COMUNE DI Libero Consorzio Comunale di

STUDIO DEL CENTRO STORICO art. 3 L.R. 10 Luglio 2015, n. 13

Progetto Ufficio Tecnico Comunale arch. Pietro Madonia

Consulenza prof. Giuseppe Trombino (Progettista PRG)

2016

Comune di Cammarata (AG) Studio del centro storico (art. 3 L.R.13/2015)

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Premessa

Nelle pagine che seguono è illustrato lo studio del centro storico di Cammarata, redatto in attuazione delle disposizioni contenute nell’art. 3 della L.R. 10 luglio 2015, n. 13, recante “Norme per favorire il recupero del patrimonio edilizio di base dei centri storici”. Per effetto della disposizione sopra richiamata è posto l’obbligo ai Comuni di redigere uno “Studio con effetti costitutivi” riguardante il centro storico, composto da: a) una relazione esplicativa delle scelte; b) una planimetria in scala non superiore a 1:500. Finalità dello studio è quella di individuare la appartenenza delle singole unità edilizie che compongono il patrimonio edilizio esistente all’interno del centro storico alle tipologie specificate nell’art. 2 della stessa legge. E’ altresì prescritto, nell’art. 4, che vengano delimitate aree di tutela e valorizzazione all’interno dei centri storici ovvero in aree adiacenti al centro storico (purché non prevalenti in termini di superficie), ricomprendenti uno o più isolati che presentano caratteri di degrado edilizio, urbanistico, ambientale, economico e sociale.

Va chiarito che lo studio sopra specificato è solamente finalizzato a semplificare le modalità e le procedure di rilascio dei titoli abilitativi per gli interventi sul patrimonio edilizio esistente dei centri storici e non sostituisce gli ordinari strumenti di pianificazione, quali la Variante ex Circolare ARTA n. 3/2000 ovvero i piani particolareggiati esecutivi e di recupero edilizio. Per tutte le problematiche connesse alla sistemazione degli spazi non costruiti, all’attribuzione delle destinazioni d’uso, alla determinazione delle modalità di intervento negli edifici allo stato di rudere, nonchè per la regolamentazione urbanistica ed edilizia degli interventi pubblici e privati, occorre dunque rinviare alla definizione di un piano di dettaglio.

Il presente studio è stato redatto dall’Ufficio Tecnico comunale, diretto dall’arch. Pietro Madonia, avvalendosi della consulenza del prof. Giuseppe Trombino, redattore del PRG e dell’allegato Piano particolareggiato del centro storico. In particolare, per la redazione dello studio descritto di seguito sono state utilizzate, come meglio specificato nel seguito, le informazioni e le conoscenze acquisite per la redazione del Piano particolareggiato del centro storico allegato al PRG vigente, che sono state aggiornate alla attualità e rielaborate opportunamente al fine di renderle rispondenti ai contenuti ed alle finalità del presente studio.

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AMBITO DI RIFERIMENTO DELLO STUDIO

L’art. 1 della L.R. 13/2015 prescrive che lo Studio specificato in premessa debba riferirsi al “centro storico” di ogni Comune. Tale definizione, come è noto, non è priva di ambiguità, dal momento che la Regione Siciliana non ha mai completato il progetto di catalogazione e di censimento dei centri storici siciliani, prescritto dall’art. 1della L. R. 7 maggio 1976 n 70, che recita: “Il Governo della Regione, entro sei mesi dalla pubblicazione della presente legge, è tenuto a determinare con decreto l'elenco dei comuni siciliani i cui centri storici rappresentino beni culturali di particolare pregio, ai fini della salvaguardia, della conservazione e del recupero mediante interventi di risanamento conservativo…” In assenza di specifiche indicazioni, nel presente studio, ci si è riferiti alla perimetrazione della zona A contenuta all’interno del vigente Piano Regolatore Generale, che si ritiene corrispondente alle finalità ed allo spirito delle disposizioni vigenti in materia di centri storici. Va sottolineato per altro che tale perimetro coincide quasi perfettamente con quello contenuto nella scheda C.S.U. della Soprintendenza ai BB.CC.AA.

1.1 Il Piano Regolatore Generale Il comune di Cammarata è dotato di PRG, redatto dal prof. Giuseppe Trombino, adottato con Deliberazione n. 2 del 2005, e definitivamente approvato per decorrenza dei termini nel 2011.

Fig. 1 – Piano Regolatore Generale vigente. In rosso la zona A1. Centro storico urbano

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Il PRG norma le attività all’interno del centro storico, identificato come zona A1, come appresso: “All'interno del perimetro della zona A1 ricadono il centro urbano di formazione medioevale, le successive espansioni sei-settecentesche, i tessuti edilizi di saturazione del sec. XIX nonchè le aree libere circostanti che devono considerarsi parti integranti, sotto il profilo storico e paesaggistico, degli insediamenti storici. Di tali zone il PRG prevede la salvaguardia fisico-morfologica, attribuendo al centro storico urbano un ruolo di caposaldo della nuova organizzazione funzionale del territorio. In considerazione dello stato di degrado in cui versano molti edifici ricadenti in tale zona e dell'importanza del loro recupero ai fini culturali e/o economici, la zona A1 è interamente da considerarsi "zona di recupero" ed in essa si applicano le norme e le agevolazioni previste dalla L. 457/78 e successive modificazioni nazionali e regionali. Gli interventi, di iniziativa sia pubblica che privata, dovranno tendere a far assumere a questa parte di città il ruolo centrale che le è proprio, oggi in buona misura perduto, conservando la struttura morfologica complessiva ed adeguando le caratteristiche tipologiche del patrimonio edilizio esistente alle attuali necessità abitative e ricettive. Le previsioni del PRG per la zona A1 trovano specificazione nelle Prescrizioni Esecutive progettate in conformità alla Circ. A.T.A. n. 3/2000, nelle quali sono specificate, per ciascuna unità edilizia, le modalità di intervento ammesse e sono identificati gli ambiti da sottoporre a ristrutturazione urbanistica. Gli interventi di ristrutturazione urbanistica dovranno avere come obiettivo la riqualificazione di parti dell'abitato particolarmente destrutturate e il raggiungimento di rilevanti e documentate finalità sociali e dovranno essere realizzati nel rispetto degli indici e parametri stabiliti dal D.M. 2.04.1968 e dei criteri progettuali fissati nell'art. 55 della L.R. 71/1978 e specificati nella Circ. ATA n. 3/2000. La realizzazione di tali interventi è comunque subordinata alla approvazione di specifici piani particolareggiati esecutivi”.

Fig. 2 – Prescrizioni esecutive del PRG relative al centro storico. Destinazioni funzionali

Al PRG sono state allegate Prescrizioni esecutive relative a varie zone, tra le quali la zona A1 del centro storico urbano. Attraverso tali prescrizioni sono state dettagliatamente normati gli interventi realizzabili nel centro storico sia da parte dei soggetti pubblici che privati.

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2. LO STATO DI FATTO

2.1 Le vicende storiche Tralasciando le lunghe ed importanti vicende storiche che hanno coinvolto il territorio di Cammarata in epoca presistorica, e concentrando l'attenzione sullo insediamento che ha dato origine all'agglomerato urbano, va detto che esso si è sicuramente sviluppato sotto la dominazione islamica e soprattutto normanna. E' verosimile che un nucleo primitivo del paese dovette preesistere all'invasione dei musulmani. Ciò, tuttavia, nulla toglie alla centralità di tale vicenda vista la grande influenza che la cultura islamica ebbe nella cultura edificatoria di Cammarata. Anche una analisi morfologica ed insediativa di quel che rimane del nucleo storico del paese permette di cogliere non pochi riferimenti ad un preciso modo di relazionare spazi pubblici e privati e ad una profonda matrice linguistica 1. Nell'XI sec. la Sicilia era invasa dalle due stirpi musulmane dei berberi e degli arabi, tra loro antagoniste. Esse, caratterizzate per molti aspetti da un'indole nomade, ben presto si stabilirono in territori o in villaggi già popolati. Cammarata, fu scelta probabilmente per il suo essere naturale stazione di quell'importante transito attivo tra Agrigento e Palermo. Le sue sorti erano legate alle vicende dei berberi poiché Agrigento, (l'unica città gerarchicamente più importante posta nelle sue vicinanze) attorno a cui gravitava per ragioni territoriali, sottostava al dominio di Hammûd, che si estendeva su tutta la parte meridionale dell'Isola. Così, allorquando Ruggero riuscì ad espugnare Agrigento nel 1087 e a debellare gli ultimi insediamenti musulmani, anche Cammarata ed il suo castello caddero sotto la conquista normanna. Sebbene le testimonianze storiche attestino la presenza di insediamenti precedenti alla occupazione islamica, proprio in funzione di questa (ed a partire da questa) si può parlare di una significativa ripercussione nella costruzione e nella modificazione del primo nucleo edificato di Cammarata 2. Seguendo la logica insediativa islamica, esso si polarizza attorno all'edificio della moschea che verosimilmente inviluppa, giustapponendo nel suo intorno, un compatto (seppur modesto) sistema insediativo. Si tratta del quartiere Gianguarna, il solo a mantenere e manifestare caratteri di autonomia rispetto alla restante parte del paese riferibili, al di là della effettiva databilità degli edifici, al principio di aggregazione, ai rapporti tra masse costruite e spazi aperti, alla larghezza della sezione stradale ed alla concezione distributiva. Altre ragioni in grado di rendere esplicito il senso della forte connotazione islamica della costruzione, non si prestano certo ad una ricognizione di tipo filologico, ma possono ben ravvisarsi nella particolare corrispondenza tra bucature (finestre) e spazi interni (delle abitazioni) e nell'intendere la compagine muraria come un continuum compatto e chiuso (che coinvolge anche più unità) nel quale ogni collegamento interno - esterno è ridotto al minimo. A suffragare l'ipotesi di strutturazione islamica del quartiere Gianguarna, vi è una tradizione secondo la quale la chiesa di San Giacomo, ivi sorta nella sua prima

1 Per un approfondito ragionamento sui caratteri islamici dell'agglomerato urbano di Cammarata, si rimanda a Giovanni Francesco Tuzzolino: "Le scritture del tempo", in AA. VV.: Cammarata, progetti per il quartiere Gianguarna, a cura di Antonino Margagliotta, Palermo 1994, pp. 10, 11. 2 E' inpensabile che Cammarata, menzionato come secondo insediamento più importante nei dintorni di Agrigento sotto il dominio di Hammûd, non fosse dotata di un'organizzazione funzionale propria delle comunità musulmane (comprendenti ad esempio la moschea ed il suq).

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6 edificazione nel sec. XVI3, occupa il posto di un'antica moschea. Occorre ricordare che anche in altri centri della Sicilia venivano intitolate al santo chiese erette su preesistenti moschee. San Giacomo era, tra l'altro, considerato dai cristiani il protettore nelle loro battaglie contro i mori e ciò giustifica questo rito edificatorio di tipo apotropaico.

2.2. - Dal sec. XII al sec. XV Se, dunque, la prima forte implicazione storica, nella costruzione urbana, è certo rappresentata dalla vicenda islamica, tuttavia, il primo documento conosciuto che riguarda Cammarata è il Diploma del 1141 con il quale Lucia Domina Cameratæ riceveva l'investitura delle terre 4. E' questo, uno dei pochi periodi nei quali Cammarata registra una diretta (non mediata) relazione tra potere amministrativo e forma fisica, giacché dopo la morte dell'unico erede di Lucia, il figlio Adamo, avvenuta nel 1154 si assiste ad una serie di vicende che la vedono ora devoluta al regio demanio, ora in mano a signori che, abitando in altre sedi, limitano a delle sporadiche visite il loro contatto con il piccolo centro urbano. Spesso, essi mostreranno un vero e proprio distacco, considerandolo solo dotazione utile all'affermazione del proprio potere politico nei confronti dell'aristocrazia siciliana, non curandosi di imprimervi una vera e propria connotazione urbanistico-architettonica. Tornando al documento del 1141, con la sistematizzazione in chiave feudale del territorio ed il consolidarsi, in esso di numerosi importanti casali, Cammarata riceve un grosso impulso per ciò che concerne la sua crescita, malgrado ciò non corrisponda esattamente ad un effettivo benessere dei suoi abitanti. La chiesa di Santa Maria del Gesù sorge probabilmente prima del 1141, data del Diploma di Lucia, e fa parte di una copiosa attività edificatoria operata in prossimità dello importante casale di Santa Lucia (così chiamato proprio in onore della signora di Cammarata). Esso diventa, quindi, un vero e proprio villaggio con una discreta autonomia testimoniata dalla presenza di una propria chiesa dedicata alla santa. Si può affermare che proprio grazie alla edificazione dell'importante chiesa di Santa Maria del Gesù, da Lucia dotata di numerosi privilegi ed ornamentis ornatam, coagula un discreto insieme di abitazioni, inaugurando una precisa direttrice di espansione dell'agglomerato urbano. La prima immediata osservazione attiene ad un costante principio di aggregazione delle case che, da questo momento in poi, pare sia direttamente connesso alla presenza di veri e propri capisaldi di orientamento: gli edifici di culto. Essi punteggeranno Cammarata con una sempre maggiore densità soprattutto a partire dai secoli seguenti5. In realtà, l'edificio chiesastico rappresentava qualcosa di più che semplice luogo sacro, integrandosi attivamente nella vita quotidiana della popolazione che ivi trovava un vero

3 Si fà riferimento alla Ecclesia di Santo Jacobo de mensa episcopali in una visita pastorale del 1540. Tuttavia, l'attuale chiesa non è l'antica poiché essa risulta distrutta già nel 1576. Cfr. De Gregorio Domenico: Cammarata. Notizie sul suo territorio e la sua storia, Agrigento 1986, p. 332. 4 Cfr. Pasca Cesare: “Cenno storico statistico del Comune di San Giovanni e Camerata”, in Giornale di scienze, lettere e arti per la Sicilia, anno XV, vol. 60, 1837, p. 9, sgg. 5 Al di là dei possibili ragionamenti sulla devozione popolare e sulla corrispondenza tra le vicende storiche e la nascita di nuove chiese, sarebbe opportuno approfondire le ragioni della straordinaria compresenza di chiese. Ad essa può associarsi una ideale parcellizzazione della comunità cammaratese in diversi nuclei di cui andrebbe ricercato il grado di autonomia. Seguendo questa strada, sarebbe oltremodo interessante capire il perché di una simile frammentazione nell'ambito di un esiguo agglomerato urbano. Resta il fatto che Cammarata può effettivamente suddividersi (come si vedrà in seguito) in pochi quartieri tradizionalmente riconosciuti.

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7 e proprio punto di confluenza di interessi, non solo spirituali, ma anche sociali ed economici. Ecco, allora che alle chiese di Cammarata faranno riferimento i vari quartieri ed ancor più le numerose aggregazioni sociali (le confraternite) che in esse stabiliscono la sede sotto la protezione di qualche santo. Tornando alla direttrice di crescita urbana legata a Santa Maria, non la si deve certo identificare con una precisa ed organica volontà edificatoria, ma, della apposizione di un segno riconoscibile nel territorio che, di fatto, sancisce una vera e propria tensione aggregativa intorno ad un elemento catalizzatore. Con la chiesa di Santa Maria, si pone in essere una polarità antagonista a quella del quartiere Gianguarna ed insieme simmetrica rispetto alla significativa cerniera rappresentata dal castello, ridimensionando il valore prevalente di quest'ultimo. I tre fatti architettonici più importanti dell'organismo urbano, perlomeno sino al sec. XV, sono rappresentati proprio dal castello, la chiesa di Santa Maria e quella di San Nicola6. Pare che anche quest'ultima debba attribuirsi all'opera di Lucia. Con Federico II Cammarata passa al Regio Demanio sino al 1257 quando Manfredi, reggente del Regno per Corrado VI, la concede allo zio Federico Maletta, preside del Regno. Questi muore dopo un anno (1258) e gli succede Manfredi Lancia, marito di Abelarda, consanguinea di re Manfredi. Con la morte di Manfredi (1266) Cammarata torna al Regio Demanio. E' questo un periodo estremamente precario per quel che riguarda la stabilità politica e sociale della Sicilia. Ciò si ripercuote principalmente nella vita delle popolazioni delle campagne afferenti al cospicuo territorio di Cammarata. Gli abitanti dei casali non possono più godere della protezione del baiulo, né confidare nella sicura (ancorché gravosa) giurisdizione del signore, poiché il potere da lui esercitato obbedisce ad un generale equilibrio politico molto labile ed incerto. Per queste ragioni una grossa parte dei residenti nelle campagne, preda di sempre più numerose scorribande, si riversano nel perimetro urbano di Cammarata, che ha oramai acquisito un prestigio discretamente consolidato. Il centro abitato, perciò, si espande contribuendo di conseguenza a rendere sempre più importante il ruolo fisico del castello, che accresce il suo potere di difesa. Sopravvenuta la pace di , Manfredi Maletta, per un suo tradimento perde la signoria di Cammarata che viene concessa, da Federico II di a Vinciguerra Palizzi. Alla sua morte, gli succede la figlia Macalda che esercita il potere con il marito Sancho di Aragona. Il figlio, Federico, vicino alla fazione catalano-aragonese viene privato della signoria di Cammarata nel 1348. Essa è affidata dal re Ludovico a Corrado d'Aurea (o Doria), appartenente ad una famiglia genovese. Vito Amico7 attesta un'attività costruttiva nella rocca nel 1340, proprio ad opera di Ottobono d'Aurea, fratello di Corrado e probabile suo predecessore nella signoria di Cammarata. Non può trattarsi, tuttavia, di una edificazione ex novo, atteso che già il diploma del 1153 qualifica Lucia come dominatrix castelli Cameratæ 8. Bisogna, inoltre, osservare come la posizione del castello debba necessariamente far sì che esso

6 La chiesa di San Nicola, nella sua prima edificazione, risale infatti al sec. XII. Con il nome di San Nicola lo plano la si ritrova citata in alcuni documenti che, invece, ne testimoniano la allocazione nel cosiddetto Piano di San Lorenzo, nei pressi della contrada Calcara. Tale edificio, secondo alcuni autori, crollò in seguito ad una rovinosa frana che rase al suolo, insieme ad essa, un piccolo villaggio che pare esistesse nei paraggi. Cfr. De Gregorio Domenico: Cammarata. Notizie sul territorio..., cit., p. 22. 7 Amico Vito: op. cit. , p. 224. 8 Pasca Cesare: op. cit., p. 47.

