IL NUOVO CHE AVANZA

Tony Williams una straordinaria evoluzione linguistica di Maurizio Celani

presentazione di Rodolfo Dini 2 Tesi di Laurea

Tony Williams “UNA straordinaria evoluzione linguistica”

di Maurizio Celani

Conservatorio “G.B. Pergolesi” Relatore prof. Giuseppe Berlen

Audioteca Provinciale

3 4 Sommario

Presentazione 7

Prefazione 11

CAPITOLO 1 Biografia 13 I primi anni 13 New York 15 Un'evoluzione incompiuta 19

CAPITOLO 2 Influenze 25 Lo stile 28 L’accompagnamento e la modulazione 30 Il drumsolo-Solo su 39 Young At Heart 42 You And The Night And The Music 43 On Green Dolphy Street 44

5 CAPITOLO 3 e Tony Williams 45 My Funny Valentine () 49 Stella By Starlight 51 All Of You 57

CAPITOLO 4 Conclusioni 64

Discografia completa 67 Bibliografia/Sitografia/Legenda 74

6 Presentazione

di Rodolfo Dini

Con questo ciclo abbiamo pensato di introdurre, nel nostro pic- colo, una novità che spero prosegua anche se non sarà promossa dall'Audioteca: valorizzare, nelle forme più diverse le competenze che maturano nel Conservatorio a partire, appunto, dalla presenta- zione della tesi, della sintesi di un percorso di studi, discutendone i contenuti, sia pure in una dimensione molto sintetica e raccolta. In questi giorni ho iniziato a leggere un'ormai celebre intervista a Luciano Gallino sull'impresa responsabile di Adriano Olivetti. Quando gli domandano come aveva fatto l'ingegnere a costruire un'azienda tra le più avanzate del mondo e che produceva benessere, sicurezza e bellezza per chi vi lavorava, Gallino risponde: “Vi era riuscito applicando a vasto raggio il suo solito metodo di ricerca e sollecitazione dei talenti. Selezionando giovani promettenti, mo- bilitandone le doti creative con l'offerta della più completa libertà di ricerca e possibilità illimitate di crescita professionale”. Anche per questa ragione ho pensato di lavorare alla pubbli- cazione di questi lavori a partire dall'eBook così da far circolare sul web questi interessanti testi. Nel caso specifico, l'idea ha preso corpo innanzitutto perché i laureati, nella loro ricerca, hanno trovato materiali vari e informazioni utili nell'antro qui accanto, dove ho messo a disposizione il mio patrimonio documentario. L'occasione si è dimostrata particolarmente stimolante per il

7 Tony Williams - Una straordinaria evoluzione linguistica fascino dei temi e dei personaggi affrontati: tre grandi della storia del , tre figure che nonostante la loro originale creatività, anzi proprio per la loro singolarità vivono ancora in una sorte di cono d'ombra, troppo appartato, troppo lontano dalle mode. E proprio per questo meritano di essere valorizzati, conosciuti, apprezzati. Il lavoro di Maurizio Celani, da questo punto di vista, è davve- ro straordinario e, aggiungerei, molto singolare. Non mi riferisco soltanto all'ampiezza, alla profondità, alla qualità dell'analisi, ma anche al fatto - almeno così risulta dalle informazioni che ho avuto - che si tratta della prima tesi nella'ambito del Conservatorio che si occupa della batteria nel jazz, impersonata da un geniale, onnivoro protagonista che ne ha cambiato il ruolo. Una ragione di ciò credo dipenda anche dal fatto che, mentre tutti gli altri strumenti utilizzati dal jazz fin dalle origini provengono dalla tradizione europea (tromba, trombone, clarino, saxofono, etc.), la batteria nasce proprio con il jazz. Non è altro che l'assemblaggio di vari elementi - grancassa, rullante, piatti - necessario per passare dalla banda marciante al piccolo gruppo che si esibisce nei locali notturni o, magari, nell'aula Montanari come avverrà nel finale con il quartetto diretto da Maurizio. E da qui si è proiettata - come ci dimostreranno Maurizio e il suo quartetto nel finale - fino alla post-modernità assumendo ruoli sempre più significativi. Per dirla molto sinteticamente, il primo passaggio avviene quando il centro della scansione si sposta dalla cassa sul piatto sospeso e sul charleston, ottenendo una diversa più ricca dinamica: vedi Jo Jones nell'orchestra di Count Basie. Poi arriva Max Roach, che ho avuto la fortuna e l'onore di incon- trare all'Hotel Garden di Porto San Giorgio dove abbiamo pranzato assieme ad un ritmo incredibile, e la batteria diventa uno strumento senza limiti, come titola un suo celebre album caratterizzato da tre brani in completa solitudine.

8 Presentazione

E infine scoppia la sttraordinaria evoluzione linguistica di Tony Williams: scompaiono le gerarchie tra i vari strumenti, il flauto percuote, la batteria canta scrive Marcello Piras analizzando Out To Lunch di Eric Dolphy. Nel terzo capitolo della tesi Celani ci parla del ruolo di Tony nel più celebrato quintetto di Miles Davis che inaugura una nuova fase nella storia del jazz. “I temi di partenza vengono sempre più asciugati e mossi ubiquamente nello spazio melodico, gli accordi ridotti ad armonia complementare. I ruoli, apparentemente, sono quelli del periodo bop, ma Davis spinge i suoi musicisti a ripensarli attraverso l'esercizio dell'ambiguità, della sottrazione, dei vuoti. “Ma - come scrive Stefano Zenni - la vera rivoluzione dei ruoli è incardinata intorno al talento, precocissimo ed onnivoro di Tony Williams”. Per comprendere come il batterista trasfigura l'accompagnamento inventando nuove forme ritmiche, non rimane che fare riferimento a quel dettagliato ed approfondito capitolo. Buona lettura.

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Prefazione

Con il termine “evoluzione” si intende il progressivo ed ininterrotto accumularsi di modificazioni successive, fino a manifestare, in un arco di tempo, significativi cambiamenti. Nell’ambito batteristico, Tony Williams è stato un personaggio fondamentale per l’evoluzione di questo strumento. Un’evoluzione incompiuta, data la morte all’età di cinquantuno anni. Con in suo nuovo modo di suonare, è riuscito a cambiare radicalmente il ruolo della batteria nell’ambito della musica jazz. È riuscito in quel breve lasso di esistenza a elaborare un linguaggio che si affrancava con decisione dai modelli e dagli stili imperanti, indirizzando il destino della batteria verso una nuova strada. È anche riuscito a creare un vocabolario nuovo e stimolante, dal quale legioni di batteristi hanno attinto, negli ultimi anni, in- numerevoli idee: alcuni copiando, altri rinnovando il patrimonio lessicale fino a rendere le idee di Tony Williams la base di partenza per elaborare stilemi nuovi e originali. Lo scopo di questo mio progetto è quello di analizzare uno dei più importanti batteristi di tutti i tempi, che è riuscito a rivoluzionare il modo di suonare la batteria. In questo lavoro ho cercato di focalizzare l’estetica, lo stile, l’accompagnamento, e tutto ciò che considero fondamentale per il giusto inquadramento di Williams, in riferimento al periodo con Miles Davis.

11 Tony Williams - Una straordinaria evoluzione linguistica

Nel primo capitolo parlerò della sua esperienza biografica. Nel secondo focalizzerò tutte le caratteristiche, nell’ambito dell’ac- compagnamento, del fraseggio e dell’aspetto solistico, che hanno reso immortale il batterista. Nel terzo capitolo parlerò di Tony, nello specifico, del primo quintetto con Miles Davis, analizzando due standard, “Stella By Starlight” e “All Of You”, dal disco “My Funny Valentine”, met- tendo in risalto le innovazioni che il gruppo apporta alla forma canzone, facendo attenzione al ruolo di Williams.

12 Capitolo 1 Biografia

Figura 1: Tony Williams

I primi anni Tony Williams nasce a Chicago il 12 dicembre 1945, in una fami- glia dove si ascoltava molta musica: il padre, musicista dilettante, suonava il sax tenore ed era appassionato di jazz; la madre, invece, ascoltava musica classica. Due influenze importanti per il piccolo Tony che, sin da bambino, avrebbe avuto modo di sviluppare l’innata tendenza ad essere un musicista. Trasferitosi a Boston in tenera età, Tony cominciò ad interessarsi presto alla batteria, suonando nel complessino del padre che si esibiva nei week-end e dove il bambino batterista, che quasi scompariva dietro a piatti e tamburi, raccoglieva la tenerezza, e le mance, del pubblico incuriosito. L’anno successivo iniziò a prendere lezioni da Alan Dawson.

13 Capitolo 1

Straordinaria figura di didatta e insegnante, Dawson ha prati- camente sacrificato una luminosa carriera per concentrarsi sull’in- segnamento, incidendo pochi dischi ma influenzando una nutrita schiera di strumentisti. Elegante e razionale, in possesso di una tecnica scintillante, Dawson, come si evince dall’ascolto dei dischi incisi con Dave Brubeck (celeberrimo è un suo solo in “Take Five”), è un costruttore di linee melodiche di lucida bellezza, in grado di creare un continuum ritmico che si fonda su una plastica articola- zione e su una pulsazione quasi sempre implicita e suggerita. Tale insegnamento resterà ben presente nello stile di Williams il quale, intanto, si appassionava al jazz, cominciando a studiare, e riprodurre, lo stile di Art Blakey, “Philly” Joe Jones e, soprattutto, Max Roach. Le prime esperienze giunsero ben presto, con la pia- nista Toshiko Akiyoshi, che si stava specializzando alla Berklee, con l’organista Johnny Hammond Smith, e soprattutto, a fianco di Sam Rivers. Con il sassofonista, in possesso di una tecnica al sax tenore irraggiungibile, Tony intraprese un’esperienza che andava al di là della semplice collaborazione: il “Boston Improvisational Ensemble”, di fatto, era quasi un gruppo di studio attraverso il quale venivano esplorate sperimentazioni audaci, sul versante della rivoluzione del free jazz che Ornette Coleman aveva portato a compimento nel 1960. Contemporaneamente , Williams si esibiva al Connelly’s, un club in cui accompagnava i musicisti di passaggio. Qui avvenne l’incontro con Jackie McLean, che avrebbe dato un corso nuovo alla sua vita: il sassofonista, impressionato dalle qualità del gio- vanissimo batterista, lo convinse a trasferirsi a New York, dove avrebbe avuto maggiori possibilità di mettersi in luce e una ribalta più prestigiosa per le sue già notevoli capacità.

