RIVISTA DI CULTURA DEL TERRITORIO dicembre 2018 Anno 10 Numero 1 issn 2036-8283 28 Androne (puarti) a Teglio / Tei, marzo 2018. 2 • 28

Un grande passato e un domani ricco di possibilità

Ambienti naturali, storia, cultu- propongono un’offerta di turi- e molti altri che sarebbe impossi- ra, enogastronomia, arte, sport smo sostenibile, transfrontaliero bile riportare qui. e divertimento sono le esperien- ed accessibile a tutti o nei siti Accanto alla riscoperta del ze straordinarie che si possono di inestimabile valore storico e passato abbiamo necessità vivere in . culturale appartenenti al patri- di strategie per costruire un Uno dei compiti di questa monio Unesco. domani ricco di possibilità Giunta è proprio quello di valo- Penso ad con la sua e, in quest’ottica, puntiamo a rizzare e promuovere una terra area archeologica e la Basilica riqualificare le infrastrutture, di variegata bellezza capace di Patriarcale, a “città a investire sulla cultura diffusa aprirsi all’ospite, di accogliere e stellata”, alla Cividale longo- dell'accoglienza e ad affrontare di proporre un ampio ventaglio barda, ai siti naturalistici delle nuovi mercati. Dobbiamo la- di possibilità a quanti la scelgo- Dolomiti e a quello palafitticolo vorare insieme per garantire no come meta da visitare. del Palù di Livenza. un’offerta turistica spendibile Racconta l’identità di questa re- Il Friuli Venezia Giulia, oltre ad su 365 giorni l’anno, eviden- gione anche Tiere Furlane, una arte e cultura, offre anche un ziando la possibilità di fare rivista di cultura del territorio patrimonio enogastronomico esperienze intense e diverse in che da molti anni contribuisce che rappresenta un’eccellenza un ambito spazio-temporale a far conoscere il Friuli e le sue con prodotti conosciuti in tutto il relativamente circoscritto, deli- diverse anime attraverso artico- mondo, dai vini come Friulano, mitato da un territorio di circa li che danno conto delle nostre Ribolla, Malvasia, Pinot grigio, 8 mila chilometri quadrati origini, della nostra storia ma Pinot bianco, Chardonnay, Sau- composto da ambienti montani, anche del nostro futuro. vignon, Schioppettino, Refosco marini, lacustri e collinari. Ab- Di storia e di radici abbiamo bi- dal peduncolo rosso, Terrano, biamo tutti gli ingredienti per sogno perché il nostro passato è Tazzelenghe, Picolit, Verduzzo, far diventare il Friuli Venezia memoria per vivere il presente solo per citarne alcuni, ai for- Giulia una meta internazionale e affrontare il futuro; un passa- maggi passando per il prosciutto sempre più apprezzata. to che possiamo respirare nelle di San Daniele, la brovada, l’a- Sergio Emidio Bini antiche vie di pellegrinaggio glio di Resia, la pitina della Val Assessore alle Attività produttive e al che attraversano il territorio e Tramontina, la Rosa di Gorizia turismo del Friuli Venezia Giulia 28 • 3

Fotografia scattata poco a monte dell’abitato di Rigolato, lungo la strada che da questo paese conduce a . 4 • 28 INDICE

Tiere furlane Rivista di Cultura del territorio 6 Autorizzazione del Tribunale di n. 14/09 R.P. del 19/06/2009 Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia Direzione centrale risorse rurali, agroalimentari e forestali Dicembre 2018 – anno 10 – numero 1 Direttore responsabile: Christian Romanini ([email protected]) Coordinamento editoriale: Vuàrdi culinòt Enos Costantini ([email protected]) Antropologia, sociologia Referente regionale: e agronomia dell’orzo Susanna Rocchi a Collina: dalla (susanna.rocchi @regione.fvg.it) Hanno collaborato a questo numero: minestra al caffè - Enrico Agostinis ([email protected]) Enrico AGOSTINIS - Enos Costantini ([email protected]) - Roberta Cuttini ([email protected]) - Carlo Gaberscek ([email protected]) - Sandro Menegon ([email protected]) 24 34 - Franca Merluzzi ([email protected]) - Stefania Miotto ([email protected]) - Carlo Petrussi ([email protected]) - Giovanni Puppatti ([email protected]) - Isabella Reale ([email protected]) Ernest Le paludi di - Giovanni Serafini ([email protected]) - Vincenzo Sogaro Hemingway Hemingway ([email protected]) - Antonella Triches «Ho così tanta nostalgia ... e di tanti uomini che ([email protected]) - Michele Zanetti dell’Italia ... ne fecero una patria ([email protected]) Referenze fotografiche: Stefania MIOTTO Michele ZANETTI Quando non diversamente indicato le fotografie sono dell’autore dell’articolo. Enos Costantini: pagg. 1, 2-3, 27, 30, 32, 45, 46, 47, 48, 49, 50, 56, 57, 58, 61, 62, 63, 97, 103, 117, 124, 127. Si ringrazia per la collaborazione: Roberta Cuttini, Enrico Filaferro for proofreading; Pietro Zandigiacomo, Università di Udine; Società 45 52 filologica friulana, Udine; Biblioteca “Luigi Chiozza, ERSA, ; ERPAC - Ente regionale per il Patrimonio culturale. Impaginazione grafica: Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia Ufficio stampa e comunicazione Stampa: Poligrafiche San Marco - Cormons/Go Attrezzi agricoli Oasi di verde, &HUWLILFDWR3()& nel Cinquecento 4XHVWRSURGRWWR qUHDOL]]DWRFRQ PDWHULDSULPD oasi di pace GDIRUHVWHJHVWLWHLQ Antonio da Carona li PDQLHUDVRVWHQLELOHH GDIRQWLFRQWUROODWH ha raffigurati in una chiesa I parchi e i giardini storici: 3()& ZZZSHIFLW di Coderno un patrimonio per tutti Chi riproduce, anche parzialmente, i testi contenuti in questo fascicolo fascicolo è tenuto a Giovanni PUPPATTI Franca MERLUZZI citare la fonte. 28 • 5

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Licio Passon Il Teatro dei pittore di terre, Piccoli di Vittorio di aria, di acque Podrecca ... un sogno nato a Cividale Giovanni SERAFINI Carlo GABERSCEK 86 97

I creps, la Una viticoltura fragile storia giovane delle ... 1950 - 2015: sessantacinque Nuovi riti novecenteschi: anni di cambiamenti dal boccale al tea pot Carlo PETRUSSI Isabella REALE 108 120

La difesa militare del basso Al nûl di bon Storia e vicende Tagliamento recenti del letame nella nostra regione Roberta CUTTINI Sandro MENEGON Antonella TRICHES Enos COSTANTINI 6 • 28

Enrico AGOSTINIS

Vuàrdi culinòt

Antropologia, sociologia e agronomia dell’orzo a Collina: dalla minestra al caffè

VVerde, verde, verde sulle strade di fondovalle che su alla stessa latitudine e quota di Mi trovo abbastanza spesso nella quelle d'arroccamento, ma vai tu e anche ben più in alto, condizione di dover dar conto a sottolineare che il verdeggiare prosperino viti con le quali si del verdeggiare carnico ad amici che tanto colpisce e impressiona producono rinomati cru bianchi e e conoscenti che, transitando non è quasi per nulla agreste rossi, mentre a Tolmezzo di vino da queste parti, ne risultano ma pressoché esclusivamente non v'è manco l'ombra. O, meglio, comprensibilmente colpiti ma, silvestre, e per di più spontaneo e l'ombra di vino in c'è, ma magari un po' distratti, forse non coltivo. Bosco-foresta-selva, qui si chiama tai e si vende in anche fuorviati dall'aulico un insomma, non frutteto e ancor osteria. Purtroppo, senza nulla tappeto di smeraldo sotto al meno campagna. Vai tu a spiega- togliere − anzi! − ai nostri amici cielo il monte par. Vegetazione re − ma i viaggiatori-visitatori lo vignaioli friulani dall'Isonzo alla sì, e persino incombente tanto sanno benissimo − come altrove, Livenza, il vino si produce altrove. 28 • 7

E allora via a raccontare di limiti altimetrici che quassù si abbassano anche di 500 m, di viti e castagni che non salgono e di faggi e abeti che scendono, e ancora di mais e frumento e fagioli, su per la Carnia profonda dei suoi Canali fino qui, a Collina. E poi ancora giù fino al basilico e ai pomodori dell'orto che, tanto per essere chiari, non affaticatevi a cercare negli orti collinotti perché non li trovereste: non maturano, esattamente come i fagioli e molto − troppo − altro Collina intorno al 1950, con il Cogliàns sullo sfondo. Sono ancora ben visibili i ancora. campi − i cereali sono quelli più chiari − soprattutto al di sopra dell'abitato e, in Insomma, quando si tratta di atti- minor misura, al di sotto dello stesso. Nella parte superiore, i coltivi lasciano spazio vità agrosilvicole e pastorali in Car- ai prati da sfalcio (l'area moderatamente boscata) in corrispondenza del cambio di pendenza del terreno, che qui si fa più ripido, mentre il limitare del bosco vero nia non si può prescindere dalla e proprio, che qui ha anche funzione di riparo dalle valanghe, è assai più in alto. meteora, il clima che quassù tutto Negli ultimi 50 anni il bosco, non più contenuto dalle attività agricole, è sceso domina e condiziona: nubilosità rapidamente inglobando del tutto i prati fino a intaccare anche le aree un tempo e precipitazioni frequenti (e ab- coltivate. Il limitare è oggi a poche decine di metri dall'abitato. bondanti), umidità e temperatura dettano e vincolano il calendario agricolo. E se non bastassero la valle del Fulìn, in comune di Forni orzo e frumento. Un testo redatto meteora e i limiti altimetrici, spes- Avoltri) e Givigliana a sud est (già fra il 1762 e il 1766 ci consente di so ci sono anche i pendii, l'esposi- in val Degano, in comune di Rigo- stimarne con una certa precisione zione e l'insolazione: in Carnia si lato), entrambi a circa 2,5 km in la produzione annua o, meno pro- trovano sì i dolci e ameni declivi di linea d'aria, da settembre ad aprile babilmente, lo stoccaggio. Il do- e d'Illegio, ma poi fate godono di diverse ore di insola- cumento, firmato dal vice meriga un salto nel Canale d'Incaroio ed è zione quotidiana in più di Collina GioBatta Poche (rectius Pocher) tutt'altra musica. Nella stessa valle stessa, con tutto quel che ne e dai giurati Leonardo Tamosin del Degano, il Canale di Gorto, in consegue in termini di resa quali/ e Valentin di Sora, è presumibil- meno di 10 km si passa dalla ampia quantitativa dei terreni agricoli. mente di natura fiscale/contri- conca di , costellata di frazio- butiva, finalizzato al censimento ni disseminate sui gradevoli pendii E poi dicono che le tasse della "capacità contributiva" verso di entrambi i versanti della valle, non servono la chiesa di san Michele arcangelo agli scoscendimenti a monte di Al tempo in cui i pagamenti − fit- da parte dei diversi fuochi o dove alcune frazioni di ti, decime, gabelle − si effettuano unità familiari che compongono la Rigolato prima, e di Forni Avoltri prevalentemente in natura, nel comunità. poi, sono letteralmente abbarbica- mondo contadino la valuta pre- I dati di dettaglio si prestano a te ai ripidi versanti settentrionali giata ha un nome e un cognome: una interessante analisi socio- della vallata. vino e granaglie. Anche a Collina, economica che qui si omette in Potrebbe bastare, ma c'è altro da cui la vite più prossima dista quanto esula dagli scopi di questo ancora. I villaggi più prossimi a 50 km, si fa quel che si può e si lavoro. Quanto invece ai dati Collina, Sigilletto a ovest (nella rileva la produzione di segale, aggregati (v. tab. a pag. 8), fra i 8 • 28

Due dettagli della Nota della biava ò grani che si trova a Colina Granda P[esenali] stima, documento privo di data ma, incrociando i dati anagrafici, databile con certezza fra il 1762 e il 1766. Il documento, proveniente dalla chiesa di san Michele arcangelo in Collina e probabilmente redatto a fini fiscali o contributivi verso la chiesa stessa, è costituito da 2 parti su 3 pagine: la prima parte, da cui è tratto il dettaglio in alto, quantifica per ciascuna famiglia il raccolto o la giacenza di granaglie a Colina Granda (Collina); la seconda parte, da cui è tratto il dettaglio in basso, effettua la stessa operazione per Colina minore (Collinetta) e termina con le firme dei rilevatori, vice Meriga e giurati. Del contenuto del documento si tratta nel testo: la figura ha il solo scopo di sottolineare la diversa "capacità contributiva" fra i villici normali elencati in alto (chi dichiara 4 e chi anche 10 pesenali, ma nella distinta v'è chi ne ha Cereali coltivati a Collina (circa anno 1765) solo 2 o 3) e i possidenti del secondo pesenali kg kg/fuoco elenco − i soli nominativi a essere preceduti dall'appellativo Sig.r − per le segale 214 2613 64 cui granaglie è necessario ricorrere alle staia, multiplo dei pesenali (1 staio = 6 orzo 64 782 19 pesenali). Uno di questi benestanti è Leonardo di Tamer, notaio, latifondista frumento 46 562 14 e maggiorente del villaggio nonché totale 324 3957 97 Capitano del Quartiere di Gorto.

cereali per farina da panificazione È infine da sottolineare che i dati tazione) l'orzo è toccato solo in appare in tutta evidenza il largo si riferiscono ad anni intorno al misura marginale in quanto i suoi predominio della segale sul pur 1765, e quindi ben prima dell'in- impieghi alimentari sono poco o pregiato frumento, relegato a un troduzione della patata a Collina punto sovrapponibili con quelli dei ruolo marginale (fra i due il rap- agli inizi dell'Ottocento. La limitata cereali locali e degli American porto è quasi 5:1). disponibilità di terreni adatti alla newcomers, mais e patata. Segale Le ragioni di ciò sono diverse e semina e l'immediato successo e frumento e lo stesso mais sono spaziano dalla molteplicità degli della patata − tanto per autocon- rivali "funzionali" della patata, il impieghi della segale (in primis sumo che come merce da baratto pane a cui si accosta il compana- alimentari, ma la copertura dei in fondovalle, in cambio di mais e tico: al pressoché quotidiano pan tetti con la sua paglia è anch'es- fagioli − avranno come necessaria e formadi (pan di forment o di sa di capitale importanza) alla conseguenza la riduzione della col- sïàlo, blanc o scûr) nella dieta già citata e deprecata meteora, tivazione della segale ma soprat- culinòto si sostituiscono cartùfu- nella fattispecie una micidiale tutto del già secondario frumento, los e formadi, oppure polento e combinazione di freddo e umido che nel Novecento resiste ormai formadi, ma nel (non) lauto pasto e conseguente difficoltà di ac- solo in qualche sparuto campo. del collinotto medio l'orzo sta da crescimento e maturazione del Dalla concorrenza della patata tutt'altra parte, dalla minestra al frumento. (e della polenta di mais d'impor- caffè. Particolare della Carta Tecnica della 28 • 9 Regione FVG, con la localizzazione schematica sul territorio di Collina dei coltivi d'orzo (in giallo) e dei mulini a pestelli dedicati alla pilatura (pestòn di Pio e pestòn di Chini), nonché del mulino a palmenti (mulin di Codâr) in grado sia di macinare segale e frumento che di pilare l'orzo. I mulini sono situati nei pressi dei torrenti con maggiore portata (rio Morareto) o con un fruibile dislivello (rio Collinetta) dai quali è derivata l'acqua che muove la caratteristica ruota a pale e con essa il mulino. L'indicazione dei coltivi è generica: pur essendo situati sempre in prossimità dell'abitato, a causa della modesta dimensione singoli campi si trovavano sparsi anche altrove.

Dove sconosciuti, anche a Collina è Il pochissimo d'altro che quassù Dove si coltiva l'orzo a Collina? l'esperienza a insegnare che la mo- si coltiva − la barbabietola rossa Ovunque sia possibile. Per il nosuccessione dei coltivi non paga. (ròno) e l'ormai famoso cavolo concorso di diversi fattori − fra i Vuoi coltivare patate e ancora cappuccio (cjapût) di Collina, e requisiti imprescindibili vi sono patate (perché "valgono" di più per vondo cussì! − non sta nel cjamp esposizione (a meridione), inclina- l'autoconsumo, ma anche come ma nell'assai più piccolo, vicino zione del pendio (modesta), spes- merce di scambio in valle per e soprattutto concimatissimo sore e qualità del substrato pe- fagioli e granaglie), e magari senza bajàrç, che proprio in ciò viene a dologico (almeno qualche decina concimare spesso perché anche la distinguersi dall'omonimo bearz di centimetri, con sottosuolo non disponibilità di stallatico è limitata furlano. impermeabile e quindi drenante), e quindi anch'esso "vale"? Provaci, La successione dei coltivi maggior- in prossimità all'abitato (per age- e mal te ne incoglierà. Già al se- mente praticata nel campo dopo volare la concimazione ma anche condo anno consecutivo di semina la sua concimazione è orzo-segale- la prevenzione dei furti) − i terreni a cartùfulos il raccolto è modesto, rapa-patata. Eventuali ma comun- che si prestano ai coltivi non sono soprattutto in qualità; al terzo que marginali variazioni alla norma numerosi e ancor meno vasti, e anno il campo è usurato, logoro, possono riguardare la parte cen- su pochi e spesso minuscoli fondi sfinito. D'accordo, quanto a pre- trale del ciclo, a semina autunnale: la norma è la successione delle lievo di elementi minerali la patata secondo necessità od opportunità colture, tutte quelle che l'ambiente "esagera", ma l'esempio rimane pur segale e rapa possono essere in- consente. sempre calzante e significativo. vertite, o anche escluse perdendo Come sempre accade nel mondo Dunque il cjamp ospita tutto quel così un ciclo, ma le posizioni car- contadino quando fosforo, azoto che vi si può coltivare: oltre al no- dine di orzo (primo) e patata (ul- e potassio sono ancora mostri stro orzo, solo segale, rape, patate. tima, cui segue la concimazione) 10 • 28

troppo. A orzo mietuto il campo è compagnano in questa scampagna- detto a reonàç, equivalente col- ta collinotta. È il màmol, un trep- linotto di ciò che il Nuovo Pirona piede utile a meglio posizionare in alla voce reonàz definisce "campo spalla la gerla carica di letame. lasciato in riposo, dove crescono le La concimazione vera e propria, male erbe" (Pirona 1935, p. 864). ossia lo spargimento del letame Ohibò. D'accordo sul suffisso va- per tutta la superficie del campo gamente spregiativo -aç, ma reòn (spandi) segue di qualche setti- è pur sempre deverbale di quel mana il tramudâ, dopo di che il reonâ che lo stesso Nuovo Pirona ciclo dei coltivi può considerarsi asserisce significare "rendere, dar concluso. Oppure può avere reddito, esser proficuo, vantaggio- nuovamente inizio, a seconda dei so", e il citato reòn "accrescimen- punti di vista. to, aumento, guadagno, profitto" (ibid.). Insomma, dice il contadino, Quando & come è fortunato chi viene dopo il re- È ormai primavera. Pronti? Via con onàç. Fine dell'excursus. la semina! Ma come? E l'aratura? La figura indica approssima- Non c'è, non c'è più aratura, non tivamente la distribuzione dei ci sono aratri, non ci sono campi coltivi nel territorio di Collina. A arabili. E non oggi, 2018, quando Un'immagine di Ugo Pellis che ritrae un caratteristico màmol (1931). Di eccezione della zona di Colarìot non ci sono più manco i campi, ma traverso sulle due gambe anteriori è − lungo la strada che da Collina nel 1930. visibile, a circa metà altezza, il piano conduce a Forni Avoltri (località Un po' di storia. Ante primo conflit- d'appoggio della gerla; più in alto, peraltro dotata di stâlis, le stalle- to mondiale molti fondi rustici sono quasi all'incrocio delle tre gambe è posta un'asticciola più piccola che fienili che oltre al fieno ospitavano di estensione tale da rendere pos- impedisce alla gerla di ruotare su sé temporaneamente anche i bovini, sibile l'aratura: si ara con i pochi stessa. Le due gambe anteriori del consentendo in tal modo di dispor- cavalli presenti nel villaggio o, più màmol sono fisse, mentre la gamba posteriore è incernierata in alto per re in loco dello stallatico per la frequentemente, con la "macchina potere essere ripiegata in mezzo alle concimazione − i campi sono tutti agricola" più diffusa di quel tempo: altre due e quindi occupare meno nell'immediato intorno dell'abitato. i buoi. L'aratro (la codrêo) in uso spazio quando viene riposta (Fondo La concimazione, appunto. Prati- a Collina nei primi decenni del fotografico Pellis, Società Filologica Friulana). cata sempre e solo con stallatico Novecento non è neppure lontano (che altro, sennò?), si effettua a parente dei contemporanei e quasi rimangono sempre invariate. Gra- fine inverno, talvolta ancora con il raffinati strumenti già in uso in zie alla semina primaverile (troppo campo coperto dalla neve. Preleva- pianura: probabilmente costruito elevato il rischio delle gelate, sia to dal missjilìn-letamaio, il ledàn- su modello austriaco, è un utensile tardive che precoci) l'orzo occupa concime è trasportato con una rozzo, interamente in legno a ec- quindi una posizione di rilievo nel apposita gerla fino al campo, dove cezione del solo vomere in ferro, ciclo dei coltivi, godendo il privile- è temporaneamente accumulato rudimentale e asimmetrico, poco gio di un terreno appena fertilizza- in quantità giudicata sufficiente efficiente e scarsamente efficace. to. Infine le sue stoppie, lasciate in alla bisogna. In questa operazione Seppure con gran fatica, a inizio loco dopo la mietitura, fungono da tutto sommato ordinaria e persino secolo a Collina ancora si ara. Ma ottimo fertilizzante al coltivo che banale, detta tramudâ, entra tut- incombono tempi peggiori: la guer- segue, segale o rapa che sia. tavia in gioco una delle numerose ra, certo, ma altro verrà che sotto Digressione letteraria ma non peculiarità linguistiche che ci ac- il profilo socioeconomico porterà 28 • 11

Scompare l'aratro e scompaiono anche i buoi: a fare le veci dell'uno e degli altri (ri)compaiono la forca (fòrcjo) e la vera, sempiterna e insostituibile forza motrice, forza lavoro, forza tutto della montagna carnica: la donna. Nel campo (ri) compare la forca perché la vanga non va bene per la terra soda e compatta di quassù: a Culìno non abbiamo neppure un termine per definire la vangatura, e il verbo "vangare" è reso con sforcjâ; la donna invece non ricompare sem- plicemente perché è sempre stata La sola immagine conosciuta di aratura a Collina, in località Cjamavùor (il campus major), in data imprecisata. A causa del frazionamento della proprietà rurale presente. dei primi decenni del '900 e della conseguente ridotta dimensione media dei Nelle nostre divagazioni agro- fondi rustici, l'impiego dell'aratro (la codrêo) venne sostanzialmente a cessare temporali dobbiamo necessaria- nel primo dopoguerra. L'aratro non compare neppure in alcuna delle numerose mente sottolineare un'altra grande immagini scattate nel 1926 e 1931 a Collina da Ugo Pellis nel corso delle sue campagne fotografiche, durante le quali Pellis riprese moltissimi attrezzi agricoli, differenza fra aratura e vangatura, dai comunissimi rastrello e gerla, ai meno abituali svint e màmol. o sforcjâ che dir si voglia: l'aratura La relativa modernità dell'attrezzo e l'inusuale impiego dei cavalli per il traino − ma precede la semina, che in questo anche l'abbigliamento dei "contadini", soprattutto le ragazze − fanno propendere per una ricostruzione postuma, degli anni '40-'50. Il traino largamente prevalente caso sarà necessariamente segui- a Collina era effettuato da una coppia di buoi aggiogati (mançs ung˘ûts): i cavalli ta da un passaggio con l'erpice − "macchina" assai costosa − erano prevalentemente usati nel trasporto dei (grap) per il livellamento del tronchi ed erano presenti in numero assai esiguo, al punto che spesso erano fatti terreno, profondamente solcato venire da fuori paese, solitamente da Forni Avoltri. Anche l'aratro qui ritratto è palesemente "foresto", dal momento che a Collina non vi fu mai un attrezzo così dall'aratro, e la ricopertura dei evoluto, dotato di carrello con ruote in ferro. semi; la vangatura invece segue la semina, in quanto la presa di terra della forca è sufficiente a ricoprire persino più danni della guerra stes- sola successione ereditaria, gli i semi stessi. sa. Una serie di elementi legati alla antichi fondi rustici trasmessi di I semi? Già, è davvero tempo di successione ereditaria darà avvio generazione in generazione presso- metter mano (sic) all'orzo, quello nei primi decenni del Novecento a ché intatti si vedono frammentati vero, anche se ancora non sap- una vera e propria frantumazione in 2, 3, 5 e più parti. Il campo si ac- piamo che cosa esattamente sia della proprietà fondiaria con effetti corcia e si restringe, e può capitare questo benedetto orzo. devastanti sotto il profilo agricolo − anzi, capita quasi sempre − che e quindi socioeconomico. Fattori i buoi aggiogati all'aratro (mançs Quale Hordeum? fra loro apparentemente distanti e ung˘ûts) non abbiano neppure più Quale orzo? La parola a Nelio Toch non correlati − legislativi e attuativi lo spazio per effettuare la giravolta di Nuzi, classe 1931. A Culìno i in materia di diritto ereditario, e ritornare all'inizio dei solchi. In semenavo trio sortos di vuardi: come pure demografici e infine di ogni caso, non ne vale più la pena: i semenavo lu vuardi ugnul, costume − ma tutti concorrenti al di fatto, alla fine degli anni Trenta c'al ero lu spîc lunc; e po chel medesimo risultato: nel volgere di del Novecento a Collina l'aratura palót, un âtri spîc; e chel di due generazioni, e talvolta in una può dirsi scomparsa. cuatri cjantons, cu ju spîcs i 12 • 28

son cussì insjemo, aì sot, e inve- in relazione ai terreni a propria piuttosto forti, producevano zo di essi doi i ero cuatri. disposizione. In merito alla resi- quattro file con i chicchi tozzi e A Collina le varietà d'orzo semi- stenza al mutamento della varietà le spine forti. [...] L'orzo "a sco- nate (e auspicabilmente raccolte) d'orzo utilizzata in famiglia, dalle pa" invece era più debole e più sono dunque ben tre, ùgnul, parole di Nelio emergono con tutta soggetto a piegarsi con il vento palót e di cuatri cjantòns, alla chiarezza anche preoccupazioni di e i temporali: lo seminavano lettera rispettivamente traduci- ordine più immediatamente me- in primavera. Faceva due sole bili in "singolo", "a paletta" e "dei teoclimatico: i vevo póuro cu lu file, con i chicchi più appuntiti quattro cantoni". Non pensi il timpat al lu trés ju un tic plign e spine meno dure. Maturava lettore a ottimizzazioni su larga [di chei aitrisj vuardis], temeva- dopo quello "mucul". scala, ché sarebbe del tutto fuori no che per la maggiore dimensione Così narra Evelina Zanier, indi- strada: a quanto ci raccontano i del suo spîc (spiga) la varietà menticata maestra di Givigliana diretti testimoni nessuna famiglia cuatri cjantòns fosse più esposta [Vicario 2000, 199]. seminava tutte e tre le varietà delle altre ad essere allettata dal Et voilà la différence entre presenti in loco, e neppure due di timpat, il cattivo tempo: il vento, Culìno e Gjiviàno: di qua tre va- esse. Ancora Nelio. Par esjempli, la grandine, la pioggia battente. rietà d'orzo, di là due. Denomina- nuo i fasjevin nomo chel ugnul. È tempo di concederci una pausa zioni diverse per identiche varietà Aitrisj i vevo cambiât cun chest e una breve gita fuori porta, e da d'orzo a Givigliana e a Collina? di cuatri cjantons, ma i mi ri- Collina muoviamo alla già menzio- Come vedremo fra breve, in parte guardi ch'e jero vignudo dopo, nata Givigliana. Escursione breve e probabilmente sì, in parte certa- chesto usjanço di cuatri cjan- per di più assai piacevole tanto per mente no. Inoltre, particolare di tons, chi disjevo c'al rindevo il percorso che per la destinazione, grande importanza, a Givigliana si di pin. Cui disjevo c'al rindevo un borgo in posizione incantevole, semina l'orzo anche in autunno (la di plign ma i vevo pouro cu lu vero balcone sull'alto Gorto e sui varietà mùcul), mentre a Collina timpat al lu tres ju un tic plign. monti della Pesarina. Come ab- tale prassi è del tutto esclusa. A ogni modo in Nuzi i vevin biamo già sottolineato, a dispetto Cerchiamo dunque di orientarci nomo uno cualitât. Gna Rigjìno dei ripidi pendii su cui il villaggio fra le diverse varietà d'orzo citate, [Regina Toch (1895-1982)] e è abbarbicato è soprattutto l'inso- sia gjivianòtos che culinòtos, con disjevo: mah, cambiâ... i vin fat lazione ad assicurare a Givigliana il supporto di un'opera enciclo- ducj chesj agns cussì... un clima più fortunato rispetto pedica oggi datata, ma ben nota In Nuzi solo una qualità d'orzo, a Collina, ciò che si traduce in agli illuminati divulgatori carnici l'ugnul, ma la sostanziale − se non diversa − e per molti versi migliore della seconda metà dell'Otocento, esclusiva − monovarietà d'orzo − agricoltura. il Trattato di Gaetano Cantoni in uso presso ciascuna famiglia ci A Givigliana, una volta, semi- (Cantoni 1855), opera peraltro è confermata anche da Luigino navano due tipi di orzo: orzo conosciuta anche a Collina poiché, Tamussin (Gjigjìn di Maçócol), "mùcul" (tozzo) e orzo "a scovo" come Eugenio Caneva affermerà classe 1926. La totalità della se- (a scopa). Quello tozzo lo semi- esplicitamente nelle sue Memorie mente era autoprodotta, prelevata navano in autunno, spuntato e ai posteri, anche dal Trattato di in maniera indifferenziata dal cresciuto un attimo prima dei Cantoni egli trae ispirazione per raccolto dell'anno precedente e grandi freddi, sotto la coltre l'ideazione e la realizzazione della dunque senza alcuna selezione. di neve, lui riposava ma allo prima Latteria Sociale del Friuli. Ogni famiglia continuava pertanto stesso tempo si rinforzava e si La varietà ùgnul-singolo testimo- a coltivare la propria varietà, forse preparava per la primavera a niata a Collina è identificabile con anche convinta − fondatamente non farsi travolgere dai tem- l'orzo distico (Hordeum vulgare o meno − che fosse la migliore porali. Le sue spighe, basse e L. distichon, ma la grafia della 28 • 13

varietà muta a seconda dell'epoca e da autore ad autore, a partire dallo stesso Cantoni), la cui sola spighetta centrale di ogni nodo del rachide è fertile, così descrit- to da Cantoni: “L'orzo distico Esemplare di banc nello stai del fienile di casa Toch Nuzi. Dedicato alla custodia (hordeum disticon), detto anche e alla conservazione dei cereali, il banc era una sorta di cassapanca in legno di scandella, ha grani vestiti, spiga dimensioni imponenti, 2-3 m di larghezza. La cassa era divisa in scomparti per lunga e compressa. Desidera buon la separazione delle diverse granaglie ed era conservata ai piani alti della casa o del fienile, in ambiente asciutto e al sicuro da potenziali predatori. Quasi terreno; si semina in ottobre, e an- al sicuro. I piccoli topi di granaio nulla potevano contro lo spessore che in marzo, maturando al prin- delle pareti del banc, per tacere del gatto vigilante. Altro discorso per le cipio od alla fine di luglio, secondo pantïànos, per le quali si ha notizia di almeno un attacco portato con successo che fu seminato in autunno od in in un fienile, riuscendo il roditore a intaccare un angolo della cassa prima dell'intervento del proprietario (il gatto deputato al presidio e alla difesa del banc, primavera. Dà inoltre una paglia oltre che del proprio onore, se l'era coraggiosamente data a gambe). ed una stoppia assai ricercata dal bestiame”. La seconda varietà, palót, è forse stito; soffre il freddo, e si semina La semina identificabile con l'orzo esastico in primavera; ma, dove il clima lo Dopo questa lunga escursione regolare (Hordeum vulgare permetta, è meglio seminarlo in spazio-botanico-temporale ritor- L. hexastichon aequale) che autunno”. niamo a Collina e al tempo della Cantoni così tratteggia: “L'orzo Resta da inquadrare l'orzo "a sco- semina. Come si è visto a Collina maschio (hordeum hexasticon), vo" di Givigliana, probabilmente non si pratica alcuna selezione conserva pure i grani vestiti; la non presente a Collina ma iden- della granella da semente, né sotto spiga è corta e disposta in ranghi tificabile con in una delle varietà il profilo della qualità del seme assai regolari; tallisce molto e censite dal sempiterno Cantoni nel all'interno del raccolto precedente, resiste al freddo più del comune: suo trattato: “L'orzo a ventaglio né sotto il profilo della varietà: a non versa tanto facilmente, e si (hordeum zeocriton), ha lunghe memoria d'uomo non si ricordano semina presto nell'autunno in barbe divaricate in forma di ven- significativi commerci o scambi di buon terreno”. taglio; ha il grano vestito, molto sementi con paesi o luoghi foresti, L'ultimo dei tre orzi collinotti, pesante e di qualità, superiore alle inclusi i paesi d'emigrazione e i il cuatri cjantons, coincide altre varietà”. paesi vicini. verosimilmente con il mùcul di Riassumendo, il quadro delle varie- Insieme a tutte le altre granaglie Givigliana ed è forse identifica- tà d'orzo coltivate a Collina-Givi- di famiglia anche l'orzo raccolto bile con un'altra varietà d'orzo gliana potrebbe essere il seguente: nell'anno precedente è conservato esastico, questa volta ineguale o tetrastico (Hordeum vulgare L. var. tetrastichon), con le spighe Varietà di orzo (Hordeum vulgare L.) coltivate a Givigliana e Collina formate da 6 file di cariossidi di Collina Givigliana denominazione botanica nome volgare cui 4 riunite in due coppie. Anco- (grafia variabile) ra Cantoni: “L'orzo comune, detto ùgnul H. distichon scandella quadrato (hordeum vulgare), palót H. hexastichon aequale maschio ha una spiga piuttosto lunga ed H. hexastichon inaequale arcuata; il seme, di color pallido, cuatri cjantòns mùcul quadrato (tetrastichon) resta coperto dalla loppa anche dopo battuto, per il che dicesi ve- a scovo H. zeocriton a ventaglio 14 • 28

nel banc, una grande cassa di le- Appena terminata la semina tocca può proprio fare a meno, e le ope- gno (anche oltre 2 m di larghezza) all'erpice (al tempo dell'aratro) o razioni − ripetute, ché una volta divisa in scomparti e conservata al alla forca, ma di questo abbiamo non basta − sono tanto necessarie piano più alto della casa o del fieni- già detto e andiamo oltre. quanto faticose dal momento che le, in luogo asciutto e ventilato e al sono effettuate manualmente. Alla sicuro dai roditori predoni. Cure successive lettera: a mani nude, senza l'ausilio Dal banc preleviamo dunque l'orzo A differenza della segale, che dalla di alcuna zappa o rastrello, e le − ùgnul, palót o di cuatri cjan- semina alla mietitura non richiede nostre fonti collinotte ricordano tòns poco importa − nella quantità alcun intervento della mano del ancora molto bene come fosse ne- necessaria al campo da seminare, contadino, l'orzo necessita di cessario inginocchiarsi o mettersi a e la versiamo in un piccolo staio maggiori cure. A memoria d'uomo terra per procedere alla ripulitura (cortâr) o in una cesta (còsj). Più e delle cronache non si ricordano basale degli steli e alla rimozione semplicemente, se siamo la pa- particolari patologie fungine o delle erbacce. drona di casa possiamo depositare attacchi di parassiti, ma di scer- Senza significative patologie e pa- l'orzo nel grembiule raccolto e av- batura e sarchiatura l'orzo non rassiti, l'orzo ben ripulito e arieg- viarci al campo che, debitamente concimato, attende la semente. La semina non segue un rituale Un "vero" niqab, indossato dalle particolare: non gesti, non formule, donne islamiche osservanti. Appena non scongiuri, non invocazioni ca- un po' più elegante del vestimento ratteristiche. D'altra parte possono delle nostre nonne intente a battere l'orzo con il correggiato, è tuttavia ben essere sufficienti le rogazioni estremamente rappresentativo primaverili, formulate da "addetti di come le donne cercassero di ai lavori" certamente più qualificati proteggersi dalle pericolose reste. a invocare il celeste ausilio e una protezione omnicomprensiva, e per di più pronunciate in lingua "originale". ... A fulgure, et tempestate... A peste, fame, et bello... A flagello terrae motus... Quando le donne carniche indossavano il niqab A omni malo, Libera nos domine .... Ut nos exaudii digneris, te Niqab? Che era mai codesto? Non perdete tempo a cercarlo sul Pirona: non c'è, come non si trova rogamus audi nos su alcun vocabolario furlano. Endemismo collinotto allora (da Collina, Una mano in grembo a prelevare Canale di Gorto, comune di Forni Avoltri), da ricercarsi sul pur pregiato una manciata (uno grampo) repertorio culinòt di don Giuseppe Scarbolo? Neppure. Se proprio non d'orzo, e via a spaglio lungo i solchi lo sapete, non avendolo distrattamente appreso neppure da qualche dell'aratro o le future linee della TG, cercate su Wikipedia. Anzi, vi risparmio anche quella fatica: ecco forca. Gesto fondamentale e pure un esempio di niqab. ieratico, la semina (si pensi a tutta Sorpresi che codesto vestimento fosse in uso in Carnia? Increduli? Sta bene: avete meno di cinquant'anni, oppure siete cittadini e da bambini l'iconografia prosperata nei secoli), vi portavano in vacanza a Lignano. Oppure ancora la memoria comincia ma anche assai meno complicato, a zoppicare: fino agli anni '60 pure i Tolmezzini che oggi fanno sfoggio meno faticoso e al contrario − di- di urban style avevano, in luogo di boutiques e happy hour, stalle e ciamocelo − più banale di qualsiasi fienili ben entro il perimetro urbano, e braide e bearzi erano poco altro lavoro nel campo e dintorni. discosto. Niente di male, intendiamoci, e di codesta smemoratezza 28 • 15

giato ha dunque un solo nemico, sca mano si fosse posata qua e là, tare quando le spighe sono pron- la ormai ben nota e temuta me- a macchia di leopardo, scegliendo te. Ancora Evelina Zanier ci narra teora, lu timpat già menzionato le zone del campo con le spighe a di una particolare tecnica diffusa da Nelio Toch. La grandine, natu- maturazione più avanzata. Si do- a Givigliana: “Quando i campi ralmente, ma alle spighe mature vrà mietere salvando il salvabile, seminati a orzo diventavano e dunque già grandi basta assai mentre il resto sarà per la gioia gialli, ogni donna per sincerar- meno per essere atterrate: anche della vacca e del maiale. si se l'orzo del suo campo era senza giungere alla totale perdita Comunque, se le rogazioni hanno maturato abbastanza, staccava del raccolto − eventualità tutt'al- sortito effetto o la buona sorte qualche chicco e lo assaggiava tro che rara − è sufficiente un è stata clemente l'orzo giunge a sotto i denti: sapeva, così, se forte colpo di vento o uno scro- maturazione. Per lo più si valuta era ora di mietere” (Vicario scio di pioggia particolarmente a occhio, e quando il giallo delle 2000, 199). Tecnica gjivianòto violento e localizzato per lasciare spighe sembra "giusto" si va nel di cui a Collina non si ha alcuna il campo ricoperto di indecifrabili campo e si tocca con mano, ma testimonianza o memoria, ma si geroglifici, come se una gigante- ognuno ha il suo metodo per valu- miete lo stesso.

non si preoccupino più di tanto gli odierni Tumieçin citizens. È un processo frequente in chi ha alle spalle un passato di modestia, se non proprio di stenti e povertà, e in seguito ha rapidamente salito, tanto individualmente che collet- tivamente, la scala sociale fino a elevare il paesello da borgo agricolo al rango di città metropolitana (be', quasi...) e, naturalmente, ha "elevato" sé stesso dalla condizione di contadino sotàn a quella di cittadino borghese e benestante. Tranquilli: il niqab lo indossavano anche le vostre nonne (probabilmente le avete pure viste), e lo avete semplicemente rimosso. Un processo vecchio quanto il mondo, o almeno come l'uomo, vero Siegmund (Freud)? Colgo cenni di panico dalla regia-direzione editoriale, che a sua volta percepi- sce segnali di turbolenza e inquietudine fra i lettori di questo assai rispettabile periodico. Tranquilli, ché rientro tosto nei ranghi e nel merito della faccenda, ad acculturare giovani e cittadini e a rinfrescare un poco la memoria di anziani e distratti cargnelli in cerca del proprio passato. Prima della pilatura, ovvero della rimozione della gluma dalla cariosside dell'orzo, era necessario rimuovere le reste, le acuminate estremità della gluma stessa. Allo scopo si usava il correggiato, il batadùor, con il quale l'orzo era battuto sul pavimento dello stâli, operazione antica non priva di un certo fascino per chi si trovasse ad assistervi (decisamente meno per chi era costretto a prati- Un correggiato-batadùor e un falcetto-sêsjolo da tempo carla). Eseguito dalle contadine in coppia in ritmica sincronia, il volteggiare del fuori servizio e ridotti a oggetti correggiato aveva le sembianze di una danza rituale cadenzata dai colpi della d'arredo. Fino alla metà del calocchia o batàcol (la parte mobile) sull'impiantito del fienile: cloc-cloc, cloc- '900 quasi tutti gli attrezzi cloc, cloc-cloc... La coreografia era completata proprio dall'abbigliamento delle erano costruiti in loco: le parti donne, vestite secondo i dettami dell'Islam più osservante, ovvero indossando in legno − le impugnature/ il più classico e ineccepibile dei niqab. Nero, naturalmente. manici in nocciolo, la calocchia Naturalmente l'abbigliamento non si chiamava così. Anzi non aveva neppure del batadùor in faggio − realizzate un nome proprio, e la sua funzione era esclusivamente pratica e non estetico- dallo stesso utilizzatore, mentre le parti metalliche − lame, denti religiosa. Insomma quella sorta di vestimento blindato doveva proteggere per erpice ecc. − erano prodotte non già dai cupidi sguardi dell'altro sesso ma piuttosto dalla resta dell'orzo, nelle fucine da fabbro presenti nel pericolosamente incline ad attaccarsi alla pelle dei malcapitati presenti e so- villaggio. prattutto a ficcarsi negli occhi delle battitrici, unica parte esposta e vulnerabile. 16 • 28

A ricuei ti voi lis stelis ... che, invece del nostro poeticis- simo ti voglio a raccogliere le stelle, a un italianofono potrebbe a prima vista anche suonare come un assai più prosaico ti voglio a raccogliere gli steli. La mietitura, appunto (nel prosieguo della vil- lotta c'è anche la sesule d'arìnt, il falcetto d'argento). La procedura della mietitura dell'orzo replica esattamente quel- la della segale e del poco frumento disponibile, a partire dalla mieti- Mietitura in Stalatòn, a Collina, forse negli anni '30. Una parte del campo è trice: da sempre e con rarissime ancora da mietere, ma è ben visibile una gerla già carica di fassjòts pronti per eccezioni, infatti, a mietere sono essere trasportati nello stâli, forse proprio quello in secondo piano. Nonostante quasi solo donne. Se il campo è sia ancora mattino (la proiezione delle ombre indica che mezzogiorno è ancora lontano), le spighe sono già pronte per il trasporto: forse non è piovuto di recente, asciutto o tutt'al più rorido di ru- non c'è rugiada, non c'è bisogno di lasciare la talmo ad asciugare ulteriormente giada la contadina procede di buon nel campo. Oppure, a dispetto del sole splendente, l'antica saggezza contadina mattino, armata di tutto il necessa- ha già colto a ponente un segnale di mutamento meteorologico, ed è opportuno rio: sêsjolo, cùot e codâr (rispet- anticipare l'arrivo del maltempo. tivamente falcetto, cote e porta- cote appeso in cintura), qualche sigulìn (funicella per le legature) maticamente, fila dopo fila, fino a Talvolta, pur con tutte le pre- e l'immancabile, imprescindibile completamento della mietitura. cauzioni e tutta la velocità pos- gêî (la gerla: si pronunzia con la Una volta asciutte − per quanto sibile può capitare − temporale doppia ee chiusa). possibile, condizioni climatiche improvviso, giornata umida e Il falcetto è impugnato con la mano permettendo − le spighe prelevate sciroccosa − che l'orzo traspor- dominante, mentre l'altra mano dalla talmo sono unite in piccoli tato nel fienile sia ancora umido. stringe un mannello di steli (gram- fasci di 10-12 cm di diametro Oppure può succedere (e accade po). Con un preciso movimento del (balçs), stretti a 15 cm dall'e- spesso) che a causa di una sta- polso (rotatorio e a "raccogliere") stremità inferiore con un piccolo gione inclemente le spighe non la lama del falcetto taglia alla base legaccio ricavato unendo alcuni raggiungano l'optimum della ma- gli steli, mentre in immediata se- steli (leadùro). A loro volta, alcuni turazione neppure a settembre, quenza la punta libera gli steli stes- balçs sono legati insieme con la avvicinando pericolosamente si facendo cadere al suolo l'erba di cordicella-sigulin a formare un il tempo delle prime nevicate contorno (la stôlo), la quale sarà fascio più grande, il fassjòt, e in e soprattutto delle brinate che lasciata essiccare e quindi recupe- questa forma nel tardo pomeriggio nuocerebbero irrimediabilmente rata come graditissimo foraggio per l'orzo sarà direttamente trasporta- alla segale appena seminata nel la vacca. I mannelli tagliati si ap- to al fienile. Niente covoni a Colli- reonàç, il campo d'orzo appena poggiano progressivamente al suo- na: quassù agosto è uno dei mesi mietuto, e infatti il termine ulti- lo, allineati a formare la talmo, per più piovosi dell'anno, e il pericolo mo per la semina della segale è dar modo alla rugiada di asciugare. di precipitazioni impone di porre convenzionalmente fissato al 29 Taglio delle messi e disposizione quanto prima al riparo le messi settembre, festa di san Michele dei mannelli proseguono così siste- mietute. patrono di Collina. 28 • 17

Particolare di tre esemplari originali di mannelli d'orzo (balçs) completi di legaccio, sullo stai dello stâli Toch Nuzi. A distanza di 50 anni i mannelli hanno perduto le spighe, ma è facile intuire come il balç fosse divaricato fino alla leadùro e poi posto a seccare a cavalcioni della stangjo da dérgi. Interessante dettaglio, i mannelli Una immagine dello svint, rudimentale sono posati su una catasta di scjandòlos, le scandole-assicelle di larice impiegate, macchina per la separazione della in alternativa alla paglia di segale, per la copertura dei tetti prima dell'avvento della granella dalla paglia dopo la battitura, tegola in cotto (1878), ma ancora in uso nel secondo dopoguerra. in una fotografia scattata nel 1932 da Ugo Pellis. Lo svint è quello di casa Caneva Côgher, a Collina: l'uomo a sinistra con il cappello da alpino le quali sono posti numerosi legni il chicco, ma il procedimento sarà è Vittorio Caneva, guida alpina e più piccoli (dergjadùors). Sciolti ancora lungo e faticoso attraverso fotografo a sua volta, il quale manovra il fassjòts e ridotti nuovamente in numerosi passaggi cadenzati da la maniglia dello svint facendo girare la ventola che produce la corrente balçs, questi ultimi sono divaricati altre peculiarità linguistiche del d'aria necessaria a separare la granella fino alla legatura e infine posati culinòt. (Fondo fotografico Pellis, Società a cavallo dei dergjadùors con le In un angolo dello stâli è posata Filologica Friulana/). spighe volte in basso. una tavola un po' bizzarra, dalla L'orzo rimarrà a lungo capovolto forma vagamente trapezoidale, quassù, all'asciutto e al caldo di riservata a un uso abbastanza co- La post-produzione fine estate, passaggio fondamenta- mune, la battitura di tutti i cerali, A porre rimedio a un orzo umido le per assicurare un adeguato es- e naturalmente anche dell'orzo. A o non completamente maturo soc- siccamento delle spighe prima del- uso comune corrisponde tuttavia corre il ruolo fondamentale dello la battitura. Il verbo che definisce una denominazione davvero sin- stâli (v. riquadro a pag. 18-19), questa indispensabile operazione, golare: la tavola si chiama splac, il fienile-stalla che costituisce il dérgi, è migrato nel linguaggio e per l'appunto serve a battere, vero centro della modesta econo- comune assumendo altri significati a splacâ. Analogamente a dérgi, mia agro-pastorale dei Collinotti comunque connessi al significato anche splac e il relativo verbo ospitando il bestiame e il fieno, i originale: dérgi significa infatti splacâ sono anch'essi termini cereali post-mietitura e persino il governare i bovini nella stalla e entrati − con afflato lirico più banc con la granella. anche, più genericamente, siste- modesto ma con grande vigore Appena entrato nel fienile ilfassjòt mare, mettere a posto. Riferito alle muscolare − nell'uso comune è trasportato ai piani superiori, persone e nella forma riflessiva, della vita quotidiana. Battere per nello stài ed eventualmente nello tipicamente da madre a figlio/a, battere, nel linguaggio corrente staiùt, dove sono state approntate su-mo dérgcj! è un invito molto... splacâ è infatti venuto a significa- le strutture per il completamento pressante a darsi una rassettata, re "sculacciare", mentre splac sta della maturazione/essiccamento una sistemata, a mettersi in ordi- − ovviamente − per "sculaccione". delle spighe. Per l'intera lunghez- ne. Un vero imperativo. Orbene, splacàdo è la sommatoria za dello stài si collocano lunghe Terminato il percorso di matu- degli splacs, ovvero la sculacciata stanghe d'abete (stàngjos da razione-asciugatura le spighe di diffusa e dolorosa memoria. dérgi) sospese alle estremità su sono ormai pronte per concedere Lo splac-attrezzo è posto in pros- sostegni in nocciolo (nàilos), fra finalmente il frutto, la cariosside, simità di un angolo dello stâli, 18 • 28

un'area detta àilo della quale sono state accuratamente sigillate tutte le fessure nel pavimento e nelle pareti onde evitare fuoriuscite dei preziosi chicchi. Si pone a terra una tela da sacco di juta, e su que- sta si appoggia un lato dello splac: afferrato all'estremità un balç 1926. Stâli e fontana-abbeveratoio (àip) in piazza a Collina. Rispetto alla alla volta, sullo splac si battono le generalità questo edificio evidenzia qualche variante costruttiva, dovuta al spighe per farne uscire i semi, che terreno pressoché pianeggiante − quasi una rarità, da queste parti − su cui cadono e sono raccolti nella tela è costruito. In particolare il basamento in muratura è quasi interamente fuori terra, e vi si accede dal lato monte (al centro dell'edificio, dietro la fontana, si sottostante. intravede la porta della stalla e alla sua destra la finestra). Ne consegue che Lavoro faticoso, in un ambiante verso monte il piano soprastante è rialzato da terra, e per accedervi è infatti tutt'altro che salubre. L'operazione necessaria una rampa, ben visibile ai piedi della porta d'ingresso, a sinistra si effettua al chiuso dello stài, della quale è appena visibile l'incastro dei tronchi della struttura portante. La rampa dà accesso allo stâli vero e proprio, principale deposito del fieno, luogo ambiente già polveroso di suo, ma deputato alla battitura dei cereali sullo splac e alla successiva mondatura l'aria diviene presto irrespirabile a con lo svint. Ai piani superiori stanno lo stài e lo staiùt, entrambi dotati di causa della polvere e delle parti- finestra come già il piano inferiore, dove le spighe capovolte sono messe a celle di ogni dimensione che satu- dérgi. Del tetto in paglia di segale è ben visibile un intero spiovente ma solo parte dell'intelaiatura, della quale viceversa spicca contro il cielo il bloccaggio rano l'ambiente. Una nube densa e con pertiche e assicelle sul colmo del tetto stesso. (Fondo fotografico Pellis, scura che si deposita dappertutto Società Filologica Friulana). e a ogni battuta si ispessisce e si solleva di nuovo, costringendo di tanto in tanto le donne a cercare Tal stâli aria e respiro con una sosta all'a- Il classico stâli collinotto è un edificio con basamento in pietra a pianta perto. per lo più quadrata (mediamente 8 x 8 m, ma ve ne sono di più piccoli A operazione conclusa abbiamo da e anche molto più grandi), quasi sempre situato su terreno in pendio una parte i grani d'orzo frammisti a dal momento che quassù il terreno pianeggiante è quasi un'astrazio- paglia, da avviare alla mondatura; ne: conseguentemente, i locali che si ricavano nel basamento sono dall'altra abbiamo gli steli, ormai parzialmente interrati. Sul basamento poggiano tre piani fuori terra, solo paglia della quale si farà un spesso aggettanti, con struttura portante e pareti interamente in legno foraggio apprezzatissimo dalle a eccezione della parete del primo piano volta a monte (nord), che è in bovine, al punto che costituirà una muratura a protezione dell'accumulo di neve che vi si crea a ridosso. sorta di premio alla fine del pasto A eccezione di questa parete, la struttura perimetrale del primo piano quotidiano. L'argomento merita è in tronchi d'abete a incastro (incjadenâts, incatenati) di diametro un'altra citazione di Nelio Toch. E circa 20 cm, mentre ai piani superiori le pareti sono in semplici assi dopo es vacjos jur portavo sim- verticali. Anche il pavimento del primo piano soprastante il basamento pri como dessert, di ultim, un (plancùm) è interamente in tronchi, più piccoli di quelli delle pareti, braç di stran di vuardi. Lu fen, mentre la pavimentazione dei piani superioni è in assi appoggiate su capistu, e di ultim un braç di una struttura portante di tronchi. Negli stâlis monofamiliari non sono stran, encj chel al vevo da durâ presenti tramezzi o divisori all'interno dell'edificio, mentre quelli bifamiliari duto la stagjon. sono solitamente bipartiti in verticale Accontentata la vacca ritorniamo Il basamento − seminterrato verso nord e quindi più protetto dal freddo alla granella, uscita dalla battitura − ospita la stalla (cjùot) dove è ricoverato il bestiame ed è dotato di sullo splac ancora frammista a due o tre finestrelle chiuse con vetri e protette da inferriate. 28 • 19

Talvolta lo stâli deroga dalle sue funzioni agropastorali e si trasforma in tutt'altro. È il caso di quello della famiglia Barbolàn Caminòn, a Collinetta, che per oltre mezzo secolo funge da sala da ballo assumendo anche il nome proprio di Staiàt (il suffisso -at ha significato vagamente spregiativo, come l'italiano -accio). In occasione del carnevale del 1946, il primo carnevale dopo la Liberazione, lo Staìàt ospitò un ballo memorabile che durò tre giorni. Nella circostanza le pareti furono decorate da Giovanni Napoleone Pellis, appassionato frequentatore di Collina dai cui paesaggi traeva feconda ispirazione per le proprie opere. In questa immagine dello Staiàt è ripresa la parete a nord ovest, la più ricca di figure e di colori, con uno scorcio anche della parete a nord est. In alto, su una trave in alto campeggia una delle numerose scritte disseminate nell'ambiente, forse la più bella nella sua levità: a fa l'amôr a ul maniêre. A far l'amore ci vuole garbo, delicatezza. Sono visibili le due scalette di legno che consentono il passaggio fra i piani: in basso al centro gli ultimi gradini della scala che sale dal sottostante stâli; più a destra l'altra scala che conduce allo staiùt. Finiti i Carnevali, ma anche scomparse vacche e fieno, per lo Staiàt è tempo di Ceneri perenni: come un po' crudemente sottolinea l'immagine, l'intero edificio è oggi ridotto a magazzino-deposito.