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8 possa prevalere e difendere l'abitato. Ciò farebbe propendere per l'identificazione del primo nucleo urbano nei quartieri posti a valle rispetto alla fabbrica, ai quali si sarebbe succeduta una edificazione orientata verso la parte alta del masso e, dunque, verso il castello9. L'ipotesi della crescita verso l'alto, viene peraltro giustificata dalla singolare allocazione delle costruzioni, disposte sull'irto piano inclinato del costone roccioso, sfruttandone le potenzialità strategico-difensive. Una siffatta logica, avvalora l'ipotesi che un castello con relativo casale preesistesse alla nascita della chiesa di Santa Maria10 e, quindi, alla conquista normanna. Anzi, la sua costruzione dovette essere stata portata avanti fin dal periodo della dominazione musulmana. Sia il Biancorosso11 che il Tirrito12 concordano sul fatto che il castello di Cammarata fosse munito di sette grosse torri di difesa (che dovevano pertanto esistere sino al '700). Di queste, quattro dovevano far parte della fabbrica mentre le restanti tre costituivano i punti strategici del sistema difensivo. Alcune di esse avevano i seguenti nomi: torre Bruna (o Rocca), torre Bastia, Turrazza e Turretta . Dopo la morte di Corrado Doria avvenuta nel 1361, Cammarata viene riconsegnata ai d'Aragona che la mantengono dal 1364 al 1398. Nel 1384, a Vinciguerra Aragona succede il Figlio Bartolomeo, che ingrandisce il castello completandolo con i bastioni ed i terrapieni della parte meridionale. In seguito alle rivolte dei baroni, Bartolomeo Aragona partecipa a più riprese alle ostilità contro re Martino, il quale, annette al suo demanio Cammarata concedendola a Guglielmo Raimondo Moncada (1398). Moncada riesce a prendere il possesso del feudo solo il 10 Agosto 1400, dopo una ostinata lotta contro i Cammaratesi i quali, illudendosi di poter rimanere sotto il Regio Demanio, si oppongono stenuamente asserragliandosi nel castello. Suo è l'ampliamento della chiesa di San Nicola, trasformata a tre navate e la costruzione della cappella di San Lorenzo, ivi collocata. Il figlio di Raimondo Moncada, Matteo, dota il paese dello stemma con la donna che allatta i serpenti recante il motto alios nutrit suos spernit 13. Come Vinciguerra Palizzi, anche i Moncada godono del privilegio di prendere possesso della signoria con un solenne corteo che dal castello giunge sino alla chiesa madre. Tale percorso, non è da sottovalutare nello studio della strutturazione urbana di Cammarata, poiché indica un'importante tragitto ed un percorso privilegiato (certamente preferito ad altri meno scenografici). L'istituzione di una simile prestigiosa usanza mette, certamente, in atto una sorta di gerarchizzazione di tipo qualitativo nella complessiva fruizione dell'organismo urbano da parte della collettività. In tal senso si

9 Cfr. Peri Illuminato, op. cit., p.37. L'autore analizza il rapporto di subordinazione intercorrente tra il castello e il nucleo abitato, per esigenze di protezione e di sorveglianza. Tra castello e le nuove abitazioni, costruite in un secondo tempo, si verificano continui contatti che generano una vera e propria confusione tra l'ambito stesso del castello e quello delle case. 10 La chiesa di Santa Maria si trova in una posizione che la colloca al di fuori di un'organizzazione urbana che vede nel castello il più importante edificio difensivo sito in luogo più elevato rispetto a tutte le altre costruzioni. 11 Cfr. Biancorosso Giuseppe: op. cit., p. 16. 12 Cfr. Tirrito Luigi: op. cit., p. 35. 13 Alcuni studiosi sostengono che il motto sia spregiativo nei confronti della popolazione mostratasi ostile all'insediamento del Moncada; altri propendono, invece, per un significato più positivo che faccia riferimento al carattere ospitale dei Cammaratesi. Il simbolo potrebbe, ancora, alludere a Mercurio, ed al Tempo, che non si cura (respingendoli) dei personaggi che lo sostanziano, e che in esso si succedono, mantenendo vivo solo il Valore eterno delle loro memorabili opere, che vivono al di fuori del Tempo. Cfr. La Monica Giuseppe: Pantheon ambiguo, Dario Flaccovio Editore, Palermo 1985.

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9 giustifica la progressiva edificazione lungo tale linea virtuale, nel tratto compreso tra il castello e la Madrice che provoca una ulteriore crescita verso l'alto della cittadina (secondo la direttrice Sud-Nord), ad occupare sempre più la superficie inclinata del masso roccioso.

2.3 - Dal sec. XV al sec. XVI Nel 1431 Guglielmo Raimondo Moncada vende a Giovanni Abatellis, assieme alla baronia di Motta Sant'Agata e la fortezza di Pietra d'Amico, la signoria di Cammarata. A Giovanni Abatellis nominato presidente del regno succede, nel 1453, Federico il quale riceve il titolo di conte, elevando così Cammarata a contea. Nel 1503, la nipote di Giovanni Francesco, Margherita, va in sposa allo zio paterno, Federico, figura di primo piano nell'ambito della nobiltà siciliana che, nel 1507, dà inizio alla costruzione di San Giovanni di Cammarata. Federico, accusato di congiura, viene decapitato nel 1523 ed il cospicuo territorio di Cammarata viene concesso da Carlo V all'unica figlia superstite, Isabella. A partire dal sec. XV, Cammarata riacquista un periodo di grande vitalità che interessa la strutturazione dell'organismo urbano e, soprattutto, la sua qualificazione formale. Ciò si deve alla elevata posizione sociale degli Abatellis, i nobili originari di Lucca, dei quali Giovanni I assume la carica di pretore di Palermo e di presidente del regno. I nuovi signori di Cammarata non abitano che per alcuni circoscritti periodi il castello. L'importante vicenda urbana che maggiormente caratterizza questo periodo è la nascita di San Giovanni di Cammarata. Il caseggiato, costituito inizialmente da uno sparuto gruppo di case aggregate alla chiesa dedicata a San Giovanni Battista14, rappresenta una vera e propria isola inserita nell'ambito, più vasto del territorio Cammaratese. Trascurando le ragioni socio-politiche cui si è fatto cenno, nondimeno, occorre qui sottolineare le importanti e definitive implicazioni derivanti dalla apposizione di un preciso limite alla crescita fisica di Cammarata. Tale limite, individuato nel torrente Turibolo, che ne lambisce il confine sud-occidentale, assumerà grazie anche a questa qualificazione giuridica, nuovo significato legato al sistema di relazioni che in esso vengono ad instaurarsi. Scrive Pasca a proposito del corso d'acqua: Esso lambe la base della rupe e divide Camerata da un altro piccolo paese detto il comune di Cammarata che giace nel margine opposto e scostasi una tirata di pietra dal detto Camerata. Un picciol ponte mal costrutto riunisce le due terre ed in certi anni di tempo vernale sogliono le acque del torrente aumentarsi a tale da impedire il vicendevole passaggio degli abitanti... 15. Nel 1531 Isabella Abatellis vende la contea a Blasco Branciforte il quale ne aliena impunemente buona parte del territorio. Tuttavia, la madre Margherita, vedova di Federico Abatellis, riesce a mantenere il potere su Cammarata sposando Blasco in seconde nozze, legittimando così, anche da un punto di vista giuridico la sua contea. Blasco Branciforte è, tra l'altro, stratigoto di Messina e capitano d'armi di Agrigento e Trapani. Il suo monumento funebre si trova nella chiesa di San Nicola (1546). Se i musulmani rendono stabile l'insediamento di Cammarata ed i normanni ne strutturano ed indirizzano la crescita, è sotto la dinastia dei Branciforte che l'intero organismo urbano assume una qualità costruttiva e formale mai sperimentata prima. Ciò

14 La chiesa, corrisponde a quella oggi dedicata alla Madonna del Carmelo. Si attesta la sua esistenza già in un documento conservato all'Archivio della Curia Vescovile di Agrigento, datato 3 Maggio 1511; Cfr. De Gregorio Domenico: Cammarata. Notizie sul territorio, cit., p. 355. 15 Pasca Cesare: op. cit., p. 41.

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10 si deve certo alla acquisizione di una maggiore coscienza urbana da parte della popolazione, ma soprattutto alla straordinaria vitalità culturale dei nuovi signori. E' questo un periodo di notevole vitalità costruttiva in cui si può affermare che la città, con i nuovi monumenti pubblici assume una propria fisionomia: si pensi soltanto al gran numero di edifici religiosi che sorgono all'interno del suo perimetro e che rappresentano altrettanti nuclei aggregativi di nuove case. E tale febbrile attività riceve impulso dal contributo di maestranze o artisti provenienti da altre località siciliane, con i quali i Branciforte dovevano avere frequenti contatti. I documenti in grado di ricostruire una datazione certa delle fabbriche cammaratesi sono rari. Tuttavia, per quanto riguarda gli edifici religiosi, vengono in aiuto i manoscritti relativi alle visite pastorali che i vescovi della curia di Agrigento ordinavano periodicamente. Il che non è certamente poco, visto che le chiese rappresentano la quasi totalità degli edifici ad uso collettivo edificati fino a questo periodo. La visita pastorale in grado di discriminare l'esistenza di molte chiese di Cammarata è quella commissionata dal Cardinale di Aragona nel 154016. Essa, ci consente di affermare che già a quella data esistono: San Vito, San Cataldo, San Salvatore, Santa Caterina, Santa Domenica. Sicuramente precedente al 1521 è, invece, la costruzione dell'Annunziata17, annessa al monastero, che presenta caratteri distintivi rispetto ad un linguaggio sostanziato da massa muraria e volume che può accomunare le altre chiese18. La chiesa di San Vito sorge nell'ambito di un quartiere nato, secondo alcuni autori, tra il sec. XIII ed il XV19. E' indubbio, però, che un'edificio di tale imponente massività abbia potuto condizionare l'intera sua area d'influenza, giacché anche nella attuale conformazione urbana sicuramente costituisce un segnale importante e significativo. La pianta è basilicale a tre navate, come la chiesa di San Nicola, con la quale condivide pure il forte impianto volumetrico. La densa gemmazione di case generatasi tra la fine del sec. XV e l'inizio del XVI, che inviluppa la chiesa di San Vito esaltandone il ruolo di elemento gerarchico di riferimento per l'intero quartiere, viene in gran parte stravolta all'inizio del sec. XIX. Infatti, il prolungamento della via Matteotti ed il suo congiungimento con la rotabile per Castronovo, cancellano la coerenza e logica insediativa, alterando il sistema viario interrompendo la via Vittorio Veneto e mettendo a nudo l'intero fianco Sud-Est della chiesa20. Ma, tornando ad analizzare il quartiere di San Vito e continuando ad avvalorare una stretta relazione tra le sue case e la fabbrica religiosa, è opportuno osservare come esso dovesse possedere notevoli dimensioni già nel sec. XVI, per una logica di proporzioni tra il manufatto e gli edifici ad esso pertinenti. Se anche l'ipotesi di gemmazione delle

16 Cfr. Registro Visite 1540, dell'Archivio della Curia Vescovile di Agrigento; Cfr. De Gregorio Domenico: Cammarata. Notizie sul territorio..., cit., p. 185. 17 Su una parete frontale del pregevole atrio con archi a sesto acuto della chiesa dell'Annunziata (dedicata originariamente alla Madonna degli infermi), si legge infatti: Hoc opus fieri fecit Honorabilis Barnaba de Callari ad laudem B.tæ Virginis Mariæ in anno X ind. 1521. 18 Ci riferiamo alla qualità spaziale dell'atrio a pianta rettangolare ed alle sue specificazioni di dettaglio non rintracciabili in altre architetture locali, quali gli archi, con le ghiere a conci perfettamente stereotomici, ed i pilastri su cui scaricano. 19 Cfr. De Gregorio Domenico: Cammarata. Notizie sul territorio..., cit., p. 66 e sgg. 20 La conseguente modificazione delle quote del terreno in questa zona hanno, tra l'altro, reso necessaria, negli anni '50, l'apposizione di speroni in muratura, atti a puntellare la chiesa, proteggendola da eventuali cedimenti.

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11 case attorno alla chiesa, non fosse convincente allora, per altro verso, sarebbe ovvio pensare al centro abitato di Cammarata tanto sviluppato da coinvolgere e collegare i fulcri rappresentati dalla chiesa madre, dal castello e dalla chiesa di San Vito poiché, non potendo essere quest'ultima un edificio isolato, doveva in ogni caso essere espressione di un vasto insieme urbano. Da questi ragionamenti possiamo affermare che il paese ha raggiunto nel sec. XVI una estensione delimitata sul versante orientale dal quartiere Gianguarna e dalla Madrice mentre, su quello orientale, dal castello e dal quartiere sorto attorno a San Vito. A ciò deve aggiungersi il gruppo di abitazioni costruite in prossimità della chiesa Santa Maria, sempre più numerose ed oramai prossime al congiungimento a quelle di San Vito. Di conseguenza, si può pensare che Cammarata possegga, sotto i Branciforte, dei quartieri ben definiti ponendo le basi per l'evoluzione di quella che sarà l'attuale forma urbana. I quartieri stratificatisi in ordine cronologico sono: quello di Gianguarna, quello afferente al castello, tendente a svilupparsi ad Ovest sino alla Porta Guagliarda; il quartiere Citazza afferente alla chiesa di San Sebastiano21; il quartiere Imbastia, afferente alla chiesa San Vito e quello di Santa Maria. Ma questo sistema di aggregazione urbana deve necessariamente comprendere il gruppo di costruzioni già abitate dagli ebrei (in seguito denominato di Sant'Agostino). Il Tirrito ed il Pasca, concordano, viceversa, in una partizione costituita da soli tre quartieri (Imbastia, Santa Maria e Citazza) corrispondenti alla zona bassa, mediana ed alta dell'abitato, mentre Caruso e Alimena ne individua ben sette: Imbastia, Citazza, Porta Guagliarda, Porta Soprana, Porticella, Piazza e Gianguarna. Circa la denominazione di Porta Guagliarda, di Porta Soprana e di Porticella, va comunque detto che Cammarata è dotata, nel periodo dei Branciforte, di un sistema difensivo22 basato su una più o meno estesa poligonale murata (in prossimità del castello ed in continuità con qualcuna delle sue torri) e sulla naturale conformazione del sito di insediamento (il ripidissimo masso roccioso che strapiomba a Nord - Ovest)23. Le porte costituiscono, allora, dei varchi privilegiati attraverso i quali accedere al paese ovvero uscirne, dirigendosi in precise zone del territorio24. La loro importanza avrà indotto gli storici ad attribuirne il nome all'intero caseggiato. In definitiva, per quanto riguarda la configurazione urbana di Cammarata, accanto alla crescita dei singoli quartieri, si assiste ad una sorta di gerarchizzazione funzionale. Ciascuno, infatti, va assumendo un preciso specifico ruolo nell'ambito della organizzazione urbana contribuendo a fare dei singoli fatti fisici della città parti di uno stesso e complessivo discorso. In tal senso, come già accennato nelle pagine precedenti, occorre sottolineare il rilievo progressivamente acquisito dal quartiere Citazza antistante la chiesa di San Sebastiano.

21 Si è parlato in precedenza del percorso privilegiato che collegava la Matrice ed il castello. Proprio nel punto baricentrico di tale traiettoria si rende visibile, nel tempo, una vera e propria pausa urbana, la attuale Piazza della Vittoria, denominata inizialmente Tocco Vecchio, Vico Vecchio o Citazza. Questo luogo assumerà sempre più un valore ed uso civico e collettivo, configurando il centro delle adunanze cittadine e lo spazio più rappresentativo dell'intera collettività. 22 Non è dato di sapere con esattezza se l'intero sistema esistesse già ai tempi dei d'Auria. E', però, ovvio che essi, restaurando o ingrandendo il castello, l'abbiano dotato di mura, come del resto avranno fatto tutti i signori succedutisi in epoche successive. 23 Si è già osservato come tale prerogativa costituisse, anzi, una delle ragioni insediative. 24 Nulla si conosce circa il reale posizionamento delle suddette porte, tranne per la Porta Guagliarda che dà ancora oggi il nome all'omonimo quartiere, sito a Sud - Ovest del castello.