14 New York

New York…

Nel dicembre del 1962, dunque, il diciassettenne Tony Williams chiuse in una valigia i suoi sogni, spazzole e bacchette, qualche abito, e partì alla volta di New York, dove McLean lo scritturò nel suo gruppo, a fianco del vibrafonista Bobby Hutcherson, del trombonista Grachan Moncur III e del contrabbassista Eddie Khan. La band, finchè rimase unita, ottenne grandi riconoscimenti. In equilibrio straordinario fra tradizione e modernità, si caratterizzava per l’audacia di alcune soluzioni armoniche che si incastonavano, senza alcuno sforzo, in un tessuto che richiamava le sanguigne atmosfere dell’hard bop. Considerato imitatore di Charlie Parker, solo perché “Bird” spesso lo chiamava a sostituirlo, McLean trasse dalla lezione parkeriana gli spunti per elaborare uno stile personale, di vibrante invenzione, dalla inconfondibile sonorità tagliente e, che seppe mettere al servizio di Charlie Mingus nel periodo in cui il contrabbassista sperimentava nuove forme e un ritorno alle origini (“Pithecanthropus Erectus”, 1956, “Blues & Roots”, 1959). Grachan Moncur III, dal canto suo, era un trombonista che, pur non potendo vantare una tecnica virtuosistica, aveva scovato un modo originale per trasportare gli stilemi trombonistici della tradizione (J.J. Johnson) verso una concezione formalmente più libera e timbricamente suggestiva dell’avanguardia colemaniana. In questo contesto, oltre alle tastiere di Bobby Hutcherson, che Tony Williams chiamerà per incidere il primo album a suo nome, si inseriva la sezione ritmica che proprio nel batterista di Chicago aveva il suo punto di forza. Fu proprio durante uno dei tanti concerti della band di McLean che Miles Davis, all’inizio del 1963, sentì suonare per la prima volta Tony Williams. Ascoltando quell’intricatissimo stile batteristico, Miles capì subito che il ragazzino aveva la stoffa per rivestire la sua musica di una inedita tensione ritmica, e lo ingaggiò.

15 Capitolo 1

Williams, dunque, si trovò scaraventato nella leggenda: avrebbe partecipato ad una delle più straordinarie avventure musicali che la storia del jazz abbia mai registrato, in compagnia di George Coleman (sostituito, nel 1965, prima dal vecchio compagno Sam Rivers e poi da ), e . La cosa straordinaria era che Tony aveva soltanto diciassette anni, e quando entrò definitivamente nel gruppo dovette essere affidato alla “tutela” di Ron Carter, dato che per le leggi di alcuni stati i minorenni non potevano accedere ai club senza un ac- compagnatore. Williams aveva la spontaneità della gioventù e si definiva uno studioso di Davis, pronto a imparare a memoria dai dischi tutti i suoi assoli più celebri, e ad assimilare la sua musica al punto da poterla eseguire in modo istintivo e senza alcuna dif- ficoltà. Tony Williams rimarrà nei ranghi davisiani fino al 1969. Le prime incisioni sono fulminanti: brani come “Seven Steps To Heaven”, “Walkin’” (registrato dal vivo ad Antibes nell’estate del ’63) e tutto il concerto alla Philharmonic Hall del febbraio del ’64 mettono in luce il gruppo dalle enormi potenzialità. Nel 1965 il quintetto di Miles prende il suo assetto definitivo. Licenziato Ge- orge Coleman, sembra proprio su pressione di Williams che non ne sopportava il modo di suonare troppo ancorato alla tradizione, il suo posto al sax tenore viene preso prima Sam Rivers e subito dopo Wayne Shorter. Dopo l’arrivo di Wayne Shorter, che veniva dal sestetto di Art Blakey, fra i momenti memorabili ci sono quelli registrati dal vivo al Plugged Nickel di Chicago nel dicembre del 1965, dove si ascolta un Davis veramente ispirato dal batterista, e confrontando versioni diverse degli stessi brani si capiscono le parole del trombettista: “Tony cambiava modo di suonare ogni notte e suonava un tempo differente per ogni pezzo, ogni notte”. Il gruppo, nell’arco di quattro anni, dà vita ad una serie di incisioni che spianeranno la strada a molta della musica dagli anni ’70 ad oggi: “E.S.P.”, “”, “Sorcerer”, “Nefertiti”, “Miles In

16 New York

The Sky” e “”. Durante la collaborazione con Davis, specialmente nel ’64, Williams aveva inciso anche con altri musicisti, partecipando a dischi importanti, come “Out To Lunch” di Eric Dolphy, “Point Of Departure” di Andrew Hill, “Some Other Stuff” di Grachan Moncur III, “”, “” e “Maiden Voyage” di Herbie Hancock, tutti registrati per la Blue Note. Nel ’64 abbiamo anche la sua prima incisione da leader, “Life Time”, per la stessa etichetta, con Sam Rivers, Bobby Hutcherson, Herbie Hancock, Richard Davis, Gary Peacock e Ron Carter. Qui, come nel successivo “Spring”, vengono messi in luce gli interessi di Williams per le strutture più libere e armonicamente aperte, con un’attenzione particolare alla flessibilità ritmica e alla nitidezza degli intrecci.

17 Capitolo 1

L’album “Life Time” chiarificava gli aspetti compositivi del pensiero williamsiano, impegnato ad elaborare complesse partiture in cui sperimentare il difficile rapporto tra scrittura ed improvvisazione, e i rapporti, ormai problematici, con il concetto di tonalità e armonia funzionale. Compositore, quindi, più che batterista: a dimostrarlo un brano, “Barb’s Song To The Wizard”, scritto appositamente per il di Hancock e il contrabbasso di Ron Carter. Intanto, con Miles, Williams elaborava, al fianco dei suoi colleghi, alcuni concetti fondamentali, come quello già esaminato, di interplay e una disposizione, che il batterista sentiva già propria, a scavalcare i consueti moduli formali.

18 Un’evoluzione inconpiuta

La strada di Miles, che aveva attraversato incroci fondamentali, come “”, conduceva verso un inevitabile collisione con l’estetica binaria del rock; ma Tony non se la sentì di seguire ancora una volta il capo e, nel 1969, si chiamò fuori: alla vigilia di “Bitches Brew”, il batterista stava preparando la sua personale evoluzione che anche questa volta portava il nome di Lifetime.

Un’evoluzione incompiuta

Nel ’69, dopo l’uscita dal gruppo di Davis, Williams fonda il trio Lifetime, poi divenuto quartetto con l’aggiunta di Jack Bruce al basso. Un organico particolare, che comprende la chitarra elettrica di John McLaughlin e l’organo di Larry Young, con cui il batteri- sta si volle avvicinare alla musica di Jimi Hendrix, che lo aveva fortemente impressionato. Il disco “Emergency!”, registrato per la Polydor, presenta una musica molto interessante, densa di vitalità e di empatia tra i musicisti, ma purtroppo la pessima registrazione non rende giustizia al gruppo. Dopo un altro disco, “Turn It Over” del ’70, con l’aggiunta di Bruce, Williams è travolto dall’ondata della fusion, che lo porta a fondare il “New Lifetime” con Allan Holdsworth alla chitarra, Alan Pasqua alle tastiere e Tony New- ton al basso. Con questa formazione Williams incide due dischi: “Believe It” e “Million Dollar Legs”. Tony sembra definitivamente cambiato: non ci sono più le raf- finatezze timbriche, la leggerezza, l’elasticità che lo distinguevano fino a pochi anni prima. Prevalgono i ritmi rock, pur interpretati con sensibilità, e le scansioni pesanti, cosa incredibile per un musicista che era riuscito a suonare pulsazioni. Williams lavora ancora con la musica acustica, ma anche qui non si riconosce più il batterista “con la terza mano”: la cassa è diventata cupa, robo- ante; il rullante è ruvido e molto presente. Nell’incisione in trio

19 Capitolo 1 del 1977 con McCoy Tyner, insieme a Ron Carter (Supertrios), dà un apporto di grande intelligenza e dinamismo, ma è ben lontano dal tocco leggero e volatile dei primi tempi. È questo il periodo in cui tornano a riunirsi i vecchi compagni del quintetto, con al posto di Davis. Il supergruppo, denominato V.S.O.P. (acronimo di Very Special One-Time Performance), incide alcuni dischi dal '77 in poi, interpreta vecchi e nuovi brani. Nel 1979 Williams incide “The Joy Of Flying”, disco in cui il batterista si misurava con una gran quantità di musicisti appartenenti ad aree stilistiche eterogenee (George Benson, , Tom Scott, Cecil Taylor, Brian Auger ed Herbie Hancock). L'avventura proseguì con il più convincente “” del '92, con Roney alla tromba, cui seguì un lungo tour in- ternazionale che toccò anche l'Italia. Nel frattempo si sono spente le escursioni più banali con i nuovi Lifetime e Williams torna alla musica acustica anche come leader, incidendo “Foreign Intrigue” per la Blue Note, con un ancora poco conosciuto Wallce Roney alla tromba, dove dimostra di perseguire, con buoni risultati, una sorta di assimilazione fra la musica di Art Blakey e le suggestioni modali di Miles. Negli anni '90 si susseguono altre incisioni su questa linea, fra cui “The Story Of Neptune” del '91 e “Tokyo” del '92, con Roney alla tromba, Billy Pierce ai sax, al piano e Ira Coleman al contrabbasso. L'ultimo lavoro di Williams, ormai il suo testamento spirituale, è “Wilderness”, registrato nel dicembre del 1995 con Hancock, , Stanley Clarke e . Qui il batterista si cimenta anche con la composizione per orchestra, strizzando l'occhio alla musica colta.

