Bocconi Luigi

Università Commerciale

L’accesso alle aree metropolitane

Aree di intervento e prospettive di soluzione

A cura di Angela Airoldi e Tatiana Cini

Milano, dicembre 2014

INDICE

Introduzione ...... 3 1 Accessibilità e mobilità urbana ...... 5 1.1 I trend dello sviluppo urbano ...... 5 1.2 La domanda di mobilità verso le aree metropolitane ...... 6 1.3 Una risposta alla congestione: la congestion charge ...... 7 L’Electronic di Singapore ...... 8 La Central London Congestion Charging Zone ...... 9 La Congestion Tax di Stoccolma ...... 10 La Congestion tax di Göteborg ...... 10 Il Bergen Toll Ring ...... 11 L’ Toll Ring ...... 11 Il Toll Scheme ...... 11 Il Controlled Vehicular Access di La Valletta ...... 12 L’Area C di Milano ...... 12 Le ipotesi per San Francisco ...... 13 Il caso di New York ...... 14 Lezioni e raccomandazioni dalle esperienze di congestion charge ...... 14 2 Le risposte attuali e di prospettiva per il sistema dei trasporti ...... 20 2.1 Le autostrade urbane ...... 20 2.2 Un nuovo ruolo per le tangenziali ...... 25 2.2.1 Nuove infrastrutture per aumentare l’offerta di mobilità ...... 26 2.2.2 Corsie veloci a pagamento ...... 27 2.2.3 Le strutture di Park & Ride ...... 29 2.3 L’intermodalità per l’accesso alle aree metropolitane ...... 30 2.4 Le tecnologie per migliorare l’efficienza dei trasporti ...... 34 2.4.1 Il Traffic Management Centre ...... 37 2.4.2 L’Integrated Corridor Management ...... 38 2.4.3 Le autostrade per veicoli elettrici e l’autostrada ‘elettrica’ ...... 40 Bibliografia ...... 42

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INTRODUZIONE

Lo sviluppo del tessuto urbano, il cambiamento dei modi di vita della popolazione e la flessibilità del mezzo privato, oltre a un’offerta di trasporto pubblico spesso deficitaria, sono all’origine dell’aumento, negli ultimi decenni, del traffico automobilistico verso le aree metropolitane e al loro interno. In effetti, lo sviluppo delle infrastrutture e dei servizi di trasporto pubblico ha solo parzialmente accompagnato il decentramento delle funzioni urbane e, in particolare, dei quartieri residenziali nelle periferie; in conseguenza di ciò e, in particolare, in assenza di un approccio integrato tra le politiche urbanistiche e dei trasporti, l’automobile si è affermata in Italia e, in ampia parte dei Paesi esteri, quale modalità privilegiata nei collegamenti di breve e medio raggio con le aree metropolitane. L’incremento della domanda di mobilità privata ha interessato i centri città e, ancor più, le zone periurbane, in ragione della localizzazione in esse di funzioni (commerciali e per il tempo libero, ad esempio) che costituiscono i catalizzatori di flussi multidirezionali: sia dall’esterno delle aree metropolitane, sia dallo stesso centro città, sia con origine e destinazione al proprio interno. Nei quartieri periurbani, inoltre, i trasporti collettivi, come sono attualmente definiti, non riescono a competere con il trasporto privato. Negli ultimi decenni le metropoli hanno progressivamente assunto un ruolo primario nella competizione tra Stati; al centro di tale sfida, si colloca certamente la qualità dei servizi offerti e dell’ambiente di vita. In tale scenario, è evidente che la mobilità riveste attualmente un ruolo strategico, al punto che la capacità di un’area metropolitana di soddisfare le esigenze di trasporto, sia delle persone sia delle merci, costituisce una leva strategica cruciale in ogni policy di marketing territoriale1. L’intenso uso degli autoveicoli privati, la conseguente congestione e l’inquinamento che ne deriva rappresentano alcuni dei fattori più negativamente incidenti sulla qualità della vita in città. Da qui l’esigenza, sempre più espressa dalle amministrazioni locali, di definire interventi che sviluppino soluzioni di trasporto alternative all’automobile in termini infrastrutturali (metropolitane, tram, piste ciclabili, corsie prioritarie per i trasporti pubblici) e di servizio, favorendo il miglioramento dei collegamenti pubblici in termini di qualità delle prestazioni, di informazione agli utenti, di comfort, di capillarità e di frequenza, in linea con i bisogni della collettività. Il tram leggero in corsia dedicata2, le disposizioni urbanistiche che limitano la costruzione di parcheggi per ogni nuovo edificio adibito ad uffici, l’assegnazione di corsie preferenziali non solo ai mezzi di trasporto collettivi (autobus-taxi), ma anche ai veicoli privati in car sharing, l’adozione di sistemi di tariffazione delle infrastrutture urbane (parchimetri) e dell’uso stesso delle strade (congestion charge) sono tra le misure sinora adottate dalle città per contrastare la congestione nei centri urbani. In particolare, è interessante sottolineare che l’introduzione di sistemi di pedaggiamento urbano richiede, per la loro accettazione da parte della popolazione locale, che le alternative offerte in termini di servizi e di infrastrutture di trasporto pubblico siano competitive: a tale fine, una soluzione di successo potrebbe coincidere con la destinazione di parte degli introiti ricavati al finanziamento di nuove infrastrutture e al miglioramento dell’offerta del trasporto urbano complessivo.

1 Eurispes (2014) 2 Adottando questo mezzo di trasporto città come Stoccarda, Friburgo, Strasburgo e Nantes hanno dimostrato fin dai primi anni 2000 che è possibile diminuire la quota di uso delle autovetture dell’1% all’anno. 3

A fronte delle difficoltà registrate dalle reti stradali e autostradali nel soddisfacimento della domanda di trasporto, sempre più utenti, soprattutto di giovane età3, adottano modalità di viaggio alternative o complementari all’automobile. A tale riguardo l’economia della condivisione, ormai centrale nel consumo di beni e di servizi, ricopre un ruolo sempre più interessante per le stesse funzioni di trasporto, favorendo forme di mobilità comune e collettiva che coinvolgono le diverse modalità di spostamento (ad esempio, mediante il car e lo scooter sharing, il car e il vanpooling, il bikesharing, le navette private e i servizi on-demand). Alla luce di quanto esposto, il presente documento intende analizzare le principali soluzioni adottate in Italia e all’estero a supporto dell’accessibilità alle proprie aree metropolitane. Nel dettaglio, il paper declina quattro tematiche di rilevanza attuale e geograficamente ampia, soffermandosi sulla loro applicabilità in ambito italiano: . le autostrade urbane, che attualmente rivestono un ruolo distinto in America, in Europa e in Asia nella pianificazione della mobilità verso le aree metropolitane, cui corrispondono specifiche dinamiche di implementazione, di adattamento o di abbandono; . le tangenziali, intese come infrastrutture dove oggi convivono il traffico che bypassa la città, i flussi di adduzione di media-lunga distanza, il traffico di relazione con l'area metropolitana (più consistente e presumibilmente crescente nel tempo) e un forte traffico urbano di distribuzione tra le radiali e di arroccamento da una zona all'altra della città. A ciò conseguono alti livelli di congestione, l’allungamento e l’incertezza dei tempi di viaggio, la difficile accessibilità agli svincoli, una minore sicurezza, una maggiore usura e maggiori costi di manutenzione; . l’intermodalità e le stazioni di interfacciamento, la cui implementazione richiede un approccio sistemico al tema della mobilità, il quale consideri la dotazione di infrastrutture, di servizi di trasporto e di servizi complementari, l’integrazione tra macro e micro mobilità, e la crescente multipolarità delle aree metropolitane. . le nuove tecnologie nella gestione della mobilità, che attualmente costituiscono lo strumento più efficace per un incremento dell'efficienza dei trasporti, nella consapevolezza che un sistema di trasporto capace consente di creare e di potenziare i mercati, rappresentando una leva essenziale nello sviluppo dell'economia del Paese. Nel dettaglio, le tecnologie digitali permettono di ripensare i trasporti in modo nuovo, adottando un approccio sistemico che mette in sinergia informazione, gestione e controllo, ottimizzando l’uso delle infrastrutture e dei veicoli in un’ottica multimodale. I risultati attesi e ottenuti coincidono con la riduzione dei tempi di spostamento, un aumento della capacità della rete, la contrazione dell’incidentalità, la riduzione della congestione, delle emissioni inquinanti e dei costi energetici.

3 Cfr. APTA-American Public Transportation Association (2013). 4

1 ACCESSIBILITÀ E MOBILITÀ URBANA

Nelle aree urbane e metropolitane, dove si concentra più del 60% della popolazione italiana, si svolge oltre il 70% delle attività produttive e circola il 70% dei veicoli; il problema del traffico, anche per il crescente pendolarismo, si declina nella necessità di assicurare sia una elevata accessibilità alle funzioni, ai servizi e alle attività che tendono a localizzarsi nelle aree più dense e polarizzate, sia una buona mobilità, assicurando quindi velocità commerciali adeguate ai mezzi pubblici e privati. Il tema dell’accessibilità e della gestione del traffico è centrale anche in funzione del ruolo che la città sta assumendo quale principale leva sia per l’auspicato sviluppo economico che in termini di contributo alla competitività del paese. È ormai assodato che, nello scenario competitivo internazionale, le aree metropolitane sono chiamate ad una sempre più accesa competizione, in buona parte giocata sulla capacità di accrescere la propria attrattività, in termini di efficacia economica del territorio e di capacità di attirare residenti, funzioni, capitali e talenti. Una buona accessibilità accompagnata da una buona mobilità, un affidabile sistema di trasporto pubblico e un articolato sistema di interconnessioni fisiche e sociali sono tutti elementi che contribuiscono a determinare il livello di qualità della vita di una città e, di conseguenza, gran parte della sua attrattività.

1.1 I TREND DELLO SVILUPPO URBANO

Negli ultimi decenni la città è divenuta soggetto e oggetto di una crescente urbanizzazione dettata dalla concentrazione della popolazione e delle attività economiche in aree urbane. Alcuni semplici dati esprimono efficacemente questo processo: nel 1900 viveva in città solo il 13% della popolazione mondiale, entro il 2050 questa percentuale salirà al 70%; cento anni fa, meno di venti città nel mondo avevano una popolazione superiore al milione di persone, oggi sono 450; 19 città superano i 10 milioni di abitanti, ma tra 20 anni saranno 27. L’Europa, poi, è uno dei continenti più urbanizzati del mondo: già oggi più di due terzi della sua popolazione vive in aree urbane e questa percentuale è in continua crescita4. I fenomeni di urbanizzazione portano a due conseguenze apparentemente contrastanti: da un alto, aumenta la tendenza centrifuga e lo sprawl urbano per cui la città si allarga a macchia d’olio sul territorio, in modo disordinato e con un elevato consumo di suolo5. La bassa densità abitativa che contraddistingue la crescita di periferie sempre più ampie e indistinte implica una forte dipendenza dalle autovetture, indispensabili per raggiungere non solo i servizi, il posto di lavoro, la scuola, ma anche i luoghi di consumo e di socialità. La vita in “periferia” interessa ormai buona parte della popolazione urbana, con scenari complessi e molto differenziati che pongono il problema non solo di assicurare il collegamento tra centro e periferie, ma di verificare se e a quali condizioni sono possibili nuove centralità nelle periferie. I confini della città infatti si allargano in funzione della sua rinnovata realtà fisica, sociale, economico, culturale e ambientale indotta dallo sviluppo urbano al quale occorre dare coerenza e assicurare sostenibilità. L’altra conseguenza della crescente urbanizzazione è l’aumento della concentrazione all’interno della città di attività, funzioni e poli di attrazione, in risposta ai crescenti bisogni della popolazione: la città diventa più densa e richiama ‘nuovi’ residenti e city user. Si fa strada la cosiddetta “fabbrica immateriale” 6, una realtà tutta urbana dove la valorizzazione della presenza di qualificate Università, Istituti e Centri di Ricerca e di numerosi ricercatori trova adeguati spazi fisici che fanno della città un incubatore di idee, progetti, soluzioni, tecnologie, e anche startup che la rendono un distretto della conoscenza. La città diventa, è

4 European Union (2011). 5 In Italia, tra i due ultimi censimenti, l’estensione delle città capoluogo è aumentata del 3,8% mentre la popolazione residente è diminuita dell’1,2% a favore delle aree dell’hinterland. 6 Cfr. Rullani E. (2004). 5 motore dell’economia, luogo di connettività, creatività e innovazione e centro di servizi anche per il suo territorio di riferimento. La concentrazione di consumatori, lavoratori e imprese in città, insieme alle istituzioni formali e informali che rendono un agglomerato ‘denso' e coeso, ha il potenziale di produrre esternalità e rendimenti di scala crescenti tali da rendere le città protagoniste di una “nuova geografia dell’innovazione”7 attraverso la nascita di luoghi strettamente urbani8 dove, dall’interazione di personale qualificato, innovatori, maker9, aziende all’avanguardia, istituti di ricerca, start-up, si creano attività ad alto valore aggiunto10. Nelle grandi città risulta così più alta la percentuale di popolazione con istruzione superiore, si attuano più facilmente diffuse strategie di innovazione, l’attività innovativa che vi si realizza è maggiore che nel totale del paese che le ospita, l’output innovativo ha valore aggiunto particolarmente elevato. Non stupisce allora che, a livello mondiale, le prime 600 aree metropolitane per numero di abitanti producono il 54% del PIL globale, mentre la loro popolazione rappresenta ‘solo’ il 22% della popolazione globale11 e che in Europa le aree metropolitane (con più di 500.000 residenti) producono il 67% del PIL europeo, ma ospitano ‘solo’ il 59% della popolazione totale12.

1.2 LA DOMANDA DI MOBILITÀ VERSO LE AREE METROPOLITANE

Lo sprawl urbano determina alcuni importanti effetti sulla mobilità. Innanzitutto, esso implica una difficile accessibilità ai servizi e alle funzioni localizzate nelle aree metropolitane, con il conseguente incremento del costo generalizzato del trasporto (CGT) e, dunque, dei costi operativi e dei tempi necessari per il raggiungimento degli stessi attrattori. In secondo luogo, lo sprawl determina una parcellizzazione della domanda di viaggio; in ragione della specificità della propria origine e destinazione e in assenza di un servizio di trasporto pubblico competitivo, ogni individuo tende a organizzare lo spostamento in termini privati e individuali. La singolarità delle esigenze di viaggio in termini sia di direttrici sia di orario, d’altro canto, spesso non genera una massa critica di domanda, cui sia profittevole, economicamente, rispondere con l’organizzazione di collegamenti pubblici. Infine, il fenomeno della dispersione delle funzioni urbane nel territorio rende più critica la pianificazione delle infrastrutture e l’organizzazione dei servizi di trasporto secondo economie di scala, con il conseguente rischio di un aumento dei costi di spostamento e delle esternalità prodotte, in particolare connesse alla congestione della rete, all’incidentalità, all’inquinamento dell’aria, all’inquinamento acustico e all’impatto sul clima. Alla luce di quanto evidenziato appare prioritario, per il futuro, individuare soluzioni sostenibili e condivise di accesso alle aree metropolitane, nel rispetto delle indicazioni contenute nel documento “Libro Bianco: la

7 Cfr. Lazzeroni M. (2004). 8 Antesignani di queste trasformazioni sono i cosiddetti Fab Lab che, nati nel cuore di Boston, sono oggi diffusi in tutto il mondo. Le attività nei Fab lab vanno dallo sviluppo tecnologico alle reti peer-to-peer, a progetti di formazione tecnica per la risoluzione di problemi locali, all’incubazione di piccole imprese ad alta tecnologia, alla ricerca di base. Dei circa 40 Fab lab aderenti al network promosso dal MIT’s Center for Bits and Atoms, 4 sono a Milano, 4 a Napoli, 3 a Roma, 3 a Venezia, 2 a Torino… 9 Anderson C. (2012). 10 Katz B. e Wagner J. (2013 e 2014). 11 McKinsey Global Institute (2011). 12 European Union (2011). 6 politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte”13, il quale evidenzia, quale obiettivi strategici: 1. il dimezzamento dell'uso di auto ad alimentazione tradizionale nel trasporto urbano entro il 2030; 2. il loro ritiro dal mercato della città entro il 2050; 3. la realizzazione di una logistica della città libere da CO2 nei grandi centri urbani entro il 2030. Per quanto concerne, nel dettaglio, l’Italia il “Libro Bianco sulla Mobilità e i Trasporti”14 conferma l’automobile quale principale mezzo di spostamento nelle grandi città; il 59% dei viaggi, in effetti, si svolge con la modalità privata, a fronte del 40% rilevato a Londra e del 38% di Madrid. Milano e Roma, inoltre, appaiono tra le prime dieci città europee più congestionate, caratterizzandosi per velocità medie di spostamento inferiori ai 10 Km/h, in linea con le esperienze della prima industrializzazione, e tempi di viaggio annui superiori alle 70 ore per abitante nel capoluogo lombardo e alle 45 nella capitale. L’ampio utilizzo dell’auto privata si accompagna alla fruizione solo marginale del trasporto pubblico, che in Italia ricorre, in media e nelle città con più di 300.000 abitanti, nel 23% degli spostamenti; all’estero, l’esempio più significativo è offerto da Barcellona (38%), Parigi (33%) e Londra (37%). Con riferimento al complessivo territorio nazionale, inoltre, il trasporto pubblico appare squilibrato a favore dei collegamenti su gomma; in effetti, a un indicatore di offerta di trasporto con bus pari a 118 Km/ Kmq corrisponde un valore di 1,6 Km/ Kmq per le connessioni tranviarie, di 0,6 per le metropolitane, dell’1,0 per l’offerta filoviaria e, in ultimo, di 6,4 per i collegamenti ferroviari locali15. L’uso della bicicletta appare ancor più di nicchia e interessa, in media, solo il 3,0% degli spostamenti nelle città italiane con più di 300.000 abitanti, a fronte del 13% di Berlino e della best practice di Copenhagen, cui corrisponde una percentuale del 31%.

