Guido Bucciardi Dedizione del Frignano al di nel 1276 In “Atti e Memorie della R. Deputazione di Storia Patria per le Provincie Modenesi”, s. VII, vol. VII (1931)

1. Decadenza della nobiltà feudale frignanese

A seconda dei patti di pace stabiliti in Bazzano il 19 dicembre 12721, la concordia fra le due fazioni avverse del Frignano doveva essere suggellata da due matrimoni: l’uno di Parisello I Montecuccoli con Richelda di Corradino Munari, l’altro di Giovanni Boschetti con Baruffaldina di Matteo I Mon- tecuccoli. Se non che, mentre il primo fu ben tosto celebrato2, il secondo invece non venne effettuato. A Matteo Montecuccoli troppo coceva di dare la propria figlia ad un odiato nemico; e perciò, ora con un pretesto, ora con altro, procrastinava quell’evento per lui non lieto; finché, venendo meno ai riguardi e alla parola data, preferì concedere la mano della figlia, appena diciottenne, al fratello suo Corsino I che aveva quarant’anni suonati, e che impalmò la giovane nipote verso la fine dell’anno 12733. La pace giurata veniva così ad essere infranta per colpa dei signori da Montecuccolo; e la guerra si riaccendeva ancora una volta nel Frignano tra le due opposte fazioni, durando fino alla primavera del 1275, senza che una parte riuscisse a debellare l’altra, ma col solo risultato di indebolirsi a vi- cenda a tutto vantaggio del ceto popolare, che, destramente sobillato dal Comune di Modena, iniziò qua e là un movimento di riscossa dall’aspro giogo feudale. Esausti, gli avversari intavolarono trattative di pace; e, con atto del notaio Campiolo da Carrobbio rogato in Modena il 12 aprile 1275, fissarono una tregua sino al S. Pietro di quell’anno, nominando arbitri Corradino Munari e Rainero da Balugola4. Con altro atto del successivo giorno 255, pure rogato in Modena dal medesimo notaio, parecchi no- bili Frignanesi di entrambe le parti promisero di rispettare la tregua sino al prossimo San Pietro; e frattanto di non stipulare convenzione alcuna separatamente con qualsiasi Comunità del Frignano, e di non recare offesa a persone Frignanesi. L’opera degli arbitri però non ebbe alcun risultato6, per- ché la pace non poté essere conclusa; e, finita la tregua, la guerra riprese.

1 G. BUCCIARDI, Lotte faziose nel Frignano dal 1269 al 1272 in “Atti e memorie della R. Deputazione di Storia Patria per le Provincie Modenesi”, s. VII, vol. VI (1930). 2 Il matrimonio di Parisello I Montecuccoli con Richelda Munari rimase sterile. Morto il detto Parisello nell’estate del 1278, la vedova Richelda Munari ritornò a Modena presso i suoi; e, col loro appoggio, ottenne poi la restituzione della dote ed accessori nella somma di modenesi lire 430: somma che Matteo I Montecuccoli pagò a lei, mediante Guidino arciprete della pieve di Renno, il 25 gennaio 1279, con atto del notaio Giovanni Mazzoni, rogato in Modena (Arch. No- tarile di Modena; anno 1279, n. 3370*). 3 In forza di questo matrimonio tra lo zio e la nipote, Corsino I Montecuccoli diventò cognato dei propri nipoti, ossia dei figli del fratello Matteo I. In conseguenza, Matteo II (detto Mattiolo) figlio di Corsino I, nato forse nel 1274, sarà nipote dei propri cugini. Ed è per questo che in un documento del 1298 dell’Archivio di Stato in Bologna (del quale ci occupe- remo in altra circostanza), Matteo II del fu Corsino I Montecuccoli verrà appellato nipote dei figli del fu Matteo I Mon- tecuccoli; perché, se, per linea paterna, egli sarà cugino di Guidinello III, Guglielmo I ed Alberguccio II del fu Matteo I Montecuccoli, per linea materna sarà loro nipote, essendo figlio della loro sorella Baruffaldina. 4 Arch. Notarile di Modena; anno 1275, n. 3222*. Faccio qui noto che contrassegno, dopo il numero, con asterisco (*), quei documenti dell’Arch. Notarile di Modena (Memoriali) dal 1271 al 1279, già pubblicati in regesto nella rivista “Lo Scoltenna” dall’amico cav. uff. dott. Emilio Paolo Vicini. 5 Arch. Notarile di Modena; anno 1275, n. 1677. 6 Il 1° febbraio 1276 gli arbitri di pace, e cioè Gherardino Munari (a nome di Corradino Munari), Rainero da Balugola, Ermannino da Spezzano e Campiolo da Carrobbio (questi due ultimi arbitri aggiunti), ricevevano poi da Lanfranchino da Montegarullo, da Rainero da Montegarullo, da Accarisio da Marzo e da Manfredino Rastaldi, solventi a nome loro e dei loro seguaci, la somma di modenesi lire 113, per emolumento e per rimborso spese durante il loro soggiorno nel Frignano in occasione delle dette trattative di pace (Arch. Notarile di Modena; anno 1276, n. 914*). 1 2. Il Comune di Modena decide di impossessarsi del Frignano

Momento più propizio per intervenire con vantaggio ed autorità non poteva offrirsi al Comune di Modena, che da tempo attendeva un’occasione favorevole per la sua penetrazione nel Frignano, di cui agognava il dominio; senza dover ricorrere ad una lunga e dispendiosa guerra di conquista, che, anche vinta, si sarebbe poi risolta, in ultima analisi, in un mezzo disastro per gli stessi vincitori. Così era avvenuto quando, per assoggettare le Terre della Badia di , i Modenesi avevano dovuto sostenere una guerra lunga e sanguinosa contro l’Abate, terminata col trattato del 12617. Ne erano rimasti vincitori, ma a caro prezzo. Il Comune di Modena ben sapeva che una guerra di conquista del Frignano sarebbe stata ancor più lunga, difficile e pericolosa; sia perché quella regione era assai più vasta del territorio della Badia di Frassinoro, e fortemente retta a sistema feudale con bellicosi feudatari, in gran numero e potenti; sia perché i Bolognesi, che non avevano rinunciato del tutto a lor pretese sul Frignano, avrebbero potu- to intervenire.

Il Comune di Bologna aveva infatti tenuto un tempo sotto il suo dominio gran parte del Frignano. Vero è che, secondo il lodo arbitrale pronunciato dal podestà di Parma Giberto della Gente il 20 a- gosto 1255, il Frignano era stato assegnato al Comune di Modena e non a quello di Bologna; ma è altrettanto vero che il Comune di Bologna mal si era assoggettato a questo lodo, ed aveva continua- to anche in seguito ad accampare pretese sul Frignano stesso, tenendone occupati alcuni castelli sul- la destra dello Scoltenna, segnatamente quello di ; nel quale aveva sede il podestà del Fri- gnano per conto dei Bolognesi, come appare dagli statuti di Bologna del 1250 e del 12528. Però la nobiltà feudale frignanese, rinvigorita anche perché aiutata dal popolo, che non voleva sa- perne di soggezione né a Modenesi né a Bolognesi, aveva potuto riprendere ad uno ad uno i castelli ai Bolognesi, e instaurare le antiche signorie feudali. Ed infine anche il castello di Sestola era cadu- to in mano dei Montecuccoli dopo il 1260; e così la dominazione bolognese sul Frignano era venuta a cessare. I nobili Frignanesi avevano riattivato ovunque il feudalismo, indipendente dall’autorità di qualsiasi Comune Cittadino; e ciò perché i Modenesi non avevano osato far valere i loro diritti sul Frignano, per tema dei Bolognesi, e questi, distratti da altre gravi cure, non si erano più occupati dei turbolenti Frignanesi. Ma il disinteressamento dei Bolognesi poteva però da un momento all’altro cessare, se i Modenesi avessero tentato la conquista armata del Frignano stesso. I Frignanesi in tale evenienza avrebbero certamente ricorso per aiuto ai Bolognesi; nel qual caso una guerra tra Modenesi e Bolognesi sareb- be stata inevitabile. Ed i Modenesi, memori della dura sconfitta della Fossalta del 1249, non vole- vano certo sobbarcarsi in una nuova guerra contro i Bolognesi, coi quali allora erano in pace.

I nobili del Frignano, scaduta la tregua del S. Pietro del 1275, ripresero, come si è detto, la guerra, ma senza ardore. Ormai stanchi e con scarsi seguaci, non avevano forze bastevoli per l’assalto e per l’assedio dei castelli avversari. La guerra si esauriva da sé. Non più battaglie e lunghi assedi, ma in- cendi, devastazioni di raccolti, taglio di viti, uccisione di bestiame, rapine, ecc.: tutti danni che si ri- versavano più sul popolo che sui feudatari. Perciò il popolo, bramoso di pace, cominciò a ribellarsi ai feudatari; ed alcuni fra i meno potenti furono cacciati dai loro castelli, che vennero occupati dalle Comunità e dagli uomini del luogo. Parecchie di queste Comunità, nel timore di vendette da parte dei nobili cacciati e dei loro aderenti, offrirono allora sottomissione ai Modenesi, pregandoli del loro aiuto e di venire a metter pace nel Frignano. Al Comune di Modena non parve vero di cogliere il destro di impossessarsi del Frignano, senza cor- rere grave rischio, sicuro come era che il popolo frignanese, ansioso di pace, l’avrebbe aiutato nel tener a freno i feudatari; e nella primavera del 1276 spedì colà un esercito a procurare la pacifica-

7 G. BUCCIARDI, e le Terre della Badia di Frassinoro, Modena 1928, vol. II, p. 188. 8 A. SORBELLI, Il Comune rurale dell’Appennino Emiliano nei secoli XIV e XV, Bologna 1910, p. 111. 2 zione di quella regione. Questo esercito, più di parata che di conquista, coll’appoggio del popolo e senza ricorrere a combattimenti, ebbe in brevi giorni ragione della riottosa nobiltà frignanese; la quale, perché indebolita dalle incessanti lotte ed abbandonata dai suoi seguaci, fu incapace di far se- ria resistenza. I Modenesi, con molto tatto politico, non inveirono contro i nobili del Frignano, e neppure tentaro- no o fecer mostra di volerne occupare i castelli; ché anzi furono larghi di premure verso di essi, per attirarli alla loro devozione e farseli amici. Solo pretesero che, assieme ai sindaci delegati di tutte le Comunità frignanesi, si portassero a Modena per discutere ed accettare le convenzioni statutarie di pace, che dovevano stipularsi tra il Comune di Modena ed il Frignano.

3. Convenzioni statuarie tra il Comune di Modena e il Frignano

Ottenuta così, almeno in via provvisoria, la pacificazione del Frignano, il Comune di Modena, retto dal partito guelfo degli Aigoni, sul principio del giugno 1276 comandò che tutti i nobili feudatari del Frignano ed i sindaci delegati delle singole Comunità frignanesi si portassero a Modena, per concordare, accettare e giurare i patti della pace tra il Comune di Modena ed il Frignano. I nobili del Frignano, artefici delle continue discordie nella montagna, si portarono, quantunque a malincuore, alla città, ove si conclusero i patti statutari tra il Comune di Modena ed il Frignano, ap- provati poi dai Consigli Generali del Comune e del popolo modenese nei giorni 25 e 26 giugno 1276, trascritti nelle Riformagioni dei detti Consigli dal notaio Nicolò Crescentini, e letti e pubbli- cati da Modenese di frate Valentino, altro notaio. Il lungo documento di queste convenzioni di pace, che trovasi trascritto nel Registrum Antiquum del Comune di Modena9, fu pubblicato dal Tiraboschi10 sotto l’anno 1276 e l’indizione quarta, ma sen- za indicare né il mese né il giorno. Ma da una postilla all’atto stesso, che il Tiraboschi non avvertì, abbiamo la data precisa. Dice que- sta postilla, aggiunta in fine al documento: Que omnia predicta pacta lecta et publicata fuerunt per me Mutinensem notarium in Consiliis Generalibus Communis et populi, coadunatis in palacio Communis Mutine; et in ipsis Consiliis approbata fuerunt predicta pacta, facto partito ad fabas, in eodem millesimo et indictione, et die Jovis VI exeunte Junio, et die Veneris V exeunte Junio, ut in reformationibus dictorum Consiliorum, scriptis manu Nicholay Crexentini notarii, continetur. Onde viene così accertato che il documento di questa convenzione di pace fu rogato il 25 e 26 giu- gno 1276; mentre finora la data era fissata molto vagamente all’anno 1276. Prima però che si iniziasse nel Consiglio Generale di Modena il dibattito sulle convenzioni statuta- rie col Frignano, Ugolino da , banditore del comune, annunziò che il capitano del popolo, i suoi giudici, il suo milite ed il suo notaio sarebbero stati tutti indennizzati dal Comune di Modena di ogni danno e di ogni spesa, che essi avevano sopportato o fossero per sopportare per gli statuti o patti convenzionali che stavano per discutersi, in riguardo al Frignano ed ai Frignanesi11.

