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L'OPERA DI ALBERTO MORAVIA NEL GIUDIZIO

DEI CRITleI , '.

L'OPERA DI ALBERTO MORAVIA NEL GIUDIZIO' DEI CRITICI.

by

Jen Wiens·tein

A thesis stibmitted to the Faculty of GraduateStudies, and Research in partialfulfilment of the requirements for the degree of Master of Arts.

Department of Italian Language and Literature, McGill University, August 1968 Montreal.

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@) Jen Wienstein 1969 1 1 Jen Wienstein

L 'OPERA DI ALBERTO MORAVIA NEL GIUDIZIO DEI CRITleI

Department of Italian Language and Literature

Master of Arts

This is not an essay on Alberto Moravia but a study of the literary criticism on his work. The bibliography, placed at the end of this thesis, is evidence of the considerable attention MOravia.has received from literary critics. In the first chapter l discuss the main trends in Moravian criticism. In the other chapters l examine in detail the most important aspects of MOravia's work - the scene, the characters, the main themes, and the style of his novel:s, short stories, and plays - as they are presented by the critics. In the conclusion l attempt to assess the overall contribution made by the critics to our understanding of MOravia's work. PREMESSA

Benché Alberto Moravia 0, secondo 10 stato civile, Alberto

Pincherle - Moravia, com'~ noto, ~ uno pseudonimo - abbia appena pas­ sato i sessant'anni, c'~ gi~ intorno a lui un numero notevole di scritti critici. Per convincersene, baster~ dare uno sguardo alla, bibliografia alla fine di questo saggio. Sembra, quindi, chesia giustificato il proposito di tracciare un quadro della critica moraviana, soffermandosi su certi aspetti di essa particolarmente significativi, etentar di fare cos!, sia pure brevemente ed in via deI tutto provvisoria, il bilancio dei risultati raggiunti. E' questo appunto, soltanto questo,

10 scopo deI presente lavoro. Non si tratta, dunque, di un saggio su

Moravia, ma di un saggio sulla critica moraviana.

J. W. '-

l

PERICOLI E TENDENZE DELLA CRITlCA MORAVIANA

Di fronte alla critica che mira ad esaminarlo, valutarlo, e presentarlo, bello 0 brutto che sia, al pubblico, Alberto MOravia si mostra offeso, deluso e scontento. In un'intervista con P. Festa

Campanile, nella Fiera letteraria deI 1952, MOravia dice:

La maggior parte dei critici ~ in polemica con me; essi sarebbero lieti se io scivolassi sulla buccia di banana di un'opera sbagliata. Non aspettano altro, questo ~ il loro maggiore desiderio.

L'intervista ~ intitolata: "1 critici vogliono la mia fine?"l

MOravia, perO, non ~ uno che si lasci criticare senza, a sua volta, criticare gli altri. Fra MOravia e i suoi critici c'~ un dialogo continuo, una specie di lotta verbale. MOravia risponde ai giudizi dei critici; dice quelle che ritiene valida e utile in un giudizio letterario e quelle che gli sembra falso e vano; dice dov'~

1 Fiera letteraria, 6 gennaio 1952. 3

d'accordo e dove diverge dalla critica. l critici giudicano MOravia;

;Moravia giudica i critici;:. ed ~ un giudice severo:

Autrefois le critique était informative. Elle présentait un livre aux lecteurs. Aujourd'hui, elle se veut créatrice, lyrique, autobiographique. Le critique ne parle pas du livre mais de lui-même. Il se raconte, sur le dos du romancier. Il devient le rival de ce dernier. A la limite, il pourra éliminer les oeuvres publiées ~ critiquer, pour parler d'oeuvres imaginaires. La seule critique dont je reconnais la validité est celle qui se demande ce que l'auteur a voulu faire et dans quelle mesure il a réussi. 2

In un artico10 della rivista Nuovi argomenti Moravia spiega molto

chiaramente il suo atteggiamento verso la critica, ed esprime efficace- mente la sua de1usione e insoddisfazione davanti ad essa:

Ricordo che fin dalla pubb1icazione de1 mie primo romanzo G1i indifferenti, io provai, 1eggendo le numerose recensioni~ un senso-­ profonde di de1usione. Mi co1pivano la 10ro superficia1it~, pro­ vincia1it~, esteriorit~ e meschinit~, pur sotto la vernice presuntuosa e brillante della cosiddetta critica estetica. Ma soprattutto mi co1piva la incomp1etezza di queste critiche. Facevano pensare a qua1cuno che diriga su un paesaggio notturno il raggio molto ristretto di una picco1a lanterna e 10 diriga per giunta in un punto solo e quindi pretenda di aver visto l'intero paesaggio. QUesto senso di de1usione si ripeté poi punta1mente ogni volta che facevo uscire un 1ibro. E si ripeté egua1mente la sensazione della parzia1it~ e manchevo1ezza de11'esame, tanto pih misteriose in quanto ormai non potevano imputarsi alla novit~ della mia opera. Alla fine, dopo mo1te rif1essioni, sono venuto alla conc1usione che la mia insoddisfazione era originata da un fatto molto semp1ice: io ero e sono tuttora convinto che certi aspetti della mia opera andassero presi in seriaconsiderazione. Da1 canto 10ro i critici non presero mai in considerazione questi aspetti, anzi, tenacissima­ mente, li ignorarono e li ignorano a tutt'oggi. Soltanto neg1i u1timi anni, con l'avvento della critica pib giovane, la situazione ~ in parte cambiata.3

2 Cito da11'intervista di Moravia con L. Wiznitzer, '~e flic du sexe, Moravia," Le magazine Mac1ean, marzo 1968.

3 A. Moravia, "Otto domande sulla critica 1etteraria in Ita1ia," Nuovi argomenti, maggio-agosto 1960. 4

Data la "superficia1ith, provincia1ith, esteriorith e meschinith" della critica, MOravia cerca lui di rimediare a11e lacune e a11e

deficienze di questa, e si fa avanti come critico di se stesso. Scrive, appunto, Fernandez:

Lungi da1 nascondere, come fanno un buon numero di scrittori con civetteria abusiva, il segreto significato delle sue opere alla 1uce indagatrice della critica, MOravia 1ascia capire ••• che ~ lui, MOravia, il primo ad essere critico delle sue opere.4

Attraverso varie interviste, mo1ti scritti critici, e artico1i, come

"Ricordo deg1i Indifferenti" e "Perché ho scritto La romana," veniamo a conoscere le sue idee. Per esempio, sui personaggi di un racconto:

Que110 che c'interessa non ~ tante una sedicente obiettivith' che co11ezioni tipi e caratteri meccanicamente; quanto ~ la capacith tutta poetica di rappresentare in spog1ie umane le proprie speranze, le proprie paure, i propri risentimenti, i propri amorij di raccontarsi non attraverso il ca1do dis corso della 1irica ma attraverso i personaggij di definirsi suddividendosi e sdoppiandosi in una 0 cento creature. In a1tre parole il personaggio non ~ il frutto di un'osservazione pi~ o mena minuziosa e precisa; bens! la forma de1 giudizio morale. Osserviamo di passaggio che ~ appunto per questo motivo che i personaggi de1 romanzo sono spesso meno de11'autore, spesso l'autore stesso, ma raramente pi~·de11'autore.5 o su Freud e Marx:

Il caso di Freud ~ molto simile a quelle di Marx. Ambedue mettono a11'origine di attivith apparentemente autonome e 'idea1i' una determinazione materia1e: l'istinto sessua1e in Freud, il movente economico in Marx. 6

4 D. Fernandez, Il romanzo ita1iano e la crisi della coscienza moderna, trad. it. di Franca Lerici (Mi1ano, 1960), p. 30.

5 A. MOravia, L'uomo come fine (Milano, 1964), p. 22.

6 L'uomo come fine, p. 85. 5

Ed ecco la giustificazione della sua preoccupazione per il sesso e per

il denaro:

All l can say is that the dominating theme of my work seems to be that of the relationship between man and reality. This may seem to some people a philosophical problem and is indeed the outstanding problem of our time. It took an acute form during and immediately after the first world war because of the destruction by the war itself of the traditional scale of values, and because the relationship between man and reality, which up till then had been based on tradi­ tional ethics, was brusquely interrupted by the collapse of those very ethics. Man found himself suddenly incapable of establishing a relationship with his own world, for the world had become dark and unplumbable or - worse still - it had disappeared. Gli indifferenti an~ my other novels have sought to express the urgency of these pro­ blems. It was this urgeccy that p~ompted a particular preoccupation with the fact of sex, which is one of the most primitive and unchanging manifestations of the relationship with reality; and the same goes for the preoccupation with social and economic facts. 7

Siamo ben informati del suo punto di vista circa la letteratura impegnata:

Je suis contre l'institutionnalisation de la littérature. Sinon, elle perd sa spontanéité, devient propagande. Un écrivain a une con­ 'science politique et peut même avoir une action politique, mais s'il met ses écrits au service d'un parti politique, il cesse d'être écrivain.8

E circa il moralismo:

Il mondo moderne non ha né un'idea dell'uomo né un concetto del bene e del male di cui farsi un trampoline per slanciarsi nel moralismo •••• Il mondo moderne è, insomma, un mondo di accusati in cui nessuno è 0 si sente degno di esser giudice; un mondo di conformisti senza alcun modello al quale conformarsi. 9

7 A. Moravia, "About my novels," The twentieth century, CLXIV (1958), 531. Il testo di questo articolo, scritto originariamente per la radio Francese, è stato pubblicato in inglese, nella traduzione di Barbara Lucas. Sulla questione accennata sopra, si veda anche R.W.B.' Lewis, The picaresque saint (Philadelphia, 1959), p. 298. 8 Intervista con L. Wiznitzer.

9 L'uomo come fine, pp. 283-4. 6

Potremmo continuare con le citazioni, ma ci sembra che basti.

Gli scritti critici di MOravia ci fanno sapere quel che egli ha inteso

fare nella sua narrativa: le preoccupazioni, le aspirazioni, le idee

che 10 hanno giudato. MOravia cos( certamente rende pitt facile, almeno

entro certi limiti, il lavoro della critica. Ma bisogna tener conto che egli vorrebbe addirittura dominarlo e giudarlo, ridurlo cio~ ad un lavoro di elaborazione delle sue osservazioni. l critici, a loro volta, nella maggior parte dei casi, respingono MOravia come guida deI loro lavoro critico, trascurano le sue indicazioni, sono diffidenti di fronte aIle spiegazioni fornite dallo scrittore; non ammettono un rapporto diretto fra le idee critiche di MOravia e la sua opera·narrativa; continuano ad esplorare, ad analizzare per arrivare ad un'·interpretazione per conta loro. Sarebbe difficile dar loro torto. Di fronte a

MOravia, essi si comportano secondo il medesimo criterio seguito da MOravia stesso di fronte aIl 'opera di Pavese:

Noi sappiamo che non si debbono giudicare gli uomini da quelle che essi pensano di essere 0 vogliono essere, ma da quello che realmente sono. E che ogni autodefinizione ha un suo significato ignoto a colui che si autodefinisce. lO

Quello che uno scrittore pensa di fare e quelle che fa, quello che pensa di essere e quello che ~ in realt~, non sono sempre la stessa cosa. Spesso, com'~ ovvio, l'autore non pu~ staccarsi dalla sua

10 L'uomo come fine, p. 191. 7

opera, e il suo autâ-giudizio risulta soggettivo invece che obbiettivo,

e, quindi, di poco valore critico. MOravia non ries ce ad usurpare il

posto deI critico. Lo scrittore rimane scrittore; il critico rimane

critico. Ecos! sia.

Certo Moravia ha, almeno in parte, ragione, quando lamenta

l'incompletezza, la parzialith, la superficialith, la provincialith,

l'esteriorith, la meschinith della critica. Questo è vero, perô,

soltanto di certa critica e non di tutta la critica; e non basta fare

eccezione solo per la critica degli ultimi anni, come egli suggerisce. ll

Il pericolo pib grave della critica moraviana consiste nel far

dipendere il giudizio letterario da sentimenti morali, religiosi,

politici, 0 simili - da pregiudizi insomma che paralizzano il giudizio.

Purtroppo, intorno ad ogni scrittore, nascono pregiudizi di questo tipo,

che danno luogo ad una critica senza basi concrete, falsa e vuota. Il

casa di MOravia non è un'eccezione a questa regola. Esiste, nella

critica moraviana, una corrente animata da un deciso disprezzo, volta

alla stroncatura radicale dell'autore e della sua opera. Due fattori

determinano questo orientamento: il successo immediato ed enorme dello

scrittore e il contenuto sconcertante della sua opera. Il critico che considera l'opera di MOravia si trova di fronte alla grande popolaritA dell'autore. Non ~ il primo a giudicare l'opera dello scrittore; c'è

Il Si veda sopra, a p. 3, il passo citato dell'articolo di MOravia pubblicato in Nuovi argomenti, maggio-agosto 1960. 8

un predecessore, il ptibb1ico dei 1ettori. Dunque il nostro critico ha

una sce1ta: 0 mostrarsi d'accordo col giudizio della maggioranza dei

1ettori, 0 condannar10.

L'esponente pib tipico di questa tende~za della critica moraviana,

Del Giudice, sceg1ie la seconda a1ternativa; eg1i biasfma la gente di

oggi che "chiede solo pagnotte imbottite e spettaco1i te1evisivi,,,12 e

non d~ credito, quindi, al giudizio 1etterario de1 ptibb1ico:

. Un'autentica opera d'arte non pub imporsi a11'attenzione né a11 'ammirazione deI popolo. Se non a1tro, perché il popo10, come il Machiave11i giudicb, "non ~ se non vulgo" e percib non ~ in grado di discernere il be1lo da1 brutto.13

L'opera di MOravia acco1ta fe1icemente da1 pubb1ico ~, dunque, disprezzata da1 critico; siamo di fronte a110 "snobismo" de1 critico 1etterario, al suo prestabi1ito dovere di andare contro il giudizio popo1are.

Moravia ~ "di que11i che danno incremento al commercio 1ibrario, non di que11i che si sentono investiti di una missione e scrivono come se adempissero il pib santo dei doveri. ,,14 E qui potremmo anche esser d'accordo col critico; Moravia non ~ né un santo né un missionario; se avesse sentito la vocazione re1igiosa, sarebbe diventato prete, e non scrittore. Ma dato che ~ scrittore, dovrebbe essere giudicato secondo i criteri della critica 1etteraria, non secondo la casistica

12 S.De1 Giudice, Moravia (Napo1i, 1958), p. 5. 13 Del Giudice, p. 4.

14 Del Giudice, p. 38. 9

cattolica. Il modo. di pensare di Del Giudice ~ chiaramente sbagliato, offuscato com'~ da preoccupazioni morali e religiose, che non hanno niente a che vedere con la critica letteraria. Ma continuiamo'il nostro discorso.

E' chiaro che la popolarit~ dello scrittore d~ noia a certi critici.

Essi guardano di malocchio Moravia; diventano sospettosi, diffidenti.

Cercano il motiva deI successo dell'autore e 10 trovano, senza troppa difficoltà, nel contenuto della sua opera. Ormai non giudicano pib l'opera dello scrittore; giudicano invece il contenuto della sua opera.

Abbiamo visto il casa di Del Giudice. Ecco un altro esempio, il giudizio

Qi Galletti: Li suoi numerosi ammiratori] vorrebbero rappresentarlo come un artista coraggioso che ritrae senza ipocrisia i veri aspetti della vita e d'altro non ha cura; ma l'insistere compiaciuto dello scrittore in certi particolari mostra che egli mette deliberatamente in scena ciô che comunemente ~ riputato 'osceno'. In altri anni una tale compia­ cenza dava mala fama ad uno scrittore.15

D'accordo; il contenuto moraviano ~ "di. que11i che la gente timorata racconta appena sottovoce~;16 non ~ né dolce Dé delicato. Ma ci si domanda, quando ~ che la do1cezza ~ diventata criterio d'arte? Di che cosa hanno paura questi critici? Chi puô es sere corrotto dai pensieri deI nostro scrittore? Si puô soltanto rispondere: la verità, la nudit~ deI pensiero nell'opera di MOravia colpisce, quasi abbag1ia;

15 A. GaDetti, Il novecento (Mi1ano, 1954), p. 709.

16 P. Pancrazi, Scrittori d'oggi (Bari, 1946), II, 118. 10

il critico ha bisogno di sche~i per vedere chiaro. Senza dubbio,

questo ~ 10 stesso tipo di critica che ha c"ausato 10 scandalo intorno

aIl 'opera di D.H. Lawrence. Purtroppo, non abbiamo oltrepassato

l'atteggiamento puritano deI secolo scorso.

All'altra estremith, ma mena numerosi, troviamo i critici che

cercano soprattutto di dare credito al successo di MOravia, di presen-

tarlo in bella luce, di giustificarlo. Sono a volte, anche troppo

generosi e entusiasti, e trascurano gli elementi ovviamente negativi,

i difetti evidenti dell'opera moraviana. Sono troppo pronti ad

accogliere MOravia come l'eroe letterario, a lungo aspettato, dell'Italia

contemporanea. Questa critica, molto utile se si trattasse di fare

una statua a MOravia, non serve troppo all'interpretazione della sua

opera.

