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CUNEO. Da serbatoio di manodopera per l’estero a proƴinÏia aÿƚente

Prime emigrazioni nel Sud-Est della Francia. A piedi, su sentieri e mulattiere alpine.

Cuneo è oggi capoluogo della provincia piemontese con il più alto valore aggiunto pro capite, seppure ovviamente in calo negli ultimi anni di crisi generale. Il Cuneese ha avuto, nel secolo scorso, un andamento economico opposto rispetto a quello del resto del Piemonte. Più povero e meno industrializzato fra fine Ottocento e la Seconda guerra mondiale, nel tardo Novecento il Cuneese ha saputo intraprendere un cammino economico innovativo puntando su produzioni di alta qualità, a co- minciare dal settore agro-alimentare. Le sue valli non deturpate da colate di cemento, impianti sciistici e dal turismo di massa, recentemente sono state scoperte da tedeschi e francesi affascinati dalla loro intatta bellezza e disposti a trascorrervi le vacanze o anche a trasferirsi nel rispetto dell’ambiente. Tra il tardo Ottocento e la Prima guerra mondiale nel Cuneese il fenomeno mi- gratorio fu imponente e coinvolse gran parte della popolazione alpina. Iniziò come movimento stagionale, per poi diventare permanente tra le due guerre, concludendosi negli anni immediatamente successivi alla seconda, con lo spopolamento totale delle alte valli. L’emigrazione temporanea dalle Valli Cuneesi ha radici molto antiche e, per quan- to riguarda la prevalente direzione verso il sud est francese, si collega alla pastorizia errante e ai mestieri girovaghi: i colportueurs, i venditori ambulanti, i mendicanti che facevano ballare la marmotta nelle piazze delle fiere. Gli abitanti di alcuni comu- ni montani realizzarono nel corso dell’Ottocento e mantennero a lungo singolari specializzazioni nel commercio ambulante: così i cavié di Elva (alta Valle Maira)1 percorrevano, a piedi, tutto il Nord Italia, dal Piemonte al Veneto, per comprare capelli femminili, li portavano ad Elva dove le donne li pulivano e selezionavano per lunghezza e colore; quindi gli uomini si recavano a Parigi, dove li vendevano ai fabbricanti di parrucche. Gli anciué provenienti da diversi comuni della Valle Maira, si spartivano le regioni del Nord Italia dove andavano a vendere acciughe sotto sale.

di Renata Allio, Università di Torino. 1 Maira in piemontese significa magra, povera di risorse. PASSAPORTO

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Da altri comuni si scendeva nella pianura piemontese o in Francia a vendere botti, tele, maglie di lana. Prima ancora, dal tardo medioevo, a segnare i sentieri della montagna tra il Cu- neese e la Francia erano stati eretici in fuga dalle persecuzioni, ma anche mercanti e artisti, come il pittore fiammingo Hans Clemer, meglio noto come “Maestro d’Elva”, per i suoi meravigliosi affreschi che decorano la chiesa del paese.

Complementarietº demograĀca ed economica dei due versanti delle Alpi Occidentali

Nel corso dell’Ottocento il Cuneese e il Sud-Est della Francia maturarono una forma di integrazione demografica ed economica, che si fece via via più stretta e che rese l’e- migrazione cuneese in quelle zone un fenomeno “naturale”, giungendo ad interessare la maggior parte delle famiglie delle valli. Nel versante cuneese delle Alpi e Prealpi la popolazione agricola crebbe in modo tale da essere sovrabbondante2 rispetto ai mezzi di sostentamento che poteva offrire un’economia agropastorale fortemente condizio- nata da fattori climatici e dall’altitudine. Sul crinale opposto le braccia risultavano invece scarse, sia per un diverso andamento demografico, che registrava un ben più basso tasso di natalità, sia per l’abbandono precoce della campagna da parte dei con- tadini francesi, non appena si presentavano occasioni di lavoro urbano. Anche l’annata agricola risultava complementare sui due versanti: sulle montagne del cuneese il lavoro si fermava nel periodo delle nevi (da novembre a marzo) in quei mesi nella Francia del Sud si procedeva al raccolto delle olive, a lavori di scasso e preparazione dei terreni, alla raccolta dei fiori e delle primizie. Non solo, ma il turismo marino di fine secolo era prevalentemente invernale. I grandi alberghi della Côte d’Azur e le dimore signorili richiamavano numerosa manodopera. Gli uomini della montagna cuneese, che scendevano tra Nizza, Tolone e Marsiglia, si occupavano prevalentemente nell’agricoltura, nei cantieri, nei lavori di sistemazio- ne stradale: erano braccianti, terrazzieri, spaccapietre, portuali, facchini. Le ragazze e le donne partivano spesso con sorelle o amiche e andavano a fare le domestiche in case private, le cameriere d’albergo, le balie, oppure raccoglievano olive o fiori per le profumerie di Grasse. Caratteristica di questa emigrazione frontaliera era, infatti, l’elevata componente femminile, in alcuni casi addirittura lievemente superiore a quella maschile3. Le ragazze viaggiavano spesso a piedi, per risparmiare il costo del treno, e partivano in gruppo per evitare incontri spiacevoli. Non di rado allungavano