1.3 UNA RISPOSTA ALLA CONGESTIONE: LA CONGESTION CHARGE

Nel 2011, secondo le stime del Texas Transportation Institute (TTI) il costo della congestione nelle 498 aree metropolitane statunitensi con più 500mila abitanti16 ha superato i 121 miliardi di dollari; in Gran Bretagna il costo è stimato tra 10 e 20 miliardi di sterline (2006), mentre per l’Unione Europea raggiunge i 120 milioni di euro all’anno (l’1% del PIL complessivo)17. La riduzione dei costi legati alla congestione del traffico − costi riconducibili al tempo aggiuntivo del viaggio, costi operativi dei veicoli (carburante e usura), riduzione della velocità commerciale dei mezzi pubblici, emissioni inquinanti e stress legato alle interferenze tra i veicoli nei flussi di traffico, in particolare quando i volumi di traffico si avvicinano alla massima capacità della rete stradale − rappresenta una priorità ritenuta indifferibile nella gestione delle grandi città. Le strategie che molte città stanno valutando per ridurre la congestione ed assicurare una maggiore mobilità, ovvero, prevalentemente, una maggiore velocità dei veicoli, prevedono l’applicazione di tariffe per l’utilizzo della rete stradale e, in particolare, per l’ingresso in aree delimitate da cordoni tariffari. Solitamente, questa forma di road pricing viene utilizzata per limitare l’accesso ai centri urbani durante le ore di maggior traffico.

13 Commissione Europea (2011). 14 Eurispes (2014). 15 Legambiente (2011). 16 TTI (2012). 17 Dati riportati in Walker J. (2011). 7

La tariffazione dei trasporti urbani è un tema chiave anche nell’attuale politica europea per i trasporti 18: l’applicazione di tariffe sull’uso della strada legate al tempo, al luogo e alla distanza del viaggio è considerata un efficace strumento che pianificatori e policy maker possono utilizzare per ridurre il traffico urbano. Nelle raccomandazioni europee, tuttavia, si sottolinea l’opportunità di affiancare tale strumento alle tante altre misure che possono essere utilizzate per affrontare la congestione del traffico urbano. Genericamente indicate come ‘misure di gestione della domanda’, si concretizzano in interventi volti a limitare o a riorientare la domanda di mobilità, in forme più sostenibili rispetto alle modalità attuali. si tratta di misure che comprendono, ad esempio, il controllo del traffico, sistemi per la diffusione di un’ampia gamma di informazioni sulla mobilità, sistemi di pagamento e limitazione del parcheggio, sistemi park-and- ride, car sharing, telelavoro, miglioramento dei trasporti pubblici, sostegno all’uso bicicletta, realizzazione di corsie preferenziali, istituzione di zone pedonali… Il caso di Singapore dimostra che il problema della congestione del traffico stradale non può essere risolto solo con un miglioramento del trasporto pubblico, ma richiede un pacchetto di misure integrate19; inoltre, sempre dal caso di Singapore e, in aggiunta, da quello svedese, emerge che la tariffazione può anche non generare entrate quando questo non rappresenta l’obbiettivo prioritario delle misure adottate. In genere, un sistema di trasporto urbano efficace e sostenibile dovrebbe essere articolato incorporando quattro strategie: un attrattivo trasporto pubblico, l’apertura di zone pedonali, una pianificazione compatta del territorio e vincoli al traffico automobilistico, tra cui, appunto la congestion charge. Queste quattro tipologie di intervento si rafforzano a vicenda, e senza una di loro le altre risultano meno efficaci.

L’Electronic Road Pricing di Singapore Nel 1975, Singapore per la gestione del traffico e il miglioramento della qualità dell’aria definisce un’Area Licensing Scheme (ALS) di circa 3,2 kmq (il 10% della superficie complessiva) con 28 varchi: l’ingresso nell’area richiede ai guidatori l’acquisto di una licenza per i veicoli che vi entrano nelle ore di punta, dalle 7.30 alle 9.30; sono esclusi autobus, moto, veicoli della polizia e carpooling con 4 o più persone. Nel 1990, l’ALS viene ampliata fino a comprendere l’intero Central Business District e vengono incluse anche le autostrade di adduzione alla città. A seguito di prolungamenti negli orari di applicazione delle tariffe, nel 1994 il sistema arriva a coprire l’intera giornata. Nel 1998 la licenza cartacea è sostituita da un sistema automatizzato di Electronic Road Pricing (ERP) con l’uso della tecnologia ANPR (Automatic Number Plate Recognition) per le operazioni di controllo. Entrambe le tecnologie consentono al sistema di operare con veicoli che viaggiano a piena velocità autostradale (fino a 120 km/h) e di assicurare velocità commerciali ottimali20. Il sistema è oggi completamente automatizzato e rappresenta il più ampio e articolato sistema di al mondo. A fronte di un investimento di circa 125 milioni di dollari per l’implementazione del sistema ERP, il fatturato annuo del programma è di circa 50 milioni di dollari, con un utile netto annuale che supera i 40 milioni di dollari e, quindi, ad oggi il sistema ERP si è ampiamente ripagato. Il gettito del sistema è tra l’altro utilizzato per la costruzione e la manutenzione di strade e dei trasporti pubblici. Il sistema permette la variazione delle tariffe in base alla fascia oraria del giorno, alla luogo e alla motorizzazione del veicolo. Le tariffe sono aggiornate e calibrate ogni tre mesi per mantenere velocità standard di viaggio e flussi di traffico ottimali. Grazie alle variazioni tariffarie e all’ampio data base disponibile è possibile stimare l’elasticità del traffico al variare della tariffa. Dagli studi21 emerge che, per le auto, un aumento del 10% della tariffa determina una diminuzione del traffico dell’1,2% in media durante il giorno e che tale elasticità è maggiore nelle ore di

18 Per una rassegna di alcuni dei progetti finanziati nello scorso decennio dalla Commissioni europea si rimanda a http://www.transport-pricing.net/ 19 Cfr. Walker J. (2011) 20 L’obiettivo è di ottenere una velocità di tra i 45 e i 65 km/h selle superstrade e tra i 20 e i 30 km/h sulle arterie. 21 Olszewski P. e Xie L. (2005). 8 punta pomeridiane, dalle 17 alle 19. Una analisi costi-benefici realizzata nel 197822 stima che la tariffazione dell’ASL produce benefici netti: il tasso di ritorno sugli investimenti, considerando solo i risparmi di tempo, è del 15%. Tra gli impatti considerati, diversi sondaggi realizzati nel tempo suggeriscono che la tariffazione dell’ASL non influisce sui valori delle locazioni degli uffici né ha impatti negativi sulla localizzazione degli stessi: le decisioni di investimento sono guidate da fattori ben più importanti. Data la struttura di governo di Singapore, le autorità avrebbero potuto implementare il congestion pricing anche senza alcun coinvolgimento del pubblico. L’introduzione della congestion charge, invece, è stata preceduta da un intenso programma di informazione e formazione della durata di un anno. In più, prima dell’implementazione i progettisti hanno risposto alle reazioni del pubblico, apportando aggiustamenti al programma tariffario. I residenti continuano ad essere informati sui successi – in termini di sicurezza, benessere, salute, garanzia delle entrate connesse, opportunità di lavoro, ecc. – legati agli interventi e sui programmi governativi che ne derivano: la tariffazione della congestione è presentata e di fatto considerata come una politica necessaria per garantire crescita economica e qualità della vita nel lungo periodo.

La Central London Congestion Charging Zone Avviata nel febbraio 2003, copre un’area di quasi 22 kmq nel centro di Londra (circa l’1,8% della Greater London)23. L’ultimo aumento tariffario nel 2014 è stato motivato da TfL-Transport for London dalla necessità di recuperare gli aumenti dell’inflazione e di assicurare che la tariffa rimanesse un deterrente per i viaggi non indispensabili nel centro di Londra e dalla stima di entrate per quasi 83 milioni di sterline nei prossimi cinque anni. A differenza dei sistemi attivi a Singapore e Stoccolma che sono ‘a cordone’, ovvero comportano un pagamento ogni volta che si attraversa il ‘confine’ tariffario, quello di Londra prevede una tariffa per entrare, una per uscire e anche una per Central London Congestion Charging Zone e Western Extension circolare nella Congestion Charging Zone. Nel 2007 all’area centrale è stata aggiunta la cosiddetta Western Extension, abolita poi nel gennaio 2011 dopo una consultazione pubblica conclusasi con il 62% dei pareri contrari al suo mantenimento. Per motivi tecnici la Western Extension e la Central Zone di Londra erano disegnate come una ‘sola area’ così che pagare l’ingresso per una delle due aree o essere residente in una delle due non richiedeva Fonte: sito ufficiale del Transport for London nessun costo aggiuntivo per entrare e circolare nell’altra. In questo modo la Western extension offriva ai residenti di una delle aree più benestanti di Londra uno sconto del 90% sulla tariffa richiesta per muoversi nella zona più centrale della

22 Watson P. L. e Holland E. P. (1978). 23 La tariffa iniziale era di £5 al giorno, passata a £8 nel luglio 2005, £10 ad inizio 2011 e alle attuali £11,50 (£10,50 se pagata con Congestion Charge Auto Pay, un sistema di pagamento automatizzato che registra il numero di accessi mensili di un veicolo e addebita il relativo importo su carta di credito o bancomat). La tariffa è oggi applicata dalle 7 alle 18 dei giorni feriali; alcuni veicoli sono esenti o hanno uno sconto, compresi autobus, taxi, veicoli d’emergenza, per disabili, dei residenti e con particolari motorizzazioni. 9 città, vantaggio da cui erano escluse tutte le altre parti. Probabilmente l’estensione avrebbe avuto maggiori effetti e incontrato minori resistenze se fosse stata progettata come seconda, distinta congestion charge zone, che richiedeva una tariffa aggiuntiva a quella per la zona centrale così da non offrire ai residenti delle due alcun vantaggio24.

La Congestion Tax di Stoccolma 25 Un sistema di congestion tax è attualmente attivo in due Stoccolma. Mappa dei 18 varchi città svedesi Stoccolma e Göteborg. L’esperienza di più lunga durata è quella di Stoccolma, dove un sistema permanente è stato introdotto nel 2007 dopo sette mesi di sperimentazione nella prima metà del 2006 e un referendum di conferma, superando una aspra ostilità iniziale e un processo politico e giuridico animato e complesso: oggi ha il sostegno di più dei 2/3 della popolazione. Interessa un’area di circa 35 kmq (di cui quasi la metà occupata da acqua e piccole isole abitate) che corrisponde al centro città e rappresenta solo una piccola parte dell’area metropolitana urbanizzata. I residenti interessati sono circa 330mila su una popolazione totale di 2 milioni, circa 60.000 lavorano fuori dalla zona soggetta a tariffa26. Il sistema è delineato da 18 punti di accesso situati sulle arterie che portano in centro che risulta così delimitato da un ‘cordone’ la cui forma è solo una conseguenza della In verde: Bypass senza tariffa Fonte: The Swedish Transport Agency topologia della città e non un vincolo di progettazione27.

La Congestion tax di Göteborg Il successo del sistema attivato a Stoccolma ha favorito la realizzazione di un analogo programma nell’area di Göteborg (città con 530mila abitanti) dove la congestion tax è attiva dal gennaio 2013. Come per Stoccolma, anche a Göteborg la tassa è regolata dal Congestion Tax Act del 2004. Il sistema di riscossione e le tariffe/tasse sono le stesse di Stoccolma e vengono applicate con le stesse modalità. Sebbene una delle motivazioni sia la riduzione della congestione, l’obiettivo prevalente è di fatto quello di assicurare il finanziamento degli investimenti nei trasporti programmati dal governo nazionale, finanziamenti che hanno la priorità nell’uso degli introiti locali. Il caso di Göteborg risulta così particolarmente interessante dal momento che il sistema di tariffazione è implementato solo grazie al consenso politico: il sostegno da parte del pubblico non supera il 20%.

24 Una analisi costi benefici, riportata nel primo rapporto di monitoraggio del TfL (2003), stimava che i benefici dovrebbero eccedere i costi operativi del sistema con un rapporto di 1,5 con la tariffa originale di £5 e di 1,7 con la tariffa a £8. Nel 2006 i costi operativi, secondo TfL, sono stati pari al 42% delle entrate complessive. 25 Secondo la legge svedese la congestion charge è una tassa a tutti gli effetti. Inoltre, le municipalità non possono imporre tasse ad altri che ai propri residenti per cui la responsabilità della riscossione e dell’amministrazione della tassa spetta al governo nazionale attraverso una decisione parlamentare. Questo genera non pochi problemi nella gestione degli introiti della tassa stessa. 26 La barriera è attiva dalle 6.30 alle 18.30 dei giorni feriali. È escluso anche il mese di luglio. Il costo per ogni passaggi è di 1,1; 1,6 o 2,2 euro (ai tassi di cambio del 4 dicembre 2014) a seconda delle ore della giornata e fino ad un massimo di 6,5 euro giorno/veicolo. Sono previste esenzioni per alcune tipologie di veicoli e per percorsi di collegamento tra alcune isole, per un totale pari a circa il 15% dei veicoli giornalieri. 27 Si tratta di un luogo comune che i sistemi di congestion charge debbano essere disegnati come cordoni. Cfr. Eliasson J. (2014) 10

Il Bergen Toll Ring Introdotto ad inizio del 1986 con l’obiettivo primario di ridurre la congestione, grazie alla sua posizione geografica il Bergen Toll Ring si configura come un anello abbastanza stretto con soli sei punti di riscossione posizionati sulle principali arterie che entrano in città. Gradualmente il sistema è stato allargato e nel 2005 è stato aggiunto un secondo anello, più esterno; il pagamento avviene in entrata tutti i giorni e durante tutto il giorno. L’esperienza di Bergen, città di circa 350mila abitanti, è considerata un successo in termini di riduzione del traffico cittadino per cui i policy maker locali hanno deciso di continuare l’esperienza anche dopo la durata ‘naturale’ di 15 anni28.

L’Oslo Toll Ring

L’Oslo Toll Ring ha preso avvio nel 1990 a seguito Layout dell’Oslo Toll Ring dell’approvazione nel 1988 di un accordo politico (Oslo Package 1) per la realizzazione del sistema di tariffazione in città e di 31 programmi di investimento in infrastrutture stradali in città e nella contea di Akershus, interessando un totale di 1,2 milioni di abitanti. Il programma di investimenti aveva una durata di 15 anni. Nel 2000 il Parlamento ha approvato un ulteriore programma (Oslo Package 2) e nel 2008, allo scadere del primo accordo, entrambi sono stati rimpiazzati dell’Oslo Package 3 che ha introdotto una barriera ad Ovest del Ring e che prevedeva investimenti in strade, ferrovie, bus e per la gestione del trasporto pubblico per il periodo 2008- 27. Il sistema è quindi nato con l’obiettivo non solo di ridurre la congestione stradale, ma anche di finanziare progetti infrastrutturali sotto la regia Fonte: Norwegian Public Roads Administration nazionale. Il compromesso necessario tra i due obiettivi ha portato a destinare il 20% delle entrate per progetti di salvaguardia dell’ambiente (terminal bus e metro, nuove linee di metropolitana e miglioramento dei trasporto pubblici). La configurazione del sistema (un cordone con 19 caselli automatizzati) è tale da intercettare ogni auto in entrata nel centro città (l’uscita è gratuita). Con la soluzione adottata, inoltre, il 50% dei residenti vive fuori dal ring. L’adozione del sistema di congestion charge ha sicuramente accelerato la realizzazione di investimenti infrastrutturali nella regione di Oslo: l’aumento della capacità stradale ha così controbilanciato solo in minima parte la crescita del traffico; gli effetti ambientali sono positivi. L’esperienza di Oslo dimostra, tra l’altro, che per un sistema di tariffazione a ‘cordone’ è cruciale il suo posizionamento: per motivi economici e politici la posizione ottimale, secondi i progettisti locali, è a metà strada tra il centro e i confini della città, tenendo presente che, una volta avviato, lo schema di tariffazione è difficile da modificare.

Il Trondheim Toll Scheme Il Toll Scheme di Trondheim, città norvegese di quasi 173mila abitanti, è stato introdotto nel 1991; nel ‘98 per aumentare i ricavi l’area interessata – circa 24 kmq – è stata suddivisa in più settori attraverso l’installazione di 20 nuovi varchi elettronici con tecnologia AutoPASS che permette passaggi a 60 km/h. Un ulteriore ampliamento del sistema, attivo dalle 6.00 alle 18.00 dei giorni feriali, è avvenuto nel 2003, portando a 23 i varchi per la tariffazione. Sono soggetti a tariffa tutti i veicoli che entrano nella zona a pedaggio o che attraversano uno dei varchi interni alla zona; la tariffa è maggiore nelle ore di punta e doppia per i veicoli pesanti (particolarmente numerosi data la posizione del porto di Trondheim). È

28 Per legge, in Norvegia i progetti di tariffazione stradale hanno una durata di 15 anni, dopodiché devono essere rinnovati o aboliti. 11 comunque fissata la riscossione di un numero limitato di pagamenti così che i residenti nei pressi del cordone o che fanno frequenti passaggi da un settore all’altro non siano troppo penalizzati. L’opposizione, inizialmente al 72%, è scesa al 48% entro due mesi dall’avvio e al 36% nel 1996. In linea con gli altri sistemi norvegesi, anche le entrate del sistema di tariffazione di Trondheim sono state destinate − salvo il 20% utilizzato per migliorare il trasporto pubblico, la sicurezza o per investimenti ambientali legati al traffico – alla realizzazione di nuove strade e alla costruzione di bypass per ridurre la congestione. Il successo delle esperienze di Stoccolma, Oslo e Trondheim ha portato all’introduzione di sistemi analoghi nelle città norvegesi di Kristiansand (83mila abitanti), Satavanger (125mila), Tønsberg (39mila) e Namsos (13mila abitanti).