Il primo piano, con ingresso verso monte direttamente nel ciclo di lavorazione dei cereali. È sempre dotato sul pendio o tramite una passerella, è il fienile princi- di aperture ai due lati non spioventi: talvolta finestrelle pale (lo stâli propriamente detto) dove è stivato il fieno talaltra incisioni ornamentali, sempre lasciate aperte di valle (fén di plan), falciato nei prati di fondovalle in senza chiusura. due e talvolta anche tre tagli da giugno a settembre Primo piano e seminterrato comunicano attraverso (rispettivamente fén, urtigóul e mujàrt). Il perimetro è un'apertura di circa 1 x 1 m (tròmbo) usata per calare variamente provvisto di finestre per la ventilazione, per il fieno nella mangiatoia. Analoga apertura si trova lo più orientate verso valle, dotate persiane fisse o di spesso anche al piano superiore per agevolare la chiusura amovibile in assicelle di legno. discesa del fieno dallo stai allo stâli. E naturalmente L'accesso al piano superiore avviene tramite una scaletta anche per assicurare divertimento ai ragazzini: alzi la in legno, ripida ma dotata di gradini molto profondi mano il culinòt over 60 che, soprattutto nelle giornate per consentire un passo sicuro a chi vi salga con la piovose, non ha mai passato interi pomeriggi nello stâli gerla appesantita dal carico. Il piano funge da fienile a saltare nel fieno da un piano all'altro. secondario (stài) dove è stivato il fieno di monte fén( Lo stâli è il vero centro dell'attività agricola al di fuori di mont), falciato in unico taglio per lo più ad agosto. del campo e del prato. Lungi dall'essere un semplice Sempre provvisto di finestre di ventilazione dotate di deposito o magazzino, oltre a contenere il bene più chiusura amovibile, lo stài talvolta ospita anche il banc, prezioso del collinotto medio − la vacca con tutto il il cassone a scomparti che contiene tutte le granaglie suo foraggio invernale − lo stâli è il luogo deputato a di famiglia. ospitare tutte le post-lavorazioni dei cereali e talvolta L'ultimo piano, al sottotetto (stajùt), è anch'esso rag- anche a custodirne la preziosa granella nell'ormai noto giungibile dal piano sottostante tramite la consueta banc. La presenza del collinotto nello stâli − e non solo scaletta in legno. Di dimensioni e agibilità assai ridotte nel cjùot ad accudire la vacca − è quindi quotidiana. a causa degli incombenti spioventi del tetto, il locale Quasi una seconda casa, anche se non vi ha luogo la non è d'uso frequente e funge per lo più da deposito di filo, la veglia comune che a Collina si tiene sempre e attrezzi d'uso stagionale: tuttavia, in caso di necessità rigorosamente in casa, vicino allo spolèrt. Ma questo di ulteriori spazi può anche avere un suo ruolo proprio è un altro discorso... 20 • 28

molta paglia sminuzzata dalla quale andrà separata. Fino alla seconda metà dell'Ottocento la mondatura si effettua interamente a mano − e a fiato − con il vaglio: la val (femminile), attrezzo d'uso talmente semplice, diffuso e co- nosciuto che non mette neppure Una stangjo da dérgi nel fienile di casa Toch Nuzi. L'asta è stata visibilmente conto descriverlo (se non lo cono- riposizionata per renderla maggiormente fruibile a scopi diversi dalla dergidùro dei sceste non sareste arrivati sin qui). cereali: in origine le stanghe erano sostenute dalle sospensioni-nàilos ben visibili In epoca moderna, ai primi del tanto sulla sinistra che sulla destra, in fondo. Novecento o forse in epoca di poco anteriore, fa la sua comparsa a Col- lina un aggeggio assai ingombrante recipiente sottostante; più legge- dell'anno e secondo necessità, (fuori tutto misura circa 1x2x1,60 m, ra, la paglia (pajo) è trasportata direttamente al mulino per essere ma le dimensioni sono variabili) dall'aria in alto verso una seconda trasformati in farina. Viceversa e dalla forma po' bizzarra. Intera- apertura, sul lato destro del cas- l'orzo, che dalla battitura esce mente in legno e probabilmente sone, dalla quale fuoriesce e cade ancora vestito, con la cariosside costruita su modello austriaco o a terra. Va da sé che la ventola ricoperta dalla gluma (scuàrço) tedesco, la "macchina" richiama va azionata cum grano salis, in con la sua resta terminale (risclo), vagamente una portantina (è modo da garantire la migliore se- deve sottostare a un ulteriore trat- dotata di due o quattro manici per parazione possibile: una corrente tamento, decisamente traumatico, agevolarne lo spostamento) o forse troppo forte (come di primo acchi- per rimuovere le reste: una nuova un catafalco. È lo svint (a Collina to tendono a fare per gioco i ragaz- battitura, questa volta assai più la s si pronunzia con un suono zini) impedisce la caduta al basso intensa e aggressiva di quella sullo palatale sibilante sonoro, come la dei semi più piccoli; una corrente splac. È il tempo del batadùor e j francese di Jean), che viene effi- troppo debole tende a lasciare del niqab (v. riquadro a pag. 14-15). cacemente a sostituire il vaglio. troppa paglia frammista ai semi. Se mai vi fosse bisogno di ele- A dispetto delle monumentali In ogni caso, va da sé che la mon- menti oggettivi a testimonianza dimensioni il principio di funzio- datura sarà terminata rimuovendo della grande diffusione dell'orzo a namento dello svint è semplicis- manualmente le impurità residue. Collina, borgo che non raggiunse simo. Il cuore dell'attrezzo è una Neppure la pajo fuoruscita dallo mai i 500 abitanti, eccone uno semplice ventola a pale, montate svint andrà sprecata, ma sarà riu- inconfutabile. Negli immediati su un asse di rotazione orizzontale tilizzata nel recupero e bonifica di dintorni dell'abitato, lungo i due azionato da una manovella. A terreni sterili. principali corsi d'acqua, vi sono sinistra c'è la tramoggia di carico Sin qui il procedimento è identico ben tre strutture per la pilatura in cui si introduce, con una sessola per tutti i cereali: orzo, frumento e dell'orzo (v. mappa a pag. 9): due o con un attrezzo adatto, l'orzo segale seguono tutti lo stesso per- mulini a pestelli (pestòn di Chini misto a paglia sminuzzata uscita corso, dalla mietitura al dérgi, allo e pestòn di Pio), dedicati esclu- dallo splac. Grani e fuscelli en- splac allo svint, ma ora le strade si sivamente alla pilatura dell'orzo, e trano nel cassone e sono investiti dividono. Frumento e segale, i cui uno a macine (mulin di Codâr) dalla corrente d'aria prodotta dalla semi escono nudi dalla battitura in grado tanto di macinare segale ventola: i semi, più pesanti, cadono sullo splac, sono ormai derrate e frumento che di pilare l'orzo. Per in basso attraverso un'apertura e alimentari pienamente fruibili: le modalità di funzionamento del sono raccolti, ormai mondi, in un vanno nel banc e di qui, nel corso mulino a pestelli si veda l'interes- 28 • 21

In auge a cavallo fra i booming '50s & '60s, questi prodotti godettero di immeritato successo (al proposito la composizione è illuminante) a spese dell'assai più domestico orzo il quale Minestra d'orzo come volete − con − ahilui associato ad assai meno il latte, con le verdure, con il bro- nobili compagni di brustulìn come la cicoria e il lupino, cigóri e cafè mat − do (e la cròdio: sì, quella in attesa perdette una guerra che non poteva di riscoperta...) − ma la morte vincere. In nome del "progresso" dell'orzo quella era: minestra. Era radiotelevisivo las Culinòtos andarono e ancora è, dal momento che la ad acquistare in bottega non già il gustoso ma faticoso vuàrdi figlio di generazione dei culinòts ultra- inenarrabili fatiche, dalla gerla con il sessantenni, l'ultima ad aver visto ledàn fino al batadùor e relativo niqab: l'orzo crescere nei campi, alla andarono ad acquistare proprio i minestra d'orzo dà la caccia nei suoi meno nobili compagni di strada, i disprezzati cigóri e cafè mat con locali che la propongono: va da sé, l'aggiunta di una sfilza di altre cose di con sapori un po' più temperati, cui forse manco sapevano l'esistenza. un po' più miti rispetto a quelli Insieme alla guerra (persa) del burro con la margarina, un soggetto da film. ruspanti del latte fresco di mungi- Neorealista. tura o della cròdio affumicata, ma i tempi sono quelli che sono e va pur bene così. sante articolo in Puntin 2007, pp. to forma di farina o di orzo pilato. 42-44: i nostri pestòns sono assai Un déjà vu, quello della gerla, che Lu cafè più rudimentali, ma il principio dura ininterrotto da 8 secoli e che Molto dell'orzo collinotto moriva è pur sempre quello. Viceversa il si interromperà solo con l'epocale dunque in minestra, primo (e mulin di Codâr è dotato di un stravolgimento della seconda metà spesso unico) piatto di cene assai dispositivo che consente rapida- del Novecento. Ma rimandiamo poco luculliane. Altro, molto altro mente di variare la luce fra le due l'apocalisse a tempi peggiori: ora è orzo prendeva tutt'altra strada, as- mole, passando dalla funzione di tempo di mettersi a tavola. sai diversa ma altrettanto − e forse macinatura di segale e frumento a ancor più − apprezzata: altrove si quella di pilatura dell'orzo. Mignestro dice 'o cafè, ma un tempo anche Tutti i mulini cessano la propria Di gran moda oggi è l'orzotto. A laggiù la nera bevanda era prodot- attività nell'immediato secondo do- meno che non sia già passato out ta con ben altro che il caffè vero. poguerra, quando prende avvio il of fashion, naturalmente. Rapi- Andiamo con ordine. declino di tutti i coltivi che nel vol- dissima nel consumo − o nella Come già per la semente, dal banc gere di un ventennio praticamente consunzione − delle proprie cre- preleviamo qualche grampo d'or- cancellerà da Collina ogni forma azioni, la società dell'affluenza ri- zo e scendiamo in cucina, dove il di coltivazione superiore all'or- scopre (e consuma) le invenzioni fuoco è già acceso (lo è sempre...) to di famiglia. Tuttavia, in quel degli antenati: in attesa − ansiosa nello spolert, la cucina economica ventennio di cereali senza mulini − di una prossima ventura rivalu- che ha sostituito il focolare: molto c'è evidentemente a Collina una tazione della cròdio dal purcìt, più comodo lo spolert con i suoi domanda insoddisfatta di attività sive cotenna del maiale, godia- cerchi a misura dell'imprescindi- molitoria che deve cercare sbocco moci l'orzotto. Devo dire che mia bile attrezzo con cui ci accingiamo altrove. Soccorre nuovamente nonna − e anche mia madre, mio a tostare il nostro orzo. Nel più la donna collinotta con relativa padre, zii etc. − l'orzotto manco conosciuto e benemerito dei voca- appendice: la gerla in cui, fino al sapevano che cosa fosse: aveste bolari friulani, alla voce brustulìn secondo dopoguerra, le granaglie parlato loro di mignestro di corrisponde la definizione di "tosti- scendono ai mulini di Forni Avoltri vuardi avrebbero replicato con no per caffè". Caffè? Forse a Udine e Rigolato e risalgono a Collina sot- un corale aah ben, ma l'orzotto... − dove già allora sono un po' sjiórs 22 • 28

− in casa tostano vero caffè, men- mente l'orzo puro è riservato al dì oppure in Latarìo quando la tre i veri sjiórs triestini già hanno di festa, se va bene, o ai malati, e vacca se ne torna a valle: ma vuoi le torrefazioni. E noi? Potere della per risparmiarlo praticamente si mettere la margarina, così pratica semantica, del caffè i contadini utilizza ogni seme suscettibile di e che non fa male, e di cui fanno la usano il nome, ma nel brustulìn tostatura. Ma, comunque prodotta, pubblicità anche in TV? Già, che mettono quel che possono, e via godetevi la vostra bevanda: dopo il coincidenza: sono gli anni in cui con l'orzo. E non solo: vero è che caffè viene l'amaro. la TV arriva anche a Collina, e via da qualche parte si sostiene che Alla fine degli anni Sessanta a Col- con le margarine stracariche di l'orzo è surrogato del caffè, ma lina si smette di coltivare qualsiasi grassi superidrogenati. Como ju anche l'orzo ha i suoi succedanei cosa: prima la segale e poi le rape 'merecans! (come a dire il surrogato del sur- e l'orzo, più tardi i cavoli e infine Richiamando ancora la colorita rogato del caffè...), e già allora la anche le patate. Per qualche anno espressione della maestra di Givi- differenza era non di poco conto. si continuano a falciare i prati di gliana, il caffè d'orzo quasi gioco- “Con l'orzo si faceva il caffè, che valle (quelli di mont sono abban- forza "corretto" con zigóri e cafè era acquetta. Sopra la fiamma del donati per primi), ma infine scom- mat è acquetta. Agarolo. Quasi un fuoco, chiuso nel tostino da caffè, paiono anche le vacche e chiudono simbolo, un condensato di secoli si abbrustoliva e, rovesciato in una le stalle e chiude la quasi centena- e secoli di stenti e di fatiche mal terrina prima che si fosse raffred- ria Latteria sociale. Scompaiono i patite in quell'agarolo. Invece, dato, lo si allargava con le mani. maiali e infine pure le galline. Le liberamente scelto, ecco il radioso Di fuori, soffiando, si liberava dagli ragioni, i perché sono gli stessi che futuro che avanza nelle dispense ultimi pezzetti di spine e dalle sono alla base dell'abbandono della di lassù: bucce. Macinato nel macinino e montagna italiana, dagli Appennini − Miscela Leone. Prodotto a base mescolato con un po' di cicoria o alle Alpi (escluso il Sudtirolo, e na- di orzo, segale, cicoria, lupini, ceci, di caffè falso, si metteva (pronto, turalmente c'è un perché): qui non bietole, melassa di zucchero di finalmente!) nella coppetta del facciamo analisi socioeconomiche, canna. caffè” (Vicario 2000). Così la ma- a maggior ragione quelle che tro- − Vero Franck (vero caffè con estra di Givigliana Evelina Zanier, vate già bell'e pronte su qualsiasi vero Franck, secondo uno slogan che con grandissima efficacia quel testo o rivista che tratti minima- pubblicitario). Prodotto con pura "caffè" definisceagarolo , acquetta, mente di economia montana. cicoria tostata. ma non è che a Collina le cose Ma quando da Collina scompare E il nostro era agarolo... andassero poi diversamente, come l'orzo il brustulìn è già da tempo sottolinea Nelio Toch. Cafè mat e in soffitta, o ridotto a oggetto d'ar- lu metevo encj gna Rigjìno: la redo. A cavallo del secondo con- Bibliografia mê gna Rigjìno e la metevo achì flitto mondiale a sostituire l'orzo Cantoni 1855 = Gaetano Cantoni, Trattato in Sopóç uno planto di cafè mat. e i suoi surrogati arrivano prima il completo di agricoltura compilato dietro I dîsj lu zigóri e lu cafè mat. Vero Franck e poi la Miscela Leo- le più recenti cognizioni scientifiche e pratiche dal dott. Gaetano Cantoni, Chel e chel, i lu metevo che jero ne, e alle ormai ex contadine colli- Milano, Vallardi, 1855. uno ruobo amaro. notte sembra di entrare nel futuro: Pirona 1935 = Jacopo Pirona, Giulio Andrea Pirona, Il nuovo Pirona, Udine, Un po' di chiarezza. I surrogati con votu un cafè? Apri il pacchetto et Bosetti, 1935. cui si allunga il prezioso caffè d'or- voilà, bell'e pronto, nero come la Puntin 2007 = Ennio Puntin Gognan, Il zo sono rispettivamente lu zigóri- pece. Âtri cu zigóri e cafè mat! mulino di “Miceu” ad Alture di Ruda, Notiziario ERSA n. 2, 2007 (anche cicoria (Cichorium intybus L.) È la storia della margarina che online). e lu cafè mat-lupino selvatico sostituisce il burro, quel burro Vicario 2000 = Federico Vicario, Vocabolari Riguladòt, Cumun da Rigulât, (Lupinus angustifolius L. e quasi giallo che bisogna andare a 2000; testimonianza nella parlata locale, Lupinus hirsutus L.). Evidente- prendere in malga, in Morarìot, traduzione italiana dello stesso Autore. 28 • 23

Le voci dei campi Piccolo repertorio di terminologia agricola collinotta (* indica termini non presenti sul Nuovo Pirona, probabili endemismi collinotti)

Culinòt Nuovo Pirona *àilo [sf] area dello stâli ove si svolge la battitura con lo splac banc [sm] banc grande cassone in legno a scomparti ove si conservano i diversi cereali batàcol batàcul parte mobile del batadùor, calocchia batadùor [sm] batadôr correggiato battere, in particolare l'orzo con il batadùor per separare le cariossidi dalla spiga e dalla bati [vt] bati paglia degli steli codâr [sm] codâr portacote in legno da appendere in cintura *codrêo [sf] aratro (dal lat. quadriga!) *cortâr [sm] quartarûl unità di misura per aridi (10 l) còsj [sm] còs piccola cesta rotonda cùot [sf] côt cote *dérgi [vt] porre i balçs capovolti a cavallo dei dergjadùors per completarne la maturazione/asciugatura *dergjadùors [smpl] bastoni di legno su cui nel fienile sono posti ad asciugare gli steli delle graminacee *fassjòt [sm] fascio di diversi balçs legati insieme con un sigulìn gêi [sm] zèi gerla (da fieno, da letame, da strame ecc.) grampo [sf] grampe mannello di spighe, manciata (di granaglie da seminare) grap [sm] grap, grape erpice leadùro [sf] leadùre legaccio di steli per legare il balç treppiede in legno con una tavoletta fissata orizzontalmente su due gambe, verso l'esterno; *màmol [sm] usato per agevolare il caricamento in spalla della gerla, soprattutto per il trasporto del letame monài [sm] monài lunghezza della passata orizzontale con la forca muldùro [sf] muldùre percentuale della farina con cui è pagato il mugnaio *mulî [vt] macinare al mulino *nàilos [sfpl] sostegni in nocciolo che supportano alle estremità le stàngjos da dérgi in NP ha solo il significato di "ungere", ma a Collina sta anche per "aggiogare", per lo più *òngi [vt] ònzi riferito ai buoi: mançs ung˘ûts=buoi aggiogati *plancùm [sm] pavimento in legno dello stâli *ravinâl [sm] il campo dopo la raccolta delle rape reonàç [sm] reonàz il campo dopo la mietitura, in particolare dell'orzo risclo[sf] riscle resta terminale della gluma dei cereali, aghi delle conifere *ruìgn [sm] striscia di terreno incolto a lato dei campi di segale e d'orzo sarî [vt] sarî sarchiare scio[sf] schie residuo della pilatura, miscela d'orzo e gluma usata nell'alimentazione del bestiame scuàrço [sf] scuàrze corteccia in generale, nella fattispecie la gluma dell'orzo sêsjolo [sf] sésule falcetto, falciolo da grano *sforcjâ [vt] vangare con la forca sigulìn [sm] sigulìn funicella per legare il fassjòt spandi [vt] spandi lo spargimento del concime sul campo *splac [sm] asse per la battitura dei cereali *splacâ [vt] battere i cerali sullo splac per fare uscire la granella dalle spighe *stàngjos da dérgi [sfpl] lunghe pertiche su cui sono appoggiati trasversalmente i dergjadùors stai [sm] il secondo piano fuori terra dello stàli, dove i mannelli sono posti a essiccare staiùt [sm] il terzo piano fuori terra (sottotetto) dello stàli stâli [sm] stàli costruzione adibita al ricovero degli animali, del foraggio e delle messi stòlo[sf] stòle erbacce eliminate con il falcetto durante la mietitura stran [sm] stran paglia di cereali sùolç [sm] sólz falciata *svint [sm] svint attrezzo per separare la granella dalla paglia tirar vento (in NP ha solo questo significato): qui sta per separare la granella dalla paglia *svintâ [vt] svintâ con lo svint *talmo [sf] la fila del cereale mietuto e deposto a terra tramudâ [vt] stramudâ mutare di luogo, trasportare il concime dal letamaio al campo vuéi [sm] vuéi loglierella 24 • 28

Stefania MIOTTO Ernest Hemingway, il ragazzo del ’99 innamorato dell’Italia «Ho così tanta nostalgia dell’Italia che quando ne scrivo viene fuori quel non so che di speciale che si riesce a mettere solo nelle lettere d’amore».

Così si esprimeva Ernest He- Hemingway si era trasferito a Kan- Cmingway nel marzo del 1919, po- sas City e aveva iniziato a lavorare che settimane dopo il suo rientro come giornalista in un quotidiano negli Stati Uniti. Il legame dello locale. Nello stesso anno, il 6 apri- scrittore americano con il nostro le gli Stati Uniti intervennero nel Paese durò oltre quarant’anni, primo conflitto mondiale. rafforzato dalle numerose amicizie Il giovane Ernest lasciò immedia- e cementato dalle sue passioni e tamente il lavoro e si presentò debolezze: le leggendarie bevute come volontario per andare a all’Harry’s Bar di Venezia, i sog- combattere in Europa, come già giorni alla Locanda Cipriani di stavano facendo molti giovani Torcello, le battute di caccia in aspiranti scrittori che provenivano laguna. dalle università, tra i quali John prima del catastrofico terremoto del 1976, durante le riprese Nato il 21 luglio 1899 a Oak Park, Dos Passos, William Faulkner e di Addio alle armi (Collezione Cineteca un sobborgo di Chicago, nel 1917 Francis Scott Fitzgerald. del Friuli). 28 • 25 26 • 28

Escluso dai reparti combattenti delle sue mansioni, venne ferito a causa di un difetto alla vista, alle gambe da un Minenwerfer Hemingway venne arruolato come lanciato da un mortaio austriaco; autista nei servizi di autoambulan- mentre cercava ugualmente di za dell'American Red Cross, la portare in salvo un soldato italiano sezione statunitense della Croce colpito al petto, alcuni proiettili Rossa. Dopo un periodo di adde- di mitragliatrice gli dilaniarono il stramento, ai primi di giugno del ginocchio destro. 1918 giunse in Italia; fu assegnato Dopo le prime cure, ricevute alla “Sezione IV” della Croce Rossa presso un ospedaletto da campo Internazionale Americana, inse- alle porte di Treviso, fu trasportato diatasi negli stabili del Lanificio all'Ospedale della Croce Rossa Cazzola a Schio, cittadina ai piedi Americana a Milano, dove venne del monte Pasubio. Malgrado il 15 operato. Lì rimase tre mesi, du- giugno si fosse scatenata sul fronte rante i quali si innamorò di un'in- italiano la cosiddetta “battaglia del fermiera statunitense di origine Solstizio”, ultima grande offensiva tedesca, Agnes von Kurowsky. sferrata dall’esercito austro-unga- Riguardo a questo incontro, lo rico, alla “Sezione IV” la situazione scrittore sostenne in seguito che si era tranquilla e per alcune setti- era trattato di una vera e propria mane Hemingway alternò il lavoro storia d'amore, mentre Agnes ri- di soccorso con bagni nel torrente dimensionò la liaison a innocente e partite di pallone con gli amici. relazione platonica. Iniziò anche a collaborare ad un Una volta dimesso e decorato giornale, intitolato Ciao, con arti- con la medaglia d’argento al valor coli scritti sotto forma di epistola militare, promosso a tenente e conobbe, recandosi in un paese Hemingway ritornò al fronte a Bas- vicino, il futuro scrittore John Dos sano del Grappa. La “Sezione Uno” Passos (che nel 1920 avrebbe pub- delle ambulanze della Croce Rossa blicato il suo primo romanzo One Americana aveva sede a Ca’ Erizzo, Man’s Initiation: 1917, amara un’elegante dimora quattrocente- denuncia degli orrori dell’inutile sca sulla riva est del fiume Brenta, Nella seconda metà degli anni ’50 del Novecento, Venzone visse una breve strage). a breve distanza dal celebre Ponte ma intensa stagione cinematografica, Il giovane Ernest, coscritto dei Vecchio, oggi sede di un impor- divenendo set di due memorabili film nostri “ragazzi del ’99”, desiderava tante Museo Storico della Grande sul primo conflitto mondiale: Addio alle armi (A Farewell to Arms, 1957) di però assistere alla guerra da vicino: Guerra e di una “Collezione He- Charles Vidor, con le star americane fece domanda per essere trasferito mingway”, dedicata all’avventuroso Rock Hudson e Jennifer Jones, oltre e fu quindi mandato nelle vicinanze romanziere che qui vi trascorse gli a Vittorio De Sica, Alberto Sordi, di Fossalta di Piave, come assisten- ultimi mesi del conflitto. Tra i vo- Franco Interlenghi, e La grande guerra (1959) di Mario Monicelli, con Vittorio te di trincea. Aveva il compito di lontari autisti, Ernest incontrò nuo- Gassman, Alberto Sordi e Silvana distribuire ai soldati generi di con- vamente John Dos Passos, insieme Mangano. L’immagine, che appartiene forto, come cioccolata e sigarette, ad altri studenti universitari che si alla collezione della Cineteca del recandosi quotidianamente alle autodefinivano “Poeti di Harvard”: Friuli, si riferisce alle riprese del primo film, tratto dal romanzo di Ernest prime linee in bicicletta. Durante la un’eccezionale concentrazione di Hemingway. notte tra l'8 e il 9 luglio, nel pieno future glorie letterarie americane. 28 • 27

Quando l'esercito fu smobilitato, il 21 gennaio del 1919 Hemingway fece ritorno a Oak Park, dove ven- ne accolto come un eroe. Anche Agnes von Kurowsky rientrò negli Stati Uniti nello stesso anno; non avrebbe più rivisto Ernest con il quale, dopo il rimpatrio, ebbe solo un fugace contatto epistolare. All’esperienza sul fronte italia- no, durante la Grande Guerra, Hemingway dedicò due opere letterarie. Il racconto The passing of Pickles McCarty. The Woppian Way, sto- ria di un giovane pugile – già stu- dente all’Università di Stanford – che alla vigilia del campionato del mondo di boxe si rifugia a Bassano Prima di visitare personalmente il Friuli, Hemingway ne aveva descritto alcune del Grappa per combattere tra gli località nel romanzo Addio alle armi (1929); la nobile dimora goriziana con «una Arditi, prende le mosse proprio fontana e molti grandi alberi ombrosi in un giardino cintato e da una parte un dalla sede di Ca’ Erizzo. pergolato di glicini violacei» sembra quasi anticipare la futura amicizia con i conti udinesi Kechler, che dal 1948 lo ospitarono nelle loro ville di Percoto, San Martino di Il romanzo Addio alle armi e Fraforeano di (quest'ultima, villa Kechler de Asarta, nella foto). (1929) è invece largamente ispirato alle vicende biografiche dello scrittore. Egli decise tutta- cruda realtà della quotidiana car- re i mezzi. La coppia, ricongiuntasi via di ambientare la prima parte neficina umana. Nella primavera dopo varie avventure, raggiungerà della storia non in Veneto, ma in del 1917 il tenente Frederic cono- la Svizzera; gli amanti tuttavia non Friuli, attingendo all’ampia me- sce una giovane infermiera inglese, potranno assaporare a lungo que- morialistica per la descrizione di Catherine Barkley. Fra i due nasce sta felicità, interrotta dalla morte eventi ai quali non aveva assistito un rapporto che, dapprima occa- per parto della giovane Catherine. direttamente, come la rotta di sionale, si fa rapidamente intenso Storia di un amore tragico sullo Caporetto e il conseguente pas- e passionale. Intanto l'americano sfondo della guerra, assurda e saggio del Tagliamento, avvenuti inizia a cogliere i primi segnali di inumana, il libro si prestava natu- alcuni mesi prima del suo arrivo stanchezza e di sfiducia fra i suoi ralmente a versioni e adattamenti in Italia. Il protagonista Frederic commilitoni: la guerra va avanti da cinematografici. Henry, un giovane americano figlio quasi tre anni, centinaia di migliaia Il primo film,A Farewell to Arms, di un diplomatico, si reca in Italia di soldati sono morti e la vittoria del 1932, dovette fare i conti per partecipare volontariamente è ancora lontana, nonostante la con la censura, che non gradiva alla Grande Guerra, spinto da propaganda. Il 24 ottobre del 1917 situazioni presentate dal romanzo, motivazioni idealistiche. Durante il il fronte italiano crolla a Caporetto considerate pericolose per la mo- conflitto svolge l'attività di condu- e il gruppo di ambulanze si ritrova rale dell'epoca, come per esempio cente di ambulanza, trasportando i travolto dalla massa di soldati in l'unione senza matrimonio fra il feriti dal fronte fino all'ospedale da caotica ritirata, tanto che gli autisti tenente Frederic (impersonato campo più vicino e scopre così la si vedono costretti ad abbandona- dall’attore Gary Cooper), e l'infer- 28 • 28

miera Catherine, o la diserzione dall'esercito, così come il malcela- to antimilitarismo. Il regista Frank Borzage (in realtà Borzaga, di origine italiana) fu costretto perciò ad operare alcune modifiche ri- spetto al testo originario. Nel 1957 uscì Addio alle armi del regista Charles Vidor, remake del film precedente; girato in Italia, tra cui alcune scene nel centro storico di Venzone, annoverava tra gli inter- preti Alberto Sordi e Vittorio De Sica, che per la parte ottenne una nomination ai Premi Oscar 1958 come miglior attore non protago- il gioco di sguardi della fotografia, scattata a Venezia, racconta l'infatuazione di nista. Ernest Hemingway per la giovane Adriana Ivancich, sotto gli occhi vigili di Mary Nel frattempo lo scrittore statu- Welsh, quarta moglie dello scrittore. nitense, soprannominato Papa, aveva ripreso i contatti con il Bel- paese. Insieme alla quarta moglie il conte Carlo Kechler, di cui era di giovinezza e di slanciata bel- Mary Welsh, approdò al porto di ospite, dalla villa di San Martino di lezza»; ricambiato solo platonica- Genova nel settembre del 1948: Codroipo. Un paio di mesi prima mente, cercò di incontrarla in ogni ormai divenuto una celebrità – di lo scrittore aveva conosciuto a occasione in cui tornava in Italia, lì a poco, nel 1954, sarebbe stato Cortina d’ il fratello di ospitandola a Cuba e intrattenen- insignito del premio Nobel per la questi, Federico, instaurando da do con lei, per anni, una fitta corri- Letteratura – Hemingway aveva subito con lui una sincera amicizia, spondenza. Questi incontri diedero portato in Italia la sua automobile, estesa poi agli altri membri della spunto a numerosi pettegolezzi, una Buick azzurra decappottabile, nobile famiglia udinese. I due fe- alimentati dall’uscita del romanzo con la quale mostrare alla consorte cero tappa per colazione nella villa Di là dal fiume e tra gli alberi i luoghi conosciuti trent’anni pri- di Alberto Kechler, altro fratello di (1950) dove si riconosce chiara- ma durante la Grande Guerra. Il Carlo e Federico, a Fraforeano di mente l’ispirazione alla Ivancich soggiorno nella nostra penisola gli Ronchis; arrivarono dunque con per i tratti fisici della protagonista avrebbe regalato nuove amicizie e un’ora di ritardo all’appuntamento femminile Renata. Per tutelare un nuovo bruciante amore, quello fissato a con la dicianno- la giovane amica, Hemingway ne per la giovane aristocratica Adria- venne Adriana Ivancich, discen- impedì addirittura la pubblicazione na Ivancich. E, questa volta, il dente di una famiglia di origine nel nostro Paese per almeno due viaggio toccò anche il nostro Friuli. dalmata che aveva casa tra Venezia anni, e alla fine l’edizione italiana Lo scrittore statunitense conobbe e San Michele al Tagliamento, in uscì solo nel 1965. Adriana alla fine del 1948. Invitato una villa vicino al fiume di cui, Di là dal fiume e tra gli alberi dal barone Nanyuki Franchetti ad dopo i bombardamenti alleati del è uno straordinario tributo a Ve- una battuta di caccia nella tenuta 1944, erano rimaste solo le possen- nezia, a sua volta cornice di una di famiglia a San Gaetano di Ca- ti barchesse. malinconica introspezione sull’a- orle, all’alba piovosa di sabato 11 Hemingway si innamorò quasi da more impossibile e sulla morte. dicembre 1948 Ernest partì con subito della ragazza, «splendente Richard Cantwell, un colonnello 28 • 29

Il 15 aprile 1954 il conte Federico Kechler volle accompagnare Hemingway a Lignano Pineta, dove l’architetto udinese Marcello D’Olivo stava realizzando un innovativo progetto urbanistico basato sulla pianta a chiocciola, equilibrata compenetrazione tra natura e intervento umano. La foto, scattata in quel giorno, ritrae Ernest a passeggio in un tratto della “chiocciola” con Fiamma e Carla Kechler (Foto Mario Kechler, Collezione Antonio D’Olivo).

Durante l’escursione del 15 aprile 1954 la famiglia Kechler donò a Hemingway un lotto di terreno a Lignano Pineta per edificare una villa, mai realizzata. Nell’immagine di quella giornata primaverile, Hemingway e Federico Kechler percorrono un tratto della “chiocciola”, seguiti da Marcello D’Olivo, che cammina dietro di loro indossando un cappello (Foto Mario Kechler, Collezione Antonio D’Olivo). americano cinquantenne, giunge strada di ritorno a . Antonio Fogazzaro uno dei legami a Venezia con la sua Buick da Per una curiosa coincidenza del letterari più intensi e teneri del Trieste, dopo aver fatto una sosta destino, Adriana annoverava nel XIX secolo; attraverso questo nei pressi di Fossalta di Piave, suo albero genealogico alcune rapporto platonico, fatto di confi- dove era stato ferito gravemente antenate che, a loro volta, aveva- denze, confessioni verbali ed epi- durante la prima guerra mondiale. no incrociato le proprie vite con stolari, attese e incontri protratti Il romanzo prosegue con l’incontro quelle di romanzieri e poeti di idealmente nelle lettere, ispirò all’Harry’s Bar tra il protagonista fama internazionale: la ragazza all’autore vicentino la figura della e la diciannovenne contessina che aveva fatto innamorare He- bella e sofisticata Jeanne Dessalle Renata, con la quale Cantwell vive mingway discendeva infatti dai nel romanzo Piccolo mondo mo- un’infatuazione culminata nella Biaggini, stabilitisi a San Michele derno e nel Santo. celebre scena d’amore in gondola al Tagliamento nella seconda metà Noemi, sorella di Yole, aveva stret- (uno scandalo che Adriana e la sua dell’Ottocento. to invece amicizia con Gabriele famiglia dovettero sopportare per La prozia Yole Biaggini, andata in D’Annunzio, che la soprannominò anni). Ripartito dalla città lagu- sposa nel 1886 a Vittorio Moschini, Graziana di Soavia per la genti- nare lasciando Renata in lacrime, negli anni successivi al matrimonio lezza del suo animo. Il Vate l’aveva Cantwell morirà d’infarto sulla aveva intrattenuto con lo scrittore conosciuta nel luglio del 1907 a 30 • 28

Ricorrono ormai cento anni da quando Hemingway, coetaneo dei nostri “ragazzi del ’99,” giunse per la prima volta in Italia, nel corso della Grande Guerra. Volti sorridenti di giovani d’oggi, nati e cresciuti in tempo di pace, accolgono il visitatore nel parco che Lignano ha dedicato allo scrittore. Sono stati realizzati a mosaico dagli alunni della locale scuola media, a partire dai loro ritratti fotografici, con la supervisione dell’artista udinese Andrea Salvador. Un omaggio alla primavera della vita, ricca di sogni non ancora disillusi, che il nostro Ernest avrebbe sicuramente apprezzato. 28 • 31

La “chiocciola” di Lignano Pineta in uno splendido disegno originale del suo ideatore, l’architetto udinese Marcello D’Olivo (collezione privata). 32 • 28

«… i resti degli edifici e annessi di ciò Nel luglio del 1953 i Danzerini di Aviano parteciparono a un festival folcloristico che ormai erano le macerie di una internazionale a Pamplona, in Spagna. In quell’occasione avvenne l’incontro con villa costruita in passato da Longhena Hemingway, che espresse al gruppo i propri elogi. La foto-cartolina ritrae i Costumi mostravano il punto nel quale i di Aviano negli anni ’50. bombardieri leggeri avevano sganciato il loro carico». Nelle prime pagine del romanzo Di là dal fiume e tra gli alberi (1950) Hemingway rendeva torre bianca (1980) Adriana massimi riconoscimenti letterari omaggio alla perduta dimora di ricorda che, in risposta alla madre, americani, per il romanzo Il vec- Adriana Ivancich, musa ispiratrice del libro: villa Mocenigo Biaggini Ivancich perplessa sul legame di amicizia chio e il mare – la coppia si recò a San Michele al Tagliamento era stata con lo scrittore americano, cin- in vacanza a Pamplona per assi- infatti distrutta dai bombardamenti quantenne e recidivo in quanto a stere alle corride. Con loro c’erano alleati del 1944. Silenti testimoni del matrimoni fallimentari, replicava Gianfranco Ivancich e Adamo De passato splendore, sopravvivono solo le suggestive barchesse. invariabilmente: «E Fogazzaro, Simon di , autista dei Ke- allora? Non ha forse impostato un chler che gli amici friulani avevano intero romanzo d’amore sulla figura messo a disposizione di Ernest Salsomaggiore, dove si era recato di zia Yole? Eppure nessuno in insieme alla vettura, una splendida per un breve soggiorno insieme famiglia se ne è mai scandalizzato». Lancia Aurelia B21. Fu proprio il all’innamorata del momento, di D’altra parte, anche Gianfranco friulano De Simon, assistendo con cui Noemi era amica. D’Annunzio Ivancich, fratello di Adriana, aveva la compagnia ad uno spettacolo e la Biaggini si rividero più volte a instaurato con Papa una solida serale di folclore, a riconoscere Venezia; durante il primo conflitto amicizia, che lo portò a vivere per con orgoglio tra le rappresentanze mondiale, lei accorse a confortarlo alcuni anni a Finca Vigia, la tenuta internazionali i Danzerini di Aviano quando il poeta rischiò la cecità cubana dello scrittore (un rapporto e a presentarli, al termine dell’esi- per una ferita ad un occhio. Il poe- rinsaldato da numerose lettere e bizione, allo scrittore che espresse ta fu inoltre ospite a Latisana nella descritto nel 2008 nel libro Da una commenti lusinghieri sui costumi, villa di Noemi e del marito Pietro felice Cuba a Ketchum). il balletto «proprio country, quasi Gaspari: per inciso, le frequenta- Ernest e Mary furono nuovamente selvaggio» e l’alternarsi dei pezzi, zioni del Vate nella Bassa potreb- ospiti di Carlo Kechler a San Mar- «brevi e tutti così diversi». bero avvalorare l’ipotesi, avanzata tino di Codroipo nel gennaio del Scampati miracolosamente ad un da Enrico Leoncini, che spetti a 1950, per tornare un’ultima volta doppio incidente aereo alla fine di D’Annunzio la felice invenzione del quattro anni dopo. un safari nell’Africa occidentale, i termine Sabbia d’oro per la vicina Tra questi soggiorni italiani, coniugi ritornarono a Venezia nel località di Lignano, che iniziava a nell’estate del 1953 – anno partico- marzo del 1954. Nella sua camera proporsi quale stazione balneare. larmente felice per lo scrittore, in- abituale all’Hotel Gritti, Ernest Nel suo libro autobiograficoLa signito del premio Pulitzer, uno dei ricevette tra gli altri il giornalista 28 • 33

nazionale) e la definizione che lo scrittore aveva coniato in quell’oc- casione per la località, “la Florida d’Italia”, divenne a sua volta uno slogan di grande fortuna. Le foto sorridenti di quella giorna- ta primaverile e le lettere che, nei mesi successivi, i coniugi inviarono ai Kechler ricordando le giornate trascorse a Percoto, «un posto così delizioso», ci confermano che in Friuli, tra gli amici più cari, Hemingway avesse trovato una temporanea serenità, poi minata Il ristorante dell’albergo Friuli, in piazza XX Settembre a Udine, negli anni ’50 era luogo di ritrovo abituale per artisti e intellettuali. Il 9 aprile 1954 Hemingway vi si da un profondo malessere fino al intrattenne con “la meglio gioventù” udinese, parlando della guerra di Spagna e del tragico epilogo del 1961. suo doppio incidente in Africa e degustando vini italiani. Di certo, era innamorato dell’Italia: e a questo amore struggente e in- condizionato dobbiamo la genesi di Sergio Maldini, che l’anno prece- La Bella Venezia di Latisana. Il capolavori letterari senza tempo. dente aveva vinto il premio lette- conte Federico volle fare quindi rario intitolato allo scrittore dalla una piccola deviazione verso Li- Mondadori. gnano, dove il fratello Alberto sta- Bibliografia essenziale Il 9 aprile la coppia, invitata da Fe- va portando a conclusione un im- derico Kechler a trascorrere qual- portante investimento: insieme a E. LEONCINI, Gabriele D’Annunzio e “Sabbia d’Oro”, «Stralignano» 29 agosto che giorno di relax nella villa di imprenditori e professionisti locali, 2004 (articolo ripubblicato dall’autore in famiglia a Percoto di Pavia di Udi- aveva infatti costituito la Società Lignano. Grandi eventi della piccola storia, Udine 2005, 33-34). ne, fece una tappa nel capoluogo Lignano Pineta e affidato l’incarico G.C. TESTA, Il «bello» del Friuli con friulano: nel ristorante dell’albergo del grande progetto urbanistico la firma di Hemingway, in «Atti Friuli di piazza XX Settembre, all’architetto udinese Marcello dell’Accademia “S. Marco” di Pordenone», 11 (2009), 155-189. luogo di ritrovo abituale di artisti D’Olivo. La celeberrima pianta a D. LORIGLIOLA, 1948-1954: Ernest e intellettuali, lo scrittore incontrò chiocciola, equilibrata compene- Hemingway in Friuli e a , in Lignan 91. Congrès, par una dozzina di giovani desiderosi trazione tra natura e intervento cure di M. BORTOLOTTI, Udin 2014, II, di conoscerlo, tra cui Loris Fortu- umano, era in fase di realizzazione: 975-992. na, futuro “padre” della legge ita- Federico porse all’amico la mappa F. ROMANIN, Viaggio sulle orme di Hemingway nel Veneto Orientale, «La liana sul divorzio, i giornalisti Carlo di Pineta e lo invitò ad apporre la Loggia», n.s., Anno 18, 20 (2015), 99-106. Scarsini e Isi Benini, gli architetti propria firma su un lotto, di cui la S. MIOTTO, Letture in villa: Ida Beltrame Zuzzi, Yole Biaggini Moschini Gino Valle e Aldo Bernardis. famiglia Kechler gli faceva dono e Antonio Fogazzaro, “la bassa”, Anno Il 15 aprile Ernest e Mary lascia- per edificare una villa in Friuli, XXXVIII, 73 (2016), 77-84. rono Percoto, compiendo una mai realizzata. Il mese successivo R. OWEN, Hemingway e l’Italia, Roma 2017. prima tappa a villa Kechler di San infatti, Hemingway lasciò l’Italia e S. MIOTTO, Ernest Hemingway in Italia Martino di Codroipo per salutare non vi fece più ritorno: il suo nome durante la Grande Guerra, «Noi artigiani Costanza, l’anziana madre malata tuttavia restò legato per sempre a e pensionati. Le mani sapienti», periodico dell’APAP, numero unico 2017, 10-12. dei tre fratelli, ed una seconda per Lignano (lo ricordano tuttora un A. DI ROBILANT, Autunno a Venezia. la colazione al celebre ristorante parco e un premio letterario inter- Hemingway e l'ultima musa, Milano 2018. 34 • 28

Michele ZANETTI Le paludi di Hemingway

… ma soprattutto di tanti uomini che ne fecero una patria

OOsservando i fogli della Carta Tec- vata delle Alpi orientali. Elementi dei caorlotti, e il canale dei Lovi, nica Regionale relativi all’entroter- che raccontano la storia recente allungarsi con sinuose e pigre anse ra di Caorle la prima sensazione di questi territori; una storia del verso l’entroterra di Concordia che se ne trae è quella di un terri- Novecento, che ha segnato la stes- Sagittaria e di Castello di Brussa. torio a vocazione eminentemente sa geografia territoriale con la più Ecco le residue lagune, rappresen- agricola, i cui tratti geografici re- grande trasformazione ambientale tate da esigue superfici anfibie: le stituiscono le costanti del modello dell’era moderna, rappresentata due bocche di porto di Baseleghe paesaggistico veneto di bonifica. appunto dalla bonifica. a est e di Falconera a ovest di Valle Insediamento rurale puntiforme Accanto a questi, tuttavia, altri Vecchia e la fascia territoriale di sparso, vaste superfici a mono- importanti elementi della geografia barena delle Zumelle. Ecco le valli coltura, lunghi stradoni rettilinei, territoriale raccontano una storia da pesca dislocate in sequenza lun- borgate rurali a profilo lineare sor- diversa e più antica; una storia di go l’alveo stesso del Nicesolo e poi te recentemente lungo le maggiori cui rimangono soltanto tracce, pur l’alveo d’acque lucenti del fiume arterie stradali: sono questi gli ele- se significative, accanto ai grandi Lemene, che collega idealmente menti che scandiscono la fisiono- elementi naturali che ne costitui- la rinascimentale Portogruaro alla mia di un paesaggio rurale piatto, vano le dominanti del passato. stessa Caorle; ed ecco, infine, una i cui orizzonti sono nobilitati, nei Ecco allora i due grandi alvei lagu- singolare isola, anch’essa bonifica- mesi invernali, dalla corona inne- nari: il canale Nicesolo, il Canalòn ta, ma segnalata con un toponimo 28 • 35

Le valli di Caorle e il canale Nicesolo nella prima metà del Novecento. Disegno di Michele Zanetti.