Gli statuti e patti, deliberati il 25 e 26 giugno 1276 tra il Comune di Modena ed il Frignano, furono i seguenti: 1. I giuramenti fatti e le obbligazioni vicendevolmente stabilite tra i Frignanesi ed il Comune di Modena, al tempo del podestà Salinguerra da Ferrara (1205)12 ed al tempo del podestà Rolando Rangoni (1240)13, dovranno rinnovarsi integralmente, salvi i patti seguenti. 2. Il Comune di Modena assume la difesa e la protezione dei Frignanesi, delle loro cose, ca- stella e terre, contro chiunque; e curerà che i Frignanesi possano permanere con sicurezza nel Fri- gnano ed i qualunque altro luogo della città e del distretto modenese.

9 Archivio del Comune di Modena; Registrum Antiquum n. 430. 10 TIRABOSCHI, Cod. Dipl. V, p. 81. 11 Arch. Notarile di Modena; anno 1276; n. 2076*. 12 TIRABOSCHI, Cod. Dipl. IV, pp. 39 e 41, docc. 669 e 670. Vedi anche: G. BUCCIARDI, Montefiorino, ecc., vol. II, p. 29 13 TIRABOSCHI, Cod. Dipl. V, p. 17, doc. 814. Vedi anche: G. BUCCIARDI, Montefiorino ecc., vol. II, pp. 77 e 78. 3 3. Il Comune di Modena si impegna di far in modo che i Frignanesi permangano in buono e pacifico stato, e che tanto le persone che le cose loro non ricevano molestia alcuna. 4. Tutti i Capitani e nobili del Frignano, tutte le Comunità, tutti i luoghi e tutte le università, ed inoltre tutti gli altri uomini del Frignano medesimo debbono giurare fede guelfa, e di seguire la parte degli Aigoni della città di Modena. 5. Essendo che i Frignanesi, causa la guerra, sono distrutti e immiseriti, talché non possono pagare i loro debiti, si stabilisce che se il debito è inferiore a tre lire modenesi si soddisfi entro un anno; se poi supera le tre lire modenesi si soddisfi entro un triennio, escludendo qualsiasi usura, pe- na, danno o interesse, decorso o da decorrere. 6. Restano cassate e abrogate tutte le rappresaglie ordinate tra il Comune di Modena ed il Frignano, per qualsiasi causa, tanto contro le Comunità quanto contro le singole persone. 7. Verrà concesso al Frignano il mercato delle vettovaglie, colle stesse norme che regolano gli altri mercati del Modenese. 8. Non verrà più accolta alcuna accusa o denunzia, intorno a qualsiasi ingiuria commessa per l’addietro da un Frignanese verso alcuno della città o del distretto di Modena, e viceversa; restando cassate ed annullate tutte le accuse e le denunzie in corso, sulle quali non verrà pronunciata senten- za alcuna. 9. Se il comune di qualche città od università, od altri uomini, commettessero qualche ingiu- ria verso i Comuni, le università e le singole persone del Frignano, il Comune di Modena sarà tenu- to a difendere i Frignanesi, virilmente e potentemente, con tutte le sue forze. 10. Se alcun Frignanese vorrà farsi cittadino modenese, dovrà essere accettato secondo gli statuti del Comune di Modena, e godrà di tutti i benefizi concessi agli altri cittadini modenesi. 11. Non si renderà giustizia ad alcuno contro un Frignanese, se prima non avrà pagato ogni debito che egli tenesse verso il Frignanese medesimo; o se prima non verrà estinto ogni debito nel quale egli fosse garante pel Frignanese, o fosse garante verso terzi solidalmente col Frignanese stes- so. 12. Se alcun Frignanese, possessore di beni nel territorio bolognese, ricevesse danno nei det- ti beni per causa di essersi assoggettato ai Modenesi, il Comune di Modena lo indennizzerà di ogni perdita, sulla stima di due probiviri modenesi, di cui uno eletto dal Comune di Modena e l’altro e- letto dal Frignanese danneggiato. 13. Tutti i Frignanesi, tanto nobili che popolari, saranno obbligati a venire e restare in guerra assieme al Comune di Modena, tutte le volte che la città di Modena proclamerà esercito generale; ed anche quando due porte (o quartieri) od anche una sola porta (o quartiere) della città di Modena moveranno in guerra assieme agli uomini del territorio modenese. 14. Il Comune del Frignano (ossia la Federazione delle singole Comunità frignanesi) avrà, per ogni sei mesi, un solo podestà, un solo giudice, ed un solo notaio, per conto del Comune di Mo- dena, da eleggersi nel modo seguente: I Frignanesi dovranno, ogni sei mesi, proporre per iscritto quattro persone per la carica di podestà, tutte della città di Modena e di fede guelfa o Aigona; due delle quali appartengano alla parte nobile e due alla parte popolare, ed uno per ogni porta (o quartiere) della città di Modena. Similmente pro- porranno quattro persone per la carica di giudice e quattro persone per la carica di notaio del pode- stà. I quattro nomi per la carica di podestà verranno imbussolati alla presenza del Consiglio Generale del Comune di Modena; ed il nome, che sortirà per primo dall’estrazione a sorte, sarà unico podestà del Frignano, per entrambe le fazioni frignanesi, e tanto pei nobili che pei popolari, per conto del Comune di Modena, per i sei mesi successivi. Se il primo sorteggiato rifiutasse la carica, sarà podestà il secondo il secondo estratto; se anche il secondo rifiutasse, sarà podestà il terzo estratto: e così di seguito. Allo stesso modo verrà sorteggiato il giudice ed il notaio del Frignano.

4 Il podestà, il giudice ed il notaio del Frignano, scaduti dopo i sei mesi dall’ufficio loro, non potran- no più essere rieletti prima di due anni; e neppure potranno, entro i due anni, essere eletti a queste cariche membri delle loro famiglie. Il Comune del Frignano pagherà, per stipendio e rimborso spese nei sei mesi dell’ufficio, lire due- cento modenesi al podestà, lire cento al giudice e lire trenta al notaio. Il notaio avrà inoltre i proven- ti delle scritture, secondo gli statuti e le consuetudini vigenti nel Frignano14. 15. Il Comune di Modena avrà piena giurisdizione e il mero impero in tutto il Frignano su tutte le cause criminali; in maniera che né il podestà del Frignano, né il suo giudice né alcun altro ufficiale frignanese possa mai intromettersi in dette cause criminali, che saranno di intera ed esclu- siva competenza del Comune di Modena. Sulle altre questioni, liti e controversie civili e pecuniarie vertenti nel Frignano, riflettenti i vassalli, i manenti e gli ascrittizi, e sulle altre questioni che si svolgeranno fra i nobili del Frignano o qualcu- no di essi da una parte, e i popolari del Frignano o qualcuno di essi dall’altra parte, sarà competente a decidere il podestà o il giudice del Frignano. Su tutti i debiti e su tutte le questioni vertenti tra un Frignanese ed uno che non sia né della città né del distretto di Modena, sarà competente a decidere il podestà o il giudice del frignano, secondo gli statuti vigenti nel Comune del Frignano: statuti che però dovranno essere approvati dal Comune di Modena. Dal podestà o dal giudice del Frignano potranno essere istituiti tutori e curatori, ed assegnati gli a- limenti. Tutte le questioni vertenti tra i nobili del Frignano verranno dibattute e terminate nella città di Mo- dena, salvo che entrambi i nobili contendenti accettino di sottostare al giudizio del podestà del Fri- gnano. Le cause in appello però si dibatteranno e si decideranno sempre nella città di Modena. 16. I castelli e i fortilizi del Frignano non potranno venir distrutti dal Comune di Modena, se non in seguito a delitto commesso; dovendosi, in tal caso, secondo gli statuti del Comune di Mode- na, distruggere e devastare i beni dei malfattori. Se un delitto verrà commesso da un Frignanese, per cui i beni suoi debbano essere devastati, solo i beni del malfattore si devasteranno; e non verrà distrutto un castello o un fortilizio, quando il mal- fattore possedesse solo una parte del castello o del fortilizio. I Frignanesi (se non saranno dichiarati in bando dal Comune di Modena per delitti), potranno stare ed abitare nei loro castelli e fortilizi, dando buona ed idonea garanzia al Comune di Modena di tene- re e conservare i castelli e i fortilizi medesimi ad onore e difesa del Comune e del popolo modenese. Per un delitto commesso da alcuno del Frignano, un altro non verrà né punito, né condannato, né confinato, né in alcun modo molestato; ma si procederà unicamente contro il reo del delitto. I Frignanesi saranno obbligati ad osservare tutti gli statuti del Comune di Modena; e specialmente quanto riguarda le vettovaglie, che non dovranno esportarsi dal territorio modenese. 17. Sarà resa giustizia a Rodolfo (del fu Rainuccino) de’ Gualandelli del Frignano15, circa la dote della defunta sua sorella (che andò sposa nella famiglia da Parma, in domo illorum de Parma), contro gli eredi e i beni dei predetti da Parma. 18. La Rubrica degli statuti modenesi, che stabilisce non potersi eleggere un potente, un no- bile o un magnate, a podestà, console o rettore di un castello o di una terra, dovrà osservarsi anche pei Capitani del Frignano, ma solo per quanto riguarda il Frignano; perché nel restante territorio modenese i Capitani del Frignano potranno essere eletti podestà, consoli o rettori di un castello o di una terra. 19. Nessuno della città o del distretto di Modena potrà in avvenire costituire suo vassallo al- cuno del Frignano, che sia già vassallo, manente o ascrittizio di un nobile del Frignano.

14 Qui v’è un accenno a statuti frignanesi, sfortunatamente perduti. Vedi, a questo proposito: A. SORBELLI, Il Comune rurale dell’Appennino Emiliano nei secoli XIV e XV, Bologna 1910, p. 137. 15 Rodolfo del fu Rainuccino dei Gualandelli era signore di , unitamente ad altri della progenie dei Gualan- delli. 5 20. I Capitani del Frignano saranno cittadini di Modena, e come tali saranno ritenuti e tratta- ti; e non saranno obbligati ad abitare in città che il tempo stabilito dai patti anteriori16. I detti Capitani del Frignano potranno essere eletti agli uffici del Comune di Modena; ed almeno due di essi, per ciascuna porta (o quartiere) della città, dovranno far parte del Consiglio Generale del Comune di Modena. L’elezione di essi agli uffici resterà però in arbitrio del capitano del popolo modenese. 21. Chiunque Frignanese che detenga in possesso beni occupati ingiustamente o colla vio- lenza, dovrà restituirli al legittimo proprietario. Per troncare le controversie, il podestà ed il capitano di Modena compiranno una sommaria inchiesta; e, senza strepito di giudici, decideranno, entro un mese dall’inizio, le cause che dovessero accendersi. 22. Tutte le reciproche promesse fatte e tutte le obbligazioni assunte per l’addietro in occa- sione di paci nel Frignano, e tutte le penalità che dovrebbero essere pagate per paci infrante o per danni recati o per delitti commessi nel Frignano stesso, non avranno più alcun valore; e si conside- rano cassate ed annullate totalmente, come se mai fossero esistite; in maniera che un Frignanese non potrà mai più vantare diritti verso l’altro a questo riguardo. 23. Se alcun Frignanese, sia nobile che popolare, detiene la carica di podestà di una terra, di un castello, di una villa o di una località del Frignano, a lui data o concessa da quegli uomini per l’addietro, deve abbandonare immediatamente questa carica, e considerare nulla la sua nomina. 24. Il podestà, il capitano e i ventiquattro Difensori del popolo modenese ed inoltre i com- ponenti il Consiglio del Comune e del popolo modenese dovranno giurare sulle loro anime di osser- vare in perpetuo queste convenzioni, che dovranno essere trascritte negli statuti del Comune e del popolo modenese. Per meglio poi assicurare i Frignanesi dell’osservanza dei patti da parte dei Modenesi, il Comune di Modena darà per garante il Comune di Parma.