Poi ci sono i critici che insistono solo su un aspetto dell'opera

deI Dostro scrittore. QUest'aspetto guardato alla lente d'ingrandimento,

esaminato minuziosamente viene esagerato e assume proporzioni arbitrarie.

Per esempio, c'~ il critico che presenta Moravia come une scrittore "

esistenzialista. Lasciamo stare se Moravia sia 0 non sia scrittore esistenzialista. QUi non importa. Quel che importa ~ che, comunque, non ~ soltanto scrittore esistenzialista; ~ anche scrittore pSicologico, sociale, anti-letterario eCCe; MOravia ~ la combinazione di diversi elementi. Uno dei critici più intelligenti di MOravia, Limentani, sottolinea il pericolo di questa critica:

Certo l'allacciamento dell'esperienza moraviana a quella di Sartre fu una delle migliori indicazioni per un collocamento di essa, Il

ma poi fermarsi a questo riferimento, risolvendo tutto il valore della scoperta moraviana nella pi~'organica concezione dello scrittore francese e ancorando tutta la successiva produzione di MOravia alla barca dell'esistenzialismo, sarebbe fare un torto alla scrittore romano, semplificarne l'opera togliendogli molto di suo, di personale.17

Se insistiamo troppo su un aspetto dell'opera di MOravia, ne trascuriamo

altri. MOravia diventa troppo chiaro, troppo semplice; si rinuncia

alla complessità essenziale allo scrittore. Perô, spesso i critici

che incorrono in questo errore sono seriamente convinti deI loro punto

di vista e 10 presentano in maniera concreta, sulla base di moIti

esempi e citazioni. Collocata in una giusta prospettiva, questa

critica, quindi, puô fornire degli elementi importanti alla comprensione

dell'opera moraviana.

In questa rassegna degli errori della critica 0, comunque, delle

tendenze mena convincenti della critica moraviana, non puô mancare un

accenno al critico che scrive l'articolo intitolato: ~L'ultimo MOravia."

QUesto critico cerca, in quattro pagine, di darci un quadro di tutta

l'opera precedente dello scrittore, di legare ad essa l'ultimo libro,

e finalmente di dare un·giudizio sul nuovo romanzo di MOravia. Pur- troppo, con poche eccezioni, riesce solo a darci un'idea sommaria della

trama deI nuovo romanzo. MOravia stesso è responsabile del titolo assurdo di questi articoli: Chaque fois que je finis un livre, je me jure que ce sera le dernier. Je vous avouerai que je déteste écrire. Chaque livre me demande un effort énorme, laborieux. C'est impardonnable.18

17 A. Limentani, Alberto Moravia tra esistenza e realtà (Mïlano, 1962), p. 100.

18 Intervista con L. Wiznitzer. 12

Per~, MOravia si paragona agli uccelli e continua a cantare. E allora, ogni volta che esce un nuovo libro di MOravia, esce anche l'articolo

sull'ultimo MOravia. Ma non ~ mai l'ultimo. MOravia, nonostante i suoi propositi, continua a scrivere.

E infine c'~ il critico che ripete in forma sommaria i soliti

luoghi comuni della critica moraviana. Non riesce né a farci cap ire

meglio l'opera dell'autore né a criticarla, ma soltanto a confonder~i

e a darci fastidio. El evidente che il suo interesse ~ poco e povero; ma chi p~ scrivere un libro sul novecento letterario italiano, senza

includerci almeno dieci pagine su MOravia?

Accanto a questa critica falsa e vuota, Cl~, perb, come abbiamo già accennato, quella che contribuisce veramente alla comprensione dell'opera di MOravia: Borgese, Pancrazi, Solmi, Zavattini, De Robertis,

De Michelis, Falqui, Guarnieri, Russo, Flora, Ravegnani, Scaramucci,

Fernandez, Pullini, Trombatore, Lewis, Sanguineti, Del Buono, Limentani,

Crocenzi, Barilli, Grisi, Dego,19 con i loro libri articoli 0 anche soltanto recensioni, hanno tutti portato un contributo positivo. Le divergenze esistenti fra questi critici a proposito dell'interpretazione e della valutazione dell'opera di MOravia sono certo numerose e

19 Per le indicazioni circa·gli scritti su Moravia dei critici qui menzionati, si veda la bibliografia, in fondo a questo saggio. Qui basta aggiungere che la critica dedicata a MOravia negli anni dal '29 al '45 ~ scarsa; la maggior parte della critica moraviana (con l'eccezione delle recensioni 0 articoli di Borgese,Pancrazi, Solmi, Zavat.tini, De Robertis, Falqui, Guarnieri e dei saggi di De Michelis, che soltanto nel '54 vennero raccolti nel libro Introduzione a MOravia) appartiene al periodo deI dopoguerra. 13

importanti, e sarebbe certamente un errore minimizzar1e. Ma sarebbe anche un errore non tener conto delle concordanze che esistono fra di

essi.

Per esempio, mentre solo pochi critici, come Fernandez e Bari11i,20

sotto1ineano il 1ato positivo della visione della vita di MOravia, la

maggior parte tende a presentare MOravia come une scrittore di "una nera e potente imnaginazione,"21 come uno scrittore negativo, opprimente,

pessimista. Fra gli esponenti di questa tendenza sono G. Pu1lini,

G. Ravegnani, F. Flora. Scrive Pullini: Per la prima volta ne11a narrativa ita1iana si affaccia una concezione esistenzialisticamente negativa della vita: il possibi1ismo imp1icito ne11 1 esistenzia1ismo viene sentito e vissuto soltanto come fatalità negativa di ogni possibilità, incertezza cos tante e scettica, quindi sfiducia, rassegnazione al peggio.22

A ~llini si aggiunge Ravegnani, che scrive:

Che MOravia sia uno scrittore amaro, 10 si sa da un pezzoi ••• E che sia uno scrittore che veda tutto brutto ne11a vita, e di conseguenza non'~~roppo Cl incoraggi a viver1a, se davvero uomini e donne sono tutti de110 stampo delle sue donne e dei suoi uomini, anche questo si sa, sin da1 tempo degli Indifferenti. 23

20 Fernandez sostiene che MOravia ~ nuno scrittore profondamente ottimistafl (p. 57). Bari11i scrive: liNon ci si 1asci ingannare dai caratteri patologici e appunto di ma1attia cronica, di negati­ vità che presentano gli eroi.di Pirandello, 0 di Svevo, 0 di Joyce, o infine di MOravia stesso. Sono questi i frutti 10ca1mente negativi di una pianta, di una Weltanschauung che d'altronde pub rivendicare in a1tre sedi tito1i sufficienti per esser considerata positiva. 1I Si veda R. Barilli, La barriera de1 natura1ismo (Mi1ano, 1964), p. 64. 21 F. Flora, Serittori "ita1iani contemporanei (Pisa, 1952), p. 225. 22 G. Pu11ini, Il romanzo ita1iano de1 dopoguerra (Mï1ano, 1961), p. 71. 23 G. Ravegnani, Uomini visti (Mï1ano, 1955), p. 203. 14

E Flora, che parla della "nera fantasia" di Moravia e deI fatto che

"in Moravia la gamma. dei sentimenti umani ~ limitata al negativo. ,,24

Non mi sembra che Moravia possa esser stato sorpreso da giudizi di

questo tipo. Le espressioni adoperate nei suoi riguardi da questi

critici ricordano quelle adoperate da un personaggio moraviano a propo-

sito deI neorealismo nel cinema:

Quando dico che il film neorealistico non ~ sano, dico che non ~ un film che incoraggi a vivere, che aumenti la fiducia nellaïVita ••• il film neorealistico ~ deprimente, pessimistico, grigio ••• a parte il fatto che esso rappresenta l'Italia come un paese di straccioni, con gran gioia degli stranieri che hanno tutto l'interesse a pensare, appunto, che il nostro sia un paese di straccioni, a parte questo fatto dopo tutto gih abbastanza importante, esso insiste troppo sui lati negativi della vita, su tutto quello che c'~ di brutto, di sporco, di anormale nell'esistenza umana ••• insomma ~ un film pessimistico, malsano, un film che ricorda alla gente le sue difficoltà invece di aiutarla a sormontarle. 25

Accanto ai critici che ritengono che ci sia uno sviluppo,

un'evoluzione nell'opera di Moravia, ci sono quelli che 10 presentano

come scrittore di un unico libro Gli indifferenti, come scrittore senza

storia. Ecco, per esempio, Russo:

Chi sarà quello "storicista" cos! bravo e industrioso che saprà tracciare una storia della sviluppo della "personalità" e dell'''arte'' e della "poesia" di Alberto Moravia? Ne conosco uno che ci si era messo di proposito, e non c'~ riuscito: avrebbe voluto fare la storia di questo giovane scrittore ricco d'ingegno e di vecchiezza, cio~ di maturità, ma a .dire .i1 vero tra Gli indifferenti ,che s,ano deI '29 e Le ambizioni sbagliate che sono deI '35 e La mascherata che ~ deI '41, non si pub dire che ci sia un rapporto di sviluppo: questo per dire

24 Flora, p. 206.

25 A. Moravia, Il disprezzo (Mllano, 1963), p. 86. 15

dei romanzi, ma un romanzo ~ anche Agostino che è de1 1943 e questo si rico11ega evidentemente ag1i Indifferenti e a Inverno di ma1ato che apparve ne1 Pegaso, sa1vo errore, de1 1929. Questa "astoricità" de1.. l'arte di MOravia potrebbe essere difetto di acume de110 storico e suo non maturatoaffiatamento con l'opera de110 scrittore, ma potrebbe es sere anche l'aporia e la bravura stessa de1 MOravia che è scrittore "cirt;olare", scrittore da "carose110", scrittore da "Luna Park" 0 da "otto volante", ma non scrittore che si svo1ge su un.piano di umanità progrediente su se stessa come i fiumice11i che, andando per sassi 0 per va11i, si fanno a poco a poco fiumi rea1i e poi sboccano, ricchi di acque, al mare.26

E diversi anni dopo, Crocenzi:

Non pub non sorprendere che uno scrittore di cos! 1unga carriera 1etteraria si dimostri inetto ad uscire dai suoi stampi consueti ed abusati, per non dire addirittura prestabi1iti (non quindi in lui, una fede1tà ad una tema~ica che è insieme coerenza di ispirazione: piuttosto, ci pare, una in· lui congenita incapacità di tentare pib a1te prove, di a11argare il suo orizzonte, di infondere una nuova vita ad una ispirazione o contratta 0 consunta 0 sforzata, vo1uta, insomma) non sappia guardarsi attorno con un occhio pib 1ibero, con uno sguardo pib pensoso e insieme pib 1impido.27

A questi rimproveri rispondono i critici de11'opposta tendenza, Bari11i e de1 Buono. Osserva de1 Buono:

l critici che imputano a MOravia di essere autore di un solo 1ibro, appunto G1i indifferenti, co1piscono giustoe sbag1iano insieme, fuorviati dalla 10ro pigriaia e faziosità: co1piscono giusto perché ~ perfettamente dimostrabile come ne1 primo romanzo siano trattati.già tutti gli argomenti cari al narràtore, sbag1iano perché ne11e opere successive ta1i argomenti non sono citati a orecchio 0 stancamente ripetuti, ma portati sempre pib avanti, sempre pib approfonditi. 28

26 L. Russo, "Alberto MOravia scrittore senza storia," Be1fagor, l (1946), 214-15. 27 L. Crocenzi, La donna ne11a narrativa di Alberto MOravia (Cremona, 1964), p. 44. 28 O. de1 Buono, MOravia (Mi1ano, 1962), p. 25. 16

E similmente scrive Barilli:

La problematica ~ stata si gettata alla ribalta con una superba evidenza; ma resta da verificarla, ritrovandola a part ire da altri punti di vista; resta da svolgerla in tutta la casistica possibile, da svilupparla in un gran numero di "fenomeni", di manifestazioni particola~~~ resta perfino, oseremmo dire, da sottoporla a una serie di fraintendimenti, di tentativi volti a spostarla, a modificarne l'intimo significato, per constatarne la forza intrinseca attraverso una verifica e contrario. 29

Alcuni critici presentano MOravia come un moralista; altri,

invece, ritengono che la sua opera sia priva di ogni interesse morale.

Ravegnani 10 descrive come "un moralista autentico," il quale mette "il dito sulle piaghe deI mondo a fin di bene":

Tutte le sue pagine migliori, specialmente quelle di Agostino e della Disubbidienza, sono testimonianza d'una vocazione da padre pre­ cettore. 3U

E De Michelis parla della tentazione di MOravia di ''montare in cattedra, Il deI suo sforzo di "moralizzare" la sua materia.3l Mentre Trombatore insiste sul carattere obbiettivo e impassibile della narrativa moraviana, aliena da preoccupazioni morali:

Non pu~ avanzare nessuna denunzia, chi non si levi a reclamare la sovranità della giustizia sull'ingiustizia.32

E pii'L avanti:

QUel che manca alla narrativa moraviana, 0 che vi rimane nel­ l'ombra, ~. appunto l'impegno interpretativo, che è quanto dire l'intervento

29 Barilli, p. 79.

30 Ravegnani, Uomini visti, p. 206.

31 E. De Miche1is, Introduzione a MOravia (Firenze, 1954), p. 54.

32 G. Trombatore, Scrittori deI nostro tempo (Pa1ermo, 1959), p. 16. 17

inequivocabi1e della coscienza de110 scrittore •••• Avviene cos{ che le categorie de1 bene e de1 male, e anche quelle de1 vero e de1 fa1so, vivano sempre in una ambigua e promiscua reciprocitA, e sole rimangono distinte quelle de11'uti1e e de1 dannoso. Perci~ questa narrativa non si vo1ge a interpretare e a giudicare la vita; ma a spiegar1a e a investigar1a, vio1andone il pudore. 33

Dello stesso avviso ~ Crocenzi: '~ravia penetra, esp1ora, con occhio

fermo, 1ucido, ne11e molle de11'agire umano: in lui, nessuna denuncia,

nessuna protesta, nessuna condanna.,,34 E Fernanaez parla de11'amora1ismo

di Moravia:

L'amor.a1ismo di Moravia non ~ un'attitudine morale che imp1ica un impegno persona1e; questo amora1ismo riflette un'impossibi1itA di artista a interessarsi a qua1cosa che non ha bisogno di essere espressa per essere; s!, il mondo morale coerente, supponendo che si rea1izzi ne11a pib meravig1iosa e perfetta armonia, non sarebbe mai a1tro che una derisione, una caricatura, una parodia ne11'arte. 35

C'~ poi la questione se Moravia sia uno scrittore rivo1uzionario

o uno scrittore moderato. Cecchi osserva: Non bisogna dimenticarsi mai che, nonostante que11'aria di enfant terrible e di sfegatato rivo1uzionario che gli s'attacc~ addosso al tempo deg1i Indifferenti, ne1 Moravia ~ una costante inc1inazione tradiziona1ista.36

Si discute anche se Moravia sia scrittore pietoso 0 scrittore privo di umanitA. Limentani parla d~l "ge10 moraviano,n37 e Flora osserva che

33 Trombatore, p. 65-66.

34 Crocenzi, p. 22. 35 Fernandez, p. 40. 36 E. Cecchi, Libri nuovi e usati (Napo1i, 1958), p. 264.

37 Limentani, p. 49. 18

"Moravia raramente guarda con pietà i suoi personaggi."38 Ravegnani, invece, parla deI "calore umano," della "pietà" e della "commozione"

nei romanzi dell'adolescenza, Agostino e La Disubbidienza.39 E infine ci sono diversi punti di vista su quale sia il migliore, il!!!2

Moravia. Alcuni ritengono, come Pullini, che Moravia ne "Gli indifferenti

aveva già dato il meglio di sé .,,40 , ''Mai inizio assunse felicità e vigore di archetipo," dice Ravegnani, "come quello moraviano; per cui

gli accrescimenti posteriori sono tutti scontati in anticipo.,,4l

Altri, invece, considerano Agostino come il capolavoro moraviano.

Ecco, per esempio, quel che dice Fernandez:

Agostino ~ proprio il tipo deI capolavoro moraviano, non solo per l'originalità deI soggetto (risveglio d'un ragazzo aIle sensazioni deI corpo e prime scoperte delle nozioni relative al fatto sessuale), non solo per il talento col quale questo difficile racconto ~ condotto fino a un punto di perfezione classica (ormai, su una delle situazioni pib delicate e meno trascurabili dell'età umana, niente potrà essere scritto se non in rapporto all'opera di Moravia), Agostino ~ inoltre un'opera mirabilmente simbolica di questa profonda attitudine mentale dell'autore, che consiste nell'andare, sul piano intellettuale, dal­ l'allusione vaga e ipocrita alla esplorazione minuziosa e totale, dalla convenzione piacevole alla verità scabrosa,'o sul piano estetico, dalla'mezza tinta eccitante alla luce cruda, dal fondo impressionista al modello rigoroso, dall'ineffabile a quello che deve essere ancora detto.42

38 Flora, p. 223. 39. Ravegnani, Uomini visti, p. 203.

40 Pullini, Il romanzo italiano deI dopoguerra, p. 78.

41 Ravegnani, Uomini visti, p. 204.

42 Fernandez, p. 32. 19

Altri ancora considerano' il MOravia dei Racconti come il vero MOravia.