La “casa di valle” di Valle Franchetti, in cui soggiornò Ernest Hemingway.

affascinante: Valle Vecchia. Questi elementi, che appartengono alla pregressa geografia naturale dei territori costieri di Caorle, raccontano la storia di una laguna scomparsa. Una grande laguna co- stiera estesa, in epoca veneziana, per decine di migliaia di ettari e collocata in sequenza geografica con le originarie lagune di Venezia, a sud e di Eraclea immediatamen- te a ovest. Una laguna colonizzata e sfruttata, prima di essere abban- donata al suo naturale destino: quello della spontanea involuzione in palude dolce e in canneto e in- fine in landa malarica, regno delle zanzare e degli aironi. 36 • 28

Il viaggio e gli approdi Un universo cancellato, quello delle antiche paludi di Caorle, ma di cui rimangono tracce molto interessanti. Frammenti che esprimono il fascino di paesaggi unici, di frontiera. La stessa frontiera che si interpone ide- almente tra l’ambiente marino e le terre emerse, qui sembra dividere la “cultura agricola” e la “cultura della palude”. Ed è una frontiera la cui presenza si coglie visivamente nella fisionomia dei paesaggi, ma ancor più nelle opere, nei totem si potrebbe dire, dell’uomo colonizzatore. Questi stessi, che nella campagna sono costituiti dalle case mezzadrili Tipici casoni caorlotti in canna di palude nel villaggio di Bocca di Volta. ormai in abbandono, nella palude sono invece i casoni costruiti in canna e adagiati tra distese di fragmiteto. ni della sua vita sono stati vissuti Il Canalòn Un universo, quello delle distese nel segno del piacere di sentirsi Il presente viaggio comincia dalla di canna, circondato da acque, liberi, sotto i cieli spazzati dalla geografia e dai toponimi, come permeato da acque e lambito da Bora o nelle albe gelide popolate sempre si conviene. Perché nella acque che trasformano le stesse da stormi d’anatre inquiete, ciò geografia sono contenute le chiavi superfici anfibie in cui sorgono i è stato possibile proprio grazie a di funzionamento del sistema fragili presidi dell’uomo, in terre loro. territorio e nei toponimi la sua collocate alla deriva della storia e Il viaggio sarà dunque un mosaico storia di relazione con la comuni- del presente. di parole che comporrà le figure tà umana che l’ha addomesticato Ciò che le pagine seguenti inten- di un disegno dai toni sfumati. E e governato nei secoli. dono proporre al lettore è dunque le figure saranno i grandi elemen- Ecco allora la spina dorsale un viaggio. Un viaggio che potreb- ti che formano l’insieme leggen- idraulica del sistema: il grande be essere intitolato “Alla scoperta dario o le vestigia, se si preferi- Canalòn. Si tratta di un grande delle paludi di Hemingway”, ma sce, di quella che fu la Laguna di alveo lagunare e dunque di un gi- che riteniamo invece di dover de- Caorle. La laguna del mito, della gantesco collettore di acque dolci dicare agli uomini di palude, che storia e della leggenda, tradita dall’entroterra verso mare e di questi luoghi hanno trasformato dalle acque dolci prima e dai Ve- acque salate dal mare verso l’en- in una patria, in cui vivere, in cui neziani poi, quando questi stessi, troterra. L’eterno alternarsi delle allevare figli, da cui trarre risorse, per riparare alle falle economiche maree ne ha segnato l’esistenza in cui sognare e sperare in un di commerci d’oltremare in decli- fin dal suo formarsi, fin dal suo futuro migliore che forse non è no, decisero di venderla all’insa- appartenere alla laguna scompar- mai giunto. E non ce ne voglia il puta dei caorlotti, che ne erano sa, fino ad esserne infine il solo grande Ernest, ma se alcuni gior- legittimi proprietari. sopravvissuto ancora in grado di 28 • 37

confluenza in mare delle acque sol- levate dalle idrovore, per far sì che l’uomo si illuda di aver addomesti- cato la Natura e di aver sottratto le antiche paludi al loro naturale e ineluttabile destino di ambienti im- produttivi e inabitabili. È, ancora, il tratto conclusivo del suo alveo a convogliare a mare le limpide ac- que di risorgiva del fiume Lemene, che vi si immette presso Bocca di Volta, circa due chilometri a mon- te. Ma è ancora il suo alveo che garantisce ai lembi di palude addo- mesticata chiamati “valli da caccia e da pesca” il necessario afflusso e ricambio di acque dolci e salate.

Ambiente lagunare nella Palude delle Zumelle.

svolgere il suo compito in forma settentrionale, interrompendo la immutata. continuità del litorale di Caorle Largo fino a circa trecento metri verso est. nel tratto inferiore, il grande alveo Abbiamo cominciato il viaggio dal s’allunga, disegnando anse sinuo- suo alveo, fasciato da formazioni se, per una quindicina di chilome- folte di fragmiteto, perché l’intero, tri, dalla foce di Porto Falconera residuo sistema vallivo-palustre alle bonifiche di Sindacale, nel di Caorle si sviluppa attorno a Pescatore caorlotto nel Canalòn. territorio di Concordia Sagittaria. lui. Perché gli stessi equilibri e le Disegno di Michele Zanetti. Qui, avendo assunto l’aspetto di dinamiche idrauliche delle terre un canale di bonifica il Nicesolo si caprulane e concordiesi, ma anche raccorda con altri alvei della stessa portogruaresi, dipendono da lui, Le valli natura, quali il canale Cavanella o da questo gigante che serpeggia, Eccoci allora a parlare delle valli il canale Maranghetto, che l’opera lento, tra le distese a monocoltura di Caorle e a descriverne la geo- dell’uomo ha fatto confluire in un cerealicola, quasi fosse attratto dal grafia e la contiguità con lo stesso solo, gigantesco sistema di sgron- profumo di salsedine e di resina canale Nicesolo, a cui rimangono do delle acque agrarie eccedenti. delle pinete costiere. legate dagli indissolubili cordoni Nelle immagini satellitari esso È il Nicesolo che, come si diceva, ombelicali formati dalle chiaviche appare come una ciclopica biscia garantisce i fragili equilibri dei di scambio idrico. d’acqua, che avendo la coda col- territori di bonifica collocati a sud Procedendo da nord a sud si osser- locata tra le distese di terre basse di Portogruaro, piccola e nobile vano dunque la presenza di Valle sottratte alla palude, immerge capitale della Venezia Orientale. Franchetti, sulla destra idrografica il capo tra i flutti dell’Adriatico È il suo alveo che garantisce la e di Valle Zignago, Valle Perera e 38 • 28

Val Nova sulla sinistra idrografica. Si tratta dunque di quattro di- stinti episodi, ciascuno dei quali esprime una diversa fisionomia di paesaggio e d’ambiente, formando infine un solo, complesso habitat acquatico e palustre, di impor- tanza naturalistica continentale. Ad esse segue Valle Vecchia, la realtà più meridionale, anch’essa collocata sulla sinistra di foce del Canalòn, la sola ad aver subito, dopo l’epopea hemingwayana, l’on- La “casa di valle” e i lavorieri della Val Nova. ta della bonifica e di cui, proprio per questa ragione, ci si occuperà successivamente. Valle Zignago, la più settentrio- Rotelle e ad est quelli di Brussa, si li di Val Nova, di grande fascino, nale, si colloca immediatamente colloca Valle Perera, la più piccola. con grandi bacini a basso fondale, a sud dell’avamposto di frontiera Anch’essa di profilo sub-quadran- sistemi di siepi frangivento e di Sindacale, località della romana golare, presenta una geografia profonde fasce di canneto, che in Concordia Sagittaria. Essa presen- complessa, che vede alternarsi ogni stagione esprimono tavolozze ta una superficie indicativamente ampi stagni con isolotti geometrici cromatiche e musicalità differenti. quadrangolare, con canali e stagni di peschiera, barene e canneti. Infine l’ultima valle, la più impor- a cui si alternano grandi isole Il suo limite ovest è segnato dal tante per i cultori della memoria coltivate di profilo geometrico. La canale Perera, una diramazione di Ernest Hemingway, ma anche sola delle quattro valli da pesca a del Nicesolo, mentre sul versante la sola a collocarsi sulla destra ricadere in piccola parte, anche opposto è il canale degli Alberoni idrografica e quella che esprime nel territorio comunale di Concor- a delimitare la stessa superficie la complessità d’habitat e la ric- dia Sagittaria, oltre che in quello di valliva. La sua posizione ne fa un chezza faunistica forse più inte- Caorle. solo, grande sistema geografico- ressanti. Si tratta di Valle Grande Le sue acque sono a debole salini- palustre con l’attigua Valle Zigna- o Valle Franchetti, già proprietà tà e i suoi paesaggi sono nobilitati go. dei Baroni Franchetti, di cui lo da cortine periferiche e insulari La terza valle, procedendo verso scrittore americano era amico e di grandi alberi. Filari e viali di sud e rimanendo ancora sul ver- ospite frequente negli anni imme- olmo campestre e barriere di gi- sante di sinistra idrografica del diatamente seguenti il secondo ganteschi pioppi bianchi, tra le cui Canalòn, è la Val Nova. conflitto mondiale. fronde si impiglia il disco lucente In questo caso la vasta superficie Distese di canneto sparse di sago- del sole nelle albe e nei tramonti assume un profilo sub-triangolare, me emisferiche di salici arbustivi invernali: le stesse che scandivano con il lato meridionale adagiato al si alternano qui con canali e stagni l’attività dei cacciatori e dei brac- canale Canadare, che ne separa le collocati a circondare l’isola su cui conieri. superfici arginate da quelle di Val- sorge lo storico “casòn di valle”, Immediatamente a sud, ma al le Vecchia. Anch’essa confina a est le cavane, i lavorieri e le chiaviche tempo stesso spostata verso est con la bonifica di Brussa, da cui è di scambio idrico con l’alveo del fino a lambire a sud i territori separata dal Canale Morto. canale Nicesolo, che ne lambisce della sacca di bonifica dell’ex Valle Un ambiente e un paesaggio, quel- l’intero versante orientale. 28 • 39

dall’impatto dei venti marini e questa stessa, ora, rafforzava la sua funzione proteggendo la mo- nocoltura cerealicola che avrebbe sostituito i bassi fondali palustri. Accadde così che, al verificarsi del- la grande alluvione del novembre 1966, Valle Vecchia era già stata prosciugata e presentava un pae- saggio desolatamente vuoto, in cui

Reti da pesca presso i casoni di Bocca di Volta.

Valle Vecchia Ultima, verso sud e sul versante sinistro, sorge Valle Vecchia. Il suo aspetto attuale è quello di una vasta isola di profilo ancora sub- triangolare, con il lato meridionale affacciato al Mare Adriatico e lambito dalle correnti mari- ne del Golfo di Venezia. Ultima valle ad essere bonificata Valle Vecchia nella prima metà del nella prima metà degli anni Ses- Novecento. Disegno di Michele Zanetti. santa del Novecento, quando ormai la spinta propulsiva alla “redenzione delle terre” del tentrionali l’Italia repub- le barene e gli acquitrini, i canali e fenomeno bonificatorio era blicana stava vivendo gli anni i ghebi, erano stati sostituiti dalle sostanzialmente conclusa, Valle del cosiddetto “Boom economico”. geometrie degli appezzamenti e Vecchia è anche la sola a presen- Poco importavano in quella fase delle scoline, dei fossi, dei capi- tare un tratto di litorale sabbioso storico-economica la conservazio- fosso e degli stradoni. Mancava privo di insediamento balneare, ne del bene paesaggio e dei beni l’appoderamento; mancavano le per una lunghezza di oltre quattro naturalistici od ecologici. L’agri- sequenze di case mezzadrili alline- chilometri. coltura costituiva ancora una voce ate lungo le stradine bianche, ma La storia di questa valle, già bene trainante per la stessa economia e questo fortunatamente per le sorti comune ed ora patrimonio del De- per l’occupazione e questo decise di Valle Vecchia, non sarebbero manio regionale del Veneto, risulta le sorti dell’ultima palude in cui i mai giunte. emblematica, così come emblema- pescatori caorlotti d’entroterra po- Sorsero invece un centro aziendale tici appaiono la sua geografia e il tessero praticare la loro attività. e una grande stalla, quindi comin- suo ambiente attuali. Prima della bonifica era giunta ciò lo sfruttamento agrario della Quando le idrovore e i badilanti si la pineta litoranea, realizzata per superficie, pari a circa seicento affacciarono ai suoi orizzonti set- difendere l’immediato entroterra ettari, difesa verso mare da oltre 40 • 28

Il litorale della bocca di porto di Falconera. All’orizzonte le Alpi Giulie. centocinquanta ettari di pineta. Tutto questo fino agli anni Novanta del secolo scorso, quando una maggiore attenzione verso la natu- Un esempio mirabile dei benefici d’acque. Appartiene allo stesso ralità e la riqualificazione ambien- che il Parco delle Lagune di Caorle gruppo il toponimo “Bocca di tale e paesaggistica, coniugate con e Bibione, mai istituito dagli ammi- Volta”, che si riferisce alla “bocca” la disponibilità di fondi europei nistratori regionali, avrebbe potuto e dunque allo sbocco del Lemene destinati allo scopo, compirono il portare all’ambiente e all’economia nell’alveo del canale Nicesolo e in miracolo. territoriali. cui la volta è l’ansa disegnata dallo Nel volgere dei due decenni stesso tratto di foce del fiume. successivi ecco allora sorgere, a Il fascino dei nomi di Ancora ai caratteri dell’ambiente è Valle Vecchia, cento ettari di nuovi luogo riferito il toponimo di “Buse della boschi e zone riallargate per una I toponimi, s’è detto in preceden- Rocca”, dove le buse sono appun- superficie di poco inferiore: primo za, costituiscono le testimonianze to gli stagni profondi circondati esempio quest’ultimo di reversibili- della complessa relazione tra le dal canneto. Agli eventi naturali tà della bonifica, nel Veneto. comunità umane e i territori in cui ricorrenti, infine, è riferito “Canale Oggi Valle Vecchia appare come queste stesse risiedono. dei Lovi”, dove i “Lovi” non sono la coniugazione perfettamente Nell’area delle valli di Caorle, in i lupi di medioevale memoria, ma funzionale di un’azienda pilota quelli che furono appunto i luoghi le alluvioni ricorrenti (dal latino per la sperimentazione di nuove di Hemingway, i toponimi presen- alluvium). tecnologie agro-colturali e di un tano un grande interesse culturale, Assai interessanti sono gli zooni- grande giacimento di paesaggio e etnografico e, appunto, storico. mi, con “valle Zignago”, derivato di naturalità dei territori litoranei e Prevalgono i nomi di luogo ispirati dall’originario “valle Cignago”, vallivi. Nei canneti ricostruiti me- alla natura dell’ambiente, alla mor- letteralmente “valle dei cigni”. Ma diante un semplice riallagamento fologia o agli eventi naturali che lo anche come “Porto Falconera”, di superfici arginate sono tornate caratterizzano. Tra questi “canale che si deve alla pratica antica di specie di uccelli che mancavano da Canadare”, evidentemente ispirato cattura dei falconi (Falco peregri- un secolo, mentre il turismo bal- al dilagante habitat del canneto, nus) che giungevano alle paludi neare continua a frequentare, nei ma anche “canale Morto”, che si ri- litoranee al seguito degli stormi mesi estivi, l’arenile intonso che si ferisce evidentemente ad un alveo di anatidi selvatici. Questi stessi, affaccia all’Adriatico. rimasto escluso da flussi regolari catturati e addestrati erano quindi 28 • 41

Contese di cigni reali a Porto Falconera. Tarabuso (Botaurus stellaris). Disegno di Michele oggetto di lucroso commercio. Altri toponimi sono invece eviden- Zanetti. Alla flora arborea sono ispirati e temente ispirati a opere dell’uomo. sono dunque dendronimi, “canale È il caso di “Porto Baseleghe”, degli Alberoni”, nonché “valle riferito alla presenza di capitelli Perera” e “canale Perera”. Nel collocati lungo le storiche vie primo caso il riferimento sono i d’acqua che attraversano la distesa grandi pioppi neri che crescevano palustre e che in passato erano de- spontaneamente al margine delle nominati baseleghe (da basilica). paludi e che in lingua veneta ven- Ed è il caso del “canale Cavanella”, gono chiamati appunto albaroni. il cui nome si riferisce alla presen- Nel secondo caso il riferimento è za delle cavane e cioè dei ricoveri per il perèr e dunque per il pero barca su palafitta e con copertura selvatico (Pirus piraster), specie di canna di palude. con stagni ad acque libere e presente nei boschi litoranei e da basse, alternati a zone profonde, cui sono state tratte le numerose La naturalità quella dolce a canneto prevalen- varietà di peri coltivati. Anche per un naturalista e culto- te, quella debolmente salmastra Esiste inoltre un curioso toponimo re della materia è arduo parlare e quella con valori di salinità ispirato al corpo fruttifero di un’al- della naturalità che si conserva prossimi a quelli marini e dotata ga lagunare. Si tratta di “ex valle nel sistema vallivo-palustre-lito- di biocenosi conseguente. Rotelle”, che nelle carte storiche raneo di Caorle. Semplicemente Ebbene nell’area del sistema val- appare come “valle Rottole”. Ebbe- perché questa stessa è ricchis- livo di Caorle questi stessi biotopi ne le rottole sono i corpi fruttiferi sima, multiforme, complessa coesistono e interagiscono in ter- della dimensione e delle forme di e come tale esprime tutte le mini ecologici, anche se sulla base una pallina da tennis. In questo peculiarità e appunto la ricchezza di posizioni gerarchiche diverse, caso si tratta di una evidente ita- dell’ecosistema della palude e, dovute alla percentuale di super- lianizzazione dovuta ai cartografi anzi, delle paludi. ficie che ciascuna di esse occupa. toscani dell’Istituto Geografico Perché le paludi possono essere Ma il dato da cui si ritiene di do- Militare. di tipo diverso: c’è quella dolce ver partire è quello della scarsa 42 • 28

Lontra (Lutra lutra). Fiori di giglio caprino (Anacamptis morio). Disegno di Michele Zanetti. attenzione che questo patrimonio La vegetazione scorso e collocato al limite setten- vivente e ambientale, che come Per la descrizione della Biocenosi trionale dell’area, nel territorio di s’è accennato presenta un livello si deve necessariamente partire Concordia Sagittaria. Il consorzio dì importanza continentale, ri- dagli aspetti vegetazionali e flo- forestale è formato in questo caso scuote da parte degli amministra- ristici. E se il dato relativo alle da farnia (Quercus robur), frassi- tori locali e degli stessi cittadini. forme della vegetazione e alle sue no ossifillo(Fraxinus oxycarpa), Il “Parco delle Valli di Caorle e spontanee aggregazioni risulta olmo campestre (Ulmus minor) Bibione”, che doveva garantire la relativamente semplificato, assai e acero campestre (Acer campe- conservazione, la corretta fruizio- interessante e ricco appare invece stris). ne e lo sfruttamento compatibile il secondo. Assai più estese sono le formazioni di queste risorse, non è mai nato; Scarsa risulta nell’area la vegeta- erbacee di vegetazione palustre, non solo, ma v’è ragione di ritene- zione forestale. A questa stessa con il fragmiteto che si estende re che non nascerà mai. appartengono la pineta litoranea su vaste superfici, al punto da Questa condizione, che ha sot- di Valle Vecchia a pino domestico caratterizzare peculiari situazioni tratto il bene a una tutela attiva e (Pinus pinea) prevalente. Ma di paesaggio. Oltre alla canna di intelligente, per consegnarlo a un anche i boschi misti di tipo igrofilo palude (Phragmites australis), coacervo di vincoli passivi e alla e termofilo, con leccio(Quercus in questo caso, vi si rinvengono il sola “gestione venatoria”, costi- ilex), orniello (Fraxinus ornus), raro ibisco litorale (Kosteletzkya tuisce il vero, grande limite. Essa farnia (Quercus robur) e pioppo pentacarpos), una malvacea che ne ha reso infatti estremamente bianco (Populus alba), realizzati alcuni decenni addietro era data impegnativa la tutela, costringen- nell’isola stessa di Valle Vecchia per estinta in territorio veneto. do gruppi di cittadini sensibili ad nell’ultimo quarto di secolo. Ma anche la rara felce palustre azioni prolungate e faticose, per All’interno della pineta sono rela- (Thelypteris palustris) e, sui evitare di volta in volta la realizza- tivamente frequenti le orchidacee margini, il lino acquatico (Samo- zione di darsene, mega-campeggi, cefalantera maggiore (Cepha- lus valerandi). alienazioni dal pubblico al privato, lanthera longifolia), cefalantera Appartengono a questa forma della urbanizzazioni e così via. rossa (Cephalanthera rubra) vegetazione anche i molinieti resi- Ecco allora che la naturalità ed elleborine violacea (Epipactis dui di Valle Vecchia, di cui si con- dell’area, espressa dalla comunità atrorubens). servano frammenti alle spalle della vivente che nonostante tutto vi A questi si aggiunge il Bosco delle pineta e nelle depressioni collocate trova rifugio e vi si perpetua, Lame, un querceto mesofilo-igrofi- al suo interno. Con la gramigna assume un valore se possibile an- lo di circa trenta ettari, realizzato azzurrognola (Molinia caerulea) cora maggiore. negli anni Novanta del secolo sono presenti in questo biotopo il 28 • 43

Garzetta (Egretta garzetta). Coppia di oca selvatica (Anser anser).

raro gladiolo di palude (Gladiolus zioni erbacee e suffruticose del La fauna palustris) e inoltre alcune specie “Limonieto-salicornieto”; anche Se quella testé delineata è la di orchidacee, come l’elleborine in questo caso con presenza di fisionomia della vegetazione spon- palustre (Epipactis palustris) elementi tipici e interessanti, quali tanea, quella relativa alla fauna e, assai rara, l’orchide palustre lo sparto delle barene (Spartina selvatica risulta se possibile più (Orchis palustris); ma anche maritima), il santonico (Artemi- complessa. In questa sede è possi- l’endemita eufrasia di Marchesetti sia caerulescens) o la piantaggine bile soltanto un cenno alle specie (Euphrasia marchesettii). di Cornut (Plantago cornuti). più interessanti che formano la Interessante risultano inoltre i Infine la vegetazione psammofila componente dei vertebrati, dal biotopi a prato stabile degli argini delle dune sabbiose, che forma momento che quella degli inver- che costeggiano le lunghe e sinuo- aggregazioni di “Cachileto-ammo- tebrati risulta ancora in fase di se canalizzazioni dell’area. Tra le fileto” sulla prima dorsale, quindi studio. decine di specie che caratterizzano di “Schoeneto-erianteto” negli Le componenti ecologiche dei queste praterie, le ultime presenti avvallamenti interdunali, per finire vertebrati comprendono fitofagi, nella Bassa Pianura, figurano all’interno con il “Tortuleto-scabio- predatori insettivori, predatori specie come le orchidacee ofride seto” delle dune grigie. Numerose carnivori e infine detritivori e ne- fior d’api(Ophrys apifera) o anche in questa fascia ambientale crofagi. come ofride a specchio (Ophrys le specie interessanti. Tra queste I fitofagi e dunque i consumatori phecodes), orchide comune (Ana- l’endemita fiordaliso di Tommassini di sostanza vegetale, compren- camptis pyramidalis), giglio (Centaurea tommassinii), il lino dono decine di specie di uccelli, caprino (Anacamptis morio) o il marittimo (Linus maritimus), la con rallidi come la folaga (Fulica raro viticcino autunnale (Spiran- piantaggine altissima (Plantago atra) e la gallinella d’acqua (Galli- thes spiralis). altissima), la vedovella delle nula chloropus) e anatidi come il Sul litorale di Valle Vecchia, nelle spiagge (Scabiosa argentea), le germano reale (Anas platyrhyn- lame palustri di tipo salmastro vedovelle dei prati (Globularia chos), l’oca selvatica (Anser an- sono quindi presenti le forma- punctata) e altre ancora. ser), il cigno reale (Cygnus olor), 44 • 28

Cigni nelle acque del il moriglione (Aythya ferina) e canale Canadare. il fistione turco(Netta rufina), All’orizzonte la tutte nidificanti nell’area valliva e schiera delle Alpi Giulie. nei canali. A questi si aggiungono ungulati come il daino (Dama dama), presente con una piccola popolazione residua e il capriolo (Capreolus capreolus); quest’ul- timo protagonista di un progetto di reintroduzione attuato nei primi viridiflavus) tra i rettili, nonché ma forse non è da meno il vecchio anni Duemila a Valle Vecchia, con alcune specie di uccelli nidificanti, Temi, pescatore, cacciatore, badi- soggetti di provenienza appenni- tra cui l’airone cenerino (Ardea lante, bracconiere e, suo malgrado, nica. cinerea), l’airone rosso (Ardea soldato di una guerra che l’Italia Assai più folta risulta la schiera purpurea) e il tarabuso (Botau- vinse, tra sofferenze indicibili, ap- delle specie ad alimentazione rus stellaris), oltre ad accipitridi pena un secolo fa. insettivora. Ne fanno parte pesci come la poiana (Buteo buteo) e come i mugilidi cefalo (Mugil strigidi come il gufo comune (Asio Bibliografia cephalus), bosega (Chelon labro- otus). Per i mammiferi la volpe Marcolin C., Zanetti M., 2003, La Valle sus) e lotregano (Liza aurata) e (Vulpes vulpes), il tasso (Meles da pesca, quaderno di educazione inoltre l’orata (Sparus auratus), meles) e la puzzola (Mustela ambientale, Nuova Dimensione, Portogruaro. la cheppia (Alosa fallax), oltre a putorius) concludono questo Marcolin C., Zanetti M., 2003, Valle Vecchia, numerose altre specie. A questa sommario elenco. quaderno di educazione ambientale, stessa componente appartengono Veneto Agricoltura, Legnaro, PD. poi gli anfibi rana agile(Rana Conclusioni Marconato E., Maio G., Salviati S., 2000, Fauna ittica della provincia di Venezia, dalmatina), rospo smeraldino Al termine del viaggio ideale pro- Provincia di Venezia, VE. (Bufotes viridis) e raganella ita- posto nelle parole e nelle immagini Zanetti M., 1984, Anfibi e rettili della liana (Hyla intermedia). Quindi che hanno preceduto queste brevi provincia di Venezia, Provincia di Venezia. gli uccelli, con decine di specie, conclusioni, non rimane che auspi- Zanetti M., (a cura di), 1997, Atlante della flora notevole della Pianura Veneta tra cui i nidificanti usignolo(Lu - care un futuro illuminato a queste Orientale, Ediciclo, Portogruaro, VE. scinia megarhynchos), usignolo terre, a queste acque e a questi Zanetti M., 1985, Boschi e alberi della di fiume(Cettia cetti), canapino luoghi, in cui la Natura e la Storia Pianura Veneta Orientale, Nuova Dimensione, Portogruaro, VE. (Hippolais polyglotta), cannaiola sembrano trovare una singolare e Zanetti M. (a cura di), 2004, Le lagune del (Acrocephalus scirpaceus), can- insolita coniugazione. Veneto Orientale, Provincia di Venezia, nareccione (Acrocephalus arun- Natura e Storia, certo, perché se Assessorato alle Politiche Ambientali, Ediciclo, Portogruaro, VE. dinaceus) e cannaiola verdognola alcuni scorci di paesaggio ripro- Zanetti M., 2013, Valle Vecchia: un caso di (Acrocephalus palustris). Infine pongono situazioni d’ambiente che rinaturalizzazione, Tiere furlane, Regione i mammiferi, tra cui il riccio (Eri- sembrano immutate dal Neolitico, Autonoma Friuli Venezia Giulia, n. 18. naceus europaeus) e alcune altre, come lo stesso abitato sto- Zanetti M., 2014, Fiumi, Cave, Valli, Lagune. Acque della Venezia Orientale, specie di chirotteri. rico di Caorle, ricordano invece Associazione Naturalistica Sandonatese, S. La componente dei carnivori e pi- il medioevo veneziano e altre Donà di Piave, VE. scivori, infine, è composta ancora ancora le grandi trasformazioni Zanetti M., 2015, Boschi, Pinete, Parchi, Siepi. La vegetazione forestale della da pesci, rettili, uccelli e mammi- d’ambiente collocate tra Ottocento Pianura Veneta Orientale, Associazione feri. Tra le specie più interessanti e Novecento. Certo, il fantasma Naturalistica Sandonatese, S. Donà di Piave, VE. figurano il luccio(Esox lucius) del vecchio Ernest continua ad Zanetti M., 2016, La ballata di Temi, tra i pesci, il biacco (Hierophis affascinare e a suscitare emozioni, romanzo, ADLE Edizioni, Selvazzano, PD. 28 • 45

Giovanni PUPPATTI Attrezzi agricoli nel Cinquecento

Il lapicida Antonio da Carona li ha raffigurati in una chiesa di Coderno

La pittura è da sempre una fonte comune di agli albori importante per la conoscenza del- del Cinquecento. Si tratta di due le condizioni di vita, dei costumi, pile dell’acqua santa che, con ogni delle attività che si svolgevano probabilità, erano in origine fonti in una determinata epoca (i cicli battesimali, situate rispettivamen- dei mesi, raffigurati nelle chiese te a San Lorenzo di Sedegliano, prima del Concilio di Trento, nella omonima chiesa, e a Coder- ne sono una testimonianza di no nella chiesa di Santa Giuliana. prim'ordine), ma non altrettanto In entrambi i casi si hanno prezio- si può dire della scultura. se testimonianze di attività che si Se prescindiamo dalle rappre- svolgevano al tempo del Pilacor- sentazioni funerarie di epoca te: nei piedistalli delle due opere romana, riscontriamo tuttavia una vengono raffigurati, in graffito, eccezione in due opere del lapi- strumenti e oggetti utilizzati nei cida Giovanni Antonio da Carona lavori agricoli e artigianali di quel detto il Pilacorte realizzate nel periodo. 46 • 28

Chiesa di Santa Il “Cristo della Giuliana in Coderno di domenica” Sedegliano. Sul davanti Nella chiesa di San Lorenzo sono ci sono due pilastrini interessanti che nessuno raffigurati gli attrezzi impiegati ha mai descritto. Quello nella preparazione del terreno di sinistra (a sinistra di per la messa a coltura di terre chi guarda la facciata vergini (Puppatti 2007, 14-18), della chiesa) porta in rilievo un tralcio con mentre in quella di Santa Giu- due grappoli d’uva (e, liana, oggetto di questo scritto, sul retro, a quanto si appaiono, purtroppo in parte può capire, tre rose in deteriorati dal tempo e non tutti boccio), quello di destra raffigura un albero di di facile lettura e identificazione, olivo del quale sono gli strumenti per la mietitura e messe in evidenza le trebbiatura del grano da un lato, radici. e quelli in uso al fabbro/mani- scalco dall'altro (gli altri due lati del piedistallo sono istoriati da della persona (pettini, trecce) e di uso corrente in quella deter- motivi fitomorfi). del vivere quotidiano. minata località, riferendosi, se si Tali rappresentazioni si col- Mediante il tratto di una freccia vuole, anche ai giorni lavorativi in locano nella tradizione delle che parte dallo strumento ed cui era lecito il loro impiego. raffigurazioni pittoriche del arriva al Cristo si intende signifi- In merito si concorda con Isabella “Cristo della domenica” che si care il dolore che il lavoro dome- Reale che, in un articolo apparso sono diffuse, sotto l'influsso degli nicale apporterebbe al Signore. sul Messaggero Veneto del 23 ordini predicatori, dalla fine del La finalità era quella di combat- gennaio 2017 (Reale 2017), ritiene Trecento fino al Concilio di Tren- tere il lavoro dei giorni di festa che i sei grani raffigurati al centro to (1545-1563) quando vennero e, per altro verso, di sradicare il di una faccia, quella dedicata considerate indecorose per un riposo del sabato marcatamente al fabbro/maniscalco, stiano a ambiente sacro. Vennero pertan- presente in Friuli sotto l'influsso significare i giorni lavorativi della to rimosse, oppure ricoperte con del cristianesimo di impronta settimana. A conferma di ciò si fa uno strato di malta, eliminato giudaico-alessandrina. notare che la rappresentazione il quale, in tempi recenti, sono dei grani (legati assieme a mo' di riaffiorate. In Friuli rimane una Testimone corona), appare solo sulla faccia sola rappresentazione di tal dell’innovazione riguardante il fabbro e il maniscal- genere, quella di Santa Maria I due nostri graffiti (San Lorenzo co le cui attività sono pianificabili degli Angeli della Confraternita e Santa Giuliana), per la verità, e riguardano tutto l'anno, diver- dei Battuti a Pordenone; fuori si differenziano dalle ricordate samente da quelle della mietitura regione sono degne di nota quel- rappresentazioni pittoriche per e trebbiatura che sono stagionali, le della pieve di San Pietro di l'assenza della figura del Cristo, per le quali forse il precetto di Feletto (TV) e della chiesetta di nonché per la mancanza di oggetti santificare la festa non avrebbe San Rocco di Tesero in Trentino. di piacere. Ciò ci induce a ritenere un valore assoluto, considerate In quest'ultimi casi gli affreschi che l'autore, – siamo agli inizi del le possibili inosservanze dovute, ritraggono al centro la figura Cinquecento, più precisamente l'o- ad esempio, a condizioni meteo- del Cristo e tutt'intorno svariati pera di San Lorenzo è del 1503 –, rologiche avverse che impongono strumenti da lavoro, ma anche intendeva rimarcare con particola- interventi lavorativi indilazionabili oggetti e aspetti legati alla cura re forza la tipologia degli strumenti e sicuramente non pianificabili. 28 • 47

Va detto, inoltre, che nel Cinque- lizzata in maniera diffusa, delinea cento l'attenzione alla strumenta- un rapido sviluppo dell'agricoltura zione in uso avviene marcatamente e dell’artigianato attraverso il in ossequio allo spirito rinascimen- superamento di pratiche lavo- tale che si va diffondendo e che rative disomogenee e antiquate, sposta l'attenzione “dal regno di sviluppo che arrivò in Friuli con Dio alla natura, dalle cose ultime qualche secolo di ritardo rispetto alle cose prossime, dai tremendi ad altre regioni d'Italia, come la misteri escatologici ai problemi più Lombardia, dove la conduzione innocui del mondo delle creature, dell'azienda agricola avveniva con all'immediato e al vissuto, all'in- attrezzature innovative secondo dividuale e al sensibile” (Hauser criteri capitalistici e di economia 1976, 256). di mercato fin dal XIII secolo. Si può dire, in estrema sintesi, che se il soggetto trattato nelle due È solo un primo step sculture è medioevale, lo spirito Prima di procedere all'esame dei che lo pervade è sicuramente rina- graffiti dell'acquasantiera della scimentale. chiesa di Santa Giuliana, corre Sia concesso di fare un parallelo l'obbligo di precisare che non tra il lapicida Giovanni Antonio sempre l'interpretazione degli L’acquasantiera (pile da l’aghe sante) Pilacorte e il pittore contempora- oggetti è univoca, anche a causa di Giovanni Antonio Pilacorte nella neo Otto D'Angelo che raffigura del deterioramento delle figure, chiesa di Santa Giuliana. Le immagini nei suoi quadri, in maniera magi- tanto più che quest'opera, almeno commentate in questo contributo si trovano sul piedistallo. strale per dovizia di particolari e per quanto ci risulta, è stata in- realismo, anche se in un contesto comprensibilmente trascurata fino completamente diverso, di sicuro ad oggi. Con l’eccezione del citato quanto le due attività (mietitura non religioso, le condizioni della articolo di Isabella Reale, non si è a e trebbiatura), strettamente con- vita contadina dei primi cinquanta conoscenza di studi relativi a que- nesse e poste in successione, fino anni del Novecento. La differenza sti graffiti che non siano di natura alla fine dell’Ottocento erano mol- risiede nel fatto che, mentre in meramente artistica. to impegnative per gli agricoltori quest'ultimo autore l'intento è Sono quindi benvenute osservazio- cui erano richiesti ben due mesi di quello di cogliere nelle immagini ni e critiche su quanto esporremo lavoro (giugno e luglio), come ci un mondo che sta scomparendo, fra breve. viene rappresentato nei Cicli dei nel primo c'è la volontà di dare Mesi raffigurati nelle chiesette di rilevanza alla strumentazione Mietitrebbiatura San Pietro in Magredis (Povolet- agricola e familiare dell’epoca in Esaminando gli attrezzi raffigu- to) e di San Pietro e San Biagio cui operava. L’attrezzatura raffigu- rati sul lato ovest del piedistallo di Cividale. Mentre la mietitura rata dal Pilacorte era in parte in- dell’acquasantiera di Santa Giulia- continuò, almeno in parte, a esse- novativa; tali si possono ritenere, na in Coderno si scopre l'attrez- re effettuata con la falce messoria ad esempio, il carrello dell'aratro zatura impiegata nella mietitura e (sesule) fino al secondo dopo- (cjarugjel) riportato nell'acqua- trebbiatura del grano (seâ/sesolâ guerra, la trebbiatura dall'inizio santiera di San Lorenzo e il treb- e bati forment) o di altri cereali a del Novecento comincia ad essere biatoio con carrello della chiesa di paglia. Il fatto che a questo scopo effettuata con trebbiatrici mecca- Santa Giuliana di cui parleremo in venisse dedicata una intera faccia niche, azionate dapprima da ener- seguito. Questa attrezzatura, uti- del piedistallo è comprensibile in gia idraulica (dove disponibile), 48 • 28

in seguito da locomobili (specie di vaporiere) e, infine, da trattori e motori elettrici di grande potenza. Negli anni Sessanta del Novecento entrano in azione le mietitrebbie che, con una sola operazione, provvedono alla mietitura e alla trebbiatura dei cereali, riducendo i tempi lavorativi da due mesi a poche ore soltanto e, per giunta, operando su superfici di gran lun- ga più estese.