2 Raul Blanchard ha osservato: «Cet encombrement d’hommes a été plus néfast à leur économie rurale que le furent les conditions débonnaires du relief et du climat». Si veda: Les Alpes Occidentales, t. VIII, vol. 1: Le versant Piémontais, Arthaud, Grenoble-Paris, 1952, p. 410. 3 Secondo i censimenti del 1906 e del 1911 a Grasse risiedevano più donne che uomini nati in provincia di Cuneo. Renata Allio, Da Grasse. Contributo per una storia dell’emigrazione cuneese nel Sud-Est della Francia, Bonacci, Roma, 1984. PASSAPORTO

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il percorso per aggirare il posto di frontiera ed entravano clandestinamente per non pagare i quattro soldi del “passaporto”. A Marsiglia i piemontesi erano occupati nei lavori portuali, negli oleifici e nei saponifici4, numerose presenze si riscontrano anche in zone più lontane: alla St. Gobain, nelle cartiere di Vitry, a Lione, ma soprattutto a Parigi dove i cuneesi si addensavano in determinate vie o quartieri. I più fortunati, quelli che riuscivano a racimolare un po’ di risparmio, aprivano un negozio o una pensioncina per italiani. Emigravano anche giovani pastori, poco più che bambini, maschi ma anche femmine. Dalle montagne del Cuneese, andavano in parte a piedi e in parte in carro (cartun), a Barcelonnette (Alpes-de-HauteProvence), dove venivano ingaggiati, “affittati”, per una stagione o anche per qualche anno5. Tra le testimonianze raccolte da Nuto Revelli ne L’anello forte, c’è quella di una donna di (valle Stura inferiore), che ricorda il suo viaggio di ritorno da Vallauris a Rittana, compiuto a nove anni: tre giorni di cammino a piedi e aggiunge: «due volte sono andata anche ad affittarmi a Barcellona [Barcelonnette] …. al mattino presto raggiungevamo la piazza di Barcellona che ar- rivavano i padroni ad affittarci. Oh, ce n’eravamo in piazza, della valle Stura e tanti della val Maira, magari cento, la piazza era piena di bambini»6. L’emigrazione seguiva correnti precise, i primi migranti, se avevano successo, chiamavano parenti e amici e comunque chi partiva, nei limiti del possibile, cercava di dirigersi nei luoghi in cui si erano stabiliti dei compaesani, per ragioni di solidarie- tà, per vincere lo spaesamento e la malinconia. Si costruivano così nei luoghi di arrivo comunità di emigrati provenienti dallo stesso comune. È il caso di St. Denis (Parigi), dove, all’inizio del Novecento, una via era comunemente conosciuta come “rue Mo- rinesiò” perché abitata, in larga maggioranza, da immigrati provenienti dalla frazione Morinesio di (Val Maira). Il fenomeno assunse dimensioni macroscopiche negli ultimi decenni dell’Ottocento e fino alla Prima guerra mondiale. Secondo dati ufficiali – molto inferiori alla realtà, poiché non tengono conto della maggioranza dei migranti che passava la frontiera senza documenti – tra il 1876 e il 1901 gli espatri dalla provincia di Cuneo sarebbero stati 46,61 per 1000 abitanti7. È il rapporto più elevato fra quelli delle province piemontesi e uno dei più elevati in Italia. Fino alla Prima guerra mondiale l’emigrazione temporanea servì a stabilizzare la famiglia sul territorio, consentendo un’integrazione al reddito famigliare di per sé insufficiente e, nei casi più fortunati, a comprare nuova terra. I migranti cuneesi non erano infatti braccianti, ma piccoli e piccolissimi proprietari di terre di montagna, che

