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Porsche 911

La 911 è un auto nata tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60. Nacque dall’esigenza di sostituire l’ormai vetusta 356, direttamente derivata dalla (Auto del popolo) Maggiolino, giunta al limite del suo sviluppo iniziato nel 1948; era quindi il momento di mettere in cantiere una vettura in linea coi tempi. La progettazione fu quasi interamente familiare dato che la meccanica fu sviluppata da Ferdinand “Ferry” Porsche e il design da Ferdinand “Butzi” Porsche, rispettivamente padre e figlio; “Ferry” e “Butzi” erano figlio e nipote del capostipite Ferdinand (il quale in patria e non solo era considerato un vero e proprio genio, difatti nel corso della sua vita progettò e aiutò a progettare di tutto e di più, come ad esempio la “Semper Vivus Lohner-Porsche” del 1900, prima autovettura ibrida della storia nonché prima trazione integrale, oppure durante la Seconda Guerra Mondiale sotto gli ordini di Hitler, sviluppò i carro armati Panzer Tiger ed Elefant, nonché la mamma della futura 356, il Maggiolino per l’appunto e i suoi derivati militari Kubelwagen e Schwimmwagen. Dopo essere scappato in Austria a Gmund per evitare i bombardamenti, venne arrestato dai francesi con l’accusa di collaborazionismo. Durante la prigionia durata quasi due anni sembra abbia collaborato allo sviluppo della Renault 4cv, fino a che Piero Dusio, fondatore della Cisitalia (Compagnia Industriale Sportiva Italia), con il tramite impersonificato da Karl Abarth allora Direttore Sportivo Cisitalia e conoscente della famiglia Porsche, ne pagò la cauzione in cambio di svariati progetti tra i quali una avveniristica Formula 1, che si sarebbe chiamata Cisitalia 360. Una volta libero tornò a Gmund dove nel giugno 1948 fondò l’azienda omonima per poi trasferirsi agli inizi degli anni ’50 di nuovo in Germania, a Zuffenhausen, appena fuori Stoccarda, azienda che alla sua morte nel 1951, fu fatta proseguire dagli eredi. Questo in breve l’inizio della storia Porsche). Ma torniamo alla 911, la quale venne anticipata nelle linee dal prototipo “Tipo 7”, oggi conservato nel museo Porsche, che risultava sgraziato nelle linee al posteriore a causa di studi sulla ricerca dell’abitabilità per quattro posti. Fu proprio in seguito a questi studi portati avanti con la “Tipo 7” che la vettura presentata al Salone di Francoforte del 1963 era una 2+2, con i sedili posteriori presenti ma sacrificati per favorire le linee della vettura che risultarono incredibilmente equilibrate, apparendo quasi una moderna evoluzione della 356. Questa vettura, dotata di un nuovo motore a 6 cilindri contrapposti (boxer) 1991 di cilindrata, posizionato posteriormente a sbalzo (si definisce fuoribordo o a sbalzo un motore posizionato

Pagina 1 Historic Car Club Sile dietro o davanti l’asse delle ruote a seconda che sia posizionato al posteriore o all’anteriore, nel primo caso ci sono esempi come per l’appunto la 911 o le Fiat 600 e 500, nel secondo caso gli esempi possono essere le Fiat Topolino o la Renault Fuego) e raffreddato ad aria, sviluppava una potenza di 130 cv a 6100 giri/min il quale, abbinato ad un cambio a cinque rapporti e un peso a vuoto di 1080 kg le permetteva prestazioni degne di nota con il tutto completato da un impianto frenante a disco sulle quattro ruote. Gli interni risultavano ben rifiniti ma alquanto semplici, con un volante a quattro razze e un cruscotto dotato di cinque elementi circolari con quello centrale dedicato al contagiri, dettaglio che sottolineava le velleità sportive della vettura. Diversamente da quanto si potrebbe pensare il nome dell’auto presentata a Francoforte non era 911 ma 901; nome che avrebbe distinto i primi 82 esemplari e che fu poi modificato in 911 a causa di un reclamo di Peugeot che era depositaria dei numeri a tre cifre con lo “zero” centrale. La gamma avrebbe vissuto con la sola 901/911 fino all’aprile 1965, e fu un periodo non facile per le critiche che piovvero dagli affezionati del marchio soprattutto per due motivi; il prezzo eccessivamente elevato e una instabilità che affliggeva la vettura nella guida sportiva. Fu per questo che per ovviare per lo meno al primo cruccio venne presentata la 912, auto esteticamente uguale alla sorellona non fosse che i materiali usati per gli interni erano decisamente più economici, con il cruscotto che aveva solo tre elementi circolari e il motore che era un 4 cilindri boxer da 1584 centimetri cubici dotato di 90 cavalli, preso da quella che fu l’ultima 356, la SuperCarrera. Per il 1967 oltre ad un affinamento ai motori con l’adozione dei carburatori Weber in luce dei Solex precedentemente utilizzati per motivi di maggior facilità di messa a punto, le due versioni finora descritte vennero affiancate dalla più prestante 911S, esteticamente riconoscibile da quelli che poi sarebbero diventati uno dei simboli distintivi Porsche, ossia i cerchi a petali Fuchs, ed era dotata del motore da 1991 centimetri cubici ma affinato a tal punto da farle raggiungere quota 160 cavalli. Per cercare poi di limare ulteriormente l’instabilità della vettura che con 30 cavalli extra non poteva far altro che aumentare, fu introdotta una barra antirollio al posteriore. Le 911/912 in versione coupè, furono affiancate poi da una versione che era in fase di studio fino dagli albori della 901. Dotata di un robusto roll-bar posto subito dietro i sedili anteriori, di un tettuccio rigido e asportabile e, solo nelle primissime versioni, di un lunotto in tela asportabile che poi sarebbe divenuto rigido, venne chiamata Targa, in onore delle vittorie che la casa della cavallina aveva ottenuto negli anni in Sicilia, alla Targa Florio. Nel 1968 le modifiche alla 912

