimi- Torah per capire il responso». La frase fu teriale del mondo; Silvia Codreanu-Win- scritta in realtà da Rav Anatoli ben dauer, Ratisbona: archeologia del quartie- Joseph, come lui stesso cita alla nota 5 re ebraico medievale. (ma il documento è il 203 e non il 201). Il Non mancano ovviamente una biblio- contenuto integrale di questa richiesta di grafia completa delle opere citate, né un responso a Maimonide è stato ultima- indice dei luoghi e delle persone. E se mente analizzato da Nadia Zeldes, al con- l’Ashkenaz oltre a fare gli onori di casa, fa vegno di Palermo sulla cultura ebraica comprensibilmente anche la parte del medievale in Sicilia, con esiti diametral- leone, non meno impressionante è l’atten- mente opposti a quelli qui prospettati. L’a. zione riservata alle altre regioni d’Europa. non ricorda invece la lettera in cui Mai- Con l’unica vistosa eccezione, deplorata monide scrive che il suo commento alla nella prefazione dagli stessi organizzatori, Torah è già diffuso in tutta la Sicilia, ma degli ebrei dell’Impero bizantino, che non ancora in Provenza, e conclude, di tanta parte ebbero nelle vicende medieva- conseguenza (pag. 137), che il contributo li europee, a cominciare dalla loro degli ebrei siciliani alla letteratura rabbi- influenza sull’Italia meridionale. Appare nica e alla cultura ebraica è stato com- invece doppiamente indovinata la scelta plessivamente minimo. Purtroppo, dopo il dei due contributi intesi a rappresentare 1492 gli archivi ebraici siciliani furono l’esperienza ebraica nei territori italiani. portati in esilio, ad esempio a Napoli, o Da un lato, due casi che si collocano agli distrutti per incuria, ad esempio a Siracu- antipodi della storia e della geografia: sa, sicché difficilmente potremo mai sta- Sicilia e Italia centro-settentrionale. Dal- bilire quale fu il loro reale contributo. l’altro, due ricercatori di lungo corso in Nondimeno, la presenza di un ebreo mes- questo tipo di ricerca regionale. L’articolo sinese tra gli allievi di Maimonide a di Luzzati rappresenta, infatti, il punto Fustat, l’insegnamento impartito da d’arrivo di una ricerca iniziata oltre ven- Abraham Abulafia a Messina, la revisione t’anni fa e, nel ricordare i caratteri socio- da parte di rabbini messinesi di un com- economici salienti degli insediamenti mento al Pentateuco di Nachmanide, ebraici nell’Italia centro-settentrionale, stampato a Napoli nel 1490, sono tutti non manca di evidenziare, oltre alle diret- indizi che il loro livello non doveva poi trici degli spostamenti, le persistenti zone essere così basso. d’ombra, segnatamente le ragioni e i mec- Infine, a differenza delle comunità canismi del passaggio dai cristiani agli ebraiche dell’Europa centro-settentrionale, ebrei dell’attività di prestito. Un passaggio gli ebrei siciliani furono liberi di integrarsi che non avvenne, né mai poteva avvenire, in tutti i settori della vita economica, cosa in Sicilia. L’articolo di Simonsohn, una che fece venire meno la formazione di com- riedizione della sua introduzione al primo parti economici riservati agli ebrei, come volume della collana documentaria sugli appunto il prestito. E forse proprio questo ebrei siciliani da lui curata, si limita a può essere considerato il loro vero succes- passare in rassegna le tappe principali di so: essere riusciti a sopravvivere, più o una presenza ebraica troppo lunga e meno pacificamente e per oltre mille anni capillare per essere esaminata in detta- di seguito, in uno degli ambienti geo-politi- glio. È questa forse la causa di qualche ci più tormentati d’Europa. giudizio troppo sommario o incompren- sbile travisamento delle fonti. Ad esem- Nicolò Bucaria

590 RECENSIONI E SCHEDE

Historisches Museum der Pfalz (a cura di)