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Ciò ha indotto qualche studioso ad individuarvi il nucleo più antico del paese25. Di sicuro, va notato l'importante ruolo (per l'intero contesto urbano) della grande piazza caratterizzante il quartiere: essa, nel sec. XVI si articola con una configurazione altimetrica diversa dalla attuale e presenta alcuni notevoli elementi architettonici tra i quali una fontana ed una loggia, posta alla sinistra della chiesa, per la promulgazione dei bandi e per i discorsi. Accanto al consolidato assetto urbano, vanno però ricordate le numerose architetture che sorgono in questi anni. Esse sono per lo più chiese o edifici religiosi la cui datazione è indicativamente offerta (in gran parte) dalle visite pastorali. Si tratta delle seguenti chiese: San Domenico con annesso convento26, San Giuseppe27, Santa Maria Maddalena28, San Giacomo e San Giovanni Evangelista29, Raccomandata30, San Marco31, Sant'Onofrio32, Santa Rosalia33 Sant'Agostino34. Oltre agli edifici a carattere prettamente cultuale, si deve però registrare, in questi anni, la costruzione di altri, relativi ad attività collegate alla vita religiosa collettiva. Si tratta degli oratori, sedi delle numerose e potenti confraternite35: vanno ricordati quello dei Verdi (1542)36, quello di Sant'Orsola (1592) e, soprattutto, quello dei Turchini. Quest'ultimo, costruito nel 1650 come sede della omonima confraternita (nata prima del 1618), è uno degli edifici di maggior pregio tra quelli oggi esistenti sebbene versi in un totale stato di abbandono. La fabbrica si presenta come un volume semplice e compatto, la cui massività è contraddetta dalla raffinata modulazione delle lesene e delle cornici. L'edificio, collocato nelle vicinanze della chiesa di San Vito37, in prossimità dell'ingresso laterale, era sede dell'orazione ecumenica dalla domenica delle Palme al mercoledì santo. Le restanti confraternite avevano la loro sede quasi in ciascuna delle altre chiese dove trovavano posto le omonime cappelle.

25 Cfr. De Gregorio Domenico: Cammarata. Notizie sul territorio, cit., p.328. L'autore giustifica tale ipotesi riportando il rinvenimento, sotto il pavimento della chiesa di San Sebastiano, di fondazioni risalenti ad epoca anteriore a quella dello stesso edificio che, la già ricordata visita pastorale del 1540, fa datare al sec. XVI. E' possibile, però che la chiesa esistesse anche prima della sua dedicazione a San Sebastiano (1532), essendo, già in precedenza dedicata alla Madonna dell'Itria. 26 Successiva al 1543 e sorta in prossimità della vecchia chiesa di Sant'Antonio. 27 Sorta, dopo il 1550, a valle della chiesa di Santa Maria ed oggi distrutta. 28 Sorta prima del 1540, riedificata nel 1727 ed oggi distrutta. 29 Di essa si è già parlato, assieme al quartiere Gianguarna. E' precedente al 1540. 30 Precedente al 1564. 31 Dà il nome all'attuale quartiere posto tra la Matrice ed il castello. Sorge prima del 1598 ed è oggi distrutta. 32 Probabilmente nasce prima del 1550. 33 E' databile intorno al 1625. 34 Risale probabilmente al 1627 e sorge, assieme al convento degli agostiniani, nell'omonimo quartiere abitato un tempo dagli ebrei. 35 Le confraternite nascono e si istituzionalizzano con l'avallo della Chiesa ufficiale. Esse rappresenteranno, per il paese di Cammarata delle vere e proprie corporazioni perfettamente e minuziosamente strutturate, alle quali viene delegata l'organizzazione socio-religiosa dei confrati obbligati alla obbedienza. 36 Identificabile, oggi, in una casa privata sita in prossimità della Matrice ed antistante l'antico ospedale. Ad un angolo di tale casa si può vedere una pietra scolpita recante l'immagine della Fede o della Chiesa. Cfr. De Gregorio Domenico: Cammarata. Notizie sul territorio..., cit. , p. 423. 37 E' anche chiamato del Sacramento di San Vito.

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La cultura architettonica che informa Cammarata in tutto il sec. XVI deve certamente attribuirsi ai Branciforte, sia direttamente per le opere dalla famiglia volute, sia indirettamente favorendo l'edificazione di innumerevoli fabbriche e innescando una serie di relazioni con validi artisti e qualificate maestranze esterne. Un siffatto amore verso l'architettura, paritetico e complementare a quello per la definizione urbanistica della città, si inserisce nel più vasto bagaglio culturale, in cui rientra una straordinaria attenzione verso la civica amministrazione. Si pensi, per tutti, ad Ercole Branciforte, che per primo dota Cammarata di un vero e proprio ordinamento giuridico, legalizzandone la separazione da San Giovanni (1587) ed elevandolo a ducato. Ercole Branciforte, conte di Cammarata, è uomo erudito, dotato di una straordinaria conoscenza umanistica e attento estimatore dell'arte e dell'architettura. A lui si deve la costruzione e la stessa progettazione del grandioso e raffinato giardino di San Michele, contrada poco al di fuori dell'abitato. Del giardino non esistono più tracce: solo un'accurata e minuziosa descrizione fatta dal figlio di Ercole, Ottavio, nel suo De animorum perturbationibus subsecivarum copitationum. La cura, la definizione qualitativa e l'interesse artistico, riversati nella progettazione del giardino e della villa di San Michele, sono tali da far ritenere ovvia un analogo rapporto con gli edifici pubblici di Cammarata. Primo tra tutti la Madrice, che, lo ricordiamo, viene restaurata ed ampliata a tre navate da Matteo Moncada, e completata successivamente dagli Abatellis. Lo stesso Ercole Branciforte interviene fattivamente per l'ampliamento della fabbrica, con la costruzione del titolo e la definizione della parte presbiteriale, previa l'acquisizione delle case circostanti. I lavori terminano nel 1583 ma, nel 1624 un terribile incendio distrugge quasi completamente la Madrice. Dopo l'incendio il conte Francesco Branciforte impone ai vassalli il pagamento di onze 1555 per dare inizio alla ricostruzione della chiesa, che viene cospicuamente portata avanti nel 1639, grazie alla vendita di alcune terre comunali38. I lavori continuano, a più riprese, con la trasformazione della cappella maggiore in pulchram et magnificam formam 39 e il rifacimento del pavimento con mattoni di Valenza. La chiesa è completata in meliorem formam sicuramente entro l'anno 1646 come testimonia una lapide posta nella cappella di San Nicola40.

2.4 - Dal sec. XVIII al sec. XIX. Nel 1669 Gaetana Maria Branciforte sposa lo zio Ferdinando Moncada Aragona, principe di Paternò, portandogli in dote il ducato di Cammarata. Il figlio Guglielmo Raimondo Luigi Moncada dà inizio all'ultima dinastia feudale di Cammarata. Nel 1765 Cammarata e San Giovanni passano a Giovanni Luigi principe di Paternò, che ne mantiene il dominio sino alla abolizione del sistema feudale (1812). Il primo Consiglio Civico viene convocato nel 1812, mentre il primo Magistrato Comunale è presieduto da Gregorio Coffari che, nel 1819, diviene il primo sindaco della

38 Cfr. Relazione sul patronato dei Branciforti, Archivio della Matrice di Cammarata. 39 Ibidem. 40 Tuttavia le navate vengono rimaneggiate (forse rialzate e coperte con nuovo tetto) nel 1704; la finitura a stucco degli interni e la trasformazione del pavimento in marmo viene completata solo nel 1868; la facciata è completamente snaturata dai lavori iniziati nel 1938, proseguiti dopo la guerra e tuttora in corso.

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14 cittadina. Dallo stesso anno, divisa la Sicilia in intendenze, Cammarata diviene capoluogo di circondario. In occasione dei moti garibaldini del 1960, anche i cammaratesi si attivano e votano l’unificazione italiana nel plebiscito popolare. Durante questo periodo Cammarata non muta sostanzialmente la sua estensione, né la sua configurazione urbana. Ciò si deve soprattutto al decremento della popolazione che comincia a preferire il sito di San Giovanni per insediarvi le nuove abitazioni. Infatti, se nel 1713 gli abitanti sono 7645, già nel 1797 essi si riducono a 5123. Le testimonianze del Caruso, già richiamate, confermano che sino alla fine del '700 possono ancora distinguersi i quartieri Imbastia, Citazza, Porta Guagliarda, Porta Soprana, Porticella, Piazza e Gianguarna. Una ulteriore definizione descrittiva dell'agglomerato, ci è offerta dallo Stradario del sec. XVIII, il quale conferma una sostanziale stabilizzazione della forma urbana. Ancora, il Tirrito41 e il Pasca42 descrivono il paese dividendolo in tre grossi quartieri corrispondenti alla parte bassa medievale e alta: Citazza (o piazza), Imbastia e Santa Maria. Il Pasca si spinge addirittura ad identificare la popolazione della parte alta con i mugnai e quella della parte bassa con le famiglie più distinte che abitano le case più moderne. La piazza, poi, é descritta come un piano inclinato circoscritto da un recinto, nel quale trova posto un abbeveratoio. Altri documenti fondamentali ai fini della ricostruzione documentaria della crescita urbana sono: lo Stato delle anime del 1765 e del 1767 depositato negli archivi della Madrice e l'elenco delle strade, compilato nel 1835 da Vincenzo Mattaliano per la numerazione civica della porte dell'abitato. Dal punto di vista delle opere che maggiormente caratterizzano l'identità urbana, le testimonianze del Tirrito e del Pasca, attestano che ancora nei primi anni dell'800, Cammarata possiede sette torri di difesa. Di esse, quattro fanno parte del complesso difensivo del Castello e tre sono situate in altrettanti punti strategici: Torre Bruna o Rocca, Torre Bastia, Turrazza. A queste ultime va aggiunta, con ogni probabilità, una quarta denominata Turretta. Le porte di accesso alla città sono invece quattro: Guagliarda (rivolta verso il territorio di Castronovo), Santa Maria, Porticella e Soprana. Per quanto concerne l'architettura religiosa, il XVIII secolo vede la edificazione della chiesa della Madonna del Barone (forse leggermente anteriore al 1700), Santa Maria Maddalena (1727), la seconda costruzione di Santa Maria del Gesù con l'annesso convento (1758), la chiesa di Gesù e Maria (1762) e la chiesa della Madonna della Scala (1811). Si tratta in gran parte di edifici di modeste dimensioni (a meno del complesso di Santa Maria), collegate a volte alle case nobiliari di quelle famiglie che cominciano a godere di un certo prestigio. Ci riferiamo alla chiesa della Madonna del Barone, annessa alla casa del barone Coffari ed a quella di Gesù e Maria, facente parte della casa Trajna. In seguito alla soppressione dei beni ecclesiastici, il monastero delle benedettine viene trasformato nella sede del Municipio ed in quella delle scuole elementari, mentre il convento dei domenicani ospita la caserma dei Carabinieri e l’ufficio postale. Malgrado l'attività edilizia subisca una stasi, collegabile al calo della popolazione, tuttavia, il paese va, per così dire, punteggiandosi di architetture private di proprietà

41 Cfr. Luigi Tirrito: Op. cit., p. 35. 42 Cfr. Cesare Pasca: Op. cit., p. 11.

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15 delle famiglie notabili. Esse risalgono soprattutto al XVIII secolo ma subiscono degli ammodernamenti in periodi successivi. Possono elencarsi la casa della famiglia Biancorosso (il cui paramento murario e la stessa qualità del materiale lapideo raffigurano molto bene le vicissitudini costruttive); la casa della famiglia Trajna, la casa Coffari, la casa Mendola, la casa De Angelis in piazza, la casa Panepinto, la casa Gerardi. Questi edifici, singolari per complessità interna, andrebbero sicuramente meglio studiati, sebbene qualsiasi indagine appare compromessa date le gravi manomissioni e le demolizioni che caratterizzano lo stato attuale. Possono, viceversa, farsi delle considerazioni comuni a tutte le fabbriche che, lungi dall'enucleare un “tipo” dal punto di vista morfologico o distributivo ne individuano uno “strutturale”. Le abitazioni civili raggiungono al massimo le tre elevazioni e sono realizzate in pietrame calcareo locale più o meno squadrato a seconda della qualità costruttiva. Elemento di grande interesse statico e formale è il sistema di fondazione connaturato alle caratteristiche topologiche del sito. I muri, sono infatti “poggiati” direttamente sulla roccia che mantiene intatta la sua configurazione naturale a “piano inclinato”: infatti, nei locali cantinati, non di rado si vede scorrere l’acqua che, trasudando dalle fenditure del masso lapideo, si incanala in semplici sistemi di gronda ricavati nei pavimenti per defluire all’esterno della costruzione o nel sottosuolo.43 Tale espediente tipologico, che consente di mantenere inalterato l'equilibrio idrologico e meccanico del sito di fondazione, non solo evita la creazione di pericolose soluzioni di continuità per le capillari vie dell'acqua, ma permette la configurazione di una congrua coniugazione tra costruzione artificiale e naturalità della roccia. Essa affiora all'interno dei piani terra (cantinati) ed è ben visibile, all'esterno, laddove si può perfettamente leggere la separazione tra “masso calcareo” e spiccato delle murature. Non vi sono fondazioni sotterranee dunque. Le costruzioni, si ergono direttamente sulla roccia affiorante, e danno luogo ad un paesaggio monomaterico e monocromatico la cui estetica si basa eminentemente sulla contrapposizione tra natura e artificio. La spazialità delle strette vie cittadine, viene a qualificarsi così esclusivamente per la condizione più o meno inalterata del calcare: talora rimasto intatto a conformare alcuni lembi di strada o tratti di muro, tal’altra frantumato in pezzature minute per la pavimentazione stradale, ovvero lavorato in conci per la costruzione muraria. Continuando in una sintetica descrizione degli edifici notevoli, come quelli citati, va detto che i solai sono lignei, spesso orditi con grosse e contorte travi semplici, a vista nei piani cantinati e nascoste da controsoffitti incannucciati al piano nobile. Le volte sono per lo più a padiglione con struttura muraria, ma non mancano quelle costruite con carenature lignee. La distribuzione é forse uno degli aspetti più singolari di queste case, poiché risponde alle stesse regole ravvisabili (a diversa scala) nelle trame viarie dell'organismo urbano. Qui domina la scala, ripida e stretta connessione che s'insinua in stretti corridoi e che segue impensabili giaciture geometriche dettate dalla labirintica (e

43 Jean Hoüel, nel suo viaggio in Sicilia alla fine del ‘700 rimane impressionato dal modo in cui le case di Cammarata si insediassero sulla acclive roccia. Egli scrive che «era impossibile posarvi anche una pietra. Per costruirvi le case si immaginò di tagliare la roccia di qualche piede e di scavarvi trincee da servire per la collocazione delle fondazioni degli edifici, soprattutto per impedire che rovinassero ai piedi del grande masso». Cfr. A. Mazzé e A. Margagliotta: “Tecniche e materiali da costruzione secondo le osservazioni dei viaggiatori in Sicilia”, in Il progetto nello spazio della memoria: segni, idee e potenzialità, atti del convegno internazionale tenuto a Napoli dal 27 al 28 Ottobre 1995, a cura di M. Fumo e G. Ausiello, Clean Edizioni, Napoli 1995.