Pagina 2 Historic Car Club Sile furono minime e riguardarono la sola introduzione del cruscotto a cinque elementi circolari come sulla 911, mentre su quest’ultima la gamma venne per così dire semplificata identificando le varie versioni con una lettera alfabetica. Venne così identificata come T (Touring) la versione base, dotata della versione da 110 cavalli del 1991 centimetri cubici, mosso da un cambio a quattro velocità e, vista la scarsa potenza, priva della barra antirollio. In cima alla gamma c’erano due versioni, una dedicata a chi preferiva le rifiniture lussuose e l’altra dedicata a chi prediligeva le prestazioni. Entrambe dotate di barra antirollio, la prima venne identificata come L (Lusso), dotata anch’essa del motore 2000 che in quest’occasione esprimeva 130 cavalli e aveva i suoi cavalli di battaglia nella maggiore qualità delle rifiniture interne, e in optional come il cambio “Sportomatic” a cui bastava un tocco della leva per cambiare marcia senza l’uso della frizione. L’ultima nuova versione era la S (Sport) dotata sempre dello stesso motore, ma in quest’occasione nella versione da 160 cavalli che prediligeva per l’appunto le prestazioni, sottolineate anche dai cerchi da 15 pollici e dagli ammortizzatori Koni in luce dei Boge. 1969, nuovo anno altra piccola rivoluzione; innanzitutto per ovviare ulteriormente al problema dell’instabilità che evidentemente l’introduzione della barra antirollio non risolse del tutto, fu allungato il passo di tutte di 6 centimetri, dai precedenti 221 ai nuovi 227 centimetri mentre per quanto riguarda i modelli rimasero invariate la 912 e la 911 T, al contrario delle versioni al top di gamma dove venne messa in disparte la L per far posto alla E (Einspriztung, ossia iniezione) e rimase la S. Ancora entrambe col motore da 2 litri ma evoluto con una nuova iniezione meccanica Bosch erano dotate rispettivamente di 140 e 170 cavalli. Nel 1970 uscì di scena la 912 sostituita nella gamma dalla 914 a motore centrale, mentre il resto della gamma rimase pressoché invariato fino al 1972 e rappresentato sempre dalle T, E ed S, non fosse per le cilindrate e le potenze che variarono una prima volta nel 1970 dai 1991 ai 2195 centimetri cubici con rispettivamente 125 cv per la T, l’unica a carburatori, 155 cv per la E e 180 cv per la S ed una seconda volta nel 1972 ove la cilindrata crebbe da 2195 a 2341 centimetri cubici con 130 cavalli alimentati da carburatori per la T, 165 cavalli per la E e 190 cavalli per la S entrambe ad iniezione. L’escalation di cilindrate e potenze era oramai iniziata e ci si rese conto che nella gamma mancava una vera e propria vettura “derivata dalle corse”, fu così che nel 1973 fu affiancata alla consueta gamma anche la 911 RS 2.7; la vera punta di diamante disponibile esclusivamente in configurazione coupè. La definizione RS, assai usata nei nomi delle auto tedesche di stampo sportivo, ha un significato ben preciso ossia RennSport, il che tradotto significa “Corsa Sport”, giusto per far capire le intenzioni. Esteticamente riconoscibile per lo spoiler anteriore maggiorato (disponibile anche sulla versione S, atto a migliorarne la stabilità) e per quello posteriore a forma di becco d’anatra (Ducktail) che divenne successivamente uno dei simboli della storia 911, oltre agli sticker “Carrera” (nome usato per la