CVA La Valletta: varchi di entrata e uscita Il Controlled Vehicular Access di La Valletta Introdotto a maggio 2007 il sistema di accesso veicolare controllato (CVA) è parte integrante del programma governativo per aumentare l’accessibilità alla capitale maltese, una cittadina di 6.700 abitanti, caratterizzata da elevata congestione del traffico. Il sistema usa la lettura automatica delle targhe (l’Automatic Number Plate Reading-ANPR) ed è particolarmente complesso perché prevede non solo che siano rilevati i veicoli in entrata e in uscita dalla zona, ma anche il calcolo del tempo di permanenza di ciascun veicolo all’interno del zona così da calcolare la tariffa dovuta sia per l’accesso che per il parcheggio. Fonte: http://www.cva.gov.mt/

L’Area C di Milano Nel gennaio 2008 viene introdotto a Milano il pagamento di un pedaggio (Ecopass) per l’ingresso nella ZTL Cerchia dei Bastioni, dal gennaio 2012 l’accesso alla ZTL è sottoposto alle norme di accesso della cosiddetta Area C che prevedono: il divieto di circolazione nell’area per i mezzi più inquinanti; l’uniformità del costo del pedaggio giornaliero, elevato a 5 euro29, indistinto per tutti i veicoli ammessi; l’estensione del pedaggio (ridotto a 2 euro) anche ai residenti nell’area, dopo 40 accessi giornalieri annuali gratuiti30. Nel 2012 Area C, nata per ridurre il traffico, ha raggiunto il suo obiettivo, portando a un calo di 41mila ingressi al giorno nella Cerchia dei Bastioni e ha consentito all’Amministrazione comunale di reinvestire le risorse in opere di mobilità sostenibile. Secondo i dati forniti dal Comune di Milano, oltre 13 milioni di euro, al netto dei costi di gestione del servizio (7,1 milioni euro), sono stati destinati al potenziamento di metropolitane, tram e autobus e all’attuazione della seconda fase del bike sharing.

29 Le tariffe Ecopass erano modulate da 2 a 10 euro in base alla categoria dei veicoli. 30 L’ingresso può essere pagato tramite Telepass a seguito dell’accordo tra Autostrade e Comune di Milano del febbraio 2012, RID bancario pre-autorizzato, presso le tabaccherie, le edicole, gli Atm point, sul sito ufficiale del Comune di Milano, chiamando il centralino Area C, presso i bancomat di Intesa Sanpaolo o attraverso i parcometri. Le risorse del 2012 di Area C (in totale, oltre 20,3 milioni) sono arrivate per il 48% da titoli cartacei e parcometri (9 milioni 747mila euro), per il 30,4% da Telepass (6 milioni 183mila euro), per il 12,5% da Pin attivati su www.areac.it (2 milioni 537mila euro), per l’8,5% dalle attivazioni di Rid (possibili fino a settembre 2012; 1 milione 719mila euro) e per lo 0,6% da attivazioni effettuate agli sportelli bancomat di Intesa Sanpaolo (130mila euro). Fonte: www.comune.milano.it, Portale Area C 12

Secondo quanto previsto dal referendum istitutivo Milano. ‘Cordone’ e varchi di Area C di Area C svoltosi nel 2011, l’area che copre oggi circa 8 kmq (meno del 5% del territorio di Milano) avrebbe dovuto essere ampliata alla circonvallazione più esterna (cerchia della filovia 90- 91), ma l’estensione è stata accantonata per gli elevati costi di implementazione e per i dubbi sulla sua efficacia in termini di entrate aggiuntive: se si amplia l’area diminuisce la necessità di attraversarla31. Allargare Area C, infatti, significherebbe innanzitutto aggiungere circa 120 nuovi varchi video-controllati ai 45 esistenti, con un investimento iniziale a suo tempo stimato in 10/15 milioni di euro, e un aumento dei costi di gestione e di manutenzione del sistema che già oggi incidono in misura rilevante. Non manca poi chi esprime timori di un effetto negativo sui valori immobiliari nell’area di ampliamento. Secondo l’associazione MilanoSiMuove (promotrice del referendum), l’ampliamento ripagherebbe comunque l’investimento necessario e il Comune avrebbe più risorse per la mobilità sostenibile: allargare Area C potrebbe portare le entrate annuali dagli attuali 30 Fonte: http://www.comune.milano.it/ milioni, a circa 150 milioni.

Le ipotesi per San Francisco La San Francisco County Transportation Authority (SFCTA) ha avviato nel 2010 uno studio per l’introduzione di un Sistema di congestion charge che dimostra ampiamente gli effetti positivi e i vantaggi del progetto. Scenari emersi e proposte di approfondimento

Fonte SFCTA (2013)

31 Intervista all’assessore al Bilancio Francesca Balzani su Il Giorno, 9 maggio 2014. 13

Nel 2013, l’SFCTA ha però dichiarato che il processo di adozione era solo ai primi passi e che una decisione avrebbe richiesto almeno altri 2 o 3 anni di ulteriori approfondimenti e verifiche. Tra i principali oppositori al progetto c’è la Building Owners and Managers Association of San Francisco che teme un forte danno economico per la città, in termini di posti di lavoro e investimenti persi.

Il caso di New York Nella primavera 2007 il sindaco di New York City ha proposto l’introduzione di un congestion pricing come parte di un ampio piano di sostenibilità (PlaNYC) per creare una ‘greener, greater New York’. Le entrate, inoltre, avrebbero dovuto essere usate per ampliare il sistema dei trasporti pubblici. A livello politico, la proposta di Bloomberg aveva il sostegno del NY City Council e del the NY State Senate, ma non quella, fondamentale, della NY State Assembly. A livello cittadino si sono formati diversi comitati e gruppi di sostegno dell’iniziativa che, tra l’altro, stimavano in 13 miliardi di dollari i costi della congestione in città. La tariffa ipotizzata era di 8 dollari per i giorni feriali dalle 6 alle 18 per tutte le auto che sarebbero circolate nell’area sotto l’86esima strada. La reazione pubblica è stata sorprendentemente positiva, probabilmente perché parte di un progetto più ampio di riqualificazione della città. Una Commissione istituita per valutare gli effetti attesi stimava: una diminuzione, intorno al 7%, delle miglia percorse; una riduzione della congestione superiore al 30% nell’area e del 20% nelle zone adiacenti. La Commissione raccomandava inoltre l’adozione di un sistema molto semplice, meno costoso dell’ipotesi iniziale, e di ridurre l’area alla 60esima strada. La Metropolitan Transport Authority, che gestisce il trasporto pubblico della città, aveva anche ottenuto un finanziamento di 354 milioni di dollari dal Federal Department of Transportation per l’implementazione del sistema e il connesso miglioramento dei trasporti. Nonostante l’ampio consenso politico e pubblico, il piano è stato però bloccato dalla State Assembly, perdendo così i finanziamenti federali. Il piano è stato abbandonato.

Lezioni e raccomandazioni dalle esperienze di congestion charge Economisti e pianificatori dei trasporti hanno a lungo discusso su quale dovrebbe essere la più efficace dimensione dell’area soggetta a tariffa per consentire un buon livello di gestione del traffico dell’intera città. Nel caso di un’area ampia quanto quella di Stoccolma, ad esempio, la preoccupazione dei progettisti era che, pur ottenendo un significativo effetto sul numero di attraversamenti del cordone tariffario, la congestione all’interno dell’area sarebbe presto ritornata a livelli alti perché proprio la diminuzione degli ingressi avrebbe prodotto una maggiore circolazione dei veicoli già presenti nell’area. Nessuno dei sistemi di tariffazione allora attivi era in grado di dare una risposta: a Londra la congestion charge interessa una piccola area nel centro della città, a Singapore è regolato anche l’acquisto delle auto, a Oslo e Bergen il sistema è di fatto progettato per impattare il meno possibile sul traffico. L’esperienza di Stoccolma conferma che un sistema di congestion charge disegnato e progettato in modo semplice crea effetti significativi anche all’interno di una area vasta. Un’altra lezione che si può trarre dall’esperienza svedese è che la possibilità di replicare il sistema in un’altra città del paese, come successo in Svezia con la città di Göteborg, riduce in misura considerevole i costi di gestione in ciascuna città32. Il successo del sistema di Stoccolma nel ridurre la congestione, raggiungendo livelli impensabili di apprezzamento sia da parte dei cittadini che dei politici, ne ha fatto un punto di riferimento per le altre città a livello mondiale. Un interrogativo che sorge spontaneo è se il sistema sia trasferibile in altre città e se i positivi risultati raggiunti siano replicabili altrove. Sulla base della sua esperienza come consulente presso molte amministrazioni cittadine nel mondo, Eliasson, responsabile della progettazione del sistema di congestion charge di Stoccolma e presidente del gruppo di valutazione degli effetti prodotti, pur

32 Nel 2006 la National Road Administration stimava in circa 25 milioni di euro i futuri costi di gestione annuali. Le stime più recenti (febbraio 2014) sono di circa 30 milioni l’anno per i sistemi delle due città. 14 riconoscendo che ovviamente ogni città ha caratteristiche e condizioni particolari, per cui i risultati di Stoccolma potrebbero non essere gli stessi altrove, sostiene che in a more fundamental way, it can be argued that the experiences are indeed transferable to other cities, in the sense that the charges actually affected car drivers in the way that had been predicted by transport models. The conclusion that a transport model was able to predict demand responses with good‐enough accuracy leads to a more qualified answer to the question of transferability: if a congestion charging system is predicted to “work” in a given city – that is, reduce peak traffic in bottlenecks without unacceptably adverse side‐effects or having to use unacceptably high charge levels – then that is likely to be true in reality as well, not just in the model33. Una questione correlata è se le differenze nell’uso del suolo e nel sistema di trasporto influenzano in misura determinante l’efficacia dei sistemi di congestion charge implementati. Ci si domanda cioè se tali esperienze siano replicabili in città con caratteristiche topografiche, dimensionali e demografiche diverse, con diverse qualità e attrattività del sistema stradale non a pedaggio e dell’offerta di trasporto pubblico. Questa domanda è alla base di un recentissimo studio34 che, considerando i casi di Stoccolma e Londra, conclude che, sebbene il beneficio sociale di un dato sistema di tariffazione (compresa la misura della tariffa stessa) dipenda fortemente e in modo non lineare dai livelli iniziali di congestione, gli effetti sul traffico e i suoi adeguamenti sono sorprendentemente omogenei nei diversi sistemi di trasporto. In particolare, il livello di prestazioni del trasporto pubblico ha solo effetti contenuti sulla portata della congestione di base e quindi sul beneficio complessivo. È interessante notare che il costo di adattamento, la riduzione del traffico di attraversamento della barriera tariffaria e la quota di automobilisti che si spostano sul trasporto pubblico sono sorprendentemente poco dipendenti dal livello e dalla qualità dello stesso trasporto pubblico, contrariamente alla tesi comune secondo cui l’offerta di trasporto pubblico è cruciale per l’efficacia e l’efficienza di un sistema di congestion charge. Gli automobilisti possono adattarsi in molti modi, tranne che nelle scelte di utilizzo dei mezzi pubblici. Tra le incomprensioni, i luoghi comuni e … le ‘cose da sapere per decidere’ nei processi di definizione delle politiche di tariffazione degli accessi urbani Eliasson35 ricorda che: . la congestione delle strade non può essere eliminata solo con investimenti sia in nuove infrastrutture che nei trasporti pubblici: l’introduzione di una congestion charge insomma riduce, ma non elimina, il bisogno di altri investimenti nei trasporti; . la congestion charge può/deve essere introdotta solo quando c’è effettivamente un problema di congestione. Sembra ovvio, ma spesso l’obiettivo principale è raccogliere fondi o ridurre l’inquinamento: in tal caso è preferibile introdurre altre soluzioni, dal momento che un sistema di congestion charge richiede investimenti piuttosto elevati. L’aumento delle entrate e la riduzione delle emissioni sono effetti ‘secondari’ di un tale sistema; . l’aumento dei costi per muoversi in certe ore e luoghi fa diminuire il numero di chi sceglie di viaggiare in quei momenti e luoghi: la portata di questa diminuzione dipende anche da quante buone alternative ci sono; . ci sono molti modi in cui i guidatori possono adattarsi alla congestion charge, compreso il cambio di mezzo, di strada, di orari, di destinazione e momento dei viaggi ‘discrezionali’ o asistematici (per shopping o tempo libero, ad esempio): non esiste a priori un numero fisso e stabile di viaggi/ingressi su cui contare. Quindi, pensare che la congestion charge non funzionerebbe perché il sistema dei trasporti è molto complesso/rigido o perché manca una tangenziale è del tutto scorretto e trascura le tante, possibili alternative: quale prevarrà dipende dalle caratteristiche della forma urbana, dalla progettazione del sistema di tariffazione e dalle possibili alternative di viaggio;

33 Eliasson J. (2014), pag. 39. 34 Börjesson M., Brundell Freij K., & Eliasson J. (2014), citato in Eliasson J. (2014). 35 Eliasson J. (2010). 15

. alcuni degli spostamenti ‘professionali’ (che rappresentano circa il 15% del traffico automobilistico nei centri città) sono difficilmente modificabili e, in ogni caso, il valore del tempo per questi utilizzatori è alto: non va quindi considerato solo il traffico per lavoro; questo, infatti, genera congestione solo nelle canoniche ore di punta; . gli effetti sul commercio, a differenza di quanto temuto dai commercianti, sono in genere limitati, come dimostrano gli studi relativi al caso di Stoccolma; . gli obiettivi devono essere ben individuati e quantificati: anche questo suggerimento sembra ovvio, ma è fondamentale che gli esperti abbiano indicazioni chiare prime di iniziare il processo di progettazione. Ad esempio, lo slogan “portare più persone sui mezzi pubblici”, molto diffuso tra policy maker e comunicatori, non è un obiettivo rilevante per una congestion charge: l’obiettivo principale è far sì che meno gente usi l’auto nelle ore di punta; . la progettazione di un sistema di congestion charge dipende dalla topografia della città: è più facile quando i problemi più gravi di congestione sono circoscritti in un cordone ‘naturale’ (come a Stoccolma, Milano o Londra), più difficile quando la congestione si verifica in un intricato insieme di incroci stradali come a Göteborg; . il sistema a ‘cordone’ è generalmente considerato più semplice e facile da capire. Naturalmente nella sua progettazione va considerato che l’accesso a luoghi come ospedali, stazioni ferroviarie e soluzioni di park-and-ride situati all’interno della zona deve rimanere gratuito e che nella zona siano effettivamente comprese le aree della città dove la congestione è più alta36. . un ulteriore scetticismo sull’uso della congestion charge deriva dal timore che la congestione sia semplicemente spostata in altre zone e in altri periodi della giornata. Le esperienze e le rilevazioni effettuate a Stoccolma e Londra dimostrano che non è così; . in tema di efficacia generale della congestion charge, le esperienze finora attivate dimostrano che la congestione è non lineare: quindi una piccola riduzione del traffico produce una consistente riduzione della congestione37; . per evitare effetti indesiderati è opportuno avere margini di manovra politica e giuridica per apportare le necessarie modifiche al sistema in tempi brevi e con i minori strascichi, soprattutto di tipo legale; . non necessariamente, anche se è preferibile, il sistema deve essere semplice: il caso di Singapore è molto complesso, la tariffa è estremamente differenziata in base all’ora, al percorso e al traffico e può variare di frequente. Nonostante questo, gli utenti sono facilmente in grado di comprendere e di adattarsi al sistema. La riluttanza di molti politici e progettisti a considerare ‘sistemi troppo complicati’ può portare ad un sistema così semplice da rendere irraggiungibile la promessa riduzione della congestione; . occorre considerare attentamente la portata degli investimenti e i costi operativi del sistema per adottare sistemi cost-efficient così da definire quali livelli di servizio desiderati sono effettivamente convenienti, dati gli obiettivi del sistema e l’effetto dei diversi livelli di servizio sui costi operativi del sistema; . un ‘ambiente politico’ stabile e tempi sufficientemente lunghi per pianificare e implementare il sistema contribuiscono in misura rilevante ad ottenere costi complessivamente contenuti e sostenibili; . può risultare particolarmente utile un periodo di prova del sistema come fatto a Stoccolma e, se fosse necessario un referendum, questo deve essere condotto dopo la sperimentazione così che la popolazione possa esprimersi sulla base di una effettiva conoscenza ed esperienza. Se il risultato della consultazione fosse negativo, l’investimento fatto potrebbe essere recuperato in buona parte