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16 mai casuale) orditura muraria. Gli ambienti domestici si percepiscono come volumi scavati nell'edificio inteso come unico blocco calcareo.44 Tutto è espresso con la massima povertà linguistica, contraddetta soltanto dalle cornici dei portoni d'ingresso e dalle mensole dei balconi, elementi entrambi, in pietra lavorata a scalpello. Sebbene il linguaggio non raggiunga mai alti (e colti) livelli espressivi, si può di contro affermare che la sua peculiarità risieda nella stretta interrelazione ed interferenza tra il fatto “costruttivo” e quello “figurativo” degli edifici. Particolare non trascurabile, il giardino, che continua a rivestire ruolo di primissimo piano e del tutto complementare a qualsiasi palazzo. Ciascuna di queste case é dotata, infatti, di giardino: murato quello della casa Biancorosso dalla quale é separato dalla scala pubblica; adiacente ad una parete esterna quella della casa Trajna e Mendola. Sulle caratteristiche peculiari del giardino privato, si è già detto nelle pagine precedenti in cui si è analizzato, tra l’altro, il suo ruolo connaturato al contesto cittadino. Esso deve intendersi soprattutto come una porzione di campagna inserita in un vero e proprio “ritaglio urbano”, in cui trovano luogo le principali essenze agrumicole e le principali varietà di ortaggi presenti nella zona. Nella seconda metà dell'800, anche il territorio di Cammarata viene coinvolto nell'opera di sviluppo delle reti di comunicazione nazionali e regionali. Essa viene portata avanti già dal 1828 e subisce una sostanziale accelerazione poi, nel periodo successivo all'unità nazionale. Nel contesto regionale, e soprattutto per il territorio di Cammarata, notevole importanza riveste la realizzazione della rotabile per Girgenti. Al 1838 risultano realizzati alcuni tratti fondamentali tra cui il tronco da Girgenti al ponte Bellavia (9 miglia) e quello da Lercara al Casino De Angelis, in territorio di Cammarata (16 miglia). Solo negli anni successivi si passa al tracciamento del tronco compreso tra il bivio Manganaro e Lercara, che consente di rendere pienamente funzionante il collegamento tra Girgenti e Palermo. Per il completamento del tratto che più da vicino interessa Cammarata si renderà, invece, necessaria la realizzazione dei ponti sul fiume Platani (progettato dall’ing. La Rocca) e sui torrenti Saraceno, Barbieri e Mancuso.45 Ancora, riguardo al collegamento tra Cammarata e le principali città dell’Isola, bisogna ricordare che alla fine del 1885 risulta aperta all’esercizio oltre che la ferrovia tra Palermo e Roccapalumba anche la linea compresa tra Roccapalumba, Lercara, Aragona Caldare, Girgenti. La linea viene realizzata a scartamento ordinario e consente di portare l’intera rete ferroviaria regionale a complessivi 796 Km.46 Cammarata può così cominciare a trarre beneficio dalla sua posizione grosso modo baricentrica rispetto alle città di Palermo e Agrigento. Tale condizione renderà fiorente, tra l’altro, la commercializzazione del salgemma estratto dalle miniere ubicate nei pressi del fiume Platani.47 A proposito di attività economiche relative allo sfruttamento delle risorse territoriali, vanno ricordati importanti edifici legati alle attività artigianali, presenti a Cammarata

44 Per una lettura spaziale dell’organismo architettonico e della struttura urbana si rimanda a G. F. Tuzzolino: “Le scritture del tempo”, in Antonino Margagliotta (a cura di) : Cammarata, progetti per il quartiere Gianguarna, cit, pp. 10, 11. 45 Giuseppe Tesoriere: Viabilità antica in Sicilia. Dalla colonizzazione greca all’unificazione (1860) , Zedi Italia, Palermo 1994. 46 Giuseppe Tesoriere: Le strade e le ferrovie in Sicilia. Le tappe del loro sviluppo dopo l’unificazione, Zedi Italia, Palermo 1995. 47 Presso la cosiddetta Salina verrà, infatti, realizzato l’apposito scalo merci Spina, adesso in totale stato di abbandono, la cui testimonianza andrebbe meglio valorizzata. In prossimità del fiume Platani sono, del resto, ancora visibili due miniere di salgemma.

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17 per lo meno dal XIX secolo. Ci riferiamo ai trappeti (frantoi) di vicolo Trajna, di via San Marco, di via Panepinto, preposti alla lavorazione dell’olio, i quali presentano, a volte, interessanti caratteristiche di archeologia industriale per la commistione funzionale di residenza e lavoro. Ancora visibile, ed attivo fino al primo ventennio del sec. XX, è lo Stazzone, localizzato in località Gianguarna. Esso si configura come un vero e proprio complesso nel quale si distinguono due fornaci ed un laboratorio di creta. Qui si producevano soprattutto i cosiddetti coppi da destinarsi al locale mercato edilizio. Le strutture di cui abbiamo fatto cenno meritano sicuramente una migliore attenzione sia per una contestualizzazione nel più generale panorama storico-industriale siciliano, sia per le spiccate valenze architettoniche. Esse risultano tanto più originali poiché facenti parte integrante dell’organismo storico della città.

2.5. - Il sec. XX. Se nell’anno 1881 Cammarata può contare 6210 abitanti, invertendo finalmente la tendenza negativa della dinamica demografica, nel 1901 essi raggiungono quota 654148. Sebbene la popolazione sia ancora lontana da quei 7645 abitanti registrati nel 1713 (in seguito all’abbandono delle campagne), si assiste ad un lento e progressivo incremento della popolazione residente che ripropone il problema della costruzione di nuove case. Tali nuove abitazioni trovano posto inizialmente nel quartiere di Santa Maria e, solo successivamente, in quello un tempo occupato dalla chiesa di Sant’Agostino. L’edificazione in queste due zone (soprattutto nella seconda), subisce un nuovo sostanziale impulso soprattutto dopo la seconda Guerra Mondiale, allorquando il censimento del 1951 registra una popolazione pari a ben 8981 abitanti. Tuttavia, per rintracciare le vicende significative della storia urbana di Cammarata bisogna arrivare all’inizio degli anni ‘60, quando i benefici del boom economico e della conseguente ricostruzione cominciano a farsi sentire anche in Sicilia. E’ nel biennio 1963-1964 che si sancisce, infatti, la costruzione di nuove case popolari nei quartieri Santa Maria ed in contrada Lupa, accelerando il processo di connessione con il quartiere Gianguarna, del quale incrementa le dimensioni, stravolgendone la logica dell’impianto storico49. Proprio nel 1964, a servizio della zona Gianguarna si inizia la costruzione dell’edificio delle scuole elementari. La prima metà del sec. XX è caratterizzata da una decisiva individuazione di tre direttrici di sviluppo urbanistico: Santa Maria, Sant’Agostino e Sopra la Costa. Ben presto, però, si renderà evidente una naturale predilezione costruttiva per i terreni alle pendici della Montagna (per la zona Santa Maria prima e per la contrada Santa Lucia, dopo), a scapito delle altre zone che mostreranno una totale assenza di servizi e la mancanza di vere e significative ragioni insediative. Il caso Gianguarna, ad esempio, costituisce uno dei problemi che si trascineranno per lungo tempo a causa di una poco incisiva volontà politica di rendere il quartiere organico al resto del paese e, soprattutto,

48 Cfr. Nicotra V.: ”Cammarata”, in Dizionario dei Comuni di Sicilia, Palermo, 19 , p. 949. 49 Il quartiere Gianguarna comincia a perdere la sua tradizionale configurazione incentrata sulla forte presenza della chiesa di San Giacomo e caratterizzata dalla presenza di interessanti nuclei di case a schiera, affatto presi in considerazione durante l’opera di espansione edilizia. Si tende, viceversa, ad ignorare l’impianto storico e a demolire parte delle antiche costruzioni esistenti.

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18 di risolverne le questioni strutturali, dotandolo di tutte quelle infrastrutture atte a non farne un quartiere dormitorio. Per quanto concerne la lenta opera di infrastrutturazione, che vede Cammarata adeguarsi alle moderne esigenze della popolazione, va ricordata in primo luogo la costruzione dell’edificio delle scuole elementari in via Pirandello (iniziata nel 1955 e completata nel 1958).50 Si tratta di un edificio posto in prossimità della chiesa di Santa Domenica e confinante con il complesso del Municipio: non possiede particolari pregi architettonici se non quello della modestia linguistica che ne fa un semplice volume incastrato nel sito scosceso, contrapposto alla raffinata complessità dell’ex monastero benedettino. Alla nascita della scuola elementare, segue ben presto quella della scuola media in contrada Ponte51, il cui progetto risale al 1964 ma la cui realizzazione avverrà tra il 1967 ed il 1970. Proprio in questi anni, in prossimità della scuola media si inizia la costruzione di una serie di edifici condominiali52 realizzati a ridosso del torrente Turibolo di cui ha inizio la canalizzazione dell’alveo naturale. In poco tempo, va saturandosi anche la superficie compresa tra la chiesa di San Domenico ed il Turibolo mentre altre case sorgono ai lati della via Cesare Battisti arrivando sino alla zona di Sant’Agostino. Ma le opere più importanti sono certamente quelle che coinvolgono tutta la zona sottostante la chiesa di San Vito, trasformandone totalmente le originarie caratteristiche morfologiche, di percezione visiva, dello spazio urbano e della viabilità. Si mette in atto, come già ricordato nei capitoli precedenti, un vero e proprio sventramento, cui fa seguito la realizzazione di nuove case in corrispondenza dei quartieri Sant’Agostino e Mulinello. L’opera più ardita, connessa al rinnovato sistema viario, è sicuramente la nuova piazza Marrelli, ottenuta realizzando un gigantesco muro in pietra che, ricolmato da un ingente volume di materiale di riporto, permette l’allargamento della sede stradale e con esso la costruzione di un suggestivo belvedere. Il tessuto urbano subisce, però, altre significative modificazioni in funzione di nuove linee stradali che vengono ad imporsi sulla trama storica. Ricordiamo, in primo luogo, l’apertura del corso Umberto I, importante arteria che muta pesantemente la configurazione del cuore del paese. Si tratta del congiungimento della piazza della Vittoria con la località Scalilla, con la realizzazione di un progetto che conduce all’innalzamento della quota della piazza ed alla demolizione di numerose case poste a ridosso della chiesa di Santa Rosalia e situate a valle della piazza di San Marco e la Madrice.53 Un altro vero e proprio sventramento, riguarda l’allargamento della via

50 Per quanto concerne la ricognizione delle opere pubbliche realizzate a Cammarata a partire dagli anni ‘60, si rimanda a Raffaello Rubino: Al lavoro per Cammarata, Edizioni Denaro, Palermo 1964. Altre notizie sono state desunte da Salvatore Panepinto: Cammarata , i Comuni della Montagna, Editrice La Musa, Cammarata 1990. 51 Così veniva denominato l’attuale Largo dei Pini. 52 Gli edifici, sebbene privi di ogni qualità, trasformano in maniera significativa la forma urbana attestandosi praticamente sul confine con San Giovanni e modificando il rapporto con l’antistante pineta.

53 I lavori per la costruzione della nuova strada, prevedendo la decisiva trasformazione delle quote del piano di calpestio, stravolge il rapporto privilegiato della chiesa di San Sebastiano con la piazza. La chiesa, infatti, venendosi a trovare ad una quota più bassa rispetto alla nuova altimetria, manterrà soltanto un esiguo ambito di rispetto antistante l’ingresso, che ne comprometterà la diretta relazione con il vuoto urbano. Contemporaneamente viene distrutta la storica fontana che campeggiava al centro del piano della piazza, in sommità della quale si trovava la statua della donna che allatta i serpenti, simbolo di Cammarata. Il complesso delle trasformazioni, interessa pure la demolizione della loggia per il consesso civico, storica sede dei Giurati cittadini: il luogo del potere civile, come già ricordato, viene trasferita nel nuovo Municipio ricavato nel monastero delle benedettine.

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Panepinto, per il quale viene sacrificata la chiesa della Maddalena (rasa al suolo) e la casa Panepinto, demolita anch’essa. Negli anni ‘80, inoltre, sulla spinta della volontà popolare di insediare le proprie case in prossimità delle ultime propaggini della Montagna, si sono individuate proprio nelle contrade Santa Lucia e Balatelle le nuove direttrici di espansione urbana. Ciò ha relegato ad un ruolo di secondo piano lo sviluppo insediativo in direzione Nord-Est e dello stesso centro storico.54 L’attività edilizia portata avanti nell’ultimo quarto di secolo, laddove non interessa aree un tempo occupate da antiche chiese demolite o distrutte55, viene dunque a concentrarsi quasi esclusivamente a ridosso della Montagna. Per prima viene interessata la contrada Santa Lucia nella quale si localizza una intensissima attività edificatoria ad opera dei privati ed anche della pubblica amministrazione che vi insedia un edificio scolastico, ben presto trasformato nella sede dell’ospedale civico. La edificazione in contrada Balatelle si struttura invece, a partire dalle costruzioni sorte ai due lati della provinciale per , con edifici multipiano destinati ad abitazione che si trovano a convivere simbioticamente con altri adibiti a fabbriche o laboratori artigianali. Le ultime vicende sin qui descritte segnano così una significativa modificazione del rapporto tra l’organismo urbano ed il Monte Cammarata, per lo meno di quello che si è strutturato nel corso dei secoli. Ogni possibile sfruttamento legato alla costruzione di strutture turistico-ricettive ed alla fruizione paesaggistica dovrà, di conseguenza, fare i conti con questo mutato (ma in ogni caso ineludibile e vitale) assetto territoriale. Qualora si è pensato di ritornare ad abitare il centro storico, lo si è fatto o ad opera di privati che hanno demolito le proprie case ricostruendole senza nessuna qualità (architettonica ed edilizia), ovvero ne hanno incrementato il numero di elevazioni. Va detto, però, che sta di recente prendendo piede una nuova cultura del recupero e della risignificazione del patrimonio storico che si manifesta con modesti e puntuali interventi che coniugano le istanze della conservazione con quelle della moderna funzionalità. Tuttavia, nella volontà di rivitalizzare il nucleo storico del paese, è prevalso finora l’uso di rendere accessibile alle automobili parte del complicato ed importante tessuto viario, stravolgendone del tutto le regole costitutive. In questa logica rientra, ad esempio, la manomissione del complesso di San Biagio cui fa parte la omonima chiesa. Esso è interessato da una sostanziale demolizione resasi necessaria per la realizzazione di una strada che collega la piazza San Biagio con la strada per lo scalo ferroviario56. Il risultato di questo insieme di azioni ha condotto nel giro di pochi anni alla perdita di gran parte di quelle qualità formali, insediative, storiche di cui si è detto.57 Le ragioni della progressiva demolizione o trasformazione del centro storico, analizzata nel suo complesso e condotta tanto dai privati che dalla mano pubblica, sono complesse e profonde. Ogni proposito di riqualificazione storico-culturale (il discorso riguarda

54 Ci riferiamo al più volte richiamato quartiere Gianguarna ma, soprattutto alle capacità abitative del centro storico, sempre più interessato da un graduale ed inesorabile abbandono a vantaggio delle aree disponibili nella vicina San Giovanni. 55 I casi più evidenti riguardano gli edifici costruiti al posto delle chiese di Sant’Agostino e di San Giuseppe, delle quali non esiste più memoria. 56 La chiesa di Sant’Orsola, sita nelle vicinanze, viene trasformata quasi contemporaneamente in magazzino. 57 Va ricordato che la lenta sostituzione del patrimonio edilizio storico, non ha provocato semplicemente la perdita di semplici unità abitative ma ha intaccato un organismo il cui valore risiede nella omogeneità complessiva del sistema.

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20 molti centri del territorio siciliano) non ha purtroppo avuto la forza di esaltare un patrimonio costruito, sì modesto ma denso di significati per la storia collettiva della popolazione. Gli interventi che hanno manomesso alcune delle più importanti fabbriche storiche di Cammarata risalgono purtroppo ad un passato recente. A parte il complesso conventuale di Santa Maria ristrutturato tra il 1958 ed il 1961, si devono ricordare il completo rifacimento dell’interno e della facciata della omonima chiesa (1980 circa). Tra il 1987 ed il 1988 poderosi lavori trasformano l’ex convento dei domenicani annesso alla chiesa di San Domenico, cambiandone la destinazione d’uso per ospitarvi l’attuale Liceo scientifico, mentre nel 1985 vengono completati i lavori di ristrutturazione dell’ex ospedale di via Longo (che si trasferirà di lì a poco nella nuova sede di contrada Santa Lucia).58 Vanno ricordate, inoltre, la demolizione della casa Gerardi, per lasciare spazio ad un parcheggio e le diverse trasformazioni del complesso del castello. Esso viene abitato prima dalle suore della Misericordia della Croce (che vi si insediano a partire dal 1899) ed, in seguito, dalle suore Salesiane. Anche lo storico palazzo del barone De Angelis, in seguito alla parcellizzazione in diverse unità abitative, viene a perdere la sua configurazione unitaria originaria. A ciò contribuiscono le varie superfetazioni e tutte quelle alterazioni condotte autonomamente dai singoli proprietari. Da rilevare anche i lavori per la trasformazione della casa Trajna e del suo giardino in centro culturale e sede municipale.

2.2 Caratteri architettonici del patrimonio edilizio

Di seguito sono descritti, attraverso immagini fotografiche, i principali elementi che caratterizzano l’architettura del centro storico di Cammarata. Si tratta, come può vedersi, di architetture che traggono dalla pietra locale, spesso lasciata a faccia vista, il proprio carattere e che conferiscono al centro una ammaliante immagine di città di pietra.

58 L’Ospedale era stato impiantato nell’edificio di via Longo nel primo decennio del sec. XX, in seguito al lascito di Luigi Longo. L’antico Ospedale eretto dai Branciforte sorgeva, invece, in un edificio che fronteggiava la Matrice.