Europas Juden im Mittelalter, catalogo della mostra di Spira (Historisches Museum der Pfalz: 19 novembre 2004 - 20 marzo 2005) e Berlino (Deutsches Historisches Museum: 23 aprile - 28 agosto 2005), Speyer, 2004, pp. 288

La mostra, allestita per celebrare i Il catalogo vero e proprio presenta le mille anni della fondazione della sinago- schede dei pezzi esposti secondo quattro ga di Spira, si svolge sotto l’alto patrona- distinti percorsi cronologici e tematici: 1. to del Re di Spagna e del Presidente della Dall’antichità al basso medioevo. Tappe Repubblica federale di Germania. Un della storia ebraica; 2. Vita ebraica nel- binomio che intende rendere omaggio ai l’antichità; 3. Testimonianze della vita due Stati europei che maggiormente si religiosa comunitaria e famigliare; 4. Gli sono adoperati per espiare i tragici erro- ebrei nella società medievale. Tra gli enti ri del passato commessi nei confronti del prestatari si annoverano ovviamente i popolo ebraico. Due Stati che sono principali musei ebraici europei e, per l’I- anche gli eredi dei due principali poli talia, la Biblioteca Estense di Modena, la intorno ai quali si sviluppó e prosperó la Biblioteca Palatina di Parma, il Museo cultura ebraica europea: Sefarad e Ash- ebraico di Roma e la Soprintendenza kenaz. La cartina di pag. 19 illustra bene archeologica di Ostia. Ma molto più quale grande variopinto mosaico era numerosi sono in realtà le opere d’arte l’Europa ebraica nel medioevo: ashkena- italiane giunte alla mostra attraverso i ziti, sefarditi, italkiani, romanioti, orien- musei stranieri che ne sono proprietari. tali. Una nazione sembra particolarmen- Tale è il caso dei preziosi Rimmonim di te favorita su tutte le altre per ospitare Cammarata, i più antichi esemplari oggi sul suo territorio tutte queste varietà esistenti. Da soli personificano una storia insieme: l’Italia. e un destino europeo. Furono infatti fab- Il volume, caratterizzato da un’ele- bricati a in Sicilia con la complessa tecni- gante veste grafica, si apre con un’ampia ca della filigrana d’argento che gli ebrei raccolta di saggi: Alfred Haverkamp, Gli siciliani avevano ereditato dai bizantini e ebrei d’Europa nel medioevo: una panora- trasmesso al mondo arabo, che ancora mica; Javier Castaño, Dai confini di Sefa- oggi la chiama col loro nome: Sqalli. Nel rad all’espulsione. Gli ebrei della corona 1492, al momento dell’espulsione, la di Castiglia dall’XI al XV secolo; Werner comunità di Cammarata li vendette ad Transier, Le comunità ShU“M. Culle e un mercante maiorchino, il quale, al suo centri dell’ebraismo medievale renano; ritorno in patria, li cedette al Capitolo Renate Engels, Topografia della Spira della Cattedrale di Palma di Maiorca per ebraica medievale; Pia Heberer, La sina- inastarli su bastoni di coro. Nel 2002, in goga medievale di Spira. Indagine archi- occasione della mostra di Palermo «Ebrei tettonica e ricostruzione; Martha Keil, «E e Sicilia», il Capitolo della Cattedrale da nutrimento alla sua casa». Donne d’af- acconsentí ad una loro replica, che fu fari ebree nell’Ashkenaz tardomedievale; abilmente eseguita dalla Scuola di orefi- Frederek Musall, Gli ebrei nelle scienze ceria di Menorca, nel rispetto della tecni- naturali medievali; Markus Wener, Tra ca originaria e con l’uso delle stesse autonomia e adattamento. Aspetti dell’ar- materie e pietre preziose. Sarebbe stato te ebraica medievale. bello, in questi tempi di rinnovati fonda-

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mentalismi, affiancarvi il manoscritto te il contatto con oggetti rari e raffinati, i della traduzione in latino, eseguita da un risultati artistici raggiunti dalla civiltà ebreo siciliano per re Carlo I d’Angió, del ebraica in Europa nel corso di oltre trattato di medicina arabo al-Hâwî, che quindici secoli. nel 1282 veicolò in Europa la nozione di Il volume si conclude con un glossa- vaccino, e oggi conservato alla Bibliothè- rio dei termini ebraici, una bibliografia e que Nationale di Parigi. Ma anche così la un indice dei nomi. mostra ha raggiunto il suo obiettivo, quello di illustrare al visitatore, median- Nicolò Bucaria