Queste convenzioni di pace dovevano, nell’intenzione del Comune di Modena, segnare la fine delle discordie nel Frignano. E infatti i Modenesi avevano studiato di sopprimere tutte le cause dei conflitti, togliendo alla nobiltà frignanese l’ingerenza diretta nel Comune del Frignano, e lasciando ad essa solo gli onori signorili ed i diritti sui castelli, sui vassalli, sui manenti e sugli ascrittizi, ma sotto la sovranità e la controllata sorveglianza del Comune di Modena. I Modenesi concedevano in cambio alla nobiltà frignanese va- ri privilegi in città e nel distretto modenese, per attirarla alla città, dove sarebbe stata meglio vigila- ta; e allontanarla dal Frignano, dove da un momento all’altro poteva far rinascere le antiche turbo- lenze. Il popolo frignanese aveva poi fatto un gran balzo avanti; e, se in molti luoghi si era parificato nei diritti alla nobiltà, in parecchi altri si era a questa totalmente sostituito. Per togliere poi ogni pretesto al rinfocolarsi degli antichi odi, erano state (coll’art. 22) annullate tut- te le obbligazioni, le promesse e le penalità stabilite in occasioni di precedenti paci. Così ad esempio, Matteo I Montecuccoli – che, come vedemmo, era venuto meno alla promessa giurata di dar sua figlia Baruffaldina in moglie a Giovanni Boschetti – veniva esonerato formalmen- te da un impegno, che ormai non avrebbe potuto più adempire; né Giovanni Boschetti poteva più reclamare danni, o rinfacciare al Montecuccoli la mancata fede, perché tale promessa era considera- ta come non fosse mai esistita.

16 Secondo il giuramento prestato al Comune di Modena da alcuni nobili Frignanesi il 10 settembre 1197, essi erano ob- bligati ad abitare in città per tre mesi dell’anno in tempo di pace, e per tutto l’anno in tempo di guerra (TIRABOSCHI, Cod. Dipl. IV, pp. 22-23). 6 4. I nobili da Montecuccolo, con alcuni loro seguaci ed alcune Comunità, si assog- gettano ai Modenesi

Lette ed approvate le convenzioni di pace tra il Comune di Modena ed il Frignano nei Consigli Ge- nerali del 25 e 26 giugno 1276, si passò il giorno seguente a ricevere il giuramento di fedeltà dai nobili del Frignano e dai rappresentanti delle Comunità frignanesi. Primi a presentarsi (forse in mattinata) nel palazzo comunale di Modena, dinanzi al Consiglio Gene- rale, furono Matteo I da Montecuccolo (agente per sé, per la sua famiglia e per Andrea da Monzo- ne), Aldrovandino da Verica, Filippo Boito e Giacomo da Paderno, agenti anche per tutti i loro se- guaci; accompagnati dai rappresentanti delle Comunità di Chiagnano, Benedello, Iddiano, Monte- cuccolo, Burgone17 e Santa Maria Lungana18. Zaccaria Mascarini fu il sindaco delegato per l’accettazione della sottomissione, di cui fu steso atto dal solito notaio, Modenese di frate Valentino. Matteo I Montecuccoli ed i suoi seguaci promisero a Zaccaria Mascarini di consegnare e di restitui- re al Comune di Modena la rocca e il castello di Chiagnano, il castello di Benedello, il castello di Sestola, e tutti gli altri castelli, fortilizi e terre che essi tenevano nel Frignano, eccetto il castello di Monteforte19; frattanto però dovevano tenerne il possesso, coll’obbligo di custodirli a nome e vece del Comune di Modena e del popolo modenese, e con promessa di mantenere i patti stabiliti tra il Comune di Modena ed il Frignano, sotto la penale di mille marche d’argento. Undici nobili modenesi di parte guelfa o Aigona, scelti nelle principali famiglie, diedero sicurtà pei Montecuccoli e pei loro seguaci, e cioè: Corradino Munari, Guido Guidoni, Gherardo da Balugola, Bernardo da , Francesco da Balugola, Nicolò Boschetti, Tommasino da Lovoleto, Guido da Spezzano, Ermannino Malguzzardi, Ermannino Munari e Gigliolo Poltonieri. Infine il Montecuccoli ed i suoi seguaci giurarono in pieno Consiglio Generale ad Sancta Dei E- vangelia, tacto libro sottomissione e fedeltà al Comune di Modena; e il sindaco modenese giurò a sua volta che il Comune di Modena avrebbe osservato i patti convenuti20.

Dopo i nobili, si presentarono i rappresentanti di alcune Comunità frignanesi appartenenti alla fa- zione dei Montecuccoli, e cioè: 1. Zaccaria del fu Guizzardino dalla Rocca, e Sperindio del fu Jacopino da Chiozza, sindaci della fazione intrinseca del Comune di Chiagnano21; 2. Ubertino del fu Rainuccino da Serrazzese, sindaco della fazione intrinseca del Comune di Benedello22; 3. Giovanni del fu Bartolomeo dal Castello di Iddiano, sindaco della fazione intrinseca del Comune di Iddiano23; 4. Jacopino da Lamola, sindaco del Comune di Montecuccolo, non che del Comune di Bur- gone24;

17 Burgone: Comunità nella Pieve di Renno. 18 S. Maria Lungana: Comunità nella Pieve di Renno. 19 Si escludeva il castello di Monteforte, perché era in possesso di Azzo da Serrazzone, il quale non intendeva assogget- tarsi ai Modenesi. 20 Arch. del Comune di Modena; Reg. Ant. nn. 432, 435, 436. 21 I due sindaci della parte intrinseca di Chiagnano erano stati nominati da 44 uomini, adunati a Consiglio per ordine di Arduino dalla Costa capitano della rocca di Chiagnano, come da atto rogato nella rocca di Chiagnano dal notaio Bono da Chiagnano il 15 giugno 1276 (Reg. Ant. n. 469). 22 Il sindaco della parte intrinseca di Benedello era stato nominato da 34 uomini, adunati a Consiglio avanti il ponte del castello, ante pontem dicti castri, come da atto rogato in detto luogo dal notaio Benedetto da Coscogno il 16 giugno 1276 (Reg. Ant. n. 472). 23 Il sindaco della parte intrinseca di Iddiano era stato nominato da quegli uomini, adunati a Consiglio nel castello di Iddiano, come da atto rogato nel detto castello dal notaio Uberto del fu Pietro da Iddiano, il 16 giugno 1276. L’atto non dà il numero degli intervenuti al Consiglio (Reg. Ant. n. 484). 24 Il sindaco di Montecuccolo e di Burgone era stato nominato dagli uomini delle Comunità di Montecuccolo e di Bur- gone (costituenti la Curia di Montecuccolo), adunati a Consiglio nel Borgo di Montecuccolo per ordine di Gherardo Pa- 7 5. Bosetto del fu Pizzolo, sindaco del Comune di Santa Maria Lungana25. I predetti sindaci delle Comunità di Chiagnano, Benedello, Iddiano, Montecuccolo, Burgone e S. Maria Lungana promisero a Zaccaria Mascarini di consegnare al Comune di Modena le terre e i ca- stelli dei Comuni da essi rappresentati. Anche a queste Comunità fu imposta la penale di mille marche d’argento, per la quale si costituiro- no fideiussori gli stessi undici nobili modenesi sopra nominati. Indi i predetti sindaci delle Comunità di Chiagnano, Benedello, Iddiano e S. Maria Lungana giura- rono in pieno Consiglio Generale ad Sancta Dei Evangelia, tacto libro sottomissione e fedeltà al Comune di Modena; e Zaccaria Mascarini, sindaco del Comune di Modena, giurò dal canto suo che i Modenesi avrebbero osservato i patti convenuti26. Il perché si astenne dal giurare il sindaco di Montecuccolo e di Burgone, verrà più avanti spiegato.

5. I nobili da Montegarullo, con alcuni loro seguaci, si assoggettano al Comune di Modena

Nello stesso giorno 27 giugno 1276 (ma forse nel pomeriggio) Bazzalerio del fu Radaldino da Mon- tegarullo, Guido di Bonifacio da Marzo, Manfredino del fu Giovanni Rastaldi, e Parisello del fu Ja- copo Serafinelli, a nome anche dei loro amici ed aderenti, si presentarono nel palazzo del Comune di Modena, e promisero a Zaccaria Mascarini, sindaco del Comune di Modena, di consegnare ai Modenesi il castello di , la rocca di Miceno, il castello di Roncoscaglia, e tutti gli altri castel- li, terre e fortilizi che essi tenevano nel Frignano, eccetto il castello di Montecreto27. Anche i nobili da Montegarullo e loro seguaci furono lasciati in possesso di tutti i loro castelli, delle ville, delle terre e dei fortilizi che possedevano nel Frignano, purché li conservassero a nome e vece del Comune e del popolo modenese; e colla promessa di mantenere i patti stipulati, sotto la solita penale di mille marche d’argento. Altri undici nobili modenesi di parte guelfa o Aigona, scelti nelle principali famiglie, diedero sicurtà per loro, e furono: Ugolino da Savignano, Garzone de’ Garzoni, Filippo degli Azzolini, Cortapelle dal Nonantola, Nordilio da Levizzano, Oddone Pietrorossi, Guglielmo Pellegrini, Alberto de’ Presu- li, Alberto da Ganaceto, Bartolomeo de’ Bonamici e Rainero da Balugola. Per ultimo, Bazzalerio da Montegarullo e i suoi seguaci giurarono in pieno Consiglio Generale ad Sancta Dei Evangelia sottomissione e fedeltà al Comune di Modena; e Zaccaria Mascarini, sindaco modenese, giurò a sua volta che il Comune di Modena avrebbe osservato i patti conclusi28. Dopo di che, Rainero del fu Rainuccino da Balugola, uno dei garanti, elevò protesta contro la ces- sione al Comune di Modena della rocca e della curia di Miceno29. Per intendere il significato di questa protesta bisogna riflettere che Rainero da Balugola era marito di India, cugina di Bazzalerio da Montegarullo; e non voleva rinunciare ai diritti che sua moglie In- dia da Montegarullo poteva avere sulla rocca e sulla curia di Miceno.

risi capitano del Comune e della Curia di Montecuccolo, come da atto rogato in detto luogo dal notaio Rainero Guido- pizzoli da Baggiovara, il 14 giugno 1276. A questo Consiglio presero parte 193 uomini del Comune di Montecuccolo, e 7 uomini del Comune di Burgone col suo massaro Viviano; in tutto 200 uomini. Figura fra i testimoni all’atto notarile Domenico prete-rettore della chiesa di Montecuccolo (Reg. Ant. n. 465). 25 Il sindaco di S. Maria Lungana era stato nominato da otto uomini, adunati a Consiglio in Pradore Maiore, come da atto rogato in detto luogo dal notaio Guarino fu Oprandino da Renno, il 14 giugno 1276 (Reg. Ant. n. 475). 26 Reg. Ant. nn. 433, 435, 436. 27 Si escludeva il castello di Montecreto, perché era in possesso di alcuni membri della progenie dei Gualandelli, i quali non intendevano assoggettarsi ai Modenesi. 28 Reg. Ant. nn. 434, 436. 29 Arch. Notarile di Modena; anno 1276, n. 2080*. 8 6. La Comunità di si assoggetta al Comune di Modena

Il Comune di Fiumalbo era uno di quei Comuni del Frignano che (probabilmente durante la guerra del 1275) si era emancipato dai feudatari, e si reggeva da sé con proprio podestà e proprio Consi- glio. La forte rocca di Fiumalbo era in dominio di quel Comune, cosicché quel podestà si intitolava: po- testas Communis et hominum et roche de Flumalbolo. Il Comune di Modena si era potuto facilmente intendere coi Fiumalbini, perché non v’erano di mez- zo feudatari; ed aveva ottenuto che Fiumalbo, prima di tutti gli altri Comuni del Frignano, nominas- se un sindaco o nunzio per recarsi a Modena onde giurare sottomissione al Comune Cittadino. Infatti, fin dal 7 giugno 1276, Ugolino della Berta da Fiumalbo era stato nominato sindaco di quel Comune con atto del notaio Giacomo di Guido30, rogato apud portam arcis de Flumalbo dal Consi- glio ivi adunato per ordine di Martino di Guido e di Migliore Albertini, vicari di Rinalduccio de’ Cancellieri podestà di Fiumalbo. A questo Consiglio Generale del Comune di Fiumalbo erano intervenuti il massaro Luchesio Agnel- lini, con undici consiglieri: Giacomo di Guido, Benvenuto Bernardi, Giovanni Albertini, Giovanni Ugolini, Luchesio del Prete, Forte Bonfiglioli, Ugobono Berlinghieri, Bonaventura di Martino Bo- naccorsi, Ugolino della Guglielma, Bondì Rodolfini e Forte Paganelli, ed inoltre altri 84 uomini. Sia perché il mandato non fosse abbastanza chiaro ed esplicito, sia perché mancante di qualche for- malità, il Comune di Modena non dovette ritenerlo valido, perché fu rifatto il 24 giugno successivo, a cura dello stesso notaio Giacomo di Guido, che lo rogò apud Ecclesiam de Flumalbolo. Questa seconda volta il Consiglio fu adunato ad sonum campanarum more solito, apud Ecclesiam Sancti Bartholomei de Flumalbolo per ordine dei medesimi due vicari del podestà Rinalduccio de’ Cancellieri31. Ugolino della Berta di Fiumalbo, riconfermato sindaco del Comune di Fiumalbo, cinque giorni do- po, ossia il 29 giugno, in Modena, nel palazzo nuovo del Comune, avanti al Consiglio Generale, e- saurì il suo mandato, giurando fedeltà ai Modenesi et tenere et custodire rocham de Flumalbine ad honorem et defensionem Communis et populi Mutine32.