Pagina 3 Historic Car Club Sile prima volta sulla 356, omaggio alla storica corsa Carrera Panamericana), posti sulla fiancata e in tinta con i cerchi Fuchs allargati al posteriore così come i passaruota. Ovviamente le modifiche non erano limitate al solo lato estetico ma pure l’anima ne fu stravolta alleggerendo inizialmente il tutto assottigliando le strutture non portanti e sostituendo cofani e porte con elementi in alluminio. Proposta in tre versioni, Touring, Sport e Rennen, le prime due montavano il classico 6 cilindri Boxer aumentato di cilindrata fino a 2687 centimetri cubici per 210 cavalli di potenza massima che, con un peso di 980 kg le permetteva uno scatto 0-100 in 5,8 secondi per una velocità massima di 240 km/h. La RS 2.7 Touring aveva lo stesso allestimento interno della 911 S, con alcuni accessori come tetto apribile e vetri elettrici optional, mentre la Sport era decisamente più spartana internamente con sedili da corsa, vetri alleggeriti e paraurti in vetroresina. La Rennen o RSR infine, altro non era che la versione pronto corsa, realizzata in una decina di esemplari, completamente in allestimento da corsa, con sospensioni sportive, freni a disco ventilati e passaruota allargati per contenere gli pneumatici da corsa che servivano a scaricare a terra la potenza accreditata di 308 cavalli del 6 cilindri Boxer portato al limite dei regolamenti a 2.8 litri di cilindrata. Dopo un po’ di anni ove la gamma rimase senza grosse modifiche, il 1974 fu sinonimo di piccola grande rivoluzione e il motivo di ciò fu il mercato statunitense, trainante nelle vendite della 911 e da

sempre più difficile nelle normative rispetto a quello europeo. La nuova gamma era composta da tre versioni, la 911, la 911 S e la 911 Carrera, tutte e tre disponibili sia in versione coupè che Targa. Esteticamente la vettura subì la prima vera evoluzione sin dai tempi della sua nascita a causa dell’adozione dei nuovi paraurti ad assorbimento d’urto, molto più grandi dei precedenti che, anche se in tinta con la vettura ne appesantirono la linea ma non riuscirono a snaturarla, grazie anche ai nuovi fanali posteriori, uniti da lato a lato da una fascia trasparente che aiutò ad affilarne i lineamenti. Tutte e tre erano dotate di un nuovo volante più imbottito e ad assorbimento di energia ed erano equipaggiate sempre col 6 cilindri Boxer portato a 2.7 litri di cilindrata con potenze di 150 cavalli per la 911, 177 cavalli per la 911 S e 210 cavalli per la 911 Carrera seguendo il trend di escalation di potenza. Fu aggiornata anche la RS con la nuova configurazione estetica visto che furono costruiti 109 esemplari equamente distribuiti tra “stradali” e “rennen” con 230 cavalli per la prima e 310 cavalli per la RSR. Il 1975 vide il ritorno di una vecchia conoscenza e di una novità assoluta, ma andiamo per ordine; la vecchia conoscenza rispose al nome di 912 per la quale fu necessaria la reintroduzione anche se solo nel mercato statunitense, visto l’aumento delle potenze delle sorelle maggiori. Il suo nome completo in realtà era 912 E in quanto Einspritztung, ossia alimentata ad iniezione e con un 4 cilindri Boxer da 2 litri che erogava 86 cavalli. Sempre disponibile come coupè e Targa, queste ultime, sia 911 Targa che 912 Targa subirono un piccolo

Pagina 4 Historic Car Club Sile aggiornamento con il rollbar che ottenne una colorazione nera in luce della precedente color alluminio. La novità assoluta invece rispondeva al nome di 930, la quale nonostante fosse sempre una 911, ne fu stravolto a tal punto il progetto di base che in fabbrica fu modificato il numero progettuale. Nata in seguito all’entusiasmante esperimento che Porsche fece nelle competizioni con la 911 RSR Carrera Turbo da 2.1 litri, venne deciso di trasferire anche nella produzione di serie quel generatore di emozioni chiamato Turbo. In un’epoca in cui la parola “downsizing”, ossia riduzione di cubatura che oggi tanto va di moda, era considerata quasi offensiva, il motore scelto per essere sovralimentato era un 2994 centimetri cubici, sempre a 6 cilindri Boxer, realizzati in Nikasil con basamento in alluminio che, mosso da un cambio a quattro velocità, sprigionava la bellezza di 260 cavalli e le permetteva uno 0- 100 km/h in 6,5 secondi e una velocità massima di 251 km/h. Mentre internamente la vettura era pressoché uguale alla 911 Carrera, esternamente il tutto venne adeguato alle rinnovate prestazioni, spoiler anteriore e posteriore (con funzione di convogliamento aria all’aspirazione) maggiorati che la rendevano facilmente riconoscibile, passaruota allargati atti ad ospitare nuovi pneumatici dalla maggior impronta a terra, barre stabilizzatrici maggiorate, ammortizzatori a gas e freni della 911 Carrera top di gamma. Prodotta solo in versione coupè, in 2819 esemplari totali, si fece conoscere come un’auto estremamente difficile soprattutto a causa di un evidente turbolag, ossia il ritardo di risposta del turbo in accelerazione, il quale una volta entrato in coppia dava un impressionante e difficilmente gestibile “colpo” di potenza. Il tutto condito da un impianto frenante non all’altezza di tali prestazioni, la rese un’auto per pochi, ma per quei pochi una vettura esaltante ed indimenticabile. Veniamo ora al 1976, anno in cui uscì definitivamente di scena la 912 E, sostituita dalla nuova 924 a motore anteriore, mentre nella gamma 911 l’unica a venir aggiornata fu la Carrera nella quale il motore 2.7 fu sostituito da uno nuovo da 3 litri, direttamente derivato dalla 930 Turbo anche se non sovralimentato. Accreditato di una potenza massima pari 200 cavalli, poteva esser mosso da un cambio manuale con 4 o 5 rapporti o dal cambio automatico Sportomatic a 3 rapporti che le garantivano, nella versione più sportiva a 5 rapporti, prestazioni di accelerazione nello 0-100 km/h in 6,1 secondi per una velocità massima di 236 km/h. Nel 1977 Porsche avviò una rivoluzione in