Giovanni Luigi Fontana, Gérard Gayot (a cura di)

Wool: products and markets (13th - 20th century) Cleup, Padova, 2004, pp. 1228

Il ponderoso volume dedicato ai temi della lana. La guerra di Corea è il discri- della produzione e del commercio dei mine che segna il declino definitivo della panni lana raccoglie gli atti delle due lana come materia prima per la produ- euroconferenze svoltesi la prima a Ver- zione dei tessuti, scalzata dal cotone viers in Belgio (5-7 aprile 2001) e la prima e dai sintetici dopo. Corine Maitte seconda in Italia, a Schio, Valdagno, Fol- delinea la problematica della produzione lina, e Biella (24-27 ottobre 2001), in e del mercato dei panni sia nel medioevo preparazione del «XIII Congress of the sia in età moderna. La domanda è il fat- internacional economic history associa- tore determinante dell’andamento del- tion», Sessione 16 - Wool: products and l’industria laniera. I cambiamenti della markets (13th - 20th century), tenutosi a moda, della percezione dei colori, l’au- Buenos Aires (22-26 luglio 2002). Il Con- mento della popolazione, andamenti gresso riapre il dibattito sui panni lana, congiunturali altalenanti, e molte altre un tema molto caro a Melis, Braudel, Le diverse variabili, incidono in modo deter- Goff, Tenenti, che fu a fondamento delle minante non solo sui livelli produttivi «Settimane di studio» organizzate e pro- ma anche sull’organizzazione del lavoro mosse dal Centro Datini sin dal 1969. Le e sulla spinta all’introduzione di nuove due prime “Settimane”, infatti, furono tecnologie per la tessitura, per la colora- dedicate proprio alla lana e alla produ- zione e rifinitura dei tessuti. Beverly zione e commercializzazione dei tessuti. Lemire tira le fila della realtà della indu- Sono trascorsi più di trent’anni dai primi stria laniera nell’età contemporanea. incontri di Prato e si sentiva l’esigenza di Una realtà che è profondamente influen- una rilettura dell’intera problematica e, zata da un lato dalla presenza stimolan- soprattutto, di un ampliamento degli te di creativi stilisti come Coco Chanel, orizzonti geografici e temporali. dall’altro da industriali come Marzotto Tre saggi introduttivi forniscono la che non si limitano a produrre tessuti, chiave di lettura dei numerosi lavori pre- ma creano il mercato del confezionato senti nel volume e distribuiti su tre realizzando un prodotto di qualità che sezioni. Il primo di Giovanni Luigi Fonta- elimina la necessità di ricorrere al sarto, na e Gérard Gayot è dedicato alle città comprimendo conseguentemente i costi. europee produttrici di lana che subisco- L’esplorazione di nuove fonti archivisti- no, a partire dal 1840, la concorrenza che, conservate all’interno di strutture sempre più forte del cotone, che dal industriali del secolo XX, permettono 1939, si impone sui mercati a scapito una migliore comprensione non solo