Tony aveva seguito negli anni 80' un corso privato di studi classici e composizione presso l'università della California, sotto la guida del professor Robert Greenberg fino al 1987 e le sue abilità compo-

20 Un’evoluzione inconpiuta sitive e di orchestrazione acquisite le possiamo ritrovare proprio nel disco “Wilderness”. Nelle sue interviste possiamo recepire la sua voglia di imparare e di stare al passo con l'evoluzione musicale: “Mi ricordo quando ho iniziato a prendere lezioni di composizione… la gente mi chiedeva sempre perché lo stavo facendo…sembrava quasi non dovessi farlo…non capivo quest'atteggiamento delle persone…per me essere un musicista è come essere un medico… bisogna tenere il passo con tutti i cambiamenti…e più si impara a conoscere la propria professione e meglio si sta…la composizione mi fa sentire come se avessi ottenuto tutta la strada che un musicista può percorrere…” (Downbeat Magazine 1996). Il 20 febbraio del 1997 (giovedì) Williams entra all'ospedale Seton Medical di Daly City in California lamentando dolori al basso ventre. I dottori diagnosticano problemi alla cistifellea ed eseguono un intervento di piccola entità il 21 febbraio. Non sorgono complicazioni ed il suo rientro a casa viene programmato per la domenica. Al mattino presto il batterista lamenta dolori al torace sempre più forti che culminano in un attacco cardiaco fatale. Muore il 23 febbraio del 1997. Durante gli ultimi anni della sua esistenza, viveva un momento di ancora grande popolarità: nel 1995 aveva vinto un premio Grammy per “A Tribute To Miles”, disco che lo vedeva accanto a vecchi partner e amici come Herbie Hancock, Ron Carter, Wayne Shorter e . L'impressione suscitata dalla sua improvvisa scomparsa è stata dunque enorme, echeggiata dai mass media di tutto il mondo, ma particolarmente in America.

21 Capitolo 1

Figura 3: Copertina dell’album A Tribute To Miles

Una delle commemorazioni più incisive è stata quella del famoso scrittore nero (e batterista) Stanley Crouch sul Daily News del 26 febbraio, lamentando innanzitutto la poca o nulla notorietà di cui poteva godere, negli stessi Stati Uniti, un musicista così valido e innovativo. Ricordava Crouch: “Quando l'ho ascoltato per la prima volta di persona, suonava con Miles Davis a Los Angeles, in un teatro notturno chiamato Adams West, dove facevano capo tutti quelli che non avevano nulla da fare fra le due e le cinque di notte. Aveva un vestito giallo e le scarpe marroni, sembrava un ragazzino e suonava come un genio”. Concludeva tuttavia Crouch in quell'appassionata commemorazione: “Sul finire degli anni Sessanta cominciò a sentirti frustrato e cercò, senza successo, di diventare una pop star. Tony Williams sembrava incapace di accettare il fatto che mai sarebbe diventato noto la decima parte di un Ringo Starr. Comunque nell'ultimo decennio della sua carriera aveva guidato

22 Un’evoluzione inconpiuta un forte quintetto, e si poteva ascoltare sia il grande amore che egli nutriva per il suo strumento e per la musica, sia quello che lui sapeva dire al pubblico attraverso la batteria. Non importano le sue frustrazioni, i suoi brutti momenti: la gloria che egli diede alla musica americana sta sopra tutto il resto. Siamo stati fortunati ad averlo avuto qui, e chissà che un giorno non possiate anche tutti voi sapere chi sia stato Tony Williams”.

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Capitolo 2

Figura 4 : Elvin Jones, Philly Jo Jones e Max Roach

Influenze

Max Roach, Elvin Jones e Art Blakey, senza dimenticare Roy Haynes e “Philly” Jo Jones, avevano, ciascuno, a suo modo, in- dirizzato il destino della batteria verso una nuova strada e , più o meno direttamente, contribuito alla formazione del piccolo Anthony. Roach, che di Williams fu un modello inossidabile, fu il primo a rivendicare per il batterista il ruolo di musicista, incorporando nel suo stile una dimensione melodica impensabile per chi, in fondo, percuote “soltanto” dei tamburi. Roach aveva uno stile, che oltre alla tecnica, implicava altri parametri come la dinamica, la nar- ratività e l'importanza dello spazio sonoro ( in cui anche le pause acquistano valenza estetica).

25 Capitolo 2

Wallace Roney, a proposito, in un'intervista dichiarò: “Parlavamo di cose che ho sempre sognato di chiedere a Tony..le sue influenze, i suoi eroi. Amava Art Blakey, ma Max Roach era il suo più grande eroe. Ho imparato moltissimo con Tony durante quei viaggi, sono cresciuto come musicista e come persona.” (Drumclub dicembre 1997, Tributo a Tony Williams di Bill Milkowski).

Figura 5 : Max Roach e Tony Williams

Art Blakey, dal suo canto, aveva messo in luce, nel suo stile, l'eloquenza seduttiva dei ritmi incrociati africani, da lui a lungo studiati, e l'energica carica emotiva di un drumming , che tendeva a creare un vero e proprio tappeto a sostegno delle improvvisazioni dei solisti. Elvin Jones, infine, aveva già gettato le fondamenta per quella che sarebbe stata una vera e propria rivoluzione per la batteria: la poliritmia, basata su incastri di notevole complessità, la pronuncia, i raggruppamenti ternari, costituivano un inevitabile punto di partenza per l'elaborazione di nuovi approcci. Grazie alla propulsione ideativa di questi grandi batteristi, la batteria stava

26 Influenze dunque progressivamente abbandonando il tradizionale ruolo di accompagnamento, per accedere a quello di strumento con pari possibilità e dignità degli altri; entrava in scena un nuovo modo di accompagnare, che si svincolava dalle figurazioni abituali per attingere ad un linguaggio più libero e complesso. Wallace Roney, in un'intervista, raccontò la storia di come Tony ebbe l'onore di ricevere la fiaccola della batteria per i posteri; quando Papa Jo Jones era ancora vivo disse a Tony:”Ti nominiamo nostro discendente e qualsiasi cosa tu senta di dover fare con la batteria, noi ti abbiamo scelto” (Drum club Dicembre 1997). Quel “noi” indicava i suoi colleghi e quelli prima di lui. Sembrava, in quell'epoca di formida- bile vitalità, che nient'altro potesse essere aggiunto ad un ipotetico discorso sulla batteria; era come se fosse stato detto tutto, o quasi. Tony Williams si aggrappò a quel “quasi”, con la consapevolezza di chi ha trovato il grimaldello per forzare uno scrigno che contiene un tesoro inestimabile, e onorando le parole di Papa Jo Jones, riuscì a portare la batteria ad un livello mai raggiunto prima. Williams era dotato di grande talento e seppe sviluppare le sue abilità batteristiche fin dalla tenera età. Di pari passo, sviluppò anche altre competenze importanti, quali l'ascolto e la memoria musicale. Wallace Roney in un'intervista dichiarò: “Andavamo in tournèe ed io e lui sapevamo tutti i dischi a memoria. Conoscevamo ogni nuovo disco. Mentre guidavo cantavamo i solismi di “Milestone”. Cominciavamo da “Dr. Jekyll”, cantavamo la melodia, il solo di Miles, i soli di Coltrane e di Cannonball; cantavamo il solo di Red Garland, il solo di Paul Chamber…e Tony cantava perfino le parti di Philly Joe Jones. Poi passavamo a “Sid's Ahead” e “Straight No Chaser”, poi dall'altro lato del disco. Poi passavamo ai dischi di Miles registrati con la Prestige, e poi ancora tutti i solo di “Birth Of The Cool”. Ci volevano quattro ore. Mulgrew e Bill Pierce ci guardavano come fossimo dei paz- zi.” (Drumclub dicembre 1997, Tributo a Tony Williams di Bill Milkowski).

27 Capitolo 2

Lo stile

Analizzando la sua figura, la prima caratteristica che noto è la sua postura dietro allo strumento: molto dritto con la schiena, composto, spavaldo. I suoi movimenti erano lineari; evitava movimenti estranei per lo spreco di energia. Il suo atteggiamento e la sua postura dietro al drumset erano caratteristiche paragonabili a quelle di un Buddha. Nel suo sguardo c'era la concentrazione di un musicista che sapeva cosa stava facendo, attento a cosa gli accadeva intorno. Era dotato di una tecnica eccellente, di musicalità straordinaria. Una delle sue tante innovazioni sta proprio nel suono. Riusciva a creare con i tamburi diversi colori, diverse sonorità. Durante la sua carriera di musicista, Williams passò anche ad usare un set differente da quello di una batteria jazz. Introdusse nel suo set altri tom, rendendo la batteria uno strumento melodico: non colpiva solamente le pelli dei suoi tamburi, ma pensava a quello che stava suonando. Tony Williams emerse nella storia del jazz con uno stile molto innovativo. Finì per far saltare le convenzioni del be-bop in fran- tumi con l'uso di poliritmie e modulazioni metriche. Tony, con il suo drumming, contribuì a ridefinire il ruolo di una sezione ritmica jazz. Riguardo il suo stile, Tony pensa al ritmo privilegiando la scansione in ottavi, limitando il terzinato che tanto influenza l'ap- proccio degli altri batteristi. Questo pensiero potrebbe portare ad una scansione più rigida; ma interpretato con grande sensibilità ed elasticità, con un senso dinamico spiccato, diviene fonte di infinite variazioni. Come Haynes, Williams scompone con grande intelligenza le figurazioni ritmiche sui vari tamburi, immettendo in questo gioco complesso anche i piatti a pedale (hi-hat). La cassa, di dimensioni molto ridotte e accordata in modo molto chiaro, interagisce con i tom-tom in modo agile e nervoso. Ma un'altra caratteristica che rende il batterista inconfondibile e innovativo è l'eliminazione della

