Dati rilevati dagli Enti certificatori o autocertificati Tiratura 03/2016: 245.377 30-MAG-2016 Diffusione 03/2016: 170.497 da pag. 30 Lettori Ed. III 2015: 1.294.000 foglio 1 Quotidiano - Ed. nazionale Dir. Resp.: Maurizio Molinari www.datastampa.it Giovedì 24 AGORÀ spettacoli 2 Giugno 2016

Musica. Le sinfonie di Beethoven secondo

PIERACHILLE DOLFINI nato loro “artistic advisor”. Un viaggio, quel- to la storia della musica. Passando dall’E- co “da camera”, accorciando le distanze tra Finita a Brescia lo nell’universo sinfonico del compositore roica, dalla Quinta e dal contrasto tra natu- musicisti e pubblico. Tanto che l’Inno alla la tournée a tappa finale è quella più impegna- tedesco, iniziato a gennaio 2015 e conclu- ra e cultura della Pastorale, Gatti sul finale gioia del celeberrimo finale della Nona non della tiva. Come un tappone con i passi do- sosi in questi giorni a Torino, , Ber- tira la volata di un progetto che ha mostra- arriva da “sopra il cielo stellato” ma ribolle chamber orchestra lomitici al Giro d’Italia. Perché sul gamo e Brescia, queste ultime due nell’am- to la modernità di Beethoven: il percorso dalla terra, è impastato di vita e colorato di Lleggìo ci sono, una dietro l’altra, l’Ot- bito del Festival pianistico internazionale. sinfonico del musicista tedesco è restituito quella speranza che vorrebbe «tutti gli uo- diretta tava e la Nona sinfonia. Come dire, Pordoi Un viaggio partito dalla Prima che nella let- nella sua capacità di parlare al nostro esse- mini fratelli». Come auspica l’inno di Schil- dal maestro e Sella in due ore. Ma Daniele Gatti taglia tura del direttore d’orchestra milanese, pur re uomini di oggi. Immediato e diretto. Do- ler intonato dal coro Orfeó Català e da quel- vittorioso il traguardo dell’integrale delle mostrando senza troppi compiacimenti il ve l’analisi di una partitura c’è ma non si av- lo da camera del Palau de la musica catala- milanese Sinfonie di . E ha u- debito nei confronti di Mozart e Haydn, sot- verte nel fluire del suono sempre pieno e na insieme alle voci di Christiane Oelze, Ch- na squadra di lusso, i musicisti della Mah- tolineava le inquietudini e i colpi di genio bello della Mahler. Gatti affronta anche le rista Mayer, Torsten Kerl e Steven Humes. Il direttore Daniele Gatti ler chamber orchestra che l’hanno nomi- delle pagine successive che hanno cambia- sinfonie più monumentali con un organi- © RIPRODUZIONE RISERVATA

LUCA PELLEGRINI

evi, ragazza bella e sensibile, si sente responsabile di una morte. Deepak, che pur coi morti ha a che fare ogni giorno, viene lace- rato dalla scomparsa di Shaalu, studentessa di cui si era inna- morato. In mezzo scorre un fiu- me,D il Gange, e l’India è la gran scena ove que- sti dolori e amori scorrono con lentezza. Sono GHAYWAN personaggi che si trovano, come dice il titolo, Tra la terra e il cielo, nell’opera prima con la quale il regista indiano Neeraj Ghaywan ha vin- to lo scorso anno a Cannes il “Prix de l’avenir” della sezione “Un certain regard” e il premio della critica Fipresci. Un film ora arrivato nel- Passaggio in India le sale italiane. «Lavoravo in una società – rac- conta il cineasta di Mumbai –, mi occupavo di economia, ma ero in crisi, avevo abbandona- to tutto perché mi piaceva il cinema, da sei me- si i miei genitori non mi rivolgevano più la pa- rola. Un amico mi aveva parlato dei ghat a Va- ranasi, le gradinate di pietra che conducono agli argini del Gange dove si incontrano i fedeli che si immergono nelle acque del fiume sacro e pregano e dove tradizionalmente vengono accese le pire per le cremazioni. Mi aveva spiegato che chi si occupa di INNAMORATI cremare i corpi è privo di ogni emo- A sinistra, i personaggi zione e gestisce il di Deepak e Devi, lavoro secondo protagonisti del film codici antichissi- indiano vincitore mi. Sono rimasto l’anno scorso a Cannes affascinato dal suo del “Prix de l’avenir” racconto. Ho co- minciato così a Neeraj Ghaywan immaginare la storia di Deepak, che appartiene alla casta degli intoccabili, i da- lit, perché soltanto loro possono fare questo lavoro, considerato un atto impuro. L’idea era quella di seguire lo sviluppo anche emoziona- le di una persona che è a contatto con la mor- te ogni giorno». Come si è preparato al film? «Ho studiato due anni quell’ambiente, mi so- no trasferito a Varanasi per par- lare con le persone che lavora- no giorno e notte sui ghat, per bita. Volevo tornare all’umanità dell’India e può essere un problema, perché la nostra è u- di fare di tale perdita un modo per crescere, osservarli, capire il senso del lo- Cinema alle sue contraddizioni e raccontarle dal pun- na società protezionistica e protettiva». per diventare più saggi. È quello che succede ro lavoro. A dire il vero, nem- to di vista dei giovani». Ma lei nel suo film dimostra anche un profon- a Deepak che accetta la morte improvvisa di meno gli indiani sanno molto Nelle sale il film “Tra la terra I quali si trovano come accerchiati, però, dal- do amore per l’India... Shaalu e a Devi che capisce il punto di vista del degli addetti alle cremazioni. la forza delle tradizioni. «Sì, ma non voglio nemmeno passare per un padre. Tutti e due aspirano a raggiungere un Per questo dovevamo essere e il cielo”, del regista indiano «Siamo una grande democrazia ma fronteg- nazionalista. Voglio solo riconoscere che ci so- luogo. Per me il film è un racconto di forma- molto precisi. Ho cominciato a Protagonisti, due giovani giamo ogni giorno la tradizione legata alla no- no cose giuste e cose sbagliate. Non giudico e zione, in cui il dolore può essere positivo e non scrivere la sceneggiatura, met- stra cultura. Varanasi ne è lo specchio, il sim- non commento. C’è modernità e chiusura, gli portare alla disperazione». tendo insieme i volti e le storie che si incontrano sulle rive bolo. Il film rappresenta questa realtà: c’è gen- anziani non amano che le tradizioni siano mes- Nella scena finale, assai evocativa, i due ra- che avevo visto e ascoltato». del fiume sacro, il Gange te anziana ma anche giovani che affrontano se in discussione. Nel film c’è un poliziotto cor- gazzi che poco prima si erano incontrati nel È stato difficile girare le scene questo stato di cose. Il nostro è un mondo sog- rotto che ricatta il padre di Devi, il quiale si tro- pianto, salgono su una piccola barca, al tra- delle cremazioni? getto al cambiamento. I ragazzi vogliono e- va nel mezzo di questi due mondi, perché è monto. «All’inizio avevamo deciso di manciparsi da queste imposizioni, si sentono anche colto e progressista. Ma entrambi sono «Due persone come loro, colpite così dura- girare sui veri ghat ma poi abbiamo pensato «È conosciuta come la città dei morti, il luo- prigionieri. Non a caso, ciascuno dei protago- in una situazione di degrado: l’uno vuole evi- mente, cercano di liberarsi dal peso del dolo- che non sarebbe stato rispettoso per le per- go più sacro dell’India, dove la gente si pre- nisti del film desidera fuggire, magari solo dal- tare lo scandalo e uscire dall’umiliazione in cui re. Hanno capito che quanto è successo loro in sone che nel lutto piangono i loro morti. para a morire perché per la religione induista la sua condizione. Poi c’è il problema delle ca- lo ha portato il comportamento della figlia, e passato se ne sta andando e che sono final- Così abbiamo trovato un ghat abbandona- solo così puoi accedere alla salvezza. Eppure ste, che nel nostro Paese è ancora grandissimo. per questo accetta di corrompere, l’altro sfrut- mente liberi di poter affrontare il futuro, qual- to e lì abbiamo allestito il set per girare le la gente che ci lavora è talmente piena di vi- Nessuno lo vuole affrontare perché è troppo ta questa debolezza. Sono tutti e due moral- siasi esso sia. La barca naviga verso uno dei scene più intense». ta! Parlano di tutto: di sport, cibo, politica, cul- complesso. Nel film il problema non è centra- mente riprovevoli. Come regista ho cercato di luoghi più sacri per la religione indù, il San- Mark Twain disse della città sacra di Vara- tura, divertimento. Ho percepito un enorme le, ma c’è. Deepak è un dalit, ambizioso, vuo- mantenere una bussola morale». gam, ossia la confluenza di tre fiumi, Gange, Ya- nasi: “È più antica della storia, più antica contrasto. Ma Varanasi fino ad oggi era stata le affrancarsi da questo giogo, essere se stesso, Ha affermato che il tema della morte aleggia muna e il mitico Saraswati: per loro è una me- della tradizione, persino più antica della leg- rappresentata al cinema come un luogo eso- innamorarsi della ragazza che gli piace. È un su tutti i suoi personaggi. Perché? ta anche metaforica, dove potrebbe avvenire genda e ha l’aria di essere più antica di tut- tico o ancor peggio turistico, mentre io vole- bravo studente, cerca un lavoro. Devi invece è «Nel film c’è il tema della perdita, ma anche la la rigenerazione. Rasserenati, stanno pacifica- te e tre messe insieme”. Che cosa rappre- vo descriverla così come è. Comunque il mio tranquilla, vuole solo conoscere se stessa e a- necessità di affrontarlo in modo catartico. Non mente andando incontro alla speranza». senta per lei Varanasi? film non è sulla città ma sulla gente che vi a- mare il suo ragazzo. Ma anche questo in India si tratta solo di perdere qualcuno di amato, ma © RIPRODUZIONE RISERVATA

