“Le Donne Partigiane Veronesi Raccontano…”
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“Le donne partigiane veronesi raccontano…” dal 19 aprile al 23 aprile 2010 presso l’Archivio di Stato di Verona 1 Organizzazione della mostra “Le donne partigiane veronesi raccontano….” Rassegna di documenti inediti del fondo archivistico Distretto Militare di Verona Coordinamento Antonietta Folchi Ricerca d’Archivio Roberto Mazzei e Silvano Lugoboni con la collaborazione: Marco Pasa Progetto della mostra: Vincenzo Giuliano Manifesto e inviti: Elena Mariotti e Vincenzo Giuliano Allestimento: V. Giuliano, S. Lugoboni, Laura Lo Vasco e Roberto Piccoli Guida Cura redazionale R. Mazzei Testi R.Mazzei e S. Lugoboni Progetto grafico V.Giuliano Si ringrazia il dott. Olinto Domenichini per la fotografia in copertina Verona, 2010 – Laboratorio di fotoriproduzione dell’Archivio di Stato di Verona ©2010 Tutti i diritti sono riservati – è vietata la riproduzione anche parziale. 2 INDICE Antonietta Folchi, Premessa p. 4 Roberto Mazzei, Introduzione pp. 5-9 Silvano Lugoboni, Le fonti documentarie: i 252 fascicoli del Distretto Militare di Verona pp. 10-63 Silvano Lugoboni, Elaborati grafici ed inventario pp. 64-78 Appendice pp. 79 3 Premessa Acquisiti nel 2005, si conservano presso l’Archivio di Stato di Verona i fascicoli personali delle donne che dettero il loro contributo alla Liberazione o come “partigiane combattenti”, alcune anche investite di gradi equiparati a quelli militari di capitano, tenente, sottotenente, o come “patriote”, in più di un caso fino al sacrificio della propria vita. Attraverso i documenti prodotti dal Distretto Militare per il riconoscimento della qualifica di partigiana o di patriota, è possibile ricostruire il periodo di partecipazione alla Resistenza, la formazione partigiana e la località operativa di ciascuna delle 252 donne alle quali sono intestati altrettanti fascicoli personali. Sono stati selezionati per l’esposizione 35 fascicoli scelti tra quelli ritenuti più significativi per raccontare la lotta armata ma soprattutto disarmata delle donne della Resistenza. Tuttavia la ricerca, i cui risultati sono contenuti nel presente lavoro, si è estesa a tutto il fondo conducendo alla creazione di una banca dati desunti da ciascuno dei 252 fascicoli, che a sua volta ha consentito l’elaborazione di diversi grafici e statistiche. Il lavoro che si auspica di poter ampliare attraverso altre fonti conservate presso l’Archivio di Stato di Verona, soprattutto nel fondo “Prefettura”, di cui si fornisce un’indicazione in Appendice, è rivolto soprattutto ai giovani, affinché possano conoscere direttamente i protagonisti della nostra recente storia repubblicana e individuare i possibili percorsi di ricerca nel luogo, più di ogni altro, deputato alla conservazione della memoria. Ma, attraverso la mostra, si è anche inteso valorizzare, in concomitanza con le celebrazioni per il 25 Aprile un fondo d’archivio inedito riguardante la partecipazione femminile veronese alla guerra di Liberazione, aspetto, in generale, meno indagato dalla storiografia rispetto a quella maschile. Antonietta Folchi Direttore dell’Archivio di Stato di Verona 4 R. MAZZEI Introduzione Il termine “Resistenza” fu usato la prima volta dal generale De Gaulle in un famoso appello alla Francia sconfitta lanciato il 22 giugno 1940 dalla radio britannica. Quando parliamo di Resistenza italiana intendiamo oggi riferirci al movimento che precedette di quasi due decenni quelli degli altri paesi europei e che, coevo al fascismo, si configurò nel primo periodo come antifascismo militante o come opposizione democratica e legale alla dittatura. Tale opposizione si manifestò con discorsi parlamentari, sfiducia al governo, abbandono dell’aula con la protesta dell’Aventino contro il delitto Matteotti. Dopo il 1926 la resistenza cominciò ad essere considerata un crimine contro lo Stato, punito con il carcere o il confino, cioè l’obbligo alla residenza in zone particolari del Paese sotto la speciale sorveglianza degli organi di governo. Soffocata la vita politica in Italia, la lotta antifascista si trasferì all’estero, dando origine al fenomeno del “ fuoriuscitismo”, che vide l’emigrazione di un élite intellettuale e politica ( tra gli altri Salvemini, Nitti, Sturzo, Turati e Togliatti, capo del partito comunista dopo l’arresto di Gramsci, non sopravvissuto alla prigionia). Gli esuli socialisti e repubblicani con l’appoggio di Salvemini e Nitti fondarono nel 1927 una Concentrazione antifascista, il cui fine precipuo era la propaganda antifascista al di fuori dell’Italia. Accanto ad essa sorse il più incisivo movimento Giustizia e Libertà, patrocinato da Carlo Rosselli, ex ministro degli Esteri, ed Emilio Lussu, entrambi fuggiti dal confino a Lipari. Questa organizzazione si proponeva come alternativa agli esiti