36 In un sistema a ‘cordone’, inoltre, le tariffe possono facilmente variare a seconda dell’ora del giorno e del tipo di veicolo. L’aspetto negativo è che può creare un “effetto confine” che può determinare una maggiore domanda di parcheggio appena fuori dal confine e i residenti al limite – interno o esterno − del cordone possono sentirsi svantaggiati. 37 Le ultime tre considerazioni sono tratte da Owen, R., Sweeting, A., Clegg, S., Musselwhite, C. & Lyons, G. (2008). 16

utilizzando, ad esempio, le telecamere per il controllo del traffico. Inoltre, come dimostra l’esempio di Stoccolma, la prova deve riguardare l’intero sistema e con tariffe effettive perché siano chiari i vantaggi e percepiti gli effetti38. Per assicurare il successo di una congestion charge, Schaller (2010) suggerisce inoltre di: . non sottostimare il potere di piccoli gruppi di oppositori; . offrire un’alternativa ai percorsi con tariffa, anche con sistemi di modularità dei pagamenti e l’eventuale possibilità di scegliere se e quanto pagare; . convincere i guidatori che ne trarranno un beneficio personale: anche se gli incassi sono destinati a migliorare le strade, occorre dimostrare perché alcuni automobilisti dovrebbero pagare e altri no; . adottare una tariffa sufficientemente alta da avere un effettivo impatto sulla domanda di mobilità. In particolare, tra le critiche rivolte alle misure di tariffazione degli accessi per ridurre la congestione vengono spesso sottolineati gli elevati costi di implementazione e gestione dei sistemi di riscossione e controllo39, i problemi di privacy e il fatto che generalmente, soprattutto se applicate alle porzioni centrali delle città, tali misure incidono solo sulla parte finale del viaggio complessivo del veicolo con scarsi effetti, ad esempio, sulla riduzione dell’inquinamento o sulla scelta multimodale. Sicuramente l’area di applicazione, la modalità operativa scelta, ma anche il sistema di esazione delle tariffe incidono sui costi di realizzazione e di gestione del sistema stesso: al crescere della scala di applicazione, cioè al crescere dell’area geografica di riferimento, il sistema tende a diventare più complesso e costoso. La scala di implementazione e la tecnologia utilizzata sono dunque elementi che richiedono una attenta valutazione per assicurare la sostenibilità finanziaria del sistema, prima ancora che l’effettiva riduzione della congestione40. Altre obiezioni all’introduzione di un sistema di congestion charge sono dettate dalla preoccupazione di un aumento della congestione al di fuori della zona di tariffazione: le indagini ed i monitoraggi condotti a Londra dimostrano che, fuori dall’area tariffata, non si registrano effetti sociali negativi e che la crescita del traffico è minima41. Va detto però che nel caso di Londra vengono date ampie alternative all’uso dell’auto privata e che la congestion charge è accompagnata da un rilevante e continuo miglioramento del trasporto pubblico. L’accettazione sociale della tariffazione è, spesso a ragione, una preoccupazione molto forte per i decisori politici e ha ripercussioni non trascurabili sul successo del sistema: vari referendum e consultazioni pubbliche hanno portato alla cancellazione di sistemi già in essere, come nel caso della Western extension a Londra, o alla bocciatura delle proposte di introduzione di congestion charge. È quanto successo nel 2005 ad Edimburgo e nel 2008 a Manchester dove il 78% dei residenti ha votato contro l’adozione di un sistema di tariffazione, probabilmente per la percezione di una sua inefficienza: molti ritenevano insufficienti le alternative all’uso dell’auto e, in aggiunta, è stata organizzata da imprenditori e uomini d’affari locali una strenua campagna per il ‘no’. In tema di variabili che influenzano l’atteggiamento del pubblico nei confronti delle congestion charge, una recente indagine42 svolta a Stoccolma, Helsinki e Lione, tre città europee con molte similitudini, ma con esperienze diverse, mostra che il conflitto di interessi interagisce nel modo previsto: gli intervistati sono più favorevoli quanto più alto è il valore da loro attribuito al tempo, quanto minore è la somma complessiva che si aspettano di dover pagare e basso il numero di auto possedute. Tuttavia, le variabili legate al

38 Gli autori che suggeriscono questo approccio sono Eliasson J. (2009b) e Walker J. (2011). 39 Ad esempio, raggruppare mensilmente i pagamenti riduce i costi operativi rispetto al pagamento di ogni singolo ingresso; l’acquisto presso punti di rivendita può essere ben accetto dagli utilizzatori, ma è la più costosa modalità di riscossione… 40 Gervasoni A., Sartori M. (2007) e Eliasson J. (2010). 41 Secondo TfL nel 2004 il totale dei chilometri percorsi fuori dalla LCCC, ma all’interno dell’Inner Ring Road è aumentato del 4%; per i veicoli con quattro o più ruote, la stima equivalente è 1%, una variazione statisticamente non significativa. 42 Hamilton C.J., Eliasson J., Brundell‐Freij K., Raux C., Souche S., Kiiskilää K., Tervonen J. (2014). 17 conflitto di interesse spiegano solo un terzo della variazione negli atteggiamenti rilevati a Lione (dove la congestion charge è una questione del tutto ipotetica) e a Stoccolma (dove invece è ormai entrata nella vita quotidiana) e circa il 50% a Helsinki, dove una proposta di introduzione era oggetto di dibattito al momento dello studio e quindi incombeva il timore di un aumento dei costi di viaggio a fronte di benefici lontani e incerti. La restante variazione è spiegata dai diversi atteggiamenti verso l’ambiente, dalla fiducia nell’operato dei soggetti pubblici e delle opinioni rispetto alla generale correttezza dei livelli di tassazione. I problemi associati all’introduzione di una congestion charge sono simili in tutte le città considerate, ma il grado di correlazione sembra variare a seconda dello specifico contesto in cui avviene la tariffazione. Di fatto, il fattore più importante sembrano essere l’effettiva esperienza del sistema oggetto di valutazione e la familiarità con una politica di tariffazione: probabilmente questo è dovuto ad una combinazione di pregiudizi, di benefici superiori a quanto atteso e di minori effetti negativi rispetto ai timori iniziali.

Il percorso ‘classico’ di accettazione di sistemi di congestion charge

Sufficient support to go Public ahead Build up of support as support Fall-off as detail benefits appear emerges

New idea, no Increasing justification support for Panic just before general idea implementation Time Fonte: Owen R., Sweeting A., Clegg S., Musselwhite C. & Lyons G. (2008)

Dalle considerazioni43 sulle opinioni espresse dai cittadini di New York nelle diverse indagini condotte in fase di dibattito e messa a punto del progetto, poi naufragato, emerge che: . una congestion charge ottiene consenso solo se ha senso a livello sociale e individuale, a volte con posizioni sorprendenti: ad esempio, gli utilizzatori dei mezzi pubblici arrivano ad opporsi se la considerano ingiusta per i guidatori; . l’opposizione è soprattutto motivata dagli impatti individuali attesi dagli automobilisti che, pur non avendone spesso un’esperienza diretta, non considerano i trasporti pubblici una valida alternativa, che ritengono incerto il risparmio di tempo e comunque di valore inferiore alla tariffa e che i benefici sociali difficilmente si materializzeranno. Sempre in tema di consenso, tra le raccomandazioni che vengono tratte dall’esperienza di Bergen si sottolinea l’opportunità di presentare il progetto come una soluzione bilanciata, di compromesso tra diversi obiettivi (nel caso: riduzione del traffico e nuove infrastrutture). Con riferimento all’esperienza di altre città44 si ricorda che: . deve essere dimostrato che esiste un problema (la congestione) che richiede una soluzione, che la congestion charge è la soluzione e che questa è in grado di ridurre il problema; . deve essere parte di un piano generale di gestione del traffico all’interno di una coerente strategia di trasporto che comprenda anche miglioramenti dei trasporti pubblici, misure a tutela dell’ambiente, sistemi di park-and-ride e parcheggi a pagamento;

43 Cfr. Schaller B. (2010). 44 Cfr. Owen, R., Sweeting, A., Clegg, S., Musselwhite, C. & Lyons, G. (2008). 18

. devono essere disponibili valide alternative per facilitare la scelta della modalità di viaggio, compresi efficienti trasporti pubblici; . si devono poter identificare/quantificare le entrate e usarle appropriatamente: il consenso aumenta quanto le entrate contribuiscono a migliorare il network dei trasporti locali o sono usate per aumentare la capacità della strade o migliorare la loro manutenzione; . il sistema deve essere equo e quindi modulabile in base al tipo di veicolo, al reddito degli utilizzatori, alla vicinanza della residenza e del posto di lavoro… . vanno fornite informazioni sul sistema e sui suoi impatti attraverso campagne continue di educazione, sensibilizzazione, pubblicità e marketing.

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2 LE RISPOSTE ATTUALI E DI PROSPETTIVA PER IL SISTEMA DEI TRASPORTI

2.1 LE AUTOSTRADE URBANE

A seconda dell’area continentale osservata, le autostrade urbane vivono, attualmente, una diversa fase del loro ciclo di vita. In Europa e, ancor più, nel Nord America, tale genere di infrastrutture rappresenta una presenza storica e consolidata; la loro realizzazione risale ai processi di pianificazione urbana del secolo scorso, conseguenti alla fuga della popolazione nelle periferie avvenuta negli anni ’50 e ’60 e finalizzati alla riduzione del traffico mediante l’ampliamento delle infrastrutture stradali. Nella realtà, le stesse autostrade urbane hanno spesso acutizzato la fuga dalle città, isolando quartieri storici, trasformando sezioni urbane in ghetti e separando il waterfront dal contesto locale. Sia negli Stati Uniti sia in Europa il futuro delle autostrade urbane sembra oggi risiedere nell’adattamento strutturale (ad esempio, con l’interramento) o nella sostituzione (ad esempio, con viali in superficie), in risposta ai più recenti mutamenti del tessuto urbano e ai nuovi bisogni collettivi. Gli obiettivi di tale metamorfosi sono molteplici e, in prima istanza, di natura economica. In effetti, gli interventi sulle autostrade urbane consentono una riduzione o l’annullamento dei costi di manutenzione, di riparazione e di ricostruzione, i quali, in prospettiva, appaiono crescenti e non sostenibili. In secondo luogo, essa si accompagna alla realizzazione di interventi urbani, orientati al recupero e alla valorizzazione delle aree sovrastanti e circostanti, con la creazione, ad esempio, di parchi e la dotazione di nuovi servizi. Accanto alla valenza sociale di tali scelte, agli interventi sono associati nuovi introiti per la collettività, derivanti dalla locazione e dalla vendita degli spazi riqualificati. Un’ulteriore finalità coincide con gli intenti originari che hanno sotteso, a metà del secolo scorso, la stessa costruzione delle autostrade urbane; come evidenziato nel primo capitolo, il traffico stradale nelle città costituisce un’emergenza di carattere primario nei Paesi di prima industrializzazione e la destrutturazione delle autostrade urbane è identificata, sia nel Nord America sia in Europa, quale efficace strumento di decongestione della mobilità locale. A tale effetto si accompagnano ulteriori benefici, direttamente perseguiti in Europa in base alle indicazioni contenute nel Libro Bianco, che vincola al 2030 e al 2050 la presenza delle automobili ad alimentazione tradizionale e della logistica inquinante all’interno delle città; tale benefici, come già ricordato, sono ravvisabili nella riduzione dell’inquinamento dell’aria e acustico e dell’impatto sul clima, oltre che dell’incidentalità. In ultimo, gli interventi di adattamento e di sostituzione delle autostrade urbane intendono risolvere i problemi di isolamento sociale e culturale che la cesura determinata dalle stesse infrastrutture nel tessuto urbano ha alimentato nel tempo. Il progetto Big Dig a Boston costituisce uno degli esempi più noti e più riusciti di conversione di un’arteria urbana storica in un tunnel sotterraneo. L’intervento è stato concluso nel 2007 e ha compreso l’espansione dell’autostrada esistente e il suo miglioramento funzionale e ambientale, in risposta agli evidenti problemi di mobilità urbana. Se, infatti, nel 1959 il traffico locale si attestava sui 75 mila veicoli/giorno, negli anni ’90 aveva raggiunto punte di 200 mila veicoli e i dati per il 2010 lasciavano prevedere ingorghi di 16 ore, con un’incidentalità quadrupla rispetto alla media nazionale; il costo sostenuto dagli automobilisti e dagli operatori del trasporto merci per infortuni, ritardi di viaggio e carburante, infine, ammontava in media a 500 milioni di Dollari l’anno. Il progetto è costato 15,6 milioni di Euro e ha previsto la trasformazione dell'Interstate 93, la principale autostrada cittadina di Boston della lunghezza di 2,4 km, in un tunnel di 5,6 km, denominato Central Artery/Tunnel (CA/T). Oltre alla CA/T era inoltre definita la costruzione de:

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. il tunnel Ted Williams, con l’estensione dell’Interstate 90 sino all’aeroporto internazionale di Boston; . il ponte Leonard P. Zakim Bunker Hill Memorial sul fiume Charles; . l'area pedonale di Rose Kennedy nello spazio lasciato libero dalla precedente Interstate 93.

Boston. Il progetto Big Dig

Fonte: Massachusetts Transport Authority (MTA)

Come anticipato, il progetto ha conseguito con successo i propri obiettivi. In particolare: . tra il 1995 e il 2003 i tempi complessivi di viaggio lungo le direttrici dell’intervento, valutati in veicoli*ore, sono diminuiti del 62%; . il costo generalizzato del trasporto prevede oggi, complessivamente, un risparmio di 168 mila Dollari l'anno; . i tempi medi di percorrenza nei periodi di maggiore congestione tra i quartieri a Sud e a Ovest di Boston e l’aeroporto Logan si sono ridotti del 42-74%, a seconda della direzione e della fascia oraria dello spostamento; . le emissioni di monossido di carbonio nell’intera area urbana sono diminuite del 12%. Oltre a ciò, il progetto ha consentito di ricollegare i quartieri in passato isolati dall’arteria storica, elevando la qualità di vita della cittadinanza; più specificamente, esso ha previsto la creazione di 45 parchi, di viali alberati e di ampie piazze pubbliche, il recupero del waterfront e ingenti interventi di infrastrutturazione urbana. I tre quarti dei 30 ettari del centro di Boston sono stati destinati a spazi aperti, mentre il 25% delle aree ha accolto lo sviluppo di funzioni retail e commerciali, oltre a una nuova edilizia abitativa. Nel territorio del Nord America, gli interventi per il miglioramento dell’innesto delle direttrici autostradali nel tessuto urbano sono stati, di recente, numerosi e nuovi progetti si affiancano a quelli già realizzati. Tra di essi, è interessante ricordare:

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. lo studio per il ripristino del Nord Claiborne Avenue, un’area commerciale e culturale fiorente sino al 1960 nei quartieri di Tulane/ Gravier, Tremé/ Lafitte e 7° Ward, in luogo della I-10 Claiborne Overpass di New Orleans, danneggiato dall’uragano Katrina; . il piano comunitario redatto dalla Sud Bronx River Watershed Alliance (SBRWA) a sostegno del progetto di sostituzione della I-894 Sheridan Expressway di New York, costruita nel 1963 per collegare la Bruckner Expressway (I-278) con la New England Thruway (I-95) nel Bronx, con una strada di superficie. Le istanze mosse dalla comunità locale a supporto di tale intervento riguardano il miglioramento della connettività della rete stradale e il recupero di 28 ettari di terreno destinabili allo sviluppo commerciale, a nuove abitazioni e a spazi aperti lungo il litorale; . il set di studi per la mitigazione dell’impatto dell’interscambio tra la I-95, la I-395 e la strada statale 836 a Miami, realizzato nel 1965 a Overtown, il cuore storico della comunità nera cittadina. Le alternative analizzate dalla Federal Highway Administration (FHWA) sono cinque e, tra di esse, nel 2010 la Florida DOT (FDOT) ha selezionato il progetto di una superstrada sopraelevata; . il piano generale di gestione e il concorso di progettazione offerto dal National Park Service (NPS) per la rimozione della I-70 a St. Louis. La costruzione dell’Interstate risale al 1964 e, secondo gli studi condotti, ha determinato un’evidente divisione della città dal fiume Mississippi, la riduzione della vitalità del suo centro e l’isolamento del Gateway Arch, una delle eccellenze architettoniche più rilevanti negli Stati Uniti. Oltre al miglioramento delle connessioni tra St. Louis e il fiume Mississippi, è stato valutato che la rimozione dell’I-70 consentirebbe una riduzione del traffico locale di oltre il 50%; . l’intervento di rimozione della Gardiner Expressway a Toronto, costruita tra il 1955 e il 1966 per il collegamento del centro cittadino con i sobborghi occidentali e costituita da otto corsie sopraelevate. Nel dettaglio la direttrice, originariamente destinata a ospitare 70 mila vetture/ giorno, registra attualmente un traffico di 200 mila veicoli e comporta un costo di manutenzione annua pari a 6-10 milioni di Dollari. Al suo posto, la società WATERFRONToronto ha proposto la realizzazione di un viale urbano a otto corsie; . il progetto di rimozione della Harbor Drive a Portland, un’autostrada a quattro corsie costruita nel 1942, e della sua sostituzione nel 1988 con un parco urbano di 37 ettari. Secondo tale istanza, la costruzione della I-5 e I-405, due autostrade parallele all’Harbor Drive, avrebbe potuto infatti agevolmente potrebbe assorbire il traffico locale. E’ interessante osservare che, a seguito dell’intervento, il valore dei terreni nel centro di Portland è aumentato in media, annualmente, del 10,4%; la mobilità su gomma, inoltre, si è ridotta del 9,6%, con una consistente contrazione delle esternalità ambientali prodotte nell’area. Oltre a favorire un incremento della qualità di vita nel centro di Portland, infine, la rimozione della superstrada ha contribuito alla riduzione del tasso di criminalità locale, sia per il miglioramento dell’illuminazione dei quartieri adiacenti sia per il potenziamento del loro presidio da parte delle forze dell’ordine; secondo i rapporti della polizia, a tale proposito, dal 1990 la criminalità è diminuita del 65% nella zona del lungomare e del 16%, complessivamente, nella città di Portland; . l’intervento di rimozione dell’Embarcadero Freeway di San Francisco, a seguito del suo danneggiamento con il terremoto del 1989 e della sua sostituzione con un viale a sei corsie dell’estensione di 1,6 miglia, circondato da un lungomare pedonale e da parchi. A tale intervento si è accompagnata l’implementazione dei collegamenti di trasporto pubblico locali, attuati con il BART (Bay Area Rapid Transit) e avviati già a seguito del terremoto per ovviare alla congestione stradale creata dal danneggiamento dell’Embarcadero Freeway. Più di 100 ettari sul lungomare hanno lasciato spazio a una nuova piazza pubblica e a una nuova promenade. L’intervento è stato inoltre l’occasione per creare dotare la città di nuove funzioni urbane; nel dettaglio, la zona a sud di Market Street è stato destinata ad accogliere 3 mila unità abitative, 2 milioni di mq di uffici e 375 mila mq spazi di vendita al dettaglio. È importante precisare che, a seguito dell’intervento complessivo, i valori delle proprietà nei quartieri adiacenti è cresciuto del 300%, con un evidente stimolo allo sviluppo economico locale.