Scrive appunto leI Buono:

La parte pib positiva di questo volume deI '49 ~, infatti, costituita da alcuni brevi, scattanti racconti in terza persona, tra cui spiccano Ritorno al mare, Il negro e il vecchio dalla roncola.~ Andare verso il popolo, uno pib bello dell'altro, tra i migliori scritti da MOravia, rappresentazioni d'immagini deI dopoguerra d'un taglio, d'una efficacia straordinari. Il vero MOravia, dice qualcuno, ~ quello dei racconti: e certo non sapremmo trovare facilmente chi da noi e all'estero possa stargli alla pari in questo campo.43 Perô, mentre si discute quale sia il migliore MOravia, tutti i critici

sono d'accordo sul quale sia il suo libro peggiore. Ed ~ senza discussione Il conformista.

Ho esaminato brevemente quelle che si potrebbero chiamare le

concordanze e le divergenze dellacritica moraviana, 0, se si preferisce,

le principali tendenze di essa. Per rendersi conto, perô, deI con- tributo da essa apportato all'interpretazione della narrativa di MOravia

~ necessario prendere ora in esame'i principali aspetti di questa narrativa - l' ambiente, i personaggi, i temi;, fondamentali, 10 stile - e mostrare come essi vengono presentati dalla critica. E' quello appunto che cercherô di fare nei capitoli che seguono.

43 Del Buono, MOravia, p. 58. II

L'AMBIENTE

A mie modo di vedere, i critici si sono 1imitati ad un giudizio troppo rapido circa gli ambienti, esterni ed interni, in cui si svo1ge l'azione dei romanzi e dei racconti di MOravia. Ci~ ~ tanto pib singo1are in quanto moIti critici sono stati co1piti da certe carat- teristiche tipiche deg1i esterni e deg1i interni moraviani. Ma questa impressione inizia1e non ~ approfondi ta. Non pi~ di due pagine spno dedicate a quest'argomento da De Robertis, Fa1qui, De Miche1is, Fernandez,

Pu11ini, Crocenzi. 1 A1tri come Sanguineti, leI Buono, Limentani e

Dego, che pure hanno scritto dei 1ibri senza dubbio importanti su

MOravia, non ne par1ano affatto. E' questa una delle lacune pi~ gravi

1 G. De Robertis, Scrittori deI novecento, p. 301; E. Fa1qui, Ricerche di sti1e (Firenze, 1939), pp. 210-212; De Michelis, pp. 70-71, 78; Fernandez, pp. 49-51; Pu11ini, Il romanzo ita1iano deI dopoguerra, p. 78; Crocenzi, p. 55-57. 21

nella critica moraviana. Il mio compito non ~ di colmar la. Tuttavia, nel mettere insieme le osservazioni incomplete e discontinue dei critici,

non potrb fare a mena di dare quaI che indicazione circa il modo in cui,

a mio avviso, esse andrebbero completate.

La predilezione per la pioggia ne1le prime opere di MOravia ~

cos! forte che spinge De Miche1is a chiedersi "perché piove cos:! spesso nei 1ibri deI Moravia" e De Robertis a conc1udere che "a guardar fuori, non fa che piovere.,,2 La gente di Moravia, come la gente de1 "mito della caverna" di P1atone, vive in mezzo a11e ombre e si nutre di om'Jre; vive in una mezza realt~, in una specie di Limbo. L'aria ~ pesante, umida, irrespirabile; il cielo - una massa solida gravida di pioggia -

~ troppo basso. Il risu1tato: mancanza di respiro, oppressione, soffocamento; un mondo chiuso in se stesso. Ne1 racconto Delitto al circo10 di tennis deI '27, incontriamo per la prima volta questo paesaggio ora cos{ familiare ai lettori di MOravia:

Ma là, attraverso i vetri della finestra, si vedeva un solo ramo di abete sporgere, cos! immobile e malinconico contro il fondo grigio deI cielo, che non c'era bisogno di andare a vedere per capire che stava piovendo. 3

E neg1i Indifferenti la pioggia, "la rigida sporca dolorosa e fastidiosa pioggia,,,4 accompagna gli avvenimenti deI libro come un contrappunto

2 De Miche1is, p. 70; De Robertis, p. 301.

3 A. Moravia, l racconti (Mi1ano, 1954), p. 18.

4 De Michelis, p. 78. 22 musicale:

IIToh, piove" escla.IOO Leo stupito; ••• lraria sotto quel riparo degli alberi era immObile e soffocante, unrombr~ nera avvolgeva lrintrico dei rami; intorno ad ogni pedàta, sul suolo sdl;',ucciolevole, fioriva lracqua spremuta dalle foglie: rrEr strano" soggiunse lruomo; rrogni giorno 10 stesso tempo: allralba. ~ sereno, nel mattino si guasta, e poi piove dalle prime ore deI pomeriggio.:fino alla notte. rr5

Ed ecco che da questi due prtmi esempi possiamo giA ricavare delle frasi, che ric~rrono costantemente nella narrativa di MOravia e senza le quali non potremmO parlare di paesaggio moraviano: rrun solo ramo, cos! i~bile e malinconico,rr "il fondo grigio deI cielo," rrlraria immobile e soffocante," "lrombra nera," "il suolo sdrucciolevole."

Dagli Indifferenti passiamo a Inverno di malato deI r30, dove troviamo un paesaggio vivo, intenso, che esprime indirettamente ma con estrema lucidità i sentimenti deI protagonista. Di nuovo si parla di

"unraria irrespirabile" e di una "mortale tranquillità." cr~ il senso dellrimmobile, deI pesante, deI vuoto. Non cr~ niente; ni ente cambierà. 6 MOravia sembra senza cuore; ci si domanda dove sia la sua pietà. Girolamo, lradolescente malato ~ cos! disgraziato, cos{ tormentato! Tutto gli è ostile; anche il clima.

Quel tempo che "ora nevicava, ora pioveva," quel cielo "di un biancore trasognato e sporco," quellr"oscurità nera," quella "nuvolaglia bassa e gonfia che dava a tutto il paesaggio nevoso un aspetto di attesa

5 A. MOravia, Gli indifferenti (Mïlano, 1964), p. 107.

6 l racconti, pp. 35, 52; ma si veda anche pp. 41, 43, 50, 51, 52. 23

e di mortale iDDllObilità, ,.7 gravano sull' animo deI lettore e circondano di un'atmosfera senza speranza il protagonista deI racconto. Il

giovane Girolamo ~ come incatenato. Tenta di liberarsi, ma invano.

Cammina nella nebbia,sperando di uscirne, di veder chiaro. Ma tutto

~ inutile alla fine: "nulla era successo ••• ; era solo; e la guarigione sembrava ormai oltremodo lontana. ,,8

Il casa estremo di questo stretto rapporto fra la psicologia dei personaggi e il clima si trova forse nel lungo racconto La disubbidienza.

Luca, l'eroe deI racconto, ~ un giovane sensibile e deluso che si ribella

contro un mondo che gli ~ ostile e odioso. Quel cielo moraviano, scuro

e torbido, ~ uguale all'animo turbato e doloroso dell'adolescente;

quella pioggia, uguale al suo pianto violento, alla rabbia che l'assale

e l'investe. Per esempio, MOravia scrive:

L'inverno, dopo qualche bella giornata, aveva ripreso il suo corso, e pioveva quasi sempre. QUesta pioggia,.venendo gib da un cielo di pece, pareva scura e torbida anch'essa, come se fosse stata mescolata in anticipo di fange e spandeva una oscurità in cui Luca sentiva che sarebbe stato piacevole raggomitolarsi e addormentarsi per sempre.

Fino a questo punto, la descrizione ~ efficace; il clima partecipa al racconto. Ma purtroppo Moravia non smette qui, continua, insiste, tende ad allegorizzare:

Era come una persona, il cielo, che piangendo per qualche suo profondo dolore, sembrasse ogni tanto calmarsi e rasserenarsi, ma poi,

7 l racconti, pp. 41, 51, 43.

8 l racconti, p. 65. 24

ripresa dal cordoglio, ripligliasse con rinnovata abbondanza e violenza a'lacrimare.9

Moravia ~ diventato poeta romantico! QUesto cielo che piange non

convince affatto; sa di melodramma. La funzione deI clima - une

specchio che riflette i sentfmenti dei personaggi - ~ chiaramente fo~ lata poco dopo:

Il tempo era cattivo ma ancora indeciso, con un cielo passo e scuro che non si risolveva ad esprimere la pioggia di cui era gonfio. Ogni tanto una folata di vento umido scuoteva l'aria mite e immobile •••• Era un tempo che rassomigliava al suo stato d'anima e gli parve che l'uno si adeguasse all'altro, accordandosi in una sola attesa.lO

La disubbidienza ~ deI '48. Col passare degli anni, la pioggia

non perde il suo posta nell'opera di MOravia; al contrario, l'argomento

viene sfruttato fine al limite deI possibile, fino all'esaurimento.

Nel dramma Il mondo ~ quello che ~ deI '64, sembra che MOravia voglia

purgare la parola "pioggia" da tutti i precedenti significati espressivi.ll

Se non comprendiamo altro deI principio deI dramma, siamo sicuri al cento

per cento che piove; ecco le prime battute:

Milone: Allora, su, qualche frase ben disinfettata su questa pioggerella estiva. Cominci lei Olinda.

9 A. MOravia, La disubbidienza (Milano, 1965), pp. 59-60.

10 La disubbidienza, pp. 105-106.

Il MOravia stesso, nella sua intervista con Wiznitzer, spiega di che cosa si tratta in questo dramma: "Je viens d'écrire une pi~ce de théâtre, Le monde est ce qU'il est, o~ un groupe de personnes essaient de guérir le langage en éliminant les mots malades, les clichés, les~trases toutes faites, sans contenu, vagues, les généralisations, les platitudes." 25

Olinda: Piove e Olinda non puô giocare al golf né fare il bagno in piscina né and are a cavallo. Povera Olinda. Mllone: Personale ma corretta. Buratti? Buratti: Piove da due ore. Milone: MOlto bene. Pupa? Pupa: Passeggiavo, mi ~ piovuto addosso, il vestito si ~ incollato al corpo, e siccome non porto reggipetto, mi si vedeva il seno come se fossi nuda ••• Mllone: Stop. La frase deve riguardare la pioggia e soltanto la pioggia. Piero? •• Piero: Ml limito a dire: Piove sullrasfalto, le gomme slittano. Milone: Adesso tocca a lei, Semanta. Semanta: La pioggia cade dalla terra sul cielo.12

La conversazione non finisce qui, ma questo ci basta. Riconosciamo delle frasi particolarmente care a MOravia, delle frasi che ricorrono spesso nella sua opera. Ma vien fatto di domandarsi: rrperché piove in questropera?rr Non sappiamo; forse soltanto per abitudine. Il fatto che piova rimane qui un fatto estraneo. In questropera non cr~ la solita atmosfera greve e pesante; anzi, non cr~ nessuna atmosfera particolare; i personaggi parlano e si muovono nel vuoto. La pioggia, come abbiamo visto, assume qui un carattere astratto; non vuol dire pib niente. Nel MOndo è quello che ~ il significato deI paesaggio moraviano è esaurito; ~ diventato un luogo comune.

A volte, MOravia sostituisce alla pioggia il sole estivo.

Perô, se la pioggia ci tormenta, il sole non ci lascia in pace:

Il tono dei paesaggi deI MOravia non si fa diverso se cr~ il sole 0 se piove; anche il sole, quando crè, è motivo di acuta inquietu­ dine, livido e soffocatamente angoscioso.13

12 A. Moravia, Il mondo è quello che è (Milano, 1966), pp. 7-8.

13 De Mlchelis, pp. 70-71. 26

Che la causa sia costituita dalla nebbia 0 dai raggi solari, i personaggi

di MOravia non vedono chiaro. Sono oppressi, come paralizzati dal-

l'ambiente, dal cltma. Nel Disprezzo, in Ajostino, e nei racconti

L'amante infelice e Il negro e il vecchio dalla roncola, il sole è

abbagliante, acceccante, scotta. Dice MOlteni nel Disprezzo:

Il sole di giugno stava sulla mia testa, micircondava di una luce forte, mi bruciava la schiena.14

Sotto questo sole il mare è scintillante, azzurro, immobile. Questo

mare immobile non è sereno, è stagnante; non ci rinfresca, ci soffoca.

E la spiaggia è sempre larghissima, sempre deserta; la sabbia, sempre

ardente:

Si vedeva tutta la spiaggia, di bianca deserta sabbia battuta dal sole.15

Non possiamo decidere quale dei due, il sole 0 la pioggia, dia pib

angoscia. Ma questo in fondo non è importante:

Ciô che colpisce è l'assenza dei climi temperati dove l'uomo sia a tu per tu con le cose, in accordo con l'universo.16

Il clima è inquieto, fastidioso e doloroso. La pioggia ci lascia nella nebbia; il sole ci abbaglia. Il clima ci rende ciechi; ci opprime come un profondo malessere; non c'è via d'uscita. A proposito degli "esterni," i critici sono sostanzialmente

14 Il disprezzo, p. 246. 15 A. MOravia, Agostino (Milano, 1964), p. 78.

16 Fernandez, p. 50. 27

d'accordo nel porre l'accento sulle condizioni deI clima. QUel che ho detto fin qui mi sembra che dia un'idea sufficiente della critica

su questo punto. Ci~ che manca in essa ~ la linea di sviluppo, lungo

la qualeho cercato di disporre le varie osservazioni critiche - dalle

prime opere, in roui il tema viene annunciato aIle ultime, nelle quali

viene ripetuto con insistenza sempre pib meccanica, fine al sua esauri-

mento. ~i tratta soltanto di un accenno nella direzione che, a mio

avviso, dovrebbe essere seguita.

Per quanta riguarda gli "interni" mora\TÎani, tutti i critici

sono d'accordo sulla loro costanza, sulla loro monotonia. Per~, come

nel caso degli "esterni," non VaIlJ)Q,J oltre un esame generale delle

dimore moraviane, per concludere in fine con giudizi di questo genere:

Gli ambienti? •• di case, quasi non si parla pib; tranquilli porti familiari non esistono; stanze, solo stanze, d'alberghi e di pensioni, 0 deserte case di scapoli; nessuna vista aperta sulla vita, magari su una strada; aria di chiuso da per tutto, a covare il vizio e la noia.17

E Scaramucci conclude giustamente dicendo che l'effetto complessivo

delle case moraviane ~ quelle di j'una fredda impersonaliU.• ,,18 Alcuni

critici si rendono anche conta deI significato allusivo degli "interni,"

deI lare valore espressivo. Crocenzi scrive, per esempio:

Ambienti, angoli, case che denunciano 10 squallore morale pi~ che la povertà; 10 squaliore morale pib che l'agiatezza borghese.19

17 De Robertis, Scrittori deI novecento, p. 301. 18 1. Scaramucci, Romanzi deI nostro tempo (Brescia, 1956), p. 125. 19 Crocenzi, p. 55. 28

QUesto ~ ovvio, anche troppo ovvio. Pib int~ressante ~ quel che dice

Fernandez:

Nessuna di queste dimore d~ l'impressione di un luogo veramente abitabile, le stanze sono sempre troppo grandi, troppo vuote, piene di spazi inutili e scoraggianti, talvolta ingombre di mobilio antico e stravagante. L'impossibilit~ deI rapporta col mondo ~ espresso in maniera mirabile da questa fondamenta~e inadeguatezza dell'abitazione all'abitante. L'uomo resta un estraneo in mezzo aIle cose che 10 circondano.20

Mï pare, perô, che questo sia vero solo in parte, e cio~ che sia vero soltanto dal punto di vista dei personaggi maschili di MOravia. Siamo d'accordo che Dino (La noia) ~ inquieto nella casa di sua madre, come

Michele (Gli indifferenti) e Luca (La distibbidienza) e MOlteni (]1 disprezzo) nelle loro case. La casa, come la donna, paralizza l'uomo, gli toglie la sua libert~, gli impone una stabilit~ forzata. L'uomo turbato, agitato, soffocato si rivolta contro la casa e la sua padrona. st, ~ vero, l'uomo di MOravia si sente estraneo a casa sua, ma la donna si sente perfettamente a suo agio.'