Tendenze. Hamilton e la Formula 1 che fuori pista suona il rock

PAOLO CICCARONE fatto portare in camera un pianoforte. che alla BBC durante una serata stile fe- rando a un nuovo CD:"Per correre in sberg e Jaime Alguersari si sono dati al- E con questo ha suonato quasi tutta stival di San Remo: "Amo suonare, mi macchina ho pochi anni e io voglio cor- la musica. Rosberg, attuale leader del n fondo, che correre in auto fosse notte, disturbando il vicinato. Ad ag- scarica la tensione e al contempo mi dà rere ancora, per suonare ho una vita mondiale, ha finito una compilation una questione di ritmo, si sapeva. gravare le cose, poi, c’è il suo cane Ro- la carica giusta" disse Damon. La chi- davanti, ho composto altri pezzi, ma con un CD di musica tecno in cui si al- Che questo traesse origine nelle scoe, che "canta" al seguito di Lewis tarra non l’ha mollata, ma ora suona in non sto lavorando come si dovrebbe ternano strumenti e suoni della sua Ipulsioni di un motore che suona la facendo divertire chi assiste al sipa- privato. Un altro chitarrista di livello e quando ti impegni con la musica. Ma Mercedes F.1. Alguersarsi, invece, sua sinfonia o dall’alternarsi di curve e rietto. La musica come fonte di ispira- che ha già un CD alle spalle è Jacques promesso che appena smetto ripren- smessi i panni del pilota F.1 e Le Mans, rettilinei, non si sa. Di sicuro non è u- zione, come fuga dalla realtà, come oa- Villeneuve, campione del mondo F.1 do tutto e completo il mio lavoro". Hill, è andato a Ibiza, ha aperto un locale na novità che per un pilota di F.1 la mu- si creativa. Hamilton è solo l’ultimo di nel 1997 con la Williams e compagno Villeneuve, Salo, Herbert (dalla Benet- dove fa il Dj e tiene desta le serate di chi Il pilota-rock Lewis Hamilton sica sia la via di fuga preferita. Lo è pri- un lungo elenco di piloti musicisti. In di squadra di Hill in quel periodo: "mi ton al palco del concerto di Silversto- va a sentirlo. Pare anche che sia molto ma di una gara, quando con le cuffie attesa che il suo primo disco prenda ricordo le serate in camper col quale ci ne fu un passo) ma anche Jarno Trulli. bravo e pure richiesto. Anzi, secondo i in testa si concentrano prima di calar- forma e venga presentato ufficialmen- spostavamo ai circuiti. Suonavamo in- Il vincitore del GP di Montecarlo 2004 maligni guadagna più oggi da Dj che si nell’abitacolo, lo è poi, quando fra le te (dovrebbe essere per fine anno) al- sieme a Damon e a Mika Salo, che poi e pilota Toyota fino al 2009 ha comin- ieri da pilota… Infine Vettel: la sua Fer- Per stemperare la tensione pareti di casa si prende uno strumen- tri campioni si sono esibiti. Restano in corse anche con la Ferrari nel 1999. A- ciato a studiare la batteria, con la qua- rari non gli lascia il tempo per dedi- to e si comincia a strimpellarlo. E alcuni Inghilterra c’è il caso di Damon Hill, mo la chitarra elettrica ma preferisco le si è anche esibito in pubblico: "E’ u- carsi alla chitarra. Si è esibito a Silver- dei Gp, il pilota britannico lo fanno anche molto bene. Prendete mondiale con la Williams nel 1996, fi- la classica". Infatti, durante una sera- na questione di ritmo, ti dà la carica, mi stone suonando Smoke on the water si diletta al piano e incide Cd il campione del mondo Lewis Hamil- glio di Graham, smessi i panni del pi- ta a Bologna, Villeneuve scoprì i Gipsy piace ascoltare musica ma anche suo- dei Deep Purple. Il risultato finale? A- Ma anche Damon Hill, Jacques ton. Prima di un GP, infatti, per stem- lota e prima di indossare quelli del te- King e i loro assoli, ma Paco De Lucia nare, a casa avevo attrezzato un ango- vete presente la partenza al GP Russia perare la tensione e mettere a punto lecronista per la tv inglese, Damon a- resta il favorito per come sapeva toc- lo dove farlo senza dare fastidio a nes- con Kvyat che lo ha tamponato? De- Villeneuve, Rosberg jr. e Vettel gli ultimi accordi musicali del suo pri- veva fondato un gruppo musicale, i care la sua chitarra: "All’epoca segui- suno". Non suonano strumenti (al- vono averlo pagato i presenti al con- strimpellano prima della gara mo CD (scritto in collaborazione con Conrods (le bielle) con il quale si è esi- vo molto il new flamenco" ricorda o- meno non a livello professionale co- certo di Sebastian! Rhianna e altri rapper americani) si è bito in giro per l’Europa e una volta an- gni tanto. Anche Villeneuve sta lavo- me gli altri piloti) ma anche Nico Ro- © RIPRODUZIONE RISERVATA Dati rilevati dagli Enti certificatori o autocertificati Tiratura: n.d. 27-MAG-2016 Diffusione 12/2013: 11.847 da pag. 22 Lettori Ed. I 2015: 90.000 foglio 1 Quotidiano - Ed. Torino Dir. Resp.: Mario Calabresi www.datastampa.it Dati rilevati dagli Enti certificatori o autocertificati Tiratura: n.d. 27-MAG-2016 Diffusione 12/2013: 82.266 da pag. 55 Lettori Ed. I 2015: 455.000 foglio 1 Quotidiano - Ed. Torino Dir. Resp.: Maurizio Molinari www.datastampa.it