28 Lo stile costante sottolineatura dei tempi deboli (II e IV movimento) con lo hi-hat. Dice Williams: “Non posso sopportare quando qualcuno suona sempre lo hi-hat sui tempi deboli, in ogni assolo, in ogni chorus, in ogni pezzo. Io suono il beat sul piatto e nella mia testa. E quando suono la cassa, la suono là, dove significa qualcosa” (J.E. Berendt, Ein Fenster aus Jazz, Fischer Verlag, Frankfurt am Main, 1980). La scansione-guida del piatto si alleggerisce e diventa aperta ad una miriade di figurazioni e variazioni, di accenti inattesi. Spesso diventa una pulsazione sottintesa e permette al batterista di agire in ogni momento come un solista. Eric Dolphy diceva che Williams non suonava ritmi, ma pulsazioni. Pulsazioni precise e regolari, ma soggette a un costante respiro dinamico. Tony arriva a liberare la batteria come i batteristi “free”, ma allo stesso modo di Elvin Jones mantiene sempre il contatto con la regolarità del tempo. D'altra parte in quel periodo la sua ammirazione per gli uomini che stanno cercando nuove strade è evidente; egli apprez- za Eric Dolphy, Ornette Coleman e John Coltrane. Tutte queste caratteristiche, unite a una non comune sensibilità musicale e attenzione per la forma, vengono messe in risalto nel lavoro del batterista con Miles Davis. La libertà con cui Williams e gli altri componenti del grup- po interagiscono, sono in buona parte indotte dalle capacità del batterista di essere contemporaneamente cuore pulsante e sottile suggeritore, capace di prendere tempi a velocità vertiginosa con la noncuranza e l’incoscienza dell’adolescente, ma nel contempo con la consapevolezza del musicista maturo.

29 Capitolo 2

L’accompagnamento e la modulazione

Il suo drumming, pur non essendo mai completamente svincolato dalla pulsazione di base, faceva un uso amplissimo di modulazioni metriche sovraimposte che davano una sensazione di libertà anche ai brani standard. Che cos’è una modulazione metrica sovraimposta? Una modu- lazione metrica sovraimposta è una specie di cambio temporaneo del tempo, uso il termine sovraimposto perché una pulsazione o una segnatura di tempo è sovraimposta ad un’altra preesistente e dal momento che questo crea una sensazione di cambio del tempo la chiamo modulazione metrica, ma il tempo originale rimane im- mutato e quello aggiunto non prende il posto di quello già esistente. In pratica, se si raddoppia il tempo sulla batteria mentre gli altri componenti del gruppo continuano a suonare sul tempo iniziale, si sta effettuando una modulazione metrica. Dalla musica “beat” (Beatles) Williams prende il tipico anda- mento “in 4” accentando il piatto su tutti i movimenti in battere ed abbandonandone l’andamento terzinato per suonarlo invece, quasi ad ottavi regolari.

Nel primo disco con Miles, “Seven Steps To Heaven” (Colum- bia) registrato il 14 maggio 1963 (Tony, è bene ricordarlo, aveva appena compiuto 17 anni e quattro mesi) si ascolta un batterista già maturo, con un suono di tamburo molto aperto e “chiaro”, che contrasta con lo “scuro” dei suoi piatti “K” Zildjian (quelli ancora “made in Turkey”). Tutti i tamburi, cassa compresa, sono intonati

30 L’accompagnamento e la modulazione molto acuti, e le figurazioni sono molto nette, ben definite. La figurazione sul piatto non è mai quella classica ma spesso implica una sovraimposizione di una figura in 3/4

Nelle seconde otto battute del solo di Hancock in “Seven Steps To Heaven”, Williams sovraimpone figure in 3/4 sul 4/4, sottoli- neando la diversa scansione anche con il rullante.

31 Capitolo 2

Altro esempio di accompagnamento in cui è presente la modula- zione metrica, lo troviamo nel brano di Wayne Shorter “Footprints” contenuto nell’album “Miles Smiles”. Il brano è un blues in 3/4 (ma qualcuno , unendo due battute, preferisce considerarlo in 6/4) ed ha come base una linea di basso che, con poche variazioni, ri- mane inalterata per tutto il pezzo. Di seguito la trascrizione della linea di basso di Carter.

Il modo più ovvio di accompagnare questa figurazione è quello di suonare un normale 3/4 jazzistico,

ma Tony disdegna completamente un’interpretazione così scontata e fin dalle prime battute suona delle scansioni sul piatto che galleggiano sopra il tempo, senza scandire nessuna figurazio- ne riportabile sul pentagramma. Quando entra il tema, Williams comincia invece a raddoppiare sul piatto la pulsazione di base. Di seguito la trascrizione della linea ritmica da battuta 5 a battuta 12 del tema di “Footprints”.

32 L’accompagnamento e la modulazione

Da questa trascrizione si evince come Tony riuscisse a raddop- piare il tempo, marcando sempre il quarto, senza alcuna difficoltà. Riusciva a raddoppiare, con la consapevolezza, nella sua testa, che si stava suonando un 3/4. Con il suo drumming era capace di ingannare l’ascoltatore, quasi ci fosse un illusione ritmica. Altra caratteristica innovativa, è lo svincolamento dell’hi-hat da una mera funzione di time-keeper ( cioè di scandire il tempo), usandolo invece, come una terza voce, con i tamburi e la cassa, con la quale fraseggiare. A seguire riporto due battute suonate da Tony sotto l’assolo di sax nel brano “Seven Steps To Heaven” che dimostrano tale concezione.

È interessante notare che nel tema finale del medesimo brano, Williams esegue una figurazione quasi identica, ma questa volta a mò di break. Nell'esempio che segue troviamo la trascrizione.

33 Capitolo 2

Prendendo in considerazione due dischi di Davis, “My Funny Valentine” e “Four & More” del 1964, possiamo notare come Tony non si limitava a suonare “in quattro”. Prendendo nello spe- cifico “All OF You”, un famoso standard di Cole Porter, durante il solo di piano di Hancock (a 8 minuti e 10 secondi dall'inizio del brano), dalla battuta 13 alla battuta 16, Williams utilizza lo hi-hat per fraseggiare. Di seguito la trascrizione delle battute prese in considerazione.

Tornando alla “modulazione metrica sovraimposta” nel bra- no “All Of You”, Tony ricorre spesso a questa tecnica. Durante l'assolo di piano ( a 10 minuti e 25 secondi dall'inizio del brano), Williams suona su un ciclo di terzine di ottavi dando la sensazione di un aumento della velocità del tempo; qui possiamo notare come il batterista sovraimpone una suddivisione ternaria su un tempo binario (4/4), mutamento della scansione ritmica che viene chia- mato emiola. Nell'esempio qui sotto riportato, possiamo osservare tale mutamento.

34 L’accompagnamento e la modulazione

La stessa cosa, con orchestrazione differente, accade subito dopo ( a 10 minuti e 38 secondi dall'inizio del brano), come riportato nella seguente trascrizione.

Aspetto molto interessante da notare, avviene più tardi ( a 10 minuti e 53 secondi dall'inizio del brano) dove si può evidenziare come Williams, nel suo drumming, riusciva a creare tensione ab- bandonando l'andamento terzinato e passando improvvisamente, per 16 misure, ad un accompagnamento “quasi” bossanova ad ottavi regolari. A seguire sono riportate le prime quattro battute delle 16 di cui si parla.

Un altro geniale spunto di Tony Williams è sul brano “Nefertiti” dell'album omonimo. I 7 minuti e 52 secondi del brano, anch'esso di Wayne Shorter, sono tutti giocati sul dialogo fra i fiati che con- tinuano a proporre la stessa melodia ( un po' come nel “Bolero” di Ravel) e la batteria che suona una continua serie di scomposizioni mentre il basso suona imperturbabilmente “in 4” e il pianoforte di Hancock segue un po' l'uno e un po' l'altro, svolgendo così una funzione di “collante” tra le varie parti. In questo brano possiamo

35 Capitolo 2 cogliere un'altra caratteristica di Williams: il largo uso di flam con- tinui e modulazioni metriche che danno la sensazione di passare ad un'altra pulsazione, più veloce, come si vede dalle trascrizioni tratte dal medesimo brano, qui sotto riportate.

Nel brano “Madness” contenuto nell'album “Nefertiti” di Miles Davis, registrato nel 1967 e pubblicato nel 1968 dalla Columbia Records, si può riscontrare come il batterista accompagnasse con il piatto usando una scansione ad ottavi, modulazioni metriche e l'accento su ogni quarto. Di seguito la trascrizione della linea rit- mica del piatto, di una sezione dell'accompagnamento di Williams durante il primo chorus di Davis.

36 L’accompagnamento e la modulazione

37 Capitolo 2

Come possiamo notare, nell'accompagnamento, Williams non è mai regolare. Un esempio di modulazione metrica lo ritroviamo a battuta 16 a partire dal terzo quarto fino a battuta 20: Tony suo- na una cellula da 6/4 su un tempo di base che è di 4/4. La stessa cosa la ritroviamo più avanti da battuta 36 fino al primo quarto di battuta 40.

Il batterista riesce a uscire e rientrare dalla pulsazione di base in maniera esemplare, aiutato anche dall'imponenza di Carter. La trascrizione riesce a far capire l'atteggiamento di Williams nei confronti dell'accompagnamento. Lui riusciva, suonando solo il piatto “ride” a sostenere il quintetto, con una pulsazione che dava la sensazione di tirare “avanti”, come si suol dire nel gergo jazzistico. La potenza, l'imprevedibilità, l'esplosività, sono caratteristiche che ritroviamo nel suo drumming.