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delle innovazioni tecnologiche ma anche della tessitura dei panni lana è, invece, del ruolo giocato dagli imprenditori del legata alla necessità di produrre il tessu- settore, come Alessandro Rossi, che to necessario per le divise alle truppe hanno dato un rinnovato impulso alla inglesi presenti in India. L’autore, inol- produzione tessile. tre, analizza le aree di diffusione dell’al- La prima sezione degli atti è dedicata levamento delle pecore nelle diverse pro- alla lana quale materia prima e mercan- vince della penisola indiana. zia. Quattordici saggi sono dedicati alla La seconda sezione, dedicata sia alle pecora, al suo allevamento e alla lavora- aree geografiche di produzione sia alle zione e commercializzazione della lana. I tecniche di fabbricazione, è articolata su lavori di Carlo Renieri, Marco Antonini ben trenta contributi che abbracciano su Origine ed evoluzione delle razze ovine un arco temporale che dal XIII arriva specializzate, e di Giampaolo Cagnin su sino al XIX secolo. Studi che riguardano Allevamento, transumanza e produzione essenzialmente la realtà produttiva del laniera nel Trevigiano in età medievale, continente europeo con qualche eccezio- sono dedicati all’evoluzione genetica ne come quella relativa alla industria degli ovini destinati a produrre lana e al tessile uruguaiana. Temi classici degli loro allevamento. L’arco temporale dei studi sulla produzione dei tessuti di lana saggi, successivamente, si sposta verso sono ampiamente rivisitati. Peter Stabel l’età contemporanea, mentre l’area geo- rilegge i problemi della Fiandra con un grafica di riferimento si allarga ad altri saggio dedicato a Les draperies urbaines continenti diversi dall’Europa. Così Gior- en Flandre aux XIIIe-XVIe siècles. La pro- gio Riello affronta il tema della produzio- duzione fiorentina è esaminata da ne mondiale della lana in un saggio che, Patrick Chorley con The volume of cloth come si rileva dal titolo Counting sheep: production in 1500-1650: an a global perspective on wool, 1800 – assessment of the evidence. L’utilizzazio- 2000, cerca di dimensionare i livelli ne delle fonti fiscali per cercare di deter- quantitativi della lana immessa nel mer- minare i livelli di produzione e di consu- cato, stimando il numero degli animali mo dei panni lana in Spagna è alla base allevati. Uno studio supportato da un’a- del lavoro di Emiliano Fernández de nalisi quantitativa dedicata alle diverse Pinedo, Producion et consomation de aree geografiche di allevamento di peco- draps de laine en Espagne à travers les re. Emiliano Fernandez de Pinedo, con il droits fiscaux de bolla (Catalogna) et de saggio su La production e la vente des lai- sellaje (Bilbao) au XVIIe siècle. nes destinées a l’exportation dans l’Espa- L’ultima sezione raccoglie dieci saggi gne moderne (XVIIe-XVIIIe siècles), esami- che illustrano i prodotti e i mercati. Lo na la produzione della lana spagnola studio di Jean-François Belhoste, Du destinata all’esportazione, mettendo in drap pour habiller les hommes, è partico- luce la diffusione del prodotto nell’area larmente stimolante in quanto disegna europea. L’Olanda, l’Inghilterra e la un modello di ricerca che può essere uti- Francia, diventano i migliori clienti degli lizzato anche in altre aree geografiche allevatori della penisola iberica. Le lane diverse da quelle francesi oggetto della merinas sono ricercate per la produzione ricerca. L’autore cerca di analizzare il di tessuti di buona qualità facilmente mercato di consumo partendo dal pre- assorbibili dal mercato. L’allevamento supposto che il venditore di tessuti costi- delle pecore in India è illustrata da Tir- tuisce l’intermediario obbligato tra il tankar Roy nel suo saggio su Changes in produttore e il consumatore. Conse- wool production and usage in colonial guentemente, analizzando gli inventari India. Grazie alla disponibilità di un “post mortem” sia delle botteghe dei pan- numero consistente di animali, le mani- nieri e sia dei clienti, si constata che, fatture indiane hanno un’apprezzabile almeno tra il ‘600 e il ‘700, la quasi tota- produzione laniera destinata, in modo lità degli acquisti di panni lana sono prevalente, a soddisfare la richiesta dei destinati agli uomini. Le donne si servo- fabbricanti di tappeti. L’introduzione no del lino, della seta e più tardi del