4 Secondo il censimento del 1881, Marsiglia era la città più “italiana” non solo della Francia, ma di tutta Europa. 5 Renata Allio, Ma di paese sono di Carallio, Edizioni dell’Orso, Alessandria, 1986, p. 188. Si veda la struggente lettera di Francesco Campagno al fratello. Francesco aveva allora 16 anni e un passato di abbandono. Nello scritto dice di fare il pastore, di essere stato “fitato” cioè affittato a dieci lire al mese. La lettera è spedita da Barrême, nelle Alpes-de-Haute- Provence. 6 Nuto Revelli, L’anello forte, Einaudi, Torino, 1986, pp. 117-119. 7 Commissariato Generale dell’Emigrazione, Annuario Statistico dell’emigrazione italiana dal 1876 al 1925, Editrice del Commissariato Generale dell’Emigrazione, Roma. 1926. PASSAPORTO

PASSAPORTO CYRIS. DE WIVFEXSMS HM QERSHSTIVE TIV P’IWXIVS E TVSZMRGME EǾYIRXI 209 all’estero accettavano qualunque lavoro e risparmiavano in modo forsennato. L’obiet- tivo era quello di arrotondare la proprietà terriera, acquistando piccoli appezzamenti di terra, possibilmente contigui, agognati già dai padri e dai nonni. Terra montana povera pagata a prezzi d’affezione, lontani dal valore reale. I cuneesi delle montagne erano noti in Francia come rudi lavoratori, che accetta- vano di svolgere, anche i mestieri più umili e faticosi e si adattavano a vere e proprie privazioni pur di risparmiare. La loro incondizionata adattabilità al lavoro sollevava il rancore della mano d’opera locale, maggiormente sindacalizzata. La loro parsimonia li portava a condurre una vita grama e stentata, a rinunciare anche a quei minimi riguardi verso se stessi, che l’opinione comune francese connetteva al decoro, se non alla dignità stessa della persona. Da qui il dileggio e il disprezzo dei lavoratori france- si, i quali, nella zona di Marsiglia, chiamavano i piemontesi “babi”, termine che, sia in provenzale locale, sia in piemontese, significa rospi. Eppure, una caratteristica di questi rospi era il tasso relativamente basso di analfa- betismo, più basso di quello registrato in pianura. Chi andava all’estero doveva poter comunicare per scritto con la famiglia, doveva sapere far di conto e conoscere i tassi di cambio fra lira e franco per controllare la paga che riceveva e i conti che pagava. Nonostante la distanza che separava molte borgate montane dalla scuola, nonostante il dislivello da superare su mulattiere sommerse dalla neve per molti mesi l’anno, la frequenza nei corsi elementari era più alta in montagna che in pianura. E se la scuola non c’era i capifamiglia si quotavano per pagare una persona in grado di insegnare ai bambini a leggere, scrivere e far di conto. Per chi andava nella Francia del Sud-Est il problema della lingua invece non sussisteva perché di qua e di là delle Alpi il linguag- gio quotidiano era la lingua d’Oc, sia pure con varianti e corruzioni diverse.

Xa depressione economica di Āne Ottocento e l’avvio dell’emigrazione transoceanica

Negli anni della crisi agraria, a cominciare dal 1887/1888 si verificò un mutamento graduale nelle direzioni prevalenti dell’emigrazione cuneese. Le relazioni politiche ed economiche fra Francia e Italia si fecero molto tese negli anni Ottanta. Svariati episodi segnarono l’acuirsi delle tensioni: nel 1881 la conquista della Tunisia da parte della Francia urtò la diplomazia romana che riteneva quella terra possibile oggetto di colonizzazione italiana, l’adesione dell’Italia alla Triplice Alleanza, la politica vi- sceralmente antifrancese di Crispi, la guerra doganale fra i due paesi, il crescere in Francia dell’italofobia, culminata con l’eccidio di Aigues Mortes del 1893. Gli urti e le tensioni della grande politica, si ripercossero, come sempre, sul destino degli umili8.