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L’esperienza europea più recente in tema di autostrade urbane è certamente simile a quella nordamericana e gli interventi di natura trasportistica e territoriale ad oggi avviati perseguono i medesimi obiettivi evidenziati in linea generale, sintetizzabili nel contenimento dei costi di manutenzione delle infrastrutture, nella valorizzazione delle aree urbane e nella loro sostenibilità ambientale e sociale. Gli interventi più interessanti, a tale proposito, sono rappresentati dall’interramento della RN 13 a Neuilly- sur-Seine e dal progetto dell’A8ernA ad Amsterdam. Nel caso francese, il progetto è stato approvato dal Comune di Parigi nel dicembre 2010 e prevede un intervento migliorativo dell’infrastruttura, senza la trasformazione radicale della mobilità o l’aumento della capacità di trasporto, nell’ottica di un’integrazione paesaggistica e ambientale tra autostrada e città. Gli obiettivi dichiarati e specifici del progetto sono sintetizzabili ne: . l’iscrizione di Parigi, Neuilly-sur-Seine e La Défense in un unico e ampio continuum urbano; . la definizione di un nuovo equilibrio territoriale, mediante la creazione di nuove opportunità di competizione e di complementarietà tra funzioni urbane; . il sostegno al decentramento delle diverse attività territoriali; . lo sviluppo di modalità di trasporto “dolci”, mediante il potenziamento delle connessioni di trasporto pubbliche. Il progetto A8ernA ha riguardato l’autostrada A8, costruita in sopraelevata, negli anni ’70, per l’attraversamento del fiume Zaan. Poiché l’infrastruttura ha rappresentato un elemento di forte cesura nel tessuto urbano locale, il progetto ha inteso innanzitutto ripristinare la connessione tra le due aree della città, favorendo l’insediamento di nuove attività negli spazi situati al di sotto della soprelevata. Il piano di recupero è stato redatto in stretta collaborazione dal Governo e dalla popolazione locali; tale vicinanza ha consentito sia di definire con modalità di progettazione partecipata gli interventi di valorizzazione territoriale, sia di concretizzarli con efficacia, realizzando funzioni commerciali, posteggi, aree dedicate allo sport e ai giochi per i bambini, spazi verdi e promenade pubbliche, sino a comprendere una “galleria di graffiti”. Diversamente da quanto evidenziato per le aree nordamericana ed europea, in America Latina e in Asia le autostrade urbane rappresentano sia il presente sia il divenire. Più in generale, tali infrastrutture sono attualmente percepite quale risposta efficace ai bisogni di mobilità in aree: . con un’elevata densità demografica; . caratterizzate da un’ampia estensione del tessuto urbano; . con dinamiche di industrializzazione attuali ed evidenti; . caposaldo economico, sociale e culturale di territori più vasti e con un’elevata dispersione dei centri secondari. In Cina e in India, la costruzione di autostrade urbane sta avvenendo in termini intensi e con ritmi sostenuti. In Cina, in particolare, tale fenomeno è avvantaggiato dalla proprietà dello stesso Governo dei terreni urbani, con la conseguente assenza di ostacoli per la loro acquisizione; diversamente, in India i tempi di costruzione delle autostrade urbane è rallentato dagli oneri connessi alla non disponibilità diretta delle aree e i governi locali stanno procedendo con l’adeguamento di molte arterie viarie, mediante la realizzazione di cavalcavia e la loro trasformazione in autostrade ad accesso limitato. A Santiago del Cile, che concentra 7 milioni di abitanti, il sistema di autostrade urbane è molto sviluppato e comprende le direttrici: . Costanera Norte, che collega i quartieri a Est e a Ovest della città; . Central, tra Nord e Sud; . Vespucio Norte Express e Sur, a tracciato anulare e, rispettivamente, di connessione tra i quadranti occidentale e settentrionale; . il tunnel di San Cristobal e la connessione stradale con l’aeroporto di Santiago, di recente realizzazione.

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Nell’ambito dello sviluppo delle autostrade urbane, il Cile ha svolto un ruolo pionieristico nel continente sudamericano, prevedendo la realizzazione di infrastrutture a più corsie, caratterizzate dal free-flow e dal sistema di monitoraggio e di pedaggiamento del traffico “Televia”. In Argentina, nel 1976 la dittature militare inaugurò il Proceso de Reorganizacion Nacional, il quale prevedeva la realizzazione di una rete autostradale a pedaggio attraverso la città di Buenos Aires, comprendente 74 Km di infrastrutture rapide viarie. Attualmente, alle originarie autostrade urbane 25 de Mayo (n. 1) e Perito Moreno (n. 6) si sono aggiunte nuove infrastrutture, tra le quali la Arturo Illia, la 9 de Julio Sur, la Dellepiane e l’AU7. Laddove previsto, il pedaggiamento è manuale e si fonda sul sistema Aupass. È interessante osservare che, se in Cile e in Argentina la rete di autostrade urbane è sorta al servizio della mobilità privata, in altri Paesi sudamericani, quali la Colombia e il Brasile, la costruzione delle nuove infrastrutture ha costituito l’occasione per promuovere forme diverse di mobilità e, in particolare, di accesso alle aree metropolitane mediante il servizio pubblico. A Bogotà, in effetti, al progetto di realizzazione di un sistema di trasporto costituito da sei nuove autostrade a pedaggio, di cui due anulari e quattro radiali, si è preferita una politica di potenziamento dei collegamenti pubblici su gomma, inaugurando un servizio di trasporto su lunghe distanze in corsie riservate, il TransMilenio, caratterizzato da una qualità eccellente e con una ricaduta di valenza sociale non trascurabile. Negli anni ’60 e ’70, durante la dittatura, a Rio de Janeiro si diede avvio a un complesso di opere viarie comprendenti tunnel e viadotti, destinati in particolare a collegare Copacabana, Ipanema e Leblon; con la crisi sopportata dal Paese negli anni ’80 tali investimenti subirono un arresto, per poi riprendere di recente, nella prospettiva dei Campionati del mondo di calcio del 2014, in occasione dei quali si prevedeva un considerevole afflusso di turisti nella città. Tra le infrastrutture realizzate un ruolo significativo riveste, ai fini del presente documento, la nuova autostrada di connessione di Rio de Janeiro con l’aeroporto Salvador Allende, con 3 corsie per senso di marcia, di cui una dedicata al trasporto pubblico (il TransOlimpica Bus Rapid Transit), e un’estensione complessiva di 26 Km. L’autostrada presenta 18 stazioni e offre un collegamento tra il Nord e il Sud della città simile a quello già realizzato dall’arteria TransOeste, tra le aree orientale e occidentale. Le esperienze estere descritte, con riferimento sia ai territori nord-americano ed europeo sia ai continenti asiatico e sudamericano, costituiscono un interessante elemento di riflessione per il contesto italiano per due distinte ragioni. In primo luogo, esse evidenziano dinamiche globali di segno divergente, all’interno delle quali il nostro territorio si colloca in posizione intermedia, ma non neutra. Ad oggi, l’Italia non contempla infatti infrastrutture autostradali con evidente carattere di penetrazione urbana e la prospettiva di realizzarne non solo non trova supporto per l’assenza in essa dei tratti demografici, territoriali e di sviluppo economico che caratterizzano i Paesi in forte sviluppo analizzati (Brasile, Argentina, Cile, Cina e India), ma, alla luce delle evidenze statunitense, francese e olandese, appare in effetti non pertinente ai fini di un governo della mobilità sostenibile, secondo gli obiettivi definiti dalla Comunità Europea. In secondo luogo, e con specifico riferimento ai continenti nordamericano ed europeo, i casi descritti evidenziano nuove opportunità anche in Italia di investimento nella valorizzazione delle aree adiacenti o, nell’ipotesi di interramento, sovrastanti le infrastrutture di trasporto, in particolare viarie. Come evidenziato, in effetti, gli spazi “liberati” si prestano ad essere convertiti in nuove funzioni urbane, ospitando attività di natura commerciale, residenze e uffici. La crescita del valore dei terreni conseguente alla riqualificazione locale può costituire il volano per un rilancio socio-economico più ampio, come dimostrano i casi di Boston, New York, Portland e San Francisco. Le opportunità di sviluppo non riguardano, d’altra parte, il solo aumento dei valori di locazione e di vendita dei nuovi spazi, ma, con pari importanza per la collettività, la vivibilità dei luoghi, il tema della sicurezza locale, le istanze di integrazione sociali e di condivisione culturale.

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2.2 UN NUOVO RUOLO PER LE TANGENZIALI

Con lo sviluppo del trasporto privato, il traffico dei grandi centri urbani è sempre più determinato sia da spostamenti locali tra aree/quartieri della città che dalla necessità di accedere, provenendo da altri centri urbani, ai quartieri cittadini o di procedere all’attraversamento per raggiungere altri nodi urbani. Obiettivo primo delle tangenziali era/è quello di rimuovere dalla congestione delle città la componente dovuta al traffico di attraversamento e di facilitare quindi la connessione tra nodi urbani senza interferire con la mobilità interna. La rimozione della componente dovuta al traffico di attraversamento non sempre ha avuto l’effetto sperato sulla riduzione della congestione e spesso, anzi, la congestione si è spostata sulle tangenziali. Per queste ultime, infatti, alle problematiche della distribuzione del traffico di accesso alle città nei diversi quartieri si sono aggiunte quelle legate al traffico urbano dovuto ai crescenti spostamenti interni interzonali. Tali spostamenti utilizzano spesso tratti di tangenziale come percorsi alternativi per il traffico tra zone, snaturando la funzione fondamentale delle strade tangenziali che era in origine − e dovrebbe tornare ad essere − funzionale ad interconnettere la viabilità urbana alle viabilità provinciali, regionali e statali. Limitare, scoraggiare o rendere remunerativo l’utilizzo delle tangenziali per percorsi che di fatto sono solo urbani limiterebbe l’attuale congestionamento di queste infrastrutture e il loro sovraccarico nelle ore di punta, ne aumenterebbe la sicurezza, renderebbe più efficiente e remunerativa la loro gestione, favorirebbe una migliore e più articolata interconnessione tra il traffico veicolare e la città metropolitana… Una conferma dell’alto livello di congestionamento del sistema tangenziale delle grandi aree urbane italiane è sintetizzato dai dati relativi ai volumi di traffico sui tratti elementari della rete Autostrade per l’Italia: i raccordi tra le arterie autostradali e le vie di penetrazione locale più trafficate sono quelle centrosettentrionali, in primo luogo quelli intorno a Milano, e quelli in corrispondenza delle altre quattro grandi aree metropolitane servite dall’Autostrada del Sole, denotando una forte presenza della componente di mobilità a breve-medio raggio generata da tali aree e confermando il ruolo di connessione metropolitana e locale che sempre più spesso connota le nostre tangenziali: un chiaro esempio è la rete delle Tangenziali milanesi45. A Roma, la trasformazione funzionale subita dal Grande Raccordo Anulare (GRA-Autostrada A90), che da molti anni assicura un servizio ormai polifunzionale alla domanda di trasporto nell’area metropolitana, presenta livelli di congestione tali da non garantire, per lunghi periodi della giornata, collegamenti di tipo autostradale, nonostante la realizzazione di una terza corsia. La forte crescita urbanistica dell’hinterland, infatti, ha portato ad un notevole aumento dei flussi di traffico che di fatto hanno saturato l’incremento marginale di offerta dato dalla terza corsia. All’estero i due esempi più conosciuti di ‘uso improprio’ delle tangenziali si hanno a Parigi e Londra. Nella capitale francese il Boulevard Périphérique (la cosiddetta Périph) con 1,3 milioni di veicoli/giorno è di fatto l’‘autostrada urbana’ più frequentata d’Europa, tanto che la velocità media non supera i 40 km/h che si riducono a 29 nelle ore di punta serali. A Londra, la Tangenziale più esterna (ufficialmente M25 o London Orbital Motorway) è comunemente chiamata ‘Road to Hell’: per ottenere il consenso dei residenti, infatti, è stata progettata con un numero molto alto di uscite che favoriscono un uso locale su una strada che voleva invece essere a lunga distanza. A questo si è probabilmente sommata una originaria sottostima della domanda: una volta ultimata nel 1986 era già obsoleta e dopo pochi anni completamente satura. Non mancano tuttavia, le situazioni virtuose: molte delle città che si posizionano ai vertici delle classifiche internazionali della qualità della vita46 presentano punteggi elevati negli indicatori relativi alla mobilità sostenibile e all’efficienza del trasporto pubblico locale. Oltre all’adozione di efficaci politiche dei trasporti, spesso queste città devono i loro risultati anche alla presenza di una o più tangenziali con caratteristiche

45 Autostrade per l’Italia (2014). 46 Tra le più conosciute si ricordano: The Economist Intelligence Unit’s World’s Most Livable Cities; Mercer’s Quality of Living Survey; LifeGate “Le 50 città dove si vive meglio”; Lonely Planet “Best in Travel”; European Commision “Quality of life in cities - Perception survey in 79 cities”. 25 autostradali e che rendono più ‘facile’ l’applicazione di quelle politiche. Ne è un esempio Amsterdam, dove l’elevato livello di vivibilità e di mobilità nel centro città e nei quartieri adiacenti è in buona parte assicurato dalla Tangenziale A10 (un grande anello che circonda l’intera città) che rappresenta un limite all’ingresso in centro che viene assicurato ‘solo’ da vie di accesso rapido (i cosiddetti percorsi “S”) che sono segnalati lungo il tragitto della Tangenziale. Numerosi parcheggi Park and Ride (P+R), situati in periferia, vicino alle confluenze delle autostrade con la Tangenziale A10 e serviti con efficienza dai mezzi pubblici consentono di raggiungere rapidamente il centro, dove il parcheggio è scoraggiato da tariffe di sosta particolarmente onerose. Diventa perciò prioritaria l’individuazione di soluzioni infrastrutturali, modalità d’uso e alternative gestionali che riportino le tangenziali al ruolo originario di infrastruttura destinata prevalentemente alla distribuzione del traffico di lunga percorrenza attraverso, da un lato, la distribuzione dei flussi di accesso mediante diramazioni ai quartieri della città; dall’altro, un rapido e sicuro superamento dell’area urbana. 1. 2. 2.1 2.2

2.2.1 Nuove infrastrutture per aumentare l’offerta di mobilità Una delle soluzioni in apparenza più semplice per limitare l’attuale congestione delle tangenziali è la realizzazione di nuove infrastrutture che incrementino l’offerta di mobilità, siano esse nuovi tratti autostradali (come la TEEM47 e il Passante di Mestre48) o ‘anelli’ sempre più esterni rispetto al centro della città. Tra le opzioni che mettono in cantiere nuove infrastrutture, si possono segnalare il Masterplan 2020 di Anversa che prevede la ricucitura delle ultime interruzioni nella tangenziale, la ricostruzione del Ring Road per aumentarne la portata, la realizzazione di ponti e tunnel per superare le barriere rappresentate dalla Schelda e dalle banchine portuali49; il Boulevard Intercommunal du Parisis (BIP), una strada a scorrimento veloce che attraversa il tessuto urbano dell’area a Nord-Ovest di Parigi50 con l’obiettivo di ridurre il traffico in un’area particolarmente densa dell’Ile de France; il progetto dell’Orbital Tunnel di Londra, presentato a maggio 2014 dal sindaco della città prevede la realizzazione di un tunnel circolare di oltre 35 km con un costo previsto di 30 miliardi di sterline e l’obiettivo di togliere almeno 10mila auto dalle strade di superficie. A San Paolo è in costruzione la Rodoanel Mário Covas (SP-21) una tangenziale circolare che connette le dieci maggiori autostrade che entrano in città… In Italia, di fronte alla situazione di elevata congestione del Grande Raccordo Anulare di Roma sono state avanzate in più occasioni ipotesi per la realizzazione di una nuova struttura tangenziale esterna che liberi il raccordo dal traffico ‘tangenziale di attraversamento’51, ma gli studi di fattibilità che si sono succeduti si sono via via arenati, soprattutto per l’opposizione delle associazioni ambientaliste.