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2.3 Popolazione La dinamica demografica negli ultimi 30 anni nei centri collinari interni mostra in tutta la Regione un profilo caratteristico che vede contrapposto, ad un marcato depauperamento demografico negli anni sessanta, un rallentamento del processo di regressione demografica per effetto dell'esaurirsi dei movimenti migratori verso l'estero negli anni settanta e ottanta e, negli anni più vicini, un lieve ma evidente recupero di popolazione per effetto dei fenomeni di rientro. Il caso di Cammarata può assimilarsi allo schema generale descritto, anche se presenta talune peculiarità connesse da un lato al sovrapporsi, ai fenomeni di migrazione verso l'estero, di consistenti spostamenti di popolazione verso il vicino centro urbano di San Giovanni, dall'altro al persistere nel 1991 di una condizione di sensibile contrazione demografica. I dati riepilogati nella Tab.B.3.2, riferiti agli ultimi cinque censimenti della popolazione e delle abitazioni 1961, 1971, 1981, 1991, 2001, 2011, pur nella loro sinteticità, evidenziano chiaramente i caratteri dello sviluppo demografico del paese negli ultimi 60 anni.

Tab.1 - Andamento della popolazione e delle famiglie (ISTAT 1961, 1971, 81, 91, 2001)

Anni Popolazione Famiglie Composizione media residente residenti familiare

(a) (b) (a/b)

1961 8377 2180 3.84 1971 6950 1948 3.56 1981 6553 2076 3.16 1991 6332 2218 2.85 2001 6403 2333 2.74 2011 6275 2441

Dopo il pesante ridimensionamento demografico subito negli anni sessanta, la popolazione residente a Cammarata ha subito nei decenni successivi variazioni dello stesso segno ma con valori assoluti progressivamente decrescenti. Tale andamento demografico è in parte spiegabile con la presenza del vicino centro di San Giovanni, il cui territorio comunale ha assorbito, da sempre, parti più o meno consistenti dell'espansione urbanistica di Cammarata. Nel ventennio 1951/71, a fronte di una perdita di popolazione del 22,6% registratasi a Cammarata si è avuto un incremento demografico a San Giovanni del 22%, nel successivo ventennio 1971/91 la variazione a Cammarata si è attestata su un più contenuto -8,9% al quale ha fatto puntuale riscontro il + 8% di San Giovanni. Eppure il fenomeno di spostamento di popolazione a San Giovanni non è in grado di spiegare da solo la variazione demografica verificatasi a Cammarata: basti pensare che la variazione demografica più consistente a Cammarata si è registrata tra il 1961 ed il 1971, con una perdita di 1427 unità, mentre nello stesso periodo la popolazione di San Giovanni

è cresciuta di sole 50 unità. Si sono verificati dunque a Cammarata altri e più complessi fenomeni demografici riconducibili a spostamenti migratori verso le grandi città

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28 siciliane di popolazione appartenente alle fasce di età giovanili ed al conseguente contrarsi del saldo naturale. Il risultato di tali fenomeni è comunque una lenta ma inarrestabile diminuzione della popolazione residente, non sempre evidenziata dai dati dell'anagrafe comunale, ma puntualmente riscontrata dall'ISTAT ad ogni cadenza censimentale. Nell'ambito di una fenomenologia comune a tutte le comunità siciliane rientra il dato, apparentemente contraddittorio rispetto ai dati sin qui commentati, di un costante aumento del numero delle famiglie. Questo è infatti aumentato dal 1971 ad oggi (2011) di circa 500 unità. Ma l'aumento è dovuto con tutta evidenza alla forte contrazione dei dati della composizione media familiare, che ha portato alla perdita media di una unità per famiglia (da 3,84 a 2,74 componenti per famiglia). Su tale perdita ha influito il ridotto tasso di filiazione, ma anche il processo di invecchiamento della popolazione o l'affermarsi di nuovi modelli sociali ed economici.

Tab. 2 - Distribuzioni della popolazione nel territorio comunale (Fonte: ISTAT- CP6)

Sezione censuaria Popolazione Famiglie Convivenz Composi e zione media familiare

1 (Gianguarna,Lupa) 939 296 - 3.17 2 (Centro storico)* 690 258 - 2.67 3 (Centro storico)* 633 259 1 2.44 4 (Centro storico)* 515 193 - 2.66 5 (Terrarossa) 983 304 2 3.23 6 (Centro storico)* 721 395 - 1.82 7 (Centro storico)* 610 179 - 3.40 8 (S.Maria,Balatelle) 766 240 2 3.19 Totale area urbana 5857 2124 5 9 (Passo Barbiere, 136 44 - 3.09 Gibilferraro, Gissa, San Lorenzo, San Michele, Filici) 10 (Ficuzza, Bocca di 158 37 - 4.27 Capra, Sparacia) 11 (Casalicchio, 85 30 - 2.83 Casabella,Pasquale, Tumarrano) 12 (Borgo Callea) 34 11 - 3.09 13 (Scalo) 44 14 - 3.14 Totale area 457 136 - extraurbana

TOTALE 6314 2260 5 2.79

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Tab. 3 - Abitanti e famiglie nel 1981, 1991, 2001 2011 per sezioni di censimento (dati ISTAT)

Numero famiglie Abitanti Sezioni 1981 1991 2001 2011 1981 1991 2001 2011 1 352 296 278 206 1155 934 851 536 2 269 260 156 138 823 690 364 329 3 309 262 157 120 917 632 394 279 4 211 193 184 184 692 516 440 465 6 376 274 176 179 1243 720 430 400 7 57 241 178 136 208 612 411 317 8 98 245 239 274 355 785 669 733 Totale centro 1672 1771 1368 1237 5393 4889 3559 3059 storico Totale 2075 2218 2333 2417 6553 6332 6403 6275 comune

All'interno dell'area urbana può comunque rilevarsi, dai dati riportati nella Tabella, un fenomeno di progressivo spopolamento delle aree centrali, soprattutto quelle localizzate nelle parti alte, con un trasferimento di popolazione sia nell'area di espansione di S.Lucia-Balatelle, sia in basso verso il quartiere Gianguarna. Il fenomeno, almeno così come viene descritto dai dati del censimento ha comunque dimensioni più contenute di quel che potrebbe ritenersi. La distribuzione dei pesi demografici all'interno dell'area urbana vede ancora il centro storico, con i suoi 3369 abitanti, come l'area più popolosa, seguito dalle nuove zone di espansione a monte, nelle quali risiedono 1749 abitanti, e dai nuovi insediamenti a valle che ospitano 739 abitanti. Nel centro storico vive dunque il 57 % della popolazione urbana complessiva. E' opportuno sottolineare come quasi nella stessa area vivesse nel 1971 una popolazione di 6950 abitanti; il centro storico pertanto è oggi abitato da una popolazione che è circa la metà di quella di cinquanta fà.

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3. INQUADRAMENTO TERRITORIALE E VINCOLISTICO L’area oggetto del presente studio è interessata da vari strumenti di pianificazione sovraordinata settoriale, i più importanti dei quali si descrivono di seguito.

3.1 Il Piano Territoriale Paesistico Il piano, previsto dal vigente Codice dei Beni culturali, è articolato in Sicilia in un documento di Linee guida del Piano Territoriale Paesistico Regionale (P.T.P.R.) approvato con D.A. 21 maggio 1999 n. 6080 e in 17 piani d'Ambito, che ne dettagliano le previsioni. Nel documento di PTPR approvato sono contenuti indirizzi programmatici e pianificatori, direttive e prescrizioni; i primi hanno valore di conoscenza e di orientamento per la pianificazione comunale, le direttive e prescrizioni devono invece essere assunti come riferimento prioritario per la pianificazione comunale che, ai sensi di quanto disposto dall’art. 3 delle Norme di attuazione, deve adeguarsi alle previsioni del piano paesaggistico entro diciotto mesi dalla sua approvazione. Il territorio di Cammarata è stato interessato dal piano d'ambito redatto in adempimento alle disposizioni del D.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, così come modificate dai D.lgs. 24 marzo 2006, n.157 e D. lgs. 26 marzo 2008, n. 63, ed in particolare all’art. 143 al fine di assicurare “specifica considerazione ai valori paesaggistici e ambientali del territorio attraverso: - l’analisi e l’individuazione delle risorse storiche, naturali, estetiche e delle loro interrelazioni secondo ambiti definiti in relazione alla tipologia, rilevanza e integrità dei valori paesaggistici; - prescrizioni ed indirizzi per la tutela, il recupero, la riqualificazione e la valorizzazione dei medesimi valori paesaggistici; - l’individuazione di linee di sviluppo urbanistico ed edilizio compatibili con i diversi livelli di valore riconosciuti dal Piano.” Il Piano, riferito agli Ambiti 2, 3, 5, 6, 10, 11 e 15 ricadenti nella provincia di Agrigento, interessa il territorio dei comuni di: Agrigento, , Aragona, , , , Caltabellotta, , Cammarata, Campobello di , Canicattì, , , , , , Favara, Grotte, , Licata, , , , , , Palma di Montechiaro, , , , , , Ribera, , , San Giovanni, , Santa Margherita di Belice, Sant'Angelo Muxaro, Santo Stefano Quisquina, , , . Il Piano Paesaggistico degli Ambiti 2, 3, 5, 6, 10, 11 e 15 è stato adottato con D. A. n. 7 del 29.7.2013, ed è in atto operante anche se non ha ancora completato il proprio iter approvativo. L'area di Cammarata ricade nel Paesaggio locale 10, e per esso, relativamente all’area urbana, viene prescritta la conservazione del tessuto urbano, il recupero del patrimonio edilizio di pregio, il mantenimento dell’identità storica e ambientale dei centri, secondo quanto previsto dalla normativa specificata dalle Norme per la componente “Centri storici”. In dettaglio per il centro storico vengono date le seguenti prescrizioni: Centri Storici di Cammarata e S. Giovanni Gemini - Recupero del valore formale della città storica; contenimento della crescita urbana e riduzione del consumo di suolo, conservazione e riqualificazione del rapporto della città con la campagna; - fruizione delle vedute e del panorama; - conservazione del tessuto urbano, recupero e restauro conservativo del patrimonio edilizio di pregio, mirata al recupero del significato e del ruolo della città storica e del

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31 rapporto città - paesaggio; - tutela delle emergenze geologiche e geomorfologiche; - conservazione delle aree con vegetazione seminaturale di pregio e del verde storico; - le eventuali nuove costruzioni dovranno realizzate secondo interventi che tendano al recupero del valore formale e simbolico della città storica e del suo rapporto con il paesaggio circostante anche tramite la creazione di aree verdi che evitino l’ulteriore saldatura con le aree d’espansione. - tutela secondo quanto previsto dalle Norme per la componente “Centri e Nuclei Storici”.

Fig. 9 – Piano paesaggistico. Stralcio della Tavola dei regimi normativi. In giallo le aree con Livello di Tutela 1, in verde le aree di livello 2 ed in rosso le aree di livello 3.

Fig. 8 – Piano paesaggistico. Stralcio della Tavola dei Beni paesaggistici. Le aree colorate sono da considerare beni paesaggistici.

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Fig. 8 – Piano paesaggistico. Stralcio della Tavola dei Valori. In rosa l’area identificata come centro storico di Cammarata.

3.2 - Piano per l’Assetto Idrogeologico Il Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico, di seguito P.A.I. è redatto ai sensi dell’art. 17, comma 6 ter, della L. 183/89, dell’art. 1, comma 1, del D.L. 180/98, convertito con modificazioni dalla L. 267/98, e dell’art. 1 bis del D.L. 279/2000, convertito con modificazioni dalla L. 365/2000. E’ lo strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni, gli interventi e le norme d’uso riguardanti la difesa dal rischio idrogeologico del territorio siciliano. Il piano, articolato per bacini, è finalizzato alla identificazione delle criticità relative all’assetto morfologico ed idrogeologico del territorio ed alla definizione di un adeguato regime di tutela. La redazione del Piano è stata preceduta dalla redazione del Piano Straordinario per l’assetto idrogeologico, approvato con D.A. n. 298/41b del 4/7/00, con il quale erano stati individuati nel territorio siciliano n. 57 bacini idrografici principali, individuando per ciascuno di essi le principali criticità. Il territorio di Cammarata è interessato dal Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico del Bacino Idrografico del Fiume Platani (063), definitivamente approvato con D.P.R.S. n. 14 del 25 Gennaio 2006 e aggiornato con D.P.R.S. n. 172 del 16 Maggio 2011. Nelle immediate adiacenze e nelle parti periferiche del centro urbano il PAI identifica numerose aree di rischio e pericolosità geomorfologia, rappresentate di seguito e riportate nelle planimetrie allegate al presente Studio. Nell’ambito di tali aree sono consentiti esclusivamente gli interventi stabiliti dalle Norme di Attuazione del PAI, che prevalgono sulle eventuali difformi indicazioni derivanti dalla applicazione della L.R. 13/2015.

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Fig. 10 – Piano di Assetto Idrogeologico. Stralcio. In rosso e giallo le aree di rischio e pericolosità perimetrate dal piano.

3.3 - Piano Forestale Regionale. Il piano, redatto ai sensi dell'art. 5 bis della legge regionale 6 aprile 1996, n. 16, come modificata dalla L.R. n.14 del 2006, in coerenza con il D.Lgs 18 maggio 2001, n. 227 ed in conformità con il Decreto del Ministero dell'Ambiente 16 giugno 2005, è uno strumento di indirizzo, finalizzato alla pianificazione, programmazione e gestione del territorio forestale e agroforestale regionale, per il perseguimento degli obiettivi di tutela dell'ambiente e di sviluppo sostenibile dell'economia rurale della Sicilia. Partendo dai principi delle "linee guida del Piano Forestale Regionale" è stato dato mandato all'allora Dipartimento Regionale Foreste di continuare e approfondire l'attività al fine di redigere una "Proposta di Piano Forestale Regionale". Ai sensi dell'art. 6, comma 3, della L.R. n. 14/2006 la validità temporale del Piano Forestale Regionale è di cinque anni, il piano delinea le attività del settore forestale per il periodo 2009-2013 e potrà "...essere aggiornato in ogni momento ove insorgano ragioni di opportunità ovvero esigenze di adeguamento a nuove disposizioni di legge o a norme comunitarie". Alla scadenza della durata di validità del programma, su proposta dell'Assessore competente, il Presidente della Regione Sicilia provvederà all'approvazione di un nuovo periodo di programmazione. Il Piano Forestale Regionale, da un punto di vista della validità spaziale, rappresenta una pianificazione di area vasta, pertanto si attua sull'intero territorio regionale, con le intensità e le modalità indicate in relazione per ogni singola politica di intervento prevista e trattata. Il Piano Forestale Regionale 2009/2013 è stato approvato con deliberazione della Giunta Regionale di Governo n.28 del 19 gennaio 2012, previa proposta dell'Assessore Regionale delle Risorse Agricole ed Alimentari formulata con nota n. 4204 del 19 gennaio 2012. Al piano sono allegati l'Inventario Forestale e la Carta Forestale Regionale, che sono stati definitivamente adottati dal Presidente della Regione con D.P.R.S. n.158/S.6/S.G. del 10 aprile 2012.

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Secondo l'art. 2 del citato Decreto “Ogni... strumento di pianificazione del territorio che includa i territori ricompresi dall’“Inventario forestale” e riportati nella “Carta forestale regionale” deve essere coerente, a pena di nullità, con i documenti di programmazione forestale indicati all’articolo 1 del presente decreto”. Il centro storico di Cammarata è marginalmente interessato da numerose ed estese aree boscate, che tuttavia non determinano alcun vincolo nell’area interessata dallo Studio, essendo l’area classificata come zona A nel PRG vigente ed in quello precedente.

Fig. 11 – Piano Forestale. Stralcio. In verde le aree boscate perimetrale dal piano.

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4. CRITERI METODOLOGICI

La legge n. 13/2015 richiede che, attraverso uno “Studio con effetti costitutivi”, venga individuata la appartenenza delle singole unità edilizie che compongono il patrimonio edilizio esistente all’interno dei centri storici alle tipologie specificate nell’art. 2 della stessa legge. Tale adempimento, apparentemente semplice e probabilmente così considerato dal legislatore, richiede in realtà una attività di rilevamento resa assai complessa da un lato dalla mancanza di adeguati strumenti di conoscenza cartografica e documentaria del patrimonio edilizio, dall’altro dalla incertezza interpretativa che le definizioni tipologiche contenute nell’art. 2 della legge in molti casi sollevano. Per procedere alla redazione dello studio è stato dunque necessario porre in essere una preliminare ed assai laboriosa attività tecnica consistente nella predisposizione di adeguati supporti informativi e nella calibratura degli strumenti di valutazione delle tipologie.

4.1 L’acquisizione delle conoscenze

In generale, i metodi e le tecniche relativi all’acquisizione, all’archiviazione dei dati e alla comunicazione delle informazioni raccolte, vanno sempre relazionate alle finalità operative e all’uso che dei dati si intende fare. Nel caso specifico i dati occorrenti per la compilazione dello studio riguardano in realtà solamente la classificazione tipologica delle unità edilizie definita nell’art. 2 della legge sopra citata. Tale operazione tuttavia richiede, come già detto, una preliminare attività di predisposizione della base cartografica da utilizzare ed una successiva campagna di rilievi. Tali attività, comunque impegnative, suggeriscono di orientare il lavoro, piuttosto che alla redazione di una semplice planimetria tematica, come richiesto dalla legge, alla predisposizione di un più complesso Sistema Informativo Territoriale (SIT). La strutturazione dei dati all’interno di un SIT consente infatti di attivare un processo di accumulazione delle conoscenze, suscettibile di successive implementazioni sia utilizzando data base già esistenti sia con ulteriori acquisizioni conoscitive, dando vita ad uno strumento dinamico, che consente il continuo aggiornamento delle informazioni in relazione alle trasformazioni del patrimonio edilizio storico nel tempo, consentendo in tal modo successive attività di monitoraggio e controllo dell’esito delle politiche urbanistiche. Il principio generale sul quale si basa l’organizzazione di un SIT è quello di riferire i dati ad elementi geografici, precisamente individuabili attraverso un sistema di coordinate terrestri, in modo tale da collegare l’informazione con quella geografica.