Il Corriere Musicale 30.05.2016

Conclusione del corpus integrale delle Sinfonie a Torino con la Mahler Chamber Orchestra. Letture chiare e precise: convince l’Ottava, senza appeal la Nona. Il concerto è stato riproposto a Ferrara, Bergamo. Oggi saranno a Brescia

di Attilio Piovano

Dei nove colossi, sì insomma, delle nove Sinfonie di Beethoven l’Ottava figura percentualmente assai meno in sede concertistica, ed è un vero peccato. Innanzitutto perché è a dir poco un capolavoro (mi perdonino i lettori l’ovvietà di questa osservazione non certo peregrina) e poi perché svela, a chiare lettere, quell’aspetto della creatività beethoveniana sul quale si insiste mediamente poco, vale a dire lo humour, l’arguzia, il Witz, per dirla alla tedesca. Quella stessa arguzia che fa capolino nelle pieghe di non poche Sonate pianistiche, ma che già si affaccia fin dal Finale della Prima Sinfonia. E allora che gioia ascoltarla – l’Ottava – al Lingotto di Torino, la sera di venerdì 27 maggio 2016, nell’interpretazione della Mahler Chamber Orchestra diretta magistralmente da Daniele Gatti che le ha riservato un’attenzione specialissima.

Fin dall’iniziale Allegro vivace e con brio. Quanta grazia nel dipanare la colloquiale ed amabile scioltezza di questa superba partitura, quanti dettagli mirabilmente nessi a fuoco, quanta cura nel sottolineare singoli passaggi, particolari preziosi, come quel bonario salto d’ottava che della Sinfonia è un vero e proprio leit motiv, gioviale e sapido. Poi le prelibatezze dell’Allegretto scherzando in cui Beethoven si burla dell’ascoltatore con evidente riferimento al meccanico ticchettio del metronomo. Più ancora si burla di noi tutti nel terzo tempo provocatoriamente indicato Menuetto, con anacronismo non privo di fascino. E si tratta di pagina irresistibile per grazia e, ancora una volta, per arguzia.

Gatti, potendo contare su una formazione di alto livello, ha impresso una vigoria ed una carica energetica davvero singolari nel movimento iniziale, lavorando poi di bulino e di cesello nei due citati tempi; ammirevole il giusto esprit conferito al Trio dell’amabile Menuetto, quasi serenata notturna. Ci si sarebbe aspettati un Finale al fulmicotone e invece Gatti, molto

1 opportunamente, ha distillato anche in tal caso mille preziosità armoniche, timbriche e dinamiche, una vera gioia per le orecchie, per l’intelletto e per il cuore. E le emozioni non sono mancate, quanto meno per chi ama tale eccelsa Sinfonia, forse qualitativamente superiore addirittura alla pur sublime Settima.

Non così, quanto ad emozioni, con la Nona che dopo la ‘breve’ Ottava campeggiava nella seconda parte della serata, collocata a concludere il ciclo beethoveniano e, nel contempo, la stagione 2015-16 di Lingotto Musica. E qui, occorre ammetterlo, si è ammirata la lettura scrupolosa sì, ma priva di quell’appeal che con altre orchestre è accaduto di percepire. Per dire, l’inizio con quelle quinte vuote mancava di spessore, non si percepiva quel senso di caos primordiale. Lo Scherzo, affrontato a velocità sostenuta, è emerso in tutto il suo nitore e la sua brillantezza, bene anche il movimento lento che talora risulta eccessivamente dilatato. Gatti è riuscito a mantenersi in bilico tra eccessive lungaggini ed effetto ‘tirato via’. Poi il Finale, il sublime Finale con coro e solisti: e si trattava del coro Orfeó Català e del Cor de Cambra del Palau de la Música Catalana, formazioni di discreto livello, ma per la Nona – perdonate – ci vuole ben altro. Disomogeneo anche il quartetto dei solisti, il soprano Christiane Oelze (non all’altezza della situazione e in qualche caso vistosamente alle corde, con voce spesso poco udibile), il basso Steven Humes dal timbro particolarmente chiaro, bene invece il ‘mezzo’ Christa Meyer e discreto il tenore Torsten Kerl. La Mahler Chamber (lo ha confessato Gatti stesso a fine serata festeggiato per la nomina a Musical Advisor della compagine) la eseguiva per la prima volta. Certo, è sempre una sfida entusiasmante interpretare la Nona, il top del sinfonismo beethoveniano. Non tutto però era a punto; ad esempio il gioco sottile dei rimandi ai movimenti precedenti un po’ disperso e stranito. A fine serata applausi copiosissimi e festa grande. Ma si sa, dinanzi alla Nona il pubblico applaude innanzitutto il capolavoro. La Mahler è peraltro un’orchestra di buona caratura e, ne siamo certi, giungerà presto anche ad affrontare con la giusta consapevolezza il vertice della Nona per l’appunto. E allora le emozioni non mancheranno. Quanto a Gatti tornerà in autunno, al Lingotto, ad inaugurare la stagione 2016- 17: col Concertgebouw e un programma quasi per intero wagneriano.

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L. van Beethoven Sinfonia n. 8 in fa maggiore, op. 93 Sinfonia n.9, op. 125 "Corale"

Catalana Christiane Oelze, soprano Christa Mayer, mezzosoprano Torsten Kerl, tenore Steven Humes, basso Coro Orfeó Català Cor De Cambra Del Palau De La Música Mahler Chamber Orchestra Daniele Gatti, dir

Ferrara, Teatro Comunale

L’ultima parte del problematico ed entusiasmante cammino sinfonico di Ludwig van Beethoven è stato oggetto del concerto che Daniele Gatti e la Mahler Chamber Orchestra hanno tenuto il 28 maggio al Teatro Comunale Claudio Abbado di Ferrara nell’ambito della stagione di Ferrara Musica. Le voci soliste erano quelle del soprano Christiane Oelze, del mezzosoprano Christa Mayer, del tenore Torsten Kerl e del basso Steven Humes. Il cast era completato dal Coro Orfeó Català e dal Cor De Cambra Del Palau De La Música Catalana.

Daniele Gatti e la Mahler Chamber Orchestra al Teatro Comunale Claudio Abbado di Ferrara

Ascoltare di seguito gli ultimi due lavori sinfonici del compositore di Bonn ha gettato una luce particolare su entrambe le partiture, ad iniziare dall’Ottava, troppo spesso considerata un semplice ritorno alle forme classiche. Gatti ha mostrato come anche in quest’opera Beethoven fosse ben consapevole delle problematiche che le sue sinfonie precedenti avevano aperto nella storia di questo genere musicale. Questa scelta è apparsa evidente, ad esempio, nei templi sostenuti dell’Allegro scherzando, che ha messo in luce come nella partitura manchi un Adagio. Al contrario sono risultati piuttosto rilassati i movimenti estremi, fornendo così nuova unità al discorso sinfonico. Tale unità non ha, tuttavia, appiattito i singoli elementi: l’elegante fraseggio e la caratterizzazione dinamica e timbrica delle varie parti della composizione hanno ben contribuito a delinearne il racconto, benché il direttore non sia sempre stato in grado di raccogliere i frutti della tensione creata.