47 Tra le motivazioni a supporto della sua realizzazione si legge che TEEM porterà “sensibili miglioramenti ai flussi veicolari che quotidianamente interessano la rete stradale e autostradale nel quadrante Est-Sud di Milano” grazie anche al connesso potenziamento della rete stradale secondaria, a servizio dei comuni dell’area, che innescherà miglioramenti nelle comunicazioni stradali su tutto il territorio interessato http://www.temspa.it/. 48 Aperto a febbraio 2009, il Passante di Mestre permette di evitare l’attraversamento dell’ex tratto urbano dell’A4, riclassificato come A57 - Tangenziale di Mestre, così liberata dal traffico improprio e riportata al suo uso di strada urbana. 49 Il Piano prevede anche la realizzazione di nuove strade, linee aggiuntive di tram, piste ciclabili e altre iniziative di mobilità per la regione di Anversa. 50 Il suo completamento è previsto per il 2020. 51 Le proposte e gli studi per la costruzione di una nuova circonvallazione di Roma (assimilabile a un secondo GRA più esterno) si sono succedute nel tempo. Da ultimo si veda UN-INDUSTRIA di Roma-Frosinone-Rieti-Viterbo (2011). Per il GRA sono state più volte avanzate (e nel luglio 2010 anche avviate) proposte di pedaggio che sono state però bloccate da varie sentenze dei TAR del Lazio e del Piemonte e da una sentenza della Consulta di Stato basata sul concetto che “il pedaggio non può essere una tassa ma è il pagamento di un servizio specifico”. Il sistema di riscossione allora disponibile, infatti, avrebbe obbligato anche gli utenti che non proseguivano oltre le barriere a pagare comunque l’utilizzo dell’autostrada. 26

La soluzione che vede la realizzazione di tangenziali circolari con raggio crescente è stata adottata in diverse città all’estero: oltre ai tre cerchi di tangenziale di Londra, si contano due anelli a Birmingham, Leeds, Sheffield, Norwich e Glasgow in Gran Bretagna; in Germania, a Berlino il Berliner Ring circonda la capitale tedesca in posizione più esterna rispetto alla Berliner Stadtring52 che delimita il centro città; hanno due anelli anche Colonia, Bruxelles con la Petite ceinture (più interna) e il più esterno Ring de Bruxelles, Madrid, Lione… Il sistema di tangenziali dell’area metropolitana di Parigi è un groviglio di autostrade che, oltre il più interno Boulevard Périphérique, comprende l’autostrada A86-Paris super-périphérique, la cosiddetta Francilienne e il Grand contournement de Paris. Oltre ad avere esiti incerti, la realizzazione di nuove infrastrutture impone il superamento di non pochi ostacoli: ad esempio, richiede investimenti elevati, non facili da reperire; pone problemi di impatto ambientale che rendono difficile la sua accettazione; prevede un ampio uso del suolo, risorsa sempre più scarsa; comporta un continuo downgrading delle ‘vecchie’ tangenziali a semplici, ma molto ampie, strade urbane di difficile attraversamento, potrebbe portare ad un allargamento dell’area di congestione…

2.2.2 Corsie veloci a pagamento Una soluzione alternativa, particolarmente innovativa per l’esperienza europea, ma ampiamente diffusa negli Stati Uniti è la messa in opera di corsie veloci a pagamento, le cosiddette Express Toll Lane (ETL) che, pur non eliminando la congestione o la necessità di nuove infrastrutture per alcune direttrici, offrono ai guidatori, quando ne hanno davvero bisogno e quando il tempo ha per loro maggior valore, la possibilità di decidere di pagare un pedaggio (rispetto ad una strada senza pedaggio) o un pedaggio più alto (rispetto ad una strada a pagamento) per servirsi di percorsi relativamente poco congestionati e per poter contare su tempi di percorrenza affidabili. A differenza delle altre strade a pagamento, il pedaggio non è fissato, ma varia in base alle ore del giorno, ai giorni della settimana, al livello di domanda e di congestione. La tangenziale viene così a fornire un servizio complementare: la possibilità di scegliere tra pagare un pedaggio per evitare situazioni di congestione o di proseguire sul percorso tradizionale. Nel primo caso può utilizzare corsie (o tratti di corsia) riservate e con sistemi di riscossione senza rallentamenti e senza canalizzazione. L’attivazione di un sistema di corsie veloci facoltative a pagamento rappresenta un modo cost-effective per gestire la congestione, aumentare la capacità stradale, creare un sistema di trasporto regionale allargato e fornire la possibilità di optare per l’utilizzo di una struttura relativamente più scorrevole rispetto a quella tradizionale. Tra i vantaggi offerti dall’attivazione di Express Toll Lane, i diversi studi di fattibilità realizzati negli Stati Uniti sottolineano53: . la possibilità di fornire ai viaggiatori tempi di viaggio affidabili e previsti su percorsi meno congestionati; . la possibilità di assicurare flussi relativamente più scorrevoli, variando la tariffa; . l’attuabilità di Express Toll Lane indipendentemente dalla realizzazione di nuove infrastrutture: possono infatti coesistere sulla stessa strada, opportunamente adattata, o correre a lato di quelle già esistenti; . l’opportunità di sviluppare un sistema di autostrade che ottimizzano l’efficienza e massimizzano la flessibilità, assicurando una buona sostenibilità complessiva;

52 I nomi ufficiali sono Bundesautobahn 10 o BAB 10 o A10 per il primo e Bundesautobahn 100 per il secondo. 53 Tra i più complessi e articolati si distinguono gli studi del Dipartimento dei Trasporti della State Highway Administration (SHA) per valutare le possibili soluzioni ai problemi di traffico che interessano la Capital Beltway, una autostrada circolare che unisce percorsi locali, regionali e interstatali, connettendo un numero elevato di strade radiali, oltre a tre aeroporti (Baltimore-Washington International, Reagan National e Dulles), strutture ferrotranviarie (i servizi Metrorail e Metrobus di WMATA) e i terminal portuali del Servizio ferroviario pendolare del Maryland (MARC). 27

. i tempi relativamente brevi di implementazione di questa soluzione rispetto alla costruzione di nuove infrastrutture; . l’utilizzo delle corsie anche per soluzioni di autobus a trasporto rapido, così da favorire una maggiore intermodalità; . la generazione di entrate aggiuntive utilizzabili per la manutenzione e la gestione delle corsie veloci, oltre che per finanziare in parte la loro implementazione come dimostrano tutte le esperienze attivate negli Stati Uniti e qui prese in considerazione; . gli effetti positivi sull’ambiente per la riduzione delle emissioni e del bisogno di nuove, più ampie infrastrutture; . il miglioramento dei tempi di risposta in caso di incidenti e la più rapida soluzione di situazioni di crisi; . la possibilità di facilitare la riscossione del pagamento utilizzando da subito le più aggiornate tecnologie che consentono anche aggiustamenti delle tariffe in tempo reale e display che mostrano la tariffa applicata nel momento in cui il guidatore deve decidere se usare o meno la corsia veloce. Sempre sulla base delle esperienze statunitensi, va inoltre evidenziato che, pur trattandosi di una misura di road pricing, le corsie veloci a pagamento sono facilmente accettate dagli automobilisti: a differenza delle tariffe introdotte per abbattere la congestione, infatti, il guidatore ha una percezione immediata dei benefici che trae dall’uso di una Express Toll Lane che si configura ed è percepito come un servizio aggiuntivo alla tradizionale autostrada/tangenziale. L’automobilista, inoltre, può scegliere se fruire o meno di un servizio che gli consente di risparmiare tempo, che al momento dell’ingresso lui considera particolarmente prezioso, viaggiando con maggiore sicurezza e informazioni. Nel caso di un sistema di congestion charge può solo scegliere se usare o meno la sua vettura o se modificare il suo percorso, senza alcun beneficio immediatamente misurabile.

Schema di Express Toll Lanes sulla I-95 Capital Beltway Westpark Drive Access sulla Betway

Fonte: http://www.i-95expresstolllanes.com/project_overview/ Tratto di ETL realizzata sulla Belway in Maryland

In arancione i tratti ETL

Fonte: Maryland Transportation Authority (MDTA Fonte: http://capitalbeltway.mdprojects.com/

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Il tracciato della Capital Beltway Oltre ai progetti che interessano la Capital Beltaway54, altre ETL adottate o in corso di realizzazione negli Stati Uniti sono: la FasTrak sulla I-15 a San Diego; un tratto di 10 miglia sulla I-91 tra le contee di Orange e Riverside sempre in California; i 21.400 km a pagamento costruiti all’interno del corridoio autostradale TEXpress Lanes (Texas); le Georgia Express Toll Lanes che corrono lungo preesistenti autostrade nei tratti più congestionati dell’area metropolitana di Atlanta…

Fonte: http://capitalbeltway.mdprojects.com/

2.2.3 Le strutture di Park & Ride Una ulteriore soluzione che può contribuire a rendere più appetibile l’utilizzo delle tangenziali è la realizzazione di strutture per il parcheggio di interscambio o Park & Ride: poste in prossimità degli svincoli consentono infatti al guidatore proveniente da lunghe distanze di lasciare la macchina in un posteggio sicuro nei cui pressi trova fermate di mezzi pubblici diretti in centro città. Oltre che nodo di interscambio tra mezzi privati e mezzi pubblici, un Park & Ride può esssere anche un efficace terminale per linee di autobus suburbani ed extraurbani che raggiungono la città utilizzando autostrade e tangenziali. L’obiettivo principale di queste strutture è quello di intercettare il traffico privato diretto in centro, ma è innegabile che rappresentano un incentivo ad uso ‘corretto’ delle tangenziali da parte di chi, arrivando da lontano, può parcheggiare l’auto al primo Park & Ride che incontra e proseguire poi con modalità pubbliche di trasporto, senza dorversi destreggiare nel traffico cittadino. Corollario indispensabile è che i mezzi pubblici abbiano elevata velocità di percorrenza (sicuramente maggiore di quella che avrebbe l’automobilista), orari cadenzati e passaggi frequenti… La localizzazione dei Park & Ride deve essere programmata all’interno di un più generale piano dei trasporti, così da contribuire ad aumentare l’accessibilità e l’utilizzo della rete complessiva del sistema di mobilità di area vasta: devono incoraggiare gli automobilisti ad inserire i mezzi pubblici nelle loro decisioni di viaggio. Per favorire il loro utilizzo, i gestori di queste strutture (spesso le aziende pubbliche di gestistione del TPL) tendono ad applicare tariffe (molto) vantaggiose rispetto alle soluzioni alternative di parcheggio, spesso accompagnate da sconti/agevolazioni sul prezzo del biblietto del mezzo pubblico. Questo, naturalmente rende difficile la sostenibilità economica e finanziaria della loro realizzazione, manutenzione

54 La Capital Beltway è una autostrada circolare che unisce percorsi locali, regionali e interstatali, connettendo un numero elevato di strade radiali, oltre a tre aeroporti (Baltimore-Washington International, Reagan National, e Dulles), strutture ferrotranviarie (i servizi Metrorail e Metrobus di WMATA) e i terminal portuali del Servizio ferroviario pendolare del Maryland (MARC). 29 e gestione. Tanto più che, perché sia assicurato un buon livello di occupazione55, tali strutture devono assolutamente garantire un elevato livello di sicurezza a utilizzatori e veicoli: misure di sorveglianza con personale dedicato e/o con sistemi di videosorveglianza possono risultare costose sia in termini di implementazione che di successiva gestione. Con l’obiettivo di migliorare la sicurezza della struttura, di aumentarne l’attrattività complessiva e, più in generale, le entrate, sarebbe auspicabile la localizzazione all’interno del parcheggio di servizi all’auto (officine, autolavaggi, ricambi…); attività commerciali al dettaglio e attività per la ristorazione; attività funzionalmente legate al contesto ambientale... Va inoltre migliorata la segnaletica d’indirizzamento dalle direttrici autostradali e devono essere incrementate la comunicazione sulla localizzazione dei parcheggi, l’informazione in tempo reale sulla disponibilità di posti e la possibilità di prenotare il parcheggio in prossimità della tangenziale o ad inizio viaggio.

2.3 L’INTERMODALITÀ PER L’ACCESSO ALLE AREE METROPOLITANE

Il tema dell’intermodalità quale sistema di accesso alle aree metropolitane rappresenta, certamente, uno dei più pertinenti in ambito italiano, in ragione della dotazione infrastrutturale esistente, della conformazione del suo territorio e della generale struttura del suo tessuto urbano. Il primo aspetto da chiarire quando si tratta di intermodalità è il seguente: le stazioni di interfacciamento tra le autostrade e le aree metropolitane non sono solo luoghi fisici. Più precisamente, esse non rappresentano solamente un nodo di congiunzione tra infrastrutture lineari, ma anche di allaccio, e idealmente di prosecuzione coerente, tra servizi di trasporto diversi e complementari. Tale osservazione, solo apparentemente ordinaria, costituisce l’incipit logico per una considerazione altrettanto necessaria: affinché l’intermodalità si realizzi in termini compiuti ed efficienti è fondamentale curare l’offerta di: . infrastrutture di natura sia lineare (quali autostrade e metropolitane) sia puntuale (stazioni e posteggi), con la pianificazione di interventi di manutenzione adeguati. Se non si considera l’intermodalità in termini orchestrali, in cui ogni elemento, mobile o statico, è essenziale per il positivo risultato complessivo, si incorre nel rischio di un’autoreferenzialità delle infrastrutture, non dunque concepite in termini sistemici, bensì di autosufficienza. Un’eventuale negligenza nei piani di manutenzione, d’altro canto, determina il degrado delle stesse e, in ultima analisi, una riduzione della loro efficienza operativa; . servizi di trasporto puntuali e integrati nelle frequenze e nelle tariffe, con specifico riferimento al TPL su rotaia e su gomma. L’assenza di regolarità delle connessioni di trasporto e la scarsa integrazione tra le distinte soluzioni modali implica una non competitività (in termini di tempo e di costo) del trasporto intermodale rispetto alla modalità unicamente privata, con un perdita di domanda potenziale; . servizi complementari innovativi (di informazione, di prenotazione e di pagamento), la cui offerta genera nell’utenza una percezione dei collegamenti intermodali come affidabili, certi ed economicamente convenienti. Anche in questo caso, il rischio dell’indisponibilità di tali servizi implica la perdita di domanda potenziale. Tra le realtà internazionali più interessanti riguardo la realizzazione di collegamenti intermodali di servizio alle aree metropolitane, un ruolo primario è rivestito dalla Danimarca e, in particolare, dall’area della Greater Copenhagen, che l’OCSE ha riconosciuto come esemplare in ragione di un sistema di infrastrutture ampiamente sviluppato e di un elevato grado di accessibilità.

55 Non mancano nelle nostre città situazioni di ampio sottoutilizzo di queste strutture: a puro titolo di esempio si segnala la scarsa occupazione del parcheggio Stura a Torino, nonostante la sua localizzazione in corrispondenza dell’arrivo dell’autostrada Torino - Milano sul tracciato della linea 4. PUM della Città di Torino, 2010. 30

Attualmente il maggiore problema della città risiede nella congestione dei corridoi utilizzati dai pendolari; gli interventi previsti riguardano l’ampliamento delle grandi strade radiali e anulari e, per il futuro, è in progetto una nuova autostrada tra Copenaghen a Frederikssund. Nel dettaglio, per quanto concerne l’infrastruttura tangenziale, tra gli interventi di rilievo si citano: . l'espansione delle connessioni ad Ovest, con l’adeguamento del ring 4; . la creazione di un nuovo anello stradale nel corridoio tra Køge e Helsingør; . l’istituzione di un nuovo collegamento a Est e la realizzazione di un tunnel sotto il porto di Copenhagen. Parallelamente, nell’ottica di una politica “verde” dei trasporti, il Governo locale ha approvato la costruzione de: . la nuova linea metropolitana “Metro City Circle”; . il nuovo collegamento ferroviario tra Copenaghen e Ringsted, via Køge; e lo sviluppo de: . il servizio ferroviario tra Helsingør e Roskilde; . la capacità e la struttura delle stazioni di Copenhagen; . i collegamenti con metropolitana leggera o con servizi di TPL su gomma di alta qualità all’interno del Ring 3.

Copenhagen. Gli interventi infrastrutturali in progetto

Fonte: http://www.trm.dk/

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Come anticipato, l’intermodalità si compone di infrastrutture sia lineari sia puntuali, quali i posteggi; l’effettiva fruibilità di questi ultimi, in termini di orario di apertura, di disponibilità degli stalli, di accessibilità e di sicurezza, costituisce un anello significativo nel trasferimento della domanda di trasporto dal mezzo privato a un mezzo condiviso e organizzato, quale quello pubblico. Il portale parkandride.net, diffuso in Gran Bretagna, consente agli automobilisti di consultare sui propri device un elenco di posteggi scambiatori situati nell’intero territorio nazionale; alla selezione del parcheggio segue la visualizzazione di una mappa di dettaglio, che suggerisce la miglior via per il suo raggiungimento. Accanto a ciò e alle caratteristiche del parcheggio, nell’ottica di favorire l’intermodalità di trasporto per l’accesso alle aree metropolitane inglesi il sito fornisce indicazioni in merito all’orario e ai prezzi dei bus (specificando la disponibilità di tariffe speciali e di promozioni), informazioni sugli eventi locali, notizie riguardanti eventuali modifiche dei servizi di trasporto. Un’analoga efficienza, orientata al trasferimento degli spostamenti di natura pendolare o turistica dal mezzo privato al TPL, è riscontrata anche nella città di Amsterdam. Se si analizzano le ragioni che, in Italia, suggeriscono la realizzazione di forme di intermodalità per l’accesso alle aree metropolitane, si notano alcune importanti differenze tra il Nord e il Sud del Paese. In effetti, nelle regioni settentrionali il fabbisogno di infrastrutture e di servizi deriva generalmente dalla congestione della rete esistente. Nel dettaglio, le esternalità negative prodotte da un governo deficitario della mobilità impediscono la crescita delle imprese esistenti e l’avvio di nuove iniziative; in tale scenario, un intervento a favore dell’intermodalità consentirebbe la rimozione di diseconomie e di barriere strutturali. Diversamente, nel Sud Italia il fabbisogno di infrastrutture e di servizi nasce dalla loro attuale insufficienza e la realizzazione di forme di intermodalità potrebbe facilitare la creazione di nuove realtà di impresa. Il Piano di Governo del Territorio di Milano del 2012, a tale proposito, ha inteso adeguare la città a un ideale multicentrico, mediante un processo di conversione dei trasporti ispirato a principi di sostenibilità ambientale; in quanto metropoli di valenza europea, in particolare, Milano si è dimostrata determinata nell’introduzione di strumenti di pricing urbano, quali l’ecopass e l’area C, finalizzati alla riduzione delle esternalità ambientali della mobilità privata attraverso il trasferimento della domanda di viaggio verso il servizio pubblico. Anche Napoli ha realizzato importanti interventi a favore della mobilità sostenibile, in particolare in occasione della America’s Cup World Series ospitata nel 2012; oltre all’apertura della stazione della metropolitana di Toledo, è importante ricordare, a tale proposito, la riqualificazione delle aree di stazione ferroviarie, l’istituzione della ZTL, il completamento e il potenziamento delle linee su ferro, tra cui la Napoli- Bari. Accanto ai temi sviluppati nel presente paragrafo, una terza osservazione è sintetizzabile nella seguente formula: l’intermodalità non è una catena a due anelli, ma un reticolo a più nodi. In una prospettiva di trasformazione delle città in entità multipolari, con una crescente distribuzione dei servizi e delle funzioni tra più centri, l’accessibilità postula un’elevata integrazione, in luogo della competizione, tra macro e micromobilità, come illustrato nello schema sottostante.