8 L’archivio storico del comune di conserva un faldone di lettere inviate al sindaco da cittadini emigrati tra Ottocento e primo Novecento. Nel 1893 dalla Francia del sud partirono molte richieste delle “fedi di nascita” (atti di nascita) o altri documenti di identità che venivano richiesti agli italiani dopo i fatti di Aigues-Mortes. Nessuno dei richiedenti sa spiegarsi cosa sia successo, una donna dice che c’è stata «una rivulusione i francesi contro li tagliani». In una commovente lettera una donna che ritiene di avere PASSAPORTO

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Alle tensioni che si andavano creando in Francia fra i lavoratori locali e gli immigrati che accettavano salari più bassi, si aggiunsero in Italia i danni della guerra doganale che ridusse drasticamente l’importazione francese di filati di seta di alta qualità pie- montesi. Questi erano il prodotto di allevamenti di bachi realizzati nelle economie famigliari contadine della pianura e della collina piemontese e in modo del tutto particolare in quella cuneese, da cui provenivano i bozzoli più apprezzati sul mercato internazionale. Nello stesso periodo, le zone collinari coltivate a vite furono colpite dalla fillossera. L’insieme di tutti questi fattori negativi indusse non pochi cuneesi ad orientarsi verso l’emigrazione transoceanica, potenzialmente definitiva. In genere par- tiva un giovane verso l’America Latina, o meglio verso la “Merica”, come si diceva al- lora in tutta l’Italia settentrionale. La Merica dei cuneesi era quasi sempre l’Argentina9, e se lì trovavano le condizioni adatte, chiamavano la famiglia. Questi trasferimenti, già presenti prima della guerra del 1915-18, divennero importanti tra i due conflitti e vi fu ancora un’ondata di partenze subito dopo la Seconda guerra mondiale, prima del delinearsi in Italia del “miracolo economico”. Il flusso fu grande non solo dal Cuneese, ma anche dalle altre province del Piemonte. Gli emigranti andavano a fare i contadini e quasi sempre riuscirono a comperare la terra e a insediarsi nella nuova proprietà. Anche qui qualcuno aprì un negozio, soprattutto di prodotti alimentari per italiani. I nuovi arrivati riprodussero nei luoghi di immigrazione le forme associative, solidaristiche e mutualistiche tipiche del Piemonte: società di mutuo soccorso, coope- rative di consumo, panetterie sociali, crearono circoli dove ritrovarsi, giocare a carte e bocce, ballare, festeggiare la ricorrenza del santo patrono del paese d’origine. Tracce molto evidenti di questa emigrazione e delle sue caratteristiche sono presenti ancora oggi in diverse aree argentine e, in particolare, nelle province di Córdoba, Buenos Aires e Mendoza. A San Francisco de Córdoba esiste una comunità piemontese con buon numero di cuneesi che mantiene fortissimi legami con la patria cita (la patria piccola), in Piemonte. La comunità parla ancora oggi comunemente piemontese. San Francisco de Córdoba fu fondata nei tardi anni Ottanta dell’Ottocento per funzio- nare da stazione intermedia sulla tratta della costruenda ferrovia Córdoba-Santa Fé. La costruzione materiale della città fu realizzata da immigrati, che provenivano per la maggior parte dal Piemonte. Per questo la città ospita il monumento nazionale al migrante piemontese.

55 o 56 anni scrive: «mi trovo qui a cannes al servissio con una brava signiora che e molto gentila per mè ma solamente Desirà di vedere le mie fede di nassita perche che lei è franciese e io sono piamontesa». Le citazioni sono tratte dal volume di Renata Allio, Ma di […], op. cit. pp. 67-70. 9 Un numero minore si recava in Uruguay, dove prevaleva l’immigrazione dalle Valli Valdesi del Pie- monte. Qui infatti alcuni pastori della chiesa locale coordinarono le partenze da singoli comuni, affian- cando ai nuclei famigliari di emigranti, un maestro, un medico e un pastore. In tal modo si manteneva sia l’unità degli affetti e delle amicizie, sia un forte legame con la patria alpina. Gli emigranti erano contadini e in Uruguay misero a cultura nuove terre. Il più grande insediamento è quello che ha dato origine alla città Colonia Valdense. PASSAPORTO

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La stabilizzazione e l’integrazione in Argentina e Francia