Pagina 5 Historic Car Club Sile ottica della riduzione nella gamma 911, in quanto oltre alla sopra citata 924, fu introdotta pure la 928 che nelle intenzioni future della Casa Madre doveva essere il modello che avrebbe gradualmente sostituito la 911. Con queste intenzioni le 3 versioni ad aspirazione naturale furono sostituite da un'unica versione chiamata 911 SC, ossia SuperCarrera. Da sottolineare che ad oggi, questa rivoluzione rende la 911 Carrera 3.0, prodotta nel solo 1976 estremamente rara e ricercata. Sempre prodotta sia in versione coupè che Targa, la SC aveva ancora il motore da 2994 centimetri cubici erogante 180 cavalli, una potenza intermedia ma ottima per una vettura globale che le permetteva una velocità massima di 223 km/h con uno 0-100 in 6,3 secondi. La gamma si compose delle sole SC e Turbo fino al 1984 anche se di anno in anno vennero entrambe rinnovate; cominciò la Turbo nel 1978 che venne modificata nelle aree dove la 3 litri risultò debole. Il motore innanzitutto fu portato a 3.3 litri di cilindrata, come se il precedente 3.0 non fosse abbastanza, per una potenza di 300 cavalli e tutto l’insieme fu potenziato in funzione delle migliorate prestazioni iniziando dai freni, vero tallone d’Achille della prima Turbo, che vennero sostituiti da un impianto derivato dallo Sport-Prototipo 917 con giganteschi freni a disco ventilati, proseguendo con lo spoiler posteriore che fu ingrandito per ospitare il nuovo intercooler aria-aria per aumentare le prestazioni del rinnovato 6 cilindri. La nota negativa fu che il peso aumentò in proporzione all’aumento delle nuove componenti, ossia 155 chili in più rispetto alla 3.0; tuttavia la messa a punto del motore e del cambio (sempre a 4 marce) fu così efficace da regalarle una velocità massima di 258 km/h per uno 0-100 in 5,2 secondi. Per quanto riguarda la SuperCarrera un primo aggiornamento al motore avvenne nel 1980 dove la potenza venne aumentata a 188 cavalli, ed un secondo nell’anno successivo, il 1981, dove la rinnovata potenza arrivò a 204 cavalli, mentre bisogna arrivare al 1983 per vedere finalmente la gamma 911 perdere completamente la testa. Immutata a livello meccanico la 911 SC cabriolet era dotata di un tetto in tela con struttura in metallo, apribile solo in modo manuale e dotata di un lunotto asportabile grazie ad una cerniera. Tuttavia la SC cabriolet durò ben poco perché nel 1984 venne rivoluzionata nuovamente la gamma con l’introduzione della Carrera 3200. La nuova Carrera 3.2 sostituì in toto la serie SC presentandosi da subito nelle tre versioni coupè, Targa e cabriolet ed esteticamente quasi invariate non fosse per i fendinebbia anteriori integrati nello spoiler, ma dotate di un nuovo motore da 3164 centimetri cubici erogante 231 cavalli e alimentato da una nuova iniezione elettronica in luce della

