Bye Bye "Big Man" Clarence Clemons
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Bye bye Big man Clarence Clemons - , . Lo chiamavano re dell’universo, principe della città, primo fratello del Soul e sacerdote del suono… ma per tutti i fan di Bruce Springsteen era semplicemente “Big Man”. Clarence Clemons, il sassofonista della E Street Band, la gigantesca spalla nera immortalata nella copertina di Born to Run, è morto domenica scorsa in un ospedale della Florida dopo un ictus che l’ha colpito il 12 giugno. Nato all’inizio del 1942 a Norfolk, Virginia, Clemons ha conosciuto Springsteen nel settembre del 1971. Big man aveva 69 anni e per il boss è stato più che un musicista un bizzarro alter ego. Quarant’anni di amicizia che dal Jersey Shore degli anni’70 è stata esibita, celebrata e osannata su tutti i palcoscenici del mondo. L’incontro tempestoso tra il gigante nero e il piccolo chitarrista italoamericano con la porta del locale che esplode in mille pezzi è stato il culmine di migliaia di show. La loro storia è immortalata perfino in un verso di Tenth Avenue Freeze-Out, l’inno che è un po’ l’Odissea della E Street band. Da giovane un incidente automobilistico gli impedì una carriera da professionista nel football dopo gli anni delluniversità. Con la sua morte, dopo quella nel 2008 dell’altro compagno di ballate e rock’n roll Danny Federici, muore la E street band come l’abbiamo conosciuta. Un gruppo di musicisti capaci di creare una macchina del suono ineguagliata, motore inesauribile delle oltre tre ore di musica live che Springsteen ha regalato ai suo fan per quasi mezzo secolo. “Miami” Steve, “Mighty” Max, “Big Man”, “The Professor” Roy Bittan e tutti gli altri, da veri principi del rock’n roll, hanno sempre riconosciuto al “boss” il fronte del palco. Spalle indispensabili per scenette, discorsi impegnati, aneddoti semi-seri, sketch e corse indiavolate sulle passerelle degli stadi. Tutti hanno accettato senza un fiato le sue irrequiete pause in solitaria e le sue rimpatriate. Amici, fratelli, musicisti di rango, capaci di impastare quel misto di sudore, anima, gioia, amore e quattro quarti che è il rock’n roll nei suoi momenti d’oro. Di questa orchestra meravigliosa, più simile a un juke box umano che a un gruppo di super-star della musica Clemons è stato il pilastro. Un colosso capace di far ruggire di piacere le arene semplicemente suonando il tamburello. E quando soffiava nel suo sax tenore aggiungeva al rock della East Coast il suono del Soul: Growin’ Up, Jungleland, Rosalita, Thunder Road, Paradise by the C (C per Clarence) sono tutti capolavori impensabili senza il suo sassofono. La vita di Clemons è stata una titanica celebrazione della gioia di vivere e di suonare. La sua autobiografia scritta insieme a Don Reo (“Big Man”, Arcana 2010) è un collage di aneddoti sesso, droga e tanto tanto rock’n roll. Il lato “black” della metafisica springsteeniana, che i profani relegano a torto in un limbo fatto di auto cromate, inni alla fuga, riff bluesati e malinconiche ballate da working class di paese. Se c’è una parola che può riassumere il senso della sterminata produzione springsteeniana è “comunità”. Una ricerca febbrile e gioiosa di creare qualcosa che redimesse la mostruosa alienazione della provincia americana. Per molti, gli unici strumenti per farlo sono stati una chitarra, una batteria, un sassofono. Ottone, legno, pelli e corde suonate insieme ai propri simili notte dopo notte dopo notte. Le prime tribù del XX secolo. Clemons è stato un iperbole vivente, degna dei superlativi con cui Springsteen lo introduceva sempre in tutti gli show. httpv://www.youtube.com/watch?v=81wv_w6_Z8M Cinque matrimoni, quattro divorzi, quattro figli. Insieme a Danny Federici è stato il più impenitente scapestrato con le groupie della Band (vedi qui la canzone per Danny, Last Carnival). E negli anni ha subìto vari infarti e diversi interventi chirurgici: almeno tre ricostruzioni dell’anca, protesi metalliche a entrambe le ginocchia e un paio di operazioni alla schiena. Un calvario che alla fine gli rendeva difficile stare in piedi nelle lunghe ore dello show. Eppure i dolorosissimi periodi di riabilitazione non gli hanno mai impedito di perdersi un tour al fianco di Bruce. Ancora poche settimane fa si stava preparando fisicamente per il possibile ritorno dell’anno prossimo. Lo scorso febbraio ha dichiarato a Rolling Stone che avrebbe continuato a suonare con Bruce fino alla fine: “Salirò sul palco finché la mia bocca, le mie mani e il cervello funzioneranno”. Un gigante sorridente capace di sostenere Springsteen fuori e dentro il palco. La spalla perfetta, il compagno più vitale che si possa immaginare se n’è andato. Springsteen lo definiva così: “Nonostante la sua statura, ‘C’ è un uomo discreto. Non impone mai la sua personalità sugli altri. La porta con sé ovunque vada”. Per tutta la giornata di domenica il suo sito Internet era irraggiungibile, troppa poca la “banda” disponibile dopo l’assalto dei fan. Una bestemmia per un musicista leggendario, generoso e dalle performance magnifiche. Nelle migliaia di foto che raccontano una carriera lunghissima e senza paragoni non ce n’è una in cui non sorrida felice come un enorme bambino troppo cresciuto di fronte al suo pubblico. Quattro mesi prima dell’esibizione al Superbowl del 2009, Clemons era in una stanza di ospedale per l’ennesimo intervento: “Non ho mai saltato un concerto in vita mia”, diceva angosciato a chi pensava non potesse farcela. Invece andò e fu un trionfo davanti a un miliardo di persone. Domenica migliaia di fan si sono radunati spontaneamente allo Stone Pony di Asbury Park, il locale simbolo del Jersey Shore, il Cavern Club della futura E Street Band. In concerto ad Anaheim, California, gli U2 hanno celebrato in diretta questa “band of brothers” recitando i versi finali di Jungleland. ● Gli aggiornamenti dal New Jersey li trovate qui. ● Qui il commiato di Bruce Springsteen. ● Il commovente omaggio di Bono e degli U2, live ad Anaheim in California: qui. Oggi che la storia diventa leggenda, chi non lo conosce può andare su youtube e lasciarsi avvolgere per pochi minuti da una voce dolce e scura, baritonale e potente, che intona la sua strofa dopo gli altri membri della E street band: “There’s a beautiful river in the valley ahead… I’ll wait for you and should I fall behind wait for me”. httpv://www.youtube.com/watch?v=04mRvBaEku4 © 2021 IL NUOVO MANIFESTO SOCIETÀ COOP. EDITRICE.