In Argentina per la lontananza degli insediamenti, per le difficoltà ad incontrarsi anche tra espatriati dallo stesso comune, per testimoniare il mantenimento della fede dei padri e ricordare i santi di casa, per ringraziare Dio del successo ottenuto, singole famiglie o piccole comunità costruivano spesso una cappelletta e di solito la dedica- vano al santo patrono del paese d’origine. Nella ricorrenza del santo venivano, anche da lontano, compaesani a cavallo, con l’abito della festa. Era un modo per rinsaldare amicizie, parlare in dialetto, mitigare la nostalgia. La storia di queste chiesette, che ancora esistono, è raccontata in un saggio di Anna Ferrari10. Una, in particolare, è intestata a San Chiaffredo de nella Colonia Iturraspe Enste. Fondata nel 1894 originariamente era stata eretta «in onore di Santo Stefano come ex voto al santo, che aveva salvato un figlio del fondatore, Stefano Alisio, da un assalto dei banditi. Re- catosi, durante un viaggio in Italia, alla ricerca di un’immagine del santo da collocare nella chiesetta, l’Alisio non era riuscito a trovarla, ma se ne era procurata una di san Chiaffredo di Crissolo, figura molto popolare nelle vallate del Cuneese»11. Il santo dedicatario fu così cambiato. «L’estrema popolarità di san Chiaffredo in Piemonte e in particolare nella zona del Cuneese […] rese perfettamente giustificabile, agli occhi dei dedicatari della nostra cappella, la scelta di collocarvi un’immagine di questo santo in luogo di quello originariamente previsto, e divenne in più un’occasione supplementare per rinsaldare i vincoli con la patria lontana»12. Altri cuneesi invece, negli anni Venti, si stabilirono in Francia del Sud-Est, nei luoghi in cui per anni, qualche membro della famiglia era migrato per i lavori sta- gionali, anche lì comprarono la terra e più tardi costruirono casa, abbandonando per sempre la dimora famigliare alpina, che non trovava più compratori. Le case degli emigrati nella prima metà del Novecento sono le baite di pietra, scoperchiate dal vento e dalla neve, che incontriamo nelle alte valli, i loro terreni, comprati con tante fatiche, sacrifici e umiliazioni, coltivati a segale e patate, sono spesso scivolati verso il basso, non più trattenuti dai muretti a secco parzialmente crollati, sono terre ingerbidite e invase dalla vegetazione alpina. Molti acquisti di terra e stabilizzazioni nel Sud-Est francese si ebbero nella se- conda metà degli anni Venti. In queste zone infatti le leggi fasciste sulla restrizione dell’emigrazione ottennero l’effetto contrario rispetto a quello che si erano proposto: stabilizzarono gli italiani all’estero. Alla decisione di acquistare le terre concorsero fattori economici e monetari. La terra in Francia costava meno che in Italia a causa della scarsità della domanda interna: i francesi stavano già abbandonando il lavoro agricolo e di conseguenza le terre si deprezzavano, ma costava meno anche in seguito

10 Anna Ferrari, Dal Cuneese alle Ande. Le cappelle della Pampa Gringa argentina, in Alda Rossebastiano, a cura di, Il vecchio Piemonte nel nuovo mondo, Edizioni dell’Orso, Alessandria, 2009, pp. 232-257. 11 Ivi, pp. 245-246. 12 Ibidem. PASSAPORTO

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alla rivalutazione della lira a “quota novanta”, annunciata da Mussolini con il discor- so di Pesaro nell’agosto del 1926 e diventata effettiva l’anno dopo. La quantità di acquisti immobiliari vicino alla frontiera del Sud-Est da parte di italiani allarmò i nazionalisti francesi, che alimentarono, attraverso la stampa, la paura dell’“invasione” italiana. Ciononostante, dopo la guerra, l’assimilazione fu rapida e oggi i nipoti degli immigrati piemontesi sono perfettamente integrati e indistinguibili dalla popolazione autoctona. Spesso abitano ancora nella casa costruita dai nonni. Percorrendo la periferia collinare di Nizza, Cannes, Vallauris o la piana di Grasse, sul- le targhette dei campanelli delle case mono-famigliari con giardino si leggono tuttora in prevalenza cognomi piemontesi e per la maggior parte cuneesi. Altro luogo impor- tante di stabilizzazione è Parigi. Anche qui, come altrove in Francia, inizialmente, i Ritaliens13 non erano molto apprezzati, ma rimasero e si integrarono, e anche qui spesso i loro discendenti abitano ancora negli stessi quartieri in cui presero dimora i nonni.