Pagina 6 Historic Car Club Sile precedente meccanica. Da sottolineare la possibilità di avere come optional, il pacchetto Turbo- look dotato di freni, parafanghi, cerchi e pneumatici identici alla Turbo 3.3. La Carrera 3.2 e la Turbo 3.3 sarebbe stata la gamma che avrebbe rappresentato la 911 fino al 1989 con poche significative novità, se non l’introduzione delle versioni Targa e cabriolet anche per la Turbo 3.3 nel 1986 e la novità in luce del vecchio “915”, del nuovo cambio “G50” nel 1987, dotato di innesti più precisi e di un’escursione più corta, che migliorò sensibilmente il piacere di guida. Nell’ultimo anno di produzione fu prodotto un modello celebrativo chiamato Speedster. Quest’ultima, meccanicamente identica alla Carrera 3.2 fu omaggio alla gloriosa 356 Speedster non solo nel nome ma pure nelle linee, con un parabrezza accorciato ed inclinato che si raccordava aerodinamicamente con un guscio in materiale plastico posto dietro i poggiatesta che sovrastava la capottina in tela. Il 1989 fu l’anno in cui venne introdotto il cambio G50 a 5 rapporti anche sulla Turbo, rendendolo così il primo e anche l’ultimo anno in cui venne commercializzata in questa configurazione. Nel 1990 come accennato, uscì completamente di scena tutta la gamma disponibile fino all’anno precedente, Turbo 3.3 compresa, perché già nel 1989 era stata introdotta la nuova 911, rinnovata a tal punto da avere un nuovo numero progettuale interno alla Porsche, ossia 964, numero che poi l’avrebbe distinta tra le altre 911. Ancora riconoscibile nei suoi tratti distintivi sia all’interno, con la plancia razionale e il cruscotto a cinque elementi circolari, sia all’esterno dove risultava molto simile alla precedente; presentava tuttavia nuovi paraurti avvolgenti, una fanaleria posteriore a fascia unica da lato a lato, uno spoiler posteriore ad attuazione elettronica che fuoriusciva oltre gli 80 km/h e rientrava sotto i 15 km/h e dei nuovi cerchi in lega a 7 razze molto più adatti a quell’epoca. Sparirono le barre di torsione, vecchio elemento elastico, che vennero sostituite da nuove molle elicoidali in un telaio che venne completamente riprogettato anche per ospitare l’albero di trasmissione visto che la prima versione della 964 si chiamava 911 Carrera 4, dove 4 stava ad indicare la trazione integrale al debutto assoluto nella 911. Il motore, rinnovato anch’esso pur mantenendo la filosofia del 6 cilindri Boxer, venne portato a 3.6 litri di cubatura con un sistema di doppia accensione, ossia due candele per cilindro che offriva 250 cavalli ed era mosso sempre da un cambio a 5 velocità. L’anno successivo venne completata la gamma della 964 introducendo innanzitutto la Carrera 2, ossia la versione a trazione posteriore spinta dallo stesso motore precedentemente descritto, che poteva esser mossa o dal manuale a 5 rapporti o, a differenza della 4 ruote motrici che non poteva adottarlo, anche del cambio Tiptronic automatico-sequenziale a 4

Pagina 7 Historic Car Club Sile rapporti. Con l’introduzione della Carrera 2 si reintrodussero anche le versioni cabriolet e Targa per entrambe le versioni. Tornò pure la Turbo che esteticamente riprendeva gli stilemi classici della sovralimentata seppur integrati con il nuovo design, come spoiler anteriore e posteriore maggiorati, quest’ultimo integrante l’intercooler, passaruota anch’essi allargati per ospitare nuovi cerchi da 17 pollici a 5 razze con impronta a terra maggiorata e specchietti di forma ovalizzata per favorire l’aerodinamica. Incastonato nel nuovo telaio trovava posto il vecchio 3.3, seppur aggiornato ed erogante 320 cavalli tutti sugli pneumatici posteriori grazie ad un cambio a 5 rapporti. Il 1992 fu un anno all’insegna della potenza, innanzitutto con l’introduzione della 911 Turbo S, che sarebbe stata prodotta in 86 esemplari, dotata sempre del motore da 3.3 litri portato per l’occasione a 381 cavalli, che potevano scaricarsi più agevolmente grazie ai 180 kg in meno rispetto alla normale Turbo dovuti all’eliminazione del superfluo all’interno, a nuovi cerchi componibili da 18 pollici e riconoscibile a colpo d’occhio per la presa d’aria posta sui parafanghi posteriori atta a migliorare il raffreddamento dei freni. La seconda “potente” novità targata 1992 rispondeva al nome di RennSport, difatti venne presentata la Carrera RS 3.6, modello che derivava dalla Carrera 2 ma affinata in ogni sua componente, a partire dal motore, l’aspirato 3.6 che guadagnava 10 cavalli arrivando a quota 260, proseguendo per l’assetto, irrigidito ed abbassato di 40 mm e finendo con i freni, adottando all’anteriore l’impianto della 911 Turbo e al posteriore quello della Carrera Cup che imperversava sulle piste di tutto il mondo. Disponibile in 3 versioni, “Base”, “Touring” e “Sport” in modo da offrire ad ognuno la RS che preferiva e riconoscibili dalla scritta RS al posteriore e dagli specchietti a goccia come sulla Turbo, la prima era spoglia di tutto il superfluo e priva di ogni optional, la seconda aveva un allestimento classico molto simile alla Carrera 2 che puntava al comfort e la terza era la versione “pronto corsa”, spoglia anch’essa del superfluo, con in più rollbar e sedili da corsa. Nel 1993 vennero reintrodotte delle tipologie di carrozzeria già viste in passato come le versioni Turbo-look per Carrera 2 e 4, dove le versioni più piccole potevano calzare parafanghi allargati uguali alla sovralimentata e gomme con maggior impronta a terra, o come la 964 Speedster con parabrezza accorciato e inclinato con una cover aerodinamica posta dietro i sedili anteriori. Venne poi introdotta, per festeggiare l’allora 30° anniversario della 911 una versione speciale chiamata Giubileo, basata sulla Carrera 4, con kit Turbo-look, ruote da 17 pollici e freni della Turbo, con quest’ultima che dopo anni di onorata carriera, abbandonò l’ormai vetusto 3.3 litri per montare un nuovo 3.6 litri sovralimentato direttamente derivato dall’unità montata sulle Carrera 2 e 4 e dotato di 360 cavalli. 1994: anno di transizione nonché ultimo per la 964 che rimase in commercio solo nelle versioni Carrera 2 cabriolet e Speedster, con la Turbo 3.6 nonché con la Carrera RS che nell’ultimo anno di produzione guadagnò un nuovo motore da 3.8 litri di cilindrata da 300 cavalli di