7. I nobili dalla Verrucchia e da Montalbano rappacificati

Durante la guerra del Frignano del 1275 erano accaduti gravi conflitti tra i nobili dalla Verrucchia ed i nobili da Montalbano: fautori i primi del partito dei Montecuccoli, i secondi del partito dei Montegarulli. Oddolino, capo della famiglia da Montalbano, era ricorso alla protezione del Comune di Modena contro i prepotenti signori dalla Verrucchia; ed il Comune di Modena aveva dichiarato il bando con- tro i nobili dalla Verrucchia, e ne aveva confiscati i beni che essi possedevano nel Modenese. Non curanti del bando lanciato contro essi dal Comune di Modena, i fieri signori dalla Verrucchia, che abitavano nel forte castello di Montespecchio, avevano continuato nelle ostilità contro Oddolino da Montalbano; ma poi, visto il movimento generale del Frignano verso il Comune di Modena, ri- tennero che non fosse prudente mantenere un atteggiamento ostile verso i Modenesi, e si disposero per la sottomissione. Ma, per arrivare ad ottenere la cancellazione del bando, bisognava prima far pace con Oddolino da Montalbano.

A questo scopo il 29 giugno 1276 i tre fratelli Ugolino, Gosberto ed Ubaldo del fu Bonifacio dalla Verrucchia, gli altri tre fratelli Bonifacio, Gaetano e Serafinello del fu Parisio dalla Verrucchia, i- noltre Cacciaguerra di Bastardo di Parisio dalla Verrucchia, e Bonaparte di Bastardo di Serafinello

30 Reg. Ant. n. 480. 31 Reg. Ant. n. 468. 32 Reg. Ant. n. 437. 9 dalla Verrucchia, costituirono in loro procuratori e nunzi speciali Matteo I da Montecuccolo ed Al- bertone da Monterastello, col preciso ed esplicito mandato, prima di tutto di eleggere gli arbitri per la pace con Oddolino da Montalbano e cogli altri uomini con cui erano in guerra e discordia, pro- mettendo di osservare e di uniformarsi al lodo arbitrale, sotto l’obbligazione di tutti i loro beni; in secondo luogo di recarsi a Modena per accettare, a nome di essi mandanti, i patti concordati tra il Comune di Modena ed il Frignano, giurando in pari tempo fedeltà ai Modenesi, sotto la penale di mille lire di Modena; in terzo luogo di ottenere dal Comune di Modena la cancellazione da tutti i bandi e da tutte le condanne, e la restituzione di tutti i diritti e beni dei quali essi erano stati spoglia- ti. L’atto di costituzione di questo mandato fu rogato dal notaio Terzone da Montespecchio, apud Ec- clesiam de Montespeculo, presente, fra i testimoni, Rainero prete-rettore della chiesa di S. Michele di Montespecchio (figliale della pieve di Maserno)33. Non abbiamo documenti per conoscere la conclusione della pace tra i nobili dalla Verrucchia e Od- dolino da Montalbano, e neppure per sapere se le richieste dei signori dalla Verrucchia fossero state esaudite dal Comune di Modena. Ma convien credere che tutto in breve si appianasse, perché l’8 lu- glio seguente vedremo il castello di Montespecchio essere oggetto di occupazione da parte dei Mo- denesi, consenzienti i Capitani dalla Verrucchia ed il popolo di Montespecchio.

8. Altri nobili del Frignano si assoggettano al Comune di Modena

Il 30 giugno 1276 Ermannino di Cacciaguerra da Sassoguidano, signore del castello di Sasso- guidano, agendo per sé, per la sua famiglia e per 31 suoi seguaci del Frignano (fra i quali Alberto Nascinguerra, Dosio degli Obizzini, il maestro Vinolo ed il medico Bonetto), si portò a Modena nel palazzo del Comune, e giurò fedeltà ai Modenesi e di consegnare loro il castello di Sassoguidano; sotto la penale di mille lire imperiali, e dando per fideiussori i nobili modenesi Maiacozzo de’ Pre- suli e Pietro Pico34. Lo stesso giorno Guglielmo Grimaldi, Jacopo Grimaldi, Giovanni figlio di Bartolomeo de’ Buoi, e Accarisio figlio di Bonifacio da Marzo giurarono nel palazzo comunale di Modena fedeltà a quel Comune, e di consegnare ai Modenesi tutti i castelli, luoghi e fortilizi che tenevano nel Frignano, sotto la penale di mille marche d’argento35. Il giorno medesimo Bonaccorso da Serrazzone per sé e per il figlio Jacopino, Taddeo del fu Lan- franco da Serrazzone per sé e per i fratelli Bartolomeo e Corradino, Tommasino del fu Dosio dei Gualandelli e Guiduccio del fu Teberto dei Gualandelli si assoggettarono ai Modenesi, giurando ad essi fedeltà nel palazzo del Comune di Modena, sotto la penale di mille marche d’argento36. Il giorno seguente 1° luglio Bonifacio da Marzo prestò poi giuramento di fedeltà ai Modenesi nel palazzo del Comune di Modena, sotto la penale di mille marche d’argento; confermando in tal mo- do il giuramento prestato dal proprio figlio Accarisio il giorno antecedente37.

9. Altre Comunità del Frignano si assoggettano al Comune di Modena

Il 30 giugno 1276 il Comune di Modena ebbe la dedizione del Comune di Sassostorno colla villa di Vaglio. Rappresentante del Comune di Sassostorno era il notaio Gualtiero da Sassostorno38, al quale si unì il nobile Aldrovandino da Verica signore di Sassostorno.

33 Reg. Ant. n. 467. 34 Reg. Ant. n. 438. 35 Reg. Ant. n. 439. 36 Reg. Ant. n. 440. 37 Reg. Ant. n. 440 bis. 38 Il notaio Gualtiero era stato nominato sindaco di Sassostorno da quegli uomini adunati a Consiglio in Sassostorno, come da atto del notaio Pietro da Sassostorno, il 26 giugno 1276. Testimonio all’atto notarile fu, tra gli altri, il prete- rettore della chiesa di Sassostorno di nome Rolando (Reg. Ant. n. 483). 10 Aldrovandino da Verica aveva già giurato il 27 giugno assieme ai Montecuccoli; ma volle rinnovare il giuramento di fedeltà ai Modenesi assieme al notaio Gualtiero, per salvaguardare i suoi diritti di signoria su Sassostorno e Vaglio, minacciati non solo dai Montegarulli signori della vicina villa del- la Gadriana, ma anche dal popolo, che intendeva imitare il finitimo Comune di , il quale si era emancipato dai feudatari.. Si unirono ai suddetti, nel giuramento di fedeltà, anche due rappresentanti della terra di Vaglio39. Fu posta la penale di cento lire imperiali; e fu dato per fideiussore il nobile frignanese Filippo Boi- to40, il quale aveva già giurato il 27 giugno.

Il 2 luglio poi si presentarono nel palazzo del Comune di Modena, e giurarono fedeltà ai Modenesi i rappresentanti delle seguenti Comunità frignanesi, aderenti alla fazione dei Montegarulli: 1. Rustico del fu Martino, sindaco del Comune di Roncoscaglia41; 2. Bernardino del fu Giovannino dal Vesale, sindaco del Comune del Vesale42; 3. Pietro detto Pino, sindaco della fazione intrinseca del Comune di Fanano43; 4. Guerretto del fu Dainesio, sindaco della fazione estrinseca del Comune di Chiagnano44; 5. Pietro del fu Parisio, sindaco del Comune di Castelnovo del Frignano (Montebonello)45; 6. Viviano del fu Rainero, sindaco della fazione estrinseca del Comune di Iddiano46. I predetti sindaci delle sopra indicate Comunità promisero di consegnare al Comune di Modena le terre, i castelli e i luoghi dei Comuni da essi rappresentati, sotto la penale di mille marche d’argento, e colla fideiussione dei nobili modenesi Garzone de’ Garzoni, Oddone de’ Pietrorossi, Giovanni da Savignano, e Melchiorre de’ Presuli47. Lo stesso giorno 2 luglio si presentarono nel palazzo del Comune di Modena Bartolomeo del Fiore, sindaco del Comune di Serrazzone48, e Bernardo Pinelli sindaco del Comune di Montespecchio49, e

39 La terra di Vaglio non formava allora Comunità distinta, ma era una villa del Comune di Sassostorno. 40 Reg. Ant. n. 431. La data portata dal documento, trascritto nel Registrum Antiquum è del martedì 23 giugno, ma è e- vidente l’errore del copista, e che la data doveva essere il martedì 30 giugno; perché il mandato al sindaco Gualtiero fu fatto il 26 giugno. 41 Il sindaco di Roncoscaglia era stato nominato da tutti quegli uomini, adunati a Consiglio nel castello di Roncoscaglia, come da atto rogato in detto castello dal notaio Ubertino da Strettara, il 27 giugno 1276, presente, fra i testimoni, il no- bile Grimaldo de’ Grimaldi (Reg. Ant. n. 478). 42 Il sindaco del Vesale era stato nominato da tutti quegli uomini, adunati a Consiglio nel castello del Vesale, come da atto rogato in detto castello dal notaio Ubertino da Strettara, il 27 giugno 1276 (Reg. Ant. n. 481). 43 Il sindaco della parte intrinseca del Comune di Fanano era stato nominato da quegli uomini adunati a Consiglio in Fanano, come da atto ivi rogato dal notaio Nicolò, il 27 giugno 1276, essendo consoli Pietro del fu Guidotto e Bartolo- meo del fu Levo, essendo massaro Dainesio, ed essendo consiglieri Giacomino detto Gigonzello, Corigetto del fu Gu- glielmo, Bianco, Giacomino di Martino, Ognibene del fu Albertino, e Dondedeo. Concorsero a questo Consiglio altri 91 vicini di Fanano, fra i quali Ottonello di Martino (Reg. Ant. n. 466). 44 Il sindaco della parte estrinseca del Comune di Chiagnano, era stato nominato da 44 uomini di Chiagnano, adunati a Consiglio in Castelnovo del Frignano (Montebonello) il 27 giugno 1276, come da atto ivi rogato dal notaio Tommasino di Bonaccorso da Benedello (Reg. Ant. n. 470). 45 Il sindaco del Comune di Castelnovo del Frignano (Montebonello) era stato nominato da tutti quegli uomini ivi adu- nati in Consiglio, come da atto del notaio Tommasino di Bonaccorso da Benedello, il 27 giugno 1276 (Reg. Ant. n. 482). 46 Il sindaco della parte estrinseca di Iddiano era stato nominato da circa 35 uomini di Iddiano, adunati a Consiglio in Castelnovo del Frignano (Montebonello) il 26 giugno 1276, come da atto del notaio Tommasino di Bonaccorso da Ben- dello ivi rogato (Reg. Ant. n. 473). 47 Reg. Ant. n. 441. Arch. Notarile di Modena; anno 1276, n. 4239*. 48 Bartolomeo del Fiore era stato nominato sindaco del Comune di Serrazzone da quegli uomini, adunati a Consiglio nella casa comunale di Serrazzone in domo Communis Sarazoni, come da atto ivi rogato dal notaio Bettino da Serrazzo- ne, il 29 giugno 1276. Da questo atto si desume che era podestà di Serrazzone lo stesso feudatario Princivallino degli Obizzini da Serrazzone de’ Gualandelli, e che Guido ne era il vicario (Reg. Ant. n. 474). 49 Bernardo (o Bernardino) Pinelli sindaco del Comune di Montespecchio, era stato nominato da quegli uomini adunati a Consiglio nella Chiesa di S. Michele di Montespecchio il 18 giugno 1276, come da atto ivi rogato dal notaio Terzone da Montespecchio. Da quest’atto risulta che erano consoli e rettori della curia di Montespecchio consules et rectores curie Montisspeculi Bonafede Pinelli e Gualando degli Obizzini. Furono testimoni all’atto Rainero prete-rettore della chiesa di Montespecchio ed Ugolino Ribaldo dalla Verrucchia (Reg. Ant. n. 477). 11 giurarono fedeltà al Comune di Modena, entrambi sotto la penale di mille marche d’argento. Pel Comune di Montespecchio si presentarono garanti i nobili modenesi Ottonello de’ Presuli e Tom- masino da Spezzano50.