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cotone. Altra riflessione, utilizzando geografica, utilizzato dagli inglesi nei sempre lo stesso tipo di fonti, è fatta per filatoi per predisporre il vello alla lavora- determinare i colori preferiti dalla clien- zione. Nel napoletano ci sono non solo tela. Il ruolo esercitato dalla moda, dai tentativi di creare dei validi nuclei di sarti, dalla circolazione di modelli per produzione di “panni fini”, ma anche un abiti femminili sotto forma di stampe mercato dove si svolge una spietata prima e, successivamente, di veri e pro- guerra commerciale tra i produttori di pri periodici dedicati all’abbigliamento, panni spagnoli e inglesi. La realtà della sia maschile sia femminile, emerge dagli Sicilia, inoltre, si presta, grazie ad altri studi fra i quali quello di Philippe un’ampia documentazione archivistica Marchand e Didier Terrier su Les exigen- che dal medioevo giunge sino all’età con- ces de la mode et la formation technique temporanea, ad uno studio rivolto non des hommes: les écoles d’arts et d’indu- solo al mercato dei panni lana ma anche strie à Roubsix et à Tourcoing (fin XIXe a quello delle strutture ad esso connes- siècle). L’ultimo saggio di Nadia Ferná- se: botteghe di vendita al minuto, sarti, dez de Pinedo Echevarría è dedicato a Le tipologia degli abiti e loro colori, scelta demande coloniale de tissus de laine: delle foggie del vestire o degli accessori. Cuba (1802-1864). Un mercato coloniale È possibile, inoltre, ricostruire le trian- che è caratterizzato dal classico scambio golazioni commerciali che i mercanti tra prodotti agricoli, in particolar modo genovesi potevano attivare grazie al com- lo zucchero, e tessuti importati dall’In- mercio dei panni. I genovesi, infatti, nel ghilterra, dalla Francia o dalla Germania sec. XV acquistano panni in Lombardia, tramite l’intermediazione spagnola, in che esportano in Sicilia, dove comprano quanto il commercio tra la penisola ibe- del grano da portare nell’Africa del Nord, rica e le sue colonie americane costitui- dove è scambiato con l’oro che viene dal sce, sino al 1818, un monopolio. I panni Niger e dal Ghana grazie alle carovane spagnoli sono troppo costosi per potere transahariane del sale. L’oro, sempre per competere con il resto della produzione il tramite siciliano, ritorna a Genova europea, conseguentemente la loro pre- dove serve sia a pagare i panni lombardi senza nelle botteghe cubane è molto acquistati precedentemente sia ad ali- ridotta. mentare l’industria che fabbrica tessuti Un volume, in conclusione, ricco di preziosi come i broccati che hanno biso- stimoli e di approfondimenti la cui lettu- gno di fili d’oro e d’argento per imprezio- ra diventa imprescindibile per tutti colo- sire la trama (cfr. A. Giuffrida, Aspetti ro che vogliano studiare e approfondire i della presenza genovese in Sicilia nei temi legati alla produzione e alla com- secoli XIV e XV, in «Saggi e documenti del mercializzazione dei panni lana. civico istituto colombiano di Genova», Di fronte all’impegno dei gruppi di 1978). E il commercio dei tessuti sta alla lavoro che hanno preparato il lavoro per base delle fortune di Ingham, un inglese le Conferenze e per il Congresso, spiace stabilitosi in Sicilia nei primissimi anni dover rilevare come il Mediterraneo e il dell’Ottocento, che mantiene degli stretti Mezzogiorno d’Italia siano stati rimossi collegamenti con le industrie tessili dal percorso di ricerca e dalla tematica inglesi, di cui importa nell’isola la produ- dibattuta, almeno da quanto si ricava zione, riesportando verso il mercato dalla lettura degli atti del Congresso. Si americano agrumi, pistacchi, cenere di sarebbero invece potuti studiare i temi soda e vino. Un vorticoso giro d’affari che legati alla produzione sia della lana gli darà ricchezza e fama, tanto che i pugliese, molto richiesta da quasi tutti i suoi connazionali lo chiameranno «il produttori europei, sia dell’olio ricavato Creso di Sicilia». dagli ulivi presenti nella medesima area Antonino Giuffrida