Pagina 8 Historic Car Club Sile potenza massima. Il perché di tale taglio nella gamma 964 fu presto detto; le fu affiancata, per lo meno nel primo anno, una nuova versione di 911, identificata dal numero progettuale 993. Derivata direttamente dalla 964 si riconosceva immediatamente dalla cura a base di aerodinamica di cui fu paziente il frontale, con i vecchi fanali orizzontali che lasciarono il posto a quelli nuovi, spioventi, per i quali furono riprogettati e ridisegnati parafanghi, paraurti e cofano anteriori assieme a nuovi specchietti retrovisori a goccia e cerchi in lega a 5 razze di nuovo disegno. Al posteriore furono adottate nuove sospensioni Multilink e il motore rimase il precedente 3.6 litri portato però a 272 cavalli che poteva essere mosso da un nuovo cambio manuale a 6 rapporti o dall’automatico-sequenziale Tiptronic a 4 rapporti. Proposta inizialmente nella sola versione Carrera 2 coupè e cabriolet in modo da dare ancora spazio alla “vecchia” 964, nel 1995 conseguentemente alla definitiva uscita di scena del vecchio modello, furono introdotti i modelli che mancavano a completare il tutto, a cominciare dalle “integrali” Carrera 4 sempre in configurazione coupè e cabriolet, proseguendo con la Carrera RennSport, sempre derivata dalla Carrera 2 anche se alleggerita il più possibile eliminando il superfluo all’interno, con il cofano anteriore in lega leggera, spoiler anteriore e posteriore dedicati, cerchi componibili, nonché un nuovo motore da 3.8 litri di cilindrata, dotato di una nuova tecnologia applicata ai condotti di aspirazione che divennero a lunghezza variabile, tecnologia definita “Varioram”, fu determinante a raggiungere la potenza di 300 cavalli mossi da un nuovo cambio a 6 rapporti. Il 1995 segnò il ritorno anche della versione “turbata”; la 911 Turbo 993, immediatamente riconoscibile nelle tradizionali forme “Turbo” con fianchi allargati, spoiler anteriore e posteriore dedicato, con quest’ultimo comprendente l’intercooler, e il motore, il collaudato 3.6 litri che guadagnava un altro turbo, divenendo bi-turbo e raggiungendo la ragguardevole potenza di 408 cavalli. Oramai in Porsche si erano convinti che la potenza non era mai abbastanza quindi, in edizione ultra-limitata da circa 55 esemplari stradali, venne messa in produzione una versione alleggerita e potenziata della Turbo, chiamata GT2. Esteticamente sublime, con i fianchi della Turbo ulteriormente allargati con dei profili rivettati che aiutavano a calzare nuovi cerchi componibili Speedline con gomme dall’impronta a terra impressionante, un paraurti anteriore con un profilo aerodinamico che aiutava

Pagina 9 Historic Car Club Sile a convogliare aria al posteriore, per finire con l’enorme ala posteriore comprensiva di due prese d’aria nei montanti atte a raffreddare il 6 cilindri. Tale mole di lavoro aerodinamico, unito al fatto che la vettura subì un lavoro di alleggerimento in stile Carrera RS, eliminando tutto il superfluo, e che era equipaggiata anch’essa con il 3.6 litri bi-turbo erogante in questo caso 430 cavalli, le permetteva prestazioni impressionanti con una velocità massima di 295 km/h e con uno 0-100 in 4,4 secondi. Nel 1996 a livello meccanico le Carrera, sia 2 che 4, guadagnarono anch’esse il sistema Varioram sopra descritto raggiungendo quota 285 cavalli mentre, a livello di versioni ritornò il grande classico di casa 911 che per la 993 ancora mancava, la Targa; rinnovata e con un nuovo concetto di tetto apribile, abbandonò il vecchio tettuccio asportabile per adottare un nuovo tetto in vetro che poteva scorrere elettricamente giù verso il lunotto. Nello stesso anno Porsche rese disponibile, inizialmente solo per la Carrera 4 e dal 1997 anche per la Carrera 2 la versione “S”, nome nuovo e semplice per identificare la vecchia “Turbo-look”, difatti le versioni “S” potevano fregiarsi di parafanghi e cerchi allargati come sulla Turbo. Questa fu la gamma che proseguì fino al 1998, anno in cui fu affiancata alla 993 la nuova 996, che la soppiantò definitivamente l’anno successivo. Finisce così l’epoca delle 911 di “interesse storico”, quelle che interessano a noi, e venne lanciata l’epoca delle 911 mal digerite dai “puristi”, a partire proprio dalla 996 che introdusse i motori raffreddati a liquido, fino ad arrivare alla 911 Model Year 2016, che ha definitivamente abbandonato i motori aspirati per adottare in ogni sua versione (eccetto la GT3) dei propulsori sovralimentati. Tuttavia, chiunque saprebbe riconoscere per strada una 911, anche chi di motori non se ne intende, questo perché oramai la sua linea è diventata lo status symbol di una vettura che rimanendo fedele a se stessa ha saputo rinnovarsi costantemente negli anni fino ad essere ad oggi una delle vetture più tecnologiche ed avanzate sul mercato nonostante sia nata oltre 50 anni fa.