Il 4 luglio, nel palazzo del Comune di Modena, si presentò per il primo Rolando di Giovannino dal- la Gadriana51, sindaco del Comune della Gadriana52, il quale giurò fedeltà ai Modenesi, sotto la pe- nale di mille marche d’argento, dando per fideiussore il nobile Manfredo della Rosa signore di Sas- suolo53; poi comparvero i due notai Giacomino da S. Andrea Pelago e Bono del fu Bondì da Bari- gazzo, i quali, come sindaci e in nome dell’università e degli uomini della Pieve del Pelago54, giura- rono fedeltà ai Modenesi, sotto la penale di mille marche d’argento, dando essi pure per fideiussore il predetto Manfredo della Rosa55. Quest’ultimo Comune era costituito non solo dalla Pieve del Pelago propriamente così chiamata, ma anche dalle altre universitates del territorio del Pelago, ossia , S. Michele del Pelago, Ba- rigazzo, Flamignatico56, Serpiano, Brocco, S. Andrea Pelago e Roccapelago, riunitesi in fascio57 per meglio difendere la propria libertà dalle insidie dei feudatari, dal giogo dei quali eransi da poco e- mancipate. Benché il loro podestà Paganello da Montechiaro si intitoli potestas totius plebatus Pel- lagi, Fiumalbo, però, pur appartenendo al plebanato della Pieve del Pelago, formava, come si è vi- sto, Comune a sé con proprio podestà.

10. I Modenesi decidono l’occupazione dei castelli del Frignano

Poiché parecchi Comuni del Frignano indugiavano a far atto di sottomissione, e anche fra i nobili v’era chi non si decideva a fare il prescritto giuramento di fedeltà, i Modenesi deliberarono di non soprassedere più oltre; e nominarono due Commissioni, col mandato di recarsi subitamente nel Fri- gnano, e di procedere all’occupazione di parecchi di quei castelli. Una delle Commissioni, composta da Francesco Sterzati giudice del capitano del popolo, dal sinda- co delegato Petricino dal Cò, e dal notaio Modenese di frate Valentino, doveva occupare undici ca- stelli della fazione dei Montecuccoli, e cioè Chiagnano, Benedello, Iddiano, Bibone, Verica, Mon- tecuccolo, Sestola, Serrazzone, Montespecchio, Gaiato e Sassoguidano. L’altra aveva l’incarico di occupare sette castelli della fazione dei Montegarulli, ossia Castelnovo del Frignano (Montebonello), Miceno, Olina, Vesale, Roncoscaglia, Fanano e Scopiano; ed era formata da Dionisio de’ Dionisi milite del podestà di Modena, dal sindaco delegato Guido da S. Mi- chele, e dal notaio Antonio da Ligorzano. Le due Commissioni, con le milizie che dovevano essere lasciate di guarnigione nei singoli castelli, scortate da buon nerbo di truppe, e seguite da molti personaggi modenesi, giunsero nel Frignano nel mattino del 5 luglio 1276; e subito si posero all’opera.

50 Reg. Ant. nn. 442 e 443. 51 Rolando di Giovannino dalla Gadriana era stato nominato sindaco della Gadriana da 16 uomini, adunati a Consiglio presso la chiesa della Gadriana il 1° luglio 1276, come da atto ivi rogato dal notaio Bono del fu Bondì da Barigazzo. Era podestà della Gadriana Bazzalerio da Montegarullo, che era anche il feudatario, e che vi teneva quali suoi vicari Pietro di Maria Bona e Bartolomeo del fu Pietro Bianco. Era massaro di detta terra Ugolino di Giacomo. All’atto notarile fun- ge da testimonio Parisio prete-rettore della chiesa di S. Maria della Gadriana (Reg. Ant. n. 471). 52 La Gadriana: villa presso Sassostorno. 53 Reg. Ant. n. 444. Arch. Notarile di Modena, anno 1276, n. 4251*. 54 I due sindaci della Pieve del Pelago erano stati nominati da quegli uomini adunati a Consiglio nella chiesa di S. Pietro di Flamignatico, per ordine di Paganello da Montechiaro podestà della Pieve del Pelago, il 29 giugno 1276, come da at- to del notaio Giacomino, ivi rogato alla presenza del prete Benincasa rettore dell’ospizio lucchese di Ponte del Popolo, e del prete Bondì rettore della chiesa di S. Pietro di Flamignatico (Reg. Ant. n. 476). 55 Reg. Ant. n. 445. Arch. Notarile di Modena, anno 1276, n. 4252*. 56 Flamignatico: nome scomparso, detto ora Campanilaccio. 57 L’associazione dei Comuni del Pelago durò ben poco, perché già nel 1280 ogni singola università aveva ritornato a costituire Comune separato. 12 Non conveniva attendere; perché da un momento all’altro potevano divampare nuove turbolenze tra le due fazioni e far crollare l’edificio della pace. Delle due fazioni, la più pericolosa e malfida era però quella dei Montecuccoli; e il Comune di Mo- dena doveva invigilarla maggiormente, per togliere ad essa ogni possibilità di qualche inatteso col- po di mano: non ultimo quello che qualche suo castello passasse ai Bolognesi.

11. I Modenesi occupano undici castelli della fazione dei Montecuccoli

Il giorno medesimo del suo arrivo nel Frignano, la Commissione modenese, presieduta dal giudice Francesco Sterzati, iniziò l’occupazione dei castelli della fazione dei Montecuccoli, con la presa di possesso di Chiagnano, alla presenza di Matteo I Montecuccoli signore di quella rocca e di quel ca- stello, ed inoltre di Zaccaria dalla Rocca e di Sperindio da Chiozza sindaci del Comune di Chiagna- no. La rocca, il castello e i fortilizi di Chiagnano furono consegnati a Paolo di Gennaro, capitano pel Comune di Modena, che, coi suoi soldati, si sostituì nella custodia al capitano dei Montecuccoli, Arduino dalla Costa. Furono poi radunati tutti gli uomini di Chiagnano ivi presenti, in numero di 47 (compresi i due sin- daci), per il giuramento di fedeltà al Comune di Modena58. Fatto questo, la Commissione, accompagnata da Matteo I Montecuccoli, si portò al castello di Be- nedello, che fu nello stesso giorno consegnato, coi suoi fortilizi e colle sue possessioni, alla Com- missione, che lo diede in mano al capitano modenese Enrico Sedazzari. A questa consegna presenziarono tanto il Montecuccoli, quanto Ubertino da Serrazzese, sindaco del Comune di Benedello, e 38 uomini del paese, i quali prestarono giuramento di fedeltà al Comune di Modena59. Dopo di che, subito la Commissione modenese partì alla volta di Iddiano, di Bibone e di Verica. Il Montecuccoli invece si diresse al castello di Montecuccolo (ove la Commissione si sarebbe portata il mattino seguente), per preparare (o meglio cercare di impedire) la dedizione di quegli uomini, e forse anche perché in quel momento non spirava buon vento per la nobiltà frignanese in quei tre luoghi di fresco ribellatisi ai feudatari. La consegna del castello di Iddiano, con ogni giurisdizione annessa, fu eseguita dal sindaco di quel Comune, Giovanni del fu Bartolomeo dal Castello, non che dagli uomini della terra. La consegna fu simbolica; perché i Modenesi non diedero in custodia il castello ad un loro capitano, ma, fiduciosi in quel popolo, che si era ribellato ai feudatari, lo lasciarono in consegna al sindaco medesimo e ad altri 20 uomini di Iddiano, i quali giurarono di custodirlo pel Comune di Modena60. Recatisi lo stesso giorno a Bibone (che si era pur esso liberato dei feudatari), i Modenesi, dopo aver ricevuta la consegna di quel castello con ogni giurisdizione annessa dal massaro Giovanni Valenti e dal sindaco Cecco Rainuccini, lo diedero in custodia ai medesimi ed a 18 uomini del paese, che giu- rarono fedeltà61. Senza indugio, da Bibone la Commissione si recò in giornata a Verica, dove trovò festosa acco- glienza dal massaro Bondì di Jacopo, dal sindaco Jacopo di Guido e da altri 60 uomini di quel Co- mune; tutti lieti, non solo per l’arrivo dei Modenesi, ma anche per aver cacciato il feudatario Aldro- vandino da Verica, il quale si era rifugiato nell’altro suo castello di Sassostorno. Anche qui i Modenesi non collocarono un proprio capitano, ma affidarono il castello, dopo averlo occupato, alla custodia del massaro, del sindaco e degli uomini di Verica, sicuri della fedeltà di quella popolazione, che dimostrava loro tanto attaccamento. Indi il massaro, il sindaco e gli altri 60 uomini del paese prestarono giuramento di fedeltà al Comune di Modena62.

58 Reg. Ant. n. 446. 59 Reg. Ant. n. 447. 60 Reg. Ant. n. 449. 61 Reg. Ant. n. 450. 62 Reg. Ant. n. 451. 13 Essendo ormai sera, i componenti la Commissione decisero di pernottare a Verica, per essere poi pronti il mattino seguente a dirigersi al castello di Montecuccolo.

Nella mattinata del 6 luglio la Commissione modenese si presentò davanti al castello di Monte- cuccolo, feudo imperiale dei Montecuccoli. Se i Modenesi si erano illusi di trovare qui una grande adunata di popolo, ansioso di darsi nelle loro braccia per liberarsi dal giogo feudale, come a Verica, dovettero ricredersi. Solo 27 uomini di Mon- tecuccolo e dei dintorni erano presenti; e, fra questi, il capitano del castello Gherardo Parisi e parec- chi diretti dipendenti e vassalli dei Montecuccoli. Mancavano il sindaco e il massaro del comune e la massa del popolo; quantunque gli uomini della curia di Montecuccolo aventi voto in Consiglio fossero almeno 20063. L’assenza della massa del popolo era stata voluta dai Montecuccoli, i quali – se potevano tollerare che negli altri loro castelli, tenuti in feudo per concessione di Vescovi o di Monasteri oppure con- quistati coll’armi, il popolo giurasse fedeltà ai Modenesi – non potevano permettere che a Monte- cuccolo, luogo di loro abituale residenza, ed il cui castello detenevano in feudo per antica diretta in- vestitura imperiale confermata dall’imperatore Ottone IV nel 121264, il popolo si arrogasse ingeren- ze sul castello e giurasse fedeltà ad altri fuorché a loro65. Di fronte ai Modenesi, rispondevano i feudatari anche per il Comune e per gli uomini della curia di Montecuccolo; onde solo i 27 designati da Matteo Montecuccoli (e suoi fedeli a tutta prova) ebbero accesso al castello, ed agli altri fu imposto di allontanarsi all’arrivo dei Modenesi. La Commissione modenese, se non accolta con giubilo, almeno non lo fu ostilmente dai Monte- cuccoli. Infatti Matteo Montecuccoli, lungi dall’opporsi alla consegna della rocca e del castello, la favorì. Sarebbe stato invero dannoso e inutile procurare delle rappresaglie, mentre d’altra parte do- veva ritenere sicuro, che quando il momento propizio fosse giunto, facilmente coll’aiuto dei suoi fedeli avrebbe potuto sopraffare la debole guarnigione modenese ed impossessarsi nuovamente di ogni giurisdizione. Tanto più che, a mente dei patti concordati, egli rimaneva padrone e signore del- la rocca e del castello, e continuava ad abitarvi. Il Montecuccoli ed il suo capitano Gherardo Parisi consegnarono perciò il castello e la rocca di Montecuccolo ai Modenesi, i quali vi posero a guardia un loro capitano, Giovanni da Castellarano, che vi si installò colla sua guarnigione, per custodirli ad honorem potestatis, capitanei et Communis Mutine. Poscia i 27 uomini presenti, – fra i quali il capitano Gherardo Parisi, Pizzolo e Bernardino Parisi, Giovanni dal Monte, Riccobono da Pavullo, Manfredino da Gaianello, Gherardino da Pavullo e Ar- dizzone da Pavullo – giurarono fedeltà al Comune di Modena66. La Commissione modenese, che sostò a Montecuccolo tutta la giornata del 6 luglio, probabilmente vi pernottò; ed al mattino seguente, accompagnata dal Montecuccoli, si trasferì a Sestola.