Ed ecco qual'~, a mio avviso, la ragione ultima degli "interni" moraviani. Secondo me, appunto, nei romanzi di MOravia, esiste una stretta connessione fra la casa e la donna. La casa riflette la personalit~ della donna. Questo risulta, mi sembra, molto chiaro ad una semplice lettura. MOravia non va per il sottile; il suo scopo

~ esplicito, evidente. Per esempio, nel Conformista, cos! come la casa di Giulia ~ "proprio una casa borghese, della borghesia pitl con- venzionale e pib modesta, in tutto simile ad altre case di quello

20 Fernandez, p. 51. 29

stesso palazzo,,,2l Giulia stessa ~ "proprio una ragazza normale, deI tutto comune, molto simile al salotto" pieno di ''mobili pesanti,

severi, fittamente scolpiti ...22 La coincidenza ~ ovvia; Moravia non

si sforza nemmeno di cambiare ritmo nel raccontare. E Giulia non ~

il solo personaggio femminile legato da uno stretto rapporta di somi- glianza con la sua casa. l salotti di MOravia, questi salotti borghesi un po'~ntiquati, troppo pieni, troppo carichi di ninnoli, hanno un'importanza decisiva a questo proposito. Ecco la vedova Medolaghi della Romana: La vedova Medolaghi mi parve, non so perché, assai rassomigliante a quei suoi mobili deI salotto, di ebano nero con intarsi bianchi di madreperla. 23

Ed ecco la madre di Dino ne11a ~:

Aveva la testa grossa su un lungo collo nervoso, con i capelli di un biondo crespo e opaco, sempre elaboratamente ondulati e arric­ ciati. Di lontano potevo vedere benissimo, sul suo collo, le perle della collana, tanto erano grosse. Mia madre amava adornarsi di gioielli vistosi~ anelli massicci che le ballavano intorno aIle dita magre, braccialetti enormi carichi di amuleti e di pendagli che ad ogni momento parevano doverle scivolare dai polsi ossuti, spille troppo ricche per il suo petto sfornito, orecchini troppo grandi per le sue brutte orecchie cartilaginQ.se,.. Notai pure, una volta di pià, con un sentimento misto di familiartt~ è di fastidio, come le scarpe che aveva ai piedi e la borsa che stringeva sotto l'as~ella sembrassero troppo grandi.24

21 A. MOravia, Il conformista (Milano, 1965), p. 112. 22 Il conformista, pp. 114, 112.

23 A. MOravia, La romana (Milano, 1965), p. 376.

24 A. Moravia, La noia (Milano, 1965), pp. 26-27. 30

Ed ora il sua sa10tto:

QUeste stanze da parata e da soggiorno che comunicavano l'una con l'altra per mezzo di archi 0 di porte senza battenti, in modo da formare quasi un solo ambiente, erano arredate in ma~iera perfettamente impersonale, de11'impersonalità opu1enta e noiosa propria ai mobili che sono stati sce1ti unicamente per il 10ro va10re mercenario •••• Il risu1tato di questo criterio di scelta, era una collezione di mobili senza carattere e senza intimit~, ma robusti e imponenti, perché mia madre, oltre che al va10re monetario, attribuiva molta importanza alla solidità e al volume, come ad a1tre due qualità che lei era in grade di giudicare ed apprezzare. Cos!: divani profondi, po1trone enormi, para1umi giganteschi, tavole massicce, cortinaggi pesanti, soprammobi1i monumenta1i, tutto in quei salotti suggeriva l'idea di un 1usso sostanzioso e di buana qua1itàe 25

MOravia non 1ascia molto alla nostra intuizione; non possiamo non renderci conto della interazione, della fusione fra la casa e la donna.

Questa connessione fra la casa e la donna si riscontra fin dalle prime opere di MOravia. L'interno della casa deg1i Indifferenti, rif1esso neg1i occhi di Carla, si trasforma in qualcosa di soggettivo e ci sve1a i pensieri, le preoccupazioni segrete della ragazza. La sua casa ~ viva, animata, esprime con efficacia, intensit~ e concisione quel10 che meg1io caratterizza Carla: la sua stanchezza della "vecchia vita."

Carla guardava in terra pensando vagamente che quel passaggio quotidiano dovesse aver consumato la trama de1 vecchio tappeto che nascondeva il pavimento; e anche gli specchi ova1i appesi a1le pareti dovevano serbare la traccia delle 10ro facce e delle lare persone che pib volte al giorno da mo1ti anni vi ,si rif1ettevano; ••• in quel corridoio l'abitudine e la noia stavano in agguato e trafiggevano l'anima di chi vi passava come se i muri stessi ne avessero esa1ato i ve1enosi spiriti; tutto era immutabi1e, il tappeto, la 1uce, gli

25 La noia, pp. 38-39. 31 specchi, la porta a vetri del vestibolo a sinistra, l'atrio oscuro della scala a destra,.tutto era ripetizione.26

E similmente la cs~era da letto di Carla rispecchia in modo ancora pib personale, la sua indecisione, la sua oscillazione, il sua trapassare dalla gioventb innocente all'et~ adulta e alla corruzione:

Cos{ Carla era cresciuta nella cornice angusta dei suai anni pib lontani; ma la stanza non era restata come allora,nuda e infantile, ogni sua et~ vi aveva lasciato una traccia, gingilli 0 cenci: ora la stanza era piena, comoda e intima, ma d'una intimit~ ambigua, a volte donnesca ••• a volte puerile; e un molle disordine, tutto femminile, fatto di panni abbandonati sulle sedie, di flaconi aperti, di scarpette rovesciate, complicava l'equivoco.27

Uno degli esempi pib interessanti .si trova nella ~. Nel corso del libre si accenna pib volte alla natura animalesca di Cecilia.

Dino insiste sui ''bellissimi occhi oscuri e inespressivi," che 10 fissavano "con un' innocenza paragonabile a quella degli animali, ,,28 e racconta come Cecilia risponda alle sue parole "con un silenzio niente affatto ostile né offeso, il silenzio ••• di un animale."29 La cameretta di Cecilia, si presenta a Dino "nuda e squallida, ma di una nudit~ e di uno squallore naturali e quasi ferini," "di una nudit~, non tanto di casa povera, quanto di tana";30 e questo stesso carattere ferino viene

26 Gli indifferenti, p. 25.

27 Gli indifferenti, p. 46.

28 La noia, (Mi1 ano, 1965), p. 187.

29 La noia, p. 226.

30 La noia, p. 185-6. 32

esteso dal protagonista-narratore a tutto l'appartamento:

QUell'appartamento stringeva il cuore se si pensava che era abitato da uomini; ma a part ire dal momento che si immaginava che ci vivesse un animale selvatico, una volpe, una martora, una lontra, diventava accettabile, normale.3l

Non c'è da sorprendersi se Cecilia, di natura animalesca, selvatica,

abiti proprio in una tana!

Un altro esempio. L'appartamento di Emilia e suo marito, nel

Disprezzo, non è una casa dove si ami e si viva in pace, ma una serie

di ffstanze fredde e vuote.,,32 E queste stanze riflettono chiaramente

~il carattere di Emilia. In questa donna dagl.i occhi pieni rrdi freddo

disprezzo,,33 troviamo una "quasi completa mancanza di immaginazionerr34

e una rrfredda e impaziente passività"; 35 troviamo il rrsilenzio della mente. rr36 Insomma, Emilia è vuota e fredda e, quindi, le stanze della sua casa sono vuote e fredde.

Quasi tutte le donne di Moravia sono caratterizzate dauna straordinaria mancanza di intelletto e di sentimento, da una freddezza e passività che ne fanno delle creature incomprensibili, misteriose per

31 La noia, p. 187.

32 Il disprezzo, p. 20.

33 Il disprezzo, p. 65.

34 Il disprezzo, p. 79.

35 Il disprezzo, p. 40.

36 Il disprezzo, p. 5. 33

mancanza di mistero. Ml limiterO a ricordare soltanto, oltre a quelle

gi~ menzionate (Giulia, la madre di Dino, Cecilia, Emilia), Lena nel-

l'Amore coniugale e Adriana nella Romana. La critica non si ~ resa conto dell'importanza della donna nella scelta e nella descrizione degli ambienti interni nella narrativa di MOravia. L'effetto comples- sivo degli "interni moraviani, la loro fredda impersonalit~, ~ deter­ minata dalla fredda impersonalit~ delle donne "senz'anima,,37 di MOravia.

A pensarci bene, MOravia, scrittore moderno e, apparentemente almeno, spregiudicato e audace, si rivela antiquato nel sua atteggiamento verso la donna e la sua casa, nella sua incapacit~ di staccare l'una dall'altra.

37 Fernandez, p. 45. III

l PERSONAGGI

l personaggi, che abitano e danno vita agli amhienti discussi nel capitolo precedente, linon sono personaggi che incoraggino a credere nella vitali; 1 anzi, sono senza dtibbio i pib negativi, i pib corrotti, i pib infami, della letteratura narrativa deI secolo: "i sentimenti di questi eroi ed eroine sono negativi, come in una lastra fotografica. 1I2

Pure intorno a questa gente perduta sono nati dei giudizi critici assai divertenti. QUesti personaggi ispirano una critica vivace; sveglia~o quel gusto dello spiritoso, quel sense deI piccante in una critica che rimane a volte stanca e monotona. Ecco alcuni pezzi di bravura di

Francesco Flora:

QUi eroi ed eroine hanno spesso la puzzetta sotto il naso, e non disdegnano i rutti: qui si spande la nausea e il vomito. 3

1 De Robertis, Scrittori deI novecento, p. 301.

2 Flora, p. 220.

3 Flora, p. 205. 35

o anche: QUali famiglie! ove l'odio e il tradimento sono esercitati come si fa un fioretto di devozione; ove le sudicerie, senza l'innocenza animalesca e senza un brivido di gioia umana, sono gelidamente abituali, divenute una maniera di respirazione 0 di palpitazione cardiaca.4

Pib leggere e meno taglienti sono le osservazioni di Pancrazi. Questo critico non si spaventa affatto davanti alla corruzione; anzi se ne

diverte. Attraverso i suoi commenti sarcastici una situazione scanda-

losa si trasforma in una situazione ridicola. Per esempio:

Come si vede, nonc'è donna nel romanzo /Gli indifferent{7 che Leo abbia risparmiato: la madre, la figlia, l'amica del figlio. QUesta è la vera favola degli amori intercomunicanti. Pare che nel­ l'Argolide sitibonda al tempo degli Atridi, non in quella reggia sacra ai tragici, ma in una modes ta casetta borghese degna al pib di un poeta epigrammatico, una mattina all'alba sia corso questo dialogo tra una sorella e un fratello: Sorella: "Tu sai amare meglio di papA." Fratello: "Me 1 'ha dette anche mammàe" La famigliuola che il Moravia rappresenta è tagliata sullo stesso panno.5

E pib oltre:

In casa di Mariagrazia, pur di avvicinare una persona per bene, faremmo lega con la cuoca.6

l critici dividono questi personaggi in vari gruppi: donne, uomini; adolescenti, adulti; borghesi, popolani; sinceri, falsi; personaggi dei romanzi precedenti alla seconda guerra, personaggi dei romanzi del secondo dopoguerra; e cos{ via. PerO, tutte queste distinzioni si possono ridurre a quella essenziale dell'uomo e della

4 Flora, p. 202.

5 Pancrazi, p. 314.

6 Pancrazi, p. 317. 36

donna. Sulle prime, questa divisione pub sembrare troppo semplicistica,

ma, nel casa di MOravia, la distinzione fra i sessi ~ cos! evidente,

cos! accentuata, che non-c'~ modo da evitarla.

Abbiamo già accennato, parlando degli "interni," aUe donne della

narrativa moraviana.7 Nei confronti della donna MOravia prende una

posizione di antagonismo, di chiara ostilità. La disprezza; la tiene

in basso~ La presenta ora malvagia ora passiva, ora bella ora brutta,

ma quasi sempre antipatica, sempre "l'impossibile compagna dell'uamo."a

Sembra che non possa fare a mena di denigrare la donna; e la critica,

infatti, parla apertamente della "misoginia" di MOravia. 9 Qu~sto non

vuole dire che MOravia trascuri la donna. Com'~ stato osservato, "la

donna ~ il centro della vita per moIti e, quindi, anche della narrativa;

e 10 ~ anche per MOravia."lO Come Crocenzi ha ampiamente mostrato nel

suo libre La donna nella nsrrativa di MOravia, la donna occupa un posta

ampio e significativo nella narrativa moraviana. Nella sua intervista

con L. Wiznitzer, Moravia stes'so ci spiega il perché deI sua atteggiamento

verso la donna. Le sue osservazioni sono chiare, franche, molto interes- santi, e trovano riscontro facilmente nella sua opera:

Iffomandi] On a tiré six films de vos romans et vous etes un grand. ami de , de , de Gina Lollobrigida. Vous

7 Si veda sopra, p. 14.

a Fernandez, p. 45. 9 Pu1lini, Il romanzo italiano deI dopoguerra, p. aD; intervista con L. Wiznitzer. 10 V.:Rizzardi, ''La noia di Moravia," Letterature moderne, XI (1961), 513-517. 37 avez écrit sur chacune d'elles de véritables études. Pourtant, les héroïnes de vos romans contribuent h la chute de l'homme plut6t qU'h son salut. Pourquoi" ce pessimisme, et cette amitié h la fois, pour les femmes? [Risposta diMoravi~ On est misogy.n~, co~ on trouve les raisins trop verts. On hait ce qui vous échappe et voutfascine h la fois. La femme représente la nature et la nature est cruelle. L'homme idéalise la femme, mais la femme idéalise rarement l'homme. Elle s'attache aux réalités, alors que l'homme vit dans les nuages, et finit par se casser le nez.' L'homme aime chez la femme la beauté, la douceur. La femme aime en l'homme la puissance qu'elle transf~re sur le succ~s, l'argent, l'importance sociale et même les galons. Entre les deux sexes se joue un éternel quiproquo.

La donna nella sua naturalith si adatta benissimo alla societh che la

circonda; ~ ambiziosa, attaccata al denaro, desiderosa di successo.

La donna rispecchia, rappresenta questa realth, ne ~ il simbolo.

L'uomo invece respinge la realth; si tormenta con pensieri vani, si

perde nei sogni. L'uomo soffre; la donna non soffre. L'uomo e la

donna agiscono secondo criteri diversi, su muovono su diversi piani:

L'unico vero legame fra l'uomo e la donna ~ quello deI sesso, ma questo legame, per la facilith stessa con cui si contrae e si scioglie, esclude un'intesa profonda fra le anime. ll

Fra l'uomo e la donna non c'~ comunicazione, soltanto una lotta, ua

perpetuo contrasto. E ora sarh opportuno esaminare i tre tipi femminili che godono di un posto speciale nella critica della narrativa moraviana: la madre,

la prostituta e l'amante. Le povere madri dell'opera di MOravia!