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Valerio Castronovo

Fiat. Una storia del capitalismo italiano Rizzoli, Milano, 20052, pp. 837

Valerio Castronovo pubblica, a sei modello tayloristico-fordistico convinse- anni di distanza dalla prima, una nuova ro Agnelli che occorreva sfrondare la edizione della storia della più grande casa gamma dei modelli per aumentare i volu- automobilistica italiana, arricchita di due mi produttivi e usufruire dei conseguen- capitoli finali dedicati alle vicende degli ti vantaggi dimensionali, riducendo i ultimi anni, ma ridotta di spessore perché costi e i relativi prezzi di vendita: Fare sfrondata da alcuni episodi particolari per come Ford è l’emblematico titolo del renderla «di più larga circolazione». Tutta- paragrafo che racconta questa conver- via l’opera rimane corposa, mentre nulla sione alla via del fordismo. viene perso del ricco apparato originario Da quel momento la Fiat trovò la sua di note che, come avverte la Premessa, è strada di moderna azienda industriale. interamente consultabile sul Web al sito Le vicende della prima metà del ‘900 www.rizzoli–rcslibri.it/bibliofiat, il che co- impattano nella tragedia delle due guer- stituisce un indubbio valore aggiunto per re mondiali, con quei chiaroscuri che gli studiosi. sono propri della grande industria alle Quella della Fiat è una storia partico- prese con i profitti delle commesse belli- lare: seguendola, a volte in controluce, che, ma anche con le distruzioni della più spesso pienamente, è possibile legge- guerra totale. Con la variante dei rappor- re tutta la storia di una nazione e di un ti con il fascismo, come titola Castrono- popolo lungo l’arco del XX secolo in una vo, che colpirà i suoi uomini più rappre- felice sintesi fra storia settoriale e storia sentativi, lo stesso Giovanni Agnelli e il generale. A cominciare dagli esordi, che suo braccio destro, il mitico Vittorio Val- sono anche quelli dei primi avvii dell’Ita- letta in Fiat dal 1920 e anima dell’azien- lia verso la piena modernità industriale: da dopo la morte del fondatore (1945). gli esordi di un capitalismo che nasce La figura di Valletta, il Professore, è più da suggestioni sportive di un gruppo naturalmente al centro delle centinaia di eterogeneo di nobili e professionisti pagine che Castronovo dedica agli anni reclutati in parte «fra quella frangia di dal 1945 al 1967. Vero Mazzarino della aristocrazia torinese un po’ svagata e Fiat sino all’assunzione di piena respon- salottiera che viveva di rendita, ma che sabilità dell’Avvocato (il “lungo noviziato” voleva sentirsi à la page; in parte, fra lo definisce Castronovo), Valletta gestì la quello strato di borghesia professionale e Fiat con piglio austero, basandosi sulla finanziaria cauta e attenta nel far qua- solidità dei rapporti personali e su una drare i conti, ma disposta a correre qual- gerarchia quasi militaresca, propria di che rischio» ( p. 2). un capitalismo rigido e familiare. Tutta- Anche la fase iniziale della storia del- via è sotto la sua gestione che l’azienda l’azienda ci parla di un ibrido fra la voca- si confronta con successo con gli anni zione per la produzione d’auto d’élite, della motorizzazione di massa, quelli che assecondava il capriccio di alcuni della “600” e del miracolo italiano. Ma il dei fondatori, e la conversione verso Valletta accentratore di Castronovo è modelli alla portata di una domanda più anche il manager che tratta con i politici diffusa, in linea con quanto avveniva di Roma, incontra Kennedy e riesce con nella nascente industria automobilistica una «ostpolitik targata Fiat», in piena mondiale. Il nodo fu sciolto da Giovanni guerra fredda, a portare l’azienda in Agnelli: la frequentazione delle officine URSS: un vero e proprio spartiacque che oltreoceano Henry Ford aveva verso la mondializzazione della casa tori- impiantato a Detroit e la conoscenza del nese. «Il Professore era così divenuto