Il castello di Sestola era quello che più stava a cuore ai Modenesi, perché essi volevano farne il ca- poluogo del Frignano. Onde ebbero maggior cura che altrove per assicurarsene il possesso. I Sestolesi però non nutrivano soverchia simpatia per Modenesi, ed inclinavano piuttosto pei Bolo- gnesi, sotto i quali già erano stati in passato. Anche i nobili da Montecuccolo, che si erano impos- sessati del castello di Sestola, e che nel Sestolese tenevano parecchi manenti e vassalli, non erano da quegli abitanti amati, ma solo temuti.

63 [v. nota 24] 64 G. BUCCIARDI. Montefiorino ecc., vol. II, p. 42. 65 Quando il 27 giugno, a Modena, i sindaci dei Comuni di Chiagnano, Benedello, Iddiano, Montecuccolo, Burgone e S. Maria Lungana – dopo aver promesso che avrebbero consegnato al Comune di Modena le terre e i castelli dei Comuni da essi rappresentati – si prepararono a fare il giuramento di fedeltà ai Modenesi, il sindaco di Montecuccolo e di Bur- gone fu fatto allontanare (forse segretamente da Matteo I Montecuccoli), per impedire che prestasse questo giuramento. 66 Reg. Ant. n. 452. 14 Il Comune di Sestola era tra quelli che non avevano aderito all’invito di nominare un sindaco per giurare fedeltà ai Modenesi; onde la Commissione dovette contentarsi di ricevere il castello e tutti i fortilizi di Sestola dalle mani di Matteo I Montecuccoli signore del luogo, e dalle mani di Bondì Bonaccorsi massaro del Comune di Sestola. I Modenesi, ricevuti il 7 luglio in consegna gli edifizi, li diedero in custodia a due capitani modene- si, Gualandino da Campiglio e Raimondino Malguzzardi, affinché, colla guarnigione modenese ivi installata, li difendessero per conto del Comune di Modena. Il porre a custodia del castello e dei fortilizi di Sestola due capitani modenesi invece di uno, dimo- stra l’importanza che i Modenesi annettevano a Sestola, ed anche la poca fidanza che avevano tanto in quegli uomini quanto nei Montecuccoli. Ottenuto il possesso del castello e dei fortilizi, i Modenesi ebbero il giuramento di fedeltà da 14 uomini di Sestola, compreso il massaro67. Lo stesso giorno la Commissione modenese si portò a Serrazzone; e ricevette in consegna quel ca- stello con tutti i suoi fortilizi da Princivallino del fu Gualando degli Obizzini dei Gualandelli, signo- re del luogo, e da Bartolomeo del Fiore, sindaco del Comune di Serrazzone. I Modenesi, ottenuto il possesso degli edifici, li diedero in custodia al capitano modenese Ventura de’ Migliarini. Furono presenti alla consegna 63 uomini di Serrazzone, compreso il sindaco Bartolomeo del Fiore, che era anche massaro. Tutti costoro prestarono giuramento di fedeltà al Comune di Modena68.

Il giorno seguente 8 luglio la stessa Commissione si portò a Montespecchio, di cui erano signori i nobili dalla Verrucchia. I Cattani dalla Verrucchia avevano, come si è detto, eletto a loro mandatari il 29 giugno Matteo I da Montecuccolo ed Albertone da Monterastello, per appianare alcune vertenze, e per ottenere di esse- re cancellati dal bando del Comune di Modena. I due mandatari avevano, a quanto pare, assolto felicemente il loro compito, in maniera che la pace era stata conclusa fra i nobili dalla Verrucchia e i nobili da Montalbano; ed il Comune di Modena li aveva cancellati dal bando, reintegrandoli nei loro diritti. Per questo, i Capitani dalla Verrucchia, signori di Montespecchio, – e cioè Gosberto, Ubaldo, Ugo- lino, Bonifacio, Rainero, Serafinello, Cacciaguerra e Bonaparte, – assieme a Bernardo Pinelli mas- saro e sindaco del Comune di Montespecchio, ed assieme a 49 altri uomini del luogo, consegnarono quel castello colle sue possessioni a Modenesi, i quali ne affidarono la custodia al capitano modene- se Giovanni figlio del maestro Albertino. Poscia i Capitani dalla Verrucchia, non avendo potuto, in causa del bando, recarsi a Modena per prestare il giuramento di fedeltà, lo prestarono allora. Giurarono pure il massaro e sindaco Bernardo Pinelli e gli altri 49 uomini di Montespecchio69.

Il giorno seguente 9 luglio la Commissione modenese si portò dapprima a Gaiato, ove non trovò a- nima viva, né nobili, né popolari. Tutti si erano eclissati, per non essere costretti al giuramento. I Modenesi allora, a mezzo di un fabbro e di un muratore (che avevano preso con loro da Modena) fecero spezzare serrature e scardinare imposte, e penetrarono entro il disabitato castello, che fu dato in custodia al capitano modenese Albertino de’ Petrazzani70. Dopo di ciò, la Commissione prestamente si pose in cammino per Sassoguidano, dove dal nobile Ermannino di Cacciaguerra, signore del luogo, e da Giovanni Bonvicini massaro del Comune, ot- tenne quel castello con tutti i suoi fortilizi, che furono affidati in custodia, il giorno medesimo, al

67 Reg. Ant. n. 453. 68 Reg. Ant. n. 454. 69 Reg. Ant. n. 455. 70 Reg. Ant. n. 456. 15 capitano modenese Nonardo da Morano. Assunse poi il giuramento di fedeltà dal massaro e da altri 30 uomini di Sassoguidano71. La Commissione modenese, presieduta dal giudice Francesco Sterzati, terminava così il suo compi- to, dopo aver ottenuto il possesso di undici castelli della fazione dei Montecuccoli.

12. I Modenesi occupano sette castelli della fazione de’ Montegarulli

L’altra Commissione Modenese, presieduta dal milite Dionisio de’ Dionisi, che era incaricata dell’occupazione dei castelli della fazione dei Montegarulli, non aveva frattanto perduto il suo tem- po. Il 5 luglio medesimo aveva pur essa iniziata l’occupazione dei castelli fissati. Il primo fu Ca- stelnovo del Frignano (Montebonello)72, che era stato da poco riedificato per opera dei nobili da Montegarullo; ma che, per recente ribellione di quegli uomini, era detenuto dal popolo. I Modenesi ottennero il castello, ed ogni giurisdizione sulla curia e sul distretto, da Rolando dal Monte cui dicitur Bunizanus, massaro del Comune di Castelnovo, e da 12 uomini del paese; ai quali lo lasciarono in custodia, perché avevano fiducia in coloro che si erano ribellati ai feudatari, così da giudicare superfluo il porre un proprio capitano alla custodia del castello. Ottenuto il giuramento dal massaro e dai 12 uomini presenti a Castelnovo73 la Commissione mode- nese si trasferì subito a Miceno, dove ebbe nello stesso giorno il possesso del castello e della rocca, con tutti i fortilizi e colle possessioni relative, da Bazzalerio da Montegarullo signore del luogo, e da Aimerico de’ Liazzari massaro del Comune di Miceno. Alla custodia del castello e della rocca fu posto il capitano modenese Ottorino Bezzetti. Il massaro ed altri sei uomini di Miceno prestarono poi il solito giuramento di fedeltà74. E’ poi da rilevarsi che i nobili da Montegarullo cedettero la giurisdizione su Miceno (che era luogo di loro abituale dimora), senza badare alla protesta elevata il 27 giugno a Modena, in pieno Consi- glio Generale, da Rainero da Balugola. Proseguì la Commissione lo stesso giorno per Olina, il cui popolo si era ribellato ai feudatari (i no- bili Serafinelli) e ne aveva occupato il castello; che fu consegnato con ogni giurisdizione ai Mode- nesi dal massaro del Comune Alberto Baldelli, il quale con 15 uomini del luogo prestò il solito giu- ramento di fedeltà75.

Il giorno seguente 6 luglio i Modenesi ottennero il possesso del castello del Vesale, che era un feu- do dei nobili da Montegarullo. La consegna del castello, con tutti i fortilizi e colle annesse posses- sioni, fu fatta da Bazzalerio da Montegarullo, signore del luogo, e da Bernardino di Giovanni, mas- saro del Comune del Vesale. I Modenesi posero alla custodia del castello il capitano modenese Pietro de’ Tadi; e poi ricevettero il giuramento di fedeltà dal massaro e da altri 11 uomini del Vesale76.

Il seguente giorno 7 luglio la Commissione modenese si portò a Roncoscaglia ed ottenne la conse- gna di quel castello da Bazzalerio da Montegarullo, feudatario del luogo, e da Martino di Orabona massaro del Comune di Roncoscaglia. I Modenesi diedero in custodia quel castello al capitano modenese Boatterio de’ Ravasi; ed ottenuto il giuramento di fedeltà dal massaro e da altri 16 uomini di Roncoscaglia77, si trasferirono in giorna- ta a Fanano, ove ottennero il possesso di quel castello, con tutti i fortilizi e colle possessioni annes-

71 Reg. Ant. n. 457. 72 Il nome di Castelnovo del Frignano ebbe vita effimera; perché nel 1280 subentrerà il nome di Montebonello, che poi conserverà; ed il nome di Castelnovo del Frignano si perderà fra i ricordi. 73 Reg. Ant. n. 458. 74 Reg. Ant. n. 459. 75 Reg. Ant. n. 460. 76 Reg. Ant. n. 461. 77 Reg. Ant. n. 463. 16 se, da Bazzalerio Montegarulli feudatario del luogo, e da Giacomo di Giovanni massaro del Comu- ne di Fanano. Il castello di Fanano fu dato in custodia al capitano modenese Giovanni de’ Pizzolibeccari; e 49 uomini di Fanano, compreso il massaro, prestarono il giuramento di fedeltà78. Rileviamo che 49 uomini per Fanano sono pochi. Infatti alla nomina del sindaco Pietro detto Pino del 27 giugno furono presenti 100 capifamiglia (tra consoli, massaro, consiglieri e vicini), i quali rappresentavano solo la parte intrinseca. Supposto che fosse stata di uguale forza la parte estrinse- ca, si può calcolare che a Fanano v’erano non meno di 200 capifamiglia con voto nel Consiglio.

Infine la detta Commissione si portò il giorno seguente 8 luglio a Scopiano (Rocchetta di Scopia- no79), ed ottenne la consegna di quella rocca, coi fortilizi e le possessioni annesse, dal nobile Bazza- lerio da Montegarullo feudatario del luogo, e da Giovanni Mattalone massaro del Comune. I Modenesi diedero in custodia quella rocca al capitano modenese Manfredino Pipini, ed ottennero il giuramento di fedeltà da 8 uomini di Scopiano (compreso il massaro)80. Con la consegna di questa rocca, anche la seconda Commissione modenese, presieduta dal milite Dionisio de’ Dionisi, adempiva il suo compito, ottenendo il possesso di sette castelli della fazione dei Montegarulli.