Non ci sono creature pib odiate e meno invidiabili: '~dri cos! scos- tanti, altezzose, depravate, avide, animalesche e, nella migliore delle

Il Fernandez, p. 46. 38

ipotesi, non curariti, se ne conoscono veramente ·poche.,,12 Il mito della madre portatrice di bontà e di amore cade nella narrativa di

Moravia. per la maggior parte, queste madri sono donne borghesi, vecchie, magre e brutte. Ecco una descrizione della madre di Dino: Vidi la faccia affilata, dalle guancie incavate, dalla bocca risucchiata, dal naso lungo e stretto, dai vitrei occhi azzurri che mi guardavano in.tralice.. QUindi sorrise, si volt~ deI tutto e mi venne incontro, la testa bas·sa, gli occhi fissi a terra, dicendo come per dovere: ''Buon giorno e cento di questi giorni;" e benché l'intenzione fosse affettuosa, non potei fare a mena di notare che il suono della sua voce restava il solito, secco e gracchiante, simile al verso della cornacchia.13

QUesta donna ~ arida, dura, rigida. Non le rimane pib vitae Non esiste in lei la dolcezza, la tenerezza, che cerchiamo in una "mad,re"~ ha invece un "volto dura e immobile" e una "brutta voce gracchiante.,,14

E similmente la madre di Marcello, nel Conformista, un'altra di queste creature di eccessiva magrezza, dalle spalle incavate e dal petto ., sfornito, ci viene presentata COS1:

E una volta di pib, 10 fece pensare piuttosto che alla donna matura che era, ad una bambina invecchiata e insecchita. Il petto scarnito mostrava sullo sterno come una rastrelliera di ossicini aguzzi; attraverso il velo, le mammelle ria~sorbite si rivelavano con due macchie scure e tonde, senza alcun rilievo. Ma soprattutto le cosce destavano insieme ripugnanza e pietà in Marcello: magre e sfornite erano proprio quelle ~i una bambina di dodici an.ni che non abbia ancora forme donnesche. l

12 Crocenzi, p. 15.

13 La noia, p. 27. 14 La noia, pp. 33, 47.

15 Il conformista, p. 159. 39

Moravia insiste sugli aggettivi "magro," "invecchiato," "insecchito,"

"sfornito," "scarnito," "risucchiato," "ossuto," "aguzzo"; insiste

sulla mancanza, sull'assenza, sulla scarsità in queste donne di quello

che di solito si attribuisce alla Madre tradizionale. Siamo molto

lontani dalla madre proustiana, della quale "le petit Marcel" ci

racconta:

Ma seule consolation, quand je montais me coucher, était que maman viendrait m'embrasser quand je serais dans mon lit •••• Quelque­ fois quand, apr~s m'avoir embrassé, elle ouvrait ma porte pour partir, je voulais la rappeler, lui dire 'embrasse-moi une fois encore'.16

In Proust, troviamo la Madre convenzionale, una creatura affettuosa e piena di tenera bond. che porta a suo figlio "un baiser de paix"; in

Moravia, troviamo soltanto i resti di quest'idolo di bellezza e di bontà: uno spauracchio. Non c'~ da sorprendersi se ~ stato osservato che le madri di Moravia "ci fanno continuamente desiderare di restare al pib presto orfani,,:17

Assistiamo ad un capovolgimento della scala dei valori.l8 La madre viene presentata in una luce crudele e austera; la prostituta viene innalzata, viene nobi1itata; diventa un'eroina. Come nota

PU11ini,19 alla fine di Agostino, il protagonista sente pib calore per

16 Proust, Du coté de chez Swann (Paris, 1954), pp. 16-17.

17 Crocenzi, p. 58.

18 Crocenzi, p. 50.

19 Pullini, Il romanzo ita1iano deI dopoguerra, p. 101. 40

la prostituta che per sua madre. Gli affetti, che solitamente vengono

diretti alla madre, sono offerti alla prostituta. Nella prostituta

Agostino vede la madre:

Quest'immagine evocata dal Tortima, della donna che l'avrebbe introdotto allramore gli piaceva e gli riusciva dolce e materna. 20

Nella madre vede la prostituta: "Cos!, pensô Agostino, non soltanto

l'immagine della donna della villa non si frapponeva come uno schermo

tra lui e la madre, come aveva sperato, ma confermava in quaI che modo

la femminilith di quest'ultima.,,2l Le due donne scambiano le loro

posizioni, si confondono nella mente del giovane. La madre cade nel-

l'abisso dell'inferno, la prostituta assume i tratti della vergine.

La fronte luminosa della prostituta deI Conformista ci fa pensare

addirittura al misterioso alone delle persone sante: quella "fronte,

non tanto bianca quanto illuminata in maniera misteriosa dall'espres­ sione degli occhi," quella "purezza di luce,,,22 che la segna, le dà un

as petto ipnotico, quasi divino. E Mïchele degli Indifferenti trova il suo "paradiso di concretezza e di verith,,23 "uelle lacrime di una

donna pubblica fermata per strada e portata in una camera di albergo,~4

Quell'anima era intera, coi suoi vizi e le sue virtb, e parteci­ pava della qualith di tutte le cose vere e solide, di rivelare ad ogni momento una verità profonda e semplice.25

20 A2jostino, p. 135.

21 A2jostino, pp. 142-43. 22 Il conformista, p. 218.

23 Gli indifferenti, p. 274.

24 Gli indifferenti, p. 274. 25 Gli indifferenti, p. 276. 41

Nel pianto di questa prostituta, Michele vede tutto quelle che è sincero, onesto, privo di falsa dignith. In mezzo alla folla delle donne moraviane, solitamente avide, as pre e a1tere, le prostitute rappresen-

tano la dolcezza, la bontà e la pace.

Fernandez ci fornisce l'esempio pib interessante dell'atteggia-

mento della critica di fronte alla prcstituta moraviana:

Quello che tucti gli uomini, qua1unque sia il lare carattere e i lare problemi, possono trovare in una prostituta, è l'impronta di altri sessi, il passaggio di a1tri uomin1; amano in léi, e a ragione, quel non sentirsiaffatto impegnati in un rapporta da persona sola a persona sola; ma ammessi tn una comunith materiale e indubitabile, fatti partecipi di una tenerezza collettiva pib forte, e pib tonie a del­ l'impossibi1e armonia spirituale. Andando a letto con una puttana essi entrano in rapporta con il mondo. 26

Mi pare che Fernandez abbia approfondito l'argomento pib dello stesso

Moravia. Egli ha concesso al personaggio pib tmportanza di quel che merita ed ha oltrepassato le intenzioni, a mie avviso, mena complesse di Moravia; anche se dopo tutto, Moravia non respingerebbe questa complessith attribuita al suo personaggio, questa giustificazione psicologica della sua prostituta.

Il terzo tipo femminile ricorrente nell'opera di Moravia ~ quello designato dalla critica col nome di ''madre-amante.'' E' una donna

"florida di carni, provvista al massimo di attributi fisici,,;27 è l' "incarnazione in panni moderni deI mito della Madre Terra, della

26 Fernandez, pp. 57-58.

27 Barilli, p. 76. 42

Natura fecondante.,,28 La incontriamo per la prima volta ne1 personaggio di Lisa degli Indifferenti:

La porta si apr{ deI tutto e Lisa entrO; un soprabito turchino avvolgeva il suo corpo grasso, e le arrivava fin quasi ai piedi minusco1i; ••• il soprabito era ampio, eppure il petto e i fianchi vi si stampavano con':abbondanza di linee curve e gonfie. 29

E quando arriviamo alla Romana ormai ci siamo resi conto della funzione

particolare di questa donna ampia e ricca di forme. Adriana descrive

cos! la sua re1azione col patetico Astarita:

Ricordo che ad un certo momento voIle che io sedessi nuda in una poltrona. Egli si inginocchiO davanti a me, e mi mise la testa in grembo, schiacciando il viso contro il mie ventre e rimanendo poi cos!, immobile, a 1ungo. Intanto io dovevo passargli e ripassarg1i una mano sul capo, in una leggera e incessante carezza. Non era la prima volta che mi costringeva a questa specie di pantomima de11'amore; ma quel giorno mi sembrO pib disperato delle altre volte. Premeva il viso con forza contro il mie grembo, come se avesse voluto entrarci ed esserne inghiottito e ogni tante gemeva. In quei momenti non mi pareva pib un amante bens{ un bambino che cercasse il buio e il caldo deI grembo materno.30

Le conseguenze sul piano psicologico sono evidenti, e possono esser ricavate facilmente da chiunque, psicologo 0 pseudo-psicologo. Questa amante dal viso di madre raggiunge la sua espressione suprema ne! personaggio dell'infermiera di Luca nella Disubbidienza. Ci viene presentata in questa maniera:

In questo gesto si chinO da parte rivelando il carattere massiccio e sformato deI corpo: i fianchi non tondi ma quadrati, con

28 Barilli, p. 77.· 29 Gli indifferenti, p. 32. 30 La romana, p. 397. 43

larghe placche di carne impressa nel velo della camicia; il dorso vas·to e spesso; le braccia mature •••• Le gambe grosse ma dritte simili a torri di carne bruna e accesa; il grembo, sola parte schiva e ombrosa tra tante esposte ridondanzej il ventre, traboccante vascello di viscere vogliosej infine il petto strette tra le due larghe ascelle nel gesto delle braccia alzate come un terreno scuro e collinoso tra due bianche strade deserte •••• Si presentô nuda a Luca, con la solita aria munifica, promettente, magnanima. 3l

Moravia non cerca di nascondere l'intento simbolico deI sua personaggio;

anzi, egli stesso ci dice apertamente che l'infermiera di Luca ~ la

"seconda e pitt vera madre," colai che "l'aveva fatto nascere una seconda

volta, dopo che era morte nel sua desiderio di morte.,,32 Questa donna rappresenta la salvezza, la Terra Promessa, la sola via d'uscita, per

il disgraziato eroe moraviano. Il rapporta sessuale compiuto con

l'infermiera ~ un ricordo deI rapporta filiale; l'iniziazione sessuale

~ in verità un ritorno al grembo materno.

Passiamo ad esaminare ora i personaggi maschili. E qui bisogna

subito distinguere fra protagonisti e antagonisti; buani - se di vera

bontà si pub parlare nel grigio mondo di questa narrativa - e cattivi;

deboli, inetti, abulici, per effetto della loro stessa sensibilità, e

ottusi, duri, cinici. Da Michele degli Indifferenti a Dino della ~,

il protagonista maschile nella narrativa moraviana ~ un impotente, un

debole, un fallito, uno, insomma, che non ~ fatto per vivere in questo mondo. E' un uomo tormentato da una solitudine tragica, da

31 La disubbidienza, p. 152.

32 La disubbidienza, p. 155. 44 un'incomunicabilit~ iuvalicabile; un uomo caratterizzato da una mancanza di vera couvinzione, da una impossibilit~ di accordarsi con la vita. Scrive De Michelis che i protagonisti "non sanno amare né odiare, cioé non sanno aderire alla realtà in cui si muovono, e di questa impossibilit~ sOffrono.,,33. Per~, nonostante la sua debolezza, il protagonista cerca di andare fino in fondo aIle cose, di scoprire la verit~, la purezza, la concretezza. Prova e fallisce. Ma per questo ten tativo, nonostante la sua futilità, Moravia 10 giudica "il solo personaggio positivo che la borghesia abbia espresso.,,34 E spiega che l'eroe deI suo romanzo ~ un uomo che d~ la maggior parte di se stesso aIle sue idee e che, sul piano delle idee, rifiuta ogni 35 compromesso. Ed ~ questo personaggio, questo impotente, che, secondo i critici, '~eglio rivela le aspirazioni, la tendenza ad auto- . 36 definirsi, dell'autore," che "meglio esprime tutto il substrato ideologico del.romanzo,,:37 il "portatore di una tesi,,,38 "il personag­ giochiave,,39 della narrativa moraviana.

33 De Michelis, p. 7. 34 A. Moravia, "L'occidente s'annoia," Espresso, 20 novembre 1960.

35 Si veda su questo punto G. Dego, Moravia (Edinburgh, 1966), p. 16 •. 36 S. Guarnieri, Cinguant'anni di narrativa in Italia (Firenze, 1955), p. 374. . 37 Scaramucci, Romanzi deI nostro tempo, p. 89. 38 Trombatore, p. 10. 39 Trombatore, p. 10. 45

Secondo la maggior parte dei critici, questi protagonisti sono

innanzitutto degli intellettuali, sono "segnati da un iperlucido

cerebralismo;,,40 sono destinati a cercare, ad esaminare, a meditare,

insomma, a pensare. PerO, in MOravia, il pensiero non ha un valore deI tutto positivo; si tratta piuttosto di uno "sterile pensare,,,4l

di un "angoscioso pensare destinato perpetuamente a girare a vuoto su

se stesso.,,42 Un critico spiega:

L'uomo - ragazzo, adolescente, matura - ricorrente nelle pagine di Moravia s'affanna a pensare: e questa, in definitiva, ~ per lui ragione ifib d'inferiorit~ che d'orgoglio, l'intelletto gli serve solo, o per 10 meno, soprattutto a commiserare la propria miseria, la propria incapacit~ a diventare reale, ~ insomma una tara che complica e aggrava l'esistenza.43

Secondo l'opinione della critica, l'eroe moraviano ~ '~ortificato da un vuoto cerebralismo. ,,44 Tutta la crisi dei protagonisti moraviani consiste secondo Limentani, in una "crisi d'intelligenza, crisi della ragione.,,45 Si spiega cos! la condizione di Michele, eroe degli

Indifferenti, presentato come "giovane intellettualmente non sprovveduto":

La ragione di Michele ~ sampre in movimento, in un turbinio di ricerca angosciosa, di esistente che ha scoperto infondata ogni ragione d'agire, smantellata d'ogni certezza la realt~ offertagli come salda e intoccabile dall'ambiente in cui s'~ affacciato ad esistere.46

49 Scaramucci, Romanzi deI nostro temEo, p. 90.

41 Scaramucci, Romanzi deI nostro temEo, p. 99.

42 Scaramucci, Romanzi deI nostro te!llJ)o, p. 95. 43 -- Del Buono, p. 40.

44 Scaramucci, Romanzi deI nostro tempo, p. 102.

45 Limentani, p. 93.

46 Limentani, p. 93. 46

Michele è dominato e tormentato dai sooi pensieri; non gli permettono

di agire, di mooversi; è un personaggio statico, immobile. Eg1i

stesso ammette la sua debo1ezza:

"Non ho fatto nulla" si ripeté con stupore, cM gli pareva di essere invecchiato, di aver molto vissuto in quel solo giorno: "è vero ••• non ho fatto nu11a ••• nient'a1tro che pensare ••• ,," Un fremito di paura 10 scosse: "Non ho amato Lisa ••• non ho ucciso Leo ••• non ho che pensato ••• ecco il mio errore."47

E simi1mente scrive Limentani di Riccardo, l'eroe de1 Disprezzo:

Ne11a crisi de1 soo rapporto con la sposa Riccardo mostra il soo persistente inte11ettua1ismo, il soo raziona1ismo che quanto pib si accanisce tanto pib gira do10rosamente a vooto.48

Riccardo, come Michele, capisce la sua condizione; perb non la condanna;

per Michele, il soo inte11ettua1ismo è il soo errore;49 per Riccardo

il suo vanto:

Mi sembrb, tuttavia, che fossi o~~non fossi spregevo1e, e io ero convinto di non esser10, mi restava tuttavia l'inte11igenza, qua1ità che perfino Emilia mi riconosceva e che era tutto il mio vanto e la mia giustificazione.· 10 dovevo pensare, qua1unque fosse l'oggetto di questo pensiero; era mio dovere esercitare intrepidamente la mia inte1- 1igenza in presenza di qua1siasi mistero. Se abbandonavo l'esercizio de11'inte11igenza, non mi restava davvero che la sensazione scorante di una mia supposta, seppure non provata, spregevo1ezza.50

E Limentani conclude:

Il personaggio richiama in questo aspetto 10 stesso Michele deg1i Indifferenti e la trafi1a dei 'giovani inte11ettua1i' in crisi.51

47 G1i indifferenti, pp. 342-3.

48 Limentani, p. 109. 49 Si veda il passo deg1i Indifferenti citato sopra.

50 Il disprezzo, pp. 235-6.

51 Limentani, p. 109. 47

Da Michele deg1i Indifferenti a Dino della ~, questa qua1itA inte1-

1ettua1e deg1i eroi di MOravia ~ una delle due caratteristiche che li

definiscono e li accomunano ne11a nostra mente.

L'a1tra qua1itA comune ag1i eroi maschi1i è la loro natura

sognante. Sanguineti, riprendendo e a11argando un motivo di De Mïche1is,

spiega:

Ogni autentico eroe moraviano, ogni vero personaggio di questo poeta dell'''indifferenza'' e della "noia," porta ne1 sua animo la nosta1gia e la speranza di un suo "paradiso sconosciuto," cos! come porta e sopporta la pena di non poter10 raggiungere, costretto a durare e a soffrire "ne1 sua tempo e ne11a.sua vita."52

Mïche1e deg1i Indifferenti sogna "una donna vera,"53 "un mondo di puri sentimenti, puramente creduti,,,54 "un paradiso di concretezza e di veritA,,:55

Le conversazioni con Lisa gli avevano messe in corpo un gran bisogno di compagnia e di amore, una speranza estrema di trovare tra tutta la gente de1 mondo una donna da poter amare sinceramente, senza ironie e senza rassegnazione: "Una donna vera" pens~; "una donna pura, né fa1sa, né stupida, né corrotta••• trovar1a ••• questo s{ che rimetterebbe a posto ogni cosa." Per ora non la trovava, non sapeva neppure dove cercar1a, ma ne aveva in mente l'immagine, tra l'idea1e e materia1e, che si confondeva con le a1tre figure di quel fantastico mondo istintivo e sincero dove eg1i avrebbe vo1uto vivere.