Gli attrezzi (imprescj) Procedendo nell'esame degli at- trezzi raffigurati alla base dell'ac- quasantiera della chiesa di Santa Giuliana, andando dall'alto in bas- Gli attrezzi in uso nelle operazioni di mietitura e trebbiatura del grano rappresentati so e da sinistra a destra, notiamo: su una faccia del piedistallo dell’acquasantiera. – una falce messoria (sesule): è il classico attrezzo utilizzato per la mietitura del grano fin dall'an- Questo sistema di mietitura, ri- – un erpice (grape). Questo si tichità. Con la sesule il cereale spetto a quello del passato fatto presenta completamente diverso veniva tagliato alla base del gam- con la falce messoria, aveva il rispetto a quello raffigurato nella bo (talvolta anche a ridosso della grande vantaggio di consentire chiesa di San Lorenzo; presenta, spiga per lasciare sul terreno la all'operatore di stare ritto, oltre infatti, una intelaiatura in cui i paglia ad uso pascolo), in posizio- che permettergli di operare più denti sono infissi in travetti posti ne ricurva, tenendo la falce nella sbrigativamente. nel senso di avanzamento dell'at- mano destra, mentre con la sini- Il falcet venne usato fino agli anni trezzo e non in quello ortogonale stra si afferrava il mazzo di gambi Cinquanta del Novecento, mal- allo stesso, come avviene normal- da asportare e riporre a terra, fino grado fosse già in uso da qualche mente nell'erpice classico (e in a formare un manipolo (balzûl). decennio una mietitrice meccanica quello di San Lorenzo). Si ritiene Volendo fare un po' di storia, rife- trainata da cavalli: si trattava di possa essere stato utilizzato come rendoci all'area collinare e dell'al- una macchina a barra falciante che rastrello per raccogliere le spighe ta pianura friulana, possiamo dire dopo aver tagliato alla base i gambi rimaste sul terreno, quasi si trat- che solo a cavallo del Novecento, del grano, li rilasciava a terra in tasse di una forma di spigolatura. alla falce messoria del tipo qui mucchi pronti per essere legati È meno probabile che sia stato rappresentato, subentrò quella in manipoli. Successivamente alla utilizzato come cardasso (pietin) fienaia falcet( ) alla quale, per stessa falciatrice venne applicato per liberare i culmi integri da quel- l'occasione, veniva applicato un un dispositivo, comandato da un li piegati o spezzati, e ottenere, dispositivo in legno detto argagn operatore, in grado di provvedere alla fine, della paglia da usare nella che, a mo' di rastrello verticale, anche alla legatura dei mucchi di copertura di tetti. Quest'ultima raccoglieva i gambi tagliati ancora gambi e quindi formare da subito operazione veniva detta petenâ ritti, per farli cadere, a fine corsa, i manipoli: era la mietilegatrice o el seleâr e, negli anni Cinquanta compattamente sulla sinistra. mietilega; del Novecento, riguardava ormai 28 • 49

Le roncole sono solo la segale (siale) che, essendo ben illustrate nel notoriamente caratterizzata da mese di marzo culmi molto lunghi, era usata per facente parte del Ciclo dei Mesi, fare il “bosco” ai bachi da seta in risalente con procinto di chiudersi nel bozzolo ogni probabilità (lâ a filâ) e come legaccio dei al Quattrocento, manipoli ricavati dai gambi di mais che si trova nella chiesa di San (soreâl). In passato questo attrez- Pietro in Magredis zo interessava anche il frumento nel comune di che era costituito da varietà con . gambi molto più lunghi rispetto a quelli attuali, per cui quest'ultimi potevano essere impiegati, alla stregua di quelli della segale, nella per battere le spighe, a meno che utilizzata per tagliare la paglia, copertura dei tetti. Le varietà di la relativa funzione non debba ad esempio per uniformarne la frumento “nanizzate” col migliora- essere assegnata, con forti dubbi, lunghezza in vista di usi artigianali, mento genetico, onde contenere il agli attrezzi sopra identificati, cioè o per somministrarla agli animali dannoso allettamento, risalgono, alla piccola falce messoria, o alla stabulati. almeno in Italia, ai primi decenni scure. Potrebbe semplicemente – una pala da raschiatura (pale di del secolo scorso. trattarsi di una linea divisoria tra raspe) che serviva, a battitura av- – una scure (manarie) a una la strumentazione della mietitura e venuta, ad ammucchiare i chicchi mano: con il supporto di un ceppo quella della trebbiatura; sparsi nell'aia (arie). Si ritiene che (çoc), si impiegava per asporta- – una paletta a una mano (palote) questo tipo di attrezzo (oggi non re le spighe dai gambi di grano utilizzata per operazioni di travaso più in uso in tale forma), già con rendendo quest'ultimi utilizzabili, delle cariossidi. Probabilmente funzioni essenzialmente raschia- come già detto, nelle coperture di aveva anche funzioni di vagliatura trici dei chicchi di grano sparsi a tetti (l'individuazione dell'attrezzo del grano e ciò potrebbe essere terra, abbia dato il nome all'attuale potrebbe essere non corretta a suffragato dall’assenza nel riqua- badile, detto appunto (pale di ra- causa della figura in parte deterio- dro di uno strumento idoneo a spe), il quale non assolve più alle rata). svolgere tale funzione, cioè quella passate funzioni, ma a quelle di – un'altra falce messoria più pic- di lanciare verso l'alto il grano travaso di aridi o di altro materiale cola della precedente, da usarsi mescolato alla pula, catturando come sabbia, terra ecc. (esempio, preferibilmente dalle donne o dai poi le cariossidi in caduta senza questo, della persistenza delle ragazzi: ciò dimostrerebbe che glume e glumelle portate via dal parole nell'indicare un oggetto con quest'ultimi, dotati di appropriata vento in quanto più leggere. Non il nome originale anche quando ha attrezzatura, partecipavano attiva- è improbabile, però, che si possa mutato forma e funzioni); mente ai lavori agricoli (anche qui trattare di una roncola (massan- – un carrello che è governato da la figura è in parte deteriorata e ghe/massanghete/roncee), come un lungo timone ed è dotato poste- vale l’osservazione fatta sopra); si potrebbe evincere dalla icono- riormente di un ceppo strisciante, – uno strumento in cui con molte grafia coeva, ad es. nel Ciclo dei finalizzato a liberare le cariossidi incertezze si potrebbe ravvisare il Mesi che si trova nella chiesetta di dalle spighe. Si tratta, dopo quello correggiato (batâli), lo strumento San Pietro in Magredis nel comune del correggiato, del sistema più in usato per la battitura del grano. di Povoletto. Nulla vieta di pensare uso in passato per la trebbiatura Qui mancherebbe alla estremità che la roncola, attrezzo quanto del grano (batidure dal forment). della pertica un bastone snodato mai poliedrico, potesse essere Trainato da un bovino o da un 50 • 28

Faccia del equino, o addirittura da persone, piedistallo l'attrezzo, che il più delle volte era dell'acquasantiera dotato di un rullo, passava ripe- dove vengono rappresentati tutamente sopra le spighe riposte gli attrezzi in sull'aia con un percorso circolare, uso al fabbro/ separando i semi dalle glume maniscalco. attraverso il calpestio e lo sfrega- mento. Interessante notare che questa operazione ha mantenuto, nella lingua friulana, il termine di batidure anche quando, all'inizio del secolo scorso, sono entrate in funzione le trebbiatrici meccani- che operanti con tutt'altri principi (altro esempio di persistenza delle parole nell'indicare un’operazio- ne con il nome originale, anche quando si è passati ad operare con Reale, starebbero ad indicare i sei ferro per asino; altri mezzi e modi). La rappresen- giorni lavorativi della settimana. – un chiodo (claut) per ferratura: tazione di questo attrezzo per la Dal lato sinistro a scendere tro- caratteristico della mascalcia, è di trebbiatura del grano, moderno a viamo: forma piramidale per evitarne la quei tempi, starebbe a indicare il – un martello da chiodi (martiel rotazione nell'alloggiamento. La progresso in atto in campo agricolo di clauts) da maniscalco. Non è rotazione provocherebbe l'allarga- che l'artista vuol sottolineare; diverso da quello usato dai car- mento del foro e, quindi, la sfilatu- – un collare di cavallo o di asino pentieri, possiede la penna a coda ra del ferro dallo zoccolo; (comat) da usare per bardatura di rondine per estrarre i chiodi e – una tenaglia esploratrice (spe- dell'animale impiegato nella treb- la bocca quadrata per battere gli cillo) (taste) che serve a scoprire biatura, nelle modalità sopra de- stessi; parti doloranti dell'animale all'in- scritte. Tale dispositivo in Europa – un incastro/incassino (incja- terno dello zoccolo. Sono le roton- appare per la prima volta nei primi stri/incassìn). Questo arnese, dità alle estremità dell'attrezzo e il secoli dopo il Mille e sarebbe inte- di esclusivo uso del maniscalco, sistema di leveraggio, che permet- ressante conoscere quando iniziò a serviva per pareggiare lo zoccolo tono di esercitare una maggiore diffondersi in Friuli. del cavallo prima dell'applicazione pressione sulla parte in esame, a del ferro. Oggi è sostituito dal rivelare che non si tratta né di una Faccia nord del cosiddetto coltellaccio in quanto tenaglia comune, né di quella da piedistallo l’incassino, a detta degli esperti, naso per bovini; Veniamo all'altra faccia del pie- è pericoloso sia nei confronti – un ferro di cavallo degli arti po- distallo, quella rivolta nord, dove dell'animale che dell'assistente in steriori (fiar di cjaval di daûr): vengono rappresentati gli attrezzi ragione del modo con cui opera (le si tratta di quello comune, oppure del maniscalco e del fabbro ferra- operazioni di ferratura dei cavalli di tipo correttivo da applicare allo io, due professioni che nel basso richiedevano la presenza di un zoccolo nel caso che l'animale ab- medioevo potevano coincidere. aiuto maniscalco); bia dei difetti di deambulazione; Al centro, in linea verticale, sono – un ferro di cavallo degli arti an- – un mantice (fol): è il tipico stru- rappresentati sei grani che, come teriori (fiar di cjaval di denant); mento usato dal fabbro per ravvi- sopra detto, secondo Isabella potrebbe trattarsi anche di un vare la fiamma della forgia. 28 • 51

Sul lato destro Dal lato destro a scendere troviamo: – uno scalpello/tagliolo (scarpel) che serve per l'incisione/taglio di un ferro mediante battitura con mazza (mace), un pesante mar- tello. Lo strumento veniva usato anche come “stampa righe” per forgiare un leggero incavo sotto i ferri di cavallo dove alloggiano le teste dei chiodi; Conclusione – due punzoni quadrangolari (co- Rinnovando l’invito agli studiosi nis) che servono per ricavare nei di storia materiale a correggere e ferri di cavallo delle buche a tron- completare quanto abbiamo sopra co di piramide. Venivano impiegati espresso, ricordiamo che nel pre- dopo che si era provveduto ad sente contributo ci si è voluti sof- Da sinistra a destra due attrezzi avviare i fori con lo stampa buchi particolari della mascalcia: tenaglia fermare esclusivamente sulle at- di chiodi di cui più oltre; esploratrice e incastro, nelle forme trezzature raffigurate dal lapicida, – un ingegnoso podogoniometro utilizzate fino a pochi decenni fa. Si senza trattare degli aspetti artistici noti come nella tenaglia esploratrice che serviva a misurare l'inclinazio- di questo lavoro del Pilacorte, in il sistema di leveraggio sia cambiato ne del piede mediante la regola- rispetto a quello raffigurato dal merito ai quali è stato abbondante- zione dei pioli infissi all'estremità Pilacorte, mantenendo, comunque, mente scritto da studiosi dell'arte dell'asta mantenuta in verticale. l'esigenza di esercitare una maggiore in Friuli (si veda, ad esempio, Ber- pressione sulle ganasce Non è sicuramente, come di primo gamini e Tavano 1984). acchito potrebbe sembrare, una Riteniamo infine doveroso un sen- lira (lire) o spino per il taglio tito ringraziamento al sig. Giovanni della cagliata (strumenti in uso al tenere il ferro da forgiare, prima Battista Perini di per la casaro), in quanto l'attrezzo esule- sui carboni accesi della fucina, poi consulenza fornita nel campo della rebbe dal tema trattato; sull'incudine; mascalcia. – uno stampa buchi di chiodi che – un martello da forgia (martiel serviva a ricavare dei buchi nei di grues) che è usato per forgiare ferri di cavallo battendovi sopra il ferro dopo il suo riscaldamento Bibliografia con una mazza. Lo strumento in fucina a circa 300°C; Bergamini e Tavano 1984 = Giuseppe sarà, in tempi moderni, sostituito – una incudine (incuin) ad un Bergamini, Sergio Tavano, Storia dell'arte dal trapano. Non può essere una corno. Potrebbe trattarsi di una nel Friuli-Venezia Giulia, (Ud),1984. gaffa/alighiero (anghîr), il tipico delle prime raffigurazioni in Friuli Hauser 1976 = Arnold Hauser, Storia attrezzo usato dai boscaioli addetti di questo tipo di incudine che, sociale dell'arte, Piccola Biblioteca alla fluitazione dei tronchi me( - in seguito, si è evoluta verso una Einaudi, 1976. Puppatti 20017 = Giovanni Puppatti, naus), in quanto, come nel caso forma a due prolungamenti, uno Graffito della chiesa di San Lorenzo di precedente, l'attrezzo esulerebbe conico detto "corno" e l'altro pi- Sedegliano, Sot la Nape, n. 4, 2007. dal tema trattato; ramidale detto "lingua". In epoca Reale 2017 = Isabella Reale, Il settimo giorno si riposò: il “Cristo della – un paio di tenaglie da fabbro romana, come si può osservare in domenica” si conserva a Pordenone, (tanais di farie): sono le classi- una lapide conservata al Museo ar- Messaggero Veneto, 23 dicembre 2017. che tenaglie da fabbro dai lunghi cheologico di Aquileia, l'incudine Sibille-Sizia 1992 = Silvana Sibille Sizia, Il Cristo della domenica, Sot la Nape, n. 3, bracci, utilizzate tutt'oggi per trat- era quadrata, senza corni. 1992. 52 • 28

Franca MERLUZZI

Oasi di verde, oasi di pace

I parchi e i giardini storici un patrimonio per tutti

La regione Friuli Venezia Giulia possiede un numero cospi- Lcuo di parchi e di giardini storici diffusi sul territorio, nelle città e in campagna, annessi a ville e dimore in zone tran- quille e appartate. Sono oasi verdi abbellite da manufatti architettonici, statue, fontane e altri apparati decorativi. Di proprietà pubblica e privata, richiedono manutenzione e cure continue. Strettamente legate alle vicende dei luo- ghi a cui appartengono, custodiscono storie di famiglie e di comunità, di personaggi famosi e poco noti che le realiz- zarono per sé e per gli altri. 28 • 53

La verde bellezza La verde bellezza, è il titolo stesso. Alla prima guida segui- Con il filmLa grande bellezza della guida dedicata ai parchi ranno altre due: una dedicata ai del 2013 di Paolo Sorrentino, il e i giardini storici pubblici del parchi e ai giardini storici privati termine “bellezza” è diventato Friuli Venezia Giulia, edita nella e una alle uccellande, roccoli e ancor più ricorrente per espri- primavera 2017 dal Servizio bressane che s’innalzano in punti mere l’aspirazione al “bello”, a catalogazione, formazione e paesaggisticamente attraenti, un qualcosa che gratifica gli occhi, ricerca dell’Ente regionale per il tempo strategici per intercettare la mente, l’anima, il cuore. Tutti Patrimonio culturale del Friuli le rotte migratorie dei volatili, sentiamo la necessità della “bel- Venezia Giulia - ERPAC. Si tratta oggi mete di possibili escursioni lezza” che infonde sensazioni di un’iniziativa editoriale che si e itinerari. Tali architetture ve- appaganti ed entra nel profondo. prefigge di incentivare, in modo getali costituiscono un retaggio La bellezza è dei giardini e si divulgativo, la conoscenza delle dell’antica ars topiaria e appar- rivela attraverso le forme, i aree verdi decorate finora censite tengono quindi alla tradizione colori, i profumi, la luce e l’om- (411) e catalogate (185) dall’Ente compositiva del giardino italiano. bra, il pieno e il vuoto, l’ordine e la spontaneità, la vita in un , Scodovacca, Parco di Villa Chiozza. Il parco e la villa continuo rinnovarsi. Non a caso appartennero a Luigi Chiozza (1828 - 1889), amico dello scienziato Louis fin dai tempi remoti il giardino Pasteur. Nell’estensione di 22 ettari si alternano radure, boschetti e gruppi è stato assimilato al paradiso arborei. Lungo il corso della roggia cresce una folta vegetazione tra cui il terrestre, un paradiso perduto, di cipresso delle paludi o cipresso calvo (Taxodium distichum). Attira l’attenzione per il diametro e l’altezza delle canne il folto bosco di bambù che, assieme alle cui l’uomo – ci piace immaginare sequoie, dimostra l’interesse per le specie al tempo considerate esotiche. – conserva il ricordo. Foto Igor Londero 2016. 54 • 28

Cervignano del Friuli, Scodovacca, Parco di Villa Chiozza. La visita al parco riserva una sorpresa. Entro un recinto una colonia di cervi osserva, a distanza, i visitatori. Elusivi anche gli altri abitanti del luogo: lepri, volpi e caprioli, tutti gelosi della loro libertà. Foto Igor Londero 2016.

Un patrimonio vivente deciso le sorti e dei progettisti Lo spirito del luogo Guida bilingue (italiano / ingle- che ne hanno interpretato gli in- Frequentando i parchi e i giardini se) pubblicata da Forum editrice tendimenti. Emblematico risulta che hanno un valore storico si universitaria di Udine, La verde il Parco di Villa Manin di Passa- colgono gli elementi che li diver- bellezza è stata presentata in an- riano in cui si sono susseguite sificano e li rendono attraenti; teprima al Salone internazionale diverse impostazioni: il ricco percorrrendo i viali, osservando del libro di Torino dallo scrittore impianto formale settecentesco le direttrici e i manufatti architet- Tiziano Fratus, l’homoradix, con le sue “delizie” è diventato tonici si comprendono (o almeno scrittore, poeta, “cercatore di regolare e semplificato nel primo si intuiscono o si immaginano) alberi”. Contiene una selezione Ottocento e ha assunto, dopo la le configurazioni originarie, si di cinquanta parchi e giardini metà del XIX secolo, i caratteri apprezzano le composizioni bo- storici della regione a cui tutti “tardo romantici” che tuttora taniche e si ammirano gli alberi possono accedere, alcuni secon- conferiscono una suggestiva secolari. Conoscendo le vicende do orari e in periodi prestabiliti, “naturalezza” all’insieme con da cui sono nati si viene a sapere altri tutti i giorni dell’anno. percorsi tra macchie arboree e della generosità delle comunità I siti possiedono una caratteristi- scorci pittoreschi. cittadine, mosse da nobili inten- ca che li accomuna: sono frutto Per la loro componente vegetale dimenti e valori civici. Spesso, di interventi consapevoli e mirati i parchi e i giardini sono opere all’aspetto ricreativo ed estetico, i sulla base di un progetto che ha “viventi”, microcosmi che si parchi hanno infatti unito la volon- dato loro forme e articolazioni. adeguano al tempo e ai cambia- tà di celebrare avvenimenti storici Il piano compositivo può risalire menti: oltre al rapporto con la come l’Unità d’Italia, onorare la a secoli fa e anche nei complessi natura, riflettono i pensieri degli memoria dei caduti in guerra e meglio conservati l’assetto odier- uomini, le loro aspirazioni, l’or- dei personaggi illustri. Si scopro- no mantiene solo in parte l’idea ganizzazione e i valori della so- no, come si racconta di seguito, iniziale: tali opere mutano infatti cietà a cui appartengono. A ben storie curiose e appassionanti continuamente per i cicli vitali guardare, visitandoli si scoprono di coloro che si dedicarono alle della natura – gli alberi crescono cose del passato, ma anche del sperimentazioni ed elaborarono e le loro chiome modificano i presente che ci pone di fronte a progetti visionari e di altri invece rapporti e le visuali, muoiono nuove situazioni ed emergenze. che preferirono adottare modelli e impongono sostituzioni – ma Molti parchi e i giardini sono or- consolidati o inseguire le mode del anche per le trasformazioni mai luoghi multietnici: accolgono tempo. subite per volontà di proprietari un’umanità in movimento che I muri di cinta e i cancelli segnano e amministratori che ne hanno qui sosta in attesa di un futuro. la discontinuità tra il paesaggio di 28 • 55

Muzio de Tommasini che nel 1854 lo fece attrezzare a luogo di svago e di ritrovo; qui un tempo si svol- gevano le esposizioni floreali e di orticoltura e ancor oggi è molto frequentato. Nei percorsi tra le ai- uole si trovano i busti una trentina di uomini e di donne che hanno fatto la storia della città, poeti, giornalisti, politici, letterati, storici, musicisti: da James Joyce a Italo , Parco Italia. All’interno dell’area verde fu collocato nel 1929 il monumento ai caduti, realizzato dallo scultore Aurelio Mistruzzi (1880 - 1960), Svevo, da Umberto Saba ad Anita ora fiancheggiato da maestosi cedri. Su un basamento in pietra di è Pittoni, da Julius Kugy a Scipio posto il gruppo in bronzo, ai lati due medaglioni, davanti la lupa capitolina. Il parco Slataper. Nel racconto “Giardino ha mantenuto l’impostazione originaria e nel 2003, in occasione del centenario, pubblico” inserito nel volume è stato oggetto di un intervento di restauro. Le cancellate dell’ingresso sono quelle del 1931. Nelle serre, recuperate e recentemente adibite a spazi espositivi, “Microcosmi” pubblicato nel 1997, Domenico Caporale detto Meni (1908 - 1991), il giardiniere che per trent’anni ha Claudio Magris racconta la vita avuto cura del parco, teneva a dimora le piante. Fotografia di Claudio Mattaloni. che si svolge dentro questo luogo circoscritto intrecciando momenti del presente e del passato, esisten- fuori e quello che si trova all’inter- viale alberato con vista sul mare ze quotidiane dei frequentatori no: qui, all’aria aperta, si può cam- quale si configurò all’inizio del abituali e considerazioni sui perso- minare, sostare, passeggiare; si Novecento, risale ancora alla fine naggi effigiati con un riferimento entra in una dimensione differente del XVIII secolo, durante il periodo alla “triestinità”, nata – stando a da quella consueta e, familiariz- asburgico. I rapporti con l’area cir- Magris – con Slataper, “vitalità zando con il contesto, si entra in costante sono ora profondamente verde liberata” di una generazione sintonia con lo spirito del luogo. cambiati, ma il viale – dove si svol- che la prima guerra mondiale ha ge ancora il rito del passeggio – presto sacrificato. Per i piaceri del popolo con i suoi pendii degradanti è una A Gorizia il primo giardino pub- Il patrimonio storico comprende i lunga fascia di verde che separa la blico, con la fontana e la grande parchi urbani nati per volontà del- zona residenziale dalla trafficata magnolia al centro, fu realizzato le amministrazioni pubbliche. Fin arteria di collegamento verso il grazie a una sottoscrizione dei dalle origini hanno abbellito spazi porto e la grande viabilità triestina. cittadini, ovviamente per lo più a disposizione dei cittadini, “per i A Udine fin dal Quattrocento l’a- maggiorenti locali ed esponenti piaceri del popolo”; all’epoca in po- rea di Giardin grande era adibita di ricche famiglie quali i Ritter, i sizione decentrata, ora all’interno a uso collettivo: vi si svolgevano Codelli, i Lantieri, che raccolsero i del contesto urbano offrono calma fiere, mercati e corse di cavalli, ma fondi necessari in soli tre anni, dal e tranquillità. I parchi e i giardini solo nell’Ottocento si configurò 1860 al 1863. Altrettanto generosi pubblici sono oasi di pace che si l’impianto elittico, ispirato a quello furono i triestini addolorati per la inseriscono tra le strade trafficate di Prato della Valle a Padova, con scomparsa dell’imperatrice Elisa- e collegano punti diversi della viali rettilinei, piazzuola centrale betta d’Austria, la famosa Sissi, ef- città. Un esempio è costituito dal alberata, estensione erbosa di libe- figiata nella statua (da loro pagata) Passeggio Sant’Andrea di Trieste, ra fruizione. posta sul monumento inaugurato dove l’idea di trasformare un viot- Il giardino pubblico per eccellenza nel 1912 nel giardino di Piazza tolo di campagna in un elegante di Trieste è dedicato al botanico della Libertà, allestito di fronte 56 • 28

all’ingresso della stazione di Trie- Cividale del Friuli, Parco Italia. Il parco ste, allora una delle più importanti pubblico, inaugurato nel 1903 per volontà del Comune, fu realizzato nei città dell’impero austro-ungarico. pressi della stazione, in una zona di Alcuni parchi furono creati all’i- espansione urbana. Cividale contava nizio del Novecento per decorare allora più di novemila abitanti e aree nei pressi delle stazioni godeva di un periodo propizio per le attività economiche. I collegamenti ferroviarie, affinché villeggianti ferroviari con Udine favorivano anche e viaggiatori avessero all’arrivo un certo afflusso di viaggiatori per un bell’approccio. A Cividale del gite fuori porta. Nel parco si ammira Friuli, per esempio, il Comune aprì un pino nero (subp. laricio Maire) di circa centotrenta anni, alto venticinque il nuovo parco pubblico nel 1903 in metri e 395 cm di circonferenza del una zona di espansione urbana nei fusto. È inserito nell' “elenco regionale pressi della stazione inaugurata nel degli alberi monumentali” (allegato al decreto numero 160 del Presidente 1886 con l’intento di promuovere della Regione del 7 agosto 2018). Il la cittadina quale meta di gite fuori Servizio Paesaggio e Biodiversità della porta, raggiungibile grazie ai “velo- Regione cura la tenuta di tale elenco ci” collegamenti con Udine. Nelle conforme ai criteri stabiliti dal decreto ministeriale che ha istituito l’elenco serre, restaurate e recentemente degli alberi monumentali d’Italia. adibite a spazi espositivi, Domenico Caporale detto Meni (1908-1991) il giardiniere che per trent’anni ha avuto cura del luogo, ricoverava e campi di battaglia nei due conflit- politiche. Nel Parco della Rimem- teneva a dimora le piante. ti mondiali o in altre circostanze branza di Gorizia, realizzato nel tragiche e violente della prima 1923 in memoria dei volontari Per non dimenticare metà del Novecento. A Udine goriziani che sfidando l'Austria si Tra i parchi urbani vanno inseriti l’area verde, inaugurata nel 1927, erano arruolati nell'esercito italia- i Parchi della Rimembranza che era punteggiata simbolicamente no e caddero nella prima guerra sono diffusi sull’intero territorio da mille cipressi, uno per ogni mondiale, le steli del vialetto regionale, istituiti a seguito di una combattente caduto in guerra. La centrale ricordano i 665 dispersi circolare ministeriale del 1922, sostituzione delle piante con altre deportati in Jugoslavia nel 1945 emanata per iniziativa del sotto- conifere ha comportato la perdita non lontano dal busto di France- segretario alla Pubblica Istruzione dell’impianto formale quale era sco Scodnik, “primo volontario Dario Lupi. La loro realizzazione stato concepito, ma è stato man- isontino per l’Unità d’Italia nel richiama l’antico rapporto uomo- tenuto l’arco topiario che intro- 1848”. albero interpretato come simbolo duce al luogo della memoria, ora di rinascita: al carattere inerte anche per le vittime nei campi di Per una nuova vita della pietra e del bronzo si sosti- sterminio nazisti e dei morti civili I tre ex ospedali psichiatrici pro- tuisce la vitalità della pianta affi- in guerra. vinciali di Trieste, Udine e Gorizia data alle cure della cittadinanza. Nel parco sul colle di San Giusto sono circondati da ampie aree Dichiarati nel 1926 monumenti a Trieste pietre con iscrizioni dis- verdi, parte integrante dei com- pubblici in quanto esempi edi- seminate all’ombra degli alberi, plessi di cura costruiti all’inizio ficanti di amore per la patria, monumenti, cippi e lapidi ricorda- del XX secolo secondo un model- successivamente sono venuti a no il triste destino che accomunò lo a padiglioni inseriti in contesti testimoniare il sacrificio di tutti uomini diversi per origine, cultu- giardinistici. Frequentandoli coloro che hanno perso la vita sui ra, estrazione sociale, ideologie senza pregiudizi, si apprezzano la 28 • 57

minori “ineducabili” si ristrutturò negli anni trenta un edificio di cui per fortuna non è rimasta traccia. Il parco di Gorizia, che era pro- prio sulla linea del confine con l’ex Jugoslavia, è oggetto di un progetto di cooperazione euro- pea. Per un tratto il muro del vec- chio manicomio correva proprio lungo il confine e qualche volta i ricoverati scappavano in “Jugo” e la Milica li riportava indietro. Capriva del Friuli, Russiz inferiore, veduta dal castelletto de La Tour (Villa Russiz). Elvine, figlia del barone Giulio Ettore Ritter de Záhony esponente di una ricca È dedicato a Franco Basaglia, famiglia goriziana andata sposa al conte Theodor de La Tour ricevette come dono che qui iniziò le sue innovative di nozze la tenuta di circa 100 ettari. Esperto agronomo il conte intuì che il luogo sperimentazioni terapeutiche era una zona vocata per la viticoltura ad alta qualità. L’attività prosegue tuttora continuate poi a Trieste. Quanto attraverso la Fondazione Villa Russiz che gestisce un patrimonio agricolo di 45 ettari di vigneti. È raggiungibile a piedi, percorrendo un sentiero affiancato da accadde nei due contesti di Trie- cipressi in un contesto paesaggistico di rilievo, il Mausoleo (oggi cappella di San ste e Gorizia rappresentò negli Giuseppe) completato nel 1897, tre anni dopo la scomparsa del conte de La Tour. anni Settanta una rivoluzione, la più clamorosa in Italia, come la definì Oreste Pivetta nel libro loro vastità e la ricchezza dei loro a Udine il parco di Sant’Osvaldo edito nel 2014 Franco Basaglia, patrimoni botanici. La riforma è liberamente accessibile e, in il dottore dei matti. radicale che ha portato alla legge attesa di un piano generale di 180 del 1978 nota come “legge riqualificazione, offre occasioni Beni per la collettività Basaglia”, ha avuto come esito la di incontro e di accoglienza, Nel patrimonio a disposizione chiusura dei manicomi. Così è av- di festa e di svago, percorsi e della collettività sono confluiti venuto anche per i tre complessi visite guidate, laboratori e orti beni importanti che in origine del Friuli Venezia Giulia che, con sinergici. Considerato nei primi appartenevano a privati. A segui- tempi e modalità diverse, hanno decenni del Novecento tra le più to di vicende storiche e familiari avviato operazioni di riuso degli moderne strutture psichiatriche – spesso per mancanza di eredi edifici e degli spazi destinandoli pubbliche italiane, Sant’Osvaldo – sono diventati di proprietà pub- ad altre funzioni, utili per la andò incontro al destino di altri blica e di libero accesso. Alla loro collettività. Dallo studio della manicomi diventati luoghi di manutenzione e gestione provve- Fondazione Benetton del 1998 concentrazione per diverse pato- dono gli enti del territorio, tra i risulta che Trieste e Udine erano, logie. Dotato di colonia agricola, quali prevalgono i Comuni. Un’ec- per dimensioni, tra i 18 maggiori panificio, macelleria, teatro e, da cezione è rappresentata dalle insediamenti in Italia. Spicca per un certo momento in poi anche Fondazioni che gestiscono alcuni la progettualità e la convergenza di centralina per la produzione di complessi fruibili dai visitatori d’intenti il Comprensorio di San energia elettrica, era una “città” per disposizione testamentaria Giovanni a Trieste “luogo di uto- ai margini della città. Impressiona quali Palazzo Coronini Cronberg pie possibili” che ha rilanciato scoprire che qui in novant’anni a Gorizia, Villa de Claricini Dorn- simbolicamente la memoria e furono ricoverate oltre 100.000 pacher a Bottenicco di l’idea della rinascita con la crea- persone tra uomini, donne e e Villa Russiz a Russiz inferiore di zione del grande roseto. Anche bambini: sì, proprio bambini. Per i Capriva del Friuli. 58 • 28

In città esotiche e dotata di aranciera Alcuni contesti, ora pubblici, era- in muratura. Qui risiedette la no le pertinenze verdi che arric- baronessa Angiolina Sartorio, chivano e decoravano le dimore consorte di Enrico Ritter de urbane, abitate gran parte dell’an- Zàhony, famosa per la sua col- no, di famiglie nobili e signorili. lezione di azalee e di numero- Più o meno a seconda dell’epoca, se varietà di rose. Nel 1906 il comprendevano uno spazio riser- complesso divenne la sede del vato all’orticoltura, ma con i loro Municipio. apparati ornamentali e la rarità Sempre nel capoluogo gorizia- di specie botaniche diventavano no, l’ultimo discendente della soprattutto motivo di prestigio, nobile famiglia dei Coronini modelli da imitare o da invidiare. Cronberg, il conte Guglielmo A Trieste i Sartorio, commercianti scomparso nel 1990, lasciò Spilimbergo, Giardino del Palazzo sanremesi qui trasferitisi per atti- tutto il suo ingente patri- “Spilimbergo di Sopra” in borgo vità legate al porto franco, fecero monio – il palazzo, le opere Valbruna. Il giardino circonda l’edificio costruire le loro residenze in città d’arte contenute e il vasto restaurato, ora sede municipale, che ha riacquistato il suo splendore: all’interno e sull’altopiano e, da veri appas- parco di 22 ettari – a Gorizia. con le decorazioni a stucchi, all’esterno sionati, investirono risorse, com- Il suo antenato, il conte Al- con le pitture ad affresco. Sulle facciate petenze e tempo anche nella cura fredo, accostò essenze alpine sono state infatti riproposte alcune parti dei giardini. Giovanni Guglielmo a piante sempreverdi tipiche dipinte a finte colonne e finti drappi che pendono dai balconi. Nel 2010 - 2013, Sartorio, appassionato di bota- dell’area mediterranea: nac- sulla base del progetto realizzato dal nica e attento lettore di libri di que così il giardino “dalle Comune, i lavori hanno recuperate le giardinaggio realizzò un giardino mille sfumature di verde” pertinenze verdi mantenendo l’antica suddivisione: l’area carraia lastricata in all'inglese (1831) a Trieste nella inserito in un programma che pietra all’ingresso, il giardino murato di sua Villa Carolina sopra Monte- all’epoca mirava a trasformare ricevimento antistante il palazzo con bello. Ne rimane memoria anche Gorizia nella cosiddetta “Niz- due viali ortogonali; a destra il giardino nell’elegante dimora cittadina, za austriaca”, con ville im- formale, posto a un livello inferiore ornato da aiuole, piante di bosso, ulivi ora Civico Museo Sartorio, che merse nella vegetazione, viali e rose di varie specie; quindi il giardino rispecchia lo stile colto e raffinato alberati, giardini con specie a verziere terrazzato che comprende dell’aristocrazia imprenditoriale botaniche rare come piaceva una zona per le lavande alternate al triestina del XIX secolo. ai turisti d’oltralpe attratti dal papavero orientale e rose coprisuolo, un orto per le aromatiche (corbezzolo, Tra i tanti edifici pregevoli del clima mite e dall’atmosfera olivello, menta, santolina, melissa, timo, centro storico di Gorizia uno dei già allora “multiculturale” origano, rosmarino, salvia, ecc.) e le più importanti è sicuramente della città. piante da frutto (gelsi, melograno, melo selvatico, viburno). palazzo Attems Santacroce attri- A San Vito al Tagliamento Sulle Rive Est con pendii degradanti buito a Nicolò Pacassi, divenuto il Comune è collocato nel verso il letto del Tagliamento, architetto di corte dell’impera- Palazzo Altan Rota, residenza l’intervento di riqualificazione ha trice Maria Teresa d’Austria. Il con giardino all’italiana e previsto la messa a dimora di barbatelle innestate di vite di varietà contesto fu acquistato nel 1819 vasto parco retrostante – gra- Isabella “maritate” ai pioppi neri e ulivi. dalla ricca famiglia goriziana dei vemente danneggiato dagli Esiste un giardino segreto a cui si Ritter de Zàhony che apportò eventi atmosferici del 10 ago- accede solo in certe occasioni, come molte modifiche anche all’area sto 2017 – lasciati in eredità la manifestazione “Giardini aperti”. Suggestiva l’ampia veduta sulla Grava, verde, al tempo molto più estesa alla cittadinanza dai nobili il greto del Tagliamento, con le Prealpi dell’attuale, arricchita da piante proprietari del luogo. Carniche sullo sfondo. 28 • 59

Gorizia, Parco di Palazzo Coronini Cronberg. A destra del palazzo si estende un Gorizia, Parco di Palazzo Coronini ampio pianoro, ombreggiato da alberi (cedri, lecci e pini): è il punto aggregante Cronberg, veduta del tempietto. del parco dove si tengono concerti ed eventi culturali. Sul prato sono collocate la Imboccando il sentiero a sinistra fontana con un putto seduto sul delfino e la statua dell’Ecate triformis, misteriosa dell’ingresso principale si sale raffigurazione di una dea triplice di epoca romana (II secolo d.C.), proveniente dal sulla collina (artificiale) in mezzo a castello di Moncorona, antica residenza dei Coronini, oggi in Slovenia. Foto Igor un boschetto di lecci e palme. Si Londero. raggiunge il tempietto realizzato nel 1914 su progetto di Girolamo Luzzato. In campagna vano i luoghi ameni. Emblematico Fu il conte Alfredo, viaggiatore e appassionato di giardini, a ridisegnare, Sono confluiti nel patrimonio pub- il caso del barone Revoltella che tra il 1875 e il 1914, il parco blico anche alcune pertinenze di si fece costruire un villino alla d’ispirazione paesaggistica. Scelse ville, collocate in contesti rurali e berlinese, un elegante châlet fuori piante sempreverdi tipiche dell’area connesse con le attività agricole. Trieste, in una magnifica posizione mediterranea a cui abbinò essenze alpine dell’Europa centro balcanica Appartenevano a nobili o facoltosi da cui si vede il mare fino alle co- quasi a simboleggiare l’incontro di personaggi che per diretta volontà ste croate. Nelle sue quattro serre culture diverse. Assieme ai suoi sette o per volere dei loro discendenti coltivava agrumi e ananassi con giardinieri coltivava anche yucche e agavi, immortalate nelle cartoline disposero la pubblica fruizione. cui stupiva i suoi ospiti alla fine d’epoca. 2016. Nelle ville di campagna i proprie- dei ricevimenti. Non era da meno tari soggiornavano per riposo o il barone Morpurgo de Nilma, ban- per sovrintendere ai lavori agricoli, chiere di fama internazionale che, più trovare, accostati sull’erba, due specialmente durante la mietitura nella tenuta di Varda, a Brugnera, antichi sarcofagi ben conservati le e la vendemmia. Al parco era esibiva le sue piante esotiche. cui ridotte dimensioni e l’iscrizione annesso il brolo, area recintata e I nobili di Toppo inserirono invece DULCISSIMVS FILIVS, riportata riservata agli ortaggi pregiati per nel loro “ronco” di , annes- su entrambi, tramandano un do- la tavola del possidente, alle erbe so alla villa, un gran numero di lore lontano nel tempo. Questo aromatiche, agli alberi da frutta, reperti funerari, provenienti dagli gusto antiquario confluito nella all’uva da tavola e ai fiori, mentre scavi di Aquileia, che ancor oggi concezione giardinistica è una la braida era coltivata a vite e ce- si possono vedere all’esterno e nel caratteristica che risale al Sette- reali. A pochi chilometri dalla città lapidarium. Passeggiando sor- Ottocento e trova riscontro in altri villeggiavano i ricchi esponenti prende imbattersi nei cosiddetti contesti. della borghesia imprenditoriale “capricci”, curiosi assemblaggi di Un’altra vicenda interessante, in triestina che, per i loro svaghi, materiali archeologici collocati in epoca più recente, riguarda un avvenimenti mondani e relax ama- vari punti del parco ma ancor di noto farmacista triestino che all’i- 60 • 28

nizio del Novecento si trasferì in Friuli: Vittorio Serravallo, titolare di una distilleria in cui si produ- ceva il vino ferruginoso di China, ricostituente premiato e racco- mandato “per i deboli e per i con- valescenti”. Pur avendo alla base un ottimo vino Marsala Serravallo lo esportava in paesi lontani: Giap- pone, Australia, Estremo Oriente, America anche dove il proibizioni- smo vietava le bevande alcoliche ma non i medicinali. Imparentatosi con i de Concina, fece costruire in alto sul colle Magnolino a , una villa con parco, orto e serre dove coltivava, come a Trieste, erbe officinali e Trieste, Parco di Villa Revoltella. Il contesto si estende alla periferia est di Trieste in una zona boscosa detta “Al Cacciatore”. Nell’arco del decennio 1857 – 1867 piante ornamentali. Restaurata Pasquale Revoltella, figura di spicco dell’alta finanza triestina, portò a compimento dopo il terremoto, Villa Serravallo l’intero complesso con la villa, la chiesa, la casa parrocchiale, altri annessi e il è divenuta la sede del Comune; nel meraviglioso parco. Nello stesso anno ottenne il titolo di barone, ma poco dopo, parco sono state mantenute specie nel 1869, morì. Per sua volontà tutto il patrimonio passò al Comune di Trieste compreso il palazzo in città, oggi civico museo. Dalla sua villa chalet si gode una dell’impianto originario fra le quali magnifica veduta: lo sguardo spazia lontano, dai pendii boscosi al mare e nelle spicca il gruppo monumentale del giornate limpide fino alle coste croate. Foto Igor Londero. faggio rosso che assieme alle altre piante, classificate e cartellinate, francese rimasto ignoto che si vole apparato statuario, tracce del rendono istruttiva la visita. ispirò a Versailles. “Albergo della fastoso passato. Pace e del Piacere” fu definito in Miramare costituisce un caso uni- Mirabili contesti un poemetto di Daniele Florio del co in regione: il parco e il castello All’interno del patrimonio pubblico 1766 il parco, spettacolare cornice riflettono la cultura e il gusto ar- spiccano per importanza due con- per feste e avvenimenti mondani tistico dell’arciduca Massimiliano testi di notevole rilevanza che cir- con aiuole, orti pensili, serraglio d’Austria. Colto e visionario, per condano Villa Manin di Passariano, per cervi, daini e altri animali, torri arricchire le sue conoscenze bo- di proprietà della Regione Friuli per l’approvvigionamento idrico, taniche intraprese, tra il 1857 e il Venezia Giulia, e il castello di Mi- labirinti e mille altre meraviglie. 1859, un viaggio attorno al globo ramare di proprietà del Demanio Nei secoli successivi il complesso a bordo della fregata Novara. statale. Il primo è il maestoso com- subì varie trasformazioni, ciò non- Attratto dalla bellezza del golfo e plesso che appartenne ai conti Ma- dimeno anche la configurazione della città di Trieste, assieme alla nin che, inseriti nella nobiltà vene- attuale, assai semplificata, ha il suo consorte Carlotta del Belgio l’arci- ziana, vollero in terra friulana una fascino per la sua estensione verde duca realizzò a Miramar, denomi- residenza di rappresentanza, sfar- protetta dall’alto muro di cinta, per nazione spagnola del compendio, zosa e principesca per dimensioni i lunghi viali alberati e i sentieri una delle sue residenze preferite. da esibire nelle grandi occasioni. A sinuosi tra laghetti. Conoscendone Nonostante le lamentele ricevute progettare l’impianto del parco fu la storia si colgono, in alcuni punti (“Rappresenta un’eterna scia- chiamato nel 1714 un progettista e soprattutto attraverso il prege- gura per il Parco” – si legge in 28 • 61

Pubblicità per il Vino di China Serravallo nell’almanacco Strolic furlan del 1936. Era prodotto a Trieste ed esportato in tutto il mondo dai farrmacisti Serravallo. A San Daniele del Friuli possedevano una villa con parco e orto per le erbe officinali. una lettera del capo giardiniere – “il fatto che esso, attraverso i due ingressi, viene lasciato in Trieste, Castello di Miramare. Fu la residenza dell’arciduca Ferdinando balia del pubblico che vi può Massimiliano d’Asburgo, fratello dell’imperatore Francesco Giuseppe, e della scorrazzare e soprattutto della consorte Carlotta del Belgio. I lavori di costruzione del castello e del parco numerosa canaglia…”), l’arci- iniziarono nel 1855-56. Le prospettive originarie del contesto furono studiate prevedendo come punto focale l’orizzonte, l’infinito, quasi una visione da una duca volle aprire giornalmente nave: Massimiliano infatti amava dire di sentirsi come in mare aperto. Colto e il parco al pubblico e questa sua amante dei viaggi, animato da una vera passione per la botanica e l’arte dei volontà è ancora rispettata. La ma- giardini, l’arciduca effettuò tra il 1857 e il 1859 un viaggio d’esplorazione attorno al gnifica eredità che Massimiliano ha globo, durante il quale prelevò sementi e piante rare per arricchire le sue collezioni. A Miramare l’impostazione da lui progettata si è mantenuta e in molti punti del lasciato a Trieste è ora uno dei siti parco ammiriamo piante centenarie. più visitati d’Italia.

Passeggiando tra le annesso al Museo di Storia natu- ettari, di libero accesso e facil- collezioni botaniche rale, oltre all’attività scientifica mente raggiungibile, del Parco Per chi vuole passeggiare in svolge la funzione di conservazio- Farneto, noto anche con l’affet- contesti piacevoli, e nello stesso ne, coltivazione e riproduzione di tuoso appellativo di Boschetto o tempo ampliare le proprie cono- piante. Si propone come punto Bosco del Cacciatore, con diversi scenze botaniche, ci sono alcuni di riferimento didattico e ricre- percorsi di visita più o meno luoghi che meritano di essere ativo: accoglie infatti un ampio impegnativi (nel sito della rete frequentati. A Trieste sicuramen- pubblico, organizza visite e ma- civica di Trieste è consultabile la te il Civico Orto Botanico, curato nifestazioni molto partecipate. pubblicazione Civico Orto bota- negli allestimenti lungo i pendii All’Orto Botanico è associata la nico e Bosco Farneto. Percorsi e con belle vedute panoramiche; limitrofa riserva naturale di 90 naturalistici). 62 • 28

Castello di Miramare, veduta sul Golfo di Trieste. Affacciandosi dalle terrazze Parco di Miramare, il pino sul e da vari punti del parco si possono godere in ogni momento viste mozzafiato mare. In sintonia con i progetti sull’ampia insenatura del golfo. Al tempo di Massimiliano d’Asburgo l’accesso dell’amministrazione austriaca per il privilegiato al Castello era l’approdo al moletto. Solo chi proviene dal mare gode rimboschimento del Carso triestino infatti la veduta del parterre che si distende come un arazzo e la solenne scalinata e del goriziano, il parco di Miramare a due rampe che salgono al piazzale d’onore. ebbe la funzione anche di stazione sperimentale di riforestazione. Il pino d’Austria (Pinus nigra) si rivelò la specie che meglio si adattava alle caratteristiche del territorio triestino. Durante il periodo della fioritura Che in generale i cultori del verde Inoltrarsi nel parco è una scoperta sono davvero incantevoli, per siano in aumento lo dimostra il continua: la sua estensione in quota i colori e i profumi, il Giardino successo di manifestazioni a loro comprende boschetti di conifere e Viatori a Gorizia e il MIRA, Museo dedicate: mostre mercato e ras- rare latifoglie mediterranee (roverelle, carpini, frassini) alternati a prati in della Rosa antica all’interno del segne con appuntamenti annuali, pendenza; prevalgono i sempreverdi, Parco comunale Galvani di Por- aperture di giardini privati in lecci e palme ma anche la flora nordica denone. Entrambi presentano le occasione di eventi, itinerari gui- è ben rappresentata. piante classificate e “cartellinate”: dati, conferenze a tema, iniziative il primo vanta collezioni uniche specifiche promosse da circoli e di piante e arbusti da fiore; il se- associazioni di volontariato. Tra cicli di incontri, visite guidate in condo dà la possibilità di seguire queste risultano di particolare primavera e in autunno. A Gorizia un percorso educativo e didattico interesse le forme di collabora- nel Giardino Lucio Viatori, ora sulla storia della rosa. zione svolte a supporto degli enti di proprietà della Fondazione che gestiscono contesti aperti CaRiGo, grazie all’associazione Come una costellazione al pubblico. La Compagnia delle Amici del Giardino Lucio Viatori Venendo da fuori regione Guido rose di Pordenone, per esempio, continua la sperimentazione per Giubbini, autore di libri ed esper- si occupa della manutenzione del l’adattamento di nuove piante e to in materia, nel descrivere un Museo itinerario della rosa antica l’attività divulgativa e didattica, in viaggio “nel mondo variegato dei assieme alla società del Comune particolare con l’Istituto tecnico piccoli giardini del Friuli Venezia GEA; partecipa attivamente alla agrario “Giovanni Brignoli” di Giulia”, ha colto una naturale (– o potatura di rimonda delle rose ma Gradisca d’Isonzo. Lo stesso Isti- forse piuttosto storica? – si chie- anche alla promozione del roseto tuto ha partecipato assieme alla de) vocazione al giardinaggio. organizzando convegni, corsi, Sezione goriziana di Legambiente 28 • 63

Gorizia, due vedute del Giardino Viatori. La prima fioritura del giardino è quella delle magnolie (a destra) che inizia nella seconda metà di marzo e prosegue fino Alcuni parchi e i giardini in- ad aprile. Le prime a sbocciare sono la Magnolia campbellii e i suoi ibridi, i cui fiori contrano già l’interesse di ap- precoci si fanno ammirare sui rami ancora nudi, ma i visitatori potranno apprezzare passionati e specialisti anche a anche una collezione di azalee con prevalenza dell'Azalea japonica. livello internazionale. Se ormai è A sinistra uno scorcio del giardino in veste autunnale: sotto una vecchia quercia sono stati piantati, su progetto di Elisa Tomat, gruppi di arbusti che acquistano una assodato che i turisti arrivano in colorazione rossa o gialla del fogliame a ottobre-novembre (Cornus, Callicarpa) ed gran numero a Miramare, anche Euonymus alatus 'Compactus', un evonimo di origine asiatica noto per il colore altri contesti attraggono, per le autunnale rosso cremisi, ben visibile al centro della fotografia. Nel giardino, ora di proprietà della Fondazione CaRiGo, grazie alla collaborazione con l’associazione loro peculiarietà, cultori stranieri Amici del Giardino Lucio Viatori si svolge anche un’attività divulgativa e didattica. del verde. Stupisce sempre la provenienza di alcuni visitatori del roseto di Artegna, località che non compare nei dépliant turistici. Eppure c’è chi arriva al restauro del giardino di Palazzo creare delle reti tematiche quali, appositamente dalla Danimarca, Attems Petzenstein, sede degli ex per esempio, i roseti, i giardini dall’Australia, dagli USA: scende Musei Provinciali di Gorizia. A San castellani o di villa, i giardini a Venezia, noleggia una macchina Vito al Tagliamento un gruppo di sull’acqua...) che, abbinandoli ad e arriva nel piccolo paese friulano volontari assicura periodicamente altre singolarità: architettoniche, per vedere le rose di Eleonora l’apertura del giardino e del parco artistiche, naturali, e sicuramente Garlant. Come è arrivata l’infor- di Palazzo Tullio Altan, già della anche enogastronomiche, po- mazione ai cultori di rose? Da Provincia di Pordenone e ora di trebbero intercettare il gusto e le internet e da un libro tradotto in proprietà regionale. aspettative di nuovi fruitori. inglese in cui si racconta come è Sono segnali di buon auspicio nata la straordinaria collezione. per chi crede nella potenzialità Un’esperienza unica Ammirarne la fioritura in quell’or- del verde inteso come risorsa Dall’analisi dei flussi turistici è to giardino è un’esperienza unica per un’alta qualità della vita dei emerso che sta cambiando la e merita un viaggio anche da mol- cittadini e la salvaguardia dell’am- tipologia del gardentourist: è più to lontano. biente e del territorio, ma anche giovane, si sposta in compagnia, Chi si occupa di turismo ha a per l’incremento di un certo turi- spesso visita i giardini con gli ami- disposizione esperienze e infor- smo green imperniato sulle tante ci o con la famiglia, è interessato mazioni per valutare ed eventual- estensioni che punteggiano e all’intermodalità (mezzi pubblici e mente cogliere, incrementare e impreziosiscono il paesaggio come bicicletta), ama stare all’aria aper- indirizzare le nuove opportunità una costellazione. Le varie tipolo- ta e vivere un’esperienza autenti- che il territorio regionale offre al gie dei siti offrono la possibilità di ca legata all’unicità dei luoghi. mondo green. 64 • 28

Magnano in Riviera, Billerio, Parco della Rimembranza. di notte si accende la luce fioca di un feralut appeso È una vera oasi di pace questo piccolo parco qui scelto all’ingresso. Il monumento, composto dalla stele datata a rappresentare i numerosi Parchi della Rimembranza 1925 poggiante su alcuni gradini con i nomi dei 47 caduti diffusi su tutto il territorio regionale. Onora il ricordo dei di Billerio nei conflitti mondiali, è affiancato da due tuie caduti riservando una cura particolare al luogo in cui sullo sfondo del magnifico panorama dall’alto. Il contesto lo sguardo spazia lontano, in direzione della pianura e è ravvivato da piante sempreverdi e fiori di stagione. La delle colline moreniche e si perde nei cieli lontani. Fu manutenzione è assicurata dal Gruppo ANA di Billerio voluto già nel 1919 dal parroco di Billerio don Stefano che nel 2015 ha commissionato, nel sessantesimo Flamia per ricordare i 33 abitanti della frazione morti in anniversario della sua fondazione, la scultura posta guerra. Come è documentato nel libro parrocchiale don accanto al monumento realizzata da Eligio D’Ambrosio Flamia mise subito a disposizione l’orto della canonica di . L’opera in pietra di Torreano e la e così alcuni anni dopo fu realizzato il parco. Si entra poesia La spete “L’attesa” posta a lato, sono dedicate aprendo il bel cancelletto in ferro battuto risparmiato alle donne che hanno atteso invano il ritorno dei familiari dalle requisizioni dei metalli durante il periodo bellico; morti per la patria. Fotografia di Luigi Rovaris.

Magnano in Riviera, Billerio, ex Cimitero. Per onorare la memoria di chi combatté in guerra, il Gruppo ANA di Billerio cura anche il vicino ex cimitero della frazione in cui è collocata su un supporto metallico la vecchia campana della chiesa parrocchiale di San Giacomo. Con il suo suono scandì la vita della comunità fino al 2013 quando a causa delle fessurazioni venne rimossa dal campanile. Come si può vedere da vicino è datata 1921: fu realizzata in sostituzione della campana trafugata nel 1917 dalle truppe austroungariche. Vi contribuirono con generosità le famiglie dei reduci di Billerio poi sepolti in questo luogo. Fotografia di Luigi Rovaris. 28 • 65

Giovanni SERAFINI Licio Passon pittore di terre, di aria, di acque

noi costruiamo su ciò che la storia dell’arte ha messo nelle nostre mani Manolo Valdés

Tra la pletora di È il caso di Licio Passon, Tartisti, troppo spesso originario di Bressa di sedicenti tali, che in- , che nell’appartata e gombrano con le loro insulsaggi- silenziosa residenza di Rivignano ni sempre più caotiche Fiere d’arte, realizza opere pittoriche di squisita insensate Biennali, diseducative riviste fattura, rivelando uno straordinario e acritiche Gallerie moderniste, appro- ardore creativo e un’impronta stilistica fittando della confusione di valori generata così elegante ed efficace che solo la da un mercantilismo frodatore e prevaricante perfetta padronanza di una tecnica e delle capziose distinzioni teoretiche che im- rigorosa e complessa, che affonda le perversano nel mondo dell’arte, ogni tanto emerge radici nella più illustre classicità, dall’indecente marasma un talento autentico. può consentire.