13. I Modenesi sospendono le operazioni

Ebbe così termine per parte delle due Commissioni modenesi l’occupazione di 18 fra i principali castelli del Frignano, effettuatasi senza gravi ostacoli nello spazio di soli cinque giorni, dal 5 al 9 luglio 1276. Se però il Comune di Modena aveva compiuta questa prima parte del programma senza suscitare forti malumori, non poteva ancor dire di tenere in pugno il Frignano, perché non pochi castelli re- stavano ancora da occupare; e specialmente tre fra i principali: Monteforte e Montese della fazione dei Montecuccoli, Montecreto della fazione dei Montegarulli. Questi tre castelli erano detenuti da feudatari che non volevano saperne di assoggettarsi ai Modene- si. Se a Montecreto il popolo, o gran parte di esso, era in favore dei Modenesi, a Monteforte ed a Mon- tese parteggiava pei Bolognesi. E non conveniva ai Modenesi precipitare le cose e tentare di avere questi due ultimi castelli mediante la forza, col pericolo di scatenare una guerra nel Frignano (nella quale sarebbero intervenuti certamente i Bolognesi), e compromettere il lavoro così ben iniziato di penetrazione nella montagna. I Modenesi decisero perciò di sospendere le operazioni nel Frignano: ed intanto di lasciare ai loro fedeli, disseminati nella montagna, il compito di far propaganda contro il feudalismo ed a favore del Comune di Modena, per preparare il terreno alla dedizione anche dei più riottosi. Due mesi soli di sosta bastarono, perché intanto Montecreto si uniformasse al destino degli altri ca- stelli vicini.

14. I feudatari ed il popolo di Montecreto si assoggettano ai Modenesi

Principali signori del castello di Montecreto erano i rappresentanti di tre rami della famiglia dei Gualandelli: Rodolfo del fu Rainuccino dei Gualandelli, Jacopino di Bonaccorso dei Gualandelli, Ermannino del fu Corradino da Serrazzone dei Gualandelli. Costoro non volevano saperne di assoggettarsi ai Modenesi; anzi avevano dato esplicito incarico a Bazzalerio da Montegarullo, capo della loro fazione, affinché, nel giuramento di fedeltà al Comune

78 Reg. Ant. n. 462. 79 Scopiano o Rocchetta di Scopiano: oggi appellata Rocchetta Sandri o semplicemente Rocchetta. 80 Reg. Ant. n. 464. 17 di Modena, fosse esclusa la cessione ai Modenesi del castello di Montecreto: esclusione che Bazza- lerio da Montegarullo aveva fatto il 27 giugno. Una sorella di Rodolfo dei Gualandelli, signore di Montecreto, aveva sposato uno della famiglia da Parma. Essendo però ella morta senza prole, il fratello Rodolfo dei Gualandelli pretendeva la resti- tuzione della dote: restituzione che la famiglia da Parma non voleva effettuare. Il Comune di Modena, per gratificarsi l’animo del Gualandelli e per ridurlo al proprio partito, si era impegnato di far rendere giustizia al Gualandelli medesimo, mediante il diciassettesimo articolo delle convenzioni sopra riportate tra il Comune di Modena ed il Frignano. Quantunque questo impegno del Comune di Modena riuscisse gradito al Gualandelli, egli però non si mosse dalla sua linea di condotta; e, prima di mutar parere, volle vedere all’opera i Modenesi. Pare che i Modenesi riuscissero nell’intento di fare ottenere a Rodolfo dei Gualandelli la restituzio- ne della dote da lui pagata per la sorella defunta; per cui egli si ammansì, e infine decise di assog- gettarsi ai Modenesi. Gli altri due Gualandelli suoi consorti ne seguirono l’esempio; e così tutti tre i principali signori di Montecreto decisero di sottomettersi al Comune di Modena, come avevano fatto gli altri membri di questa famiglia (non però feudatari di Montecreto), che avevano giurato fedeltà ai Modenesi il 30 giugno. Il popolo di Montecreto si era però già deciso sino dal 27 giugno in favore dei Modenesi, allorché omnes homines de Montecreto, adunati et congregati ad sonum campane ante turrim de Montecre- to, avevano eletto sindaco del Comune di Montecreto Michele del fu Benedetto, per giurare fedeltà ai Modenesi, con atto del notaio Jacopo di Pietro81. Ma questo giuramento di fedeltà del popolo di Montecreto non si era potuto effettuare, per l’oppo- sizione dei Gualandelli feudatari: ai quali feudatari però, per questo divieto, il popolo non si era ri- bellato. Quando alla fine i Gualandelli decisero di sottomettersi al Comune di Modena, anche il popolo li seguì: ed il sindaco Michele del fu Benedetto poté eseguire il mandato a lui affidato. Infatti il giorno 11 settembre 1276 si recarono a Modena i tre Gualandelli sopra nominati signori di Montecreto, e Michele del fu Benedetto sindaco del Comune, dell’università e degli uomini di Mon- tecreto; ed alla presenza di Ugolino da Polinago, banditore del Comune di Modena e delegato a ri- cevere il giuramento, giurarono fedeltà al Comune di Modena, promettendo di tenere sempre la par- te degli Aigoni; sotto la penale di mille lire imperiali, in caso di mancata fede. I predetti da Montecreto (signori e popolo) diedero per fideiussori i seguenti nove nobili modenesi: Corradino Munari, Tommaso da Spezzano, Guido Guidoni, Filippo Azzolini, Guido de’ Dosi, Ber- nardino da Nonantola, Corrado Boschetti, Simone Borgheggiani, Pietrobono Oselletti. Della sottomissione dei feudatari e degli uomini di Montecreto, furono stesi gli atti dal notaio Gu- glielmo Pavesi, rogati in Modena il detto giorno 11 settembre 127682.

15. Il Comune di Montese si assoggetta ai Modenesi

Gli uomini di Montese, in uno di quei trambusti che con frequenza si ripetevano nel Frignano, e so- billati anche dagli emissari Modenesi, si erano ribellati ai feudatari, impossessandosi del castello e dei fortilizi di Montese. Siccome però i fautori dei Modenesi erano riusciti a prevalere sui fautori dei Bolognesi, si adunò nella chiesa di Montese il Consiglio del Comune di Montese il 21 settembre 1276, e furono eletti due sindaci, nelle persone di Spinello del fu Guido e di Guido del fu Jacopo, entrambi di Montese, per giurare fedeltà al Comune di Modena, e ad supponendum castrum et terram Montesii Communi et hominibus Mutine.

81 Reg. Ant. n. 411. 82 Reg. Ant. nn. 413, 414, 415. 18 L’atto notarile fu rogato nella detta chiesa di Montese dal notaio Guido del fu maestro Giovanni da Montese, presenti, quali testimoni, Obizzino arciprete della pieve di Pitigliano, e Gualando arciprete della pieve di Salto83. I due sindaci di Montese non eseguirono subito il mandato ricevuto, ma nicchiarono qualche giorno. Finalmente poi si decisero; ed il giorno 8 ottobre successivo li vediamo a Modena, avanti Ugolino da Polinago banditore del Comune di Modena (incaricato a ricevere il giuramento); ed ivi sotto- mettere il Comune e la terra di Montese al Comune di Modena, giurando di consegnare nelle mani dei Modenesi il castello e i fortilizi di Montese, e di tenere la parte degli Aigoni; sotto la penale di mille lire imperiali, e colla garanzia dei due nobili modenesi Ugolino da Savignano e Francesco da Balugola. Della sottomissione del Comune di Montese stese gli atti il notaio Guglielmo Pavesi, rogati in Mo- dena nel palazzo vecchio del Comune il detto giorno 8 ottobre 127684.

16. Azzo da Serrazzone, signore di Monteforte, si assoggetta ai Modenesi

Azzo (o Azzuccio) da Serrazzone o degli Obizzini, figlio di Francesco del fu Azzo del fu Obizzino da Serrazzone dei Gualandelli, era signore di Monteforte, e si appellava anche da Monteforte o da Frignano85. Quantunque della progenie dei Gualandelli, egli (come il suo parente Princivallino da Serrazzone, signore di Serrazzone), seguiva la fazione dei Montecuccoli, ed era in cuor suo un fervente Ghibel- lino o Grasolfo. Odiava perciò gli Aigoni Modenesi, ed aveva rifiutato recisamente di assoggettarsi ad essi. Anzi, al momento in cui Matteo I Montecuccoli fu costretto a chinare il capo ai Modenesi il 27 giu- gno, Azzo da Serrazzone volle ed ottenne, come si è visto, che il suo castello di Monteforte fosse escluso dalla dedizione ai Modenesi. Con questa esclusione, Azzo da Serrazzone si illudeva di restare estraneo al movimento del Frigna- no verso il Comune di Modena: tanto più che il suo castello, posto vicino al confine bolognese, dif- ficilmente poteva essere oggetto di conquista da parte del Comune di Modena, perché non conveni- va ai Modenesi di stuzzicare in quei momenti i Bolognesi. Ma il movimento di adesione del popolo frignanese verso il Comune di Modena si intensificava sempre più; ed anche gli uomini di Monteforte dimostravano apertamente la volontà di sottomettersi ai Modenesi, per avere libero accesso nel Frignano e nel distretto modenese. Quando poi Azzo da Serrazzone seppe della dedizione degli uomini di Montese avvenuta il giorno 8 ottobre, allora egli capì che i giorni della sua assoluta signoria sulla terra di Monteforte erano conta- ti. Tuttavia stabilì di resistere ancora a tutte le lusinghe e a tutte le minacce dei Modenesi, finché si produsse un fatto, che lo mise in serio allarme: la venuta nel Frignano del capitano del popolo di Modena.

Il Comune di Modena, ottenuta la dedizione di Montecreto e di Montese, pensò che era tempo di in- tensificare il movimento di penetrazione nel Frignano, per far cadere le ultime resistenze ed appia- nare le ultime difficoltà. A questo scopo, Andrea degli Azzoni da Parma, capitano del popolo di Modena, si portò in persona nel Frignano, accompagnato dal suo notaio Giovanni Mazzoni e da due tra i ventiquattro Difensori del popolo modenese, Vencio de’ Guirisi e Filippo da Roteglia; accompagnato da Petricino dal Co’, sindaco del Comune di Modena; accompagnato pure da quattro ambasciatori del Comune di Mode- na, Rainero da Balugola, Corradino Munari, Ermannino da Spezzano, e Filippo degli Occhi, seguito anche da Gilberto da Ranzano, e scortato da truppa a cavallo.

83 Reg. Ant. n. 412. 84 Reg. Ant. nn. 416, 417, 418. 85 G. BUCCIARDI, Lotte faziose nel Frignano dal 1269 al 1272, p. 9 dell’estratto, nota 2. 19 Verso la metà di ottobre il capitano del popolo modenese colla sua scorta era già nel Frignano. Pose il suo quartier generale a Fanano; non nel castello, ma nella Canonica della Pieve. Voleva con ciò dimostrare di non temere sorprese, e che veniva in veste pacifica e tra gente amica.

Primo atto del capitano del popolo modenese, appena insediatosi a Fanano, fu l’invito ad Azzo da Serrazzone di presentarsi a lui in Fanano, per giurare fedeltà al Comune di Modena. Troppo premeva ai Modenesi l’avere il castello di Monteforte, nido di nemici del Comune di Mo- dena. Per meglio riuscire nell’intento di far cedere il fiero castellano di Monteforte, senza muovergli aper- ta guerra, i Modenesi già da tempo ostacolavano chiunque di Monteforte si fosse portato nel restan- te Frignano, e tanto più a Modena. E gli ostacoli, per l’ostinazione di Azzo da Serrazzone, erano di- venuti sempre più gravi, in modo da rendere pericoloso per un abitante di Monteforte il girare in ter- ritorio modenese. Azzo da Serrazzone, dopo aver lungamente nicchiato, si decise alfine al gran passo. Non volle però portarsi personalmente a Fanano, ma incaricò un suo nunzio o procuratore a giurare per lui fedeltà al Comune di Modena. Troppa umiliazione sarebbe stata per l’altero feudatario di Monteforte il rendere omaggio in perso- na agli odiati Modenesi!