Fine delle partenze, inizio dell’immigrazione

Dalla seconda metà degli anni Cinquanta del Novecento e poi, con il miracolo economico i cuneesi che prendevano la strada dell’emigrazione si orientarono verso Torino che, con l’avvio della produzione, da parte della FIAT, prima della Seicento e poi delle Cinquecento, richiamava decine di migliaia di disoccupati. Poi, tra il 1970 e il 1985 fu il Cuneese a vivere il suo decollo industriale, in controtendenza con Torino e in generale con il resto d’Italia, in cui l’economia era squassata dalle crisi petrolifere, da tensioni sociali e scioperi generali, dal terrorismo e dalle stragi. Proprio le tensioni sociali e gli scioperi portarono alcune grandi imprese torinesi a dislocare parti della lavorazione dove la manodopera era meno sindacalizzata e maggiormente disposta a collaborare con il padronato per il successo dell’impresa. Industrie già presenti nel cu- neese vissero una fase di forte crescita, come la dolciaria Ferrero e la tessile Miroglio, entrambe attive ad Alba, come pure ad Alba era insediato lo stabilimento grafico delle Edizioni San Paolo, che pubblicavano, tra l’altro «Famiglia Cristiana», il settimanale allora più diffuso in Italia. Accanto a queste grandi realtà si andò sviluppando un ricco tessuto di piccole e medie imprese. Parallelamente l’agricoltura del saluzzese si specializzò nella monocultura a frutta destinata all’esportazione; i vini della Langa e del Roero iniziarono ad essere apprezzati all’estero, così come i prodotti caseari alpini di alta qualità. Dal cuneese non si emigrò più, non in modo significativo. Verso la fine del XX secolo si ebbe l’inversione di tendenza. Le zone ad agricoltura specializzata divennero meta di una immigrazione stagionale o definitiva di europei dell’Est e di

13 Ritaliens è il termine non lusinghiero attribuito agli immigrati italiani nel Nord della Francia. Pare derivi dalla contrazione di réfugié italien con cui erano designati negli anni Venti del Novecento gli italiani in fuga dal fascismo. In anni più recenti, il termine è stato ripreso con commozione e affetto in canzoni, film, e nella denominazione di caffè e ristoranti. PASSAPORTO

PASSAPORTO CYRIS. DE WIVFEXSMS HM QERSHSTIVE TIV P’IWXIVS E TVSZMRGME EǾYIRXI 213 nordafricani, l’edilizia e i lavori pesanti richiamarono manodopera maschile, mentre dall’Europa dell’Est vennero le badanti e le colf.

$QGDPHQWRGHOODSRSROD]LRQHD(OYD6DOX]]RH$OEDLQUHOD]LRQHDLˊXVVLPLJUDWRULGHWWDWLGDOOȠH- conomia locale. Serie Storica. Valori assoluti. Periodo compreso tra 1861-2011. 1400 1.319 1.276 1.266 1.264 1.264 1.203 1200

1000 801 800 692

600 556 396 400 252 199 200 154 114 94

0 1911 2011 1861 1871 1881 1901 1921 1931 1936 1951 1961 1971 1981 1991 2001

18500

18000 17.906

17500 17.103 17000 16.940 16.627 16.526 16500 16.389 16.214 16.237 16.201 16.227 16.028 16.028 16000 15.938 15.872 15.647 15500

15000

14500 1911 2011 1861 1871 1881 1901 1921 1931 1936 1951 1961 1971 1981 1991 2001

35000 31.372 29.910 30.804 30000 28.675 29.382

25000 21.110 20000 17.740 16.687 16.466 14.461 15000 13.894 13.995 12.395 10.690 10.815 10000

5000

0 1911 2011 1861 1871 1881 1901 1921 1931 1936 1951 1961 1971 1981 1991 2001 Fonte: Migrantes-Rapporto Italiani nel Mondo. Elaborazione su dati ISTAT. PASSAPORTO

PASSAPORTO 214 PARTE SECONDA. SPECIALE PROVINCE D’ITALIA

Elva è un piccolo comune dell’alta Val Maira, che ha seguito il destino di spopo- lamento delle zone alpine, terre povere e condizioni di vita durissime, non più accet- tabili dopo la Seconda guerra mondiale. è una piccola città sita ai piedi del gruppo montuoso del Monviso, in una zona semi-pianeggiante, che nel Novecento ha saputo valorizzare la sua vocazione alla frutticoltura avviando colture specializzate destinate all’esportazione. La sua popolazione è rimasta stabile nel tempo. Alba è una città sita in una conca pianeggiante circondata da colline votate alla coltura delle nocciole e soprattutto di vigneti per la per produzione di vini nobili. Nelle terre cir- costanti è presente il tartufo bianco. La specializzazione viti-vinicola e l’insediamento di due complessi industriali hanno richiamato mano d’opera dalla montagna e dalla collina povera. La tradizione di buona cucina e ottimi vini ha dato vita a un turismo enogastronomico internazionale. La popolazione dall’Unità d’Italia ai giorni nostri è quasi triplicata e oggi è formata per oltre il 12% da immigrati stranieri. Fra le città italiane con più di 10.000 abitanti è classificata al primo posto per qualità della vita. Il primo rapporto sull’immigrazione in provincia di Cuneo, pubblicato nel 2004 per cura della Caritas e dell’INPS, rileva la presenza sul territorio cuneese di 28.079 persone di origine straniera, con una netta prevalenza di cittadini albanesi, marocchini e rumeni. L’elevata componente femminile (49%) si spiega con la forte domanda ita- liana di assistenza domestica e cura delle persone, domanda che dà vita alla cosiddetta “emigrazione degli affetti”: donne che abbandonano gli affetti famigliari, per offrire ad anziani e malati italiani quell’affetto e quella cura che le nostre famiglie non pos- sono o non sanno più dare. Gli uomini trovano lavoro nell’edilizia a nell’agricoltura. Il 1°giugno 2018, in base ai dati ISTAT, gli stranieri residenti in provincia di Cu- neo erano 60.376, il 10,3% della popolazione totale, Il 27,4% degli stranieri erano rumeni, 6.848 maschi e 9.695 femmine, il 18,4 % erano albanesi, 5.741 maschi e 5.368 femmine. Il numero delle badanti e colf era nettamente aumentato14.