L’intermodalità come reticolo di connessioni di trasporto TPL urbano/ minicar Autostrade BRT/metropolitana elettriche/ biciclette/ 1 2 percorsi pedonali… sci di fondo

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Il progetto Parigi 2030 si ispira al principio di multipolarità delle città e prevede l’offerta di buone connessioni di trasporto all’interno della corona urbana; l’obiettivo del progetto è la decongestione del centro metropolitano e la distribuzione delle diverse funzioni nelle aree periferiche, mediante la definizione di nuovi poli funzionali, residenziali o “verdi”, destinati cioè a parchi o giardini urbani. Il successo di tale esperienza è strettamente dipendente dalla realizzazione di una rete di trasporti integrata, efficiente e capillare, al cui estremo si collocano le ecostazioni, intese come punti di accesso a forme di mobilità sostenibili, quali le biciclette, le microvetture e i microbus elettrici, anche a guida automatica. Il tema dell’integrazione tra macro e micromobilità non costituisce un argomento isolato nella pianificazione dei trasporti in Europa e, più in generale, all’estero; si tratta, ad esempio, del principio ispiratore dei più recenti interventi di potenziamento del sistema di mobilità a Istanbul e a Perm, in Russia, dove la micromobilità coinvolge la bicicletta durante la stagione estiva e lo sci di fondo in inverno. Il caso di Londra appare ulteriormente interessante, poiché nelle aree di maggiore richiamo commerciale, quali Piccadilly Circus e Oxford Street, i viali principali sono dedicati al trasporto pubblico, mentre le vie laterali sono chiuse al traffico automobilistico e prive di posteggi; una pianificazione dei trasporti così orientata ha amplificato l’attrattività delle aree coinvolte, in termini non solo commerciali, ma anche turistici e professionali. In particolare, la dotazione urbana di corsie e di semafori preferenziali destinati al trasporto pubblico determina benefici socio-economici sia per la collettività sia per le imprese di TPL. Nel primo caso i vantaggi riguardano, essenzialmente, la riduzione dei tempi di viaggio; nel secondo, e con riferimento a un’azienda TPL di grandi dimensioni, è interessante sottolineare che l’incremento della velocità commerciale media permette un risparmio dei costi operativi stimabile in circa 150-180 milioni di Euro l’anno per ogni Km/h di velocità recuperato. Secondo le stime di Bain & Company, inoltre, un risparmio economico del 30% è conseguibile nel TPL a seguito di un aumento della velocità di viaggio pari al 50%. Un ultimo tema inerente la micromobilità riguarda la recente realizzazione di living street o zone 30 in Austria, Belgio, Francia e Germania, le quali si propongono di sottrarre strade pubbliche al traffico per destinarle ai pedoni e trasformarle, in particolare, in luoghi di aggregazione e per il tempo libero. Nelle living street sono imposti limiti di velocità estremamente contenuti (ad esempio, di 6 Km/ora). Alla luce di quanto esposto, appare evidente che l’ambito dell’intermodalità è attualmente in forte evoluzione e offre notevoli occasioni di investimento, sia in Italia sia all’estero; più in generale, è fondato affermare che nuovi ruoli e nuove opportunità si stanno definendo nella creazione di servizi per la mobilità verso e all’interno delle aree metropolitane. Tra di essi si citano il car sharing, cui si riferiscono le esperienze di: . ENI a Milano, Roma e Firenze; . Car2Go a Milano e Roma; . GuidaMi a Milano; il bikesharing, implementato in particolare nel capoluogo milanese, e i microbus elettrici attivi a Rotterdam e ad Antibes e coinvolti nell’offerta di microcollegamenti nelle aree periferiche delle città. Il successo nel perseguimento dell’accessibilità delle aree metropolitane mediante forme di intermodalità richiede, inoltre, una pianificazione parallela, integrata e strategica del territorio, dei trasporti, delle politiche per il lavoro e per il commercio. Un esempio, in tal senso, è costituito dal Transit Oriented Development (TOD), il quale presuppone uno sviluppo dei quartieri residenziali e/o commerciali intorno all’utilizzo del trasporto pubblico, mediante l’obbligo di localizzazione degli uffici più grandi nei pressi delle stazioni o gli incentivi e i vincoli all’aumento della densità degli insediamenti.

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In ultimo, occorre riconoscere che la realizzazione dell’intermodalità modale pone importanti sfide di governance per il futuro; a tale proposito, l’esperienza della Grande Londra, della Comunità di Madrid, della regione Île-de-France e della Contea di Stoccolma, ad esempio, suggerisce forme di amministrazione ampie della mobilità nelle aree metropolitane, la cui pratica richiede una razionalità della visione e dell’organizzazione della rete dei trasporti, una flessibilità dell’offerta e il coinvolgimento dei diversi operatori e della collettività. Le diverse forme istituzionali, inoltre, possono assumere poteri di pianificazione e di attuazione di strategie economiche, territoriali e dei trasporti come, in termini più limitati, funzioni meramente consultive.

2.4 LE TECNOLOGIE PER MIGLIORARE L’EFFICIENZA DEI TRASPORTI

Già nel Libro Bianco “La Politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte”56, la Commissione Europea riportava, tra gli effetti ottenuti dall’introduzione dei primi Sistemi di Trasporto Intelligente, riduzioni intorno al 20% dei tempi di spostamento, aumenti nella capacità della rete dell’ordine del 5-10% e miglioramenti nella sicurezza stradale dell’ordine del 10-15%. Nella Direttiva europea 2010/40/UE gli ITS vengono considerati strategici per la gestione della mobilità a livello europeo e nelle interfacce tra modi di trasporto57. Nel suo più recente Libro Bianco sui trasporti, la Commissione Europea auspica la “diffusione dei sistemi di mobilità intelligente, quali […] gli ITS e soluzioni interoperabili interconnesse per i sistemi di informazione e gestione del traffico multimodale di nuova generazione (anche per la tariffazione)”. Particolarmente rilevante, all’interno del documento, è l’accento posto sulla necessità che “l’innovazione e l’applicazione delle innovazioni devono essere sostenute da un adeguato quadro normativo”. Raccomanda poi che siano “ampiamente disponibili informazioni relative a tutti i modi di trasporto (passeggeri e merci), alle possibilità di un loro uso combinato e al loro impatto ambientale. Essenziale sarà l’utilizzo di ‘biglietti intelligenti’ intermodali basati su norme comuni dell’Unione europea e che ne rispettino le regole di concorrenza. […] Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione presentano inoltre la possibilità di soddisfare determinate esigenze di accessibilità senza dover aumentare la mobilità”58 . Le esperienze condotte negli ultimi anni in numerosi paesi hanno del resto dimostrato ampiamente che la realizzazione di nuove infrastrutture di trasporto non è sufficiente e, spesso neppure efficace, nel dare risposta alla domanda di mobilità né alla crescente richiesta di servizi di trasporto differenziati e personalizzati. Le nuove tecnologie possono rappresentare un aiuto efficace − certamente non il solo − alla soluzione della congestione dentro e intorno alle aree metropolitane e concorrere all’affermarsi di modelli multimodali di trasporto e all’incremento della sicurezza stradale. Nello stesso tempo, le nuove tecnologie hanno avviato trasformazioni radicali nelle stesse motivazioni di viaggio, nelle modalità di spostamento e nelle destinazioni scelte tanto che, negli ultimi anni, i trasporti tendono ad essere sempre meno connessi alle sole infrastrutture fisiche e sempre più integrate all’informazione e all’informatica: le infrastrutture si trasformano e diventano veicolo di nuovi servizi. L’insieme delle tecnologie informative oggi disponibile e, a maggior ragione, i suoi potenziali sviluppi rendono possibile l’adozione di sistemi per la gestione dinamica del traffico e di controllo delle situazioni di congestione, l’implementazione di soluzioni integrate per la trasmissione e condivisione delle informazioni al cittadino e tra gestori; la gestione integrata di sistemi di tariffazione, di pagamento, di identificazione e

56 Commissione Europea (2001). 57 L’Italia ha recepito la Direttiva con l’Art.8 del Decreto Legge del 18 Ottobre 2012 n. 179, e con il Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 1 Febbraio 2013 sulla Diffusione dei sistemi di trasporto intelligenti (ITS) in Italia. 58 Commissione Europea (2010). 34 monitoraggio dei comportamenti dell’utenza… Tutto, o quasi, può essere monitorato e gestito in modo efficiente: dai sistemi per la gestione dinamica delle aree a traffico limitato e dei versi di percorrenza, alle piattaforme di supporto al controllo del traffico e alla semaforica. Nelle politiche per perseguire più elevati standard di efficienza e sostenibilità del modello di mobilità (di persone e merci), una componente applicativa, informativa e logica si sta affiancando con crescente importanza all’aumento quantitativo dell’offerta di trasporto e della sua articolazione qualitativa59. L’introduzione dei cosiddetti Sistemi di Trasporto Intelligente (ITS) rendono infatti possibile un approccio integrato ai problemi del traffico sia a scala urbana che regionale, consentendo un uso più efficiente delle infrastrutture, dei veicoli pubblici e privati e delle piattaforme logistiche con benefici pervasivi che contribuiscono in buona misura all’aumento della qualità della vita. In generale, i sistemi ITS rappresentano uno strumento fondamentale nella gestione operativa e un ottimo supporto alle decisioni strategiche in merito alla mobilità cittadina e di area vasta. La rilevazione di dati da parte di sensori e istallazioni permette di individuare le aree critiche, definendo la tipologia di tali criticità, l’incidenza oraria e giornaliera così da poter pianificare soluzioni puntuali di mitigazione delle criticità, attuare interventi rapidi e soprattutto prendere le migliori decisioni per governare i processi di mobilità. La crescente richiesta di ‘accesso senza soluzione di continuità’ al trasporto multi-modale suggerisce l’adozione di un’unica piattaforma digitale che consenta facilità d’uso, affidabilità e utilizzo di punti di connessione virtuali e fisici per la scelta e l’uso dei mezzi di trasporto multi-modale. Per evitare sovrapposizioni e, quindi, non tollerabili sprechi, è fondamentale che il processo di innesto di innovazioni sia guidato da ponderati e condivisi orientamenti tra gli operatori coinvolti; dall’adozione di scelte preventive che limitino il proliferare di soluzioni tecniche diverse, ma simili; dalla condivisione di obiettivi di flessibilità e interazione tra soluzioni top down e botton up con un forte approccio sistemico che metta in sinergia informazione, gestione e controllo. E questa dovrebbe essere una linea guida non solo locale, ma nazionale ed europea: non a caso, nel suo piano d’azione per la diffusione delle ITS, la Commissione europea raccomanda che sia assicurata la continuità dei servizi ITS di gestione del traffico e del trasporto merci nei corridoi di trasporto europei e negli agglomerati urbani grazie ad un quadro comune e si sviluppi un’efficace cooperazione e coordinamento di tutte le parti coinvolte a livello europeo, soprattutto attraverso un comune quadro giuridico. I campi sui quali le nuove tecnologie possono/devono intervenire sono riconducibili a: . le infrastrutture, per assicurare il monitoraggio sull’intera rete stradale, per lo sviluppo dell’infomobilità, per assicurare l’aumento del livello di sicurezza stradale…; . il servizio di trasporto pubblico, in grave crisi di risorse, dove gli ITS possono contribuire ad aumentare la velocità commerciale, migliorare la gestione e in generale l’efficienza e la qualità del servizio; . il trasporto merci, dove occorre predisporre il contesto normativo che renda obbligatorio l’uso di sistemi ITS per la gestione delle flotte, per il trasporto multimodale di merci, per la gestione della city logistic…; . i nodi di scambio, per i quali è fondamentale assicurare la continuità dei servizi ITS tra i diversi modi; . le connected car, area ancora di ricerca e sviluppo, ma che sono considerate elemento ormai certo del prossimo futuro, a partire dalla considerazione che le comunicazioni wireless permetteranno al veicolo di diventare un sensore in movimento in grado di fornire e ricevere informazioni sulle situazioni locali di traffico e sulla loro evoluzione, attraverso i sistemi veicolo-infrastruttura e veicolo-veicolo integrandosi con i servizi eCall e con le scatole nere assicurative. Dall’esperienza ormai decennale nell’applicazione delle nuove tecnologie alla gestione integrata del traffico emergono come fattori di successo: . la flessibilità operativa delle soluzioni implementate per permettere risposte dinamiche alle esigenze in continuo cambiamento degli utilizzatori;

59 Cfr. Eurispes (2014). 35

. l’adozione di una piattaforma aperta e modulare che assicuri affidabilità, qualità, soddisfazione del cliente e efficienza dei costi; . l’uso di sistemi neutrali e garanti della riservatezza; . l’accettazione e il coinvolgimento, quando possibile, degli utilizzatori nella progettazione del sistema; . il coinvolgimento dell’industria e della ricerca; . la presenza di una adeguata massa critica di utilizzatori; . l’integrazione tra sistemi; . l’impegno condiviso e la cooperazione di tutti gli stakeholder coinvolti60. Elemento critico che per ora rende meno efficace, rispetto alle potenzialità offerte dalle tecnologie stesse, l’adozione di Sistemi di Trasporto Intelligente è la ancora difficile integrazione dei sistemi di tariffazione, soluzione che permetterebbe di assicurare al viaggiatore la possibilità di accedere a servizi diversificati, offerti da diversi player; di effettuare pagamenti elettronici in tutte le circostanze; di calcolare prima del viaggio il costo complessivo del commuting multimodale; di essere informato sulla disponibilità degli stalli di sosta e poterli prenotare, ecc. “Un modello tariffario integrato, esteso ed obbligatorio, favorirebbe innanzitutto, ad esempio, la perimetrazione di un sistema commerciale chiuso che consenta di finanziare una scontistica per gli utilizzatori frequenti attraverso il premium pricing ottenuto con quelli occasionali. Una integrazione infrastrutturale ed applicativa consente inoltre di disegnare il modello reddituale sulla base, ad esempio, degli stili di utilizzo, sulle percorrenze, sulle zone servite. Infine, l’aspetto nuovo costituito dalla evoluzione dei device individuali introdurrebbe fattori di trasparenza, di dematerializzazione dei pagamenti, di customer care prima inimmaginabili”61. In particolare, una buona gestione dell’ampio sistema di conoscenza reso possibile dalla tecnologia consente ad operatori e gestori di infrastrutture vantaggi competitivi riconducibili a: . aumento della customer satisfaction: le informazioni non sono più indifferenziate, ma personalizzate e basate essenzialmente sulla segmentazione della clientela, sulle previsioni di percorrenza e su sistemi di alerting preventivi e geolocalizzati. L’uso della tecnologia consente di fornire informazioni di viaggio integrate, localizzate, multi-modali, in tempo reale e avvisi per dispositivi mobili individuali; le informazioni possono anche essere adattate alle esigenze specifiche di un individuo; . maggiore affidabilità delle informazioni e del servizio, sia nella fase di gestione real time che previsionali in occasione della gestione di eventi; . maggiore efficienza nella gestione degli assett e delle risorse impegnate sul territorio; . maggiore sicurezza del servizio e dell’utenza. Uno dei primi utilizzi delle tecnologie informatiche ha facilitato anche in Italia l’introduzione di Zone a Traffico Limitato grazie all’installazione di strumenti di controllo e di tecnologie di tariffazione che ha consentito di modulare tariffe e divieti sulla base di finestre orarie, di limitazioni in base a carico e lunghezza dei veicoli o anche della tipologia delle motorizzazioni. In Italia, con diverse modalità di gestione, Zone a Traffico Limitato sono attive a Milano e a Roma tra le grandi aree metropolitane; Vicenza, Padova e Bergamo per ricordare solo alcuni degli esempi in capoluoghi di minore dimensione. A fronte di impatti positivi su diversi fattori di criticità del traffico, le aree ZTL richiedono livelli di investimento infrastrutturale modesti e sistemi di controllo sia elettronico che umano che risultano più onerosi, ma non particolarmente complessi e comunque ampiamente ripagantisi nel breve periodo62.