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LA PROVA

Sentir echeggiare nell’aria il nome 911 porta ad entrare in una sorta di buco spaziotemporale che fa ripercorrere come un film nella testa oltre 50 anni di un’auto dalla poliedrica storia, che nessun’altra al mondo può vantare. Quale auto può risultare l’ideale per situazioni così diverse come brevi gite fuoriporta, lunghi viaggi, velocissime cavalcate sulle Autobahn tedesche oppure, entrando nell’ambito competizioni, quale altra auto può vantare così tante vittorie assolute o di categoria in gare così diverse tra loro come 24 Ore di Le Mans, Targa Florio, rally di Montecarlo e pure la Dakar? Semplice, solo lei, la Porsche 911. L’auto iscritta all’Historic Car Club Sile e di proprietà del nostro Socio Alfredo di cui parleremo è una vettura estremamente rara e dalla storia a dir poco affascinante. L’appuntamento prefissato per fotografarla si è svolto in un grigio pomeriggio primaverile e il pensiero che la pioggia fosse imminente e che avrebbe guastato il tutto non lasciava certo tranquilli. Tuttavia è bastato vedere l’auto una prima volta, li ferma nel vialetto della casa di Alfredo per capire che qualsiasi fosse stato il tempo atmosferico, la giornata sarebbe stata comunque splendida. L’auto in questione è sì una 911 ma non una qualsiasi; trattasi di una 930 Turbo 3.0, una dei 2819 esemplari prodotti e chissà quanti rimasti ai giorni nostri, vettura con una fama che la precede. Splendida nella sua colorazione Terra di Siena metallizzato, si rivela una livrea ideale per enfatizzare i muscoli che idealmente

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“anabolizzano” l’eleganza classica della 911. Fortunatamente il bello doveva ancora venire, difatti Alfredo confessa che anche nei periodi in cui la usa meno, cerca di metterla in moto e muoverla almeno ogni 15 giorni, e il caso volle che erano più o meno 15 giorni che era ferma; a quel punto l’invito ad andare a fare un giro divenne una formalità. L’emozione a quel punto era forte; cosa aspettarsi da una vettura entrata a pieno diritto nell’Olimpo dell’automobile? Diciamo che già salendo a bordo si intuisce di essere in un’auto di un’altra categoria; la teutonica razionalità della plancia, unita alla profusione di pelle color biscotto sia per la plancia stessa che per la selleria induce quasi a rilassarsi, in quanto la comodità e gli spazi interni risultano eccellenti. Tuttavia il momento dedicato al relax dura poco, almeno fino a quando l’occhio cade sull’elemento centrale dello splendido cruscotto, dedicato al contagiri (con la zona rossa poco prima dei 7000 giri/min) e alla pressione del turbo. Posto per l’appunto al centro contribuisce non solo a tenere costantemente sott’occhio sia con la vista che con tutti gli altri sensi l’elemento primario della vettura, ossia quel 3.0 Turbo da 260 cavalli posto fuoribordo o a sbalzo a dir si voglia, ma riesce a creare quella nostalgica atmosfera profumata di competizioni di una volta dove il contagiri era fondamentale per riuscire ad usare in maniera perfetta il piede destro come bisturi per un equilibrio totale tra prestazioni ed affidabilità. Nostalgia di una volta che aumenta quando il poderoso 6 cilindri Boxer viene messo in moto creando una perfetta colonna sonora, molto presente ma per nulla eccessiva, per la chiacchierata tra appassionati che si sarebbe svolta di lì a poco. Perché appassionato Alfredo lo è davvero, e lo si capisce da come la guida, da come la tratta con il massimo rispetto, considerato, per fare un esempio, che nei periodi in cui riposa nel box viene sempre sollevata quel tanto da lasciare le sospensioni libere da inutile affaticamento ed evitare l’ovalizzazione degli pneumatici. La passione emerge pure da come ne parla visto che abbiamo approfittato di questo bel giro per scambiare due chiacchiere sulla storia di questo esemplare; storia che la rende un esemplare più unico che raro. Difatti questa 930 Turbo fu acquistata nuova dallo stesso Alfredo alla concessionaria Volkswagen-Porsche Negro Automobili di Treviso, e con ogni probabilità questa fu una delle prime, se non la primissima 930 acquistata da un cliente italiano tanto che,