Le nuove partenze del ££F secolo

A fronte di questi numeri che denunciano un forte fabbisogno di manodopera per lavori che i disoccupati italiani disdegnano, chi emigra oggi dalla provincia di Cu- neo, come da tutta Italia, in genere non lo fa più per cercare un lavoro qualsiasi, ma per vedere adeguatamente valutata la propria professionalità: diplomati, laureati, ricercatori universitari. Tuttavia, negli ultimi anni il numero degli espatri è cresciuto e il quotidiano online «Targatocn», basandosi su dati Istat, nel giugno dello scorso anno ha sottolineato che 8.577 cuneesi si sono trasferiti all’estero nel quinquennio 2013-201715. La cifra, piuttosto elevata, è ottenuta sommando gli espatri avvenuti nei singoli anni, senza tenere conto degli eventuali rientri, di conseguenza la perdita di popolazione potrebbe essere minore. Ma, guardando ad un periodo più lungo la

14 Si veda: . 15 Quando a espatriare siamo noi: in 5 anni 8.500 cuneesi si sono trasferiti all’estero, «targatocn.it/2019/06 /20». PASSAPORTO

PASSAPORTO CYRIS. DE WIVFEXSMS HM QERSHSTIVE TIV P’IWXIVS E TVSZMRGME EǾYIRXI 215 tendenza all’aumento è confermata: le partenze nell’ultimo quindicennio sono più che quadruplicate. La maggior parte di questi emigranti è giovane e risulta diretta verso paesi europei: Germania, Gran Bretagna, Svizzera e Francia. Il che conferme- rebbe un’emigrazione prevalentemente di “cervelli” o di giovani che vogliono fare esperienze, magari temporanee, di lavoro o di studio all’estero. Il comune di Cuneo, attraverso il Portale Istituzionale “Informa Giovani” e lo sportello “Europe Direct Cuneo” dà conto di queste possibilità in ambito UE.

&DQFHOOD]LRQLDQDJUDˉFKHSHUOȠHVWHURGDO&XQHHVH6HULHVWRULFD9DORULDVVROXWL$QQL

2000 1.842 1.850 1.791 1800 1.637 1.691 1600 1.559

1400 1200 1.128 1.007 1000 773 800 679 600 543 434 400 373 343 366

200

0 2011 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018

Fonte: Migrantes-Rapporto Italiani nel Mondo. Elaborazione su dati ISTAT.

I cittadini cuneesi oggi residenti all’estero sono però presenti soprattutto nelle aree di antica emigrazione: Argentina e Francia, forse in gran parte sono i discendenti degli emigrati fra tardo Ottocento e primo Novecento, che, soprattutto in Argentina hanno conservato il ricordo della montuosa patria cita e probabilmente mantengono la dop- pia nazionalità. La forte componente femminile dell’emigrazione cuneese, segnalata più sopra per quanto riguarda l’emigrazione transfrontaliera dell’Ottocento-primo No- vecento, deve essere stata presente anche nella successiva emigrazione transoceanica, e forse anche oggi, infatti nell’elenco di iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’E- stero (AIRE) nell’ultimo quindicennio, non di rado il numero delle donne è superiore, seppure di poco, al numero degli uomini, variando da 50,1% a 50,3%. Dall’insorgere della lunga crisi di questo secolo, gli espatri sono dunque aumen- tati ed è aumentato il numero degli iscritti all’AIRE. Dal 2007, inizio della crisi, al 2019 il numero di cuneesi residenti all’estero è raddoppiato passando da 28.164 a 56.360 arrivando, nel 2020, a 59.335. Nel 2018, come si è detto, gli stranieri residenti nel Cuneese erano 60.374; nello stesso anno i cuneesi residenti all’estero risultavano 53.360. Gli arrivi superavano le partenze di oltre 7.000 unità. PASSAPORTO