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«uno dei big dell’automobilismo mondia- In questa direzione il discorso tenuto le», come lo definiva anche la stampa dall’Avvocato nel 1975, in occasione americana. E dietro quell’aria dimessa, della sua prima presidenza della Confin- con cui amava presentarsi in pubblico dustria (p. 615), segna il divario netto fra perché lo si considerasse non più di un una borghesia imprenditoriale e produt- «impiegato» sia pur al vertice della carrie- tiva e il mondo della politica avviato al ra, e non già il «padrone della Fiat» aveva disastro della Prima Repubblica. L’inter- accentrato nella sua persona le preroga- vista rilasciata a Eugenio Scalari il 26 tive e i simboli di un sovrano assoluto aprile 1976 (p. 629) costituisce, appun- nell’ambito di un gruppo industriale che to, il manifesto di questa borghesia pro- era uno dei maggiori potentati economi- duttiva moderata che chiede al governo ci europei» (p. 521). di combattere lo spreco e le rendite L’azienda che eredita l’Avvocato è parassitarie e ai sindacati un’opposizio- una realtà solida a livello internazionale, ne responsabile e costruttiva. ma che si trascina alcuni problemi che Superati gli anni di piombo e la grave la gestione paternalistica e da sovrano crisi finanziaria degli anni ’70 grazie all’i- illuminato di Valletta, non ha saputo o niezione di petroldollari libici (p. 642), la voluto risolvere. È un’azienda dove Fiat diviene una grande impresa multina- manca un management moderno e la zionale. Siamo agli anni ’80 e al grande “vecchia guardia” dei collaboratori di successo della “Uno”, con la quale l’azien- Valletta si oppone al cambiamento. Inte- da raggiunge in Europa una posizione di ressanti sono, a questo proposito, le con- tutto rilievo. Sono gli anni di Romiti e Ghi- siderazioni sul ritardato spostamento della, che realizzeranno una mutazione delle fabbriche nel meridione, un ritardo nelle strutture interne, in parte intuita causato proprio dalle resistenze dei più dalla fugace apparizione in Fiat di Carlo De alti quadri dell’azienda, a fronte di una Benedetti alla metà degli anni ’70 (p. 625); Torino che stava letteralmente esploden- sono gli anni in cui si impone la sfida alla do sotto la pressione dell’emigrazione qualità totale del toyotismo (p. 737) che continua dalle regioni del Sud (Perché la impone una riconversione di mentalità e di Fiat non scese al sud, p. 479). Sempre organizzazione della produzione. più grave è poi la questione dei rapporti La storia degli ultimi anni, quella dei con sindacati e maestranze; siamo ormai due capitoli aggiunti in questa edizione, è al punto che le lotte di fabbrica per la storia del fallimento dell’assalto al imporre una diversa condizione del lavo- mercato mondiale, nei confronti del quale ro si saldano con quelle per conseguire forse Castronovo avrebbe potuto entrare migliori condizioni di vita fuori dagli sta- più nei dettagli di una politica industria- bilimenti (p. 549), creando quella misce- le che ha commesso una enormità di la esplosiva che brucerà per tutti gli anni errori proprio nel core business dell’auto; ’70. Tre saranno, infatti, le grandi que- ed è anche il periodo dell’alleanza con stioni che agiteranno la vita dell’azienda General Motors che, assai emblematica- in quegli anni: le lotte operaie, la gravis- mente, ha la sua sede proprio in quella sima crisi successiva allo shock petroli- Detroit da cui partì il sogno del fondato- fero e i rapporti con la politica. In questo re della Fiat, un’alleanza poi rivelatasi contesto, Castronovo disegna la figura tutt’altro che solida, come un abbraccio dell’Avvocato e del fratello Umberto come fra due giganti malati. Molto discreta- quella di due principi illuminati, che si mente, infine, Castronovo accenna ai battono per promuovere una società lutti che hanno colpito la famiglia in que- «illuminata e matura» (p. 604) avendo di sti ultimi anni, che certamente hanno fronte essenzialmente due nemici: gli pesato più di quanto si possa immagina- operai, specie nella fase del “movimenti- re per un’impresa che, ancora nell’epilo- smo” delle lotte degli anni ’70 e un go di questa narrazione, viene definita mondo politico sempre più inefficiente e “familiare-manageriale” (p.780), a dimo- corrotto che ha messo su, con il sistema strazione della persistenza di un caratte- delle partecipazioni statali, un concor- re che è proprio del DNA della più gran- rente che agisce con ben altre logiche di de impresa del capitalismo italiano. quelle del mercato. Giorgio Cavadi

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