38 Il drumsolo

Il Drumsolo Solo su “Seven Ssteps To Heaven”

Il primo assolo che propongo è contenuto nel primo disco che Tony registra con Miles: “Seven Steps To Heaven” ( pubblicato nel 1963 dalla Columbia Records). Il batterista, in questo disco, registra solamente 3 delle 6 tracce contenute nel disco: “Seven Steps To Heaven”, “So Near, So Far”, e “Joshua”, (nelle altre 3 tracce alla batteria troviamo Frank Butler). Il solo di Williams è contenuto nel brano “Seven Steps To Heaven” e si sviluppa su 32 misure, dopo il solo di Davis, ed è il primo assolo del periodo con Miles Davis. Di seguito la trascrizione.

Figura 6 : Tony Williams

39 Capitolo 2

40 Il drumsolo

Analizzando il solo di Tony, la prima caratteristica che noto è come lui usa il charleston, (suonato con il piede), per fraseggiare con gli arti superiori: questo avviene nelle battute 5 e 6. Il batterista, in queste due misure, utilizza una cellula da 6/8 (come nell'esempio che segue), che, nell'ambito delle due misure si ripete due volte, seguita da 4 crome che chiudono il fraseggio sul primo quarto della battuta successiva (battuta 7), sul tempo di 4/4, creando una modulazione metrica e dando l'illusione che il tempo stia accelerando.

FRASE IN 6/8 (even-eights)

In contrapposizione al concetto appena citato, nelle battute 9 e 10 utilizza delle terzine di semiminime, con una pausa sull'ultimo quarto della seconda terzina: qui si ha la netta sensazione di un dilatamento del tempo, in contrasto a quello che succede nelle battute 5 e 6. Nelle battute 19 ,20, 21 e 22 possiamo notare come il batterista mette in evidenza il secondo ottavo del terzo quarto, utilizzando il charleston. Nella battuta 23 troviamo come una sorta di stop, che Williams accentua suonando i primi tre quarti della battuta, in battere, sul rullante, e nella battuta successiva, risponde al rullante, con la cassa sul levare di ogni quarto, formando una sorta di botta e risposta tra rullante e gran cassa. Nelle ultime 8 battute del solo, Tony usa un fraseggio molto spezzettato, alternan- do fraseggi binari, con uso di crome, a respiri molto brevi tramite l'uso di pause. Un'altra caratteristica del batterista, che ritroviamo in questo assolo, è l'uso sporadico della gran cassa. Durante tut- ta l'esecuzione del solo si evince il drumming puro, genuino ed esplosivo del giovanissimo Anthony.

41 Capitolo 2

“Young At Heart”

Correva l'anno 1996 e Tony, insieme e Mulgrew Miller al pianoforte e Ira Coleman al basso, registrò, inconsapevolmente, l'ultimo disco della sua carriera prima di morire. Con questo album, il batterista voleva tornare a fare alcune cose che si sentiva di aver lasciato alle spalle, spiega Miller, e suonare gli standard in trio era una di quelle cose. Le trascrizioni che seguono sono tratte da norme che i jazzisti conoscono, dato che si tratta di scambi, ovvero di assoli di 4 o 8 battute, esposti prima dal pianoforte, poi, rispettando la stessa lunghezza, di risposta , dalla batteria. Tutto questo viene fatto rimanendo fedele alla forma e al contenuto armonico del brano. Miller ricorda che queste frasi di quattro battute, furono un po' una sfida per Williams: era un modo di strutturare un solo fuori dal suo pensiero. Nel corso degli anni Tony aveva sviluppato un modo di pensare un assolo come una forma compositiva che durasse almeno un paio di minuti. Così, per lui, suonare una frase di quattro battute per poi tornare ad accompagnare la melodia, fu una sorta di sfida. Nel brano “You And The Night And The Music”, abbiamo degli scambi tra pianoforte e batteria da 4 battute. Nel brano successivo, “On Green Dolphy Street”, troviamo 2 cicli di scambi da 8 misure e 3 da 4 misure.

42 You And The Night And The Music

“You And The Night And The Music”

43 Capitolo 2

“On Green Dolphin Street”

44 CAPITOLO 3

Miles Davis e Tony Williams

Nel 1963 Miles Davis, dopo un periodo di parziale inattività cau- sata da parecchi fattori concomitanti (l'insorgere dei problemi fisici all'anca che lo' farà soffrire molto negli anni a venire; la morte del padre, figura rassicurante e di sostegno all'attività professionale del figlio), fu praticamente costretto a riformare il suo gruppo. Abbandonato da Wynton Kelly, Paul Chambers e Jimmy Cobb, la ripresa della sua produzione discografica vede la presenza di alcuni musicisti “di passaggio”, come sempre interessanti (Miles Davis è stato eccezionale anche come talent-scout di giovani musicisti). Oltre a George Coleman (che verrà sostituito prima da Sam Rivers e poi, definitivamente, da Wayne Shorter), vecchia conoscenza di Miles ai tempi di Memphis, la prima mossa importante nella direzione di un rinnovamento del suo gruppo musicale Miles la compì scegliendo il contrabbassista Ron Carter, originario di De- troit e successivamente impegnato a New York nel quartetto di Art Farmer con . Carter aveva lavorato anche con Cannonball Adderley e altri, e aveva una grande preparazione musicale. Il suo primo interesse era stato il violoncello, ma aveva presto scoperto che per un violoncellista nero non si sarebbero aperte molte porte nell'ambiente della musica classica. Quando arrivò a New York aveva già parecchi anni di studio alle spalle, e Davis capì subito

45 Capitolo 3 che era un ottimo musicista. Suonava con la medesima efficacia sia come solista che come accompagnatore, e conosceva abbastanza bene l'armonia da poter affrontare qualunque stile senza smarrirsi o venir meno al suo compito di scandire il tempo. Successivamente Miles cominciò ad interessarsi a Tony Williams, che stava lavorando con Jacki McLean, e il 14 maggio lo convocò per suonare la batteria nel gruppo che doveva registrare di nuovo i pezzi veloci incisi in California con il batterista Frank Butler. Nella versione newyorkese di “So Near, So Far” la differenza tra Tony Williams e Frank Butler è sorprendente. L’esecuzione si mantiene scattante, ma la scansione del ritmo è leggere e sfumata in modo uniforme. Il batterista raddoppia il tempo con i piatti e risponde colpendo ora il bordo del rullante, ora la pelle del tamburo. Lo stru- mento che usa più di rado è la grancassa (in seguito Davis riferì di averlo “obbligato” a inserirla nelle sue esecuzioni) e non suona quasi mai un normale tempo in quattro, eterna fonte di ispirazione ritmica del jazz, ma piuttosto sottointende la pulsazione nelle continue fi- gurazioni che vi ricama sopra. Il suo non era un semplice adeguarsi agli approcci innovativi ispirati al free-jazz che i batteristi come Sonny Murray stavano sperimentando in quel periodo, ma piuttosto l'espressione più autentica e libera del modo di suonare la batteria che fosse mai sta- ta sviluppata fino a quel momento. Rispetto ai batte- risti che avevano già lavorato con Davis, Williams doveva sembrare un giovane purita- no senza interesse per le droghe e Figura 7: Miles Davis e Tony Williams

46 Miles Davis e Tony Williams ossessionato solo dalla musica. E soprattutto aveva l'età giusta per apprezzare i generi che ascoltavano i suoi coetanei, soul e rock' n' roll, liquidati come inferiori da molti della generazione di Davis. Ad essi si aggiunse anche un altro giovane musicista, il pianista Herbie Hancock da Chicago. Il pianista aveva già lavorato con di- versi gruppi hard-bop di New York, e si era guadagnato la fama di pianista giovane e brillante nella sua città natale, suonando Mozart con la Chicago Symphony all'età di undici anni e militando in vari gruppi jazz locali. Nel 1961 era entrato nell'orchestra di e aveva avuto l'opportunità di incidere un album per la Blue Note, “Takin' Off”, che conteneva uno dei suoi maggiori successi, “Watermelon Man”. Davis aveva sentito parlare di Herbie ed era andato ad ascoltarlo, senza però palesare il suo interesse. Ma un giorno di maggio del 1963 gli telefonò e lo invitò a casa sua, dove il gruppo, con Carter, Coleman e Williams, provò il repertorio per alcuni giorni. Anche Davis suonò qualcosa con gli altri, ma per la maggior parte del tempo restò in silenzio ad ascoltare. Soltanto alla fine rivelò la data della session, comunicando a tutti che facevano parte del suo nuovo gruppo. A questo punto il quintetto era completo. Con la nuova forma- zione Miles si avviava a trasformare il classico quintetto jazz in un campo di forze che sottopone lo “standard”, e dunque il chorus, a un'incessante metamorfosi. La sua sezione ritmica è, per insindacabile giudizio di tutta la critica, la migliore che Miles abbia mai avuto. Fin dalle prime apparizioni live Hancock, Carter e Williams lasciarono di stucco per l'inesauribile varietà di modi nel creare e allentare la tensione musicale, espandendo e contraendo gli spazi. Una tale azione reciproca tra i vari strumenti ritmici serviva anche a instaurare un dialogo continuo con i vari solisti. Per questi e molti altri motivi il quintetto di Miles Davis ha avuto un impatto profondo sullo sviluppo del jazz post-bop. Critici e musicisti valutano il quintetto

47 Capitolo 3 come il più straordinario punto di riferimento per l'improvvisazione del combo jazz moderno. Come dice Dave Liebman è stato “uno dei gruppi più influenti nella storia del jazz”. Questo gruppo di giovani musicisti mise in piedi una sorta di “laboratorio permanente” dove si sperimentavano tecniche nuove sia individualmente che collettivamente. E fu cosi' che essi svilupparono un approccio innovativo di altissima qualità in merito all'improvvisazione e l'interazione di gruppo. La sezione ritmica, iniziò ad affrontare l'idea di ritmo e metro in modo diverso da qualunque precedente formazione che avesse accompagnato Davis, innalzando l'interplay tra i musicisti ad un livello incredibile.