Natura morta con zucca 80 x 70 olio su tavola 66 • 28

Nato a Udine nel 1965, è vissuto a Bressa, in una famiglia numerosa e patriarcale, come quasi fiabe- scamente c’era una volta, in cui convivevano solidalmente almeno tre generazioni, in vicendevole so- stegno e in cui i vecchi si sentivano utili e partecipi, ancora degni di rispetto perché considerati deposi- tari di saggezza. L’economia familiare, alquanto risicata rispetto alle bocche da sfamare e ai non pochi corpi da vestire decorosamente, non con- sentiva spese voluttuarie, così che il giovane Licio dovette attendere il generoso dono di una sorella della nonna, che aveva scoperto la sua passione per il disegno, per poter finalmente possedere una fa- volosa scatola di pastelli, da tempo vagheggiata. Fu l’inizio di uno spontaneo eser- cizio quotidiano che dava libero sfogo al suo estro, disegnando a colori tutto quello che lo colpiva, in un crescendo di passione per l’arte, di cui non conosceva ancora il significato, i protagonisti, le sto- rie, gli splendidi capolavori. raggiunse una certa notorietà Fu forse grazie a quell’insperata nella pittura di genere religioso iniziazione, se il blu in tutte le sue Il fato e l’iniziazione operando su commissioni eccle- gradazioni è diventato il colore A Bressa vi era una chiesetta, da- siali, si accorse della sua silenziosa prediletto e ricorrente nei lavori di vanti alla quale il giovane Licio si presenza e gli chiese perché lo Licio Passon, che avvertì chiara in ritrovava con i coetanei a giocare stesse a guardare ed egli replicò: quel frangente la sua istintiva incli- a calcio. Un giorno si avvide che “perché quello che sta facendo nazione a dipingere. al suo interno vi era un pittore mi piace” e, alla domanda su cosa Il blu fu anche la tonalità prevalen- intento a restaurare degli affreschi lui sapesse fare, rispose: “sono te che Licio usò per un quadro di sbiaditi ed entrò incuriosito, ab- capace di disegnare”. Allora il 120 x 80 cm dipinto dopo la morte bandonando il gioco, attratto dalla restauratore lo fece salire sull’im- del padre, che raffigurava un Cristo portentosa capacità di quell’uomo palcatura – stava recuperando la risorgente e che donò a quella che sapeva ridare sostanza ad figura di una Madonna – gli diede chiesetta in cui aveva provato per evanescenti, ormai quasi invisibili un pennello con del colore blu da la prima volta, con quel pennello in figure. Il pittore, Ernesto Berga- stendere sul manto e gli spiegò mano, l’eccitante sensazione di po- gna, poi trasferitosi a Milano, ove come applicarlo. ter dare vitale pienezza alle forme. 28 • 67

lavoro, si dedicava – consumata in fretta la cena – al suo unico, vero interesse, la pittura, facendo le ore piccole con matite, tele e pennelli, con irritato disappunto del genito- re per quella dispersiva fissazione e per lo spreco di energia elettrica. Sua madre invece, donna semplice e assennata, costantemente obera- ta di lavoro per l’onerosa famiglia, non si mostrava contraria alla bizzarra passione del suo secondo- genito. Fu in quel primo periodo che qual- cuno notò i suoi quadri, restando- ne favorevolmente impressionato, e che portò alcuni amici a vederli, finendo per acquistarne alcuni. Quella sera Licio rincasò tardi, quando la famiglia stava ultimando la cena, si avvicinò al padre e posò sul tavolo, accanto al suo bicchiere di vino, un sostanzioso pacchettino di banconote di grosso taglio che lo fece strabiliare e preoccupare insieme. “Che cosa hai combinato, Licio?” gli chiese con una mezza minaccia nel tono. E Licio, che non aveva Casoni, Laguna di Marano 70 x 100 olio su tavola mai tenuto in mano tanti bigliet- toni insieme, con giusto orgoglio rispose: “Ho venduto dei quadri”. Il dovere filiale e il liari, scelse un corso di indirizzo Dopo quella sera, se dopo cena Li- richiamo dell’arte tecnico che lo avrebbe facilitato cio per caso indugiava a tavola, suo Il padre, operaio in una cartiera, nel trovare presto un’occupazio- padre gli si rivolgeva con malcelata era un uomo rigido, di poche pa- ne. Infatti, appena concluso il apprensione: “Non vai a dipingere role e dalle idee chiare. Egli non ciclo scolastico, fu assunto come questa sera, Licio?”. vedeva affatto di buon occhio che disegnatore, portando a casa, Erano quattro fratelli molto affia- il figlio perdesse tempo prezioso e con sollievo del genitore, un non tati, due maschi e due femmine, sciupasse denaro per quelle me- lauto, ma provvidenziale stipendio e Licio, nell’amorevole rispetto lensaggini da sfaticato signorino. mensile. dei genitori, si sentiva in dovere Pretendeva che, raggiunta l’età Per alcuni anni lavorò in un’a- di continuare a essere di soste- della ragione, egli si dedicasse a zienda di prodotti ortopedici, con gno alla famiglia. Ci pensò bene, una professione “seria” e Licio, mansioni tecnico-progettuali, ma quindi, prima di rinunciare al suo consapevole delle difficoltà fami- ogni sera, dopo la lunga giornata di sicuro stipendio, continuando a 68 • 28

dividersi con sacrificio tra la pas- vando e riprovando su cartoncini, riviste specializzate di elevata sione per l’arte e l’azienda in cui tele, tavole, consigliandosi con tiratura, pubblicando opere che operava. amici pittori, confrontando opinio- attirarono l’attenzione di appassio- Furono dei collezionisti svizzeri, ni e sperimentazioni. Un laborioso nati intenditori, ricavandone inte- cui era giunta eco della sua ancora percorso di auto-formazione, di cui ressanti contatti che si tradussero circoscritta fama, che lo raggiunse- rimane a compendio un’opera di in vendite a collezionisti italiani ro e che acquistarono una serie di grandi dimensioni, particolarmente ed esteri, in prevalenza americani, suoi lavori, a rinfrancarlo e a con- riuscita ed esposta nel suo salotto, presso i quali i suoi lavori godono sentirgli di dimostrare a suo padre fiera testimonianza della sua umil- di particolare apprezzamento e che anche dipingere poteva essere tà e del suo impegno nell’appren- vengono scambiati a prezzi soste- un lavoro, che fruttava denaro e dimento delle tecniche della più nuti. Tra i folgorati dalla bellezza non solo vanesie soddisfazioni. stimolante e qualificata tradizione, e dalla qualità delle opere di Licio Arrivò così il giorno della grande per acquisire quella padronanza Passon, scoperto grazie a quelle decisione, quella cioè di mettersi tecnica indispensabile per riuscire pubblicazioni, vi fu anche un im- a fare il pittore di professione e di a trasmettere le proprie sensazioni portante gallerista milanese, aman- vivere di quell’unica risorsa, im- e per raggiungere vette di ideale te dell’arte vera, già promotore di presa riuscita per altro a ben pochi bellezza. Si tratta di una tela dagli Antonio López Garcia, caposcuola artisti di ogni tempo, i quali ten- stilemi ottocenteschi con chiari in- del realismo contemporaneo spa- dono di solito a coprire i rischi di flussi impressionisti, che configura gnolo, definito “di meditazione”, tale attività, dalle entrate aleatorie, l’interno di una ricca dimora all’ora di un’eccellente schiera di suoi con un impiego nel settore dell’in- del tè, in cui leggiadri personaggi seguaci spagnoli e di alcuni valenti segnamento o in qualche altro femminili conversano tra esplo- autori italiani. Questi, assillato campo professionale possibilmente sioni di fiori, raffinate porcellane, da stuoli di giovani artisti ansiosi affine alla propria passione. arredi lussuosi e dove traspare dal di emergere, oltre che da artisti fondo, al di là di un’ampia vetrata, affermati che intendevano esporre L’inconscia fortuna di una sfumata veduta di alberi in nella sua prestigiosa Galleria, li essere un autodidatta una luce soffusa e lieve come il riceveva abitualmente a Milano, Il dado era tratto. Si allestì con riemergere di offuscati ricordi. evitando faticosi viaggi per recarsi sacrifici uno studio e iniziò a di- a conoscerli nei loro studi. pingere con regolarità certosina, Effetti di una crescente Si stupì quindi Licio, quando rice- manifestando il suo volonteroso, notorietà vette una telefonata da quel famo- caparbio carattere di friulano. Con Evitando di vincolarsi contrattual- so gallerista che gli preannunciava la mente sgombra dalle idiozie mente a Gallerie d’arte, malgrado la sua venuta in Friuli con arrivo fuorvianti che i Licei artistici e allettanti proposte di esclusiva e all’aeroporto di Ronchi dei Legio- soprattutto le Accademie vanno cioè di una regolarità di entrate in nari per conoscerlo, il quale rimase oggi inculcando nelle impressio- cambio dell’acquisizione di tutta la a sua volta sorpreso nello scoprire, nabili quanto indifese menti degli sua produzione, numericamente con competente apprezzamento, la allievi, Licio si mise ad analizzare e esigua in forza dei lunghi tempi di rassegna delle pregevoli opere pit- a copiare i capolavori del passato esecuzione imposti dal suo stile toriche disposte lungo le pareti e che più lo interessavano, tra i quali minuzioso e particolareggiato, Li- su cavalletti ben illuminati nell’or- le opere degli amatissimi preraf- cio iniziò a partecipare, autofinan- dinato studio di Licio. faelliti – recandosi a Londra e a ziandosi, ad alcune Fiere d’arte, Ma ancora una volta, alla pur in- Edimburgo per goderli e studiarli che contribuirono ad aumentarne vogliante proposta di un accordo da vicino – allo scopo di affinare la notorietà, e acquistò qualche per l’esclusiva delle sue opere, con l’uso dei pennelli e dei colori, pro- costosa pagina pubblicitaria su la promessa del supporto di critici 28 • 69

11 settembre 2001, data dalla quale si propagò un disastroso, inarrestabile declino dell’intera economia mondiale, che tuttora pesantemente deprime anche il settore dell’arte.

Tecnica e fantasia, così nasce un capolavoro I generi pittorici di Passon si possono sostanzialmente compen- diare in quattro categorie: ritratto, paesaggio, natura morta, vedute veneziane. La sua tecnica pittorica, passata al vaglio, come si è detto, di nume- rose prove e instancabili verifiche, inizia con il disegno e con la pittu- ra a tempera su cartoncino rigido. Poi Licio si orienta alla pittura a olio su tela, ma le asperità della trama del tessuto conservano fastidiose difformità di fondo e lo portano a prediligere la pittura su tavola, supporto da lui riscontrato ideale e ormai definitivo. Ottimo disegnatore, Licio Passon, Impeto - Lorenzo 50 x 40 olio su tavola dopo l’accurata preparazione del fondo della tavola, parte sempre da una traccia a matita piuttosto importanti e l’impegno di divulga- stica del friulano presso conoscito- dettagliata del soggetto da dipin- re i suoi lavori internazionalmente, ri italiani e collezionisti esteri, con gere, applicando le regole della Licio declinò educatamente l’of- lusinghieri risultati, mentre altre prospettiva, dell’armonia composi- ferta, un po’ a malincuore, a dire Gallerie straniere si interessavano tiva, del bilanciamento dei volumi, il vero, considerata la caratura e alle opere di Passon, organizzan- del coerente irradiamento delle la nota serietà professionale del dogli esposizioni personali a Nizza, fonti di luce e del conseguente personaggio, acconsentendo solo Parigi, Atlanta e in altre metropoli abile gioco di ombre. ad esporre nella sua Galleria e americane, che gli fruttarono com- Ha inizio quindi il processo di all’eventuale conseguente naturale missioni per interi anni, con una stesura dei colori, secondo precisi diffusione, per non rinunciare alla certa compiaciuta meraviglia da criteri esperienziali, a seconda del sua totale libertà, mentale e crea- parte dell’autore per il fatto che soggetto e dei risultati desiderati. tiva oltre che commerciale. persone geograficamente e cultu- Quando dipinge tavole in cui In quel periodo un’altra dinamica ralmente così remote potessero compaiano specchi d’acqua, siano Galleria d’arte fiorentina si impe- apprezzare le sue opere. essi fiumi, laghi, laguna, risorgive gnò a divulgare la produzione arti- Tutto andò bene fino al funesto o i superlativi rii veneziani, Licio 70 • 28

Paesaggio autunnale ad Ariis 40 x 60 olio su tavola esegue gli impasti di colore e le L’artista friulano ha saputo elabo- traslucidi acini d’uva, adagiandosi stesure cromatiche in modo diffe- rare un’originale esecuzione degli su calme superfici di acque che renziato, creando un quadro nel effetti luministici nel dare risalto riflettono lembi di cielo. A volte quadro. Gli alberi, le terre, la ver- e vitale consistenza ai soggetti è l’irradiamento afoso di un sole zura, le teorie dei palazzi e i muri ritratti, una luce diversa da quella estivo su un campo di frumento vengono tracciati con minuziose, accesa e netta di Caravaggio, viva appena falciato, su cui ristagna an- controllatissime, piccole pennella- e diffusa di Monet, visionaria e cora nell’aria un impolverato afro- te pastose, sfruttandone i corposi quasi palpabile di Van Gogh. È una re. Talaltra è un indiscreto filtrare rilievi materici che avranno come luce che non investe con violenza dei raggi nell’intrico verde di un effetto una vivida rifrazione dei le forme, ma le irrora di energia parco, con l’intralcio di un vecchio raggi luminosi; mentre i riflessi luminosa, esaltandole con modu- tronco muschioso rovinato a terra. nell’acqua del cielo, delle facciate, lati contrasti di ombre; che non O ancora il languore immobile della vegetazione, delle nuvole abbacina offuscando i dettagli; che di casoni di laguna in certi pigri vengono eseguiti con delicate stra- non vaneggia per sconfinare nel meriggi assolati, o il rilucente, pla- tificazioni di colore a olio molto surreale. È una luce avvolgente, cido scorrere del fiume Stella tra diluito – le celebri, raffinate, pa- carezzevole, ammaliante, in cui quinte di un verde stordente, da zienti velature – con aspetti finali pare di avvertire le vibrazioni cui si leva intensa la frescura delle languidi e vellutati nella cattura e dell’aria che si muove appena, risorgive tra effluvi di bollicine e nel rimando della luce, suscitando rimbalzando morbida sui contorni fluttuanti alghe fluviali. entusiasmanti, prodigiose sugge- delle cose, indugiando su candidi Paesaggisticamente e stilistica- stioni visive. lini ricamati, intrufolandosi tra mente Licio Passon si differenzia 28 • 71

Risorgive ad Ariis 40 x 60 olio su tavola

Pittura introspettiva Quando fece la sua comparsa la fotografia, vi furono dei mania- cali quanto ottusi adoratori del progresso che ritennero di poter annunciare la morte della pittura, secondo loro giunta all’epilogo della sua ragion d’essere, conside- randone riduttivamente la mera funzione riproduttiva, ovvero Risorgive a Flambruzzo 45 x 34 olio su tavola semplice operazione di mimesi. La pittura invece, quando raggiunge livelli qualitativi elevati, mantiene dalle forme pittoriche dei giganti e ogni aspetto reale degli scorci e manterrà sempre un sostanziale del passato come il friulano Carle- presi a soggetto dei suoi quadri, vantaggio sulla piattezza di una varijs, Canaletto, Bellotto, Guardi, fedele nel descrivere lo stato vetu- pur bellissima foto, non solo per Marieschi e vari altri nell’esecu- sto, a volte decrepito, di facciate la matericità della superficie di- zione di vedute veneziane, autori e di fondamenta, di banchine e pinta, derivata dall’applicazione tesi sì a tramandarne le ricchezze di calli, di ponti e di monumenti di più o meno consistenti tratti di architettoniche, i costumi, i per- – aggiungendo così anche valore colore che rifrangono la luce con sonaggi, i sontuosi avvenimenti documentale alle sue opere – ha originali effetti vivaci e mutanti, dell’epoca, ma meno attenti ai perfezionato il suo stile pittorico ma ancor più per il pregio di saper riscontri di luce, cangianti al volge- con la sbalorditiva, avvincente interpretare idealisticamente una re delle ore e delle stagioni, e agli esecuzione delle acque e dei loro realtà, rivelando all’osservatore infiniti giochi delle acque che ren- riflessi, con cui cattura l’originale recondite suggestioni e particolari dono magnifica e unica Venezia. fascino di quella città così bella e arcani che il freddo occhio della Licio, pur riproducendo con scru- strana da sembrare la realizzazione macchina fotografica non sarà mai poloso verismo le architetture di un sogno. in grado di registrare. 72 • 28

Qualsivoglia opera artistica di qualità, e in particolar modo la categoria del ritratto, sa mettere in evidenza aspetti decisamente più profondi e affascinanti della più riuscita immagine fotografica. Licio Passon ne dà ampia dimo- strazione, non solo nel saper realizzare con innata genialità l’indispensabile e non certo facile conformità somatica – mancando la quale nessun committente accetterebbe di acquistare un ritratto che non gli somigli – ma nel saper anche individuare la fisiognomica della persona, inserendovi quegli elementi che rivelino la sua fisionomia caratte- riale, rendendola viva, pulsante, percorsa da passioni. Il risultato dell’artista non punta quindi sol- tanto all’immediata riconoscibilità del soggetto, fissandone il suo aspetto esteriore – come banal- mente può ottenere qualsiasi mediocre fotografo – ma scava nel personaggio, per individuare connotazioni della sua personalità Venezia - Apparenza 90 x 70 olio su tavola che solo l’intelligente e sensibile intuizione dell’artista è in grado di cogliere e soprattutto di saper rappresentare con maestria nel della sostanziale differenza tra i è molto più laborioso e complesso dipinto. due processi esecutivi. Nel caso e coinvolge l’intelligenza e la fan- Ne è formidabile esempio il della fotografia il medium tra tasia dell’autore. sorprendente ritratto che Licio l’occhio di chi ritrae e l’esito fi- Gli occhi dell’artista registrano Passon ha fatto a suo figlio Lo- nale consiste in una macchina da un’immagine che l’ha colpito e la renzo, dal quale si evince, oltre ripresa e in un sistema meccanico trasmettono al suo cervello dove, all’implicita confessione di uno di stampa, in cui l’unica abilità in un processo di astrazione inte- straripante amore paterno, la già consiste nel saper cogliere l’istan- riore, viene memorizzata ed este- consolidata struttura caratteriale te, la luce e la giusta distanza dal ticamente elaborata, generando del giovanissimo modello, colta soggetto, con risultati tanto più un nuovo, entusiasmante impulso con indiscutibile maestria in un’i- validi quanto più evolute e sofi- creativo che la sua mano abile e stantanea di vitale spontaneità sticate siano le apparecchiature allenata trasferisce su un suppor- temperamentale. impiegate. to con un disegno o un dipinto. Questo avviene in conseguenza Nel caso della pittura, il processo Tale procedimento è noto ad ogni 28 • 73

Venezia, Campo San Zanipolo 70 x 90 olio su tavola

vero artista, attraverso il quale Natura morta o silente? svolazzanti insetti, larve vermino- egli dimostra la vigoria della pro- Sono stati probabilmente la nostra se in putrescenti cavità di vanitas pria potenzialità creativa, il suo mediterranea propensione al o altri simbolici parassiti sono a livello di padronanza tecnica e, nichilismo e il senso del tragico e loro volta effimere entità viventi se lo possiede, un proprio rico- del macabro di noi latini, a farci e che, viceversa, gli eventuali noscibile stile nel cercare di in- definirenatura morta quella che oggetti rappresentati, suppellettili, fondere nell’opera tutta la carica i popoli del Nord chiamano più po- mobili, vasi, piatti, non possono emozionale che l’ha generata, con sitivamente Stilleben, Still Life, essere “morti” …per il semplice l’intento di trasmetterla ai futuri vale a dire “natura silente”. Par- fatto di non essere mai stati “vivi”. osservatori. Ma solo se questi av- rebbe più verosimile denominarle O forse ancora più giusto sarebbe vertiranno un’istintuale emozione nature agonizzanti, considerato denominare questo genere di ope- davanti a quell’opera, l’artista che i fiori, la frutta, le verdure che re Nature redivive, come qualche potrà dire di aver realizzato il suo vi compaiono sono stati recisi e anno fa titolammo una visitatissi- scopo. sono quindi morenti; che eventuali ma esposizione di tali lavori in un 74 • 28

Natura morta con cipolla 50 x 70 olio su tavola

antico palazzo di Tortona, in cui in una trionfale gioia degli occhi chimisti che servendosi di nient’al- facevano la loro eccellente figura, che sanno istantaneamente rico- tro che di tubetti di colore e di a petto dei capolavori dei più ce- noscere e innamorarsi della bellez- pennelli riescono a creare su una lebri Maestri viventi, tre splendide za e della perfezione. tavola un racconto esteticamente nature morte di Passon, in cui eccelso e liricamente compiuto. campeggiavano, con ineccepibile Vedere attraverso lo L’osservatore delle opere di Licio equilibrio compositivo e riusciti sguardo dell’artista Passon non si troverà mai davanti effetti di illusione tridimensionale, I quadri dell’artista friulano cat- a un’inerte immagine fotografica, squillanti rubini di melagrane turano a prima vista anche il più come si potrebbe troppo fretto- spaccate, visceri filamentosi e gial- superficiale degli osservatori, losamente dedurre dalla forzata lastri di zucche sventrate, magi- inducendolo ad uno stato di rapita riduzione dimensionale dei suoi strali drappeggi, candide tovaglie contemplazione e di prolungato lavori riscontrabili nel suo sito finemente ricamate, fitte trame di appagamento estetico per la ca- internet (www.liciopasson.it), ma juta, tenori ramati di sfaldate ci- pacità dell’autore di concentrare avvertirà nell’originale un’intrin- polle, opachi splendori d’alluminio sulla scena una così coinvolgente seca animazione nella forza dei di vecchie pentole acciaccate, il concentrazione emotiva, ottenuta colori, nello sfolgorio dei rimbalzi rosso cupo di sontuosi damascati, con segrete ricette di sapienti al- di luce, negli infiniti riverberi, nei 28 • 75

liquefatti riflessi che rimandano cieli, fogliame, nuvole, bricole, alberi, facciate butterate, file di barche ormeggiate, corrose paline, erbose sponde selvatiche, placide anse di fiumi. Per queste loro peculiarità i quadri di Licio Passon devono assolutamente essere osservati dal vero, ad altezza d’uomo, per sco- prire che al variare dell’intensità e della direzione dell’irradiamento luminoso essi assumono tonalità cromatiche e aspetti del tutto imprevisti, seguendo il flemmatico declinare del giorno e il mutare delle stagioni. Lo sguardo dell’osservatore viene allora conquistato dalla comples- siva magnificenza dell’opera e fa sorgere un imperativo desiderio di appropriazione, per prolungarne ad libitum il godimento, ricavan- done un inspiegabile sentimento di entusiasmo, un’intima conso- lazione dopo tante brutture, l’e- spandersi di una serenità gioiosa, molto prossima alla felicità. Perché il grande prodigio dell’arte consiste nella capacità dei grandi Maestri di mostrarci quello che i nostri occhi angosciati non vedo- no: l’infinita bellezza che ci sta in- torno e che sfugge a noi frettolosi mortali, confusi e distratti, aggrap- pati a questa assurda astronave di terra che sfreccia spericolatamen- te nell’incalcolabile immensità del cielo.

Venezia - Miraggio tra paline 80 x 50 olio su tavola 76 • 28

Carlo GABERSCEK Il Teatro dei Piccoli di Vittorio Podrecca, un sogno nato a Cividale

Vittorio Podrecca, l'ultimo grande maestro del teatro di figura

Nato a Cividale il 26 aprile 1883, Vittorio Podrecca è l'ultimo dei quattro figli di Carlo (1839-1916) e Amalia Antonia Galli, milanese, figlia di uno scultore. Gli altri figli dei Podrecca sono: Guido (1865- 1923), Rosa Maria ed Emilia. La famiglia Podrecca viveva nella casa (tuttora esistente) di Piazzet- ta Garibaldi (tra Piazza S. Giovan- ni e Piazza Paolo Diacono), che il Centro Internazionale Vittorio Podrecca - Teatro delle Meraviglie Maria Signorelli, nonno Giobatta aveva acquistato via Monastero Maggiore, Cividale del Friuli. Le marionette di Bil, Bol e Bul (94 nel 1836 quando si era trasferito cm) risalenti alla fine degli anni Venti, assieme alla marionetta di Fortunello (90 cm) risalente ai primi anni Trenta. Sulla destra la riproduzione fatta a mano del da San Pietro degli Schiavoni (poi manifesto di uno spettacolo. In primo piano un “bilancino”, l’attrezzo usato ) a Civi- dai marionettisti. Fotografia di Claudio Mattaloni. 28 • 77

dale. Carlo Podrecca, avvocato, su base famigliare, le più famose coppia con Arlecchino). Reccar- aveva una forte interesse per la delle quali erano i Gorno Dall'Ac- dini presenta i suoi spettacoli al musica e per il teatro che riesce qua di Brescia, i Braga di Oderzo Teatro Nazionale di Udine, situato a trasmettere a tutta la famiglia. (Treviso), i Santoro di Napoli, ecc. presso Piazzetta Belloni, e in Ma dove nasce la grande passione Ma esistevano anche alcuni teatri molte altre città, tra cui Venezia, di Vittorio Podrecca per il mondo stabili, come il Teatro Gerolamo di Padova, Gorizia, Trieste, Fiume. delle marionette? Verso la fine Milano gestito dalla famiglia Colla La sua attività viene continuata dell'Ottocento, all'epoca dell'in- e il Teatro Gianduia di Torino dal- dal figlio Leone Reccardini (Udi- fanzia di Vittorio Podrecca, quella la famiglia Lupi. Anche nella città ne, 1844-1916), i cui lavori sono delle marionette era la forma di di Udine si crea una tradizione rappresentati anche a Cividale, spettacolo più popolare in Italia; marionettistica con Antonio Rec- dove vengono certamente visti dal non era considerato uno spettaco- cardini, che, nato a Venezia nel giovanissimo Vittorio Podrecca, lo per bambini, ma per tutti. Erano 1804, si trasferisce a Udine in gio- come quelli di altri marionettisti attive circa quattrocento com- vane età e diventa il creatore della che arrivarono in Friuli, tra cui il pagnie girovaghe di burattinai, marionetta Facanapa (spesso in mantovano Gaetano Viani. 78 • 28

A Roma Nel 1905 la famiglia Podrecca, in difficoltà economiche, si trasferi- sce a Roma, in via Boezio, dove già si trovava il figlio maggiore Guido, attivamente impegnato in politica, che nel frattempo era diventato consigliere comunale, deputato socialista, co-fondatore del setti- manale satirico "L'asino" e critico musicale de "L'Avanti!". Nella ca- pitale Vittorio Podrecca, che si era laureato in Giurisprudenza all'U- niversità di Padova, consegue il diploma di procuratore e avvocato, ma non praticherà mai la profes- sione, per seguire i suoi interessi di tipo artistico-musicale. Dopo al- cune collaborazioni con "L'Avanti!", nel 1911 diventa direttore di "Pri- mavera", rivista mensile edita dalla stessa casa editrice de "L'asino", la quale, rivolta a un pubblico di giovanissimi, si propone di far co- noscere i capolavori della narrativa attraverso riduzioni, spiegazioni e illustrazioni. È proprio lavorando per questa rivista, fino al 1914, che in Vittorio Podrecca si forma la concezione del teatro come un libro per l'infanzia, le cui illustra- zioni sono come porte aperte per entrare nel mondo del fantastico. Vittorio Podrecca diventa anche Vittorio Podrecca e i suoi Piccoli. direttore del periodico musicale "L'Italia orchestrale" e viene nominato segretario del Liceo mu- dapprima a Milano e poi a Roma, le marionette di San Pietroburgo. sicale Santa Cecilia, dove conosce che offrono una perfetta fusione Il sogno di Vittorio Podrecca è compositori (tra cui il bolognese tra il movimento, il tripudio dei co- quello di creare a Roma un teatro Ottorino Respighi, 1879-1936), lori e l'elemento musicale. Vittorio stabile delle marionette. Riesce a scenografi e disegnatori, alcuni dei Podrecca conosce anche un gior- trovare due soci: Luigi Fornaciari, quali in seguito diventeranno suoi nalista russo, Alexander Anfitea- rappresentante della Casa editrice collaboratori. Molto forte è anche trov, che gli procura le partiture di Ricordi, e Giovanni Santoro, mario- la suggestione dei balletti russi di alcune fiabe del compositore russo nettista napoletano che aveva una Sergej Diaghilev giunti nel 1911 Cesare Kjui (Cui) per il teatro del- sua compagnia (i Fantocci di San- 28 • 79

La compagnia dei Piccoli di versale rendendole "musicali", nel Podrecca in senso che seguono il ritmo della partenza per musica e si esprimono attraverso una tournée; in la musica, senza bisogno della pa- prima fila, seduti, Vittorio Podrecca rola. A questo scopo fu sempre at- (al centro) e tento nell'operare una scelta molto sua moglie, accurata del repertorio musicale: la soprano irlandese Cissie riduzioni di opere liriche; recupero Vaughn. del patrimonio lirico dimenticato, in particolare l'opera buffa (genere operistico in voga nel Settecento e nella prima metà dell'Ottocen- to, tra cui Pergolesi, Paisiello, Rossini) rivisitata con moderna sensibilità; e novità come La bella dormente nel bosco (1922), tratta dalla celebre favola di Perrault e musicata da Ottorino Respighi per toro). Grazie alla collaborazione vato alla famiglia reale e alla corte, il teatro dei Piccoli. Grande è l'at- di Fornaciari, che aveva affittato evento al quale Vittorio Podrecca tenzione di Podrecca per la sceno- una sala ricavata dall'ex-scuderia non è ammesso, a causa delle grafia; il teatro dei Piccoli diventa del palazzo dei principi Odescalchi posizioni politiche di suo fratello un centro di sperimentazione per da adibire a concerti, con il nome Guido. Quali sono le ragioni di un molti esponenti del nuovo modo di Sala Verdi, al professionismo di così rapido successo che negli anni di intendere l'allestimento scenico Santoro, che mette a disposizione successivi porterà i Piccoli di Po- e giocherà un ruolo fondamentale le sue marionette e il suo reperto- drecca a diventare il più grande te- nella moderna scenografia teatrale rio, nonché all'aiuto finanziario di atro di marionette del Novecento? italiana. Podrecca si dimostra vari amici, il sogno di Podrecca si Quali sono le novità che i Piccoli di sempre capace di circondarsi di avvera il 21 febbraio 1914 con la Podrecca hanno introdotto nella validi collaboratori: elementi di nascita del Teatro dei Piccoli, così lunga tradizione di questo tipo tutte le grandi famiglie di mario- chiamato sia per le dimensioni dei di teatro? Innanzi tutto lo stretto nettisti (tra cui i Santoro, i Gorno suoi protagonisti (le marionette) legame con la musica: la musica Dall'Acqua, i Braga); scenografi sia per il pubblico a cui era, alme- al servizio delle marionette e le e costumisti; disegnatori, pittori, no inizialmente, rivolto. Da subito marionette al servizio della musica. illustratori (tra i quali Mario Pom- il Teatro dei Piccoli ha un grande Una perfetta interazione tra questi pei, Enrico Prampolini, Bruno successo, anche perché ben pub- due elementi. Per Vittorio Po- Angoletta, Sergio Tofano); compo- blicizzato dalla stampa, tanto che drecca le marionette sono infatti sitori; cantanti professionisti che al suo debutto, per il quale era creature musicali, quasi strumenti prestassero la loro voci alle sue stata scelta un'opera di Pergolesi, musicali suonati dai marionettisti, marionette; tra l'altro, voleva che La serva padrona, era presente una visualizzazione della musica, per le sue rappresentazioni ci fos- anche il direttore della Scala di le marionette «non sono fatte per se sempre un'orchestra completa. Milano, nonché intellettuali, gior- parlare, ma per cantare e mesco- Vittorio Podrecca sa stare al passo nalisti, artisti e cantanti. Un mese larsi col sogno». Sa dunque con- con i tempi, attento ai cambiamen- dopo i Piccoli vengono invitati al ferire alle marionette una nuova ti artistici e culturali e, soprattutto, Quirinale per uno spettacolo riser- particolarità, un'espressione uni- è sempre capace di coinvolgere 80 • 28

Questa sala del Centro Internazionale Vittorio Podrecca - Teatro delle Meraviglie Maria Signorelli è dominata dal ponte di scena, concesso dal Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, fondamentale castello di manovra nel teatro di marionette. Il fondale restaurato dello spettacolo Pinocchio si riferisce alla scena della balena. Assieme alla marionetta di Pinocchio possiamo ammirare i tre dottori: il Corvo, il Gufo, il Grillo e il Grillo Parlante. Sulla destra in basso, accanto al Diavoletto e ai Carabinieri, le marionette di Pulcinella e Arlecchino. Sulla torretta di destra si sporge Punch. Tutte queste marionette di Podrecca sono del 1917. Collezione Maria Signorelli. Fotografia di Claudio Mattaloni. il pubblico di tutte le età, dai tre viene richiamato con il grado di te- diventa una forma di spettacolo ai novantatré anni, come soleva nente di complemento degli alpini colto, frequentato da celebrità ripetere quando appariva sul palco e ha modo di organizzare spetta- come Eleonora Duse, Gabriele nel prologo dei suoi spettacoli: coli di animazione al fronte e, con- D'Annunzio, Arturo Toscanini, Igor «Carissimi, sono qui a darvi un'i- temporaneamente, continua a di- Stravinskij. La sua compagnia è dea dello spettacolo che andremo rigere, a distanza, l'attività del suo la prima in Italia a rappresentare a vedere. Voi sapete, io mi ripeto teatro a Roma. Nel 1919 Podrecca La tempesta di Shakespeare, con e dico sempre che il nostro è uno riprende le sue funzioni di diret- la collaborazione di due dei suoi spettacolo dai tre ai novantatré, tore artistico e regista e, sull'onda nipoti (figli di sua zia Rosa Maria cioè adatto a tutti perché tutti pos- del rinnovato successo, vorrebbe Podrecca, sposata Vergani): Orio sano divertirsi». aprire una filiale a Milano e Torino, Vergani (1898-1960), giornalista e Nel 1915 viene effettuata la prima ma è costretto a rinunciare a causa scrittore, che ne cura l'adattamen- tournée, a Milano; ma poi tutto si dell'opposizione dei locali teatri to, e Vera Vergani (1894-1989), interrompe a causa dell'entrata in stabili di marionette. Il suo Teatro attrice teatrale e cinematografica, guerra dell'Italia. Vittorio Podrecca dei Piccoli assume un tono alto, come protagonista. 28 • 81

Le tournée erano mirabilmente or- ganizzate anche dal punto di vista pubblicitario e Podrecca sapeva dimostrare sempre qualità di abile direttore e oculato impresario. All'estero le barriere linguistiche erano facilmente superate attra- verso la selezione di un repertorio impostato quasi esclusivamente sul canto lirico italiano (universalmen- te conosciuto) e la preponderanza della pantomima sulla parola. Per ogni Paese e nazione Vittorio Podrecca creava una marionetta ad hoc. A Parigi nel 1929 gli viene conferita la Legion d'Onore.

Negli Stati Uniti Dall'ottobre del 1932 al febbraio 1934 il Teatro dei Piccoli è negli Stati Uniti e anche in Canada (Toronto, Montreal). Affronta con successo la prova di Broadway, che allora rappresentava il massimo Iniziano le tournée collaboratore di Podrecca. Le con- in campo teatrale. I sedici mesi di all'estero tinue tournée all'estero erano ne- esperienza americana contribui- Nel 1922 viene effettuata la prima cessarie per coprire le enormi spe- scono ad apportare importanti no- tournée all'estero: in Argentina, se di gestione della compagnia, che vità nel teatro di Podrecca sia dal Uruguay e Brasile. Da allora ha comprendeva ventiquattro artisti punto di vista tecnico (perfeziona- inizio una serie ininterrotta di (marionettisti, orchestrali, cantan- mento del sistema della diffusione tournée dei Piccoli di Podrecca ti, tecnici, elettricisti, sarti) e circa delle voci dei cantanti e la sincro- in quattro continenti. Nel 1923 la venti tonnellate di bagagli (casse, nizzazione di luci, suoni, movimen- compagnia di Podrecca debutta gabbie, attrezzature, fondali). ti) sia dei contenuti, dando spazio, a Londra con La bella dormente Infatti gli incassi della Sala Verdi di oltre al repertorio precedente nel bosco: tra gli spettatori anche Roma, anche con il "tutto esaurito" (brevi opere musicali, riduzioni Winston Churchill e George Ber- (400 posti), non erano sufficienti e di opere liriche o in prosa, favole, nard Shaw. Nella capitale britan- il Comune di Roma rifiutava di con- bozzetti folcloristici italiani o stra- nica Vittorio Podrecca incontra la cedere una sovvenzione annua. Nel nieri), a varietà, numeri comici, soprano irlandese Cissie Vaughn, 1923 svanisce il sogno di Podrecca numeri funambolici del circo, temi allieva di Ruggero Leoncavallo, che di avere una sede stabile in Italia; mediati dall'attualità, imitazioni, diventerà sua moglie e valida col- è costretto a lasciare la Sala Verdi parodie. É un cambiamento che laboratrice, assumendo il nome di di Roma e a riprendere le tournée però non condiziona le fondamen- Lia Podrecca. La soprano, divorzia- all'estero: Spagna, Svizzera, Ger- tali caratteristiche di spettacolo ta, aveva un figlio, Carlo Farinelli, il mania, Svezia, Norvegia, Francia, d'arte del teatro di Podrecca: quale, a sua volta, diventerà stretto Polonia, Grecia, Turchia, Egitto. rappresentazione poetica, raffinata 82 • 28

stilizzazione, gusto del grottesco, del surreale, dell'ironia, interpre- tazione fantastica dei personaggi e delle situazioni. Dato il grande successo del musical nel cinema americano di quegli anni, i Piccoli di Podrecca vengono scritturati dal produttore Jesse L. Lasky (che allora distribuiva i suoi prodotti attraverso la Fox Film Corpo- ration) per il filmI'm Suzanne (1933), diretto da Roland V. Lee ed interpretato da Lilian Harvey, La compagnia dei Piccoli di Podrecca; in prima fila, seduti al centro, Vittorio uscito in Italia nel 1934 con il titolo Podrecca e sua moglie, la soprano irlandese Cissie Vaughn. Susanna. Durante il soggiorno hollywoodiano Podrecca crea un gruppo di marionette parodianti i di quello stesso anno scoppia la solo nei grandi teatri, ma anche grandi divi dello schermo, tra cui guerra in Europa e nel maggio del nei teatri rionali e negli oratori. Greta Garbo, Chaplin, Stan Laurel 1940, in prossimità dell'entrata Ma Vittorio Podrecca è sempre e Oliver Hardy, Douglas Fairbanks, in guerra dell'Italia a fianco della alle prese con le grosse spese di Lupe Velez, Mae West, i quali si Germania e nel timore di un rapido gestione e autorizza i suoi dipen- dimostrano soddisfatti e prestano coinvolgimento degli Stati Uniti nel denti ad effettuare lavori extra, la loro voce a completamento delle conflitto, l'ambasciatore italiano nei night club, caffè e trasmissioni rispettive marionette. suggerisce a Vittorio Podrecca di radio. I suoi Piccoli partecipano lasciare in fretta New York e di an- anche a un film di produzione La lunga permanenza in dare in Brasile, dove la compagnia argentina, Donde mueren las Sud America era già stata scritturata. Trovan- palabras (1946), diretto da Hugo Nell'intervallo tra le varie tournée dosi Podrecca nell'impossibilità di Fregonese, regista che poi lavorerà all'estero la compagnia rientra in pagare il viaggio, interviene con un anche in Europa e negli Stati Uniti. Italia. Nella tournée del 1934 i Pic- sostanzioso aiuto finanziario Ar- Nel lungo periodo di permanenza coli si esibiscono anche al Teatro turo Toscanini, grande estimatore nell'America del sud Podrecca in- Puccini di Udine; in un'intervista del Teatro dei Piccoli. Nel 1940-41 fittisce l'interazione con le culture rilasciata in questa occasione Vit- vengono organizzati spettacoli non e le tradizioni locali, ideando la torio Podrecca confida: «Il mio pri- solo nelle metropoli brasiliane, marionetta folcloristica e dando mo amore è stata una marionetta». come Rio de Janeiro e San Paolo, spazio alle danze e ai canti popola- Il 20 giugno 1937 ritorna nell'A- ma anche all'interno del grande ri. Un grave problema si presenta merica del sud: Brasile; Argentina paese a bordo di battelli sui fiumi a Vittorio Podrecca all'inizio della (dove muore Mario Gorno, inven- equatoriali. Ma, quando nel 1942 stagione teatrale 1950-51, quando tore e animatore della celebre ma- pure il Brasile entra in guerra a il governo Peron decide di nazio- rionetta del pianista Piccolowsky, fianco degli Alleati contro Italia e nalizzare le imprese. Nell'impos- che era stata creata in Spagna nel Germania, la compagnia di Podrec- sibilità di pagare i contributi alla 1924); Cile; Perù; Ecuador; Vene- ca passa in Argentina, dove resterà Previdenza argentina, Podrecca zuela; Colombia; Panama; Cuba, e, per ben sette anni, realizzando decide di lasciare il paese, tra- nel 1939, in Messico e nuovamente 25.000 spettacoli per circa un mi- sferendo la compagnia prima in negli Stati Uniti. Nel settembre lione di spettatori, lavorando non Uruguay e poi in Brasile. 28 • 83

Una stanza del Centro internazionale Vittorio Podrecca - Teatro delle Meraviglie Maria Signorelli è dominata da un grande armadio che contiene più di cento burattini realizzati a Roma da Maria Signorelli e che la stessa utilizzava come contenitore espositivo. Le ante sono uno “schermo” che narra la storia dell’artista. Fotografia di Claudio Mattaloni.

Vittorio Podrecca e i suoi Piccoli, anni Il ritorno in Italia personaggi sono sempre, bisogna Cinquanta. Il 23 settembre 1951, dopo quat- dirlo, prodigiosamente giovani, tordici anni di lontananza dall'I- così come giovane è lo spirito del talia, la compagnia si imbarca per loro "papà": colui che forse, con Genova con tutto il suo enorme Walt Disney, è l'ultimo papà della materiale: 1.200 marionette, 2.000 fantasia in questo nostro secolo colori (durata 9 minuti) I Piccoli costumi, 400 scene, 300 casse, troppo realistico». Pur provato di Podrecca in concerto. Nel attrezzature. Tanta nostalgia, ma nel fisico, ma sempre entusiasta 1954 Antonio Centa realizza altri anche apprensione per ciò che del suo lavoro, Podrecca prende cortometraggi, tra cui La casa dei avrebbero trovato dopo la lunghis- casa a Roma, in via Ambaradam, e sogni, Jazz 1930, I canti del fiu- sima assenza. Tante cose erano decide di dirigere da lì la sua atti- me, Corrida dei Piccoli. cambiate dopo la guerra, anche la vità teatrale, affidando al figliastro Vittorio Podrecca, nonostante i mentalità e il gusto del pubblico. Il Carlo Farinelli le tournée più im- numerosi impegni nella sua casa- giorno 11 ottobre 1951 sbarcano a pegnative. A chiusura della lunga ufficio di Roma, partecipa ad alcu- Genova, dove c’è già una scrittura tournée in tante città italiane nel ne tournée italiane, come quella al Teatro Augustus; ma Vittorio giugno del 1952 a Tirrenia i Piccoli che nel 1953 lo riporta nel suo Podrecca non può essere presente di Podrecca diventano protagonisti Friuli. Il 17 marzo è al Teatro Puc- ai primi spettacoli perché, dopo di due cortometraggi a colori (di cini di Udine e pochi giorni dopo al aver affrontato due interventi chi- circa 8 minuti ciascuno) prodotti Teatro Adelaide Ristori di Cividale, rurgici in Argentina a causa della da Antonio Centa, attore friulano dove realizza due spettacoli. Il suo sua ulcera duodenale, deve sotto- originario di Maniago, e diretti ritorno nei teatri italiani è celebra- porsi ad una terza operazione. Sul da Alberto Ancilotto, I Piccoli to con lodi e critiche entusiastiche. ritorno di Vittorio Podrecca in Ita- di Podrecca in circo e I Piccoli Nel 1954 a Roma, in occasione del lia particolarmente toccanti sono di Podrecca in Music-hall, che 40° anniversario della nascita del le parole di suo nipote, il giornali- ottengono il premio come miglior Teatro dei Piccoli, viene onorato sta Orio Vergani, sul "Corriere di film per ragazzi al Festival di Ve- dal Gruppo parlamentare dello Informazione": «Era partito con i nezia dello stesso anno. Sempre spettacolo come «educatore e capelli neri, è ritornato con i capel- prodotto da Centa e diretto da An- promotore di italianità». Però, no- li bianchi. Ma i suoi milleduecento cilotto è anche il cortometraggio a nostante le sue continue richieste, 84 • 28

Quattro marionette di Vittorio Podrecca di 81 cm per l’Orchestra viennese: erano “operative” negli spettacoli dei primi anni Trenta. Sulla destra Pierrot (85 cm) per lo spettacolo Pierrot e la luna del 1921. Cividale, Centro Internazionale Vittorio Podrecca - Teatro delle Meraviglie Maria Signorelli. Fotografia di Claudio Mattaloni.