E continua:

''La mia compagna," eg1i pens~; e giA dei gesti, una specie di abbraccio, un sorriso, una mossa della mano, deg1i avvenimenti,

52 E. Sanguineti, MOravia (Mï1ano, 1962), p. 45.

53 G1i indifferenti, p. 164.

54 De Mïche1is, p. 13. 55 G1i indifferenti, p. 274. 48

passeggiate, conversazioni, si formavano e passavano nel cielo desideroso della sua fantasia, quando un chiacchiericcio fitto e sommesso ruppe l'illusione e 10 ricondusse alla realtA.56

E Agostino si mostra altrettanto ingenuo nel suo vano e oscuro

desiderio di abbandonare il SUO mondo macchiato dalla corruzione e dalla

bruuezza, di separarsi per sempre dalla sua vita triste in cerca di un nuovo paese, di una nuova vita:

Dra provava un vago, disperato desiderio di varcare il fiume e allontanarsi lungo il litorale, lasciando alle sue spalle i ragazzi, il Saro, la madre e tutta la vecchia vitae ChissA che forse, cam­ minando sempre diritto davanti a sé, lungo il mare, sulla rena bianca e soffice, non sarebbe arrivato in un paese dove tutte quelle brutte cose non esistevano. In un paese dove sarebbe stato accolto come voleva il cuore, e dove gli fosse stato possibile dimenticare tutto quanto aveva appreso, per poi '-riàpprenderlo senza 'vergogna né offesa, nella maniera dolce e naturale che pur doveva esserci e che oscuramente avrebbe voluto.57

Attraverso i loro sogni, Michele e Agostino esprimono la loro incapacitA di adattamento alla vita,e come conseguenza, la loro fondamentale innocenza di fronte alla vitae Il sogno di un paese innocente è il nesso che stringe Michele, Agostino, e gli altri eroi "alienati" di

Moravia. Cos! conclude Sanguineti: Presso MOravia, la vita si spiega e si intende a partire dal­ l'alienazione e dal sogno, e solamente in questo modo: dall'alienazione in un sogno.58

Ma accanto al sincero c'è chi inganna; accanto all~offeso c'è

56 Gli indifferenti, p. 164.

57 Agostino, p. 90. 58 Sanguineti, MOravia, p. 50. 49

chi offende; accanto al nostro giovane protagonista inte11ettua1e e

sognatore, "abu1ico e inetto,n59 cr~ il sua antagonista. Leo neg1i Indifferenti, Stefano nel1e Ambizioni sbag1iate, Gino ne1la Romana, il

padre ne11a Disubbidienza, Battista ne1 Disprezzo costituiscono insieme

una "gal1eria di uomini di mezza età, sicuri di una esperta e vo1gare

sensua1ità, disposti a comperare ogni sentimento 0 col denaro 0 con abi1i mezzi di seduzionen60 e chiaramente di segno opposto rispetto ài protagonisti. Ne11a critica, questo tipo di personaggio viene presen-

tato come un "uomo duro, co1mo di un egoismo irresponsabi1e quanto ottuso,,,61 ca1co1atore, "arrivistico,"62 privo di ogni sinçel:'ità;

"cattivo, cinico, esperto della vita, tenace nel soddisfacimento dei propri piaceri, affascinatore e dominatore dei debo1ill;63 un "maestro di malizie,1I64 un "perfetto fi.1isteo.,,65

Ma qua1r~ la funzione di questo personaggio ne11a narrativa di

Moravia? Che cosasignifica per esempio la presenza di Leo neg1i

59 Baril1i, p. 63. 60 Pullini, Il romanzo italiano del dopoguerra, p. 76.

61 Dizionario universa1e del1a'letteratura contemporanea (Mi1ano, 1959-63), p. 636. 62 Pull ini , I1romanzo ita1iano de1 dopoguerra, p. 76.

63 Guarnieri, p. 369.

64 Guarnieri, p. 369. 65 Bari11i, p. 76. 50

Indifferenti? Barilli risponde:

L'autore evidentemente ha voluto concentrare, stiblimare nella figura di Leo, tutta l'ipocrisia, la convenzionalit~ che l'eroe Michele viene denunciando, tutto il filisteismo contro cui egli si schiera.66

Quindi, agli occhi di Michele, Leo rappresenta tutto quello che ~ brutto e corrotto nella vita, tutto quello che ~ da respingere e da

rifiutare. Ma questa spiegazione non bas ta; ~ incompleta. Se da una parte Michele odia e denuncia Leo, dall'altra 10 invidia. Barilli continua:

Una perfetta integrazione nella vita, una perfetta sanità come quella goduta da Leo non possono non suscitare rimpianti, in chi avverta di non poterIe pib raggiungere. 67 .

Al contrario deI protagonista, che non riesce a stabilire ne~sun rapporta con la realtà, questo personaggio capisce la vita, l'accetta com'~,' ne approfitta:

·Nê si tormenta né s'illude; l'unico dei personaggi che non abbia un sogno segreto da sognare a occhi aperti.68

Dego scrive di Leo:

In the last stages of bourgeois degradation, Leo is the most genuine example, in The time of indifference of a perfect integration with the surrounding world, himself almost a thing, an object of nature •••• Leo is at one with society, he hclds the reins, by force of history, he has the stature of a victor. 69

66 Barilli, p. 75. 67 Barilli, p. 75. 68 De Michelis, p. 19. 69 Dego, pp. 21-22. 51

Leo è un uomo che sa vivere, è pienamente integrato nella vitae Se non riesce a mostrarsi eroe nella narrativa di MOravia, 10 è senza dubbio nel mondo ''borghese'' al quale essa frequentamente si riferisce.

La caratterizzazione dei personaggi maschili e femminili cos ti- tuisce l'acquisto pià positivo e mena discutibile della critica moraviana.

Pià discutibile è la severità di questa stessa critica circa la validit~, l'efficacia letteraria di questi personaggi. Da una parte, Flora e

De Michelis li giudicano rigidi, freddi, privi di calore umano. Flora li accusa di essere "personaggi assai spesso rigidi come voci stentoree, dai gesti estremi e ortopedici, senza la minima duttilità nei movimenti. ,r70

De Michelis rimprovera a MOravia "la qualità di cartapesta,,7l dei suoi personaggi e condanna "la sua deliberata volontà di atteggiare il personaggio a burattino,"72 "la sua meccanizzazione deI personaggio in fantoccio,,:73

Cos! parlano e si atteggiano i burattini, non le persone, 0 si fanno parlare le persone in caricatura.74

Si tratta di personaggi che hanno scarsa profondità, che sono astratti, schematici. Michele degli Indifferenti per esempio viene giudicato

70 Flora, p. 206.

71 De Michelis, p. 23.

72 De Michelis, p. 16.

73 De Michelis, p. 17. 74 De Michelis, p. 33. 52

"non personaggio, ma schema di personaggio che doveva essere":75

Gi~ fra i primi presentatori deI libro, il Borgese notava la troppa ripetizione dell'aggettivo, che accompagna infatti Michele ogni volta che appare; una definizione deI personaggio, trop po ripetuta per non denunziare il mancato approfondimento deI personaggio: una definizione, in luogo dell'azione.76

A questi rimproveri di poca umanit~ e poca profondit~ si aggiunge

quello della poca varietà, dell'eccessiva somiglianza dei vari personaggi

fra di loro:

Si possono cogliere alcuni caratteri dominanti in questa strana famiglia dei personaggi di MOravia, che, a pensarci, sembrano proprio tutti di una stessa famiglia di Atridi borghesi, potrebbero tutti appartenere allo stesso romanzo~77

Ma il giudizio pib severo è quello di Trombatore. A suo mèdo di vedere, i personaggi moraviani sono ambigui, equivoci; i loro rapporti

coll'autore poco chiari:

Nella narrativa moraviana il rapporto fra l'autore e i suoi personaggi è sempre indefinito 0 mal definito. Nei grandi scrittori esso è stato sempre chiaro; e perfino nel verismo verghiano, che pure si gloriava di attenersi strenuamente al suo canone dell'impersonalit~, il giudizio dell'autore risulta con la pib luminosa evidenza. Di MOravia non si puô dire altrettanto. E' questa la zona pib pericolosa e pib infida; ed è forse la sorgente sotterranea di tutto quel suo gusto dell'ambiguo e dell'equivoco •••• Una volta sola MOravia si è confidato apertamente, ed è stato nella Romana, e non è questa l'ultima ragione che ci fa tanto apprezzare quel romanzo. Adriana gli è uscita proprio dal cuore. Ma, al solito, egli ne ha dovuto fare una prosti­ tuta.78

Il meccanismo narrativo che pone in moto questi personaggi,

76 De Michelis, p. 8.

77 Flora, pc> 206. 78 Trombatore, p. 18. 53

l'intreccio, ~ stato anch'esso oggetto di rimproveri severi da parte

della critica. "I critici," dice Trombatore, "sono tutti d'accordo

nel condannarlo come arbitrario e romanzesco e cio;~ come artisticamente

inutile e nullo.,,79 Lo giudicano antiquato, fuori moda, un passo

indietro, un ritorno ad una tradizione oltrepassata, al romanzo otto­ centesco. In alcuni romanzi (per esempio,Le:ambizioni sbagliate, 11 conformista, La romana) l'intreccio viene usato male e senza misura;

diventa macchinoso, artificioso, forzato. La trama perde la sua

spontaneitA, e il critico perde la pazienza: "In veritA, viene mal di testa a raccapezzarsi in tante complicazioni.,,80

Ora, ~ da tener presente che l'intreccio ~,un elemento di fonda­

mentale importanza nella narrativa moraviana, Moravia non ~ Joyce,

Proust, 0 Svevo. La problematica pub anche esser simile, ma la tecnica

e il procedimento narrativo. sono radicalmente diversi. Joyce, Proust,

Svevo non si preoccupano affatto della continuità nel raccontare;

procedono per rotture, per interruzioni e distorsioni. La sola

"rottura" che si riscontra in un romanzo moraviano ~, imrece, un mec­

canismo della trama, una rottura deI tipo di un colpo di scena teatrale.

MOravia non perde mai di vista l'intreccio. Il giudizio della critica

79 Trombatore, p. 12.

80 De Michelis, p. 58. e 54 a questo proposito, come anche a proposito dei personaggi, getta una luce ambigua sulla validità letteraria di tutta l'opera di MOravia. l critici dovrebbero trarre tutte le conseguenze di questo giudizio; o altrimenti rivederlo. IV

l TEMI FONDAMENTALI: IL SESSO E IL DENARO

l temi della narrativa di Moravia sono nwnerosi: la noia, il conformismo, la rivo1ta, la solitudine, l'adolescenza, e cos{ via.

Ma la critica si ~ fermata soprattut~o su due di essi: il sesso e il denaro. Molto spesso si ~ossono 1eggere affermazioni di questo tipo:

Denaro e sesso: i dus. grandi componenti dei romanzi e di mo1ti racconti.1

Oppure:

Money and sex, the two constant po1es between which bourgeois and neo-capita1ist society move, are in the writings of Moravia the on1y basic ·criteria for every judgement about human and social rea1ity, for every interpretation· of existence.2 ..

E ancora:

E' nel1erotico integrato con l'economico, che i personaggi si definiscono in pieno.~

1 Crocenzi, p. la.

2 Dego, p. 50.

3 Sanguineti, Moravia, p. 28. 56

Vorrei, dunque, ora, fermarmi su questi due temi, su queste "dimensioni ultime,,4 della realtà moraviana. Cominciamo dal sesso.

La maggior parte dei critici ~ d'accordo nell'affermare che il sesso occupa il centro della narrativa di Moravia, che la carne ~ "il

'punctum dolens,' attorno a cui ruota il mondo moraviano.,,5 Questa insistenza ~ tuttavia, a mie modo di vedere, eccessiva, se non altro perché fa pensareche MOravia sia un pioniere in questo campo, e cio~ che egli sia il primo a scrivere della vita dei sensi, ad ammettere l'importanza del sesso nella vita umana, a descrivere l'atto sessuale o un corpo femminile.

In realtà, la sua preoccupazione per il sesso non ha niente di rivoluzionario; rientra in una lunga tradizione letteraria. Nel secolo scorso, il sesso, considerato dai veristi come una forza irresistibile che corrompe, avvelena e distrugge 1 '.uomo, ~ giudicato perb degno di elaborazione letteraria. Scrive appunto Barilli:

Il sesso, in periodo naturalistico, rientra nel novera dei grandi fattori "pib forti di noi," esterni, in fondo, all'uomo, al pari di ogni altra forza di natura, che contribuiscono a determinare la condotta, a incanalarla entro rotaie prestabilite. L'amore, la libidine, l'invaghimento, sempre nell'atmosfera naturalista, sono simili a calamità, a eventi imprevisti che si abbattono sull'uomo, ponendolo davanti a una casistica ben netta: 0 resistere a quella pressione, 0 cedervi, con conseguenze spesso catastrofiche.6

4 Sanguineti, Moravia, p. 60.

5 Ravegnani, Uomini visti, p. 206.

6 Barilli, p. 73. 57

Nella prefazione al suo romanzo Jude the obscure, Thomas Hardy definisce • il sesso come "the strongest passion known to humanity," e la vita come "a deadly war waged between flesh and spirit.,,7 Il protagonista cede

al desiderio sensuale; perde nella lotta coi sensi. Il risultato ~

inevitabile: finisce schiavo e vittima di un destino disastroso.

Similmente, Nana, la bella tentatrice, simbolo della carne nel romanzo

di Zola, è ''La Mouche d'Or," "une mouche couleur de soleil, envolée de

l'ordure, une mouche qui prenait la mort sur les charognes tolérées le

long des chemins, et qui, bourdonnante, dansante, jetant un éclat de

pierreries, empoisonnait les hommes rien qu'à se poser sur eux, dans

les palais ob elle entrait par les fenêtres"; Nana è "la bête d'or,

inconsciente comme une force, et dont l'odeur seule gatait le monde."a

La sua forza maligna penetra e disgrega tutta una società. Insomma,

il sesso ~ una malattia che contamina l'uomo come la peste; ~ una forza

animalesca che 10 riduce ad una bestia; è un potere opprimente che 10

tiranneggia senza pietà. Nel novecento, la letteratura si sforza di

mostrare che c'~ pure qualche cosa di onesto, di puro, di positivo in

questa specie di mostro creato dal naturalismo. Si verifica una rivolta.

l radicali - da R.M. Rilke a D.H. Lawrence - non si soddisfanno affatto

deI posto importante ma infame concesso al sesso nella letteratura deI

secolo precedente; pretendono l'abandono definitivo di menzogne,

7 T. Hardy, Jude the obscure (Toronto, 1964), p. 5. 8 E. Zola, ~ (Paris, 1938), pp. 236, 238 • • 58

ipocrisie, illusioni, finzioni intorno all'argomento; . vogliono che il

sesso sia liberato dalla vergogna e dall'infamia che 10 circondano.

MOravia non fa che continuare il lavoro cominciato con tanta

fatica dagli altri. Lo scopo rimane identico. Come ci spiega la

Crocenzi, MOravia, come Rilke e Lawrence, vuole sollevare il sesso "ad

un significato pib alto"; vuole scioglierlo da tutte le "remore,

pregiudizi, convenzioni che 10 hanno sempre circondato di mistero"; e

cerca di presentarlo "essenziale e semplice, necessario e bello."g

Per MOravia il sesso non ~ né sacra né profano; non ~ né misterioso né

romantico; non ~ da nascondere nell'oscurità, ma da accettare come una

parte irrefutabile della vitae Il suo compito ~ comunque difficile.

Nonostante gli sforzi dei predecessori, l'argomento ~ sempre delicato.

Le buone, generose intenzioni dell'autore non sono riconosciute tali; sono fraintese, sono respinte. La gente ~ timida, non chiede rivela- zioni sincere, preferisce l'inerte accettazione delle abitudini inveterate e la pace deI silenzio.

Per quanto riguar.da... la... .critica, la situazione non ~ molto diversa.

MOlto di rada la franchezza dell'autore viene ricompensata; molto di rado qualcuno gli riconosce il merito di parlare apertamente. E quando finalmente l'inaspettato succede, il contrasto ~ cos! grande, l'effetto cos! sconcertante, che non si sa se il critico scherzi 0 faccia sul

9 Crocenzi, p. 30. 59

serio, come per esempio nel caso di Russo:

Il MOravia ~ un eccellente educatore e io propongo ai giovinetti delle famiglie borghesi, a quelli dotati di intelligenza e di qualche studio, la lettura di Serata di don Giovanni e di Agostino. Né dô questo consiglio col cuor leggero, ché comincio con i ragazzi di casa mia, e solo ho un rammarico di non essermi mai imbattuto in uno scrit­ tore di tal genere quando io avevo 15 anni 0 16 anni, per spogliarmi di certe tristezze e di certe ubbie, delle menzogne convenzionali sulla vita dei sensi. lO

L'atteggiamento di Russo costituisce, perô, un'eccezione. Per la maggior parte, i critici si accontentano dei soliti cODDnenti stanchi, deI tipo seguente: l'opera di MOravia "certamente non ~ per vergini e per fanciulli,,;ll oppure di osservazioni generiche come questa:

Il freudismo divenne nel concetto di molt·i artisti un panses­ sualismo ed offerse cos! una maschera filosoficaal gusto delle oscenità, che si afferma orgoglioso 0 si insinua perverso in tante scene di romanzi contemporanei.12

E' vero; c'è in MOravia una specie di pansessualismo. L'elemento sessuale colorisce ogni aspetto della vita; tutto - l'economia, l'amicizia, i rapporti familiari, la politica - viene riesaminato e acquista un nuovo significato alla luce deI fat tore sessuale. Pera, non c'è niente di osceno nei suoi racconti. La gente che legge un romanzo di MOravia con l'unico scopo di trovarci dentro eccitanti scene d'amore rimane oltre-~ modo delusa. MOravia descrive l'atto sessuale come descrive un pranzo; descrive i corpi feDDninili come descrive i mobili di una casa. Per

10 Russo, pp. 150-151. l1 G.A. Borgese, "G1i indifferenti," , 21 1ug1io 1929. 12 Gal1etti, p. 708. 60

Moravia, fare l'amore ~ tanto naturale e necessario quanto mangiare; il corpo femminile, tanto evidente quanto un mobile di casa. Di fronte al sesso MOravia assume l'atteggiamento disinteressato deI medico di fronte al suo paziente; la sua descrizione erotica assume il tono irrefutabile di un rapporto clinico.