Figura 8: Miles Davis, Ron Carter e Tony Williams

48 My Funny Valentine

My Funny Valentine

Miles Davis ha sempre dichiarato che questa registrazione è stata una dei momenti più fulgidi del quintetto (“Raggiungemmo il massimo quella notte. Fu veramente incredibile il modo in cui tutti quanti suonarono; e voglio dire tutti quanti”). Si riferisce al concerto che si è svolto la notte del 12 febbraio del 1964 alla Philarmonic Hall di New York. Il disco oggetto dell'analisi è intitolato “My Funny Valentine”. E' un album dal vivo registrato insieme all'altro album live “Four & More”. I due album sono stati pubblicati di recente anche come doppio live con il titolo di "The Complete New York Concert 1964" mantenendo i rispettivi titoli delle loro uscite singole. Fu un concerto di beneficenza a favore dell'iscrizione dell'elettorato di colore negli stati della Louisiana e del Mississipi. Il repertorio è ancora basato sugli standards o su “originals” (brani originali), già incisi precedentemente da Miles (“So What”, “All Blues”, “Walkin”), ma eseguiti in maniera totalmente differente: alla rilassatezza e alla introspezione di dischi come “Kind Of Blue” o, in misura minore, di “Round About Midnight” si sostituiscono qui esecuzioni febbrili, concitate e prese quasi sempre a tempo più veloce (a volte molto più veloce) dell'originale. Come in tutti i grandi gruppi della storia del jazz, la coesione della sezione ritmica è il veicolo per portare la musica a livelli più alti, ed all'interno della ritmica è proprio Tony Williams l'elemento trainante. Nella sua autobiografia Miles dichiarò: “Tony sapeva accendere un grande fuoco sotto tutti i musicisti del gruppo…Mi faceva suo- nare così tanto che mi scordavo di tutti i dolori alle articolazioni che mi disturbavano…Stavo cominciando a realizzare che Tony e questo gruppo potevano suonare tutto quello che volevano…Tony era sempre il centro attorno al quale girava tutto il gruppo…Era veramente qualcosa di diverso…” ( da “MILES” L'autobiografia con Quincy Troupe).

49 Capitolo 3

Nel capitolo che segue analizzerò due brani del disco “My Funny Valentine”, evidenziando come Davis e il suo quintetto, trattasse le forme musicali, e di come i musicisti riuscivano e creare forme libere ed originali rispettando, allo stesso tempo, le strutture formali dei brani. Mi propongo, quindi, in questo capitolo quali mezzi furono utilizzati per realizzare stutture così libere e originali. I brani presenti nel disco, si possono suddividere in due catego- rie a seconda del modo in cui viene trattata la forma del brano: 1) la frammentazione della struttura in segmenti non corrispondenti alla suddivisione in sezioni di otto battute della canzone ( Stella by Starlight, My Funny Valentine, I Thought About You). Verrà di seguito analizzato il brano “Stella by Starlight”. 2) l'elaborazione della struttura tramite aggiunta di code e turnaround (All Blues e All Of You). Di “All Of You” si fornirà un'analisi. L'analisi fornita servirà a mettere in evidenza il ruolo di Tony Williams e il suo modo innovativo di affrontare lo standard.

50 Stella By Starlight

Stella By Starlight

La struttura di base di questo standard è quello della forma-canzone: A(8) B(8) C(8) D(8). Negli anni 50' Miles comincia ad elaborare delle tecniche utili a espandere la forma della canzone introducendo degli elementi di improvvisazione e casualità. Con queste tecniche Davis cerca di far uscire la musica dalla gabbia del chorus. Ma vediamo in dettaglio queste tecniche.

Segnali sonori

Sono frasi musicali, eseguite dai musicisti durante i loro soli, con le quali si segnala alla sezione ritmica di cambiare l'accompagnamento e dare così al brano un volto nuovo. Questi segnali consentono di adottare un atteggiamento molto libero nei confronti della struttura. Si distinguono due categorie di segnali sonori: segnali sonori di tipo A e segnali sonori di tipo B. Quelli di tipo A sono brevi frasi diatoniche, di semiminime o crome suonate per uno o due movimenti, che presentano un carattere molto swingante e con dinamiche forti. Sentita la “frase segnale” la sezione ritmica cambia accompagnamento. Nell'esempio che segue riporto 3 esempi di segnali sonori eseguiti da Miles durante il brano “Stella By Starlight”.

51 Capitolo 3

(a) a 1 minuto e 53 secondi dall'inizio del brano (b) a 3 minuti e 8 secondi dall'inizio del brano (c) a 3 minuti e 58 secondi dall'inizio del brano

Altra tipologia di segnale sonoro la ritroviamo in “Stella By Star- light” a 4 minuti e 28 secondi dall'inizio del brano. Questa volta è sottoforma di scala cromatica ascendente e segna il passaggio al tempo raddoppiato. A seguire la trascrizione del segnale sonoro in questione suonato da Davis.

Ascoltando il brano si nota come al segnale di Miles, Tony, cam- bi accompagnamento, raddoppiando il tempo per poi tornare a dimezzarlo. Notiamo come Williams, coinvolge la sezione ritmica, pren- dendosi la libertà di cambiare l'accompagnamento durante il primo chorus di solo di Miles. La tabella sottostante mostra la diversità di accompagnamento di Tony durante il primo chorus di solo di Davis ( da 2 minuti e 24 secondi dall'inizio del brano a 4 minuti e 37 secondi).

52 Stella By Starlight

Da questa tabella possiamo capire come Williams, e i suoi colleghi del quintetto, escano dagli schemi dell'accompagnamento, aprendo una nuova strada da percorrere per accompagnare un brano. Questo continuo mutare dei ritmi, delle dinamiche, così come i segnali sonori sopra evidenziati, mostrano la grande capacità di “interplay” tra i musicisti e il loro attento ascolto reciproco. La struttura del brano non viene mai eseguita con un unico approccio ritmico-armonico per un intero chorus, ma gli accompagnamenti (e di conseguenza i soli), sono in continuo divenire. Gli accompagnamenti sono in stile ballad, in “double time feel” (sia “in due” che “in quattro”), e c'è persino un breve accenno di ritmiche latine. Eppure, nonostante questo continuo cambio di situazioni musicali, non si ascolta una musica zoppicante e frammentata ma, al contrario, un brano fluido e un suono molto solido. Durante il solo di Davis, alla fine della sezione “B”, abbiamo uno degli esempi più elevati di “interplay” che questo album ci propone. Williams passa ad una scansione ritmica latina, Hancock accompagna in uno stile “ballad”, Carter suona una figura ritmica assimilabile ad un ostinato con qualche venatura latina, Miles accenna una frase distesa, e con un'intesa

53 Capitolo 3 quasi telepatica, i quattro si ritrovano in una situazione “ballad” all'inizio della sezione C. E l'atmosfera del brano cambia radical- mente. Passaggio straordinario se si ragiona su quello che disse Davis a proposito di quel concerto: “Non eravamo insieme da molto tempo e tutti noi facevamo altre cose”. Tutto questo avveniva perché come disse Hancock: “Noi tutti avevamo una fiducia totale nelle capacità musicali di ognuno di noi nel rispondere a qualunque cosa potesse accadere…potevi proporre qualcosa giusto perché sentivi che così andava fatto e potevi stare certo che qualcosa altro di valido ti sarebbe tornato indietro”.

Un'altra caratteristica di Williams, che possiamo ritrovare in questo brano, è l'attenzione che lui dà alla dinamica e al suono. Dopo il primo segnale sonoro di Miles, prima del solo di Davis, Tony accompagna usando le spazzole ( a 2 minuti dall'inizio del brano), per poi passare ad usare le bacchette al minuto 2.21, per lanciare il solo del trombettista. Il passaggio dalle spazzole alle bacchette richiede solo un attimo, e il brano cambia atmosfera. Il solo di Davis è preceduto da una testimonianza di interplay, che avviene nell'ultima battuta del tema suonato dal trombettista.

54 Stella By Starlight

Un altro aspetto originale di Williams, che ritroviamo in questo brano durante l'accompagnamento, è quella di smettere di suonare e prendersi delle pause, slegandosi dalla struttura di 32 misure. L'ascolto di “Stelle By Starlight” ci fa notare come il batterista non è vincolato dalle sezioni del brano. Ma è la sua sensibilità musicale a suggerirgli quando suonare e quando tacere; questo ci dimostra la straordinaria fantasia di cui era in possesso il giovane batterista; ovviamente questo approccio così aperto del batterista ha come conseguenza la frammentazione della forma del brano in parti diseguali. Si veda, a seguire, per rendersi conto, dove Williams suona e dove invece tace.

Presenza di Tony Williams in “Stella By Starlight”

(SI= Williams suona; NO= Williams tace) Intro pianoforte: NO Primo chorus A: NO B: NO C: NO D: NO (batt. 1-2) SI (batt. 3-8)

Secondo chorus A: SI B: SI (batt. 1-2) NO (batt. 3-4) SI (batt. 5-8) C: SI D: SI

55 Capitolo 3

Terzo chorus A: SI B: SI C: SI D: SI (batt. 1-6) NO (batt. 7-8)

Quarto chorus A: SI B: SI C: SI D: SI (batt. 1-4) NO (batt. 5-8)

Quinto chorus A: NO (batt. 1-4) SI (batt. 5-8) B: SI C: SI (batt.1-3) NO (batt. 4-8) D: NO

Sesto chorus A: NO B: SI C: NO D: NO

56 All Of You

All Of You

Il brano è uno standard di Cole Porter. E' una forma-canzone di 32 misure con struttura A(8), B(8), A1(8), C(8). L'atteggiamento del quintetto nell'esecuzione dello standard è assolutamente straordina- rio. Lo standard è sottoposto alle procedure di manipolazione della struttura usate in “Stella By Starlight”. In “All Of You” notiamo: segnali sonori, segmentazione dello standard in sezioni di tempi e accompagnamenti diversi, interplay di incredibile complessità; Williams accompagna con una varietà di ritmi straordinaria e a volta si ha la netta sensazione di ascoltare un altro brano. Analizzando il brano, si nota un'estensione irregolare della stesura dovuta all’utilizzo del turnaround usato in maniera libera da ciascuno dei musicisti. La prima cosa da dire è che il tema non viene mai suonato. Inizia Davis che suona la prima misura da solo, poi dalla seconda entra Carter con un pedale di dominante di Si bemolle (come nell’esempio di seguito trascritto) sostenuto con lo stesso ritmo da Hancock.