totalitari sia del fascismo che del comunismo e presentava un ampio programma di riforme, tra cui l’affermazione della repubblica, la democrazia politica, la riforma agraria e la nazionalizzazione delle grandi imprese. Altrettanto organica fu l’opposizione comunista, sostenuta dai rilevanti collegamenti con l’internazionale comunista. In Italia, malgrado le repressioni poliziesche, la cospirazione antifascista raggiunse, verso il 1930, un buon livello di organizzazione, in particolare nelle fabbriche, grazie alla propaganda delle cellule comuniste. Tuttavia circa duemila comunisti furono condannati al carcere tra il 1927 e il 1929; nel 1930 toccò a ventiquattro dirigenti di Giustizia e Libertà e a sei membri del movimento più moderato, L’Alleanza Nazionale. Giustizia e Libertà fu colpita da una nuova ondata di arresti tra il 1932 e il 1935 e dall’uccisione dei fratelli Rosselli in Normandia il 9 giugno del 1937. Intanto, dopo la conquista dell’Africa da parte di Mussolini, truppe anglo – americane sbarcarono in Sicilia tra il 9 e il 10 luglio del 1943. Il contraccolpo per il prestigio di Mussolini fu gravissimo. Alle sue promesse di grandezza avevano corrisposto bombardamenti e ristrettezze economiche. L’insofferenza per il regime non aveva tardato a farsi sentire, tanto che nell’Italia del Nord si erano verificati già nel marzo del 1943 alcuni scioperi. L’invasione alleata fece sì che il Gran Consiglio del fascismo nella notte tra il 24 e il 25 luglio decidesse di mettere in minoranza Mussolini. Il re nominò allora il maresciallo Badoglio capo del governo ( governo dei “ quarantacinque giorni” ), fece arrestare Mussolini e avviò trattative di pace con gli Alleati. Un duro armistizio venne firmato a Cassibile il 3 settembre e reso noto l’8 settembre 1943. I tedeschi reagirono occupando l’Italia, il re e Badoglio fuggirono a Brindisi ma migliaia di uomini delle Forze Armate furono abbandonati a se stessi, in Italia e fuori. Considerati traditori dei tedeschi, essi furono in larga parte passati per le armi o avviati ai campi di lavoro. Ma anche la popolazione civile viveva la sua tragedia: stretta tra gli occupanti tedeschi e i “liberatori” alleati, non particolarmente teneri con un popolo fino al giorno prima ostile, era esposta 5 alla fame, ai bombardamenti, alle rappresaglie. Il Paese stava vivendo una delle ore più buie della sua storia. Intanto i tedeschi avevano liberato Mussolini dalla sua prigionia a Campo Imperatore sul Gran Sasso e, suo malgrado, l’avevano posto a capo di quella parte d’Italia che venne chiamata Repubblica Sociale. Da parte sua, il governo di Badoglio aveva invece dichiarato la guerra alla Germania il 13 ottobre 1943. Per l’Italia cominciava così la guerra civile. E’ doveroso ricordare che le truppe italiane ancora in armi nel Sud Italia si batterono con coraggio a fianco degli Alleati. Frattanto, il fenomeno della resistenza ai tedeschi da parte della popolazione civile stava acquistando consistenza. Napoli, il 1° ottobre del 43’, si liberò dai tedeschi con le sue sole forze, dopo quattro giorni di accaniti combattimenti. A Roma il fronte dei sei partiti (democratico-cristiano, comunista, socialista, d’azione, liberale e democratico del lavoro) si costituì in Comitato di liberazione nazionale (CNL) centrale, negando la collaborazione al governo del re, presieduto da Badoglio e appoggiato dagli Alleati. Badoglio fu quindi sostituito al governo da Ivanoe Bonomi, presidente del CNL. Il re Vittorio Emanuele III affidò la luogotenenza al figlio Umberto, che si impegnò ad accettare la convocazione di una Costituente a guerra finita Gli Alleati intanto risalivano lentamente la nostra penisola fino ad attestarsi, nel settembre del 1944, sulla cosiddetta “linea gotica”, in Toscana. E mentre la lotta nel resto del Meridione si svolgeva in termini politico –diplomatici, nell’Italia ancora occupata si sviluppò la guerra partigiana. Nelle zone alpine ed appenniniche si costituirono bande di ex militari, giovani renitenti alla leva della Repubblica Sociale di Salò, antifascisti militanti. Alla guida del movimento si posero i CNL regionali, costituiti clandestinamente dopo l’8 settembre e coordinati dal Comitato di liberazione nazionale dell’Alta Italia (CLNAI). All’attività militare sovrintendeva il comando del Corpo volontari della libertà ( CVL), costituito nel giugno 1944. Tra le forze partigiane le brigate Garibaldi, circa il 40% degli armati, erano di ispirazione comunista; le formazioni Giustizia e Libertà erano organizzate dal partito d’azione; le brigate Matteotti dal partito socialista; i gruppi democristiani e liberali sostennero le formazioni autonome e militari, guidate in prevalenza da ufficiali dell’esercito e aiutate con maggiore continuità dagli Alleati. Questi ultimi frattanto avevano vinto la dura battaglia di Montecassino, dopo