Nel caso specifico la redazione dello Studio è stata notevolmente facilitata dalla disponibilità di un insieme strutturato di dati relativo al centro storico già predisposto per la redazione delle prescrizioni esecutive del PRG relative al centro storico da parte del progettista incaricato, che è stato utilizzato nel presente Studio, attraverso opportuni aggiornamenti e verifiche sul campo e integrato con le informazioni richieste dalla L.R. 13/2015.

Nel SIT è stata utilizzata, come base cartografica, la cartografia raster alla scala 1:500, prodotta dalla Amministrazione comunale. In essa sono contenute numerose informazioni assai utili per il lavoro di rilievo, anche se non sufficienti. In particolare la

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36 cartografia riporta, oltre alle denominazioni stradali ed alla numerazione dei civici, le linee di demarcazione delle coperture degli edifici e le relative quote alla gronda ed al colmo. In base a tali informazioni è stato possibile ricostruire, attraverso sopralluoghi ed ulteriori verifiche cartografiche, come si dirà appresso, il perimetro in pianta di ciascuna unità edilizia, che costituisce una informazione indispensabile per la redazione dello Studio.

Di ausilio, in tale fondamentale operazione propedeutica, è stata la consultazione di altre fonti cartografiche, tra cui la cartografia vettoriale in formato dxf estratta dalla Carta Tecnica Regionale in scala 1:2000 del 2007, le mappe del Catasto urbano e le foto aeree disponibili. Per utilizzare tali strumenti cartografici si è dovuto procedere al loro adattamento alla base cartografica per punti omologhi, attraverso laboriose procedure di georeferenziazione. In particolare attraverso le foto aeree sono state verificati i perimetri delle unità edilizie e sono state acquisite informazioni di dettaglio riguardanti l’organizzazione degli spazi aperti e dei collegamenti verticali (scale), presenti all’interno del complesso tessuto viario. Ancora più preziose le informazioni fornite dalle mappe catastali, che, a parte le note problematiche connesse al fatto che tali carte utilizzano un sistema di coordinate e tecniche di proiezione differenti da quelle delle CTR, si rivelano insostituibili strumenti di analisi dei contesti urbani, dal momento che ci restituiscono informazioni di sintesi sulla situazione proprietaria non altrimenti acquisibili. L’insieme di queste informazioni non avrebbe comunque consentito la costruzione di una base cartografica idonea agli obiettivi dello Studio se non fossero state effettuate accurate campagne di rilevamento per l’aggiornamento dei dati. Solo queste ultime, realizzate nei mesi di Dicembre 2015 e Gennaio 2016, hanno permesso di produrre una base cartografica aggiornata sulla consistenza planimetrica delle unità edilizie che compongono il centro storico e sulle caratteristiche tipologiche.

I dati rilevati sono stati quindi introdotti nel Sistema Informativo, ottenendo il data base di seguito descritto, riferito a ciascuna delle unità edilizie che compongono il patrimonio edilizio dei centri storici. Per unità edilizia si è inteso il più piccolo organismo edilizio avente autonomia funzionale, statica e figurativa, costituito generalmente da un insieme di più unità immobiliari; ciascuna unità edilizia è caratterizzata da un ingresso su strada o su altro spazio di uso pubblico e, se costituita da più piani, da un sistema, anche disorganico, di distribuzione verticale (scale, ballatoi, etc....) dal quale si accede alle unità immobiliari. Le unità edilizie, in concreto, sono state dedotte dall'esistenza dei seguenti requisiti: -unitarietà percettiva, data dalla configurazione unitaria del prospetto e del volume; - unitarietà funzionale, determinata, nel caso di edilizia su più elevazioni, dalla presenza di un elemento distributivo verticale (scala). Le informazioni contenute nel data base, oltre a quelle richieste dalla L.R. 13/2015, delle quali si dirà in seguito, riguardano i seguenti altri parametri: Consistenza del patrimonio edilizio, valutata attraverso il numero di elevazioni di ciascun’unità edilizia, prendendo in considerazione numero di piani del fronte più alto che si affaccia su strada e considerando come interi anche i piani arretrati e i piani seminterrati. Destinazioni d’uso, che indicano la destinazione d’uso prevalente dell’unità edilizia.

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Qualità architettonica, valutata attraverso il livello d’interesse storico architettonico e ambientale del manufatto, in relazione alla permanenza di caratteristiche architettoniche originarie e alle trasformazioni subite nel tempo.

A tali informazioni, già acquisite per la progettazione della Variante generale del PRG, sono state aggiunte quelle relative alla classificazione tipologica di cui all’art. 2 della L.R. n.13/2015, così individuate: a - Edilizia di base non qualificata b - Edilizia di base parzialmente qualificata c - Edilizia di base qualificata d - Edilizia di base qualificata speciale (palazzetti) e - Edilizia monumentale residenziale (palazzi dell’edilizia storica) f - Edilizia monumentale specialistica: monumenti non residenziali g - edilizia residenziale moderna non qualificata h - edilizia specialistica moderna non qualificata i - altre o diverse tipologie, non riconducibili a quelle precedenti.

Al data base sin qui descritto è affiancato un archivio fotografico che si riferisce ad ognuna delle Unità edilizie oggetto dello Studio. Utilizzando il sistema informativo sin qui descritto è possibile ottenere una serie di layout grafici, alla scala voluta, attraverso i quali può essere cartografato ciascuno dei temi sopraelencati, ovvero ottenere mappe costruite attraverso l’incrocio o la sovrapposizione di diversi tematismi. La cartografia alla scala 1:500 richiesta dalla L.R. 13/2015, che correda il presente Studio, è stata in particolare ottenuta visualizzando, attraverso opportune campiture grafiche, gli attributi del data base che si riferiscono alle caratteristiche tipologiche delle Unità edilizie. Nella stessa cartografie sono pure visualizzate alcune essenziali informazioni catastali (perimetro e numero particelle, pertinenze, ..).

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5. RELAZIONE ESPLICATIVA DELLE SCELTE

Le analisi ed i rilevamenti effettuati, sin qui descritti, hanno consentito di comporre un sistema di conoscenze sufficientemente articolato ed approfondito, in base al quale è stata definita la planimetria specificata nell’art. 3 della legge. In essa, per ciascuna delle unità edilizie individuate, è indicata la tipologia di appartenenza facendo riferimento alla classificazione prevista nell’art. 2 della stessa legge. Tale classificazione, pur risultando generalmente chiara e di immediata interpretazione nella sua articolazione generale (edilizia di base, palazzetti, palazzi, monumenti, edifici specialistici, edifici moderni, altro), determina però, come già rilevato, difficoltà interpretative nelle sotto-specificazioni di talune tipologie. Le difficoltà riguardano in particolare l’edilizia di base (categoria alla quale appartiene la maggior parte delle unità edilizie del centro storico), che viene articolata in quattro diverse categorie, le prime tre delle quali sono definite in maniera ambigua e di non univoca interpretazione. Vengono infatti tutte descritte come “Unità edilizie con caratteri dimensionali planimetrici, originari o modificati” ma la sottoclassificazione nelle seguenti tre categorie: “non qualificata”, identificata con la lettera a), “parzialmente qualificata”, identificata con la lettera b), e “qualificata”, identificata con la lettera c), non è affidata agli stessi parametri valutativi. Mentre infatti le tipologie b) e c) si differenziano per il livello delle trasformazioni subite e sono dunque individuabili attraverso una valutazione oggettiva del manufatto, la tipologia a) sembra invece prescinderne essendo la sua definizione affidata, almeno parzialmente, ad un giudizio di valore (“scarsa valenza”) che introduce una elevatissima soggettività nelle operazioni di rilevamento. La questione non è certamente trascurabile per una duplice ragione, connessa da un lato alla predominanza di tali tipologie nel contesto urbano di qualsiasi centro storico, dall’altra nella sostanziale differenza tra gli interventi consentiti nella tipologia di cui alla lett. c) rispetto a quelli consentiti nelle altre due. Negli edifici appartenenti alla prima sono consentiti esclusivamente modesti interventi conservativi, mentre la gamma di interventi consentiti negli edifici appartenenti alle altre due categorie è assai ampia, potendo arrivare alla demolizione e ricostruzione con modifica della sagoma e ciò senza alcuna limitazione significativa, a meno di non considerare significativa la condizione derivante dalla locuzione “coerente con la tipologia dell’intorno”, utilizzata dal legislatore, in vero assai generica e di difficile e discrezionale valutazione. Per queste ragioni, prima di avviare il lavoro di rilevamento delle caratteristiche tipologiche delle diverse unità edilizie che compongono il centro storico, come prescritto dalla norma, è stata effettuata una preliminare analisi tipologica cercando di definire parametri e criteri di attribuzione se non oggettivi quanto meno condivisi e soprattutto verificabili. Di seguito sono riportate, in distinti riquadri, alcune schede esemplificative per ciascuna delle categorie tipologiche individuate dal legislatore, utili a far comprendere i criteri seguiti nelle scelte, che sono stati i seguenti: - la minore o maggiore qualificazione di una unità edilizia è stata associata, come richiesto dal legislatore, alla permanenza o meno di caratteri architettonici tipici. Pertanto è stato ritenuto necessario operare una analisi approfondita delle caratteristiche architettoniche che devono considerarsi tipiche del luogo, facendo riferimento non soltanto all’aspetto architettonico ma, come è corretto, alla organizzazione tipologica ed alla ricorrenza di modelli funzionali e costruttivi. Per questa ragione sono state compilate diverse schede di tipologie rientranti nella definizione di cui alla lett. c),

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39 nell’intento di definire i caratteri architettonici di contesto, ai quali fa riferimento il legislatore. Per quanto concerne la attribuzione delle unità edilizie alla categoria in esame va evidenziato che è stato interpretato in maniera estensiva il disposto normativo che fa riferimento alla “totale permanenza” dei caratteri originari . E’ evidente infatti che ben difficilmente un immobile, costruito in alcuni casi molti secoli addietro, può aver mantenuto integralmente i caratteri originari; - sono state considerate parzialmente qualificate le unità edilizie che, pur avendo subito trasformazioni anche consistenti, nella organizzazione tipologica e nell’aspetto architettonico, mantengono tuttavia ancora leggibili, alcuni caratteri originari, nella organizzazione funzionale ovvero nella forma architettonica, ovvero ancora solamente nei dettagli costruttivi ed architettonici (vedi scheda b); - nella valutazione delle tipologia di appartenenza delle singole unità edilizie alle categorie tipologiche è stato unicamente tenuto in considerazione il criterio del livello della trasformazione subita dal manufatto rispetto ad una ipotizzata condizione originaria, senza formulare giudizi di valore sull’immobile, di carattere soggettivo. Pertanto nella tipologia a) sono stati inseriti esclusivamente edifici che, a causa delle modificazioni subite, hanno perso i caratteri architettonici tipici e dunque devono considerarsi “non qualificati” (vedi scheda a); - minori problemi pone la attribuzione delle unità edilizie alle altre tipologie stabilite dal legislatore, dal momento che il criterio di attribuzione, diversamente che per le prime tre categorie che si riferiscono alla edilizia di base, fa esclusivo riferimento alla tipologia edilizia e funzionale e non alle trasformazioni subite. Per tale ragione sono illustrate, con una sola scheda, soltanto le tipologie d), e) ed f); - sono state infine identificate con la lettere i) le unità edilizie non rientranti nella classificazione sin qui descritta, quali i ruderi, le unità in stato di rovina, ovvero gli edifici in corso di costruzione. Sulla base di tali criteri è stata redatta la planimetria alla scala 1:500, che correda il presente studio.

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6. QUADRO SINOTTICO DEGLI INTERVENTI AMMISSIBILI

La Legge 13/2015, nell’art. 4, contiene una precisa indicazione degli interventi ammissibili per ciascuna delle tipologie individuate attraverso lo Studio precedentemente descritto. Tali interventi con le relative modalità attuative sono riportate di seguito attraverso quadri sinottici riferiti a ciascuna delle tipologie descritte nell’art. 2 della legge. In essi sono specificati gli interventi ammissibili e le modalità di attuazione, specificando anche i casi nei quali è prescritta la preventiva acquisizione della autorizzazione della competente Soprintendenza. Va precisato che la legge, oltre a consentire interventi edilizi in base a singolo titolo abilitativo, consente pure interventi più complessi di “Ristrutturazione urbanistica” a condizione però che essi si riferiscano a “contesti edilizi fatiscenti, totalmente o parzialmente disabitati”, da individuare con apposita perimetrazione. Per tale ragione nella planimetria allegata, oltre ad essere specificata la tipologia di appartenenza di ciascuna unità edilizia, sono anche perimetrate le aree che presentano caratteri di degrado edilizio, urbanistico, ambientale, economico e sociale, individuate attraverso lo studio precedentemente descritto.

Per quanto attiene i progetti riguardanti gli interventi da realizzare, l’art. 5 della legge prescrive che essi debbano essere corredati da una analisi grafica e fotografica delle unità edilizie interessate, attraverso la quale sia possibile valutare la tipologia di appartenenza, lo stato di consistenza delle unità edilizie interessate e del contesto di appartenenza, la presenza di elementi architettonici tipici, le componenti strutturali e l’epoca di costruzione presunta. Prescrive inoltre che gli interventi possono essere finalizzati all’ottenimento del risparmio energetico ed alla realizzazione di misure di consolidamento sismico. Infine per quanto concerne le destinazioni d’uso la legge ammette nuove destinazioni d’uso purchè compatibili con la qualità architettonica e spaziale degli edifici e con la loro localizzazione nel contesto urbano. In particolare è consentita: a) la destinazione ad edilizia residenziale pubblica anche mediante localizzazioni di programmi costruttivi; b) la destinazione ad edilizia privata; c) la destinazione ricettivo/turistica, commerciale e di pubblico esercizio; d) la destinazione a parcheggio interrato, possibilmente in aree tangenti il centro storico, fatto salvo il rispetto dei vincoli archeologici; e) la destinazione commerciale di quartiere, a medie strutture di vendita, ad attività artigianale e di terziario anche avanzato.

Per rispettare i limiti che il legislatore ha voluto assegnare allo “studio con effetti costituitivi” di cui all’art. 3 della L.R. 13/2015, nel presente studio non sono stati presi in considerazione gli spazi esterni, la cui sistemazione e valorizzazione dovrà essere oggetto di uno specifica previsione all’interno degli ordinari strumenti urbanistici che, come già detto, sono già in via di definizione. Per la stessa ragione lo studio non contiene una regolamentazione urbanistica od edilizia degli interventi, dovendosi fare, per questo, esclusivo riferimento alle indicazioni contenute nella stessa legge. Ciò non toglie evidentemente, a giudizio degli scriventi, che possano ed anzi che debbano esser date linee guida per la redazione dei progetti, soprattutto per quanto

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52 concerne gli interventi di natura più marcatamente trasformativa, quali la demolizione e ricostruzione con modifica di sagoma. Per tale ragione sono fornite in appendice Linee guida per gli interventi che possono costituire un riferimento sia per i progettisti nella compilazione dei progetti edilizi, ma anche per gli organi tecnici, quali l’Ufficio tecnico comunale, l’Ufficio della Soprintendenza ai Beni culturali ovvero l’Ufficio del Genio civile, che dovranno rilasciare pareri, nulla osta ed altri atti abilitativi.

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INTERVENTI MODALITA’ DI DESCRIZIONE (art. 2) AMMESSI (art. 4) ATTUAZIONE (art. 4)

Comunicazione d’inizio attività, accompagnata da relazione tecnica asseverata corredata da documentazione fotografica a firma di un tecnico abilitato, a) manutenzione ordinaria ad eccezione degli immobili soggetti a vincolo ai sensi degli articoli 10, 12, 13 del D.L. 22/01/2004, n.42;

Autorizzazione della soprintendenza competente per il territorio. Comunicazione d’inizio attività, accompagnata da relazione tecnica asseverata corredata da documentazione fotografica a firma di un tecnico abilitato, b) manutenzione ad eccezione degli immobili soggetti straordinaria a vincolo ai sensi degli articoli 10, 12, 13 del D.L. 22/01/2004, n.42; a) EDILIZIA DI BASE NON Autorizzazione della soprintendenza QUALIFICATA competente per il territorio. Unità edilizie con caratteri Concessione edilizia dimensionali planimetrici, d) ristrutturazione edilizia originari o modificati, con scarsa e) ristrutturazione edilizia Concessione edilizia valenza o prive di caratteri parziale riguardante i architettonici tipici prospetti ovvero le coperture degli edifici: Concessione edilizia.

f) ristrutturazione edilizia Gli edifici ricostruiti hanno qualità mediante demolizione e architettonica e dimensioni, caratteri ricostruzione cromatici, compositivi e tipologici coerenti con il contesto; g) ristrutturazione edilizia Concessione edilizia. mediante demolizione e ricostruzione con Autorizzazione della soprintendenza modifica della sagoma competente per il territorio. coerente con la tipologia dell’intorno Comunicazione di inizio attività accompagnata da una relazione h) accorpamento di più tecnica asseverata a firma di tecnico unità edilizie ovvero di abilitato unità immobiliari Autorizzazione della soprintendenza competente per il territorio.