Il pedale dura per un'inconsueta lunghezza di 11 battute e inoltre, essendo costituito da un ostinato di due battute, nella sua ultima esposizione è troncato a metà. Dall battuta 13 Carter passa a un “walkin' “in due” con Hancock che suona accenti in levare. Alla battuta 17 Davis, da solo, esegue un segnale sonoro (frase di terzine con una nota lunga finale). Carter riprende il pedale in Si bemolle e Hancock suona lo stesso ritmo.

57 Capitolo 3

Il pedale dura sette battute e quindi anche qui viene troncato nella sua ultima esposizione. Dalla battuta 25 alla battuta 31, mentre Davis suona Carter esegue un walkin' “in due”, Hancock accompagna in maniera molto rarefatta e da qui entra in gioco anche Williams con le spazzole, suonando sul rullante un accompagnamento “in due”, senza mantenere lo hi-hat sul secondo e quarto movimento ma usandolo come arma in più per fraseggiare. Alla misura 32 Davis suona una nota lunga, segnale sonoro per il gruppo; infatti Carter e Hancock richiamano brevemente il pedale di Si bemolle. Lo stesso pedale si ritrova nel secondo chorus di Miles quando alle battute 16 e 17 Davis suona la frase in terzine con nota lunga finale (segnale sonoro). Un altro arrangiamento affiora tra i due chorus di Coleman du- rante i quali la ritmica scandisce due obbligati nelle ultime quattro battute della sezione B che ricompariranno anche nei due chorus del solo di Hancock. Di seguito le trascrizioni dei disegni ritmici degli obbligati.

58 All Of You

L'obbligato (a) lo troviamo nel primo chorus di Coleman, ( a 5 minuti e 9 secondi dall'inizio del brano) e nel primo chorus di Hancock ( a 8 minuti e 23 secondi dall'inizio del brano). L'obbligato (b) lo possiamo ascoltare nel secondo chorus di Co- leman ( a 6 minuti e 3 secondi dall'inizio del brano) e nel secondo chorus di Hancock ( a 9 minuti e 20 secondi dall'inizio del brano), in questo caso scandito dal contrabbasso di Carter. Questo e molto altro ci dimostra la straordinaria disinvoltura con la quale i musicisti interpretano lo standard; essi mantengono la struttura della canzone che viene però profondamente modificata da complessi arrangiamenti e obbligati. Di seguito è presentata la trascrizione dell'accompagnamento di Williams al primo chorus del solo di piano ( a 8 minuti e 10 secondi dall'inizio del brano).

59 Capitolo 3

60 All Of You

È proprio con questa trascrizione che voglio mettere in evidenza come durante i soli, la ritmica non si limitava solo ad accompa- gnare suonando “in quattro” come di solito avviene, ma eseguiva dei piccoli arrangiamenti. Nelle prime 8 battute c'è una figurazione di basso suonata anche da Tony alle battute 1, 3, 5 e 7 ( come nella trascrizione di segui- to) e da lui riempita a sedicesimi o ad ottavi regolari in luogo dei consueti ottavi terzinati o “swing” alle battute 4 e 6.

Nella sezione A(1), da battuta 17 a battuta 24, la figurazione di Ron Carter è la medesima ma la batteria questa volta non suona “assieme” al contrabbasso ma “contro” ( vedi trascrizione che segue).

Elemento molto importante da notare , sia nella sezione B che nella C , dopo gli stacchi insieme al contrabbasso, riprende l'accompagnamento direttamente dal secondo quarto della prima battuta, dando un senso di spostamento temporale.

61 Capitolo 3

Durante il solo di Hancock si ascolta la vasta enciclopedia di ritmi suonati da Williams, che arriva a suonare anche ritmi rock con scansione del piatto in crome, spostando l'accento sul primo quarto della battuta. A rendere “All Of You” un brano straordinario, oltre alle tecni- che già citate, concorre un altro fattore: il turnaround. Il quintetto modifica la struttura finale della sequenza armonica del brano sostituendo l'accordo di tonica nelle ultime due battute della se- zione C con un turnaround di quattro accordi nella ultime quattro battute della struttura base (vedi esempio riportato di seguito) e l'improvvisazione proseguirà nel turnaround alla fine di ogni secondo chorus.

Sostituzione dell'accordo di tonica (a) con un II-V (b)

(a) 1. Fmin7 2. Bb7 3. EbMaj7 4. EbMaj7 (b) 1. Fmin7 2. Bb7 3. Gmin7 4. C7

L'improvvisatore, per comunicare agli altri musicisti la sua uscita dalla progressione e l'ingresso nel turnaround, utilizza la tecnica già vista del segnale sonoro. Il turnaround dura un numero di battute non predeterminato (a totale discrezione del solista) e poi l'improvvisatore utilizza un altro segnale sonoro per avvisare la sua volontà di uscire dalla progressione e la fine dell'assolo.

62 All Of You

Il primo segnale sonoro è una frase molto dolce, il secondo segnale è una parafrasi della melodia delle ultime battute del tema di Porter; di esso rimane il disegno ritmico, come si evince dalla trascrizione che segue.

Questa tecnica (la frase segnale) è il frutto di una ricerca su una particolare tecnica di arrangiamento. Quella che potrebbe sembrare una situazione musicale libera e non programmata è invece il frutto di un rigoroso disegno formale (arrangiamenti, obbligati, segnali sonori). In “All Of You” i turnarounds prendono il sopravvento visto che la loro durata costituisce la gran parte dell'intera esecuzione. Inoltre il turnaround è la situazione ideale per i solisti e consente loro di esprimersi al meglio (in particolare Davis e Hancock) e di conseguenza il turnaround diventa il nucleo centrale del brano. Come possiamo notare, negli anni 60' il turnaround non è più un dispositivo per decorare una forma musicale, ma è diventata una forma musicale in sé, che mi porta a capire come la disintegrazione dello standard sia completata.

63 Conclusioni

Per tutta la sua vita Tony Williams ha lottato con la percezione del pubblico secondo la quale, i batteristi sono in qualche modo meno musicali rispetto ad altri musicisti, e questo lo faceva arrab- biare; in un'intervista dichiarò: “ I tamburi sono percepiti come rumori…la gente non pensa che i tamburi possono parlare, cantare e sussurrare.” La caratteristica che mi ha affascinato di più del suo drumming, oltre alla tecnica, a come suonava quel “K” Zildjan, ai suoi fra- seggi mai scontati e sempre sorprendenti, è stata proprio la sua musicalità. Aveva la capacità si far cantare la batteria, di gestire le dinamiche in modo esemplare. Tramite l'analisi dei suoi aspetti il mio intento è stato quello di mettere in evidenza il fondamentale apporto che ha dato e darà al mondo della batteria, al mondo della musica jazz. Osservando il suo contesto storico, egli è figlio sicuramente degli ideali musicali portati avanti negli anni 60', pur mantenendo i forti tratti che lo legano alla tradizione dei grandi maestri della musica antecedente. E se già oggi e da diversi anni è considerato un riferimento inamovibile in campo batteristico e musicale, certa- mente continuerà ad esserlo anche in futuro. Viene da sé a questo proposito l'interrogativo su quale possa essere l'avanguardia della musica in futuro, restando certi che qualunque essa sarà, la si dovrà

64 Conclusioni a chi oggi non resta chiuso o ancorato in una gabbia culturale. Secondo il mio punto di vista l'intento di Tony è stato quello di valorizzare ciò che spesso in musica si trascura, con la speranza che questo concetto sia portato avanti e reso sempre più presente grazie a personaggi come lui: prima che strumentisti si è musicisti,

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Discografia completa in ordine alfabetico

• Allen Geri, Twenty One, 1994, Blue Note • Arcana, The Last Wave, 1995, DIW • Arcana, Arc of the Testimony, 1997, Axiom • Baker Chet, You can't go Home again, 1988, Universal • Baker Chet and Lackershmid Wolgang, feat Larry Coryell, Buster Williams, Tony Williams, 1979, Inak • Bruce Jack, A Question of Time, 1989, Epic • Brunel Bunny, Ivanhoe, 1989, Planet Blue Records • Burning Spear, Appointment with His Majesty, 1996, Heartbe at Records • Cables George, Phantom of the City, 1984, Contemporary • Carter Ron, , 1977, Milestone Records • Carter Ron, Parade, 1979, Original jazz Classics • Carter Ron, Etudes, 1982, Elektra Musician • Carter Ron, Standard Bearer, 1988 OJC • Cherry Don, Hear and Now, 1976, Wounded Bird Records • Clarke Stanley, Stanley Clarke, 1974, Epic • Cliff Jimmy, Breakout, 1992, JRS Records • Coryell Larry, Difference, 1978, Egg • Davis Miles, Live at the 1963 Monterey Jazz Festival,1963, MJF Records • Davis Miles, Miles In Antibes, 1963, Sony BMG Music Entertainment

67 Tony Williams

• Davis Miles, Seven Steps To Heaven, 1963, Sony BMG Music Entertainment • Davis Miles, Miles In Berlin, 1964, Sony Music Japan International • Davis Miles, Miles In Tokyo, 1964, Sony Records • Davis Miles, The Complete Concert: 1964, 1964, Sony Music Entertainment • Davis Miles, E.S.P., 1965, Sony Music Stereo • Davis Miles, Cookin' At The Plugged Nickel, 1965, SME Records • Davis Miles, Highlights From The Plugged Nickel, 1965, Columbia • Davis Miles, The Complete Plugged Nickel, 1965, Columbia/ Legacy • Davis Miles, Miles Smiles, 1966, Columbia/Legacy • Davis Miles, Directions, 1967, Columbia/Legacy • Davis Miles, Nefertiti, 1967, Sony Records • Davis Miles, Sorcerer, 1967, Sony Records • Davis Miles, The Complete Columbia Studio Recordings 1965- 68, 1965-68, Sony Music Entertainmen • Davis Miles, Water Babies, 1967-68, Sony Music Japan Internationale Inc. • Davis Miles, Circle in The Round, 1968, Columbia • Davis Miles, Filles De Kilimanjaro, 1968, Columbia/Legacy • Davis Miles, , 1968, Sony Music Japan International Inc. • Davis Miles, In A Silent Way, 1969, Columbia/Legacy • Davis Miles and Gil Evans, The Complete Columbia Studio Recordings (Disc.4), 1963 & 1968, Columbia/Legacy • Davis Walter, Illumination, 1989, Denon • Dolphy Eric, Out To Lunch, 1964, Blue Note Records: RVG Edition