In un articolo intitolato '~opoguerra bigotto," MOravia presenta - il suo modo di vedere:

Nell'atto sessuale, preso in quanta tale, non c'~ assolutamente nulla di eccitante. E' una cosa come un'altra, se 10 si considera dal punto di vista dell'arte, ossia, suscettibile come tutte le altre di diventare materia di poesia: è una cosa molto seria, molto importante e molto bella se vista con gli occhi dell'uomo sano e naturale. 13

Per Moravia, la sessualit~ rappresentà il concreto, il solido, 10 stabile, ~ certezza robusta e indistruttibile in un'epoca di vera crisi, in un mondo ormai vuoto di valori morali:

la sexualité est quelque chose qui ne peut pas être relativisée, et à même temps, désagrégée par la raison; la sexualité est quelque chose qui est comme un bloc, comme un fait naturel, quelque chose qui ne peut pas être détruite, une valeur de laquelle on peut partir, un niveau zéro. C'est complètement unique.14

Per i suoi personaggi, il sesso ~ "10 strumento deI rapporta col mondo."15

E' l'unico disperato appiglio per non lasciarsi sfuggire la realtà; è la sola cosa che possa salvarli dall'incomunicabilità e dall'estraneità.

13 A. MOravia, '~opoguerra bigotto," La fiera letteraria, 15 maggio 1947. 14 Da un'intervista di MOravia per il programma televisivo Le sel de la semaine, Radio Canada, Montreal, 13 maggio 1968.

15 Fernandez, p. 56. 61

Per Luca della Disubbidienza l'iniziazione sessuale segna il suo ritorno,

la sua accettazione completa della vitae Per MOlteni deI Disprezzo la

fine deI suo rapporta sessuale suscita una mancanza generale di interesse

nel mondo. Nel sollievo dell'atto sessuale, questi personaggi cercano

rifugio dalla delusione, dal dolore, dall'assurdità della vita; sperano

di trovare la ragione della vita, di dissolvere il mdstero tornando

all'inizio; "è un po' il ricercare se stessi ripercorrendo la medesima

strada che prima ha dato la vita.,,16

E' stato dette che MOravia senza Freud non sarebbe stato MOravia.

Non sembra, perô, che MOravia sia stato influenzato direttamente da

Freud:

Je connais Freud moins bien qu'on ne croit. Lorsque j'étais jeune on disait que j'étais schizoide et je me précipitais aussit6t sur un livre de psychanalyse. Une autre fois, une diseuse me dit que je finirais fou. En fait, mes personnages résultent surtout de mon expérience perso~elle qui est celle d'un homme normal.17 fi E di nuovo:

10 conoscevo Freud, 0 per 10 mena ero freudiano senza saperlo, prima ancora di averlo letto; attraverso esperienze che mi avevano convinto della grande importanza, nell'arte, deI fatto sessuale. 18

16 Crocenzi, p. 26.

17 Intervista con L. Wiznitzer. Il testo, cos! com'è pubblicato, contiene evidentamente una svista: '~n fait, mes personnages résultent surtout de mon expérience personnelle qui sont celles d'un homme normal." Mi son permessa di correggere facendo singo1are la proposizione relativa. Ma com'è ovvio, sarebbe possibile, invece, fare il plurale di "expérience personnelle."

18 L'uomo come fine, p. 85. 62

Secondo Fernandez,19 MOravia trova in Freud una conferma intellettuale

oggettiva delle sua esperienza soggettiva; il rapporto MOravia - Freud ~ tanto significativo quanto il rapporta Proust - ~~ii, Gorki - Lenin, Corneille - Descartes; si tratta dell'incontro di un'esperienza personale

e di una dottrina giA popolare. Il lavoro di Freud nella psicologia ~ parallelo al lavoro di MOravia nella letteratura; hanno mezzi diversi, fini identici. "La psychanalyse nous a donné les notions de ce que ~ l'hounne réel,{nent est," ci spiega MOravia:

l'écrivain veut donner le nom aux choses, les nounner, les démis ti­ fier, les montrer dans leur vraie réalité, montrer l'hounne comme il est, pas counne il devrait être.20

Una necessitA, un bisogno interno di mostrare una cosa per quello che ~, una sincerità che spingono ad osare tutto, scopire tutto, raccontare tutto - questo costituisce il legame pib stretto tra MOravia e Freud.

Insounna, il giudizio deI critico francese André Maurois sulla sinceritA di Gidè, si applica benissimo anche a MOravia e a Freud:

En un temps ob les faux-monnayeurs de l'esprit sont légion, j'aime un hounne qui essaie d'être vrai et de faire circuler un peu d'or.2l

19 L'analisi dei rapporti indiretti ma complessi fra Freud e MOravia costituisce uno degli aspetti pib interessanti deI saggio di Fernandez; questi si ferma a lungo sull'argomento: si vedano soprattutto le pagine 68-92 deI suo studio.

20 Dall'intervista, giA citata, per il programma televisivo Le sel de la semaine. 21 A. Maurois, Etudes litt€raires (New York, 1941), l, 89. 63

Accanto al tema deI sesso è da collocarsi il tema deI denaro, al

quale la critica concede non minore attenzione. Che cosa significa il

denaro per MOravia? Qual'è la sua fu-nzione particolare nel mondo della

sua narrativa? Insonnna, come ci viene presentato questo potere "fatto

di brutti biglietti gualciti 0 di monete tutte eguali,,?22

Innanzitutto per MOravia il denaro è quello che "si è" piuttosto

che quelle che "si ha." Quando Luca, l'er.oe della Disubbidienza,

sotterra il suo denaro, sente di sotterrare pure una parte di se stesso:

Seppellendovi il denaro, in certo senso, vi avrebbe sepolto anche se stesso; 0 almeno, quella parte di se stesso che era attaccata al denaro.23

Come ci spiega Fernandez, il denaro non è qualcosa che si possa separare

dall'uomo, è strettamente connesso coll'uomo, 10 determina e 10 definisce.

Il modo in cui l'uomo si comporta davanti al denaro indica chiaramente

il suo comportamento generale davanti alla vitae Il nostro atteggia- mento verso il denaro è problematico, complesso; il fatto che siamo avari 0 prodighi rispecchia la nostra vita intima, rivela la nostra personalità segreta. Il denaro non è pib soltanto un mezzo per acquistare dei beni, ma anche un mezzo di espressione personale.

Per la società borghese della narrativa moraviana, il denaro è quello che si accumula non spendendo; è proprietà che serve soltanto a creare nUOVé. pro~rietà; è quello che si accresce in banca regolarmente ------=-._._-- 22 La disubbidienza, p. 40.

23 La disubbidienza, p. 54. 64

"come si accresce e fruttifica una pianta.,,24 L'atteggiamento di

questa gente davanti al denaro assomiglia molto a quello dell'eroe

Undershaft nel dramma Major Barbara di Shaw. Quando uno gli chiede

qual'~ la sua religione, risponde cost:· '~ religion? l'm a millionaire.,,25 Nel mondo della narrativa moraviana il denaro ~

sacro; ~ oggetto di universale adorazione. E questa adorazione, questo culto deI denaro costituiscono la religione pib diffusa e

genuina.

Per tanti anni i genitori di Luca 10 obbligano a pregare davanti

ad un quadro della madonna di Raffaello che nasconde un forziere

riempito di biglietti di banca. Ma Luca non cerca la benedizione

borghese basata sulla quantith di denaro risparmiata. Egli respinge

la felicitA deI paradiso economico e lacera con rabbia quei biglietti:

Scopr{ di provare per quel denaro un odio profondo; come si odia qualcuno che ci ha dominato e contro cui ci si ~ ribella~i •••• Lacerando quei biglietti, sentiva di vendicare le sue preghiere, di compiere una riparazione. Ma anche il denaro era sacro; seppure in una maniera tutta divers a dall'immagine sacra che gliel'aveva nascosto mentre pregava. Era sacro per quelle effigi regali e quei simboli che garantivano il valore; ed era sacra perché avrebbe potuto esser felicità per tante persone. Per il povero, per esempio, che ogni mattina quando andava a scuola gli tendeva la mana all'angolo della strada. Ma darlo ad un povero sarebbe stato in fondo rispettarlo, confermarne il valore. E invece Luca voleva veramente distruggerlo, non soltanto nel proprio desiderio ma anche nella realtA. Idolo odiato, come sentiva, non ci. voleva mena di ~uella lacerazione pro­ fanatoria, per sconsacrarlo definitivamente. 6

24 La distibbidienza, p. 41. 25 G.B. Shaw, Major Barbara (Edinburgh, 1964), p. 88.

26 La distibbidienza, pp. 56-7. 65

Luca ~ miscredente, ~ eretico, desidera la rovina di quella falsa religione. E MOravia si compiace di questa sua pecora nera.

Secondo Moravia, "il denaro allontana e separa dalla realtà. f,27

E Sanguineti commenta: "Il ricco non pua conoscersi e intendersi ne1la sua essenza pitl profonda,~28 non puô afferrare il sense vero delle cose; la realtà, la concretezza gli sfuggono. Il denaro gli pone dei vincoli;

10 èondiziona; 10 protegge dalla realtà come un mura di ferro. Per

Dino, l'eroe della]2!!, la ricchezza ~ la causa della noia generale e profonda che investe la sua vita; ~ la radice prima di una totale alienazione vitale:

10 presi a domandarmi quali ne potessero essere i motivi, e per via di esclusione, arrivai a concludere che forse mi annoiavo perché ero ricco e che se fossi stato pavera non mi sarei annoiato. QUest'idea non era cos! chiara nella mia mente, allora, come addesso sulla carta; pib che di un'idea, si trattava deI sospetto quasi ossessivo che vi fosse un nesso indtibitabile tra la noia e il denaro. 29

La noia dipende dalla ricchezza; la noia, questa specie di nebbia che vela il mondo e che nega all'uomo ogni rapporto con la realtà, ~ il prodotto della ricchezza; ne ~ il risultato necessario. 30

E per di pib, come scopre Agostino, il denaro ~ connesso stret- tamente colla corruzione:"

Cost, al primo invidioso disprezzo motivato dalla sua ricchezza, se ne era aggiunto un altro fondato sulla sua supposta corruzione. E

27 Da un'intervista di Moravia con L. Cavicchioli, ~, marzo 1962. 28 Sanguineti, Moravia, p. 68. 29 La noia, p. 13. 30 Sanguineti, Moravia, pp. 12-13. 66

l'uno pareva, in certo modo, 'in quelle menti brutali, giustificare l'altro. L'uno nascere dall'altro. Egli era ricco, sembrava che i ragazzi volessero significare con la loro umiliante e spietata condotta; dunque che c'era di sorprendente che fosse anche corrotto?3l Secondo l'opinione di Pullini e di Crocenzi,32 il denaro, nel sanso

moraviano, brucia, secca, guasta; quindi, il borghese, che 10 possiede,

10 produce, e 10 spende, è bacato e corrotto. La sua anima è consumata

dal desiderio di accumulare denaro; la sola via che gli è aperta è

quella della decadenza morale, dell'ipocrisia, dell'egoismo e della

noia. In Moravia il ricco è segnato dal denaro, marchiato d'infamia;

il denaro è "sinonimo di deviazione spirituale.,,33

Accanto alla corruzione dei ricchi troviamo la semplicitA, la

sanitA, e la vitalitA dei poveri. QUesta gente che non possiede denaro, non ne soffre le conseguenze. E' spontanea, libera, naturale, schietta;

insomma, intatta e innocente. QUesto modo di pensare non è nuovo; anzi, ricorda molto da vicino il punto di vista dei poeti inglesi deI settecento e dell'ottocento, in particolare Blake, Wordsworth, Coleridge, di fronte alla societA industriale e materialista deI loro tempo. Nel racconto intitolato Primo rapporto sulla terra dell'''inviato speciale" della Luna, Moravia scrive che la terra è abitata da "due razze ben distinte, sia moralmente, sia, fino ad un certo punto, fisicamente: la razza degli uomini chiamati ricchi e quella degli uomini chiamati

31 Agostino,.p. 104.

32 Pullini, Il romanzo italiano deI dopoguerra, p. 72; Crocenzi, p. 10. 33 Crocenzi, p. 68. 67

poveri.,,34 Secondo l'opinione di Dego, Sanguineti, e Pullini, nella

societh moraviana il denaro ~ quello che distingue le classi sociali;

~ quelle che divide in modo decisivo la borghesia dal popolo.35 Il

criterio ~ semplicissimo, chiarissimo: uno che ~ ricco appartiene alla

borghesia; uno che ~ povero, invece, appartiene al popolo.

Sanguineti ~ particolarmente colpito dal desiderio dei personaggi

moraviani di scambiare le loro posizioni sociali.36 Il ricco vuole

esser povero; il povero vuole esser ricco; insomma., "ciascuno mette

il proprio paradiso nell'inferno degli altri.,,37 Il giovane borghese

Agostino, nel suo tentativo di assimilarsi ai campagni popolani deI bagno Vespucci, "prese a indossare i vestiti pit! logori e brutti che possedesse, con grande stupore di sua madre che non riconosceva pit! in

lui l'antica vanith; apposta smise di parlare di casa sua e delle sue ricchezze; apposta ostentô di apprezzare e gustare quei modi e quelle abitudini che tuttora 10 inorridivano. ,,38 Recita la parte deI ragazzo' povero, si finge in tuttq popolano, p1ebeo. perô i suoi sforzi sono futili. Il risu1tato ~ 'che non ~ capace di inserirsi ne1 gruppo dei ragazzi deI popo10, e non ries ce pit! a trovarsi a suo agio tra i buoni

34 A. Moravia, L'epidemia (Milano, 1957), p. 421. 35 Dego, pp. 41-42; Sanguineti, MOravia, pp. Il, 73; Pu11ini, pp. 22-23. 36 Sanguineti, MOravia, pp. 101-102.

37 La romana, p. 17.

38 Agostino, p. 104. 68

ragazzi borghesi deI bagno Speranza. Egli sente di non appartenere pib al mondo dei ragazzi borghesi:

Tuttavia sentiva con dolore che non era neppure simile ai ragazzi della banda. Troppa delicatezza restava in lui; se fosse stato simile, pensava talvolta, non avrebbe sofferto tanto delle loro rudezze, delle loro sguaiataggini e della loro ottusit~. Cosi si trovava ad avere perduto la primitiva condizione senza per questo essere riuscito ad acquistarne un'altra. 39

Come ci spiega Dino, non si puô rinunciare alla ricchezza; il denaro

~ la specifica qualitA deI borghese; ~ incancellabile; ~ undato di

natura; ~ "come avere gli occhi azzurri 0 il naso;acquilino,,:40

Il denaro non consente il divorzio dal denaro, perché chi ~ ricco non puô far finta di non esserlo; ••• io non ero che un uomo ricco il quale avrebbe voluto non esserlo; potevo benissimo indos- sare stracci, mangiare tozzi di pane, vivere in un tugurio; ma il denaro di cui disponevo trasformava in vestiti eleganti i miei stracci, in manicaretti raffinati i miei tozzflpane, in palazzo il mio tugurio. ",1

Non c'~ via d'uscita. Dino e Agostino sono ricchi e, qualsiasi cosa

facciano, restano ricchi.

Adriana, invece, è "in tutto e per tutto una degna rappresentante deI nostro buon popolo sano e vigoroso. ,,42 Che cosa sogna? Sogna

l'inferno borghese vissuto, compreso e respinto violentemente da Michele,

Luca, Mino, Dino e dagli altri intellettuali della borghesia moraviana.

39 Moravia, A~ostino, p. 11I.

40 La noia, p. 17. 41 La noia, pp. 315-16. 42 La romana,_ p. 380. 69

Adriana racconta a Mino il suo sogno lungamente accarezzato:

Avrei voluto essere," dissi lentamente assaporando le parole in ciascuna delle quali mi sembrava racchiuso un mio sogno lungamente accarezzato,· "proprio quelle> che sei tu e che ti dispiace tante di essere ••• avrei voluto nascere in una famiglia ricca come la tua, che mi avesse dato una buona educazione ••• avrei voluto vivere in una casa bella e pulita come la tua ••• avrei voluto avere, come te, dei buoni maestri, delle governanti straniere ••• avrei voluto passare, come te, l'estate al mare 0 in montagna ••• e avere dei bei vestiti, e esser invitata e ricevere ••• e poi avrei voluto sposarmi con qualcuno che mi amasse, una brava persona che lavorasse e fosse anche lui agiato ••• e ayrei voluto vivere con questa persona e averne dei figli."43

Cos!, nella narrativa moraviana, i personaggi sono sempre scontenti, delusi; assillati dal denaro. o perché vorrebbero averlo 0 perché vorrebbero liberarsene. Non vogliono quello che hanno, ma quelle che ha l'altro; insomma, si invidiano; e in questo, Moravia segue una delle vecchie, immutabili leggi della natura umana.