Alla Cineteca del Friuli Il fondo filmico di Vittorio Po- drecca, in pellicola e in video, è Vittorio Podrecca non riesce ad Per la nuova compagnia Podrecca conservato presso la Cineteca ottenere i finanziamenti per rea- affitta il granaio di un ex-convento del Friuli a Gemona ed è visio- lizzare il suo antico sogno, ovvero in Piazza Sant'Antonio, tra il Cam- nabile su richiesta. Tutti i titoli citati nell'articolo e molto altro la creazione di un teatro stabile pidoglio e il Palatino, che viene materiale cinematografico, inclu- delle marionette, una sede fissa in chiamato chiamato la Casa dei so un documentario televisivo Italia con una sicurezza economica sogni. Il 12 marzo 1956 il Nucleo a 16mm a colori della durata di garantita da un contributo annuale Musicale debutta alla Piccola Scala quasi un’ora, Podrecca’s Piccoli dello Stato per potere portare di Milano, ottenendo un buon Theatre, sono in corso di cata- avanti il suo lavoro senza la neces- successo di pubblico e di critica. logazione e di digitalizzazione. sità di andare sempre all'estero per Molto favorevole, tra gli altri, è Sono inoltre presenti nel fondo coprire le grandi spese di gestione. Eugenio Montale, critico musicale gemonese 84 pellicole in 8mm tutte girate da Pirro Braga (all’e- Ma Podrecca non si arrende. del "Corriere di Informazione". Nel poca collaboratore di Podrecca) 1957 ancora un legame con il suo che documentano le tournée in La compagnia n. 2 o il Friuli: Vittorio Podrecca ottiene il Italia e all’estero, in particolare Nucleo Musicale Premio Epifania. Nel 1958 il Nu- negli anni ‘50. I paesi visitati Nel 1956 decide di creare una cleo Musicale viene invitato al XXI vanno dall’Argentina al Messi- seconda compagnia, che avrebbe Festival Internazionale di musica co, agli Stati Uniti (Hollywood e dovuto lavorare in Italia, e viene contemporanea nell'ambito della Disneyland compresi), alla Gran chiamata la Compagnia n. 2 o il Biennale di Venezia. I successi del- Bretagna, Russia, Austria, Fran- cia. Ma sono anche presenti Nucleo Musicale, mentre la "com- la nuova compagnia suscitano però il Medio Oriente, la Turchia, pagnia madre" avrebbe continuato invidie e malumori tra i membri l’Algeria, la Tunisia, l’Egitto e il le sue tournée all'estero sotto la della "compagnia madre" diretta da Marocco. guida del figliastro Carlo Farinelli. Carlo Farinelli, che nel frattempo 28 • 85

In una stanza del Centro Internazionale Vittorio Podrecca - Teatro delle Meraviglie Maria Signorelli è stato ricostruito un laboratorio di restauro per le marionette e i burattini con tutto Stabile del Friuli Venezia Giulia, la ciò che può servire allo scopo: bauli, vestiti, scarpine, modelli, Regione Friuli Venezia Giulia vota spadini, attrezzi del falegname, una legge per uno stanziamento di della sartoria e della scenografia. sessanta milioni di lire da destina- Qui si possono vedere pupi, re al recupero del materiale e alla marionette, pupazzi e burattini, tutti della Collezione Maria rinascita dei Piccoli. Il 7 maggio Signorelli. Fotografia di Claudio 1979 il Teatro Stabile del Friuli Mattaloni. Venezia Giulia rileva dunque una cospicua parte delle marionette superstiti, gli spartiti e il materiale era sottoposta a stressanti tournée Dopo la morte di Vittorio scenico. Poco dopo raduna alcuni all'estero, e questa situazione qua- Podrecca vecchi collaboratori del Teatro dei si conflittuale incide ulteriormente La compagnia dei Piccoli riesce a Piccoli e inizia a riportare in scena sullo stato di salute già precario di continuare la sua attività per altri una parte del repertorio. Il 5 luglio Vittorio Podrecca. Le spese sono cinque anni, finché nel 1964 si dello stesso anno, nel ventesimo sempre più proibitive: troppo ma- scioglie. La mancanza della figura anniversario della morte di Vittorio teriale da trasportare nei continui carismatica di Vittorio Podrecca, Podrecca, un gruppo di marionet- viaggi e trasferimenti, orchestre da ineguagliabile direttore artistico, tisti ridà vita ai Piccoli, allestendo ingaggiare volta per volta; solo ne- regista e organizzatore, le spese nel Teatro Ristori di Cividale un gli ultimi anni Podrecca si rassegna proibitive e gli assillanti problemi primo spettacolo di varietà. Un ad una colonna sonora su nastro. economici, il mutamento dei tempi altro fondamentale passo nel Nel 1959 i Piccoli di Podrecca ven- e dei gusti (tra l'altro la concorren- recupero dell'eredità di Vittorio gono invitati in Unione Sovietica. za del cinema e della televisione) Podrecca è la recente creazione All'inizio del mese di luglio Vittorio mettono la parola fine a un'attività del Centro Internazionale Vittorio Podrecca raggiunge la compagnia teatrale che era continuata in ma- Podrecca - Teatro delle Meraviglie a Ginevra, dove dovevano essere niera ininterrotta per cinquant'an- Maria Signorelli, che, inaugurato presentati alcuni spettacoli prima ni (dal 1914 al 1964) con circa il 30 giugno 2016 in un'ala del Mo- di partire per l'URSS, ma viene 35.000 rappresentazioni. È un nastero di S. Maria in Valle, in via colpito da forti dolori addomina- momento veramente drammatico Monastero Maggiore, a Cividale, a li. La diagnosi è subostruzione nella storia dei Piccoli di Podrecca, poche centinaia di metri dalla sua dell'intestino; subentra quindi una che è stata la compagnia italiana casa natale, ha l'obiettivo, grazie ai congestione polmonare, con insuf- più longeva e più conosciuta del materiali ivi raccolti, di raccontare ficienza cardiaca. Podrecca viene Novecento. Nel 1965 parte dei quel mondo del teatro di figura di ricoverato e muore nella notte tra materiali e delle marionette già cui Vittorio Podrecca è stato l'ulti- sabato 4 e domenica 5 luglio 1959, appartenenti al Teatro dei Piccoli mo grande maestro. all'età di 76 anni. Viene sepolto al viene riscattata, a proprie spese, Questo contributo, con minime Verano di Roma. Come era stato da alcuni marionettisti che ave- variazioni di contenuto e con da lui disposto, gli spettacoli a vano lavorato fino all'ultimo con diversa veste grafica, compare Ginevra vanno in scena sotto la Vittorio Podrecca. Altro materiale con il titolo "Un sogno di legno direzione della moglie Lia, la quale, è recuperato grazie all'acquisto da e musica: Il Teatro dei Piccoli coadiuvata dal figlio Carlo Farinel- parte di Maria Signorelli (Roma di Vittorio Podrecca" nel volume li, guiderà anche la compagnia in 1908-1992), artista e collezionista Cultura in Friuli IV - Atti della Unione Sovietica: è il primo teatro di fama, che nel 1947 aveva fon- quarta settimana della Cultura italiano a varcare la cortina di dato la compagnia "L'Opera dei Friulana della Società Filologica ferro. burattini". Sollecitata dal Teatro Friulana, 2018. 86 • 28

Carlo PETRUSSI

Una viticoltura giovane 28 • 87

Dal 1950 al 2015: i freschi germogli di una pianta antica La storia vitivinicola della nostra regione è stata narrata a partire almeno dall’epoca romana. La vite ha modellato il paesaggio e influenzato la so- cietà friulana, nei suoi cibi e nei suoi riti, almeno tanto quanto il frumento e il mais. La sua coltiva- zione, pur avendo subito cambia- menti nel tempo, si è mantenuta dentro criteri tradizionali che la vedevano maritata a tutori vivi fino alla fine dell’Ottocento per passare poi alla associazione col gelso. Si trattava, però, sempre di “filari” fra i quali trovavano spazio Qui sopra: l’enologo Orfeo Salvador osserva un vigneto allevato colture erbacee (frumento, mais, col sistema detto “a Casarsa”. Siamo a metà degli anni Sessanta medica, ecc.): era la viticoltura del Novecento. Le piante sono state messe a dimora la primavera precedente e l’agricoltore ha seguito alla lettera le indicazioni del “promiscua” che ha dominato le tecnico nella fase di allevamento del primo anno. Le viti, sostenute da statistiche fino agli anni Sessanta un palo di robinia scortecciato alla base, sono state messe a dimora del secolo scorso per lasciare il a circa 50 cm dal palo per facilitarne l’eventuale sostituzione. Con campo, nel giro di pochi anni, alla l’avvento dello scansaceppi per le lavorazioni sottofila, le viti vennero messe a dimora aderenti al palo per agevolare il lavoro dell’attrezzo. viticoltura specializzata. La storia Il filo principale di sostegno era posto a 1,60 - 1,80 m da terra. Le recente viene spesso trascurata, piante alla fine del primo anno di vita avevano raggiunto il filo e formato forse perché si confonde con la il futuro cordone. Non solo: alcune femminelle venivano lasciate per una produzione importante fin dal secondo anno d’impianto. Questa cronaca, ma ciò non è giustificato foto ci porta ai giorni nostri perché l’attuale viticoltura di pianura ha perché noi siamo figli della storia molti aspetti in comune con le indicazioni tecniche che allora Orfeo recente, quella che si basa più Salvador suggeriva ai viticoltori. sui ricordi che sui documenti. La A sinistra: dopo la preparazione della barbatella si passava alla corretta guerra fredda, il boom economi- messa a dimora. Si notano il filo zincato per l’allineamento delle co, la tivù, la Caduta del Muro piante e i picchetti per il distanziamento delle medesime sulla fila. Si hanno fatto di noi ciò che siamo, procedeva in questo modo: non Giulio Cesare e Napoleone l apertura di un solco lungo la fila con la vuarzine (aratro disimmetrico, cioè ad un’ala); (con tutto il rispetto). Così, in l alla giusta distanza con la pala veniva preparata la sede di impianto; viticoltura siamo figli del passag- l l’addetto alla messa a dimora aveva il compito di appoggiare sul gio dall’agricoltura tradizionale, fondo della buca (sede d’impianto) la barbatella allargando a raggera l’apparato radicale; empirica, attenta alla terra e l seguiva una badilata di terra sulle radici e un adeguato basata sull’osservazione, a quella calpestamento della terra per farla aderire alle radici e scacciare l’aria. moderna, aperta ai mercati e La profondità di messa a dimora era, ed è, legata al tipo di terreno, ma dipendente dalla chimica e dalle per i nostri vecchi le radici dovevano sentire il suono delle campane. Malauguratamente oggi mancano queste capacità operative. macchine. Foto Vendramin. Pare ieri, ma è già storia. 88 • 28

Anni 1950 – 1960: la buona vecchia agronomia In questo periodo iniziano i primi cambiamenti strutturali del settore viticolo: nei primi anni Cinquanta la viticultura ha ancora tutte le carat- teristiche dell’inizio secolo. In pianura la coltivazione è promi- scua, a filari distanziati tra colture cerealicole e colture foraggere; si coltivano soprattutto Merlot, Tocai e ibridi vari. I vitigni più tradizionali sono in via di scomparsa. Le viti sono sostenute da gelsi e da pali secchi; raramente troviamo degli alberi da frutto frammisti. Accanto alla mezzadria, nelle zone meno fertili c’è anche la piccola proprietà. I terreni di collina appartengono prevalentemente a famiglie nobili o borghesi e vengono gestiti a Viticoltori che, con cura e attenzione, stanno preparando le barbatelle innestate mezzadria, talvolta ad affitto misto. per l’impianto togliendo tutte le radici avventizie presenti sul portinnesto, riducendo Prevale il ronco arborato (vigneto l’apparato radicale a 10 - 12 centimetri e accorciando a due gemme franche il con alberi da frutta distribuiti in germoglio principale della barbatella. Le piante saranno poi immerse (inzaffardatura) nel mastello che si può notare modo almeno apparentemente ca- sulla sinistra; questo conteneva una miscela di sterco bovino (buiace) e sabbia suale): ogni mezzadro ha una vigna limosa di fiume (lacje) mista a terra. Lo scopo di questa operazione era di facilitare che normalmente non è di grande l’adesione della terra alle radici e, quindi, migliorare l’attecchimento. superficie. Il proprietario sceglie i Foto Vendramin. vitigni, il momento dell’impianto e l’ubicazione del vigneto. Le varietà coltivate sono numerose: Tocai, Merlot, Carmenère (all’epoca Sui ronchi si piantano gli ultimi fossâl), la terra chiamava i lavori, veniva chiamato Cabernet franc), alberi da frutto: ciliegi, peri, meli, era rispettata e amata perché cosi Verduzzo, Picolit, Ribolla, Refosco susini, peschi, albicocchi. La frutta, poteva dare reddito con relativa nostrano, Refosco dal peduncolo commercializzata a breve raggio, minor fatica e permetteva a tutto rosso, Sauvignon, Malvasia, Pinot consente alla famiglia mezzadrile l’ecosistema di operare al meglio. grigio, Pinot bianco, Pinot nero, una non trascurabile entrata di Ma le prime ruspe incominciano Franconia, Traminer, Riesling re- liquidità. Ci sono i primi abbandoni a modificare le colline. In pianura nano e Riesling italico. Il viticoltore dei vigneti collinari situati nelle fanno la comparsa i grandi aratri pratica la selezione massale e il zone più disagiate in quanto la ma- da scasso trainati dai cingolati per vivaismo è su scala familiare: ciò ha nodopera inizia a scarseggiare. fare le “fossaline” dove mettere a permesso il perpetuarsi delle varie- La preparazione del terreno per la dimora le viti. I concetti agrono- tà locali più interessanti caratteriz- messa a dimora delle viti è ancora mici della sistemazione dei terreni zando, così, la viticoltura di collina. in gran parte manuale (si fa il incominciano a vacillare. 28 • 89

Apparato radicale di una vite messa a dimora negli anni Apparato radicale di una vite messa a dimora nei primi anni Trenta quando gli apparati radicali venivano allargati a Ottanta quando la scalzatura dei filari è stata sostituita dal raggera manualmente nella sede di piantumazione onde diserbo chimico e la pianta ha sviluppato le radici a livello permettere alla futura pianta di esplorare tutto il terreno suolo abbandonando le radici profonde originarie. disponibile.

Le piante venivano messe a dimora bovine e che viene sovesciato a sono costellate di vasche in cemen- a fine inverno in luna crescente. Le tarda primavera prima dell’inizio to posizionate vicino a pozze per radici erano lunghe, inzaffardate e dei trattamenti. la raccolta dell’acqua necessaria ben distribuite a raggiera in fondo I filari sono scalzati e vangati a al trattamento. Lo zolfo, prima del alla posta: con queste attenzioni marzo e agosto. A giugno e a ot- trattamento, viene messo al sole. l’attecchimento era certo e il futuro tobre vengono rincalzati. Durante Dopo il 21 luglio ogni nuovo germo- apparato radicale avrebbe coloniz- l’estate si pratica una lavorazione glio viene asportato, pertanto non zato il terreno a 360 gradi. La parte leggera negli interfilari per ridurre si verificano infezioni tardive di della vite che emergeva dal terreno i danni da siccità; lavorazioni più peronospora. Le piante rimangono veniva ricoperta con un cumulo di importanti si fanno in autunno per coperte da una consistente patina terra (farcadice) onde proteggerla interrare il letame che, assieme al di rame e calcio. dal freddo; tale cumulo era tolto sovescio, è l’unica forma di fertiliz- Con questa agrotecnica i grappoli all’inizio del germogliamento. zazione. Il perfosfato minerale e il erano spargoli, con acini piccoli Sul territorio inizia a farsi sentire solfato potassico sono di uso non dalla buccia spessa; la vendemmia l’industrializzazione di Manzano e comune. si iniziava a fine settembre e termi- la scarsa volontà dei proprietari di La lotta fitosanitaria è rivolta sol- nava a metà ottobre. apportare essenziali migliorie alle tanto alla peronospora e all’oidio. Il mal dell’esca (detto ‘colpo di case coloniche. Contro la prima si usa il solfato di sole’ o ‘cancro’) è presente, ma il Nella viticoltura specializzata gli rame in cristalli (1-1,2 kg/hl di ac- viticoltore fa sempre nei suoi con- interfilari sono larghi 4-5 metri con qua) sciolto in acqua il giorno pri- fronti un’efficace lotta agronomica prato permanente che fornisce ma del trattamento e neutralizzato asportando costantemente dal foraggio alla stalla. In collina, con con calce spenta; talvolta si miscela vigneto tutte le piante ammalate; interfilari più stretti, mediamente a zolfo per tenere sotto controllo queste sono sostituite mediante di 2,5 m, è frequente la semina tra i l’oidio. I trattamenti, al massimo propagginatura o con nuove viti. filari di un erbaio, di solito trifoglio 6-7, iniziano la prima decade di La forma di allevamento prevalen- incarnato, talora consociato a loies- maggio e terminano al 21 luglio te è il capovolto; in collina si trova sa e veccia, che è quotidianamente (entrata della canicola). Si fanno qualche vigneto allevato a Sylvoz falciato per il foraggiamento delle con le pompe a spalla e le colline stretto. 90 • 28

Classica forma di moltiplicazione della vite utilizzata soprattutto in periodo prefillosserico che consisteva nell’allungare sul terreno, leggermente interrato, un tralcio che partiva dalla pianta madre. Dai suoi germogli si Tipica casa colonica dei colli orientali (Badia di Rosazzo) costruita in marna e formavano nuove piante. Nella foto arenaria che evidenzia la condizione sociale dei mezzadri (roncars) alla fine della vecchia vite propagginata presente seconda guerra mondiale. In questo periodo il più grande riscatto sociale della nel vigneto storico di Cuel Vilan (Colle donna del roncal era di avere il fornello a gas a tre fuochi che la riscattava dal Villano) di messo a dimora nel dover accendere ogni giorno e seguire il fuoco a legna. 1885. Quando il padrone concedeva questa “modernità” veniva affiancata alla casa colonica una piccola costruzione con terrazza all’interno della quale era posizionato il fornello a gas con relativa bombola. La casa evidenzia il salìso (marciapiede) in lastre di pietra, le vecchie viti che formavano la pergola (bersò), la porta della cantina modificata per permettere il passaggio delle botti e una pittura murale, ora sbiadita, di soggetto sacro, il cortile in terra battuta, il portone della lobia in legno di castagno con chiavistello in legno e blecs di manutenzione. La seconda finestra in alto a destra ha la cidula (carrucola) utilizzata per portare sul cjast i prodotti della campagna (forment e blava).

superficiali sul selvatico per stimo- 1960 – 1970: arriva la lare l’approfondimento delle radici modernità principali; seguono la spollonatura La mezzadria è alla fine della sua Vite storica di Tocai correttamente potata con la vegetazione ben (lavoro dei ragazzi), la pulizia storia secolare, con lo sviluppo disposta ai lati della testa di salice. delle teste (lavoro dei nonni), la industriale inizia l’abbandono della sistemazione dei germogli e il loro terra soprattutto in collina. La arrotolamento sul filo più alto. proprietà non intuisce il cambia- I germogli laterali sono cimati a mento in atto e le case coloniche non meno di due foglie dall’ultimo si svuotano. Si abbandona e si La potatura invernale, fatta in luna grappolo. distrugge tutto quello che ricorda calante, è a carico degli anziani I sarmenti, ricercati dalla gente quel duro passato dove dominava che usano solo la forbice e, se la comune come fonte energetica il sior paron. Si iniziano a togliere vite è troppo cresciuta in altezza, (fuoco domestico), sono prenotati i filari sparsi e a estirpare i gelsi. la piegano verso terra, ma non la “a filari” dove l’interessato viene Si demoliscono le case costruite in tagliano mai. In primavera, appena a raccoglierli. Il viticoltore li cede pietra locale e se ne costruiscono scalzate le piante, la cura al vigne- a titolo benevolo, anche perché di altre in cemento e mattoni. È to inizia con il taglio delle radici viene sollevato da un lavoro. il periodo del primo e secondo 28 • 91

Piano Verde che portarono l’acqua A fine decennio (1968) nel cortile e i servizi igienici in casa, inizia la del vecchio ospedale di Udine meccanizzazione delle campagne. viene tenuta la prima mostra di La viticoltura in collina è ferma e macchine agricole che rivoluzione- talvolta in regressione, iniziano le ranno il modo di lavorare tra le viti. vendite delle colonìe che vengono Grazie ai trattori acquistati con talvolta acquistate dai mezzadri, i Piani Verdi, in effetti, arrivano ma molto spesso si affacciano pro- in viticoltura i primi segnali di prietà esterne all’ambiente. meccanizzazione: estirpatori per la Sono pochi i vigneti che si pian- lavorazione negli interfilari, scan- tano sulle pendici collinari dove saceppi a comando manuale per la forma di allevamento rimane il la lavorazione sotto fila, le prime capovolto. Il commercio locale di irroratrici portate e, in seguito, i frutta legato al ronco arborato sta primi atomizzatori. L’arrivo dello finendo, cambiano le abitudini dei scansaceppi, dapprima manuale e produttori e dei consumatori, e poi idraulico, porta alla modifica viene a mancare la necessità eco- della messa a dimora delle viti nel nomica. metodo Casarsa. Mentre nei primi In pianura inizia il massiccio tempi si consigliava di mettere a sviluppo della viticoltura spe- dimora le piante a 50 centimetri Botte in legno di larice il cui scopo cializzata. Dall’enologo Orfeo dal palo, ciò che comportava la principale era quello di distribuire in Salvador viene proposta la forma necessità di vangare vicino ai pali, campagna il liquame bovino (detto di allevamento che prende il nome in seguito si mettono adiacenti ai pissòc, ma anche eufemisticamente e scherzosamente bire e brût). di “metodo Casarsa”. Questa pali. Tuttora, osservando i vecchi Durante l’estate era utilizzata per la forma caratterizzerà poi tutta la impianti a Casarsa, molto spesso preparazione della poltiglia bordolese: viticoltura friulana con vigneti a poi modificati a Sylvoz per gestire sotto i cerchi si nota la colorazione basso investimento di ceppi/ettaro, al meglio la meccanizzazione, si azzurra del solfato di rame. 1.800-2.000 piante, e alte produ- può capire l’epoca di messa a di- zioni. Il sesto d’impianto preferito mora del vigneto. è di metri 4x4 con viti binate sui Con il Casarsa cambiano anche Il dottor Giuseppe Pascolini, nella pali (2200 piante per ettaro). Non le modalità di fertilizzazione e la sua tesi di laurea (1961) sulla si tiene conto delle differenze fisio- concimazione chimica comincia a viticoltura collinare del Cividalese, logiche esistenti fra i vitigni. prevalere sugli apporti organici. analizzò con accurate schede tec- Vengono assegnati i primi contri- Aumentano la disponibilità e l’uso niche 50 vigneti e rilevò i seguenti buti pubblici per l’impianto dei dei concimi azotati semplici. dati riguardanti i trattamenti fito- vigneti. Anche la lotta fitosanitaria cambia, sanitari: 29 vigneti erano trattati I pali secchi di robinia e castagno arrivano i primi ditiocarbammati, nel modo tradizionale con solfato continuano ad essere utilizzati in semplici e da usare al momento. di rame e zolfo in polvere, 5 vigneti collina, mentre in pianura si pre- Porteranno però a una incontrol- con solfato di rame, zolfo ventilato feriscono i pali di cemento. Nasce lata diffusione del ragnetto rosso e zolfo colloidale (nome commer- così una nuova attività, dapprima e del ragnetto giallo, problema- ciale Cosan), 9 vigneti con prodotti artigianale e poi industriale, in gra- tiche fitosanitarie fino ad allora acuprici (ditiocarbammati con do di soddisfare tutte le esigenze sconosciute. Si diffonde la lotta a nome commerciale Aspor e Vitex), dell’emergente viticoltura specia- calendario: i viticoltori iniziano a solfato di rame e zolfo ventilato, 6 lizzata. non pensare. vigneti con soli acuprici, zolfo ven- 92 • 28

Vite di Schioppettino allevata a Guyot bilaterale dove risulta evidente che i grappoli sono stati accorciati per ottenere un prodotto di elevata qualità. Lo Schioppettino ha un grappolo molto grande i cui acini non maturano contemporaneamente e 1962: una pubblicità per un la parte distale (punta) rimane malmatura, andando soggetta frequentemente a ditiocarbammato che andò per la una fisiopatia detta “disseccamento del rachide” (si flapìs). Per prevenire questi maggiore fino agli anni Ottanta del inconvenienti a inizio invaiatura (cambiamento del colore) viene tagliato l’apice del Novecento. Si tratta dello Zineb che grappolo e vengono ridimensionate le ali. prese vari nomi commerciali, il più diffuso dei quali fu Aspor. Tanto diffuso che, con un fenomeno linguistico non raro in agricoltura (nomi commerciali o nomi di ditte che divengono nomi sca viene ridotta, le viti colpite al massimo la coltura. E in questi comuni correnti), diventò sinonimo di “antiperonosporico”. La pubblicità per i si lasciano nei vigneti, inizia la nuovi vigneti di collina arriva il Ca- ditiocarbammati fu capillare, attraverso diffusione del parassita, facilitata sarsa. Siamo agli albori delle prime le riviste tecniche, i volantini, gli scritti anche dalle laute concimazioni piccole speculazioni fatte dagli ex dei docenti universitari, i manifesti azotate per spingere al massimo la mezzadri e dai nuovi imprenditori murali nelle zone viticole e la presenza anche nelle pubblicazioni di interesse produzione (sistema di allevamen- agricoli (industriali) che diventano locale. Dalla rivista Terra friulana to detto Casarsa). Il concetto di aggressivi. maggio - giugno 1962. una lenta crescita delle piante per I vitigni che vengono messi a averle fisiologicamente sane viene dimora sono: Merlot, Carmenère, abbandonato. Ora la vite è bella se Refosco dal peduncolo rosso, To- ha tralci grossi, se è molto produt- cai, Pinot bianco/Chardonnay (non tilato e colloidale, 1 vigneto con tiva e di un bel verde intenso. è ancora definita la differenza fra i solfato di rame e zolfo colloidale, 7 In pianura si preparano i terreni due vitigni), Pinot grigio, Verduzzo vigneti furono trattati con Lintox e per l’impianto con gli aratri da friulano, Traminer. Sono in regres- Fostox (nomi commerciali di esteri scasso. sione Ribolla e Malvasia, inizia ad fosforici) per il controllo delle In collina nessuno fa più il crei affermarsi il Sauvignon. tignole. a mano e le ruspe iniziano a ri- Marco Schioppetto e Livio Felluga La concimazione azotata favorisce modellare in modo drammatico sono la nuova immagine della viti- la botrite e indirettamente anche le colline: grandi sbancamenti coltura collinare friulana. le tignole che diventano un pro- senza nessun criterio agronomico, Paolo Rapuzzi salva i vecchi vitigni blema. bisogna fare presto e a bassi costi autoctoni Schioppettino (Ribolla La lotta agronomica al mal dell’e- con l’obiettivo di meccanizzare nera), Tazzelenghe, Pignolo. 28 • 93

Smottamento (Spessa di Cividale) in un vigneto collinare. Situazioni simili sono molto frequenti e sono normalmente causate da una non corretta gestione delle acque profonde e superficiali.

1970 – 1980: un decennio segno; i friulani non difendono la di transizione loro storia e la loro cultura viticola. Giovane vigneto a Campeglio di Continua la ristrutturazione fon- La cicalina verde della vite si dif- Faedis con sistemazione a rittochino diaria del territorio, si afferma il fonde rapidamente. Il mal dell’esca che evidenzia un evidente fenomeno viticoltore operaio, la meccanizza- continua mietere vittime soprat- di erosione superficiale con la perdita dello strato fertile. In alcune situazioni zione si intensifica ulteriormente. tutto nei vigneti allevati a Casarsa. friulane sistemate a rittochino le Con trattori sempre più potenti Entrano in uso i prodotti sistemici erosioni superficiali hanno causato la si può fare tutto e ciò porta a un (con la linfa vanno in tutta la pian- perdita di 1000 – 1500 metri cubi di minor rispetto della terra, non è ta) e citotropici (attraversano la terreno fertile per ettaro. più la terra che chiama i lavori, lamina fogliare e penetrano nella ma sono i lavori che chiamano la foglia) per il controllo dell’oidio e terra. La collina più difficile viene della peronospora. Diminuisce l’u- 1980 – 1990: è arrivata abbandonata. In questo ambiente tilizzo del ditiocarbammato Zineb l’urea rimane vitale soprattutto nella e, lentamente, perdono di intensità In questo decennio si applica fascia collinare compresa fra le pullulazioni dei ragnetti rosso e concretamente la disposizione e : qui i cambiamenti giallo. europea che blocca la libera messa arrivano 10-15 anni dopo che nel Seppur con meno cura le barba- a dimora dei vigneti e inizia la Cividalese. telle si mettono ancora a dimora commercializzazione dei diritti Le sistemazioni collinari sono sem- a mano come nel passato; gli d’impianto. pre più aggressive, si abbassano impianti non sono molto estesi e la Vengono spiantati i vecchi vigneti, le colline, si introduce la siste- manodopera è sufficiente. si mettono a dimora Chardonnay, mazione dei terreni a rittochino Inizia l’utilizzo del diserbo chimico Sauvignon, Cabernet sauvignon tipica della Toscana, dimenticando sotto le file. senza una chiara visione del che le caratteristiche climatiche e I salici non vengono più utilizzati territorio e senza valutare le carat- pedologiche sono completamente nella legatura dei tralci e delle viti, teristiche ambientali in relazione differenti. Di conseguenza si veri- si utilizza il “tubetto” di plastica. ai vitigni (Cabernet sauvignon). ficano erosioni molto importanti Vengono proposti i fili plastificati e Questa fase è condizionata dai con perdite di 10-15 centimetri di in PVC per il sostegno della parete wine maker toscani e da alcuni spessore di terreno (1.000-1.500 fogliare. produttori e tecnici friulani che metri cubi di buon terreno per Legatrici e cimatrici si diffondono vedono nella Francia (forme di ettaro che vanno a intasare i ca- rapidamente, il sistema di alle- allevamento e materiale genetico) nali di pianura). I primi “sapienti” vamento Casarsa a tralcio libero il riscatto della viticoltura friulana. venuti da fuori regione lasciano il viene trasformato in Sylvoz. Si fanno vigneti alla “francese” 94 • 28

Vierzi e sierâ lis plantis era la pratica Recente sistemazione collinare a Buttrio che non ha tenuto conto della agronomica ideale per mantenere salvaguardia dello strato vegetativo del terreno originale. In effetti si nota che la profondi gli apparati radicali della terra buona è stata concentrata in alcune fasce (piante in normale stato vegetativo) vite e per mantenere ossigenato il e nel contempo è stata portata all’aria la marna arenaria profonda (ponca) terreno sotto la fila. Pratica in uso fino biologicamente sterile (piante in sofferenza). all’avvento dei diserbanti / disseccanti Solo il tempo potrà correggere, con adeguati interventi agronomici, questa e che attualmente viene rivalutata. anomalia.

(8-10.000 ceppi per ettaro) di- conifera trattati con metalli pesanti Il diserbo sotto fila prende il posto menticando le caratteristiche del e canne di bambù dell’estremo della scalzatura, le piante modifica- nostro clima e dei nostri terreni; Oriente. Nessuno si avvede che no il loro apparato radicale svilup- non si fa nessuna mediazione sarebbe economicamente interes- pandolo in superficie, modificando agronomica e culturale. In questo sante una filiera locale per la com- così la loro sfera di esplorazione periodo inizia la fase in cui la bassa mercializzazione dei pali di robinia e creando talvolta problemi vitali produzione per ceppo è sinonimo e di castagno. al palco radicale originale della di alta qualità del vino. Con gli im- Nel 1985 a Udine si tiene un corso pianta. pianti fitti vengono proposti come di viticoltura per evidenziare pro- Nella difesa fitosanitaria, la lotta forma di allevamento il Guyot sem- blematiche e prospettive del setto- guidata diventa una realtà anche se plice e il cordone speronato (già re, ma i relatori non hanno sempre poco diffusa. Aumentano i principi sperimentati nell’azienda Vuga di dimestichezza con l’ambiente attivi a disposizione per il controllo Cividale a fine Ottocento). pedoclimatico regionale, né sanno delle fitopatie. La ricerca genetica riprende slan- fornire delle linee guida agronomi- Inizia la diffusione della flavescenza cio con la selezione di nuovi cloni e che e commerciali. dorata, si impara a conoscere il si fanno le prime selezioni massali Nel 1986 lo scandalo del metanolo marciume acido, il mal dell’esca si dei biotipi presenti nei vecchi vi- mette in crisi il settore. espande ulteriormente. gneti prima della loro eliminazione. Le superfici dei nuovi vigneti Aneddoto: mi trovavo sulle colline A livello enologico il legno ritorna aumentano, i costi devono essere di Savorgnano del Torre quando il in cantina (barrique), ma molto abbassati, si abbandona la corretta titolare della trattoria “da Gjamba- spesso, soprattutto nelle piccole messa a dimora delle barbatelle te”, davanti a un rigoglioso vigneto realtà, ci si dimentica che, per a favore della forcella e del palo di Verduzzo friulano, mi disse: utilizzare la barrique, bisogna pri- iniettore ad acqua (= disastri agro- “anni fa questo vigneto vegetava ma fare in campagna una grande nomici). Presto arriverà la messa a poco, l’uva era gialla e zuccherina uva: solo così il legno potrà dare dimora meccanizzata praticata da e non marciva mai. Ora produco un grande vino. Talora si tende a operatori estranei all’azienda. molto di più, le viti sono rigogliose, considerare buono il vino che sa di L’apparato radicale delle piante, la ma l’uva rimane verde e marcisce”. legno. sistemazione e la preparazione del Gli chiesi la motivazione di questo Nei nuovi impianti vengono utiliz- terreno, i tempi di messa a dimora cambiamento e mi rispose “è arri- zati per il sostegno delle viti pali di diventano un problema secondario. vata l’urea”. 28 • 95

In questa fotografia si vede la vecchia fornace da calce di Azzano (comune di Sistemazione recente a rittochino in ) che cuoceva i sassi raccolti nei terreni alluvionali del Cividalese. Badia di Rosazzo, località Poggiobello. Ogni casa rurale possedeva la busa de cjalcina dove si spegneva la calce viva onde ottenere la calce spenta. Questa aveva più usi: disinfezione dei ricoveri per animali e di altri ambienti, imbiancatura delle case, piccole manutenzioni ci sono restrizioni paesaggistiche si edilizie e, non ultimo, entrava nella composizione della poltiglia bordolese, l'unico anticrittogamico allora noto per il controllo della peronospora delal vite. La inizia a utilizzare il palo metallico sistemazione a rittochino della collina, effettuata nel 1976, non ha tenuto conto dei al posto del legno trattato e del basilari dettami agronomici volti alla slavaguardia e al rispetto dell'ambiente; nella cemento. I fili zincati sono sostituiti parte alta dell'immagine si notano molto bene i massicci movimenti di terra che hanno severamente intaccato il profilo collinare. dal filo inox. La ferramenta per l’impiantistica va alla grande. L’im- piantisca nel suo insieme passa ai 1990 – 2000: tutto con Pinot Grigio. contoterzisti, solo i piccoli viticoltori sommato un buon Nella zona collinare inizia la diffu- che mettono a dimora qualche cen- decennio sione del Pignolo, dello Schioppet- tinaio di viti lavorano in proprio con Nel 1992 - 1993 si ha una piccola tino, della Ribolla e della Malvasia criterio. L’utilizzo della catena del crisi del settore vitivinicolo. istriana. freddo allunga il periodo di messa a Nella primavera del 1992 si verifi- Sempre in collina, nelle zone mar- dimora delle barbatelle che termina cano casi generalizzati di viti che ginali, ritorna l’olivo dopo la gelata a fine luglio con sforamenti ai primi presentano al germogliamento tralci del 1929. di agosto. secchi soprattutto nelle varietà Nel ristoppio dei vigneti e nelle La cultura viticola storica è ormai Pinot grigio, Cabernet sauvignon sistemazioni collinari, raramente scomparsa. L’esterofilia va alla e Sauvignon (cloni francesi). Sono si seguono le corrette regole agro- grande. Nelle aziende si discute per sintomi di uno scarso accumulo nomiche e iniziano a verificarsi i 100 grammi di uva in più o in meno di sostanze di riserva nell’autunno primi attacchi di Armillaria sulle sulle singole viti. Si discute, cioè, del precedente da ascriversi a eccessive viti; questo problema è ancora oggi sesso degli angeli. produzioni e, nelle viti giovani, di sottovalutato. L’eliminazione dei All’inizio del decennio fa la sua com- eccessive concimazioni azotate. Al residui radicali delle colture arboree parsa la Metcalfa pruinosa, che secondo anno d’impianto si vogliono precedenti è visto come qualcosa di verrà efficacemente debellata grazie alte produzioni, ma se la vite non superfluo. al lancio di insetti predatori allevati è preparata bene può tradire. Vite Anche in pianura si livellano i terre- e diffusi dalla Università di Udine. esteticamente bella, fisiologicamen- ni facendo importanti spostamenti La sindrome fitopatologica nota te brutta. del terreno vegetale che poi daran- come “legno nero” si affianca alla Accanto ai soliti vitigni neri si met- no origine alle prime importanti flavescenza dorata. tono a dimora Cabernet sauvignon carenze di potassio. Si fanno i primi impianti a cortina e Sauvignon, e, soprattutto in Negli impianti inizia l’utilizzo del semplice e a GDC, forme di alleva- pianura, Pinot grigio. Se gli impianti tondino di ferro per sostenere le mento che permettono un alto livel- sono relativamente giovani si fa il viti al posto delle canne di bambù lo di meccanizzazione della potatura sovrainnesto a spacco primaverile troppo costose e fragili. Dove non verde e secca. 96 • 28

La pianura è territorio di Pinot gri- gio e Glera. Per questi due vitigni, accanto ai sistemi di allevamento a cortina e a capovolto viene ripro- posto il Sylvoz. Nasce in pianura la viticoltura a ciclo breve, 15 anni, tanto quanto dura l’affitto della terra. Non si sostituiscono le piante morte. La pianta diventa una pura macchina Vasca doppia (laips) di cemento utilizzata per la preparazione della poltiglia bordolese. Queste vasche erano situate tra le vigne, vicino a un punto d’acqua; da da produzione. In questo contesto esse si attingeva la soluzione per la distribuzione manuale con la pompa a spalla la viticoltura di collina diventa “ri- (crassigne). A Cividale del Friuli queste vasche erano fabbricate dalla impresa edile serva indiana”. Cefis. La spollonatura chimica delle pian- te è una realtà molto diffusa. Cala l’utilizzo del letame sia per il 2000 – 2015: i due Inizia la diffusione della cocciniglia diradarsi degli allevamenti, sia per compagni di merende, ma della vite e del “nuovo virus del carenza culturale. anche il bio Pinot grigio”. Il legno conquista tutte le cantine e Il periodo inizia con una ripresa La viticoltura biologica diventa una il palo di metallo conquista le vigne degli impianti di vitigni neri e realtà. di pianura, meno la collina dove il soprattutto del Pignolo che, Sotto l’aspetto fitosanitario, accan- legno, più che amato, è un obbligo però, nel giro di pochi anni vedrà to alla preparazione degli operato- per motivi paesaggistici. decadere la sua fortuna. Il Pinot ri, la vera novità sono gli atomizza- Il confezionamento del vino in bot- grigio rimane sempre un vitigno tori a recupero della soluzione. tiglia ha ormai preso piede in tutte di riferimento ma, a partire dal Verso la fine del periodo riprende le cantine. 2008 - 2010 sarà affiancato dal l’interesse per le lavorazioni sotto- La meccanizzazione è sempre più Prosecco/Glera. fila o comunque un minor utilizzo spinta, si vuole abbassare i costi di Si assegnano da parte della dei diserbanti. produzione in tutti i modi e la cosa Regione gli ultimi diritti di reim- A fine periodo accanto al Pinot gri- che interessa di meno è il benessere pianto con relativi vincoli varietali gio e alla Glera, la nostra regione della pianta. La spollonatrice, a e si obbliga a mettere a dimora è conquistata dalla Ribolla gialla. esempio, riduce le ore di lavoro, nelle zone più fresche di collina Questi tre vitigni messi assieme ma con le escoriazioni che provoca il Cabernet sauvignon, un vitigno coprono il 50% della superficie sui tronchi favorisce di molto la che ama i climi caldi. vitata regionale. diffusione del mal dell’esca. Non c’è La parola quantità non fa più Per il futuro, bisognerà porre mol- una visione ampia, a 360 gradi, di paura e nei vigneti lentamente ta attenzione alla piccola e media quello che si fa in vigna, poi si cerca la carica di gemme per ceppo viticoltura collinare che attual- di tamponare le falle. aumenta. mente si trova in difficoltà struttu- Si diffonde la subirrigazione dei Mediamente negli impianti si rali, di risorse umane e di energie vigneti. mettono a dimora 3.500-5.000 mentali. Questa “riserva indiana” È un buon decennio dal punto di ceppi per ettaro a seconda del deve trovare risorse per la soprav- vista commerciale e per l’imma- vitigno e della zona: è un ritorno vivenza al suo interno e deve saper gine del territorio, ma manca di al passato. I 10.000 ceppi che cogliere con idee ed energie nuove prospettiva, si vive sui successi del avrebbero dovuto portare qualità e proprie le occasioni di crescita momento. eccelsa sono un ricordo. che comunque ci sono. 28 • 97

Isabella REALE

I creps, la fragile storia delle terraglie friulane (seconda parte)

Nuovi riti novecenteschi: dal boccale al tea pot

Carlo Someda de Marco (, 1891-Udine, 1975), Servito da 12 con boccale da mezzo litro, 1927, terraglia tenera dipinta sottovetrina, marchio a pennello Galvani. Museo carnico delle Arti popolari, "M. Gortani", Tolmezzo. 98 • 28

Leo Leoncini. Manifattura Nel n. 26 di Tiere Furlane abbia- sarebbe diventata la Galvani di Pordenone. mo raccontato, insieme a Vincenzo clientela più sensibile Vaso sferico in terraglia Sogaro, l’affermarsi nel corso alle mode e ai nuovi con decorazione policroma dell'Ottocento anche in Friuli riti sociali anche nel all’aerografo e della fabbricazione delle “terra- “servito”. pennello, diametro glie” (creps: pignatte, scodelle, massimo 21,2 cm, N altezza 23 cm. Presente boccali, stoviglie d'uso comune), La Galvani di con il n. 84 nel catalogo della che andarono diffondendosi su Pordenone manifattura per l’anno 1931. tutte le tavole, comprese quelle Nei primi decenni del Nove- Collezione privata. Piede alto popolari. Erano fabbricate in un cento la produzione della terraglia troncoconico, con filetto bruno. Bocca materiale (un impasto bianco conobbe un exploit produttivo cilindrica bruna. Sul corpo sferico, fasce parallele arancio e rami fioriti di poroso di argilla, sabbie e calcare, e qualitativo, con un crescente rosa in bruno su fondo giallo. Il decoro rivestito di vernice piombifera successo di vendite, grazie alla floreale è chiaramente ispirato alla trasparente) più economico e più Galvani, sorta a Pordenone nel celeberrima produzione ceramica della città anatolica di Iznik (Nicea) tra XV e fragile della porcellana riservata 1811, una tra le prime fabbriche XVII secolo. La geometria del supporto alle classi sociali più elevate. Una di terraglia in Italia, accanto alla e delle fasce meridiane risponde alle produzione che, al di là della ben Richard Ginori e alla Società Cera- suggestioni futuriste e razionaliste. Una radicata tradizione locale della mica Italiana di Laveno. All’epoca chiara inversione di rotta rispetto alla tradizione della fabbrica. piccola produzione artigianale di la Galvani si era da tempo conqui- terrecotte, e dello specializzarsi stata una clientela che anda- in aree attigue ai giacimenti come va oltre i confini nazionali Leo Leoncini. Manifattura Galvani di Pordenone. ad esempio in Carnia, nel corso ed europei, in quanto le Vaso sferico in terraglia dell'Ottocento era andata con- maggiori esportazioni con decorazione centrandosi e organizzandosi in erano dirette verso il policroma all’aerografo vere e proprie fabbriche. Queste Mediterraneo orien- e pennello, diametro massimo 21,5 cm, si trovarono a gareggiare con chi tale, allargandosi suc- altezza 22,5 cm. fino allora aveva tenuto il mercato, cessivamente anche al Circa 1931. Collezione composto da manufatti provenienti mercato americano. privata. Piede alto da Treviso, Nove, Pesaro e Trieste, Nel raccontare la straor- troncoconico con filetto blu. Bocca cilindrica blu. Sul corpo per non parlare della dilagante ter- dinaria storia ed evoluzione sferico rami fioriti di rosa stilizzati raglia inglese: da tempo infatti era di questa manifattura, che pro- in arancio, blu e verde su fondo giallo. il Made in England che dettava durrà esclusivamente terrecotte e La sintesi estrema della decorazione è di evidente derivazione déco. il gusto e le mode, spaziando dalle terraglie sino al 1969, anno in cui cineserie quali i classici motivi la fabbrica viene ceduta, possiamo colandine (con giardini e pagode) segnalare come fattori del suo un’altra componente fondamen- e willow (o del salice piangente), successo innanzitutto una costan- tale, peraltro già emersa negli ai capricci paesaggistici (Castel- te attenzione al miglioramento ultimi decenni dell'Ottocento, cioè lo di Ferrara), fino al bianco tecnico, alla ricerca sui materiali un costante aggiornamento dei assoluto (le famose “terraglie a e ai processi di fabbricazione: di propri modelli e decori grazie al uso d’Inghilterra” di color “bianco fatto le terraglie Galvani divennero dialogo con il gusto e soprattutto avorio”). Questi processi, oltre che famose per la nitidezza del fondo, con gli artisti che fornivano idee velocizzare il lavoro, imitavano dovuta alla qualità dell’impasto e e immagini d'invenzione. Il tutto la costosa porcellana, guardando alla trasparenza della vetrina, non- era supportato dalla preparazione ai clienti più facoltosi, a quella ché per la brillantezza degli smalti tecnica dei decoratori, formatisi nuova borghesia emergente che colorati. Alla qualità si aggiungeva in una scuola di disegno interna, 28 • 99

che faceva crescere in qualità la categoria degli “stovigliai”, permet- tendo loro un'adeguata prepara- zione disegnativa e la conoscenza dell'uso del colore. Un impulso decisivo in questa direzione venne dal confronto con il panorama delle mostre mer- ceologiche e dall’aggiornamento promosso dai rituali Expo inter- nazionali, dove a fine Ottocento Angelo Simonetto. Manifattura Galvani di Pordenone. Vaso ovoidale in terraglia arte e industria si confrontavano con decorazione policroma all’aerografo, diametro massimo 19,2 cm, altezza 26 esaltando il progresso della scien- cm. Circa 1935. Collezione privata. Piede e collo a toro, color bruno. Sul corpo za, stimolando di pari passo con farfalla verde in volo e fasce sfumate brune. L’insieme delle bande sfumate simula il fascio luminoso emesso da un proiettore cinematografico e rende dinamico il l’”emulazione” il rinnovamento dei volo della farfalla, tema caro alla ceramica popolare. Una felice sintesi, di stampo prodotti proposti. Questi spaziava- futurista, tra classicità ed eleganza del supporto, ceramica popolare e la passione no dal piatto da parata e dai vasi dell’autore per il cinematografo. ornamentali al “servito”, inseguen- do o preannunciando le “mode”, in risposta alle nuove esigenze e ai scritte con proverbi e modi di L’impronta del boccale Galvani, nuovi modelli di gusto della bor- dire, esortazioni gaudenti, e anche fino all'ultimo esemplare, sarà ghesia cui il ceto medio e popolare filosofeggiando sui veri valori sempre di valenza artigianale: aspiravano. della vita. Piatti e boccali, inoltre, la sua forma, panciuta e capace, A fine Ottocento la Galvani fa di sono stati strumenti ideali per la a corpo globulare, collo medio Pordenone “la Manchester del propaganda politica e patriottica, terminante con becco lungo a gola Friuli. Essa nel fervore delle in- passando con nonchalance dalla dritta, base a piedino dritto, con dustrie e dei traffici, vive di vita figura di Francesco Giuseppe, e anello d'appoggio, manico ad ansa gaia e mattiniera” (Corona 1885): relative aquile imperiali, a quelle di nastriforme, riprende quella tipica partita all’origine con 11 dipenden- Vittorio Emanuele e Garibaldi. del boccale veneto, e si lavora ti, diventati 150 nel 1855, la mani- In questo periodo sono tre gli al tornio. Icona di convivialità e fattura ne contava 250 nel 1902, oggetti che dominano il mercato: quindi anche di allegra goliardia, il producendo 5 milioni di pezzi nel il piatto (con la sua tesa e la parte boccale conosce esiti di grande vir- 1909. Ma con quale tipo di produ- centrale atta al decoro e quindi tuosismo tecnico e inventivo e una zione? Di fatto ampliata all’edilizia, usato anche come piatto da pa- sofisticata ricerca estetica. Una spaziando dalle tabelle civiche ai rata), la ciotola o scodella (forma variante che va citata è il cosiddet- quadranti per orologi, la terraglia basica, primeva, essenziale, in cui to “Bevi se puoi”: questa sibillina Galvani, oltre a ispirarsi al gusto da tempo immemorabile si beve scritta ne annunciava la singolarità inglese, si identifica con la tradizio- e si mangia accostandola con le sulla pancia stessa, quando a un ne popolare e segnatamente con il due mani alla bocca) e il boccale. approccio di tipo normale l’ignaro decoro floreale, alternato a motti Quest’ultimo è una forma molto bevitore, impugnandone il manico e scritte, vedute, ritratti privati e complessa di cui ogni variante per versarne il contenuto, era amorosi o ritratti pubblici: questi è stata studiata e calibrata con costretto ad assistere impotente al oggetti di uso quotidiano per molto attenzione alle sue funzioni, liquido che zampillava in ogni dire- tempo hanno infatti raccontato soprattutto a quella di misura di zione. Il “trucco” stava in una serie la saggezza popolare, riportando capacità. di fori e di tranelli che impedivano 100 • 28

Manifattura Galvani di Pordenone, boccale “Pordenone”, Pordenone, Museo civico d’Arte (Archivio Galvani).

al liquido di incanalarsi per il verso quella nata in “blu Galvani”, o della dei prodotti con cui partecipa giusto. margherita, i cui petali sono visti alle mostre, a partire da quelle Il Novecento registra, almeno fino "in sezione" o "di profilo", con un cosiddette emulative, dove arti agli anni Venti, una fioritura nella effetto anche bidimensionale di maggiori e minori si confrontano; produzione del boccale, fioritura raffinata ricerca compositiva. ad esempio nella stessa Pordeno- nel senso letterale e figurativo del ne si allestiscono, tra il 1922 e il termine, in quanto dominata dal Il rinnovo della 1925, quelle cosiddette del “Friuli trionfo della decorazione a fiori tradizione e Occidentale”, dove tra le sezioni spesso affidata ad abilissime mani “l’infatuazione del espositive figurano arte pura, arte femminili che, con una prodigiosa contadinesco” decorativa applicata all’industria, velocità (pochissimi istanti per Saccheggiata durante l'invasione, arte fotografica e cartelloni murali. creare prodigi botanici…), prov- la fabbrica riprende la produzione Qui vengono esposte le terraglie vedevano a ricoprire le superfici nel 1919 con la direzione di Enrico dipinte della Galvani, con piatti bianche (o anche colorate di base) Galvani, laureatosi in ingegneria al decorati e servizi da tavola, ma vi con i colori rosso blu e giallo, ver- Politecnico di Milano nel 1907. Ma- compaiono anche oggetti d’arredo de ramina e nero stesi a pennello. lauguratamente nel dicembre 1921 di nuova concezione come le lam- Erano questi i colori della produ- un disastroso incendio distrugge lo pade abat-jour in ceramica firmati zione Galvani, impiegati soprattut- stabilimento e l’archivio. La nuova da artisti come Emma Corradi to per fiori, singoli o a mazzetto, proprietà sa però cogliere questa Marpillero (Udine 1896 - Terni con il tocco particolare del famoso occasione non solo per ricostruire, 1985), personalità ancora tutta da e inimitabile “blu Galvani” che tra- ma anche per rinnovare la fabbrica scoprire, pittrice e parolibera di sformava in blu anche i petali delle sotto il profilo tecnico-organizza- fede futurista che nel 1922 a Vero- rose. Infinito è poi il repertorio di tivo rilanciando la produzione in na aveva fondato un proprio atelier tipo floreale, ovvero la decorazione un clima post-bellico favorevole di ceramiche artistiche. Accanto "a fiori e foglie" tratta dall'antica all’impresa manifatturiera, pervaso alla Corradi Marpillero compare ceramica popolare, ampiamente da un nuovo richiamo alla tradizio- Luigi Fattorello (Pordenone 1905 diffusa in area veneta e non solo, ne, a partire da quella artigiana, e - Trieste 1983), un altro singolare e già applicata dalle produzioni percorso dalle inquietudini delle artista destinato di lì a poco a locali friulane e carniche: è il avanguardie artistiche. diventare tra i protagonisti sulla trionfo della rosa con le sue varietà L’evoluzione della ceramica Gal- scena espositiva del secondo Futu- botaniche, dalla rosa canina a vani è registrata dalla sequenza rismo. Di fatto in questi primi anni 28 • 101

Angelo Simonetto, Manifattura Galvani di Pordenone, serie di quattro piatti a calotta da parete in terraglia con decorazione policroma all’aerografo sottovetrina, diametro 36 cm, circa 1935. Collezione privata. Primavera, Estate, Autunno, Inverno sono rappresentate con stilizzazioni di figure femminili, impegnate in attività agresti tipiche della tradizione popolare veneta e friulana. Alle spalle una serie di archi di cerchio simula il cielo, mentre il suolo è sinteticamente rappresentato da uno spesso tratto sinuoso. Si nota a lato un fiore selvatico stilizzato; l’Autunno in luogo del fiore ha un ramo con foglie che cadono. Il bordo della calotta è evidenziato da un filetto giallo sole. La decorazione è realizzata a spruzzo, con l’ausilio di mascherine e qualche intervento puntuale con pennello fine rifinisce il tutto. Si tratta di un tema caro alla ceramica popolare veneta che è proposto secondo i canoni dello stile Novecento. L’esito è notevole e non teme il confronto con le opere dei più famosi designer dell’epoca.