Gatti sembra così aver trovato una sua sintesi tra diverse strade interpretative, soprattutto tra la grande tradizione direttoriale tedesca ed un filone più attento alla produzione che va dal ‘900 in poi. Questa ricerca è stata ancor più evidente nella Nona, in cui la sicurezza tecnica della Mahler Chamber Orchestra ha consentito al direttore di mettere a nudo le asprezze della partitura. Il suono scarno ed asciutto dei legni è risultato moderno e sconvolgente e ha dato al pubblico la sensazione (l’illusione?) di ascoltare questa celeberrima sinfonia con le stesse orecchie di chi nel 1824 ha assistito alla sua prima esecuzione. Gatti ha fatto emergere la frattura tra questo suono così scheletrico e la potenza dei pieni orchestrali, lacerazione che la musica non era più in grado di sanare se non con l’ausilio della parola, del canto. Ecco allora che l’ottimismo beethoveniano trovò (si illuse di trovare?) un modo di chiudere questa profonda ferita ricorrendo ai versi di fratellanza dell’Ode alla Gioia di Friedrich Schiller. Questo tentativo disperato è emerso chiaramente nella lettura di Gatti, che ha trovato un validissimo sostegno nei cori e nell’orchestra, ma non nelle voci soliste. Una simile interpretazione ha consentito ancora una volta alla Nona Sinfonia di Beethoven di mostrare tutta la sua sconvolgente modernità al contempo musicale e storica, capace ancora di raccontare le lacerazioni dell’uomo di oggi.

Stefania Navacchia

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Associazione culturale Orfeo nella rete http://www.orfeonellarete.it/ [email protected]

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La Mahler Chamber Orchestra in viaggio tra Berlino e l’Italia.

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Mahler Camber Orchestra © Molina Visuals

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© Priska Ketterer

Non ci si ferma quasi mai. La compagine formata da circa 45 musicisti provenienti da 20 Paesi è in tournée quasi tutto l’anno. Nonostante gli uffici amministrativi si trovino a Kreuzberg, vicino al Südstern, la Mahler Chamber Orchestra a Berlino è arrivata solo poche volte. Sabato scorso ha fatto finalmente ritorno al Radialsystem, luogo di cultura dove si sperimentano nuovi repertori e forme di concerti, per indurre il pubblico a interrogarsi sulla musica classica e sulle proprie abitudini di ascolto. Difatti il concerto­ performance dal titolo ironico “Bye Bye Beethoven”, elaborato dalla Mahler Chamber assieme alla violinista moldava su commissione dell’Internationales Musikfest Hamburg 2016, ha poco da vedere con le esecuzioni di musica classica che di solito si ascoltano nelle tradizionali sale da concerto.

© Priska Ketterer

All’inizio un battere regolare, quasi fosse il suono di un metronomo. Proiettato su una parete eretta in mezzo al palcoscenico comincia poi a muoversi qualcosa che assomiglia alla lancetta di un orologio. La musica, arte temporale, invita gli spettatori ad un insolito viaggio nel tempo e nello spazio. Con un organico ridotto la Mahler Chamber Orchestra e la Kopatchinskaja offrono assaggi da un vasto repertorio che parte, assolutamente non in ordine cronologico, dal Novecento (Charles Ives) e passa da Haydn, Cage, Bach (con il corale “Es ist genug”, citato tra l’altro anche da nel suo concerto per violino “Alla memoria di un angelo”) e Kurtág per arrivare a Beethoven. Sono inseriti anche due brani del pluripremiato compositore venezuelano Jorge Sánchez­Chiong che prende spunto dall’arte del video, dalla danza e dalla musica elettronica.

Daniele Gatti © Vimeo

I musicisti suonano senza direttore, al semibuio e in piedi, un eccellente ensemble di musica da camera allargata. L’ascoltarsi a vicenda è l’essenza del loro fare musica insieme, come lo suggerisce già il nome della compagine. Nata nel 1997 con l’appoggio del celebre direttore d’orchestra Claudio Abbado la Mahler Chamber ha lavorato con il suo grande mentore fino a pochi mesi prima della sua morte, avvenuta nel gennaio 2014. Affiancati dalla Kopatchinskaja, che poi si esibisce anche come solista nel Concerto per violino in Re Maggiore di Beethoven, offrono una lettura fresca del famoso brano. La violinista estroversa dimostra di voler prendere le distanze dalle convenzioni, puntando forse fin troppo sull’effetto. Così il capolavoro di Beethoven rischia un po’ di perdere spessore e profondità. Complessivamente il concerto­performance riesce comunque a convincere, anche grazie ad alcune idee davvero originali. Con un riferimento ironico al motto della serata, “Bye bye Beethoven”, i musicisti alla fine lasciano il palcoscenico uno dopo l’altro, come di solito si fa alla fine della Sinfonia degli addii di Haydn, di cui hanno presentato l’ultimo movimento nella prima parte del programma.

Tuttavia – e per fortuna – Beethoven rimane nel cartellone della Mahler Chamber. Nel frattempo l’intera orchestra è arrivata in Italia dove eseguirà l’Ottava e la Nona Sinfonia in una tournée che in questi giorni tocca Torino, Ferrara, Bergamo e Brescia. Sul podio Daniele Gatti, molto presente sulle scene internazionali. L’ex direttore musicale della Royal Philharmonic Orchestra di Londra, del Teatro Comunale di Bologna e dell’Orchestre National de France a Parigi, nonché ospite apprezzato, ad esempio, alla Scala e a Bayreuth, dalla prossima stagione sarà Chief Conductor della prestigiosa Royal Concertgebouw Orchestra di Amsterdam. Con la tournée attuale si conclude un ciclo delle sinfonie di Beethoven, eseguito dalla Mahleer Chamber nell’arco di un anno e sempre sotto la bacchetta di Gatti. Nei prossimi anni questo ciclo sarà riproposto in altri luoghi. Godendo della massima fiducia dell’orchestra, Gatti, nella veste di consulente artistico, la guiderà anche nella scelta di nuovi repertori, tenendo sempre in alta stima l’enorme lavoro svolto in passato da Claudio Abbado.

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Idóneos para TEATRO ABBADO los más calurosos Gatti riporta a casa la Mahler, che successo Miglior ritorno della rinata Mahler Chamber Orchestra a Ferrara non poteva essere chiesto: teatro più che esaurito, straripante. Orchestra in grandissima forma. Daniele Gatti, direttore, osannato a...

30 maggio 2016 #YFelicesSueños

Miglior ritorno della rinata Mahler Chamber Orchestra a Ferrara non poteva essere chiesto: teatro più che esaurito, straripante. Orchestra in grandissima forma. Daniele Gatti, direttore, osannato a fine concerto con tutto il pubblico in piedi e contemporaneamente fischiato da alcuni spettatori del loggione. E poi Beethoven, l’Ottava e la Nona Sinfonia per chiudere il ciclo integrale delle sinfonie del tedesco, intrapreso proprio da Gatti alla guida della Mco. E tutto ciò dentro il Teatro Comunale Abbado, per un concerto fuori abbonamento Mira aquí todos los colchones “catturato” da Ferrara Musica e posto come appuntamento conclusivo della stagione. La prima considerazione è che Gatti divide: già prima dell’inizio del concerto e durante l’intervallo i messaggini telefonici pro e contro il direttore animavano un dibattito fatto prevalentemente di WhatsApp. Poi quei fischi che però non hanno scomposto l’aplomb del direttore, presentatosi al proscenio più volte sempre sorridente e plaudente l’orchestra, il coro, i solisti. Ma entriamo nel giudizio critico e spieghiamo perché quei fischi non li condividiamo: Gatti ha messo sotto torchio l’orchestra, l’ha fatta suonare in maniera straordinaria adoperando tutte le tecniche e tutte le sottigliezze possibili, dai crescendo agli stop and go improvvisi, dai pianissimi sussurrati ai fortissimi esplosivi, con pause espressive di qualche secondo fra un passaggio strumentale e l'altro molto efficaci, inconsueti per chi conosce esecuzioni di riferimento delle sinfonie beethoveniane; e ha diretto a memoria sempre. Ora può piacere o non piacere la sua irruenza, il modo di trasformare la leggerezza quasi danzante dell’Ottava in drammatica tensione ritmica, o inscenare un TOP VIDEO