68 Discografia completa • Dorham Kenny, Una Mas, 1963, Blue Note Records: RVG Edi- tion • Dudek Les, Say No More, 1977, Columbia • Eastman Madeline, Art Attack, 1995, Mad Kat • Evans Bill with George Russell Orchestra, Living Time, 1972, Columbia • Evans Gil, There Comes A Time, 1975, RCA • Farmer Art, Maiden Voyage, 1983, Denon • Flanagan Tommy, The Trio, 1983, Gambit Records • Fuse One, Fuse One, 1980, CTI Records • Galper Hal, Now Hear This, 1977, Enja Records • Getz Stan, At Montreux, 1972, Polydor • Getz Stan, Captain Marvel, 1972, Columbia/ Legacy • Getz Stan, Portrait, 1972, Lotus • Gordon Dexter, The Other Side Of Round Midnight, 1985, Blue Note • Great Jazz Trio, Love For Sale, 1976, Test of Time/441 Re- cords • Great Jazz Trio, At The Village Vnguard, 1977, Test of Time Records • Great Jazz Trio, Direct From L.A., 1977, Test of Time/441 Records • Great Jazz Trio, Kindness, Joy, Love and Happiness, 1977, East Wind • Great Jazz Trio, At The Village Vnguard Vol. 2, 1977, Test of Time Records • Great Jazz Trio, At The Village Vnguard Again, 1977, Test of Time Records • Great Jazz Trio, Milestones, 1978, Test of Time/ 441 Records • Great Jazz Trio, The Great Tokyo Meeting, 1978, Test of Time/ 441 Records • Great Jazz Trio with Jackie McLean, New Wine in Old Bottles, 1978, Test of Time/ 441 Records

69 Tony Williams

• Great Jazz Trio with Sadao Watanabe, I’m Old Fashioned, 1976, JVC • Hancock Herbie, My Point Of View, 1963, Blue Note Records: RGV Edition • Hancock Herbie, Empyrean Isles, 1964, Blue Note Records: RGV Edition • Hancock Herbie, Maiden Voyage, 1965, Blue Note Records: RGV Edition • Hancock Herbie, Trio, 1977, Sony Music Records • Hancock Herbie, Sunlight, 1978, Sony Music Entertainment • Hancock Herbie, Mr. Hands, 1980, Columbia • Hancock Herbie, Quartet, 1981, Columbia • Hancock Herbie, Trio ’81, 1981, Sony Records • Hancock Herbie, A Jazz Collection, 1991, Columbia/Legacy • Hancock Herbie with Wayne Shorter, Ron Carter, Wallace Roney and Tony Williams, A Tribute to Miles, 1992, Qwest Records • Hellborg Jonas, The Word, 1991, Axiom • Henderson Joe, Relaxin' at Camarillo, 1979, Contemporary • Hill Andrew, Point Of Departure, 1964, Blue Note Records: RGV Edition • Hino Terumasa, May Dance, 1977, JVC • Holdsworth Allan, Atavachron, 1986, Cream Records • Honda Takehiro, Another Departure, 1977, JVC • Honda Takehiro, Reaching For Heaven, 1977, JVC • Jordan Sheila, Confirmation, 1975, Test of Time/ 441 Records • Karashima Fumio, In San Francisco, 1993, Polydor • Khaled, Sahra, 1996, Barclay • Lloyd Charles, Of Course, Of Course, 1964 e 1965, Mosaic • Lockwood Didier, New World, 1979, MPS • Mantler Michael, Movies, 1978, Watt 7/10 • Manzarek Ray, The Golden Scarab, 1974, Mercury Marsalis Branford, Renaissance, 1987, Columbia

70 Discografia completa

Marsalis Wynton, Wynton Marsalis, 1981, CBS McLaughlin John, Electric Guitarist, 1978, Columbia/Legacy • McLaughlin John; with Jaco Pastorius and Tony Williams, Trio of Doom, 1979, Columbia/ Legacy • McLean Jackie, One Step Beyond, 1963, Blue Note Stereo • McLean Jackie, Vertigo, 1963, Blue Note • Miller Marcus, The Sun Don’t Lie, 1993, JVC • Miller Mulgrew, The Countdown, 1988, Landmark • Mitchell Joni, Mingus, 1979, Asylum • Moncur III Grachan, Evolution, 1963, Blue Note • Moncur III Grachan, Some Other Stuff, 1964, Blue Note: Connoisseur CD Series • New Tony Williams Lifetime, Believe it, 1975, Columbia • New Tony Williams Lifetime, Million Dollar Legs, 1976, Sony Records • Ono Yoko, Starpeace, 1986, Rycodisc • Petrucciani Michel, Marvellous, 1994, Dreyfus Jazz • Pop Workshop, Song of The Pterodactyl, 1974, Grammofon- verket • Pride of Lions, Pride of Lions, 1991, Sony Masterworks • Public Image Limited, Compact Disc/ Album/ Cassette, 1986, Elektra • Pullen Don, New Beginnins, 1988, Blue Note • Reeves Diane, Diane Reeves, 1897, Blue Note • Rivers Sam, Fuchsia Swing Song, 1965, Blue Note • Rollins Sonny, Easy Living, 1977, Milestone Records • Rollins Sonny, Don’t Stop The Carnival, 1978, Milestone Re- cords • Rollins Sonny, No Problem, 1980, Milestone Records • Roney Wallace, Verses, 1987, Muse Records • Sakamoto Ryuichi, Neo Geo, 1990, Epic (USA) • Santana Carlos, Swing of Delight, 1980, Sony • Santana Carlos, Blues For Salvador, 1987, CBS

71 Tony Williams

• Santana Carlos, In From The Storm, 1995, BMG • Shook Travis, Travis Shook, 1993, Columbia • Shorter Wayne, The Soothsayer, 1965, Blue Note • Sidran Ben, Puttin’In Time On Earth, 1973, Blue Thumb Re- cords • Sidran Ben, That's Life I Guess, 1977, Blue Bird • Sidran Ben, The Doctor Is In, 1977, BMG • Stitt Sonny, Moonlight In Vermont, 1977, Denon • Tony Williams Lifetime, Emergency! (Compilation), 1969, Verve • Tony Williams Lifetime, Turn It Over, 1969, Polydor • Tony Williams Lifetime, Ego, 1971, Verve • Tony Williams Lifetime, The Old Bum's Rush, 1973, Polydor • Tony Williams Lifetime, Young At Heart, 1996, Sony Records • Tyner McCoy, Supertrios, 1977, Milestone Records • Tyner McCoy, Counterpoints: live In Tokyo, 1978, Milestone Records • Tyner McCoy, Passion Dance, 1978, Milestone Records • Tyner McCoy, Moment's Notice, Milestone Records • V.S.O.P., The Quintet, 1977, Columbia • V.S.O.P., Tempest In The Colosseum, 1977, Sony Music Japan International Inc. • V.S.O.P., Live Under The Sun, 1979, Columbia/ Legacy • Various, Conrad Silver Presents Jazz At The Opera House, 1982, CBS • Various, One Night with Blue Note Preserved Vol.1, 1985, Blue Note/ Capitol • Various,Round Midnight (Soundtrack),1986,Columbia/ Legacy • Weather Report, Mr. Gone, 1978, Arc/ Columbia/ Legacy • Williams Tony, Life Time, 1964, Blue Note Records: RVG Edi- tion • Williams Tony, Spring, 1965, Blue Note

72 Discografia completa

• Williams Tony, The Joy of Flying, 1979, Sony Music Special Products • Williams Tony, Play or Die, 1980, P.S. Productions • Williams Tony, Foreign Intrigue, 1985, Blue Note • Williams Tony, Civilization, 1986, Blue Note • Williams Tony, Angel Street, 1988, Blue Note • Williams Tony, New York Live (DVD), 1989, Jazz Door • Williams Tony, Native Heart, 1989, Blue Note • Williams Tony, The Story of Neptune, 1991, Blue Note

73 Bibliografia / Sitografia / Legenda

Libri

• Stefano Zenni , Storia del jazz. Una prospettiva globale, Nuovi Equilibri 2012 • Richard Cook, Miles live e in studio. Quattordici album fondamentali, Il Saggiatore 2008 • Alyn Shipton, Nuova storia del jazz, Einaudi 2011

Articoli

• Bill Milkowski, Tributo a Tony Williams, DRUM Club dicembre ’97 • Vincenzo Martorella,Tony Williams, PERCUSSIONI maggio ’97 • Marco Volpe, Jazzando con Tony Williams,PERCUSSIONI dicembre ’95 • Marco Volpe, Jazzando con Tony Williams,PERCUSSIONI febbraio ’96 • Marco Volpe, Jazzando con Tony Williams, PERCUSSIONI marzo ’96 • Giuseppe Segala, C’era un Maestro ragazzino, MUSICA JAZZ aprile '97

74 Bibliografia / Sitografia / Legenda

• Andrea Centazzo, I Maestri della Batteria, MUSICA JAZZ luglio '83

Sitografia

• Tony Williams: Memories of A Genius Drum www.drummagazine.com • Hot Licks: Genius Of Tony Williams www.drummagazine.com • Tony Williams www.jazz.com • Tony Williams: Still The Rhythm Magician www.downbeat. com

75 Audioteca Provinciale Giugno 2015