Venti si accosta alla ceramica una in quelle cosiddette “minori”: “ho nuova generazione di artisti che, lasciato Pordenone e sono a Ciano nelle arti applicate all’industria, nella miseria o quasi. Mi spiace che trova tra l’altro una sicura fonte tu non abbia ancora veduto i piatti di sostentamento; è in questo creati da me per la Galvani. Alcuni felice momento che la storia della di questi potrebbero figurare in Galvani si intreccia con quella di qualsiasi mostra. Sono i veri piatti personalità quali Teonesto Deaba- italiani che avranno grande fortuna te (Torino 1898 - 1981), formatosi sul mercato anche se a me hanno all’Accademia di Torino, figura procurato soltanto amarezze infi- eclettica di pittore, scenografo, nite. Vorrei pregarti di procurarmi scrittore e ceramista, che dal 1923 lavoro... per stare vicino a mia dirige la fabbrica “Vittoria” di Mon- madre. Potrei fare bene in una dovì pur continuando a collaborare fabbrica di majoliche e ceramiche con la ceramica pordenonese, e d’arte - non vorrei danneggiare in che nel 1925 approderà a Lenci, alcun modo Galvani verso il quale la manifattura specializzata in nutro riconoscenza e simpatia…” eleganti sculture d’arredo di gusto (Mazzotti 1974, 90-91). Di fatto déco. Ma l’impatto con la moder- il problema di uno stile “italiano” nità della Galvani è di certo sug- che potesse rinnovare la tradizione gellato dalla straordinaria, seppur senza rinnegare la modernità e il breve, presenza di Gino Rossi (Ve- proprio tempo, è il tema centrale nezia 1884 - Treviso 1947), uno dei delle Esposizioni promosse dalle protagonisti dell’avanguardia Ca’ Biennali di Monza, una serie di Pesarina, probabilmente già attivo manifestazioni nate per la valo- a Treviso presso la ceramica Gre- rizzazione del lavoro italiano, e gori. La sua presenza è testimonia- nella fattispecie dell’artigianato ta da una ben nota lettera, di cui artistico, fortemente sostenute dai riportiamo un significativo passo, programmi del governo, che vedo- databile intorno al 1922 e diretta al no collaborare Gino Rossi nel 1923 critico d’arte Nino Barbantini, pro- all’organizzazione della sezione ve- motore della ricerca contempora- neta della prima Mostra delle Arti nea nelle arti “maggiori” così come Decorative. Sta di fatto che nelle 102 • 28

Esposizioni di Monza le ceramiche Galvani fiorite fanno bella mostra di sé a decoro dei mobili in stile popolare friulano i cui disegnatori sono artisti come Giuseppe Baraz- zutti e Giovanni Napoleone Pellis. Quest’ultimo, da vero cultore della tradizione etnografica, inserisce in opere di carattere allegorico come Bacco (1925) anche le ceramiche Galvani, ormai assunte a ruolo di simbolo della tradizione regionale, totalmente in linea con il nascente Carro allegorico “Le boccalette” per una Festa dell’Uva negli anni Trenta progettato mito del Friuli rurale e, in ultima dall’architetto triestino Arduino Berlam per il dopolavoro di Montegnacco. analisi, con il richiamo regionalisti- Collezione privata. co caro al Ventennio. Questo ripiegamento nostalgico non dava però risposta al dibattito pagine della rivista friulanista per scio”, e questa volta la Galvani non in corso intorno al rinnovo della eccellenza, “La Panarie”, arriva se lo fa ripetere due volte, tra l’al- tradizione e al rilancio dell’artigia- una ulteriore sferzata da parte tro chiamando lo stesso architetto nato. di uno dei protagonisti friulani a collaborare con studi per vasi al Roberto Papini, uno dei maggiori dell’architettura moderna, Otto- rinnovamento della produzione esperti di arti decorative, di fronte rino Aloisio: “non abbiamo capito (Bucco 1989, 62). ai prodotti friulani presentati Monza” scrive l’architetto, ovvero Il dibattito dunque era ormai in- alla seconda Biennale di Monza, lo spirito innovativo e di confronto nescato: recuperare la tradizione si espresse contro “l’imitazione cui erano ispirate le Biennali, “la non poteva limitarsi a un revival del vecchio mobilio friulano”, e nostra produzione, infatti, corre e al rifugio nostalgico in una scrivendo dei prodotti Galvani ancora sui logori binari del passa- cultura dialettale, in quanto inelu- nelle pagine della rivista nazionale to” (Aloisio 1927, 305). Riferendo dibile si profilava il confronto con Emporium nel 1925, li definì “ce- un colloquio con Roberto Papini, l’evoluzione del gusto novecente- ramiche troppo rustiche per esse- Aloisio riporta, relativamente sco, con l’avanguardia futurista e re raffinate e troppo raffinate per alle tre sale friulane, i commenti con il nascente gusto razionalista conservare l’ingenuità rusticana”, relativi alla buona esecuzione, alle per quel che riguarda il panorama di fatto bollando questa evocazio- qualità ottime, ma anche l’assoluta italiano, nonché con lo stile inter- ne folk come l’equivoco della “in- mancanza di un progetto, ovvero nazionale sull’esempio nelle arti fatuazione del contadinesco”. Di l’assenza di un “consulente”, e qui applicate del Deutsche Werkbund fatto, in occasione della III Bienna- Aloisio fa chiaro riferimento alla che puntavano a ceramiche dalle le delle Arti Decorative di Monza produzione ceramica: “Per l’Italia, linee asciutte e senza decori. Gli (1927), la ceramica Galvani fiorita, messasi un po’ tardi sulla giusta esempi citati da Aloisio riman- e alcuni pezzi disegnati da Euge- via, c’è la Richard Ginori e qualche dano alla storica manifattura Ri- nio Polesello (Ghirano di Prata di altra; ma chi in questo campo chard Ginori che, per prima, ave- Pordenone 1895 - Torino 1983), insegna è la Germania”. L’auspicio va sentito la necessità di affidarsi sono esposti accanto ai ferri battu- è, come succede a un puledro di a una nuova figura professionale, ti di Calligaris e ai mobili di Sello, classe – sono sempre parole di quella dell’architetto e designer, Fantoni, Torossi ecc. Proprio dalle Aloisio – di “reagire allo scudi- per innovare totalmente una 28 • 103

quali spiga, uva, ecc., destinati a decorare la cucina friulana per Galvani, e ora conservati tra le sale del Museo carnico delle arti e tradizioni popolari di Tolmezzo, dove si confrontano con la tradi- zione della ceramica locale. È però grazie a un’altra singolare figura di artista, quella di Leo Leoncini (Udine 1890 - 1969) che assistiamo appieno all’appli- cazione del gusto déco non solo nei decori, ma anche nelle forme, Carlo Someda de Marco (Mereto di Tomba, 1891-Udine, 1975), Servito da 12 con boccale da mezzo litro, 1927, terraglia tenera dipinta sottovetrina, marchio a come nei vasi globulari, scanditi pennello Galvani. Museo carnico delle Arti popolari, "M. Gortani", Tolmezzo. in decise articolazioni lineari a zig zag, o dal ritmo dinamico degli anelli concentrici, dialoganti con tradizione secolare, chiamando Rustico moderno e inserti naturalistici stilizzati. Di Gio Ponti, principale protagonista Rustico antico fatto si assiste al profilarsi di due del passaggio tra artigianato e Il cambio di rotta è accelerato anime all’interno della produzione design, e fondatore di Domus dalla crisi economica del 1929 che Galvani: d’ora in poi i prodotti nel 1928. Ponti d’ora in poi sarà impone, di fronte alla ridotta capa- si articoleranno nelle sigle “RA” il principale punto di riferimento cità di spesa della piccola borghe- e “RM” che stanno per Rustico del gusto per una nuova genera- sia, di differenziare la produzione antico e Rustico moderno. Ecco zione di ceramisti, grazie anche e di ridurre la costosa decorazione nascere dunque il cosiddetto “Ru- al suo eclettismo dove passato manuale a pennello, ma soprattut- stico moderno”, come ad esempio presente e futuro convivono, e al to di rispondere a un nuovo gusto la cosiddetta decorazione "mille suo repertorio infinito di varianti nella decorazione e nell’arredo fiori" o "tutto fiorito", che va rico- decorative: piccoli motivi ripetuti, moderno che andava diffondendo- prendo interamente la superficie spunti neoclassici, manierismo, si tramite le riviste specializzate, ceramica tra prodezze e virtuosi- arcadia, paesaggi italiani, motivi come Domus e La Casa bella. smi, esempio di quelle abilità che del circo, stagioni, sport, volo, Uno dei primi tentativi di inno- ancora alimentavano le gare fra caccia, nuoto, tutto viene risolto vazione promosso da Galvani tornianti, occasione per boccali in sigla grafica. Contemporanea- all’insegna di una sorta di déco “fuori misura”. mente il triestino Guido Andloviz, rustico è a firma di Carlo Someda Il vero protagonista di questo forse il primo vero e proprio art de Marco, studioso e direttore dei nuovo corso sarà il pittore Angelo director interno a una ditta, Musei udinesi, oltre che artista Simonetto, presenza determinante operava per la Società Ceramica attento alle arti applicate. La all’interno della Galvani per il rag- Italiana di Laveno, sperimentando collaborazione del Someda si tra- giungimento degli obiettivi – come linee di prodotti e colori nuovi, duce, con un geometrismo à plat, qui in una scheda a lui dedicata dando prova non solo di un nuovo in un servito per la Mostra inter- spiega Vincenzo Sogaro – ovvero il corso di forme e decori, ma di nazionale di Economia domestica rilancio e il rinnovamento del con- un cambio di rotta nella stessa del 1927 a Roma: dodici piatti cetto di tradizione con nuove linee produzione in serie della ceramica con brocche per vino e acqua, in di produzione atte a rappresentare d’uso. nero e rosso con temi tradizionali al meglio il gusto Novecento. 104 • 28

L’era dell’aerografo. creato un nuovo reparto dedicato vendemmia, come nei carri allego- Sotto la direzione artistica di alla decorazione all’aerografo, dove rici ideati dall’architetto Arduino Simonetto vengono prodotte alla la proverbiale abilità dei decoratori Berlam, mentre Chino Ermacora Galvani forme nuove, in risposta permette un segno sempre ben lo cantava come eletto custode del anche a mode meno rustiche e definito, mai incerto, con velature focolare: ora però era di scena la popolari e più “da città”: i prodotti e sovrapposizioni di più colori sen- casa di “città”, con i suoi arredi dai d’uso ora sono i servizi da tavola, za alcuna sbavatura. Una tecnica, piani lucidi e lisci, i tavoli di cristal- da caffè e da tè che vanno asse- questa, che ben esprime le stiliz- lo, i salottini dove servire il caffè o condando i nuovi riti della buona zazioni e gli effetti di dissolvenze il tè, versandolo da squadratissime società borghese, ma sono anche dinamiche proprie delle geometrie tea pot dai decori alla moda e dai ceramiche di ornamento, cache- futuriste e razionaliste, astratte, colori vivaci, alla moda dettata dal- pot, scatole, portaombrelli, vere e con l’utilizzo di colori brillanti, per le riviste di arredo moderno. proprie sculturine da salotto. Sono decori di tipo “scozzese”, o per Le innovazioni tecniche e orga- forme realizzate con il “colaggio” silhouette di animali, scenette, e nizzative introdotte lungo gli anni dell’impasto entro stampi prefab- ancora fiori e nuvole, rivestendo Trenta interessano anche l’orga- bricati conseguente alla sperimen- scatole, portaombrelli e biscottie- nizzazione interna della fabbrica, tazione delle forme geometriche re, servizi, vasi, scodelle, in infinite secondo i criteri distributivi tipici e angolari, e alle nuove ricerche e ritmiche varianti modulari. della produzione industriale, con formali si accompagnano rinnovati Nel frattempo era iniziata la lotta l’installazione di forni elettrici, di apparati decorativi e repertori del boccale per la propria soprav- aspiratori e apparecchiature per la figurativi che caratterizzano le vivenza: già nel cosiddetto R.M. sicurezza e l’igiene del lavoro, non- serie. La fertile vena decorativa di non suscita più le attenzioni speci- ché la creazione del negozio per la Simonetto darà vita lungo gli anni fiche degli artisti. Venne realizzato vendita diretta al pubblico, mentre Trenta a una parata di personaggi al tornio fino al primo dopoguerra, le ceramiche Galvani approderanno ancora in nome della ruralità quali quando più sistematicamente a Udine nelle vetrine della storica personificazioni delle quattro sta- tramite stampo in gesso si cercò di Vitrum, in piazza San Giacomo. gioni, paesaggi con case-cubo e produrre in via seriale un oggetto La nuova produzione con cerami- nuvolette geometriche e signorine di fattura totalmente manuale. che decorate a pennello e all’ae- “grandi firme” dalla squadratura rografo figura alla IV Triennale déco, ma anche motivi propri del Il boccale Pordenone di Monza, e in tale occasione la “Novecento italiano” attingendo Nasce in questo contesto, a stam- fondazione “Augusto Richard” allo sport, tra vele, tuffatori e tuf- po, il ‘boccale Pordenone’ con i acquista un vaso sferico, decorato fatrici, aerei, animali anche esotici suoi multipli e sottomultipli, tarato con fasce anulari nei colori dell’iri- in omaggio alle politiche coloniali a partire da un quartino a mezzo, de, opera di Angelo Simonetto, ora del regime, o servizi per una nuova a un litro, a 2,5 litri, fino a 5 litri: nelle collezioni del Museo d’Arti clientela che si affacciava allora sul tale boccale era perfettamente applicate di Milano. Gli anni Tren- mercato, quella dell’infanzia. calibrato, in qualche modo "stan- ta per la Galvani sono gratificati La novità che si lega al nome di Si- dardizzato", e molto richiesto per dunque da importanti commissioni monetto è l’impiego dell’aerografo, la mescita, almeno fino all’apparire e dalla collaborazione di artisti strumento utilizzato per spruzzare del vino in bottiglia. Tuttavia l'in- molto attivi sulla scena nazionale vernici nebulizzandole mediante tervento decorativo era e restava della produzione ceramica. Già al aria compressa, con l’uso di ma- sempre manuale, e il boccale ormai 1929 si data un servizio da tavola scherine, una tecnica introdotta in rappresentava un’icona della decli- appositamente progettato per la Italia dalla Germania alla fine degli nante civiltà contadina, anche se Galvani da uno dei protagonisti anni Venti. Viene di conseguenza c’era chi lo celebrava nei riti della dell’avanguardia futurista, Giacomo 28 • 105

Portando Epilogo l’arte in tavola: Per quanto concerne la nuova sta- una nuova gione della decorazione a smalto generazione viene educata che segue alla moda dell’aerogra- alla bellezza fo, è sulla scena internazionale fin dalla prima della XXIII Biennale di Venezia, colazione. nel 1942, che la Galvani presenta nel Padiglione “Venezia” dedicato alle arti decorative, vasi, piatti e coppe a smalti monocromi, opera di Angelo Simonetto, proponen- do un nuovo orizzonte di forme geometriche purissime e lucenti, monocromatiche, dalle raffinate nuance pastello, degne della mi- gliore scultura per interni. Dopo il secondo conflitto mon- diale l’attività riprende, ma con minor slancio, anche da parte della proprietà, mentre Angelo Simonetto continua la sua ricerca formale ideando vasi geometrici Balla, artista da sempre interessato in monocromia e in policromia, un monocromi, serviti da tavola e alle arti decorative che vi applica le cui esemplare fa bella mostra di grandi piatti decorati a pennello ricerche sul dinamismo della linea. sé al Museo internazionale della con galli, galline, pesci e paesaggi È seguito nel 1930 da Anselmo Ceramica di Faenza. Non possia- di fantasia. Dopo la sua scom- Bucci (Fossombrone 1887 - Monza mo dimenticare la seppur breve parsa, Pino Galvani, direttore dal 1955), pure egli artista d’avanguar- apparizione in fabbrica del giovane 1939, si rivolge a Toni De Carli dia e di militanza futurista, che pittore pordenonese Armando (Spilimbergo 1939), pittore e su commissione della compagnia Pizzinato (Maniago 1910 - Venezia designer, che progetta serviti, “Navigazione Libera Triestina” 2004) assunto dalla Galvani nel oggetti d’uso e una serie di gran- progetta piatti e vassoi in terraglia, 1935 come collaboratore progetti- di placche decorative rivestite decorati con animali fantastici, dai sta e aiuto di Angelo Simonetto. con spessi smalti in rilievo, ben colori crudi e decisi, caratteristici Per rispondere poi alla nuova moda edotte ai dettami dell’informale, della produzione della fabbrica, dei soprammobili e bassorilievi da affidando a queste opere l’ultima come il nitido fondo bianco (alcuni parete, la Galvani assume dal 1936 immagine del noto “galletto”, o esemplari sono conservati al Museo al 1940 Ruffo Giuntini (Pisa 1899 - Gal del Vani, che per oltre un Internazionale della Ceramica di Empoli 1980), scultore e ceramista secolo e mezzo aveva contrasse- Faenza). Lo scultore Roberto Rosa- esperto, reduce da esperienze gnato la terraglia prodotta in quel ti (Roma 1889 - Roma 1949), diret- analoghe presso la CIMA di Perugia di Pordenone. tore al tempo della Scuola d’Arte e la manifattura Zen di Nove, che Ormai però il prodotto artigiano Ceramica di Nove, collabora con la dà vita a Pordenone a un originale aveva i giorni contati, e il mercato Galvani tra il 1936 e il 1937, dando bestiario composto da forme pure, chiedeva “stoviglie” a prezzo con- vita a opere come la piccola scultu- biomorfe e metafisiche, con esiti tenuto e di lunga durata: la decora- ra con il “gallo cantante”, realizzata assolutamente originali. zione a pennello cede il posto alle 106 • 28

Nota bibliografica

Si aggiungono qui di seguito alla bibliografia già indicata nel n. 26 della rivista, altre indicazioni quali riferimenti orientativi con particolare riguardo alla produzione ceramica Galvani nel corso del Novecento. Ringrazio sempre per la preziosa collaborazione Toni De Carli, artista e designer già attivo anche presso la ceramica Galvani di Pordenone, e Vincenzo Sogaro, con il quale qui cogliamo l’occasione per ricordare la figlia di Angelo Simonetto, recentemente scomparsa, Lolly, ultima custode di tante preziose memorie di famiglia. O. Aloisio, I Friulani e Monza, in “La Panarie”, 23 ottobre 1927. C'è chi, fin da piccolo, viene nutrito al buon gusto. G. Bucco, Vicende di ebanisti e mobilieri friulani tra ottocento e novecento, in Ribezzi Tiziana (a cura di), Il mobile friulano fra tradizione e innovamento, Udine 1989. decalcomanie, e nella prima metà oggetti di forte caratterizzazio- G. Corona, La ceramica, Milano 1885. G. Ganzer, N. Stringa (a cura di), La degli anni Sessanta si tenta l’appli- ne, oltre che artigiana anche Ceramica Galvani tra le due guerre, cazione di smalti in vitreous chi- regionalistica, spariti dalla vista catalogo della mostra (Pordenone, 15 febbraio - 30 aprile 1996), Ed. Biblioteca na, con l’obiettivo di produrre og- per nascondersi nel fondo delle dell’Immagine, Pordenone 1996. getti d’uso adatti a lavastoviglie e credenze di campagna come di G. Mazzotti, Colloqui con Gino Rossi, Treviso 1974. forni. Ciò ebbe un totale insucces- città, quietamente obliate nei più A. Rosa (a cura di), La ceramica Galvani so perché gli smalti sono soggetti a reconditi depositi museali. Oggi a Pordenone. Storia e sviluppo di una manifattura, Pordenone Fiere, cavillamento, e proprio nella stessa per assistere alle gare dei “tornian- Pordenone, 2004. città di Pordenone, dove anche la ti” si deve andare a Nove per la R. Papini, Le arti a Monza nel 1925. storia dell’elettrodomestico bianco festa annuale della ceramica, e per II. Dalle ceramiche ai cartelloni, in “Emporium” 370, ottobre 1925. a marchio Zanussi e Rex ha inizio, vedere le vestigia di questa straor- I. Reale, V. Sogaro, I creps, la fragile si assiste al passaggio da un’epoca dinaria epopea della ceramica Gal- storia delle terraglie friulane, in Tiere Furlane, n. 26, 2016. all’altra, in virtù di un progressivo vani occorre andare nei musei più I. Reale, V. Sogaro, La collezione Galvani processo di velocizzazione della vivi dove la memoria è ispirazione del Museo Civico d’Arte di Pordenone, produzione industriale avviato di per il presente, come al Museo in Erbacci G., Fiorucci L., Levi G., Rossi Colavini A., Sogaro V. (a cura di), contro alla “lentezza” dell’artigia- etnografico del Friuli che recen- Ceramica ed arti decorative del ‘900, nato manuale: sarà la lavastoviglie, temente ha ricevuto in dono una Ed. Artifices, Verona 2017, 59-78. I. Reale, Il boccale nel lessico famigliare, con i suoi lavaggi meccanici ad sequenza di scodelle dai decori in Costantini Enos (a cura di), Storia alta temperatura, a segnare per all’aerografo “futuristi” a marchio della vite e del vino in Friuli e a Trieste, Accademia italiana della Vite e del Vino, sempre la fine della terraglia e del Galvani, quelle stesse scodelle che Forum ed., Udine 2017. suo fascino un po’ rude, famigliare, hanno nutrito più generazioni alla I. Reale, Angelo Simonetto, in “Dizionario biografico dei Friulani. Nuovo Liruti on proprio dell'oggetto lavorato e de- bellezza e all’unicità dell’oggetto line”, 2017. corato a mano. d’uso comune contrassegnato I. Reale, Leo Leoncini, in “Dizionario biografico dei Friulani, Nuovo Liruti on Boccali, scodelle, teiere, tazzine dall’impronta ultima dell’artigiano, line”, 2017. e piatti in terraglia hanno ceduto coniugando modernità e tradizio- Nico Stringa, Nadir Stringa, Appunti per dunque il loro posto in tavola alla ne, e che ancora vanno versando la Storia della Manifattura Galvani di Cristallina e Terraglia (1811-1855) plastica e al vetro, cedendo anche il loro contenuto a nutrire di buon in Ganzer Gilberto (a cura di), Andrea il passo di fronte all'omologazione gusto qualche fortunato rampollo Galvani 1929-1855. Cultura e Industria nell’Ottocento a Pordenone, Ed. Studio dell'industrial design, in quanto del XXI secolo. Tesi, Pordenone1994, 13-25. 28 • 107

Vincenzo SOGARO

Angelo Simonetto si dedica anche ai decori floreali tipici della fabbrica, Rustico antico (R. A.) e Rustico moderno (R. M.). Le decorazioni a fiori policromi sono complicate da fondi mono- cromi che non consentono errori; il decoro floreale pieno, fiori accostati e sovrapposti senza soluzione di continuità, è un esercizio di virtuosismo. Si accosta anche alla tecnica della matita refrattaria, che tanto lustro aveva dato alla fabbrica sul finire del XIX secolo, introducendo l’uso dei colori. Una La fotografia ritrae Angelo Simonetto nel 1942, mentre tecnica particolarmente impegnativa, perché costringe a modella una foca, nel suo ufficio alla manifattura Galvani. disegnare direttamente sul supporto ceramico, senza passaggi Sul ripiano di sinistra si scorgono un vaso a coppa decorato intermedi. I pochi esemplari noti furono eseguiti direttamente con una giraffa stilizzata, un progetto del 1936-38, e una dall’artista. La proprietà gli affida nel 1941 anche la sezione rivista aperta. La foca sarà realizzata in terraglia dipinta in plastica della Galvani consentendogli di rivelare l’attitudine monocromia arancione sottovetrina. La fotografia è firmata di scultore ritrattista e, soprattutto, animalista. sul retro dall’artista. Collezione privata. Dal 1930 al 1961 Angelo Simonetto si dedica completamente alla fabbrica, facendo un po’ di tutto: oltre a forme e decori, elabora documenti e disegni tecnici per la produzione, progetta ANGELO SIMONETTO PITTORE marchi per la fabbrica e gli espositori per il negozio della A PORDENONE Ceramica Galvani, istruisce decoratori e modellatori. Direttore Enrico Galvani assume nel 1930 il pittore Angelo Simonetto artistico? Forse un po’ di più. La sua attività è instancabile, (Venezia 1906 – Pordenone 1961), formatosi all’Istituto d’Arte perché nel tempo libero, autorizzato dalla proprietà, partecipa, e all’Accademia di Belle Arti di Venezia; modellatore-scultore, con sculture in metallo, a mostre organizzate dal sindacato proviene da una famiglia di ceramisti ed è reduce da un’e- degli artisti, riportando un buon successo. Si dedica anche alla sperienza d’imprenditore-ceramista a Ponte di Brenta. Serve grafica cartellonistica. Una copia del manifesto realizzato per il un ceramista provetto, in grado di tradurre concretamente 4° Concorso Ippico Nazionale di Pordenone (1937) appartiene l’aspetto grafico e decorativo impresso dalla collaborazione alla collezione Salce, custodita presso il civico museo “Luigi esterna di Leo Leoncini. Bailo” di Treviso: la sua attività di grafico è sconosciuta. È Alla Galvani Angelo Simonetto si dedica completamente all’arte mia opinione che sia di Angelo Simonetto il manifesto per la applicata, elaborando un’enorme quantità di disegni di forme e Ceramica Galvani riprodotto in copertina del catalogo della decori per la produzione in serie. Il gusto è moderno e risente mostra sulla Ceramica Galvani tra le due guerre. Credo anche delle influenze dello stile 1925, del razionalismo, del secondo che sia stato autore dei manifesti della prima edizione (o delle futurismo, pur conservando il retroterra culturale e figurativo, prime) della fiera di Pordenone. Il momento più felice della classico e popolare, tipicamente veneto. La varietà inventiva sua vita di artista è la partecipazione, nel 1942, alla XXXIII e la qualità esecutiva sono degne dei migliori direttori artistici Biennale d’Arte di Venezia, dove la Ceramica Galvani espone dell’epoca. Il contributo di Angelo Simonetto è decisivo anche una serie di vasi, piatti e coppe che la critica definisce “vasi nella formazione delle maestranze e nell’organizzare il reparto politi e lucenti di purissime forme”. di decorazione all’aerografo. Progetta forme e decorazioni di Si traferisce stabilmente a Pordenone, nel 1933, dopo il ma- ogni genere, spaziando, senza esitazioni, tra ceramica antica trimonio. Diventa rapidamente pordenonese a tutti gli effetti, (italiana e orientale), ceramica popolare veneta dell’Ottocento, conducendo un’intensa vita sociale, è conosciuto da tutti come futurismo, art déco, e razionalismo, da utilizzare per i servizi “pittore”, il ruolo che riveste nella fabbrica e che compare nel da tavola, per l’arredamento e l’illuminazione, per la pubblicità, timbro assegnatogli dall’azienda per contrassegnare i disegni per l’onomastica, per la toponomastica e altro ancora. destinati alla produzione. La rapida integrazione nel vissuto Il Museo civico d’arte di Pordenone conserva centinaia locale è testimoniata dalla partecipazione all’allestimento, di studi e bozzetti realizzati con le tecniche più disparate: a metà degli anni Trenta, di un carro allegorico per conto china, penna biro, matita, carboncino, pastelli, gessetti, dell’OND (Opera Nazionale del Dopolavoro). Più rilevante, per tempera e acquerello; i disegni definitivi dei pezzi da mettere la storia pordenonese, fu la sua attività di promotore della I in produzione, spesso datati e firmati, sono tutti realizzati a Fiera Campionaria di Pordenone (1947). Il catalogo indica il grandezza naturale, su carta Galvani, ed eseguiti a pennello prof. Angelo Simonetto tra i componenti della Commissione o aerografo, come il pezzo finito. I decori in stile Novecento Tecnica del Comitato Direttivo Organizzatore. svelano attenzione, quasi entusiasmo, per i temi d’attualità Dal 1944 – 1945 la famiglia Simonetto risiede stabilmente e un’autentica passione per il cinema e la fotografia. in Villa Galvani (ora sede della Galleria d’Arte Moderna e Accanto all’immagine tradizionale delle quattro stagioni, Contemporanea di Pordenone) accentuando, se possibile, sapientemente rielaborata in stile Novecento, propone, con il legame col datore di lavoro. Sarà il periodo familiare più la medesima efficacia, le serie dedicate ai veicoli a motore sereno, interrotto dalla repentina dipartita dell’artista. Angelo (aeroplani, motoscafi e automobili), agli sport (vela, nuoto, Simonetto identifica sostanzialmente il periodo più fecondo tuffi, golf, pugilato) e agli animali domestici (galletto, oca, della Ceramica Galvani, tanto che il dott. Giuseppe (Pino) papera, gatto e cane), accattivanti come quelli proposti Galvani, direttore della fabbrica dal 1939, in occasione della allora dai film d’animazione e pensati espressamente per i sua scomparsa, dichiarò “oggi è finita anche la Ceramica servizi da bambino. Galvani”. 108 • 28

Roberta CUTTINI e Antonella TRICHES La difesa militare del basso Tagliamento

PRIMA PARTE I aci si affrettano a compiere quanto necessario per Il forte stellato di Napoleone garantire comode vie allo spostamento di mezzi e La costruzione di un ponte stabile in legno alla Deli- truppe sul fronte. La loro ritirata del novembre dello zia, il collegamento viario di Udine con Venezia at- stesso anno lascia le opere incomplete e il nuovo traverso Codroipo e il riassetto delle vecchie strade attraversamento del Tagliamento viene manomesso. postali avviati nel 1805 si inseriscono nel quadro I francesi, riconosciuto il valore strategico del pro- delle vicende militari che vedono la contesa del ter- gramma infrastrutturale austro-ungarico, nei tre anni ritorio veneto-friulano tra francesi e austro-ungarici successivi lo completano e progettano una fortifica- in quel turbolento periodo storico. Il 26 maggio 1805 zione sulla sponda sinistra del fiume in prossimità Napoleone viene incoronato re d’Italia e gli austri- del ponte della Delizia.

Mappette a scala ridotta, Codroipo Blauzzo Gorizizza Iuttizzo ed Aggregate, Dipartimento di Passariano, 9 dicembre 1811. 28 • 109

Il forte stellato visto dal cielo: i bastioni, coperti da vegetazione arborea, con tracce del rivellino.

Voluto da Napoleone in se sarà possibile, onde possano parecchie migliaia d’uomini, con persona difendersi da sé, e si fianchegge- artiglierie di campagna, si portas- I dettagli della vicenda costruttiva ranno di guisa da potersi sostenere se sul Tagliamento, non potesse che, se pure incompleta e alterata vicendevolmente. Si legheran tra forzarvi quest’opera, e dovesse dal tempo, rimanda a un modello loro que’ ridotti a mezzo di fossati, per lo meno fermarvisi intorno il significativo nel processo euro- di palizzate e di strade coperte, tempo che fosse necessario all’e- peo di organizzazione militare, si e questo complesso costituirà la sercito per ritornar su’ suoi passi”. trovano nel volume Il Principe testa di ponte; il ridotto ne assicu- Napoleone desidera inoltre che Eugenio. Memorie del Regno rerà il passaggio”. “qualora si pigliasse posizione sulla d’Italia, dato alle stampe nel 1870, Già il 12 marzo viene inviato il ge- diritta del Tagliamento per tener che raccoglie la corrispondenza tra nerale Jean-Barthélemot Sorbier, d’occhio l’assedio di Palmanova, Napoleone e il principe Eugenio di aiutante di campo di Eugenio, a questa testa di ponte, con Osopo, Beauharnais, vicerè del Regno d’I- tracciare e far eseguire con imme- possa servir di punto d’appoggio talia e fedelissimo dell’Imperatore. diatezza la testa di ponte. all’esercito”. Con lettera del 3 marzo 1809 Na- Il 15 marzo Napoleone specifica poleone dà ordine al principe Eu- che l’opera “deve costruirsi così I tempi si dilatano genio di tracciare la testa di ponte che, senza derogare in nulla al La costruzione, che vede impegna- del Tagliamento e di iniziare i lavo- disegno, si possa (approfittando di ti 2000 operai già il 17 marzo 1809, ri. Dovrà essere una “fortificazione quanto si è fatto in principio) finir non sembra realizzabile in tempi a raggi, di tre a quattrocento tese ad avere una fortezza importante”. brevi, ma risulta importante pro- di sviluppo, con buoni fossati pieni L’obiettivo è favorire il passaggio grammarne le fasi di edificazione, d’acqua, e quattro ridotti a tre li- dell’esercito sul Tagliamento anche curandone la solidità e riservando nee di bastioni alla fronte, formanti in occasione di piene, erigervi “ma- a un momento successivo l’arma- un semiesagono di novecento a gazzini di cartucce, di biscotto ed mento; viene dunque parzialmente mille tese di spiegamento. Questi ospedali al sicuro d’ogni sorpresa”, rivisto il progetto e Napoleone, il ridotti saran chiusi all’entrata, “di guisa che se, trovandosi l’eser- 18 marzo 1809, scrive da Parigi si riempiranno d’acqua i fossati, cito in avanti, un corpo nemico di al principe Eugenio: “I quattro ri- 110 • 28

dotti si faranno in seguito. Adesso bisogna occuparsi della testa di ponte propriamente detta, e farvi lavorare colla più grande alacrità. Necessita avere nei fossati di que- sta specie di pentagono acqua a sufficienza; questo è importante; con qualche palizzata si porrà quest’opera al coperto da un col- po di mano. E tosto ch’essa sia progredita, fate costruire quattro baracche in legno pei viveri, per le artiglierie, e per alloggiarvi la trup- pa. Un’opera di tal fatta deve ter- minarsi in un mese, e quattrocento uomini hanno a trovarvisi al sicuro da ogni attacco, ammessa però la possibilità di derivare dal Taglia- Dalle mappe catastali del 1831 in fogli rettangoli. mento un buon corpo d’acqua. Si costruirà, subito dopo, la lunetta della riva diritta del Tagliamento, e susseguentemente si faranno le adunque, jersera l’ordine di pigliar Eugenia, così chiamata in onore del quattro lunette del campo trince- posizione a Campo Formio, ed principe Eugenio di Beauharnais, rato. Non vi sfuggirà certo, che in oggi di passare il Tagliamento, attraversa la cortina a nord-est. un simil campo sessanta battaglio- lasciando un reggimento alla testa Le mappe catastali a fogli rettan- ni si possano trovare a bell’agio, ed di ponte, debolmente difesa dai goli del 1831 riportano la rettifica esservi al sicuro da ogni attacco. pochi terrapieni che si fu in tem- della strada che ora attraversa uno Nel tempo che si traccerà il ridot- po di fare, e guardata al di fuori dei bastioni e rilevano i nuovi fab- to, si potrà anche levare la topo- dall’8° de’ cacciatori e dal 6° degli bricati dell’arsenale e della “Casa di grafia del paese. Non v’ha dubbio ussari”. Finanza”. che l’opere più importanti son Ancora oggi rimangono consistenti quelle che trovansi al di sotto ed Sulle mappe porzioni dei bastioni e delle cortine al di sopra del fiume, giacché son I catasti storici evidenziano le va- a sud della strada statale SS13 co- esse che difendono il ponte”. riazioni planimetriche relative alla perte dalla vegetazione. Il tracciato I lavori vengono ritardati dalle fortificazione a partire dai primi del rivellino, solo parzialmente piogge intense che interessano la decenni dell’Ottocento. La testa di visibile a sud, è ben definito a nord regione tra la fine marzo e i primi ponte viene restituita sulla map- della strada, facilmente individua- giorni di aprile e il precipitare degli petta a scala ridotta del 9 dicembre bile in quanto delimitazione tra eventi politici ne impedisce il com- 1811 dove si può notare che lo diverse colture agrarie. Le ortofoto pletamento. schema a semiesagono comprende digitali consentono ancora la lettu- Il principe Eugenio, il 12 aprile una linea di bastioni e cortine con ra, seppur frammentata, di questo scrive infatti a Napoleone che fossato acqueo e rivellino. All’inter- sistema fortificato bastionato a “Il generale Séras [il generale no si trovano alcuni fabbricati, tra semiesagono che gli sviluppi delle di divisione e conte dell’Impero cui la “Casa del Recitore”, addetto teorie militari dimostreranno pre- Jean-Mathieu Seras] ricevette, alla riscossione dei pedaggi. La via sto superato. 28 • 111

Roberta CUTTINI

SECONDA PARTE

La “Fortezza basso Tagliamento” Dopo l’unità d’Italia vengono avviate approfondite indagini per la difesa del nuovo stato, ma solo a partire dal 1880 l’attenzione è rivolta all’area orientale compresa tra il Tagliamento e il confine con l’Austria, ritenuta troppo facile via di penetrazione per l’esercito dell’Impero. Si decide lo sbarramento delle alte valli del Tagliamento e del Fella perché di più probabile accesso ma si valuta anche la possibilità di costruire una linea di forti a pro- tezione della “frontiera aperta del Friuli”, nella zona pianeggiante fra il Natisone e il mare. Nel 1903 è disposto piuttosto il rafforzamento della linea del Ta- gliamento mediante opere campali, coinvolgendo i paesi vicini, in modo da costituire le tre teste di ponte di Pinzano, della Delizia e di Latisana per favorire la mobilita- zione e l’adunata dell’Esercito.

Scelta del luogo e prime opere campali alla Delizia progettate nel 1903 Dagli studi per la realizzazione della testa di ponte della Delizia emerge che il luogo scelto per le nuove fortificazioni è caratteriz- In questa mappa del 1903 zato da un terreno perfettamente (AUSSME) i cerchietti rossi indicano le opere campali, il giallo identifica piano che offre il vantaggio di un gli abitati e le località allestite a esteso campo visuale predomi- difesa, il simbolo con tre trattini in nandovi la prateria, specie verso nero contraddistingue le località est. I filari di gelsi, tagliati talora a predisposte per l’occupazione con artiglieria. I rettangoli azzurri capitozza, non sono molto ravvi- localizzano i reparti. cinati e la vegetazione in genere è 112 • 28

Le prime opere campali tra Codroipo e il ponte della Delizia progettate nel 1903. poco elevata e poco fitta. Frequenti gine sinistro del Tagliamento. tattiche dell’epoca l’antico trincera- sono i canali di irrigazione. La Come ridotto della testa di ponte mento a forma bastionata napoleo- percezione del paesaggio agrario si e a immediata protezione da pos- nico, esistente nei pressi del ponte, riduce tra Iutizzo e Gorizzo, a sud sibili assalti, specie da parte della che potrà “soltanto forse offrire di Codroipo, ove abbonda il salice, cavalleria, si conviene di allestire a appiglio alle estreme retroguardie diffuso del resto lungo i canali in difesa la linea definita dai seguenti e, se opportunamente ritoccato tutta la zona attorno a Casarsa. Si punti principali: C. Zuliana (con nella sagomatura del dettaglio, ritiene che Codroipo, importan- appoggio all’argine) - Biauzzo - ar- ostacolare l’incursione di cavalieri tissimo nodo stradale, non debba gine esistente tra Biauzzo e il cimi- nemici isolati che fossero riusciti a essere lasciato in balia dell’invasore tero - Cimitero di Biauzzo - Borgo sfuggire alla vigilanza delle truppe dunque si decide di comprenderlo nuovo - fosso che partendo dalla stanziate sulla sinistra del fiume”. nella testa di ponte che seguirà la ferrovia, preso Borgo Nuovo, passa Per quanto la testa di ponte si linea Molino di Campagna - Pozzo sotto il ponte di Coseat e ripiega prestasse all’impiego di numerose - Goricizza – Codroipo - Iutizzo - S. poi verso il Tagliamento. Non si batterie, sembra utile posizionare Vidotto, con le ali appoggiate all’ar- ritiene possa soddisfare le esigenze l’unica disponibile sull’altura della 28 • 113

ghiacciaia (a est di Codroipo), op- zo, Biauzzo, Goricizza e Pozzo. 9 Caseggiato sui margini est e nord di Pozzo in stato di difesa. Obiettivo: portunamente adattata, un’altura Ecco dunque le opere campali pro- battere il terreno sui fronti est e che con soli tre metri di elevazione gettate a difesa della testa di ponte nord; presentava ottimo campo di vista e della Delizia: 10 Trinceramento a tenaglia con para- di tiro su tutto il terreno a est del 1 Trinceramenti per fanteria; estensio- petto su ciglione naturale. paese e prendeva di infilata le prin- ne del ciglio di fuoco: 150. Obiettivo: Estensione del ciglio di fuoco: 150. cipali vie su esso convergenti. battere il terreno verso sud fra l’argi- Obiettivo: battere il terreno compreso Altri luoghi ritenuti adatti all’ar- ne e San Vidotto; fra le visuali a Gradisca e a Rivis; tiglieria, per il campo di vista e di 2 Caseggiato sul margine sud di San 11 Trinceramento a tenaglia con para- Vidotto in stato di difesa. Obiettivo: tiro sono: petto contro artiglierie da campo. battere il terreno compreso fra le – il passaggio a livello sulla strada Estensione del ciglio di fuoco: 250. visuali a Pieve di Rosa e Gorizzo; Obiettivo: battere il terreno compreso Codroipo-Goricizza (nord di Co- 3 Lunetta con parapetto con tre fra Rivis e l’argine del fiume; droipo) dove troverebbero posto artiglierie da campo con ricoveri d’a- 12 Trinceramento per fanteria con para- anche le sei batterie a cavallo, qua- spetto. Estensione del ciglio di fuoco: petto contro fucileria. 160. Obiettivo: battere le strade a lora si ripiegasse su tale località, Fabbricati di C. Zuliana messi in Gorizzo e Camino e il terreno circo- senza predisporre un riparo visto il stato di difesa. Estensione del ciglio stante; dominio di 4 m della posizione sul di fuoco: 80. Obiettivo: battere il ter- terreno circostante; 4 Caseggiato sui margini sud ed est di reno verso sud compreso fra l’argine Iutizzo in stato di difesa. Obiettivo: – gli argini del Tagliamento, conve- e San Vidotto e all’occorrenza anche battere il terreno compreso fra le la golena; nientemente adattati, tanto sulla visuali a Gorizzo e a Passariano; sinistra che sulla destra presso 13 Trinceramenti per fanteria con para- 5 Muro di cinta appostato a difesa. petto contro fucileria. Estensione del il ponte, che si giudicano idonei Estensione del ciglio di fuoco: 250. ciglio di fuoco: 400. Borgate di Borgo all’artiglieria e su cui converrà po- Obiettivo: battere il terreno fra le Nuovo e Biauzzo in stato di difesa. visuali a Iutizzo e Passariano. Per la sizionare almeno 4 delle 6 batterie Muri del cimitero apprestati a difesa. posizione d’aspetto le truppe potran- a cavallo. Estensione del ciglio di fuoco: 52. no anche riparare nelle retrostanti Quando sia utile ritirare la batteria Obiettivo: battere il terreno compreso case; (in formazione ridotta) da Codroi- fra le visuali a San Vidotto e a Co- 6 Doppio dente con parapetto contro po, questa, prima di passare sull’ar- droipo; artiglieria da campo. Estensione 14 Trinceramenti per fanteria con gine destro del Tagliamento, potrà del ciglio di fuoco: 320. Batteria portarsi in posizione a sud-ovest con 4 pezzi con parapetto contro parapetti contro artiglieria da campo ricavati su ciglioni e scarpate natu- del ponte di Coseat, tra la grande artiglieria da campo. Estensione del rali. Estensione del ciglio di fuoco: strada ordinaria e la ferrovia, e ciglio di fuoco: 28. Obiettivo: battere 375. Obiettivo: battere il terreno all’occorrenza potrà rapidamente le strade a Passariano, a Rivolto e a Zompicchia, e il terreno compreso fra compreso fra le visuali a Codroipo e passare a sud di quest’ultima, uti- il torrente Corno e la ferrovia. Per la a molino di Campagna; lizzando il vicino sottopassaggio, posizione d’aspetto le truppe potran- 15 Trinceramenti per fanteria con trovando anche là buon campo di no anche riparare nelle retrostanti parapetti, uno contro artiglieria da tiro. case; campo. Estensione del ciglio di fuoco: Nello studio si definiscono infine le 7 Trinceramento per fanteria con para- 170, uno contro fucileria. Estensione localizzazioni dei magazzini atti a petto contro artiglieria. Stazione in del ciglio di fuoco: 80. Obiettivo: bat- tere il terreno fra la strada Ponte del ospitare il materiale necessario per stato di difesa. Estensione del ciglio di fuoco: 200. Obiettivo: battere il Coseat, Madonna di Loreto e il fiume; costruire all’occorrenza ponti sul terreno compreso fra la ferrovia e la 16 Batteria per quattro pezzi con para- fiume e vengono individuati come visuale a San Lorenzo; petto contro artiglieria da campo e osservatori il campanile di Codroi- 8 Caseggiato sul margine est di Go- fossetti – ricovero pei serventi. Inte- po con notevole campo di vista e ricizza in stato di difesa. Obiettivo: rasse: 10. Obiettivo: battere il fronte quelli di Camino di Codroipo, Iutiz- battere il terreno sul fronte est; sulla direzione di Codroipo. 114 • 28

Scelta del luogo e prime opere campali a Latisana progettate nel 1903 Il paesaggio intorno a La- tisana è caratterizzato da una fitta vegetazione, da fi- lari di alberi grossi e alti, da piantagioni di vite tenuta alta e sostenuta da grossi fili di ferro, diffusi canali che raccolgono le acque, tutti elementi che, uniti alla modesta permeabilità del terreno rendono diffi- coltoso lo spostamento dei reparti al di fuori della rete stradale. I larghi tratti di golena con gli alberi d’alto fusto ingombrano il campo di vista e di tiro tra le due sponde del fiume ma pos- sono essere utilizzati per solide abbattute. Gli argini, pur elevandosi di 8 m sul piano di campagna offrono un modesto dominio, e nemmeno i pochi campanili offrono buoni punti di os- servazione. La prima linea di difesa scelta sulla sinistra del Tagliamento è definita dai seguenti punti: cimitero di La fortezza basso Tagliamento con le batterie e gli appostamenti per cannoni da Latisanotta (ma mettere in 75 mm progettati nel 1909 e i trinceramenti risalenti ai primi mesi del conflitto. stato di difesa), opere da costru- ire presso la Fornace ex Gobato presso C. Prè di Coi, a C. Olivieri (a ovest di C. Liva) e trova appog- Fossalone e gli altri scoli presenti alcune case al margine sud di gio in trinceramenti da ricavare nei dintorni, impiegando le para- Latisana, l’argine ferroviario, il nell’argine, a sinistra presso la C. toie di Fraforeano utilizzate per cimitero, la stazione ferroviaria e Bioc e a destra presso C. Deserto. immettere le acque nelle risaie di alcuni caseggiati ai limiti nord e Si prevedono l’incendio del vil- proprietà de Asarta. nord-est dell’abitato e collegando laggio di Ronchis e l’allagamento Il ridotto della testa di ponte si questi punti con trinceramenti e dell’area antistante sfruttando il ricava mettendo in stato di difesa difese accessorie. 28 • 115

Le opere permanenti ideate negli anni 1908- 1909 Nel maggio 1908 la Commissione Suprema di Difesa delibera di presidiare i ponti di Codroipo e di Latisana sul basso Tagliamento impiegando opere di carattere occasionale, e di costituire un “ridotto controffensivo” sul medio corso del fiume. Nel giugno 1909 si ipotizza di difendere Codroipo e Latisana con opere permanenti anziché occasionali, spinte il più possibile Difese sul Tagliamento presso Casarsa, 10 marzo 1918. verso est, poste a sistema con una linea di forti da erigere sul margine morenico, con funzione di appoggio per le truppe di co- tare di Bologna, viene incaricata no e Pertegada. pertura. Si avrebbe così, sulla si- dello studio preliminare per le È previsto un armamento se- nistra del Tagliamento, un fronte nuove difese di cui dovranno condario con pezzi di artiglieria difensivo foggiato a larga tenaglia, essere determinati il numero, la da 75 a tiro rapido, su affusti da che impedirebbe il transito sulle posizione indicativa, la struttura, campagna, da potersi portare in principali arterie stradali dirette l’armamento principale e il costo spianamenti preparati nelle im- ai ponti del basso Tagliamento e (Relazione del 24 giugno 1909). mediate vicinanze delle opere per che consentirebbe di minacciare Secondo tali indicazioni vengono controbattere qualunque azione sul fianco dal potente ridotto del progettate per la testa di ponte rapida avversaria. medio Tagliamento l’avversario di Codroipo due opere corazzate, Ancora una volta i campanili dei che volesse forzare la linea meri- con sei cannoni da 149A a tiro villaggi circostanti saranno utili al dionale e procedere da est verso rapido ciascuna, posizionate nei sevizio di osservazione sul terre- la regione veneta. Si ribadisce pressi di Beano e Rivolto, per no esterno. Le truppe destinate a ancora una volta l’insufficienza sbarrare le principali arterie stra- Codroipo per proteggere i ponti dell’antico trinceramento a forma dali che da Udine e Palmanova possono, in questo contesto, tro- bastionata di età napoleonica. conducono ai ponti della Delizia, vare ripari naturali nella corona L’evoluzione delle armi da fuoco e tre opere in barbetta di collega- formata dai villaggi di Goricizza, nel corso dell’Ottocento ha por- mento con il Tagliamento, armate Zompicchia, Rivolto, Lonca e la tato infatti al superamento della di artiglierie di medio calibro, a Villa di Passariano col suo esteso fortificazione tradizionale a favore Sedegliano, S. Martino e a . parco cintato, tutte località ben di un sistema a campo trincerato Per la testa di ponte di Latisana collegate con Codroipo grazie a a forti staccati, disposti lungo una si studiano due opere corazzate, strade comode e facilmente per- linea di difesa a una distanza tra con quattro cannoni da 149A a corribili. loro proporzionata alle gittate. tiro celere ciascuna, posizionate a Tra la fine del 1913 e i primi Una commissione presieduta dal Rivarotta e a , e opere mesi del 1914 le opere vengono tenente generale Luigi Zuccari, in barbetta di collegamento con il completate, armate e collaudate comandante della Divisione Mili- Tagliamento a Ca’ Modeani, Titia- al tiro. 116 • 28

GLOSSARIETTO

Barbetta Luogo eminente sul terrapieno di un’opera di fortificazione su cui si dispongono pezzi di artiglieria allo scoperto, senza cannonie- re, per controllare la campagna circostante.