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terremotato crescendo finale della Nona con coro, orchestra e solisti tutti in Abarth 595 ­ Lo Scorpione diventa ancora più fortissimo e oltre se possibile. Ma il suo gesto è chiaro, lampante, motore di cattivo una guida veramente efficace, che consente proprio all’orchestra di mostrare il Quattroruote proprio valore, l’eccellenza delle prime parti e dei fiati, l’intensa complicità col direttore nell’offrire un Beethoven fuori dei canoni classici e anche fuori dai da Taboola gangheri. Gatti osa, va oltre l'abitudine, si espone alle critiche dei “puristi” consapevolmente. Nel contempo inventa una musica di Beethoven NECROLOGIE insospettabile, carica di espressione; ma non è solo dinamismo spinto e potenza oltre; perché quando decide di liricizzare trae dall’orchestra un suono Strozzi Marino purissimo, anodino, rallentato ai limiti della rottura d'intonazione, etereo, Masi S. Giacomo, 14 giugno 2016 sognante. Ultime note per la Nona: bene il coro istruito da Jose Fila i Casarano, male i solisti, perché da Christiane Oelze, Christa Meyer, Torsten Mastri Gabriela Kerl e Steven Humes ci si aspettava miglior prestazione. Ferrara, 14 giugno 2016

Athos Tromboni Righetti Valentina Massa Fiscaglia, 14 giugno 2016 30 maggio 2016

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03 juin 2016

LINGOTTO MUSICA 2015­2016, TORINO et TEATRO COMUNALE CLAUDIO ABBADO, FERRARA – FERRARA MUSICA 2015­2016: CONCERTS du MAHLER CHAMBER ORCHESTRA dirigé par Daniele GATTI les 27 et 28 MAI 2016 (BEETHOVEN SYMPHONIES 8 & 9)

Ferrara 28 mai 2016

Bientôt 20 ans que je suis le Mahler Chamber Orchestra, fondé par Claudio Abbado et un groupe de musiciens du Jugendorchester en 1997. C’est évidemment un orchestre qui signifie pour moi bien plus qu’une phalange de plus et qu’un concert de plus, le Mahler Chamber Orchestra est un orchestre que je ne consomme pas (du genre, hier j’ai fait le Gewandhaus et demain je fais les Wiener), mais que je déguste. Cet orchestre, même s’il s’est profondément transformé en 20 ans, reste quand même étonnamment le même, au sens où c’est un orchestre d’adhésion, toujours jeune, qui a choisi d’être ensemble pour quelques sessions dans l’année, pour le plaisir de jouer, pour, comme aurait dit Claudio Abbado zusammenmusizieren, faire de la musique ensemble. Chaque musicien appartient à une ou plusieurs autres phalanges, à des ensembles de musique de chambre, et chacun vient à la Mahler pour sentir un esprit, l’esprit MCO. Il y a en effet un esprit MCO et un esprit des lieux MCO, dont Ferrare à coup sûr et dont Turin dans une moindre mesure. L’esprit MCO, c’est l’âme de son fondateur, Claudio Abbado, qui n’est plus, mais qui a laissé à l’orchestre et à ces deux lieux un esprit, une mémoire, une âme. L’auditorium Giovanni Agnelli au Lingotto de Turin

L’auditorium du Lingotto à Turin, personnifié depuis les origines par Francesca Camerana, qui préside aux destinées de Lingotto Musica est un lieu que Claudio Abbado a porté sur les fonts baptismaux, où il a donné bien des concerts, dans cette belle salle conçue comme le reste par Renzo Piano.

Teatro Comunale Claudio Abbado Ferrara

Et Ferrare, c’est Ferrara Musica, fondé par Claudio Abbado avec l’aide de la municipalité d’alors pour servir de résidence à un orchestre de jeunes musiciens, le Chamber Orchestra of Europe de 1989 à 1997 (et de nouveau à partir de 2007), puis le Mahler Chamber Orchestra dès 1998. Aujourd’hui les deux orchestres (chacun enfants de Claudio Abbado) se partagent grande part des projets de la saison. Alors, chaque retour à Ferrare du Mahler Chamber Orchestra est quelque chose de fort, notamment pour les musiciens qui sont dans l’orchestre depuis les origines, et qui restent garants de son esprit. Avec Abbado soit COE, soit MCO ont travaillé des programmes très divers, mais aussi des opéras, et grâce à Abbado, le MCO est le creuset du LFO, du Lucerne Festival Orchestra dont il constitue le terreau (les tutti de l’orchestre). Qu’on se tourne vers l’histoire ou même la géographie, mais qu’on se tourne aussi vers l’âme ou vers l’esprit, on rencontre Claudio Abbado, qui trône d’ailleurs avec Maurizio Pollini sur la home page de Ferrara Musica. Comment pourrais‐je l’oublier ?