60 Alcuni casi emblematici di successo riconducili a ciascuno di questi campi sono riportati in Antoniou C. (2009). 61 Eurispes (2014), pag. 12. Un esempio interessante di sistema di integrazione tariffaria è stato istituito dalla Provincia di Torino, d’intesa con Regione Piemonte, Comune di Torino, G.T.T., Trenitalia e altre 27 aziende esercenti. Denominato Formula, il servizio è articolato ad anelli concentrici su un territorio che si estende per oltre 40 chilometri da Torino, con prolungamenti verso direttrici di interesse regionale. L’implementazione del sistema di integrazione tariffaria ha sinora richiesto un investimento di 27 milioni di euro. 62 Eurispes (2014). 36

L’applicazione delle nuove tecnologie può risultare particolarmente utile nella gestione di un nodo di interscambio intermodale dove può consentire l’offerta di soluzioni per l’interazione intelligente ed efficiente dell’interscambio tra flussi di diversa natura. Per i pendolari giornalieri il fattore più importante è avere indicazioni affidabili e in tempo reale sulle condizioni della rete di trasporto; ai turisti può interessare anche la disponibilità di informazioni (localizzazione, aggiornamenti, notizie sui luoghi turistici); per tutti gli utilizzatori sono cruciali la sicurezza e la possibilità di trascorrere in modo utile eventuali tempi di attesa prima o dopo il viaggio63. Punti di interscambio progettati e gestiti con l’utilizzo di soluzioni tecnologiche innovative consentono di: . minimizzare l’affollamento e la congestione; . utilizzare in modo efficiente lo spazio (con negozi e spazi pubblicitari, ad esempio); . assicurare percorsi brevi e accessi più adatti per i diversi gruppi di utilizzatori; . creare le condizioni per integrare le informazioni di viaggio; . facilitare l’applicazione di sistemi di ticketing integrato; . aumentare la suddivisione modale del trasporto pubblico e privato A puro titolo esemplificativo, si riportano alcune soluzioni rese possibili dall’applicazione di ITS.

2.4.1 Il Traffic Management Centre Per assicurare il miglior coordinamento tra iniziative pubbliche e private nella gestione di tutti gli aspetti di gestione efficiente del traffico ai diversi livelli territoriali è divenuta ormai strategica l’implementazione di un Traffic Management Centre (TMC). Una sorta di cabina di regia che offre informazioni gratuite e in tempo reale sulla situazione del network di autostrade e strade di grande comunicazione e sui sistemi intermodali, consentendo ai conducenti di pianificare i percorsi e di evitare aree congestionate; assicura non solo il monitoraggio del traffico, ma anche una modellizzazione in tempo reale dei flussi di traffico; offre complete informazioni intermodali. Tra le prime esperienze di TMC si distingue il Regional Traffic Information Centre (RegioTIC), avviato nel 1996 dalla città di Rotterdam e che è oggi in grado di fornire complete informazioni intermodali a scala regionale. Il National Traffic Control Centre (NTCC) nato nel 2006 nel West Midlands (UK) è il risultato di una Private Finance Initiative (PFI)64, all’interno delle politiche di Public Private Partnership (PPP) del Governo UK. Ha tra i principali obiettivi la riduzione della congestione e il miglioramento dell’affidabilità del tempo di viaggio. Particolarmente interessante per le potenzialità di espansione addirittura a livello nazionale è il Sistema IFM promosso dall’Associazione tedesca VDV che raggruppa più di 400 operatori di trasporto pubblico. Il sistema, avviato a Berlino, è oggi esteso all’area vasta del Brandeburgo (VBB-Verkehesverbund Berlin-Brandenburg) e ha l’obiettivo di arrivare alla fornitura di un servizio interoperabile e standardizzato a livello nazionale65. Uno studio, realizzato in California con il finanziamento del US Department of Transportation e del California Department of Transportation ha dimostrato la fattibilità tecnica dell’applicazione su larga scala di sistemi di monitoraggio del traffico, utilizzando dati provenienti da telefoni cellulari con GPS66 e la possibilità per il mondo accademico, l’industria e i soggetti pubblici di lavorare insieme, ‘protetti’ da un adeguato strumento di tutela della proprietà intellettuale appositamente messo a punto. Lo studio ha anche dimostrato che, con la quantità di informazioni fornite dal sistema di monitoraggio, sarebbe possibile integrare tutte le infrastrutture esistenti del Dipartimento dei Trasporti californiano così da offrire migliori servizi informativi relativi agli spostamenti di passeggeri e merci, fornendo agli attori del trasporto pubblico

63 Berki Z. et al. (2014). 64 Il centro è costato £ 160 milioni e copre quasi 8.260 km della rete stradale primaria in Inghilterra. 65 Ancitel S.p.A. (2006). 66 Cfr. Mobile Millennium (2011). In particolare, il progetto ha messo a punto modelli di rilevazione e monitoraggio per il traffico autostradale e delle altre principali arterie. 37 e privato una visione integrata dell’intera rete di trasporto, un sistema esaustivo di informazioni sul traffico che potrebbe essere utilizzato su scala globale67. In Italia68 l’esperienza di maggior successo è il Sistema Tecnologie Telematiche Trasporti Traffico Torino (conosciuto come Consorzio 5T) realizzato nel capoluogo piemontese da una società a partecipazione pubblica che gestisce la centrale operativa di monitoraggio del traffico dell’area metropolitana torinese, integrata con il sistema di monitoraggio dei mezzi di trasporto pubblico locale, al fine di migliorare la fluidità del traffico e le prestazioni del trasporto pubblico. La società 5T è uno dei principali soggetti attuatori del Piano Regionale dell’Infomobilità che, partendo dall'esperienza del Traffic Operation Centre (TOC) attivato per i Giochi Olimpici Invernali di Torino 2006, sta realizzando l’estensione all’intero territorio regionale del sistema di monitoraggio ed informazione sul traffico e sta coordinando il progetto BIP (Biglietto Integrato Piemonte) per l’introduzione di un’unica carta contactless per l’acquisto di servizi di mobilità. Esperienza interessante, ma al momento circoscritta al trasporto pubblico è il sistema integrato di infomobilità dell’Area Vasta di Cagliari che coinvolge il personale dei Comuni di Cagliari, Quartu S. Elena, Selargius, Elmas, Assemini, Decimomannu e dell’azienda di trasporto pubblico locale CTM S.p.A69.

2.4.2 L’Integrated Corridor Management Un Integrated Corridor Management, o ICM, è il risultato dello sforzo di collaborazione messo in atto da più soggetti per la gestione complessiva del traffico lungo un ‘corridoio integrato’. L’ampiezza e la difficoltà di un progetto ICM deriva dalla versatilità sia della compagine che lo realizza che delle tecnologie ITS disponibili. La sua complessità, infatti, ingloba la complessità di tutti i sottosistemi incorporati e richiede l’integrazione e la sincronizzazione in una unica realtà di tutte le gestioni e le prestazioni di quei sottosistemi. Con l’attivazione di un Integrated Corridor Management la gestione delle attività di trasporto cambia approccio70: i diversi partner sono chiamati ad abbandonare la conduzione delle singole parti di loro competenza e a gestire insieme il ‘sistema unico corridoio integrato’ con l’obiettivo comune di assicurare i maggiori vantaggi potenziali in termini operativi.. I sottosistemi che devono essere convogliati in un ICM includono infrastrutture differenti (ad esempio autostrade, rampe, strade locali…), diverse modalità di trasporto (autovetture, autobus, metropolitana leggera…) e diversi sistemi di controllo (luci di segnalazione, pannelli a messaggio variabile, rilevatori di velocità…). Ciascun sottosistema poi utilizza diverse strategie di gestione del traffico per ridurre la congestione nei trasporti. Gli ICM sfruttano tecnologie e partnership per massimizzare gli effetti di attività e risorse esistenti per il miglioramento dei trasporti di una intera regione: un ICM si basa sulla condivisione delle informazioni e dei sistemi operativi per fornire azioni integrate lungo vari corridoi all’interno di una regione. I vantaggi degli ICM includono, tra gli altri: . un approccio che comprende tutti i modi di trasporto presenti in un ‘corridoio’ in cui possono ‘viaggiare’ automobili, autobus, tram, biciclette e pedoni…

67 Un esempio di successo dei vantaggi di un tale approccio è dato dalla I-95 Corridor Coalition. Istituita formalmente nel 1993, è un’alleanza di agenzie pubbliche di trasporto, autorità di pedaggio e organizzazioni correlate, compresa la Pubblica Sicurezza e che si estende dallo Stato del Maine allo Stato della Florida, con membri affiliati anche in Canada. La Coalizione fornisce ai decisori politici un forum dove prendere collegialmente decisioni chiave per affrontare i problemi di gestione dei trasporti e operazioni di interesse comune. Questa organizzazione volontaria permette a una miriade di enti statali, regionali e locali di lavorare insieme per migliorare le prestazioni del sistema di trasporto in modo di gran lunga più efficiente di quanto potessero fare individualmente. 68 Altre esperienze di rilievo si sono sviluppate a Roma, Milano, Perugia, Trieste, Genova... 69 Il sistema è stato finanziato con 28,4 milioni di euro dalla Regione Sardegna e copre un’area di circa 400 kmq e una popolazione residente di circa 380.000 abitanti. 70 Cfr. Bayen A., Harrington M. (2014). 38

. la possibilità di ottimizzare l’uso delle infrastrutture e delle modalità di trasporto esistenti, colmando il divario tra i diversi sistemi così che le diverse agenzie di trasporto possano utilizzare al meglio la capacità presente lungo più reti, indirizzando i guidatori verso strutture sottoutilizzate; . una ridotta congestione e flussi di traffico più sicuri sulle autostrade e sulle arterie urbane, . una maggiore prevedibilità e affidabilità del tempo di viaggio per automobilisti e merci, . un più veloce re-instradamento del traffico a seguito di un incidente in autostrada o su strade urbane: guidando in un corridoio integrato, un guidatore può essere informato in anticipo di una situazione di congestione su quella strada e avere suggerimenti sulle possibili opzioni per proseguire il viaggio con il proprio mezzo o usando altre soluzioni di trasporto di cui vengono indicate localizzazioni, tempi, costi, disponibilità di parcheggio, ecc. . una riduzione degli incidenti causati da strozzature e una più efficace risposta agli incidenti stessi, . una migliore informazione sui transiti dei mezzi di trasporto collettivi e tempi di percorrenza più veloci attraverso ai sistemi di priorità delle segnaletica; . una riduzione delle emissioni grazie al minor traffico e al maggiore utilizzo di trasporto pubblico e multimodale; . …

Un esempio dei diversi asset che Schema degli asset integrati in ICM negli Stati Uniti possono essere integrati in un ICM è dato dallo schema riassuntivo delle diverse infrastrutture, modalità di trasporto e operative che sono state integrate negli otto progetti pilota portati a termine dall’U.S. A seguito dei risultati di successo ottenuti dagli ICM pilota istituiti negli Stati Uniti, sono in fase di sviluppo corridoi integrati a71: . Oakland: I-80 Corridor . California/Oregon Advanced Transportation Systems (COATS): I-5 and US97/OR 58 Fonte: U.S. Department of Transportation - ITS Joint Program Office . Detroit: I-75 Corridor . Gary-Chicago-Milwaukee ITS Priority Corridor . Niagara International Transportation Technology Coalition (NITTEC) . Phoenix: I-10 Corridor . Tri-State Integrated Corridor Management System (California, Oregon, and Nevada)

71 Maggiori informazioni sono reperibili sul sito dell’U.S. Department of Transportation (US DOT). Il programma di implementazione delle iniziative ICM avviato dall’US DOT ha una durata di sette anni e prevede 4 fasi di programmazione, verifiche della fattibilità, test e monitoraggi. L’obiettivo del programma è di promuovere l’innovazione nello sviluppo di nuovi approcci per la gestione più efficiente degli asset presenti in un corridoio per poter identificare e promuovere gli approcci migliori per supportare gli sforzi del paese per ridurre la congestione del traffico. 39

ICM di Dallas San Diego I-15 ICM Project

Corridoio Limite di influenza dell'ICM Fonte: Koorosb Olyai, DART Fonte: San Diego Association of Governments (SANDAG)

2.4.3 Le autostrade per veicoli elettrici e l’autostrada ‘elettrica’ Particolarmente diffuse nelle soluzioni di car sharing, le auto elettriche sembrano destinate ad avere, in un prossimo futuro, una discreta diffusione anche per il trasporto privato. Lo sviluppo di questi veicoli di nuova generazione è, infatti, al centro dei programmi di ricerca dei principali costruttori automobilistici72, impegnati a sviluppare soluzioni che affrontino i due maggiori ostacoli alla diffusione di queste auto: l’efficienza dei motori e il loro costo, da un lato; l’approvvigionamento e la ricarica dei veicoli, dall’altro. Per superare quest’ultimo problema sono in corso diversi progetti che prevedono l’installazione di punti di ricarica lungo le autostrade. La maggiore concentrazione di iniziative in questa direzione è in corso negli Stati Uniti: in California − dove le vendite di auto elettriche dal 2010 hanno superato le 100.000 unità – fa scuola il progetto West Coast Green/Electric Highway, promosso dai governi di quattro Stati, è in avanzata fase di realizzazione e prevede l’installazione di una rete di stazioni di ricarica per veicoli elettrici (EV) situate ogni 30 km circa, lungo il corridoio di quasi 2.220 km dell’autostrada I-5/Hwy 99 che va dalla British Columbia-Canada alla Baja California-Mexico ‘BC to BC’, lungo tutta la costa Ovest. I punti di rifornimento sono attrezzati in modo da assicurare una ricarica veloce, in meno di 30 minuti73. In Gran Bretagna, Ecotricity – società specializzata nella distribuzione di energia ‘pulita’ – in collaborazione con Welcome Break, il secondo operatore britannico nelle aree di servizio autostradali, ha iniziato nel 2011

72 Tra le case automobilistiche impegnate nella ricerca/produzione di auto elettriche si distinguono BMW, Daimler, Ford, Honda, General Motors, Kia, Nissan, Tesla e Toyota. 73 Il sistema di ricarca CHAdeMO (CHArge de Move) adottato in Gran Bretagna riduce a 20 minuti i tempi di ricarica. 40 l’installazione di punti di ricarica lungo le autostrade britanniche dove ad oggi sono installati 170 punti di rifornimento veloce che coprono il 90% delle autostrade del Regno74. In Olanda, la Postcode Loterij (la Lotteria Nazionale) ha finanziato un progetto per rendere ‘elettrica’ l’A15 Rotterdam-Ludwigshafen am Rhein, autostrada di 160 km che va dalla Germania a Rotterdam. Promosso dall’Associazione ambientalista Milieudefensie il progetto coinvolge anche la società di autonoleggio Atlhon e l’ENECO Group, società di produzione e fornitura di energia. L’energia prodotta per la ricarica è fornita da pannelli fotovoltaici installati lungo le barriere antirumore, sui tetti dei capannoni e degli edifici circostanti l’autostrada e da 3 wind farm costruite ad hoc. Altra iniziativa europea che punta alla realizzazione di un’autostrada elettrica è quella che va sotto il nome di VIBRATe, ovvero Vienna-Bratislava eMobility. Si tratta di un progetto che IBM sta realizzando in collaborazione con Západoslovenská energetika (ZSE), distributore e fornitore di energia elettrica slovacco e parte del gruppo E.On, con un’organizzazione non-profit (Energetické centrum Bratislava), tre compagnie austriache di distribuzione (Verbund, EVN e Wien Energie) e il supporto dell’Unione europea. L’autostrada tra Bratislava e Vienna ha un percorso di 79 km e 9 punti di ricarica, tale da permettere l’impiego delle auto elettriche anche fuori dalle aree urbane. In Italia, l’installazione di ‘colonnine’ di ricarica rapida per veicoli elettrici in rete autostradale è ancora sporadica e riguarda impianti puntuali, senza uno schema di rete. Nel marzo 2013 è così stata inaugurata una colonnina di ricarica presso l’Autogrill Villoresi Est, sull’autostrada A8 Milano-Varese; a settembre 2014 è stata aperta a Dorno (Pavia), sulla A7 Milano-Genova, una stazione di ricarica per auto elettriche attrezzata con il sistema di ricarica ultraveloce di Tesla Motor che assicura all’auto un’autonomia di 3-400 km75. Se, con i punti di ricarica veloce, le autostrade si aprono all’uso delle auto a trazione elettrica, un progetto da poco avviato negli Stati Uniti sta testando la fattibilità di rendere possibile la percorrenza di autostrade a camion a trazione elettrica alimentati da cavi aerei. Ad agosto 2014, la South Coast Air Quality Rendering del progetto di e-Highway Management District (SCAQMD) ha dato il via libera a Siemens per l’installazione di un sistema e-highway da testare vicino ai porti di Los Angeles e di Long Beach, tra i maggiori degli Stati Uniti. La Siemens e-highway prevede l’elettrificazione di selezionate corsie tramite un sistema di cavi sospesi. Come risultato, i camion possono essere riforniti di elettricità come i tram. In collaborazione con Volvo Group, Siemens sta sviluppando un veicolo da utilizzare nei test. Siemens sta anche lavorando con imprese locali che sviluppano sistemi integrati per camion per ampliare il parco veicoli inserito nel progetto. L’infrastruttura aerea sarà installata a Carson vicino a Los Angeles, nei due sensi di marcia. La sperimentazione effettiva incomincerà a Fonte: http://www.mobility.siemens.com/ luglio 2015 e dovrebbe chiudersi entro un anno. L’interesse per il progetto deriva dalla considerazione che il sistema e-highway potrebbe essere particolarmente efficiente sia dal punto di vista ambientale che economico in tutte quelle tratte relativamente brevi e pesantemente utilizzate da camion: tra porti, siti industriali, centri di trasporto merci e terminal di trasbordo merci. Tra i vantaggi: la facilità di installazione lungo le infrastrutture esistenti, la riduzione dell’impatto ambientale, l’efficienza del sistema di approvvigionamento, la maggior durata dei motori elettrici e i risparmi sulla manutenzione…

74 Seregni A. (2013). 75 L’Eco di Bergamo, 18 settembre 2014. 41

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