Comunque, secondo lui, a causa dell'importanza preminente deI denaro nel mondo di oggi, la vita si ~ trasformata in "un incubo perfet- tamente organizzato ed efficiente.,,44 Il mondo è una macchina; l'uomo

è "una semplice parte di. un meccanismo anonimo.,,45 Nel mondo dominato dal denaro, gli uomini non hanno pib nomi, ma numeri; non sentono pib, ma ragionano freddamente; non agiscono spontaneamente, ma rigidamente, come marionette. L'uomo ~ il prodotto deI meccanismo della società

43 La romana, p. 388.

44 L'uomo come fine, p. 214.

45 L'uomo come fine, p. 216. 70 industria1e; è diventato un automa:

L'ùomo de1 neocapita1ismo con tutti i: suoi frigoriferi, i suoi supermarket/ le sue automobi1i utilitaire, i suoi missi1i e i suoi set te1evisivi è tanto esangue, sfiduciato, devita1izzato e nevrotico da giustificare coloro che vorrebbero accettarne 10 scadimento quasi fosse un fatto positivo e ridur10 a oggetto tra gli oggetti.46

L'uomo non è pib un fine, ma un mezzo. Dego commenta a questo pro- posito:

Even human energy, 1ike everything else which is useful or is accounted such, is changed into something to be bought and sold, which has no value except the va~ue of exchange as determined by supp1y and demand under existing market conditions. Man himse1f is thus trans­ formed into something:to be bought and sold, and he accepts his 1ife as if it were an investment which must bring him the greatest profit possible under existing market conditions.47

Ne1 mondo moderno tutto è stato pervertito e ridotto a merce, uti1ità, e meccanismo - l'uomo compreso. Ed a110ra, per protesta contro la meccanizzazione della vita e in difesa della dignità umana, Moravia attacca e vilipende il denaro. Eg1i presenta il denaro coine un "ido10 odiato,,48 e afferma decisamente: ''La povertà è mig1iore della ricchezza. ,,49

46 L'uomo come fine, p. 6.

47 Dego, p. 110. 48 La disubbidienza, p. 57. 49 Da11'intervista già citata, di Moravia con L. Cavicchio1i. v

LO STILE

QUando il lirismo e il preziosismo regnavano nella letteratura ital iana , quando le finezze e le bellezze costituivano la maggiore preoccupazione degli scrittori, com'era appunto il caso nella prosa italiana de! primo dopoguerra, 10 stile di Moravia apparve schietto, asciutto, svergognatamente spoglio. Sembrava 10 stile di uno storico, di un cronista piuttosto che di un narra tore. Il suo linguaggio sembrava povero e generico, "una sorta di conversare cosmopolita trascritto in chiave di corretto italiano,,,l il linguaggio di "chi considera e ragiona, piuttosto che quello di chi crea.,,2 Negli

Indifferenti di Moravia, infatti, non c'era nessun segno della "be1la pagina" italiana. Ora, come si comporta la critica di fronte a questa

1 G.A. Borgese, art. cit., Corriere della sera, 21 luglio 1929.

2 Trombatore, p. 12. 72

novit~? Le prime reazioni sono sempre le pi~ significative e le pi~

interessanti. Ecco le osservazioni di Borgese, il quale fa lieta

accoglienza allo stile "sano" deI nostro scrittore:

Il Moravia ha un'arte di scrittura molto bella, perché depurata di ogni belluria, giuBto il contrario deI vescicante calligrafico, deI falso e intossicato bello scrivere che ha ridotto tanta prosa e prosa poetica recente come se le avessero fatto un tatuaggio al vetriolo. QUi la parola non spicca per conto suo nella frase; la frase non mol­ leggia le anche; si sente un respiro sano econtinuo, quella lunga e naturale lena deI dire che somiglia in pittura a un modo di pennellare ampio, deciso; qui ~ vera prosa. 3

Lo scritto di Borgese è deI '29. Si tratta della recensione degli

Indifferenti, apparsi proprio in quell~nno. Ma l'accoglienza favore- vole, senza riserve e restrizioni, di Borgese, per quanto riguarda 10

stile deI libro, ~ da considerarsi come un'eccezione. Dello stesso anno è la recensione di Solmi. La sua reazione ~ diversa; eSitante,

incerta, assomiglia ad un rimpianto di un periodo letterario che sta

per sparire; indirettamente ci rende consapevoli dell'importanza storica, della scossa data dagli Indifferenti al gusto letterario deI tempo:

Un esame dello stile narrativo deI MOravia, volutamente grigio e povero, eche ~ stato definito "cronachistico," ci porterebbe lontano: e resterebbe a vedersi se, come non ~ improbabiie, i nuovi tentativi dicreare un romanzo italiano non debbano per forza costare, in moIti casi, il sacrificio di quel tante di musica personale, di "lirica," a cui la nostra tradizione antica e recente, eminentemente soggetti­ vistica, ci ha abituati.4

3 Borgese, art. cit., Corriere della sera, 21 luglio 1929.

4 S. Solmi, "Gli indifferenti," Convegno, dicembre 1929. 73

Pib inaf~ràbile, pib ambigua, la reazione di Falqui in un saggio di

alcuni anni dopo, incluso poi nel volume Prosatori e narratori deI

novecento italiano:

Troppo spesso e con assurdo compiacimento, ••• in moIta narrativa si presume poter fare a mena dello stile. Diverso il caso di MOravia. Non egli mancava di stile; era il suo stile, se mai, a difettare di stile in rapporta allo stesso intento narrativo prefisso. 5

E' un giudizio oscillante fra il si ed il no, fra la Iode e il biasimo; ma ha un significato particolare perché viene da parte di un critico

che è considerato come l'esponente pib tipico di quel preziosismo let-

terario al quale ho già accennato. A poco a poco la "mancanza di stile" di MOravia finisce con l'esser considerata come il suo vero stile; uno stile che non nasce da mancanza di talento 0 di attenzione, ma da una necessità espressiva.

Moravia narra; non si appassiona, non s'impegola; domina il suo narrare con un metodo freddo e calcolatore, 10 controlla con una tecnica studiata fin al minimo particolare. Mantiene ad ogni momento un tono uguale, fermo, pacato, un tono "cos! prossimo a quello di un narratore olimpico, non toccato da alcuna crisi.,,6 Insomma, MOrav.:ia non molla mai:

Avanza con passo sicuro, non cammina sul marciapiede ma in mezzo alla strada, guarda innanzi e non si volta indietro, non teme né il freddo né il caldo: in una parola sa quello che vuole.7

5 E. Falqui, Prosatori e narratori deI novecento italiano (Torino, 1950), pp. 431-441.

6 Barilli, p. 71.

7 F. Grisi, Incontri e occasioni (Milano, 1965), p. 107. 74

Moravia viene paragonato ad uno che si siede "sul trono d'oro, profeta e re, dispensatore di giustizia e di grazie, circondato dalla sua

corte."S A causa di questo suo freddo distacco si parla di mancanza

di pietà e di umanità nell'opera moraviana; a causa deI suo scrivere

sicuro, stabile, lento, caratterizzato da "una calma piena e disinteres­ sata,,9 si parla deI "gelo moraviano."lO

Moravia ~ stato definito uno scrittore "integrale" dal critico

francese Fernandez, proprio perché il sua stile, secondo questo critico,

non sottintende nulla, non suggerisce ma ~ tutto quelle che c'~ da

dire. Moravia non si affretta mai nel raccontare; procede lentamente

nel suo narrare pieno e ampio. Il sua stile ~ vuato di descrizioni

minuziose e superflue; ~ volto ad esaurire il necessario, l'essenziale,

il concreto. Il suo stile consiste nel descrivere quelle che ~, mai quello che sarA; nel presentare il reale, mai il possibi1e. Il suo

scopo è di comunicare le sue idee e, in conformitA con questo scopo,

il suo stile ~ deliberatamente chiaro, evidente, irrefutabile. Moravia

non giuaca col lettore, non allude, non insinua, scrive il pi~ apertamente

possibile:

Moravia ~ il contrario deI pittore impressionista, non suggerisce niente, dice tutto quello che deve dire, e ciO che non è tradotto in parole nei suoi libri non fa parte deI suo universo. ll

S Grisi, p. 112. 9 Ravegnani, Uomini visti, p. 203.

10 Limentani, p. 49.

Il Fernandez, p. 27. 75

E paragona la lettura di un romanzo moraviano ad un buon pranzo:

Il lettore procede in un romanzo di MOravia come in un succedersi di piatti sostanziosi e saporiti, con la sensazione di riempirsi ad ogni frase, e di esser sazio a lettura fini ta. Tutto ciO che poteva esser detto sul soggetto è stato detto. 12 .

Quindi conclude: "MOravia è oggi senza dubbio 10 scrittore pib integrale che si conosca.,,13

Mi sembra che si possa individuare nella critica moraviana una linea di sviluppo abbastanza netta: dalle incertezze, esitazioni e ambiguith degli inizi verso il riconoscimento sempre pib chiaro della validith stilistica dell'opera di MOravia. Il vero stile è quello che scompare dietro le cose da dire, non quelle che si mette davanti ad esse per far bella mostra di sé. Moravia ha avuto partita vinta sui narratori e sui critici che 10 guardavano con diffidenza al tempo della pubblica- zione degli Indifferenti. La nuova prosa italiana respinge il pre- ziosismo di quarant'anni fa. EMOravia ha certo contribuito in maniera notevole al formarsi di questo nuovo gusto. Questo appunto gli assicura un posto di rilievo nella storia letteraria italiana.

Connessa, almeno fino ad un certo punto, alla questione dello stile è un'altra questione, a mie avviso di minore importanza, quella deI rapporto fra MOravia e altri scrittori. Vi accennerO qui brevemente.'

12 Fernandez, p. 22. 13 Fernandez, p. 22. Si veda anche, a proposito dello stile, R.W.B. Lewis, The Picaresque Saint (Philadelphia, 1959), p. 44. 76

Lo stile moraviano ~ stato paragonato a quello di Manzoni per il suo ordine e la sua chiarezza (Limentani,Varese);14 a quello dei dram-

Oomaturghi, da Shakespeare a Pirandello, soprattutto per la presenza nei

suoi racconti di indicazioni schematiche che ricordano le didascalie

teatrali (De Michelis, Limentani, Ravegnani, Dego);15 e a quelle di

Sartre e Camus per il suo carattere piano, pacato, fluido (Barilli).16

Più in generale, la narrativa moraviana ~ stata avvicinata a quel la di

Maupassant e di Dostoevskij per il suo realismo (De Michelis, Ravegnani,

Degn);17 a quella deI settecento francese per l'importanza accordata

all'intreccio (Limentani);18 e infine aIl 'opera di Joyce per "l'uso

della relazione fra tempo e aZione.,,19 Una lista degli scrittori con

cui Moravia ~ stato messe in relazione e delle "influenze" che egli

avrebbe subito, si trova nel libro di Dego; ha il vantaggio di mettere

insieme il maggior numero di nomi nel minor numero di pagine possibile.

In realt~, se diamo retta a certi critici, il numero di scrittori che avrebbero in un modo 0 in un altro influenzato MOravia e contribuito

14 Limentani, p. 22; C. Varese, Cultura letteraria contemporanea (Pisa, 1951), pp. 171-175. 15 De Mïchelis, pp. 24, 52-3, 76; Limentani, p. 14; Ravegnani, Uomini visti, p. 201; Dego, p. 3. 16 Barilli, p. 69. 17 De Michelis, p. 32; Ravegnani, Uomini visti, p. 201; Dego, p. 4. 18 Limentani, p. 23. 19 Dego, p. 4. 17 cosi indirettamente alla sua opera raggiunge la trentina. Questo numero mi sembra senza alcun dubbio eccessivo. L'importanza concessa a queste "influenze" mi sembra spesso esagerata, e comunque raramente verificata.

Certo MOravia avrà letto, se non tutte, almeno alcune, 0 anche moIte, delle opere degli autori designati dalla critica. Ma non ne segue necessariamente che ognuno di questi autori abbia esercitato un influsso significativo su di lui. Egli non ~ il risultato diretto di quello che ha letto. Come sarebbe possibile spiegare l'opera di un autore che combina insieme elementi derivati da Boccaccio, Manzoni,

Goldoni, MOli~re, Ariosto, Shakespeare, Carducci, Hugo, D'Annunzio,

Dumas, Zola, Dostoevskij, Joyce, Defoe, , Balzac, Maupassant,

Pirandello, Petronio, Apuleio, Rabelais, Dickens, Gogol e altri ancora? La critica è stata troppo pronta a lanciarsi nella ricerca di una paternità con la quale spiegare l'apparizione improvvisa di

MOravia sulla scena letteraria italiana di quarant'anni fa. In realtA la ricerca delle influenze ~ un omaggio alla novità della stile di Moravia, deI quale si è dis corso in questo capitolo, e al posto singolare e importante che egli occupa nella storia della letteratura italiana contemporanea. VI

CONCLUSIONE

Mi sembra che sia ora possibile fare un bilancio dei risultati

conseguiti della critica. Cominciando dalla fine, direi che l'acquisto

pib sicuro deI lavora critico intorno a Moravia ~ il riconoscimento

della novitA deI sua stile e deI posto che, proprio per questo, egli

occupa nella letteratura italiana contempora~ea • Sarebbe impossibile . ., capire la pib recente prosa italiana senza tener conto dell'opera di

MOravia. L'evàluzione stessa deI giudizio della critica circa il sua

stile, giudicato dapprima con diffidenza, se non con disprezzo, e poi

invece con ammirazione, dipende proprio dall'efficacia che la sua opera

ha avuto nel modificare la prosa narrativa e il gusto letterario con-

temporaneo • • 79

La critica ~ anche riuscita a individuare e a descrivere i

temi principali della sua narrativa e a cogliere le caratteristiche

salienti dei suoi personaggi. Meno soddisfacenti, invece, sono i

risultati della critica per quanta riguarda la caratterizzazione degli

ambienti moraviani e in particolare la linea di sviluppo di certe

caratteristiche ambientali e il rapporta fra ambienti e personaggi.

Mi richiamo qui a quel che ho dette nel secondo capitolo e alla con­

clusione che mi ~ sembrato si possa trarre dall'analisi dei rapporti

fra gli interni moraviani e la donna. Riconosciuta, dunque, come ~

giusto, la novitA dello stile di MOravia, non bisogna lasciarsi sfuggire

la sopravvivenza in lui di aspetti tradizionali, 0 se si vuole antiquati,

quale appunto 10 stretto legame che egli pone fra la donna e la casa.

Non mi sembra che i suoi critici abbiano in lui "ben letta questa

faccia," e cio~ che abbiano colto questo lato della sua personalitA

di narratore.

Ma la lacuna pib grave della critica moraviana ~ un'altra.

E' l'incapacitA da parte dei critici di determinare in modo chiaro

e convincente il valore letterario dell'opera di MOravia. Non mancano

naturalmente pagine e pagine su questo argomento. Ma il giudizio ~ quasi sempre incerto, ambiguo, 0 anche contraddittorio, come ho cercato di mostrare parlando dei personaggi e dell'intreccio. Se ne deve

concludere che ~ stato più facile, nel casa di MOravia e cioé di un 80 contemporaneo, collocàrlo in una prospettiva storica, piuttosto che formarsi un'opinione motivata deI valore letterario della sua opera?

Pua aver l'aria di un paradosso, ed è invece, a mio avviso, la verith. BIBLIOGRAFIA

DELLA CRITICA MORAVIANA

Una bib1iografia della critica moraviana, non dico completa,

me che a1meno aspiri alla comp1etezza, non c'~. Indicazioni bib1io-

grafiche si trovano in tutti gl~ scritti su MOravia e, in partico1are, in que11i di Sanguineti, Del Buono, Crocenzi, Dego e Limentani, noncbé

nei soliti repertori bib1iografici, in encic10pedie e dizionari. Pur

non pretendendo di co1mare tale 1acuna, la presente bib1iografia vor-

rebbe essere mena incomp1eta delle a1tre. Trattandosi du oua bib1io- grafia della critica intorno a MOravia, non ho inc1uso nassuna indicazione

re1ativa al1e opere de110 stesso MOravia: ta1i indicazioni si potranno

faci1mente trovare ne1 Dizionario univers ale dalla 1etteratura contemporanea

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, Premessa ...... 1 l Perico1i e tendenze della critica moraviana 2

II L1ambiente • • • • • • • • • • • • • • • • • • 20

III l personaggi • • • • • • • • • • • • • • • • • 34 IV l temi fondamentali: il sesso e il denaro . . 55 V Lo stile ...... 71

VI Conc1usione • • • • • • • • • • • • • • • • • • 78 Bib1iografia della critica moraviana ...... al