Alors, ce week‐end au Lingotto et à Ferrare, indépendamment de tout programme, avait pour moi le parfum du souvenir, des souvenirs intenses et ardents d’une des plus belles périodes musicales de ma vie, une période où l’enthousiasme était toujours au rendez‐vous, à Turin comme à Ferrare, mais où il y avait à Ferrare en plus, la ville est petite, un intense parfum d’amitié, de rencontres, d’échanges. Cet heureux temps n’est plus, et les choses changent , mais certaines traces perdurent, certaines ambiances, ce parfum dont je viens de parler, on le retrouve, on le ressent, on en sent des effluves, parce que le MCO reste enthousiaste, et reste surtout une phalange d’une incroyable qualité, qui sait aller là où le mènent les chefs les plus sensibles à l’art de faire de la musique ensemble. Alors, oui, j’ai passé un merveilleux week‐end, parce que les souvenirs, l’amitié et la joie Teatro Comunale Claudio Abbado Ferrara étaient au rendez‐vous, mais surtout la musique, qui a lié tout cela ensemble. Oui, l’Hymne à la Joie était bienvenu car ce week‐end du 27‐29 mai fut un hymne à la joie. Toute cette fête de la sensibilité a évidemment un liant, au‐delà de Claudio Abbado, c’est la musique. Rien ne serait réveillé sans elle, et sans le rapport entretenu avec elle. Il n’est même pas concevable pour moi d’aller à Ferrare sans concert à la clef. Ce week‐end, le MCO vient d’annoncer la nomination de Daniele Gatti comme conseiller artistique. Il entretient depuis 2010 un excellent rapport à l’orchestre, avec qui il a entrepris une intégrale des symphonies de Beethoven sur deux saisons dont c’est le dernier programme, avec le couple symphonie n°8 et symphonie n°9, un programme où la joie tient le haut du ème ème pavé, aussi bien dans la la 8 que la 9 ! Le mini‐tour de l’Italie du Nord comprend Turin (Lingotto), Ferrare (Teatro Comunale), Bergame (Teatro Donizetti) et Brescia (Teatro Grande) et entoure Milan sans y entrer. Les musiciens du MCO ont travaillé sans le chef et l’ont retrouvé pour un temps fort court de répétitions, déjà préparés. Ils ont pourtant ème rarement joué la 9 , seulement une fois avec . La symphonie n°8, assez courte (27 minutes environ) est considérée comme l’une des plus légères de Beethoven, notamment à cause de l’absence ou quasi de mouvement lent : ème l’allegretto du 2 mouvement, au style presque italien, presque rossinien, même si Rossini passera à Vienne une dizaine d’années plus tard fait office de mouvement lent – un peu ème comme l’allegretto de la 7 qu’on joue souvent de manière si lente. C’est bien ce qui ème frappe dans cette 8 , l’une de mes préférées. Je me souviens de la manière d’Abbado si fluide et si chantante, notamment dans ses dernières exécutions à Rome et Vienne en 2001. Gatti privilégie autre chose : il cherche dans ces pièces d’abord la dramaturgie, le choc des ambiances, les contrastes. Il y recherche quelque chose du théâtral : ne pourrait‐on pas penser que la forme sonate est une forme théâtrale ? Alors Gatti privilégie dans sa recherche formelle quelque chose qui va faire drame (au sens « théâtre » du terme), quelque chose qui se heurte, et cette symphonie qui pourrait être si souriante et si légère se teinte alors de nuages, de quelque chose de rugueux, de râpeux, de rude presque. Il y a quelque chose de brahmsien dans cette approche. C’est Beethoven lu à l’aune de l’univers de la symphonie qui va le suivre, comme portant en lui quelque sorte son futur. Je l’avais déjà remarqué dans son approche de la Fantastique de Berlioz: Gatti privilégie les rencontres des masses, sans jamais être massif. Son approche est d’une clarté incroyable, avec une transparence des différents niveaux et pupitres, mais aussi et toujours avec une tension palpable. Le MCO lui répond parfaitement. La clarté dont il est question, elle apparaissait à Turin dans une salle vaste à la réverbération marquée sans risquer cependant de provoquer la confusion des sons. La salle du Lingotto permet l’analyse sonore et garde aux différents pupitre une vraie lisibilité. Le lendemain à Ferrare, l’acoustique est radicalement opposée, très sèche, et plutôt proche. Le son est là, présent, presque touchable, et l’on découvre encore plus de moments étonnants qu’on ne soupçonnait pas, on sent aussi les rugosités notamment dans les bois extraordinaires dont certains sonnent presque comme des instruments anciens. On entend d’ailleurs dans l’ensemble une couleur ancienne, un peu brutale, sans fioritures ni complaisance. ème er Le 2 mouvement si dansant, si léger, fait contraste avec le 1 très coloré, très kaléidoscopique où l’impression domine de sons qui se génèrent l’un l’autre, de manière impétueuse, tempétueuse même (qu’on retrouve au dernier mouvement, magistral), mais en même temps quelque chose d’ouvert, qui respire, comme ces interventions des cuivres dans la partie finale et cette suspension qui clôt le mouvement, comme pour indiquer un discours jamais fermé. Mais ce qui me frappe, c’est à la fois la finesse extrême des parties piano, et de manière concomitante les appuis, les interventions‐scansion sèches des percussions (timbales baroques), le rythme marqué, et malgré tout la continuité du discours.

Car ces heurts, ces aspects rugueux ne sont pourtant jamais brutaux au sens où on pourrait le craindre en lisant ces lignes : cela reste fluide, cela reste élégant, et c’est profondément pensé. ème L’allegretto scherzando du 2 mouvement est un des sommets de cette exécution, scandé par les cordes qui rythment l’ensemble et en font la colonne vertébrale. Bien sûr on entend Haydn, Mozart, mais on entend aussi par le rythme quelque chose d’un Rossini futur, en un dialogue cordes‐bois d’une particulière légèreté. C’est là qu’on touche la joie qui se termine là aussi presque en suspension. ème Le 3 mouvement, tempo di minuetto, renvoie aussi à l’univers de Haydn, avec cette scansion aux percussions et ce jeu tressé des bois magistraux du Mahler Chamber Orchestra. Bien sûr la danse domine, en un menuet énergique, mais en même temps jamais sombre, qui – oserais‐je ? – me fait penser à quelque chose des danses paysannes qu’on va trouver dans Mahler, une sorte de rugosité, une joie simple non dépourvue de brutalité, mais non dépourvue de la même manière de raffinements marqués. Un menuet dialectique et presque ironique en quelque sorte. Le dernier mouvement naît des trois autres, et on comprend du même coup ces mesures finales suspendues, de manière répétée. Des parties finales qui ne sont jamais clôture, mais toujours suspens, laissant ouvertes les suites possibles, et ce son qui jamais ne se ferme conduit inévitablement à ce dernier mouvement dont l’esprit va reprendre chaque moment qui précède, la danse, l’élégance, la scansion rude, tout est là, avec une dynamique nouvelle de l’énergie accumulée des trois autres mouvements. Le début à ce titre est emblématique, ème er rappelant par sa légèreté initiale le 2 mouvement, puis à la reprise le 1 , en deux tons différents, quand tout l’orchestre s’investit, scandé par des percussions sèches comme dans les interprétations baroques, et ce n’est que discours alternant de manière virtuose deux ambiances : les bois à leur sommet (la flûte !!), avec des renvois à d’autres univers beethovéniens (de manière fugace la Pastorale !), et une science des rythmes qui bluffe et donne une joie irrésistible à l’ensemble. Le tout emporte l’auditeur sans lui laisser de respiration : les alternances cordes aiguës et plus graves, la clarté des cuivres, pourtant discrets et la permanence des percussions en arrière‐plan construisent un cadre dramaturgique, soutenu par les quelques silences marqués entre les divers moments, qui s’élargissent en de merveilleux crescendos , comme si on s’amusait à faire tournoyer le son en un tourbillon joyeux qui s’élargit, sans jamais oublier cette alternance de brutalité et de légèreté qui rend cette interprétation si impertinente au bon sens du terme, si impétueuse et si jeune, c’est à dire inattendue, souriante et rude, énergique et tendre, de cette tendresse directe qui va directement au cœur, sans chichis, sans détours, sans artifice. Même si la Neuvième, c’est d’abord et pour tous l’hymne à la Joie, Gatti et l’orchestre nous imposent une vision d’abord grave et tendue, comme si le récitatif qui ouvre le dernier mouvement était en quelque sorte, une reprise des trois autres, pour l’ambiance qu’ils installent. Quand j’étais jeune, la neuvième n’était qu’une attente du dernier mouvement, et je trouvais même ces trois mouvements un peu longs à vrai dire, comme s’ils retardaient le moment tant recherché et tant attendu du dernier. En écoutant le Mahler Chamber Orchestra et Daniele Gatti ces deux soirs, c’est en quelque sorte l’impression inverse qui a prévalu, tellement ce que j’entendais était riche et nouveau. Riche parce que l’orchestre est apparu vraiment multicolore, aux mille reflets cristallins, d’une lisibilité étonnantes. On y entend en effet des moments ou des phrases que jamais on a pu entendre : légers pizzicatis, mouvements à peine esquissés des violoncelles, bois tourneboulants. Mais la clarté n’est rien s’il n’y a pas de propos, s’il n’y pas de discours. ème Or c’est bien là la surprise, la surprise de la découverte d’une 9 plus sombre, plus rude, même si pas vraiment heurtée, et, un peu comme la huitième qui précède, Gatti nous propose une vision dramatique, pleine de relief, qui construit de manière passionnante la préparation du dernier mouvement. La joie arrive au bout d’une sorte de « tunnel » plutôt tendu ou nostalgique, d’où une vision dialectique où la tension répond à la joie, où la joie explose et fait respirer une ambiance qui était tantôt sombre, tantôt particulièrement mélancolique. J’avais écouté deux mois auparavant la Neuvième avec les Berliner et Simon Rattle et j’avais exprimé à la fois l’admiration pour le phénoménal orchestre, mais aussi une relative déception interprétative car le merveilleux instrument fonctionnait à creux. Rien de tel ici où il y a comme on dit une idée par minute où la profondeur de la lecture étonne, avec un orchestre complètement dédié aux demandes du chef, d’une concentration et d’une énergie extrêmes. La premier mouvement allegro ma non troppo, un poco maestoso, qui commence si mystérieusement, presque en sourdine, s’affirme très vite par un rythme très marqué, scandé par les percussions qui tout au long de la symphonie, vont accompagner et marquer les rythmes tantôt au premier plan, tantôt en arrière‐plan comme indicateurs d’une ambiance sourde ; l’alternance d’un son très retenu, voir mystérieux, et d’explosion indique une tension forte, marquée, avec un jeu de contrastes d’où s’isolent quelques traits de flûte presque rupestres (flûte baroque, elle aussi). Il n’y rien de policé dans cette approche, mais quelque chose d’urgent, d’une énergie presque primale alternant avec une infinie tendresse et une évidente sensibilité. Le jeu des bois est particulièrement passionnant, qui sonnent si rugueux, un son à la fois sans raffinement et en même temps particulièrement maîtrisé et déchirant. Derrière ce travail j’entends obstinément une couleur pastorale, et cette impression va me poursuivre jusqu’au troisième mouvement.