Il 21 ottobre 1276. con atto rogato in Monteforte dal notaio Tommasino da Zappolino, Azzo da Ser- razzone costituì suo nunzio, procuratore e attore, Jacopo, figlio del fu Alberto già prete-rettore di Serrazzone, affinché andasse a suo nome avanti il capitano del popolo ed agli altri rappresentanti del Comune di Modena, che si trovavano nel Frignano, onde far pace e concordia con essi, ed anche per promettere fedeltà ai Modenesi e di seguire la parte degli Aigoni, comportandosi però alla stessa guisa che si sarebbero comportati Matteo da Montecuccolo e Princivallino da Serrazzone; obbligan- dosi a non tenere nella terra di Monteforte alcuna persona ai danni del Comune di Modena, alla condizione però che tanto Azzo da Serrazzone quanto gli uomini di Monteforte potessero libera- mente transitare pel Frignano, e che potessero andare a Modena e ritornarne con sicurezza e senza molestie86. Il capitano del popolo modenese, visto che non sarebbe stato possibile ottenere di più dall’ostinato Azzo, accettò la sottomissione per procura, alle condizioni espresse. Il 23 ottobre, Jacopo del fu Alberto si portò infatti a Fanano, ed ivi, nella canonica della Pieve, in nome di Azzo da Serrazzone, promise (senza però giurare) ad Andrea degli Azzoni, capitano del popolo modenese, di ubbidire al Comune di Modena, e di seguire sempre la parte degli Aigoni. Il capitano del popolo modenese promise a sua volta la protezione del Comune di Modena per ogni molestia che il detto Azzo dovesse ricevere. Si prestarono per fideiussori, di fronte al Comune di Modena, per Azzo da Serrazzone: Bertolino Bonvillano da Trentino, Bellomone figlio di Dino da Serrazzone, Jacopo figlio di Ubertino da Stret- tara, Giovannino di Benamato, ed Ubertino de’ Nisi. Il procuratore Jacopo promise inoltre di presentare altri garanti entro otto dì. L’atto fu rogato da Giovanni Mazzoni, notaio del capitano del popolo, nella canonica della Pieve di Fanano, alla presenza di tutti i personaggi modenesi sopra elencati, che formavano il seguito del ca- pitano del popolo modenese; e di più alla presenza dei seguenti nobili del Frignano: Guglielmo Grimaldi, Bazzalerio da Montegarullo, Manfredino Rastaldi, Rainero da Marzo, Rodolfo dei Gua- landelli, Ermannino di Corradino da Serrazzone, Jacopino e Taddeo dei Gualandelli, Grimaldo Grimaldi, Parisello del fu Jacopo Serafinelli87. I Modenesi si accontentarono di questa promessa, fatta per interposta persona, e più non si curarono di Monteforte, che non occuparono: certamente per evitare un probabile conflitto coi Bolognesi.

86 Reg. Ant. n. 426. 87 Reg. Ant. n. 427. 20 17. I Modenesi occupano i castelli di Montecreto e di Montese

Il capitano del popolo modenese rivolse la sua attenzione al castello di Montecreto, e pensò di ap- profittare di alcuni dissapori nati tra gli uomini di Montecreto e i Gualandelli loro feudatari, per ot- tenere dalle mani del popolo quel castello, perché i feudatari non si decidevano a far questa conse- gna. A tal fine il seguente giorno 24 ottobre spedì a Montecreto il sindaco modenese Petricino dal Co’ (che trovavasi al suo seguito a Fanano), coll’incarico di accettare quel castello dalle mani di quegli uomini, desiderosi di darsi ai Modenesi. Il sindaco modenese ottenne il possesso del castello e del poggio di Montecreto da Giacomo della Vivandiera, massaro, e dai consoli e dagli uomini di detto Comune; e poi lasciò il medesimo castel- lo in custodia agli uomini di Montecreto, i quali giurarono di tenerlo ad onore e difesa del Comune di Modena. L’atto fu rogato da Pino, notaio del podestà del Frignano, nel castello di Montecreto, presenti Enri- chetto e Filippo da Carpineta, nunzi del Comune di Montecreto88.

Restava ancora da occupare il castello di Montese. Tolte di mezzo le ultime difficoltà, il capitano del popolo modenese ordinò che il sindaco modenese Petricino dal Co’ ne andasse a prendere pos- sesso il 28 ottobre. Infatti in tal giorno il detto sindaco modenese si portò a Montese, ed ottenne il possesso del castello e del poggio di Montese dal massaro Ugolino, e da Spinello del fu Guido e da Guido del fu Jacopo, sindaci del Comune di Montese; e poi diede in consegna detto castello agli stessi uomini di Monte- se, i quali giurarono di custodirlo e difenderlo ad onore del Comune di Modena. L’atto fu rogato dal notaio Guido del fu maestro Giovanni da Montese, sotto il portico della chiesa di Montese sub porticu Ecclesie dicte terre89.

18. Sestola diventa capoluogo del Frignano

Ultimata l’occupazione dei castelli di Montecreto e di Montese, il parmense Andrea degli Azzoni, capitano del popolo modenese, lasciò Fanano e ritornò alla città. I Modenesi, ottenuta la pacificazione nel Frignano e la dedizione di quegli uomini, pensarono a fis- sarne il capoluogo. Due località ambivano a questo onore: Sestola e Fanano. Sestola per la sua posizione forte e domi- nante; Fanano per l’importanza del luogo e per la sua relativamente densa popolazione. Di Montecuccolo o di Renno non era il caso di parlarne, perché troppo soggetti agli infidi Monte- cuccoli. Per consiglio del capitano del popolo modenese, reduce dal suo viaggio nel Frignano, i Modenesi scelsero Sestola, luogo ben fortificato, che, all’epoca della dominazione bolognese, avea già servito da Capoluogo del Frignano. Per poter però installare in Sestola il podestà, il giudice ed il notaio del Comune del Frignano (che, secondo i patti convenuti, dovevano essere tutti Modenesi), e per poter dare alloggio anche ai loro dipendenti, era necessario che il Comune di Modena possedesse in Sestola fabbricati propri. A questo scopo, il Consiglio Generale del popolo modenese, in una adunanza del principio del no- vembre 1276, stabilì che il Comune di Modena dovesse acquistare due fabbricati entro la cinta del doglione (o rocca) del castello di Sestola, i quali erano posseduti da uomini liberi, e non appartene- vano ai Montecuccoli. I Modenesi avevano occupato il 7 luglio di quell’anno il castello e tutti i fortilizi di Sestola (com- presa la torre del doglione del castello), ove si erano installati due capitani colla guarnigione per conto del Comune di Modena. Questi edifizi, a mente dei patti concordati, erano rimasti di ragione

88 Reg. Ant. n. 486. 89 Reg. Ant. n. 487. 21 dei Montecuccoli, signori del luogo. Siccome però il Comune di Modena voleva servirsi per l’am- ministrazione del Frignano di edifizi di sua esclusiva proprietà, così deliberò di farne acquisto. Le pratiche, quantunque laboriose, approdarono a buon fine; e gli acquisti di questi fabbricati si se- guirono a non grande distanza l’un dall’altro.

Il 22 novembre 1276, il frate Bonaventura da Santa Caterina, massaro generale del Comune di Mo- dena, pagò a Bondì del fu Giovanni da Sestola sei lire di Modena per la metà di una casa indivisa posta nel doglione del castello di Sestola: casa, che il Comune di Modena aveva acquistata da lui, con atto del notaio Amadasio Rustichelli, rogato nella Masseria del Comune di Modena, presenti, quali testimoni, Corradino Munari e Pasqua Scudaro90. Poi, il 29 novembre 1276, lo stesso massaro generale del Comune di Modena pagò al frate Bona- ventura del fu Bonaccorso da Sestola, calzolaio, altre lire sei di Modena per l’altra metà di detta ca- sa indivisa, posta nel doglione del castello di Sestola, che il Comune di Modena aveva da lui acqui- stata, con atto dello stesso notaio Amadasio Rustichelli91. E così questa casa diventò per intero di ragione del Comune di Modena.

Ma un altro fabbricato più importante del precedente, posto esso pure nel doglione del castello di Sestola, era desiderato dal Comune di Modena; ossia quello posseduto da Marchisio del fu Dolcetto da Sestola. Qui le trattative per l’acquisto furono più lunghe, ma finalmente approdarono. Infatti il 15 gennaio 1277 il frate Giambonino di Santa Trinità, massaro generale del Comune di Modena, pagò a Marchisio del fu Dolcetto da Sestola lire ventidue modenesi per quoddam casa- mentum, cum domo superestante ed edificiis, che erano posti in castro Sestolle, in doiono; il tutto limitato dai seguenti confini: a mane fovea doioni, a meridie via communis et porte doioni, a sero platea dicte terre; casamentum che il Comune di Modena aveva acquistato dal detto Marchisio, con atto del notaio Modenese di frate Valentino, rogato in Modena92. Il 24 gennaio 1277 poi, Michele Veratti ed Ottorino Bezzetti, allora capitani del castello di Sestola pel Comune di Modena, assieme al frate Giovanni di Guido Molinazzi procuratore del Comune di Modena, presero corporale possesso, per conto del Comune di Modena, degli edifizi comprati da Marchisio da Sestola, claudendo et aperiendo hostium dicte domus, et etiam accipiendo in manu de terra et lignamine dicti casamenti et hedifitii. Qui si dichiara che detto casamentum era di provenienza di Marchisio del fu Dolcetto da Sestola, e che era posto coi suoi edifizi in duglone castri Sextolle, hisque finibus terminatum: a mane fovea dicti dogloni, a sero via que vadit ad turrim dicti dogloni, de subter domus Johannis Aldixie, a me- ridie via publica qua intrat in dictum duglonem. Fu steso atto della presa di possesso di questo casamentum dal notaio Giovanni di Filippo, rogato nel castello di Sestola, nel doglione predetto, nella nominata casa di Giovanni dell’Aldisia, presenti, quali testimoni, Amatore della Gualandina, Giacomo Mazzocco, ed Albertino detto il Riccio de’ Carnelvari93.

Il Comune di Modena, in riguardo a questo ultimo fabbricato acquistato da Marchisio da Sestola, che, a quanto pare, era molto importante, volle indagare anche gli anteriori passaggi di proprietà, forse per escludere qualsiasi pretesa su di esso da parte dei Montecuccoli; e raccolse alcuni atti ri- flettenti i trapassi di detto immobile. Questo fabbricato nel 1253 era posseduto dalle due sorelle Algardina e Giuliettina del fu Tommasi- no da Sestola, in parti eguali tra loro e pro indiviso. Algardina era maritata ad un marmorario detto il Modenese, e la Giuliettina era nubile.

90 Reg. Ant. n. 419. 91 Reg. Ant. n. 420. 92 Reg. Ant. n. 421. 93 Reg. Ant. n. 422. 22 Il 26 novembre 1253 il Modenese marmoraro vendette ai due fratelli Ostesano e Marchisio, figli di Dolcetto da Sestola, la parte spettante a sua moglie Algardina sul detto fabbricato, per cinque lire e mezza di bolognini, con atto del notaio Aliotto da Sestola, rogato in Sestola. A quest’atto prestò il suo consenso la stessa Algardina moglie del venditore, in base al senato-consulto Velleiano del di- ritto romano94. Venuto a morte il Modenese, la detta Algardina restò vedova. Morta pure prima del 1267 la Giuliet- tina nubile, la sorella Algardina ne fu l’erede; e perciò il fabbricato in discorso diventò proprietà per una metà dei fratelli Ostesano e Marchisio del fu Dolcetto, e per l’altra metà di Algardina del fu Tommasino. Il 13 maggio 1267 poi, con due separati atti del notaio Aliotto da Sestola, rogati in Sestola, il nomi- nato Ostesano cedette al fratello Marchisio i suoi diritti sul detto fabbricato per sette lire di bologni- ni95, e la detta Algardina cedette al medesimo Marchisio le sue ragioni sul fabbricato stesso e su un orto posto nel castello di Sestola per cinque lire di bolognini96; e così Marchisio del fu Dolcetto da Sestola diventò sin dal 13 maggio 1267 esclusivo proprietario del fabbricato posto nel doglione del castello di Sestola. Il Comune di Modena poteva perciò dormire i suoi sonni tranquilli, sicuro della regolarità dell’ac- quisto del 15 gennaio 1277.

Coll’acquisto dei predetti due fabbricati, i Modenesi poterono avere il comodo di alloggiare in casa propria gli ufficiali della podesteria del Frignano; e Sestola ritornò, come al tempo della passata dominazione bolognese, capoluogo del Frignano diventato finalmente modenese. Ma nel Frignano restavano sempre gli antichi signori, umiliati ma non vinti, e perduravano i vecchi rancori e gli antichi odi fra le due opposte fazioni; per cui la pace ivi instaurata fu più apparente che reale, e non ebbe lunga durata.

I Montecuccoli di Montese - Percorso storico

94 Reg. Ant. n. 423. 95 Reg. Ant. n. 425. 96 Reg. Ant. n. 424. 23