Lunetta Opera esterna rispetto alle Trinceramenti sul Tagliamento in costruzione presso Codroipo, 1918. fortificazioni principali, simile a un bastione esterno. In epoca rinascimentale era conformata Durante il conflitto previsto di ricoveri e la robustezza a mezzaluna, da cui il nome, Nei primi mesi del conflitto si con- dei blindamenti, con l’intento di poi assunse forme sempre più tinuano i lavori per la sistemazione aumentarli successivamente. geometriche. A Palmanova le lu- nette fatte erigere da Napoleone della linea del Tagliamento: si pro- Per ordine del Comando Supremo sono ancora in buone condizioni gettano trinceramenti d’attesa per nell’agosto 1916 è sospesa ogni e ben visibili. truppe di fanteria, da effettuare attività e le opere compiute, come in scavo, distanti circa 100 m da i lunghi elementi di trincea in Ridotto o ridotta ciascuna opera (forti e batterie) gran parte protetti con parapetto Nella fortificazione del XIX secolo e dello sviluppo di 100 m per ogni e copertura in cemento armato, il ridotto si riferiva al nucleo cen- lato, si pianificano interruzioni saranno demolite nel 1919. trale della fortificazione. stradali e impaludamenti, nuovi Le batterie corazzate e in barbetta trinceramenti sul fronte della II costruite alla vigilia della Grande Rivellino Armata, tra Campoformido e San Guerra, prive di armamenti, sono Con questo nome in origine si Pietro al Natisone, e sul fronte invece ancora oggi elementi del intendeva una fortificazione in- della III Armata, lungo la direttri- paesaggio fortemente attrattivi, dipendente posta a protezione di una delle porte principali delle ce Orgnano - Marano, nel raggio preziose tracce di storia da salva- mura, ma nel tempo il significato d’azione delle teste di ponte di guardare. si è sfumato ed è venuto a indi- Codroipo e Latisana, al duplice care strutture difensive di ogni scopo di impedire l’avvicinamento genere. A Osoppo è rimasto del nemico e favorire la manovra e Bibliografia come toponimo (Il Rivelìn) nella il combattimento. Cuttini Roberta, Architetture della parte est del Forte dove si no- Nel settembre 1915 si studia un Grande Guerra. Le fortezze del tano ancora lacerti di opere di Tagliamento e l’opera Col Roncone a tracciato difensivo in destra Taglia- Rive d’Arcano. Storia, conservazione, epoca napoleonica. mento, ma dell’ambizioso progetto progetto, Udine, 2008. sono realizzati, nel basso corso del Cuttini Roberta, Architetture della Tesa Grande Guerra. L’opera del Genio per la Unità di misura di lunghezza fiume, solo interventi in corrispon- difesa del Friuli. Dalle fortificazioni ai campi di aviazione, Udine, 2016. usata in Francia e in Italia pri- denza dei ponti della Delizia, di Il Principe Eugenio. Memorie del Regno ma dell’adozione del sistema Madrisio e di Latisana. Si tratta di d’Italia, Milano, Corona e Caimi Editori, metrico decimale. Il valore era 1870. trinceramenti sulle golene e siste- variabile a seconda delle regioni, mazioni dell’argine a difesa, limi- Studio rafforzamenti linea Tagliamento da Pinzano alla laguna di Marano avvicinandosi solitamente ai due tando provvisoriamente il numero dicembre 1903-1910. metri. 28 • 117

La Fortezza basso Tagliamento

LA TESTA DI PONTE DI CODROIPO

La testa di ponte di Codroipo comprende 5 batterie per- e 2,5 m su quelli arretrati delle ali. manenti (due corazzate e tre a cielo scoperto) completate I locali interni distribuiti solo su un piano e comunicanti tra da appostamenti occasionali per due batterie da 75 A di 4 loro attraverso il corridoio di gola erano adibiti a riservette pezzi ciascuna. adiacenti i pozzi coperti, a magazzini per il munizionamento, A Casarsa si trovavano i magazzini per l’artiglieria e una pol- per il materiale d’artiglieria, a camere per la truppa, per il veriera non alla prova costituita da due locali per shrapnel di comando, per gli ufficiali, a sale per medicazione e servizi medio e piccolo calibro, uno per granate, due magazzini per vari; in un’ala era stato sistemato l’impianto dei ventilatori e polvere nera e balistite e alcuni vani per servizi vari. del gruppo elettrogeno. Erano stati inoltre allestiti un deposito munizioni per la difesa Sul fronte e sui fianchi era addossato alla massa cementizia mobile e un magazzino del Genio per i materiali di difesa per un mascheramento di terra coperta di vegetazione locale. tutto il basso Tagliamento. Ancora oggi si nota una fitta vegetazione di ligustri. L’armamento era costituito da 6 cannoni da 149 A in pozzi con Forti di Beano e di Rivolto installazioni tipo Schneider e coperture metalliche robuste. Blocchi cementizi alla prova della lunghezza di 103 m e Alla difesa vicina si doveva provvedere con la batteria da della larghezza di 16,40 m, emergenti per 6 m sul terreno e 75 A e 4 mitragliatrici per cavalletto, nonché con fucileria da circondati da fossato continuo, largo alla bocca 18 m circa, disporre alle feritoie praticate nelle chiusure metalliche delle attraversato da ponte con campata amovibile. Alle estremità porte e delle finestre e nei trinceramenti da preparare all’atto l’opera raggiunge la larghezza di 23 m per contenere i locali della messa in difesa. dei servizi accessori. Era prevista la posa sul terreno di mine e torpedini. La fronte del forte di Beano è posta normalmente alla ferrovia Le batterie erano dotate di lampade per l’illuminazione a olio Udine-Codroipo, quella del forte di Rivolto alla strada nazionale in caso di guasti al sistema elettrico e in tale previsione anche Codroipo-Palmanova. gli apparecchi di ventilazione erano muniti di manovelle per Il muro esposto ai tiri di lancio, ha uno spessore di 4 m. La essere manovrati a mano. Acqua potabile ricavata da pozzi grossezza delle volte dei locali è di 2 m sul fronte principale di acqua sorgiva. 118 • 28

Batterie di Sedegliano e di San Martino Batterie in barbetta, della lunghezza di 98 m, armate ciascuna con 4 cannoni da 149 A (in acciaio) su affusto a piedistallo, installazione Armstrong, con parapetto in calcestruzzo. La batteria di Sedegliano ha direttrice rivolta a Mereto di Tomba, quella di San Martino a Sterpo. La linea di fuoco era a 4 m sul suolo esterno e l’inclinazione del parapetto in controscarpa permetteva il tiro alla distanza minima di 500 m. Per la particolare installazione dei pozzi, con interasse di 10 m, si poteva eseguire il tiro in qualunque direzione, eccetto frontalmente dove era solo possibile quello indiretto. LA TESTA DI PONTE DI Organizzazione: due gruppi di riservette alla prova, in calce- LATISANA struzzo, posti alle due estremità delle batterie e comunicanti tra loro mediante una galleria frontale ricavata nel parapetto; quattro piazzole alte in calcestruzzo per il fissaggio dei pezzi; Comprende 5 batterie permanenti (due corazzate e tre a cielo un terrapieno basso in calcestruzzo e terra da cui si comunica scoperto) completate da appostamenti occasionali per due con la galleria e da cui si accede, mediante gradinate, alle batterie da 75 A di 4 pezzi ciascuna. piazzole; un parapetto in terra frontale e ai lati della batteria; A Portogruaro si trovavano alcuni fabbricati non alla prova adibiti un largo fosso su tre lati di protezione. a polveriera o a magazzini per l’artiglieria per proietti di medio Cintura di sicurezza costituita da larga siepe e da trinceramenti e piccolo calibro per polvere nera e balistite per fanteria. Esisteva inoltre un deposito munizioni per la difesa mobile. Ogni gruppo di riservette conteneva il munizionamento per 500 colpi (250 colpi per pezzo da 149 A; il rimanente munizionamento era conservato nella polveriera di Casarsa), disponeva di un Forti di Rivarotta e di Precenicco Blocchi cementizi alla prova della lunghezza di 70,50 m e della locale adibito a deposito di materiali vari e in caso di guerra a larghezza di 16,40 m, emergenti per 6 m sul terreno e circondati ricovero di una parte dei cannonieri. da fossato acqueo, largo alla bocca 18 m circa, attraversato da In un’ala erano custoditi 400 colpi da 75 A, per la batteria mobile ponte con campata amovibile. Alle estremità l’opera raggiunge che operava nelle vicinanze. Illuminazione dei locali con lampade la larghezza di 23 m per contenere i locali dei servizi accessori. a olio dotate di riflettore. Acqua potabile prelevata da pozzi. La direttrice di tiro del forte di Rivarotta è rivolta al campanile Batteria di Varmo di S. Giorgio di Nogaro, quella del forte di Precenicco al punto segnato sulle carte al centomila dell’epoca con l’indicazione Batteria in barbetta, della lunghezza di 114 m, con direttrice “altero segnale”. rivolta al campanile di Rivignano e azione principale sulle strade Il muro esposto ai tiri di lancio ha uno spessore di 4 m. La che conducono al passo di Belgrado, armata con 4 cannoni grossezza delle volte dei locali è di 2 m sul fronte principale e da 149 G (in ghisa) su affusti d’assedio con cingoli, protetta 2,5 m su quelli arretrati delle ali. da terrapieno in terra senza piazzole rialzate in calcestruzzo. I locali interni distribuiti solo su un piano e comunicanti tra loro Settore orizzontale di tiro di 100°. attraverso il corridoio di gola erano adibiti a riservette adiacenti i Le masse coprenti in terra e lo strato di calcestruzzo a prote- pozzi coperti, a magazzini per il munizionamento, per il materiale zione delle riservette hanno uno spessore rispettivamente di d’artiglieria, a camere per la truppa, per il comando, per gli 0,5 m e 0,3 m in più rispetto alle altre due batterie della testa ufficiali, a sale per medicazione e servizi vari; in un’ala era stato di ponte. Le riservette hanno inoltre uno strato superiore in sistemato l’impianto dei ventilatori e del gruppo elettrogeno. terra di 2,3 m. Sul fronte e sui fianchi era addossato alla massa cementizia un La batteria disponeva di un munizionamento per 500 colpi mascheramento di terra coperta di vegetazione locale. (250 colpi per pezzo da 149 G; il rimanente munizionamento L’armamento era costituito da 4 cannoni da 149 A in pozzi con era conservato nella polveriera di Casarsa). installazioni tipo Schneider e coperture metalliche robuste. Accanto alla batteria si trova un edificio destinato a corpo di Il munizionamento era costituito da 900 colpi per pezzo da guardia. Cintura di sicurezza costituita da larga siepe e da 149 A; i proietti (due terzi schrapnel e un terzo granate) e metà trinceramenti per fanteria. 28 • 119

Il forte di Precenicco.

delle cariche erano depositati nell’opera, l’altra metà di queste correva parallelo alla fronte e ai fianchi. a Portogruaro. Dei 1200 colpi per ognuno dei 4 pezzi da 75 A La batteria disponeva di un munizionamento di 300 colpi metà si trovava nell’opera e metà a Portogruaro. per pezzo. L’impianto elettrogeno forniva corrente a 60 lampade e ai La cintura di sicurezza era costituita da una linea di trince- ventilatori. ramenti preceduta da una fitta siepe spinosa ai fianchi e alla L’acqua potabile era contenuta in due cisterne. gola, mentre il fronte era protetto dal solo parapetto. Oggi del forte di Rivarotta rimangono solo i piloni del ponte. Batteria di Pertegada Batteria di C. Modeani Batteria in barbetta, della lunghezza di 98 m, armata con 4 Batteria in barbetta, della lunghezza di 114 m, con direttrice cannoni da 149 A (in acciaio) su affusto a piedistallo, installa- rivolta al campanile di Driolassa, armata con 4 cannoni da zione Armstrong, con parapetto in calcestruzzo. La direttrice 149 G (in ghisa) su affusti d’assedio con cingoli, protetta da di tiro è rivolta a Casoni Valle Pantano e la sua azione doveva terrapieno in terra senza piazzole rialzate in calcestruzzo. estendersi sulle provenienze dalle pinete vicino al mare. La Settore orizzontale di tiro di 100°. linea di fuoco era a 4 m sul suolo esterno e l’inclinazione del Le masse coprenti in terra e lo strato di calcestruzzo a prote- parapetto in controscarpa permetteva il tiro alla distanza zione delle riservette hanno uno spessore rispettivamente di minima di 500 m. Per la particolare installazione dei pozzi, 0,5 m e 0,3 m in più rispetto alle altre due batterie della testa con interasse di 10 m, si poteva eseguire il tiro in qualunque di ponte. Le riservette hanno inoltre uno strato superiore in direzione, eccetto frontalmente dove era solo possibile quello terra di 2,3 m. indiretto. La batteria disponeva di un munizionamento per 500 colpi Organizzazione: due gruppi di riservette alla prova, in calce- (250 colpi per pezzo da 149 G; il rimanente munizionamento struzzo, posti alle due estremità delle batterie e comunicanti era conservato nella polveriera di Portogruaro). tra loro mediante una galleria frontale ricavata nel parapetto; Accanto alla batteria si trova un edificio destinato a corpo di quattro piazzole alte in calcestruzzo per il fissaggio dei pezzi; guardia. La cintura di sicurezza era costituita da larga siepe un terrapieno basso in calcestruzzo e terra da cui si comunica e da trinceramenti per fanteria. con la galleria e da cui si accede, mediante gradinate, alle piazzole; un parapetto in terra frontale e ai lati della batteria. Batteria di Titiano Per la particolare morfologia del luogo venne aggiunto verso Batteria in barbetta, in calcestruzzo e terra, della lunghezza di la fronte destra un terrapieno poggiante sull’argine sinistro del 82 m, con direttrice rivolta a Casoni dello Stella, armata con Tagliamento con due piazzole per cannoni da 75 A in barbetta 6 cannoni da 75 A con azione sulle provenienze dalla laguna che avrebbero dovuto battere le provenienze dal mare. di Marano e sul tratto inferiore dello Stella. Ogni gruppo di riservette conteneva il munizionamento per Organizzazione: il terrapieno, protetto da un parapetto emer- 500 colpi (250 colpi per pezzo da 149 A; il rimanente muni- gente 3,50 m sulla campagna circostante, comunicava attra- zionamento era conservato nella polveriera di Portogruaro), verso gradinate con le riservette laterali in calcestruzzo che disponeva di un locale adibito a deposito di materiali vari e in constavano di due locali per munizioni e di uno di distribuzione. caso di guerra a ricovero di una parte dei cannonieri. La loro copertura era costituita da uno strato di ferri laminati a In un’ala erano custoditi 400 colpi da 75 A. doppio T a contatto con uno di calcestruzzo dello spessore Illuminazione dei locali con lampade a olio dotate di riflettore. di 0,80 m, ricoperto da 0,40 m di terra. Un fosso acqueo Acqua potabile prelevata da pozzi. 120 • 28

Sandro MENEGON, Enos COSTANTINI Al nûl di bon Storia e vicende recenti del letame nella nostra regione

LLe fonti più attendibili fanno ascendere l’origine della parola letame (friulano ledan) al latino laeta- men, dal verbo laetare ‘concimare’, denominale di laetum, che, prima di significare ‘lieto’, indicò ciò che è ‘fertile’. Così il Dizionario etimologico della lingua italiana di Manlio Cortellazzo e Paolo Zolli. Scomodiamo il latino anche per l’etimo della parola friulana buiace, assai in uso, con la quale si indi- cano le deiezioni solide, le “torte” di produzione bovina: viene da bovacea, alla cui base non si può non notare l’accusativo bove(m) ‘bue’.

LeDistribuzione illustrazioni manuale di questo del articololetame (dasono un anche quadro un di Otto deferenteD’Angelo) ricordo del pittore Otto D’Angelo, recentemente scomparso, memoria storica visiva della nostra civiltà contadina. 28 • 121

C’è letame e letame Dato per assodato che il letame è una mescolanza di deiezioni animali solide e liquide con i materiali vege- tali utilizzati per lettiera, ne discen- de immediatamente che c’è letame e letame, a seconda della specie animale considerata, della sua alimentazione che è variabile nel tempo e nello spazio, nonché della lettiera impiegata. Quest’ultima, es- senziale per il comfort animale, può essere la più varia, cambiando con la stagione e a seconda della locali- tà: paglia di cereali (paie), stocchi di mais (soreâl, mangjadure), foglie di una o più specie arboree (foiét, frint, frindéi), erba secca Questo carro è dotato di un apposito contenitore per il letame: si tratta di un (patùs), segatura (sitìç), ecc. In grande cesto di vimini detto cos, zàie, zaiot, zigot. La distribuzione avviene sul italiano sono in uso anche termini fondo dei solchi (agârs) oltre che con la forca anche con l’ausilio di cesti e delle generici quali strame e stramaglia, a mani. Dipinto di Otto D’Angelo. cui fanno riscontro i termini friulani stranc, stiernùm, stiernidure. L’utilizzo tal quale delle urine e L’influenza della lettiera si avverti- che nessun concime di sintesi delle feci, cioè senza lettiera, era, va anche nella diversa capacità che possiede ed è quasi l’unico fertiliz- come vedremo in seguito, limitato hanno i vegetali di assorbire e trat- zante in grado di assicurare la for- a certi ambienti e in particolari tenere i liquidi, in questo caso le mazione di humus, cioè la fertilità momenti. urine: le paglie e gli stocchi di mais del terreno nel lungo periodo. Generalmente il letame andava ad sono in questo senso più efficaci “allietare” prevalentemente i se- delle foglie. In malga: il letame che minativi, ossia i coltivi da vanga e Forse a qualche lettore più curioso non c’è gli aratori e veniva interrato con le interesserà sapere che i principali In malga, nell’arco della giornata, lavorazioni. Il suo utilizzo dipende- elementi fertilizzanti contenuti in gli animali si trovavano al pascolo va quindi dal ciclo vegetativo delle un letame mediamente maturo col oppure alloggiati in fabbricati colture e non poteva che essere 75% di acqua potevano essere i dove si coricavano su poste in ter- episodico, rimanendo in cumulo seguenti: mezzo chilo di azoto per ra battuta o su lastricato poiché (tasse dal ledan) per periodi più quintale, circa lo stesso di ossido non si faceva uso di lettiera vista o meno lunghi in attesa di essere di potassio e due etti e mezzo di l’impossibilità pratica di procu- distribuito in campo. La durata anidride fosforica. rarla. della conservazione e le modalità Per una comparazione: un conci- Le deiezioni animali quindi an- con cui avveniva non potevano me azotato di sintesi attualmente davano a costituire il materiale non influire sulla composizione assai in uso come l’urea contiene concimante dei pascoli e venivano finale, frutto dell’intenso lavorio 46 chili di azoto per quintale. Ciò distribuite generalmente con il delle popolazioni microbiche che significa che il letame non vale metodo della fertirrigazione, cioè in esso proliferano. niente? No, il letame ha proprietà veicolate con l’acqua fatta scorre- 122 • 28

Il letame degli stavoli Negli stavoli, ubicati tra il fon- dovalle e le malghe, gli animali venivano ricoverati in primavera in attesa della salita verso i pascoli e in autunno prima del rientro in paese. In primavera davano fondo alle scorte di fieno falciato l’anno precedente e si abituavano a pa- scolare, mentre in autunno si ali- mentavano con i ricacci dei prati, completando la razione con il fieno raccolto durante l’estate. I boschi che delimitavano i stàlis fornivano la foglia che veniva usata come lettiera. Frascje, il più rudimentale degli erpici, col quale si provvedeva allo sminuzzamento dei grumi di letame distribuito sui prati e, contemporaneamente allo spianamento Generalmente le deiezioni solide e dei cumuli delle talpe. Da Pellegrini G.B., Marcato C. 1988. Terminologia agricola lo strame erano accumulati presso friulana. Parte prima. Società Filologica Friulana. il fabbricato, andando a costituire il letamaio, mentre le urine e il colaticcio del letamaio stesso si re in apposite canalette e portata di settembre e ottobre di ciascun disperdevano sul prato. Il letame, a tracimare sulla cotica erbosa, anno il letame già depositato più o meno maturo, veniva distri- come ebbe a precisare il Lupieri nelle concimaie dovrà spargersi buito sui prati-pascoli, prevalente- (1858): “La coltivazione di questi sulle malghe stesse, variando ogni mente in autunno. pascoli si fa d’ordinario a mezzo anno la località alternativamente, dell’acqua. Si scioglie in questa la acciocché il pascolo acquisti mag- Letame di fondovalle stercorazione delle bestie, e per gior vigore”. Nella zona alpina e prealpina, appositi canaletti si conduce e si L’obbligo di variare ogni anno la generalmente in conseguenza diffonde ove più richiede la natu- superfice da concimare era più dell’agglomeramento delle costru- ra e posizione del monte”. che mai opportuno poiché l’ecces- zioni, il letamaio vicino alla stalla Abbiamo testimonianze certe sivo accumulo di nutrienti azotati era di modeste dimensioni. In mol- anche della cosiddetta stabbia- favoriva lo sviluppo della flora ni- ti casi infatti gli allevatori, in un tura, una ormai arcaica forma di trofila infestante (romici, ortiche, appezzamento non molto lontano fertilizzazione operata spostando ecc.) rifiutata dalle bestie. dall’abitato, avevano un mucchio i recinti in cui gli animali erano Il sistema della fertirrigazione supplementare, denominato in ammassati per la notte (Tonizzo permetteva “l’ingrasso” delle parti alcune località mussulìn. A fianco 1903, Marchettano 1911). di pascolo sottostante i punti di di questo cumulo generalmente Generalmente nei capitolati di af- raccolta delle deiezioni ma, in veniva piantato un noce e ciò fitto che regolavano la conduzione mancanza di acqua o nel caso di aveva un reciproco vantaggio in dell’alpe venivano riportate anche estese superfici pascolive sopra i quanto l’albero prendeva i nutrien- le norme relative alla distribuzio- fabbricati, il letame doveva essere ti dal letame fornendogli in cambio ne delle deiezioni sul pascolo. Ad distribuito con la gerla: una ulte- riparo dai raggi solari. esempio in un capitolato possiamo riore improba fatica per il perso- Il letame veniva distribuito negli leggere questo articolo: “Nei mesi nale della malga. orti (colture intensive presso le 28 • 123

Il letame in pianura Il letame era sempre un bene scarso e ciò induceva spesso a letamazioni localizzate, ad esem- pio ponendo lo stallatico solo sul fondo del solco (agâr) invece che distribuirlo sull’intera superficie (Checo 1915, Anonimo 1916). Si noti che la distribuzione era non di rado fatta a mano. Le colture primaverili da rinnovo, generalmente rappresentate dal granoturco, venivano comunque abbondantemente concimate (si consigliavano 200-300 quintali per ettaro) e il trasporto e lo In montagna il letame veniva distribuito con la gerla, sempre “a dorso di donna”, tanto nei dintorni dei villaggi che nelle aree soprastanti le malghe. Dipinto di Otto spargimento in campo non erano D’Angelo. operazioni da poco. Basti pensare che in primavera, periodo general- mente piovoso, il letame imbevuto abitazioni), nei campi e nei prati. lo stesso strumento, in primavera d’acqua era pesante e il suo carica- Nei campi (coltivi da vanga) ge- pulivano (ramondavin) i prati mento a forca sul carro diventava neralmente la fertilizzazione era per asportare le foglie ancora inde- veramente faticoso, così come lo localizzata: si vangavano gli agârs composte usate come lettiera. scarico in mucchi e il conseguente (solchi) e si riempivano di letame Durante l’inverno, specialmente spargimento sul terreno. Inoltre mentre la terra, che aveva costitu- con il terreno innevato, si ricorreva spesso la precaria viabilità sottopo- ito la cumièrie (porca) dell’anno anche al trasporto del letame nei neva gli animali a sforzi notevoli. prima, era versata sul letame an- campi con la slitta. La pratica non Poteva anche verificarsi l’impan- dando così a formare la cumièrie era certamente molto razionale tanamento del carro, chiaramente dell’anno in corso. poiché le basse temperature più frequentemente nei terreni Sui prati il letame era generalmen- bloccavano la fermentazione, le argilloso-limosi dove le strette ruo- te trasportato faticosamente con acque di disgelo e le abbondanti te affondavano come coltelli. la gerla e, una volta distribuito, piogge primaverili dilavavano la All’impianto delle vigne grandi necessitava ancora di attenzioni. massa e ruscellando accumulavano quantità di letame maturo veniva- Negli appezzamenti in piano i i nutrienti nelle zone più basse. no interrate con lo scasso e, negli pochi proprietari di animali da Ma tale pratica, suggerita dalla ne- anni seguenti, si distribuiva lungo i lavoro passavano sulla cotica cessità di economizzare gli sforzi, filari per rinvigorire le giovani viti. erbosa (nembri) con la frascje, permetteva anche di liberare in Nel vigneto adulto la letamazione operazione che consentiva di smi- parte la concimaia e di avere già non avveniva ogni anno. nuzzare (fruçâ) i piccoli ammassi in primavera il letame in campo: Un ruolo interessante che giocava- del fertilizzante e contemporanea- ciò consentiva di procedere celer- no le deiezioni bovine era quello di mente spianare i cumuli delle talpe mente alle lavorazioni del terreno favorire l’attecchimento delle bar- (farcadicis). La maggioranza degli e alle semine che dovevano essere batelle: queste prima del trapianto agricoltori, però, eseguivano il la- completate prima dell’inizio della venivano sottoposte a “inzaffarda- voro con il rastrello e, sempre con fienagione. tura”, cioè erano immerse in una 124 • 28

La buse pa’l ledan

L’è cirche un mês doman tal fasi un bon ledan da spes, ben ben batût c’ai vude l’occasion ma se no vuè doman e quand che lu à viodùt di viodi un puar sotan chest comul puzzolent che al jere ben sujât (ca l’ere in fin, paron cu’l daigi odor fetent t’un lamp lu a disarmât. d’un’uniche vachiute) podeve sui mortai L’a ulut il paviment a fa la so busute. sei cause di tançh mai, falu par ben pendent ben, lui dunchie par chest cu’l so pozzut a part, Di vê un curtìl, stufât, si è dizidût biel prest. util a chest riguart tant sporch e mal sestât, pal scolo dal ledan Le concimaie, meglio dette di viodi il so ledan Al compre dal ziment dal qual po vie pa l’an letamai (ledanâr, cort) sono sgarfât dut dal polan, e dopo, sul moment come cal dîs progress ormai estremamente rarefatte spandùt e soveclât, al çhiate de rudine a l’ ùl sul so ledan nel nostro paesaggio da l’ajar spes suiât, che iere biele fine butalu su di spess, rurale, soprattutto se sobrie in câs di grande ploe al par dal savalon; fasinlu in fin cussì come questa e prive di in muel come te roe; te cort in tun çhianton un bon ledan vignì. contenimento in calcestruzzo in cheste condizion al fas la scavazion (nell’ottica ambientale s’al veve un poc di bon iuste di proporzion. Se duçh i agricoltors sarebbe la soluzione al lave dut pierdût. che sèdin puars o sîors migliore). Questo bel ledanâr Al preparà il casson (chesçh ultims come tai è museale: fa parte di quel Ma lui, za privignût bastanze ben armât pai lôr affittuai) museo vivo che è Cjase che a secondà il progress e dopo misturât fassesin pal ledan Cocel di . non sol veve interess al butà jù il paston compagn di chest sotan!

miscela formata da acqua, terra comparvero, in forma più concisa, progetti di concimaie, con calcoli e argillosa e… buiace. ma ripetuti più volte, anche sul planimetrie, fino alla prima guerra Nei semenzai e letti caldi per la periodico L’Amico del Contadi- mondiale. forzatura degli ortaggi si utilizzava no. Inoltre si bandirono diversi Agli inizi degli anni Venti sugli letame fresco che, fermentando, concorsi a premi per concimaie organi dell’Associazione agraria innalzava la temperatura degli razionali in vari distretti (Anoni- friulana e della Cattedra ambu- strati di terreno sovrastanti. mo 1922, 1924). lante di Agricoltura vennero di Lo stesso fece nel 1873 l’i. r. nuovo stampati i progetti per la Buoni propositi verso la Società agraria di Gorizia con costruzione di concimaie razionali concimaia istruzioni pubblicate sia in slo- e vennero rinnovati i concorsi Il letamaio a livello del terreno veno che in friulano e distribuite a premi per la loro costruzione. non riusciva a trattenere il cola- gratuitamente. Ricomparve, a dieci anni di distan- ticcio che scendeva dalla massa, Il passaggio dal letamaio alla con- za, la poesia La buse pa’l ledan né le urine che sfuggivano al po- cimaia razionale, con piattaforma sulla nuova testata L’Agricoltura tere assorbente della lettiera e i in calcestruzzo e pozzetti di rac- Friulana, organo della Cattedra liquidi si disperdevano così per il colta per il colaticcio e le urine, ambulante. cortile e per le sue adiacenze. si può considerare riassunta nella Le urine e il colaticcio raccolti nei Sul Bullettino della Associa- poesia pubblicata da Dree talian pozzetti servivano a umidificare il zione agraria friulana dal 1855 di Çhiasteons nel marzo del 1914 cumulo (la tasse) del letame che al 1916 vennero pubblicati una I tecnici comunque continuarono a doveva avere sempre una certa cinquantina di articoli inerenti al lamentare la trascuratezza riserva- umidità per creare l’ambiente letame, generalmente relativi alla ta al letame e continuarono a fare adatto a quella flora microbica che conservazione e allo spargimento. propaganda per un miglior tratta- assicurava una corretta maturazio- Articoli con gli stessi contenuti mento del medesimo, divulgando ne della massa. 28 • 125

Distribuzione primaverile del liquame sui cereali autunno-vernini. Da un quadro di Otto D’Angelo. comunali il compito di redigere e far rispettare i regolamenti per l’uso della platea comune e per il prelievo del letame. Come concime erano impiegati so- nazione. Il cop dimostratosi più Indubbiamente l’art. 1 era sacro- prattutto sui prati e, in primavera, adeguato, grazie alla sua forma, santo, mentre l’art. 4 non era di sui cereali autunno-vernini (Dorta era costituito dall’elmetto degli facile attuazione, basti pensare 1929). eserciti austro-germanici al quale alla scelta dell’ubicazione della L’umidificazione del letame in era stato applicato un manico (in- concimaia e ai parametri per la cumulo e il trasporto-distribuzione maniât). Non mancava la botte in suddivisione delle spese. L’art. 5, in campo dei liquami erano ope- verticale a traino umano (barilot). infine, non avrebbe potuto evitare razioni relativamente semplici per incomprensioni, liti, ricorsi al giu- coloro che potevano permettersi la Obbligatorie per legge, dice conciliatore o perfino di adire pompa e la botte (bote dal pissòc ma… a vie legali. o dal brût). Il regio decreto-legge 13-08-1926, Il regio decreto-legge del 1926 La botte, nonostante fosse general- n. 1605 imponeva, con l’art. 1, venne convertito in legge (23-6- mente conica, ma non a pressione, l’obbligatorietà delle concimaie, 1927, n. 1466) riducendo l’obbliga- non permetteva una distribuzione costruite con determinati requisiti, torietà delle concimaie alle stalle uniforme, poiché, anche se munita in tutte le stalle per capi grossi con più di due capi bovini ed equi- dell’adatto dispositivo il getto a (bovini ed equini), entro e non ol- ni grossi e prorogando la costruzio- ventaglio si riduceva con il progre- tre 18 mesi dalla pubblicazione del ne entro tre anni dalla data della dire dello spargimento. decreto stesso. Nel caso di costru- pubblicazione dei decreti prefettizi Chi non poteva permettersi queste zioni agglomerate, l’art. 4 obbliga- (per Udine decreto prefettizio del “comodità” usava il cop (mestolo) va i Comuni a fabbricare una o più 21-01-1928 n. 3840). Il termine dal pissòc o dal brût per l’estra- platee fuori dell’abitato e prescri- suddetto venne prorogato, con zione dal pozzetto e trasportava veva la suddivisione delle relative regio decreto-legge 01-12-1930 n. nei secchi con il buìnç (arcon- spese tra gli allevatori. L’art. 5 2006, di altri tre anni, sempre a cello, bicollo) il prodotto a desti- demandava alle amministrazioni decorrere dalla pubblicazione del 126 • 28

decreto prefettizio (per Udine 18- 02-1931). La Cattedra ambulante esortava comunque anche gli esonerati a far prevalere il buon senso e il “dovere morale”, consigliando, tra l’altro, le concimaie a celle di fermentazione. Dal 18 febbraio 1934, data dell’ul- timatum per mettersi in regola con la legge sull’obbligatorietà delle concimaie, gli organi delle varie associazioni riportano solo richiami al buon governo della concimaia, all’utilità del “re dei concimi” e alle qualità del “burro nero” (nome che veniva dato al letame perfettamente maturato). Forse le sanzioni, l’autarchia, le La botte per la distribuzione del liquame era solitamente di forma conica. Dipinto di tessere annonarie, gli ammassi, Otto D’Angelo. l’entrata in guerra dell’Italia, ecc. distolsero l’attenzione dai controlli, dalle verifiche e dall’applicazione delle ammende. prefabbricati di laterizio e cemento della posta, riducendo la lunghezza armato), gli intonaci e le concima- della stessa, non dovendo l’ani- Cambiamenti: mancul ie (Anonimo 1963). male retrocedere per coricarsi e ledan Negli stessi anni, nel Territorio di avanzare per alimentarsi. Questa Da una nutrita serie di articoli e Trieste, con gli aiuti e secondo le innovazione determinò un minor vari contributi a stampa sull’ar- direttive dell’Ispettorato provincia- consumo di lettiera che, però, era gomento nell’immediato secondo le dell’Agricoltura, su 1.350 stalle, un vantaggio relativo perché “Se dopoguerra si può dedurre che 350 furono riedificate o riadattate. dopera manco stran, ma se fa l’adeguamento al regio decreto- Le nuove 350 concimaie vennero manco grassa” come commenta- legge 13-08-1926, n. 1605 e norme costruite a celle ritenendo, tra l’al- va Antonio De Giusti (Toni Boer) successive non era stato molto tro, che le alte pareti perimetrali bovaio presso la Scuola di Viticol- rispettato. riparassero dalla bora, limitando tura ed Enologia di Conegliano. Dal 1950 al 1962 vennero riattate così una rapida ed eccessiva per- Va d’altro canto considerata la mi- 3.919 stalle nella zona montana dita di umidità del letame stesso nore disponibilità di paglia, poiché della provincia di Udine, com- (Perco 1954, Baldissera Nordio le nuove varietà di frumento si prendente allora anche quella di 1957). caratterizzavano per la loro taglia Pordenone, grazie ai contributi La ristrutturazione di molte stalle, ridotta. della Cassa di Risparmio di Udine, specialmente in pianura, seguì La meccanizzazione delle opera- dell’Amministrazione provinciale nuovi criteri, basti pensare agli ab- zioni ridusse indubbiamente di e del Ministero dell’Agricoltura. I beveratoi, alle corsie di alimenta- molto le fatiche per l’utilizzo del lavori effettuati riguardavano pre- zione e ai moderni sistemi di con- letame, permise una distribuzione valentemente il passaggio dai solai tenimento. Quest’ultimi permisero più uniforme e la tempestività dei in legno ai solai in saps (travetti di portare la mangiatoia a livello lavori (caricamento/spargimento/ 28 • 127

Dal sacro al profano...

’Zuan de la Guartanuta heretico […] interrogato dixit: io ho creduto … ma ho ben anco imparato in terra thodesca… creduto e ditto molte volte… che non giovi niente l’andar in volta Uno dei pochi paesi del Friuli in cui, a torno li campi in processione soprattutto alla sera con quelle cose e in calma di vento, con quelle croci si può assaporare il et che fosse meglio buttar nei campi buon odore antico del letame è Fagagna. Qui letame vediamo un ledanâr che andarli attorno a quel modo feagnot (di Fagagna) con i pochi imprescj di cui abbisogna: carriola piana, forca e pala. (da Leonardo Zanier, Che Diaz… us al meriti, Circolo culturale Colavini, Aiello, 1976).

In questa strada di si vedono molto bene le deiezioni aratura), riducendo così le perdite rono l’intensificazione dell’alleva- solide lasciate da equini o, di nutrienti in campo. mento portò a diverse tipologie di meno probabilmente, da bovini La viabilità precaria o insufficiente, reflui, non più assegnabili solo al di passaggio. Normalmente venivano subito asportate da l’acclività dei versanti, la limitata letame, ma subentrarono catego- qualcuno del vicinato che le dimensione dei fondi che ostacola- rie quali i liquami e il liquiletame, impiegava nell’orto o nei vasi dei rono la meccanizzazione nella zona con una serie di problematiche fiori. Le deiezioni equine erano alpina e prealpina, furono cause economiche, gestionali e ambien- particolarmente apprezzate e, anche nel ricordo degli scriventi, che contribuirono all’abbandono tali del tutto nuove. rimangono le raccomandazioni delle attività zootecniche e allo Ciò creò i presupposti per una di zie e di nonne “avvertimi spopolamento. legislazione non sempre illumina- appena passa un cavallo” ta sullo smaltimento dei residui perché il prezioso prodotto del L’allevamento si organici di origine animale che quadrupede doveva essere raccolto prima che lo facesse intensifica vennero equiparati ai “rifiuti spe- la vicina: da ciò dipendeva Già nel 1962, in regione 250 ciali”. anche la bellezza dei gerani, allevamenti avevano adottato la da sempre motivo di rivalità stabulazione libera del giovane Letame e liquami tra donne. Questa fotografia di Sante Gerussi (1863 - 1927) bestiame bovino e una ventina Il letame ha una quantità di so- è precedente il 7 agosto 1908 per le vacche da latte (Cragnolini stanza secca che si aggira attorno quando un fulmine colpì la cupola 1962). al 20%, ciò che lo rende un mate- “a cipolla” del campanile che si L’introduzione della lettiera per- riale “palabile”, quindi caricabile nota sullo sfondo distruggendola completamente; il rifacimento, manente, delle cuccette, dei gri- con una forca idraulica e traspor- una cuspide in cemento armato, gliati, dei nastri trasportatori, dei tabile con un carro che è dotato le diede la forma attuale che è raschiatori, ecc. che accompagna- di appositi organi meccanici per completamente diversa. 128 • 28

lo spandimento in campo. Il liqua- ne questa trasformazione tocca Bibliografia me ha una quantità di sostanza soltanto metà dell’azoto organico, Anonimo, 1916. Perché si semina ancora a secca inferiore al 7% (quindi è quindi si formeranno circa 70 colmiera - Il Friuli è uno dei pochissimi acqua per il 93% o più), non è chili di azoto sotto forma nitrica e paesi dove il frumento si semina ancora in colmiera. L’Amico del Contadino a. XXII, palabile, ma pompabile, richiede si formeranno in modo graduale, n. 40: p. 5. Associazione agraria friulana, grandi vasche di contenimento, quindi le quantità dilavate verso Udine. Anonimo, 1922. Per una razionale miscelatori e grandi botti per il la falda freatica saranno minime o conservazione del letame. Un buon tipo trasporto. Il costo energetico del nulle. Per fare una comparazione: di concimaia a pozzetto. L’Agricoltura Friulana a. I, n. 8: p. 3. Cattedra ambulante di liquame è molto elevato rispetto un ettaro di mais riceve almeno Agricoltura per la Provincia di Udine, Udine. al letame (miscelazione, trasporto 300 chili di azoto di origine chi- Anonimo, 1924. Per una migliore e distribuzione: si tenga conto mica, distribuiti un due soluzioni conservazione del letame. Un concorso a premi per la costruzione di concimaie che si veicola sostanzialmente in rapida successione o anche in razionali. L’Agricoltura Friulana a. III, n. 5: acqua). una sola. Ed è un azoto facilmen- p 4. Cattedra ambulante di Agricoltura per la Provincia del Friuli, Udine. Dal punto di vista agronomico te dilavabile. Anonimo, 1963. XIII Concorso a premi per il letame è un toccasana per la I liquami puzzano molto e ciò il miglioramento delle stalle in montagna. fertilità perché non solo apporta significa che perdono ammoniaca, L’Agricoltura Friulana a. XLIII, n. 12: pp. 1-2. Ispettorato provinciale dell’Agricoltura e elementi nutritivi, ma migliora le cioè azoto sotto forma ammonia- Consorzio agrario provinciale. caratteristiche fisiche del suolo cale e l’azoto che contengono è Baldissera Nordio C., 1957. Considerazioni sulla zootecnia del territorio di Trieste. rendendolo più soffice, più fa- anche soggetto a lisciviazione (= Rivista di Zootecnia a. XXX, n. 9: pp. 258- cilmente lavorabile (con minor facilmente dilavabile), quindi più 268. Milano. consumo energetico), dilatando suscettibile di finire nella falda Checo, 1915. Ledan di stale. L’Amico del Contadino a. XXI, n. 2: p. 4. Associazione il periodo di tempera e favorendo sotto forma di nitrati. agraria friulana, Udine. lo sviluppo radicale, quindi la Non è il caso qui di analizzare Cragnolini G.B. 1962. Un problema di nutrizione delle colture in atto. i motivi che hanno portato alla attualità da chiarire. Stalle aperte per i Bovini. L’Agricoltura Friulana a. Il letame è la conditio sine qua transizione dal letame ai liquami, XLI, n. 7: pp. 1-2. Ispettorato provinciale non per la formazione dell’hu- diciamo che è stata una delle tan- dell’Agricoltura e Consorzio agrario provinciale. mus, quindi garantisce la fertilità te “innovazioni” che hanno col- Dorta I., 1929. Spargere le urine per fisica e chimica nel lungo periodo, pito la zootecnia e delle quali si tempo. L’Agricoltura Friulana a. VIII, n. 1: p. 3. Cattedra ambulante di Agricoltura per la con risvolti per nulla trascurabili vantavano mirabolanti vantaggi. Provincia del Friuli, Udine. anche sulla nutrizione idrica delle Per le aziende che hanno abolito Dree Talian, 1914 La buse pa’l ledan. piante: è noto che le colture in l’allevamento, e ormai sono la L’Amico del Contadino a. XX, n. 32: p. 4. Associazione agraria friulana, Udine. terreni ben letamati soffrono grande maggioranza, è giocoforza Lupieri G.B., 1858. Cenni Geografico-Fisici, meno la siccità. ricorrere esclusivamente ai con- Statistico-Agrarii Pastorali, Boschivi Il letame non inquina né le acque cimi chimici di sintesi industriale. Industriali, Commerciali ed Economici relativi alla Carnia e necessarie superficiali né quelle sotterranee, Questi ultimi hanno una storia provvidenze. Annuario dell’Associazione per i liquami non si può sempre breve e molto interessante che agraria friulana a. II: pp. 183-239. Udine. Marchettano E., 1911. I pascoli alpini della affermare altrettanto. s’intreccia con la politica e l’eco- Carnia e del Canal del Ferro. Parte V. Trecento quintali di letame di- nomia degli ultimi sessant’anni. Notizie descrittive sulle singole malghe. Bullettino della Associazione agraria friulana stribuiti su un ettaro contengono Non è il caso di trattarla qui. s. VII v. XXVIII: pp. 207-226, 292-319, 398- 150 chili di azoto, ma sotto forma Chiudiamo con una considera- 413. Udine. organica, quindi non dilavabile. zione che vuole essere anche un Perco E, 1954. La concimaia a celle. Rinascita Agricola. 9 Gennaio 1954. p. 2. Questo azoto organico si trasfor- monito: la fertilità nel lungo pe- Trieste. ma grazie ai microbi, in azoto riodo non può essere assicurata Tonizzo D., 1903. I pascoli alpini nei nitrico che le piante possono as- dai concimi forniti dall’industria distretti di Spilimbergo e Maniago. Bullettino della Associazione agraria friulana sorbire. Nell’annata di distribuzio- chimica, solo il letame può farlo. s. IV v. XX: pp. 113-216. Udine. Tiere furlane N. 28 dicembre 2018