L’orchestre est tenu sur un tempo assez vif, mais toujours tendu et rythmé, avec un sens du crescendo et une affirmation de soi incroyablement marqués, et donnant une impression de lacération. Rarement début de neuvième n’a autant marqué d’émotion, les sons aigus des violons repris par les bois et scandés par les percussions bouleversent et surprennent. Il n’y a jamais déchainement mais un discours continu et énergique, dramatique, comme un déploiement de forces qui se côtoient, se heurtent mais s’interpénètrent aussi d’une manière si prenante et si peu traditionnelle, avec un sens des enchainements incroyables qui, malgré les chocs et la rugosité, garde une fluidité stupéfiante car tout s’enchaine avec à la fois la logique d’un drame et celle d’une infinie tendresse, et d’une sensibilité farouche. C’est peut‐être là le mot qui me manquait : cette interprétation est farouche, celle d’un tendre qui n’oserait être soi que par moments. Bouleversant, étonnant. Le crescendo final, comme venu des profondeurs du son, frappe au cœur, ainsi que l’accord final, à la fois brutal et comment dire ?‐ très légèrement attendri dans la note finale. On a peine à réaliser ce qui s’offre à nous, encore plus peut‐être à Ferrare, à cause de la proximité de l’orchestre. Le deuxième mouvement molto vivace, frappe immédiatement par la même brutalité, la percussion imposante, puis le rythme haletant des cordes, scandé une fois de plus par la timbale et s’achevant par une sorte de danse au rythme de la flûte, magnifique, de Chiara Tonelli, c’est peut‐être dans ce mouvement que la multiplicité des couleur est la plus grande, la variété des rythmes donne une vie étourdissante et neuve, une incroyable jeunesse à une œuvre qui semble être écoutée ici pour la première fois. L’approche est si claire qu’on entend des sons totalement inconnus, même à la timbale : « l’art gradué de la timbale » existe, tant les coups de timbale sont très dosés en crescendo, et rythment le mouvement général. Une approche claire et lumineuse, qui invite à découvrir encore des secrets à une partition qu’on croyait connaître, où l’on découvre des phrases qu’on ne soupçonnait pas , et qui en même temps interroge sur le sens voulu à ces mouvements qui n’ont rien de joyeux, mais qui se raidissent, qui s’imposent, qui se succèdent en moments de tendresse, et de majesté comme si Beethoven exposait là non pas une unité, mais un tissu contradictoire d’affirmations. Gatti propose ici une vision très contrastée, tressée des contradictions dans les tons de l’œuvre, comme écartelée entre divers horizons (on entend même mon cher Cherubini par moments). En tous cas, entrer dans ce labyrinthe est passionnant, d’autant plus que l’orchestre à son sommet fait entendre l’excellence de chaque pupitre : quels cuivres ! quels bois ! quelles cordes aussi ! quelle respiration ! et surtout quel engagement ! C’était si tendu que l’on a senti la salle se détendre à l’intervalle. Il le fallait tant le troisième mouvement fut miraculeux Le troisième mouvement, adagio molto e cantabile, est peut‐être en effet le plus bouleversant de tous, et pour moi à l’orchestre, le plus réussi : à Ferrare, ce fut un sommet d’émotion. L’apaisement après l’agitation précédente s’accompagne d’un écho large qui s’allège et s’attendrit. J’évoquais précédemment une couleur de Pastorale, et nous y sommes : l’orchestre est séraphique, d’une incroyable sensibilité, avec des reprises de violons incroyables, d’une fluidité et d’une légèreté bouleversantes. Basson, clarinettes et cors sont exceptionnels, présents, et en même temps discrets, avec les échos phénoménaux des coups d’archets qui soutiennent. Je n’ai jamais entendu une telle « ambiance », où les voix se reprennent sans jamais abuser du rubato ; la symphonie de couleurs est tellement vivante, tellement tendre, tellement apaisée et bouleversante et la musique s’élargit et respire tellement en fin de mouvement (avec quelques rythmes viennois…et toujours cette timbale qui continue en arrière‐plan à rythmer, et que je n’avais jamais remarqué avec cette présence intense…et dans la douceur) qu’on va avoir peine à entendre le récitatif initial et tendu du quatrième mouvement. J’ai employé le mot miraculeux, et je pense que c’est l’expression juste, tant le temps fut suspendu, tant la poésie fut intense, où jamais expression de l’apaisement ne fut plus ressentie, notamment dans ces notes finales qui s’échappent comme vers le ciel. D’où évidemment le contraste avec le début du quatrième mouvement, tant attendu habituellement, et ici qu’on attendait plus tant ce qui précédait était en lui‐même unique. Le drame est là, marqué, scandé, sombre, avec des contrebasses et des violoncelles en premier plan, mais en même un discours des flûtes en dialogue qui marquent évidemment l’attente de ce qui va exploser. Gatti, en maître du théâtre qu’il est, prépare soigneusement l’entrée des voix, il « ménage l’effet » car une clef possible pour comprendre son approche est de faire de la symphonie un univers théâtral avec ses espaces, ses premiers plans, ses heurts ses émotions. Chaque moment est dramatique, ou répond à un petit drame. Ici dès que la musique de l’hymne à la joie s’épanouit, avant l’entrée des voix, c’est le jeu des cordes et des bois et des cuivres discrets qui fait rencontre et drame, jusqu’à l’explosion qui prélude à l’entrée de la voix de basse (Steven Humes), en un crescendo incroyable de tension. Les voix ne chantent que sept minutes, et ce sont sept minutes pour basse, ténor, et soprano (moins pour la mezzo) qui sont écrites de manière puissante et tendue, exigeant des aigus marqués (la basse !) de la puissance (le ténor) et une tension à l’aigu, tout en rondeur cependant pour le soprano. Il est en réalité très difficile de trouver les voix idéales, et il n’est pas sûr que des voix wagnériennes soient suffisamment ductiles pour les exigences beethovéniennes. Il faut des voix à la fois puissantes, qui aient la rondeur et la souplesse gluckiste : des voix qui feront le bonheur futur du grand opéra français. Fort, mais jamais fixe, souple, mais bien projeté. En bref impossible. Mais on sait depuis Fidelio que Beethoven n’était pas tendre avec les voix…Christiane Oelze qui a eu des problèmes de justesse à Turin était moins métallique et plus « ronde » et souple à Ferrare, Torsten Kerl après ses Tristan parisiens a donné une preuve supplémentaire de souplesse et de puissante et Steven Humes, le Roi Marke du Tristan parisien très sollicité à l’aigu, et à découvert, était lui aussi très en forme. Le quatuor (avec Christa Mayer comme mezzo) était particulièrement impliqué à Ferrare, un peu plus en voix qu’à Turin. Le chœur, composé de l’Orfeó Català et du Cor de Cambra del Palau de la música catalana, et dirigé par Josep Vila i Casañas est puissant, avec une diction claire et une présence énergique et engagée, magnifique à tous points de vue, et une fois de plus, l’orchestre a été phénoménal, au point qu’il a mobilisé mon attention là où on est habituellement tendu vers le chœur ou les voix. Avec des dernières mesures menées à un train d’enfer dionysiaque digne d’un final de Septième, ce fut l’explosion du public debout à la fin de l’exécution ferraraise. Une musicienne de l’orchestre m’a dit « c’est l’esprit du lieu »…L’esprit soufflait en tous cas sur ce Beethoven à la couleur inhabituelle, par certains côtés brahmsienne, d’une tension et d’une humanité bouleversantes. Voilà ce que peuvent un orchestre et un chef qui travaillent ensemble par adhésion et pour faire de la musique et non donner simplement un concert. Ce fut une des grandes soirées de concert de ces dernières années, ce fut un immense Beethoven. Il y aura d’autre concerts avec le Mahler Chamber Orchestra et Daniele Gatti, il s’agira de ne pas les manquer : le printemps fut lumineux et la vie fut belle à Turin et Ferrare en ce mois de mai finissant.