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poco prima di consegnare la vettura, e in un periodo in cui era già intestata al suo attuale proprietario, la Casa della Cavallina decise di esporla al 56° Salone dell’Auto di Torino del 1976 nel proprio stand, con un fascia pubblicitaria sul parabrezza che Alfredo ricorda tutt’oggi con il sorriso, ossia: “a 2/3 della sua potenza massima il consumo si attesta sui 10 km/litro”; cifra che poi non si sarebbe rivelata corretta tanto che in un’utilizzo misto i consumi si aggirano sui 6 km/litro. Un altro aneddoto che Alfredo racconta, riguarda una clausola che esso stesso fece mettere nella stipula del contratto, la quale sentenziava che, nel caso di rincari del prezzo nel tempo che sarebbe intercorso tra stipula di contratto e consegna della vettura, solo il primo rincaro sarebbe stato pagato; tutto ciò perché prima di questa Turbo, Alfredo ebbe il piacere di essere proprietario di altre due 911, dapprima una E del 1969 e poi una S Carrera del 1974, ed entrambe nel periodo intercorso tra stipula del contratto e consegna, subirono più di un incremento del prezzo. Ebbene, al momento della consegna della protagonista di questo articolo, nel novembre del 1976, i rincari del prezzo furono addirittura 3, ma forte dell’esperienza passata, ne fu pagato solo uno. A questo punto immersi in un fiume di ricordi emerge un’altra “avventura passata” da sorriso sulle labbra. Poco dopo l’arrivo della vettura, Alfredo, assieme ad un amico ed alla 930 Turbo furono protagonisti di un viaggio in Romania, a Timisoara, dove pernottarono lasciando la vettura parcheggiata in strada dinanzi l’albergo. Complice la grande eco mediatica di cui questa vettura fu protagonista in quel periodo, all’uscita dall’albergo l’indomani mattina, un capannello di persone aveva circondato la vettura, tra le quali addirittura un fotografo che le stava facendo un servizio fotografico. Preso da un misto di orgoglio e di paura che in qualche modo rovinassero l’automobile, Alfredo decise fosse meglio prendere la Porsche ed andarsene prima di un qualsivoglia risvolto negativo. In tutto questo tempo la vettura ha percorso 80 mila chilometri ed è sempre stata conservata con estrema cura, testimoniata anche dal fatto che recentemente è stata esaminata da una commissione dell’A.S.I. per il conseguimento della Targa Oro, riconoscimento che non ha avuto alcun problema ad ottenere, con la ciliegina sulla torta rappresentata dalle lodi dei commissari. Nel frattempo il giro continua e tra una foto e l’altra il motore ormai si è scaldato; Alfredo così inizia ad aumentare “l’allegria” sul piede destro, sempre

Pagina 13 Historic Car Club Sile nel rispetto dei limiti, ed è in quel momento che una delle “leggende” sulla 930 prende vita come d’incanto. Già fino a quel punto la sensazione che l’auto spingesse bene era tangibile, probabilmente accentuata dal fatto di non essere abituati a grossi spunti, tuttavia questa già citata “allegria” iniziò ad essere correlata da un palese fischio al posteriore e dallo schiacciamento della schiena nell’ottimamente sagomato sedile anteriore. Il tanto famigerato turbolag finalmente si era palesato e il parametro di spinta improvvisamente si era innalzato. Ciò che fa impressione è il turbo che entra in funzione molto tardi, a causa delle dimensioni della girante del sovralimentatore stesso, che essendo di grosse dimensioni, richiede molta spinta dai gas di scarico per entrare a regime, spinta che arriva in modo adeguato solo sopra ad un certo regime di giri. Impressiona perché fa raggiungere velocità da straccio di patente in un lasso di tempo estremamente ridotto, il tutto correlato da un sorriso che difficilmente può raggiungere dimensioni più ampie. Certo che, passata la botta d’adrenalina si inizia a riflettere e si capisce come una vettura del genere richieda esperienza, soprattutto nella guida affilata, perché se una “botta” di potenza del genere dovesse venir generata nel pieno di una curva, gli equilibri sarebbero compromessi e “perderla” sarebbe un attimo. Purtroppo questo bel giro adrenalinico ahinoi volge al termine e dopo un’ultima piacevole chiacchierata giunge l’ora di salutarsi. L’ultimo sguardo ricorda quasi malinconicamente il primo, con la 911 lì ferma nel vialetto della sua casa che sembra chiamare per un altro adrenalinico giro, quasi come fosse una Dantesca sirena, perché quello che lascia una vettura così è la voglia di provarla e riprovarla ancora, per conoscere ogni dettaglio di un’auto dalla fama così difficile e per riuscire un giorno a darle del tu, come riesce a fare Alfredo.

EMANUELE ROMANO

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