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INTERVENTI MODALITA’ DI DESCRIZIONE (art. 2) AMMESSI (art. 4) ATTUAZIONE (art. 4)

Comunicazione d’inizio attività, accompagnata da relazione tecnica asseverata corredata da documentazione fotografica a firma a) manutenzione ordinaria di un tecnico abilitato,

ad eccezione degli immobili soggetti b) manutenzione a vincolo ai sensi degli articoli 10, straordinaria 12, 13 del D.L. 22/01/2004, n.42;

Autorizzazione della soprintendenza competente per il territorio. Comunicazione d’inizio attività, accompagnata da progetto redatto da un tecnico qualificato, ad eccezione degli immobili soggetti c) restauro e risanamento a vincolo ai sensi degli articoli 10, conservativo 12, 13 del D.L. 22/01/2004, n.42;

Autorizzazione della soprintendenza competente per il territorio. Concessione edilizia b) EDILIZIA DI BASE

PARZIALMENTE La ristrutturazione interna non può QUALIFICATA Unità edilizie con caratteri d) ristrutturazione edilizia comportare la totale demolizione dimensionali planimetrici, dell’edificio, dovendo conservare le originari o modificati, e principali strutture verticali e permanenza di caratteri orizzontali ed il carattere tipologico architettonici tipici, che hanno e) ristrutturazione edilizia Concessione edilizia. subito alterazioni ovvero parziale riguardante i addizioni di volumi prospetti ovvero le coperture degli edifici Concessione edilizia

f) ristrutturazione edilizia Gli edifici ricostruiti hanno qualità mediante demolizione e architettonica e dimensioni, caratteri ricostruzione cromatici, compositivi e tipologici coerenti con il contesto; g) ristrutturazione edilizia Concessione edilizia. mediante demolizione e ricostruzione con modifica della sagoma Autorizzazione della soprintendenza coerente con la tipologia competente per il territorio. dell’intorno Comunicazione di inizio attività accompagnata da una relazione h) accorpamento di più tecnica asseverata a firma di tecnico unità edilizie ovvero di abilitato unità immobiliari Autorizzazione della soprintendenza competente per il territorio.

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INTERVENTI MODALITA’ DI DESCRIZIONE (art. 2) AMMESSI (art. 4) ATTUAZIONE (art. 4)

Comunicazione d’inizio attività, accompagnata da relazione tecnica asseverata corredata da documentazione fotografica a firma di un tecnico abilitato, a) manutenzione ordinaria ad eccezione degli immobili soggetti a vincolo ai sensi degli articoli 10, 12, 13 del D.L. 22/01/2004, n.42;

Autorizzazione della soprintendenza competente per il territorio. Comunicazione d’inizio attività, accompagnata da relazione tecnica asseverata corredata da documentazione fotografica a firma di un tecnico abilitato, b) manutenzione ad eccezione degli immobili soggetti straordinaria a vincolo ai sensi degli articoli 10, 12, 13 del D.L. 22/01/2004, n.42; c) EDILIZIA DI BASE QUALIFICATA Autorizzazione della soprintendenza Unità edilizie con caratteri competente per il territorio. dimensionali planimetrici, originari o modificati, e Comunicazione d’inizio attività, permanenza di caratteri accompagnata da progetto redatto da architettonici tipici un tecnico qualificato, ad eccezione degli immobili soggetti c) restauro e risanamento a vincolo ai sensi degli articoli 10, conservativo 12, 13 del D.L. 22/01/2004, n.42;

Autorizzazione della soprintendenza competente per il territorio. Concessione edilizia

La ristrutturazione interna non può d) ristrutturazione edilizia comportare la totale demolizione interna dell’edificio, dovendo conservare le principali strutture verticali e orizzontali ed il carattere tipologico; Comunicazione di inizio attività accompagnata da una relazione h) accorpamento di più tecnica asseverata a firma di tecnico unità edilizie ovvero di abilitato unità immobiliari Autorizzazione della soprintendenza competente per il territorio.

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INTERVENTI MODALITA’ DI DESCRIZIONE (art. 2) AMMESSI (art. 4) ATTUAZIONE (art. 4)

Comunicazione d’inizio attività, accompagnata da relazione tecnica asseverata corredata da documentazione fotografica a firma di un tecnico abilitato, a) manutenzione ordinaria ad eccezione degli immobili soggetti a vincolo ai sensi degli articoli 10, 12, 13 del D.L. 22/01/2004, n.42;

Autorizzazione della soprintendenza competente per il territorio. Comunicazione d’inizio attività, accompagnata da relazione tecnica asseverata corredata da documentazione fotografica a firma d) EDILIZIA DI BASE di un tecnico abilitato, b) manutenzione QUALIFICATA SPECIALE ad eccezione degli immobili soggetti straordinaria (PALAZZETTI) a vincolo ai sensi degli articoli 10, Unità edilizie di base aventi 12, 13 del D.L. 22/01/2004, n.42; caratteri dimensionali e prospettici che le rendono simili ad un Autorizzazione della soprintendenza palazzo seppure derivati dalla competente per il territorio. sommatoria di moduli dell'edilizia di base Comunicazione d’inizio attività, accompagnata da progetto redatto da un tecnico qualificato, ad eccezione degli immobili soggetti c) restauro e risanamento a vincolo ai sensi degli articoli 10, conservativo 12, 13 del D.L. 22/01/2004, n.42;

Autorizzazione della soprintendenza competente per il territorio. Comunicazione di inizio attività accompagnata da una relazione h) accorpamento di più tecnica asseverata a firma di tecnico unità edilizie ovvero di abilitato unità immobiliari Autorizzazione della soprintendenza competente per il territorio.

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INTERVENTI MODALITA’ DI DESCRIZIONE (art. 2) AMMESSI (art. 4) ATTUAZIONE (art. 4)

Comunicazione d’inizio attività, accompagnata da relazione tecnica asseverata corredata da documentazione fotografica a firma di un tecnico abilitato, a) manutenzione ordinaria ad eccezione degli immobili soggetti a vincolo ai sensi degli articoli 10, 12, 13 del D.L. 22/01/2004, n.42; e) EDILIZIA Autorizzazione della soprintendenza MONUMENTALE competente per il territorio. RESIDENZIALE (PALAZZI DELL’EDILIZIA Comunicazione d’inizio attività, STORICA) accompagnata da relazione tecnica Edifici monumentali residenziali asseverata corredata da del centro storico, anche derivanti documentazione fotografica a firma di un tecnico abilitato, da operazioni di demolizione di b) manutenzione ad eccezione degli immobili soggetti preesistenti tessuti della città straordinaria storica, aventi i caratteri a vincolo ai sensi degli articoli 10, monumentali e di qualità 12, 13 del D.L. 22/01/2004, n.42; architettonica tipici del periodo di esecuzione Autorizzazione della soprintendenza competente per il territorio. Comunicazione d’inizio attività, accompagnata da progetto redatto da un tecnico qualificato, ad eccezione degli immobili soggetti c) restauro e risanamento a vincolo ai sensi degli articoli 10, conservativo 12, 13 del D.L. 22/01/2004, n.42;

Autorizzazione della soprintendenza competente per il territorio.

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INTERVENTI MODALITA’ DI DESCRIZIONE (art. 2) AMMESSI (art. 4) ATTUAZIONE (art. 4)

Comunicazione d’inizio attività, accompagnata da relazione tecnica asseverata corredata da documentazione fotografica a firma di un tecnico abilitato, a) manutenzione ordinaria ad eccezione degli immobili soggetti a vincolo ai sensi degli articoli 10, 12, 13 del D.L. 22/01/2004, n.42;

Autorizzazione della soprintendenza competente per il territorio. Comunicazione d’inizio attività, accompagnata da relazione tecnica f)EDILIZIA MONUMENTALE asseverata corredata da SPECIALISTICA documentazione fotografica a firma di un tecnico abilitato, (RELIGIOSI, CIVILI, b) manutenzione ad eccezione degli immobili soggetti MILITARI, PRODUTTIVI ED straordinaria ALTRI) a vincolo ai sensi degli articoli 10, 12, 13 del D.L. 22/01/2004, n.42;

Autorizzazione della soprintendenza competente per il territorio. Comunicazione d’inizio attività, accompagnata da progetto redatto da un tecnico qualificato, ad eccezione degli immobili soggetti c) restauro e risanamento a vincolo ai sensi degli articoli 10, conservativo 12, 13 del D.L. 22/01/2004, n.42;

Autorizzazione della soprintendenza competente per il territorio.

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INTERVENTI MODALITA’ DI DESCRIZIONE (art. 2) AMMESSI (art. 4) ATTUAZIONE (art. 4)

Comunicazione d’inizio attività, accompagnata da relazione tecnica asseverata corredata da documentazione fotografica a firma di un tecnico abilitato, a) manutenzione ordinaria ad eccezione degli immobili soggetti a vincolo ai sensi degli articoli 10, 12, 13 del D.L. 22/01/2004, n.42;

Autorizzazione della soprintendenza competente per il territorio. Comunicazione d’inizio attività, accompagnata da relazione tecnica asseverata corredata da documentazione fotografica a firma di un tecnico abilitato, b) manutenzione ad eccezione degli immobili soggetti straordinaria a vincolo ai sensi degli articoli 10, h) EDILIZIA SPECIALISTICA 12, 13 del D.L. 22/01/2004, n.42; MODERNA NON QUALIFICATA Autorizzazione della soprintendenza Edifici a destinazione specialistica competente per il territorio.

d) ristrutturazione edilizia Concessione edilizia e) ristrutturazione edilizia Concessione edilizia parziale riguardante i prospetti ovvero le coperture degli edifici: Concessione edilizia.

f) ristrutturazione edilizia Gli edifici ricostruiti hanno qualità mediante demolizione e architettonica e dimensioni, caratteri ricostruzione cromatici, compositivi e tipologici coerenti con il contesto; g) ristrutturazione edilizia Concessione edilizia. mediante demolizione e ricostruzione con Autorizzazione della soprintendenza modifica della sagoma competente per il territorio. coerente con la tipologia dell’intorno

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INTERVENTI MODALITA’ DI DESCRIZIONE (art. 2) AMMESSI (art. 4) ATTUAZIONE (art. 4)

Comunicazione d’inizio attività, accompagnata da relazione tecnica asseverata corredata da documentazione fotografica a firma di un tecnico abilitato, a) manutenzione ordinaria ad eccezione degli immobili soggetti a vincolo ai sensi degli articoli 10, 12, 13 del D.L. 22/01/2004, n.42;

Autorizzazione della soprintendenza competente per il territorio. Comunicazione d’inizio attività, accompagnata da relazione tecnica asseverata corredata da documentazione fotografica a firma di un tecnico abilitato, b) manutenzione ad eccezione degli immobili soggetti straordinaria a vincolo ai sensi degli articoli 10, 12, 13 del D.L. 22/01/2004, n.42; i) ALTRE O DIVERSE TIPOLOGIE, Autorizzazione della soprintendenza non riconducibili alle precedenti competente per il territorio. d) ristrutturazione edilizia Concessione edilizia e) ristrutturazione edilizia Concessione edilizia parziale riguardante i prospetti ovvero le coperture degli edifici: Concessione edilizia.

f) ristrutturazione edilizia Gli edifici ricostruiti hanno qualità mediante demolizione e architettonica e dimensioni, caratteri ricostruzione cromatici, compositivi e tipologici coerenti con il contesto; g) ristrutturazione edilizia Concessione edilizia. mediante demolizione e ricostruzione con Autorizzazione della soprintendenza modifica della sagoma competente per il territorio. coerente con la tipologia dell’intorno

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INTERVENTI MODALITA’ DI DESCRIZIONE (art. 4) AMMESSI (art. 4) ATTUAZIONE (art. 4)

Sono ammessi interventi volti alla tutela e alla valorizzazione, attraverso un insieme sistematico di opere, finalizzati al perseguimento dei seguenti obiettivi: a) recupero edilizio ed urbanistico e riqualificazione architettonica ed ambientale del patrimonio edilizio esistente; b) valorizzazione e tutela degli edifici di particolare pregio ed CONTESTI EDILIZI interesse storico, architettonico e FATISCENTI, TOTALMENTE monumentale; O PARZIALMENTE c) riqualificazione degli spazi DISABITATI pubblici e privati esistenti mediante delimitati come aree di tutela e i) ristrutturazione il recupero e la manutenzione delle valorizzazione all’interno dei urbanistica (sommatoria aree inedificate, degradate o centri storici ricomprendenti uno organica di manutenzioni, sottoutilizzate e l’eliminazione delle o più isolati che presentano ristrutturazioni edilizie, opere o degli edifici incongrui caratteri di degrado edilizio, accorpamenti e rispetto al contesto storico- urbanistico, ambientale, demolizioni per la architettonico e paesaggistico; economico e sociale. realizzazione di nuove d) riduzione della vulnerabilità La suddetta delimitazione può costruzioni) sismica del patrimonio immobiliare interessare anche aree aventi i pubblico e privato; medesimi caratteri di degrado e) miglioramento dell’accessibilità e adiacenti al centro storico, purché della mobilità, anche con non prevalenti in termini di l’attuazione di interventi per superficie l’abbattimento delle barriere architettoniche; f) adeguamento dei fabbricati, dei loro impianti e dei servizi pubblici, per conseguire adeguati livelli di sicurezza e di sostenibilità ambientale, con particolare riguardo al risparmio energetico.

Autorizzazione della soprintendenza competente per il territorio.

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APPENDICE

LINEE GUIDA PER GLI INTERVENTI DI RECUPERO E TRASFORMAZIONE

I progetti per l’intervento sul patrimonio edilizio del centro storico, in attuazione del presente Studio, dovranno essere preceduti da opportune indagini storiche, anche attraverso eventuali documentazioni iconografiche, bibliografiche ed archivistiche e dovranno contenere informazioni tecnico-costruttive sulle parti dell’edificio interessate al progetto, in maniera da rendere più ampio il panorama conoscitivo generale e di dettaglio. I progetti dovranno comunque essere corredati da una analisi grafica e fotografica delle unità edilizie interessate, attraverso la quale sia possibile valutare la tipologia di appartenenza, lo stato di consistenza delle unità edilizie interessate e del contesto di appartenenza, la presenza di elementi architettonici tipici, le componenti strutturali e l’epoca di costruzione presunta.

1. Destinazioni d’uso

Nelle unità edilizie sono consentite, oltre alle abitazioni private: - alloggi di housing sociale e a rotazione; - magazzini e depositi limitatamente ai piani terreni e/o scantinati di edifici residenziali, ovvero in corpi di fabbrica indipendenti dagli edifici residenziali ma costituenti pertinenze accessorie di questi; sono esclusi in ogni caso i depositi all'aperto o sotto tettoie e le strutture precarie in qualsiasi modo realizzate; - autorimesse private; - laboratori a carattere artigianale, purchè vi si eserciti attività non nociva, nè molesta, nè rumorosa; - case-albergo, alberghi, motel, residences e pensioni e simili; - sedi bancarie, assicurative e simili; - studi professionali e commerciali, uffici privati; - uffici pubblici e locali destinati a servizi pubblici; - luoghi di culto, di riunione, di divertimento e di svago con i relativi impianti, palestre e circoli sportivi, ricreativi e culturali, ristoranti, bar, locali di spettacolo, edicole, farmacie; - centri culturali, sedi di associazioni, musei, locali per esposizioni, biblioteche, scuole; - ostelli della gioventù, case-protette e comunità alloggio per anziani; - impianti tecnici urbani. Sono consentiti inoltre esercizi commerciali di vicinato e di media distribuzione relativi a qualsiasi settore merceologico, alimentare e non alimentare. Nell'ambito delle destinazioni d'uso sopraelencate sono consentiti cambi di destinazione da sottoporre ad autorizzazione secondo le modalità stabilite dall'art. 10 della L.R. 37/1985. Per quanto concerne gli immobili realizzati in data anteriore all’entrata in vigore della L. 765/1967 la destinazione d’uso originaria, ai fini del rilascio della autorizzazione per nuove destinazioni d’uso, deve essere asseverata dal proprietario attraverso specifica dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, da rendere nelle forme di legge. Per gli immobili realizzati successivamente le destinazioni d'uso sono quelle risultanti dal progetto approvato ovvero, in mancanza, quelle risultanti dagli atti catastali.

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Le destinazioni d'uso per ciascun edificio dovranno essere assentite anche in funzione della rete viaria urbana esistente e dei flussi di traffico conseguenti alla destinazione richiesta. Per la riutilizzazione di edifici esistenti per attività economiche quali negozi, botteghe artigiane, pubblici esercizi, alberghi, case vacanza, all’interno del centro storico non deve essere previsto il vincolo di destinazione a parcheggi pertinenziali o per la clientela.