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L. VAN BEETHOVEN: SINFONIE N. 8 E 9 RICERCA ARCHIVIO ARTISTI Torino ­ Auditorium "G. Agnelli": Gatti conclude l'integrale delle Sinfonie di Beethoven con la Mahler Chamber Orchestra Parole chiave:

Pienone da stadio per l’appuntamento conclusivo Cerca della stagione concertistica di Lingotto Musica all’Auditorium “G. Agnelli” di Torino. Protagonisti la Mahler Chamber Orchestra e Daniele Gatti che, ULTIME NEWS con l’esecuzione dell’Ottava e la Nona, hanno portato a termine l’integrale delle sinfonie di 12 giugno 2016 Beethoven iniziata lo scorso anno. La serata è stata anche occasione per festeggiare la notizia della recente nomina di Gatti ad Artistic Advisor dell’orchestra.

Il proficuo incontro tra il direttore milanese e i giovani della Mahler risale al 2010 con una Lulu di Berg al La stagione teatrale del Teatro Sociale di Como Theater an der Wien. Fu un colpo di fulmine che in TRASFORMAZIONI Non c’è nulla di immutabile, tranne poco tempo ha portato a numerosi concerti insieme 1 di 5 l’esigenza di cambiare. Eraclito ci insegna quanto sia in giro per l’Europa e a questa integrale importante nella vita il cambiamento e la beethoveniana a Torino. Per l’ensemble fondato da trasformazione, caratteristiche peculiari su cui... Claudio Abbado nel 1997 poco meno di vent’anni fa, La locandina leggi tutto... si è trattato della prima esecuzione di tutte le nove sinfonie con un unico direttore. Data dello spettacolo: 28 May 2016 10 giugno 2016 Considerata, insieme alla Seconda, come Sinfonia n. 8 in fa maggiore “cenerentola” tra le sinfonie di Beethoven, l’Ottava ad Ludwig van Beethoven un ascolto superficiale pare mettere da parte lo stile op. 93 rivoluzionario della Terza e della Quinta per tornare Sinfonia n. 9 in re minore nuovamente alla grazia settecentesca di Mozart e op. 125 Haydn. Si tratta di pure apparenze e, laddove si vada in profondità nella partitura della “sinfonia del buon Milano ­ Teatro alla Scala: Recital di Piotr Beczala Comunicato Stampa umore”, si trova tutta la veemenza della matura Direttore Daniele Gatti maestria del compositore. Gatti sa trovare i toni Il tenore Piotr Beczala è riuscito a entusiasmare il brillanti della linea melodica del variegato Soprano Chiristane Oelze pubblico di tutto il mondo grazie all’eleganza del fraseggio e alla chiarezza del timbro. Il prossimo 12 andamento strumentale dell’Allegro vivace iniziale, Mezzosoprano Christa Meyer giugno ha scelto di... tutto giocato su di un’unica idea tematica che leggi tutto... inesorabilmente si espande lungo l’intero Tenore Torsten Kerl movimento. Il direttore, perfettamente assecondato Basso Steven Humes dall’orchestra, è garbato nell’umorismo che pervade 10 giugno 2016 gli impasti armonici dei fiati nell’Allegretto e riesce a Maestro del coro Josep Vila i Casañas scovare una densità emotiva, carica di presagi e inquietudini, anche tra le trine del Minuetto. Il Mahler Chamber Orchestra maestro non cala la mano neppure nell’umorismo Cor de Cambra del Palau de la Música Catalana e debordante dell’Allegro vivace finale e conquista i Orfeó Català meritati calorosi plausi degli ascoltatori. A Bergamo l'11 Giugno la "Donizetti Night": Il celebre Meno convincente l’esito della Nona dove abbiamo soprano Desirée Rancatore sarà la protagonista di avvertito una certa approssimazione vocale delle Lucia OFF in piazza Vecchia con Francesco Micheli. formazioni corali coinvolte (il Cor de Cambra del Comunicato Stampa Palau de la Música Catalana e l’Orfeó Català Musica, parole, immagini e colori di e per Donizetti preparati da Josep Vila i Casañas) e una non animeranno sabato 11 giugno, dalle ore 17:30 a notte perfetta omogeneità nel quartetto dei cantanti solisti fonda, i palazzi, i chiostri, le piazze e i monumenti di Bergamo Alta in occasione... (oltre alle corrette voci del tenore Torsten Kerl e del mezzosoprano Christa Meyer, abbiamo avvertito leggi tutto... un’emissione piuttosto ingolata da parte del soprano Chiristane Oelze e una certa fatica nel registro acuto 09 giugno 2016 da parte del basso Steven Humes). La direzione Gatti è particolarmente serrata nei primi due movimenti e non rinuncia ad una certa teatralità nella tensione delle dinamiche (forse a volte un po’ violente come i timpani nel Molto vivace). Mirabile la resa della trasparenza delle linee melodiche dell’Adagio che raramente abbiamo avuto modo di ascoltare restituite con una simile nitidezza e morbidezza. Gli ascoltatori hanno tributato consensi unanimi all’orchestra e a Gatti, quest’ultimo atteso nuovamente al Lingotto per il concerto di Varata la prima stagione lirica comune fra Ancona e apertura della prossima stagione musicale. Jesi Comunicato Stampa OPERA ANCONA JESI STAGIONE LIRICA 2016 Amore, gelosia, tradimento, follia: ritratti di donna Dal 23 La recensione si riferisce al concerto del 27 Maggio 2016 settembre al 17 dicembre un’unica STAGIONE LIRICA 2016 del Teatro delle Muse “Franco...

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INFOS ACTUACIONS ORFEÓ + COR DE CAMBRA GIRA ITALIANA http://www.rainews.it/dl/rainews/media/Daniele-Gatti-e-Beethoven-amore-e-consacrazione- 2a68771b-4f3c-41ef-a6a2-871f08396feb.html

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