2. Interventi conservativi (lett. a), b), c), d) e), h) dell’art. 4 della L.R. 13/2015)

Fermo restando l’obbligo per i proprietari di provvedere al mantenimento del decoro, della sicurezza e dell’igiene, ogni intervento dovrà contemplare il mantenimento, la manutenzione, il restauro degli elementi tecnici e/o decorativi interni ed esterni che contribuiscono ad attribuire al manufatto edilizio un valore ambientale, architettonico, storico o tipologico. A semplice titolo di esempi, non esaustivi, si elencano: - manufatti in pietra o altro materiale quali portali, cornicioni, mostre di aperture esterne ed interne, colonne, lesene e paraste, marcapiani, fasce, lapidi, stemmi, … - elementi decorativi esterni ed interni in terracotta, stucco, pietra, graffiti, tempere, affreschi, …; - edicole votive; - ferrate di valore artistico o semplicemente tipologico; - infissi esterni di particolare qualità; - finiture ad intonaco di particolare interesse e valore; - volte reali, realine e in legno e canne; - soffitti a cassettoni o comunque caratterizzati da specifiche qualità storiche o artistiche; - elementi tecnici e portanti, quali ad esempio solai, tetti, travi, capriate, … qualora se ne riconosca un particolare valore storico, artistico o semplicemente tipologico; - pavimentazioni di pregio di cortili, androni, scale e locali interni.

Gli interventi sui fronti esterni degli edifici devono in generale tendere ad assicurare: - il rispetto dell’originario schema compositivo (allineamento e dimensioni delle aperture rispetto alla superficie muraria); - il mantenimento degli elementi di partitura architettonica (basamenti, cantonali, lesene, paraste, fasce, cornici e cornicioni, portali), delle opere di finitura (cornici delle porte delle finestre, balconi, infissi e ringhiere, fregi, iscrizioni, stemmi e mostre in pietra), e degli elementi funzionali esterni (scale e ballatoi esterni, marciapiedi rialzati o incassati); - l’uso dei materiali tradizionali nelle opere di integrazione e sostituzione di elementi fatiscenti; - l’esclusione di elementi di finitura non adeguati alle caratteristiche tradizionali degli edifici del centro storico; - la eliminazione dei volumi chiusi aggettanti che alterano il prospetto (latrine su balconi e simili).

Nel caso di interventi riguardanti più unità edilizie adiacenti ovvero di accorpamento di più unità edilizie è necessario evidenziare e conservare le caratteristiche di ciascuna unità anche nelle tinteggiatura, dovendo ogni immobile mantenere le proprie

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64 caratteristiche architettoniche e cromatiche. Al contrario, qualora un’unica unità formale venisse (o fosse stata già) frazionata, si dovranno uniformare il più possibile la cromia ed ogni altro elemento ricorrente. L’intervento su parti esterne dell’edificio deve essere comunque esteso alla intera fronte architettonica dell’unità edilizia: il progetto unitario, sottoscritto da tutti i proprietari, può essere attuato in fasi diverse, ma comunque entro un termine congruo dal rilascio della concessione/autorizzazione.

Ai piani terreni sarà possibile creare nuovi vani per accessi carrabili, ovvero ampliare i vani esistenti, alle seguenti condizioni: a) che vengano verificati gli aspetti statici a seguito della realizzazione delle opere, b) che il vano esistente non sia decorato con portali in pietra, c) il nuovo vano e l’eventuale allargamento dell’esistente non creino pregiudizio grave all’impaginato della facciata, così da distorcere la percezione del partito architettonico, d) il progetto preveda ogni possibile integrazione del nuovo vano nel disegno generale, d) il serramento sia in legno, nei toni cromatici del portone e degli altri infissi. Alle stesse condizioni possono essere aperti nuovi vani di finestra o nuove bucature e possono essere ampliati quelli esistenti. In particolare sono consentite modifiche delle bucature delle facciate e l’apertura di nuovi vani, purché non stravolgano i criteri compositivi originari e migliorino l'abitabilità complessiva dell'edificio; in ogni caso le nuove bucature, ad eccezione dei portoni di accesso ai garage, devono essere inscrivibili in un rettangolo avente altezza maggiore della larghezza. I progetti di riqualificazione dovranno prevedere la riconfigurazione dei vani esterni di finestra, di balcone e di piano terra secondo le conformazioni originarie desunte da documentazioni o, in mancanza di queste, da considerazioni di natura storica, tipologica, funzionale, statica e formale. Compatibilmente con esigenze di tipo igienico e funzionale dovranno eliminarsi le aperture chiaramente incongrue, ovvero riconfigurarle in maniera da minimizzarne l’impatto visivo, specie se poste lungo le facciate principali o osservabili da punti di vista privilegiati. La conformazione dei vani riconfigurati dovrà adeguarsi ai caratteri dell’architettura dell’unità, eventualmente anche con l’apposizione di elementi decorativi semplici o semplificati (cornici, mostre, davanzali, mensole). Dovranno altresì eliminarsi eventuali rivestimenti in lastre di marmo collocati lungo stipiti e succieli dei vani esterni. Queste prescrizioni dovranno applicarsi anche a quelle porzioni di edificio non storicizzate e già oggetto di concessione o autorizzazione in sanatoria. Dovranno mantenersi, o eventualmente ricrearsi se in origine presenti, le zoccolature basamentali decorative o di protezione dell’intonaco dagli agenti atmosferici.

Vanno mantenimento, o ripristinati se alterati, i balconi esistenti in pietra, ovvero con mensole in ferro con soprastante lastra di marmo bianco. Dovranno essere dimessi i balconi realizzati con soletta a sbalzo in cemento armato e sostituiti con balconi con mensole in ferro con soprastante lastra di marmo bianco, sporgenti non più di cm. 70 e larghi al massimo quanto le aperture più cm.70 per lato. Quando si tratti di nuove costruzioni e comunque non in presenza di un tessuto edilizio circostante con caratteristiche omogenee di edilizia tradizionale, l’eventuale struttura in c.a. esistente potrà essere mantenuta ma dovrà essere riportata ad un spessore massimo di cm. l0 all’estremità, nel rispetto delle misure sopra specificate. Le balconate uniche di recente costruzione andranno riconfigurate in più unità secondo le indicazioni sopra dette. Le ringhiere devono essere realizzate in ferro, in ghisa o acciaio di disegno lineare, secondo i modelli in uso nella tradizione locale e tinteggiate nei colori tradizionali.

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Gli intonaci presenti sulle superfici esterne dell’edilizia storica della città debbono essere mantenuti, consolidati, restaurati e non dimessi, solamente qualora riconosciuti come storicizzati. Diversamente vanno eliminati, riportando a vista le murature in pietra regolare o loro porzioni significative. Le eventuali integrazioni di lacune o di parti non più recuperabili si realizzeranno con spessori, materiali, tecniche, granulometrie e cromie prossimi e/o compatibili a quelli originari, di cui saranno preliminarmente conosciuti i caratteri materici attraverso opportune prove ed indagini. Nel ripristino degli intonaci esistenti dovrà prevedersi una velatura finale di protezione ed uniformazione tra le parti originarie e quelle aggiunte. Le facciate con pietra concia a faccia vista non dovranno essere intonacate nel caso in cui la lavorazione superficiale della pietra sia “a pelle liscia” con spigoli vivi. Potranno essere rivestite da intonaco solamente le superfici esterne in pietra a faccia vista che presentino lavorazione superficiale grezza, irregolarità nei giunti, piani in sottosquadro nelle fasce a risalto. In tale caso le eventuali cornici, mostre, lesene, fasce, cantonali, … in pietra intagliata dovranno comunque mantenersi a vista o eventualmente ricostituite con lo stesso materiale e lo stesso colore. Nei casi di realizzazione di intonaco, parziale o totale, dovranno prevedersi strati di malta composta da leganti tradizionali quali la calce idraulica naturale o il grassello di calce aerea, anche con aggiunta di aggregato a comportamento pozzolanico, con esclusione dei cementi, delle calci idrauliche artificiali e dei prodotti a base di resine sintetiche. Le cromie degli intonaci esterni, ovvero le tinteggiature degli stessi, vanno definite in base ad una attenta analisi dello stato di fatto, delle parti residue, delle eventuali stratificazioni o per analogia con casi prossimi e/o simili. Nel caso in cui non si riscontrassero tracce o informazioni certe sulle cromie originarie, da considerare sempre come motivo prevalente di scelta, sarà il contesto urbano storicizzato a suggerire le soluzioni più opportune, nell’ottica dell’omogeneità e dell’armonia di un ambiente unitario. Con adeguata campionatura, dovranno privilegiarsi prodotti in grado di produrre effetti di disuniformità, come ad esempio le tinte a calce, con buona porosità e solo parzialmente coprenti, escludendo i cosiddetti “intonaci plastici” e simili contenenti in massima parte resine organiche polimeriche e pertanto filmogeni, impermeabili, coprenti e dai toni cromatici vistosi.

Le coperture a tetto non possono essere modificate nelle linee di gronda e di colmo, nella pendenza e nei materiali di finitura in laterizio (coppi siciliani), ovvero vanno ripristinate con coppi siciliani se alterate. Per esigenze impiantistiche, igieniche o funzionali è possibile sostituire una porzione delle falde con copertura a terrazza piana per una quantità non superiore al 25% dell’estensione delle falde, a condizione che tale modificazione non sia visibile da spazi e luoghi pubblici, anche tenendo conto dell’orografia del sito, e non incida in alcun modo con i valori architettonici ed ambientali. Vanno mantenuti, o realizzati in caso di demolizione, gli elementi di coronamento in coppi aggettanti, con sporgenza massima di cm 30 ed eventuale alloggiamento per la grondaia, secondo i modelli tradizionali.

I sistemi di smaltimento delle acque meteoriche, qualora storicizzati, devono essere mantenuti nelle condizioni esistenti. Vanno rimossi invece quelli incompatibili con il partito architettonico del fronte. Qualora non sia presente un canale di gronda, non è consentito realizzarlo ex-novo lungo la facciata. Un nuovo canale di gronda in laterizio, rame o lamiera zincata, dello stesso colore del prospetto, se tinteggiato, potrà al più incassarsi nella parte terminale della falda, non visibile dalla strada, con discendenti a

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66 sezione circolare in una posizione defilata che comunque non crei conflitto col partito architettonico. L’eventuale presenza di doccioni dovrà prevedere il mantenimento e/o il recupero degli stessi e della loro funzionalità. Vanno sempre eliminati, incassandoli o riportandoli all’interno, gli scarichi delle acque nere posti sui fronti esterni.

I serramenti esterni contribuiscono alla percezione dell’architettura storica e devono essere oggetto di manutenzione, consolidamento e restauro. Nel caso di rifacimento dovranno uniformarsi gli infissi al disopra del piano terreno dell’intera unità, sia tra loro, sia ai caratteri tipici della città nella conformazione, nella lavorazione, nel materiale (legno), nei ferramenti e nelle cromie opache. Sono da escludere avvolgibili, veneziane ed infissi ad anta non simmetrica. Dovranno dismettersi serramenti in materiale diverso dal legno, sostituendoli con infissi realizzati secondo la tradizione locale, con persiane e/o scuri interni di legno verniciato a smalto nei colori bianco o beige per gli scuri interni, verde o marrone per le persiane, bianco o beige per gli infissi esterni; questi ultimi, in mancanza di persiane, potranno essere dipinti a smalto verde o marrone. Possono ammettersi anche, in edifici non prospettanti su piazze pubbliche e non aventi caratteristiche monumentali, infissi in alluminio preverniciato colore verde e/o marrone, con persiane o scuri. I portoni d'accesso e le vetrine, se di legno pregiato ovvero di disegno tradizionale, devono essere mantenuti e lucidati con la vena a vista o verniciati di colore marrone. Gli infissi al piano terreno dovranno comunque essere realizzati in legno ovvero, nel caso di vani di accesso ai garage, anche in ferro, verniciati di colore marrone o nero.

Le vetrine al piano terreno e le insegne pubblicitarie degli esercizi commerciali saranno contenute all’interno del vano riconfigurato secondo l’impaginato originario, ovvero tipologicamente determinato in mancanza di documentazione insufficiente; gli infissi saranno in legno o ferro a colorazione non lucida; le ante simmetriche e le specchiature intere (non suddivise all’inglese) a vetro non colorato e non specchiato.

Il progetto dovrà prevedere la dismissione dei terminali impiantistici, dei macchinari, dei cavi e delle tubazioni presenti sulle facciate, sia di adduzione che di scarico. Tali elementi tecnici dovranno trovare alloggiamento all’interno della sagoma dell’edificio o, quando possibile, al disotto delle corti interne o del piano stradale. Non è consentito utilizzare le facce esterne, specie se visibili da spazi pubblici, per l’apposizione di caldaie a parete, di canne fumarie, di elementi esterni per condizionatori, di antenne televisive, di tubazioni e cavi di qualunque sezione e per qualunque funzione. Secondo lo stesso criterio di decoro urbano i serbatoi di accumulo d’acqua, i pannelli per solare termico o fotovoltaici dovranno eventualmente essere collocati in siti dell’edificio non visibili da spazi pubblici, anche tenendo conto dell’orografia accidentata della città.

3. Interventi trasformativi (lett. f), g) dell’art. 4 della L.R. 13/2015)

Gli interventi di ristrutturazione mediante demolizione e ricostruzione dovranno configurare edifici aventi qualità architettonica e dimensioni, caratteri cromatici, compositivi e tipologici coerenti con il contesto. A tal fine i progetti dovranno essere redatti nel rispetto delle indicazioni e dei criteri definiti nel precedente punto 2, laddove applicabili. Devono comunque essere mantenute le giaciture su strade e spazi pubblici degli edifici esistenti da ricostruire. Le altezze non potranno eccedere quelle

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67 preesistenti, a meno di una limitata escursione (per non più di 50 cm) rispetto alla preesistente linea di gronda, che può essere consentita nel caso in cui sia necessaria per garantire funzionalità agli alloggi ricostruiti.

La ristrutturazione mediante demolizione e ricostruzione con modifica della sagoma, al fine di risultare coerente con la tipologia dell’intorno, dovrà realizzarsi nel rispetto delle indicazioni e dei criteri definiti nel precedente punto 2, laddove applicabili e nel rispetto delle seguenti prescrizioni specifiche: - l’indice di densità fondiaria in ciascun lotto, calcolato tenendo conto del volume esistente, non può superare quello medio dell’isolato ed in ogni caso i 5 mc/mq, come prescritto dal D.M. 2/4/1968, n. 1444. - non sono modificabili le giaciture e gli allineamenti su strada e sugli spazi pubblici degli edifici esistenti da trasformare; - gli ampliamenti dovranno realizzarsi senza ledere in alcun modo i diritti dei terzi; in particolare, le pareti finestrate negli eventuali nuovi volumi aggiunti dovranno distaccarsi di almeno m. 5 dai confini del lotto di pertinenza dell’immobile da ampliare; - il progetto di ampliamento deve uniformarsi ai modelli compositivi dell’edilizia circostante di interesse ambientale; - le coperture degli edifici ricostruiti devono inserirsi per posizione, forma e materiali come elementi di continuità rispetto all'ambiente edificato circostante; - è consentito l'uso di coperture piane, purché queste siano praticabili ed interessino una superficie non superiore del 25% della superficie dell'unità edilizia e comunque non superiore a mq. 30; - l'inclinazione delle falde dei tetti non può essere superiore al 35%.

4. Diposizioni igienico-sanitarie, per il risparmio energetico e per il consolidamento sismico. Sono consentite abitazioni nei piani terreni degli edifici esistenti da recuperare purché la quota del piano di calpestio sia superiore a quella del piano stradale di almeno cm.20 e l'altezza libera interna non sia inferiore a m.2,50. Ai fini della riutilizzazione del patrimonio edilizio esistente per attività commerciali, turistiche e direzionali può derogarsi dal rispetto dei requisiti minimi di altezza libera stabiliti dalla regolamentazione legislativa vigente ed in genere da tutte le limitazioni, di ordine quantitativo e non, derivanti dalla normativa vigente, subordinatamente al parere favorevole dell’Autorità sanitaria. Tale deroga non è comunque consentita nel caso di immobili esistenti nei quali si intervenga con modalità trasformative. Al fine di concorrere alla realizzazione degli obiettivi della politica energetica comunitaria e nazionale, di promuovere il miglioramento dei livelli di coibentazione termo-acustica e di comfort ambientale nonché di favorire la sicurezza sismica degli edifici, non vengono considerati aumento di volume e non vengono computati ai fini del calcolo del volume edificato e della superficie coperta complessiva, i maggiori spessori e le maggiori altezze (sino a cm. 50) necessari per assicurare gli obiettivi sopra specificati. Gli interventi di efficientamento energetico dovranno comunque essere progettati nel rispetto delle “Linee di indirizzo per il miglioramento dell’efficienza energetica nel patrimonio culturale architettura. Centri e nuclei storici ed urbani” emanata dal MIBACT il 27/10/2015.