PASSAPORTO 216 PARTE SECONDA. SPECIALE PROVINCE D’ITALIA

Ostana 2018.Rifugiati pachistani insegnano agli abitanti di Ostana a far volare gli aquiloni. Ostana (Alta ) ha condiviso il destino di spopolamento dei comuni delle alte valli cu- neesi: nel 1921 contava 1.187 abitanti, nel 1985 erano rimasti in 5. Da quella data un sindaco ostinato ha avviato una intelligente politica di riqualificazione del territorio, di ripopolamento e di diffusione della cultura. Oggi Ostana, uno dei borghi più belli d’Italia, ha 84 abitanti stabili e ha accolto alcuni profughi pachistani. Foto di Enrica Alberti.

Buenos Aires, 1987. Pranzo sociale al Circolo Liber Piemont. Tratto dal volume di Paola Agosti, Dal Piemonte al Rio al Rio de la Plata, Regione Piemonte, Torino, 1988, p.44. Foto di Paola Agosti. PASSAPORTO

PASSAPORTO CYRIS. DE WIVFEXSMS HM QERSHSTIVE TIV P’IWXIVS E TVSZMRGME EǾYIRXI 217

Popolazione italiana residente Iscritti all’AIRE

CUNEO 571.827 2006 23.581 586.568 2020 59.335

+ 2,6% +151,6%

Popolazione AIRE, residente e incidenza. Graduatoria primi 5 comuni per iscrizione AIRE. 1/1/2006 1/1/2020 Comune di iscrizione AIRE Pop. Pop. Incidenza Comune di iscrizione AIRE Pop. Pop. Incidenza AIRE Residente % AIRE Residente %

Cuneo 1.396 54.817 2,5 Cuneo 3.183 56.203 5,7 870 24.274 3,6 Fossano 2.284 24.477 9,3 Bra 807 28.919 2,8 Barge 2.271 7.549 30,1 Barge 765 7.624 10,0 Mondovì 2.057 22.360 9,2 Alba 731 30.151 2,4 Bra 1.749 29.852 5,9 Totale Provincia 23.581 571.827 4,1 Totale Provincia 59.335 586.492 10,1

Popolazione AIRE, residente e incidenza. Graduatoria primi 5 comuni per incidenza AIRE. 1/1/2006 1/1/2020 Comune di iscrizione AIRE Pop. Pop. Incidenza Comune di iscrizione AIRE Pop. Pop. Incidenza AIRE Residente % AIRE Residente % 55 55 100,0 Briga Alta 96 42 228,6 Perlo 79 122 64,8 Castelnuovo di 177 107 165,4 49 89 55,1 Perlo 180 112 160,7 Valmala 28 62 45,2 68 56 121,4 375 1.121 33,5 100 98 102,0 Totale Provincia 23.581 571.827 4,1 Totale Provincia 59.335 586.492 10,1

Iscritti AIRE, per comune di iscrizione e Stato estero di residenza. Primi 5 comuni e primi 5 Stati di residenza per ciascun comune. Comune iscrizione Comune iscrizione AIRE e Stato estero AIRE al 1/1/2006 AIRE e Stato estero AIRE al 1/1/2020 residenza residenza Cuneo Argentina Francia Spagna Germania UK Cuneo Argentina Francia UK Spagna Svizzera Totale (1.396) 31,8 13,8 8,8 4,9 4,6 Totale (3.183) 33,7 14,8 7,4 6,4 4,1 Fossano Argentina Francia Spagna UK Brasile Fossano Argentina Francia Spagna Senegal UK Totale (870) 61,4 8,1 8,1 3,2 2,5 Totale (2.284) 53,5 13,2 4,7 3,9 3,9 Bra Argentina Francia Spagna Svizzera USA Barge Argentina Spagna Francia Svizzera Germania Totale (807) 40,1 12,5 5,1 5,1 4,5 Totale (2.271) 83,2 5,6 3,5 1,3 0,9 Barge Argentina Spagna Francia Svizzera UK Mondovì Argentina Francia Spagna UK Brasile Totale (765) 81,0 8,0 2,8 2,3 1,4 Totale (2.057) 31,4 28,3 5,1 4,7 4,4 Alba Argentina Spagna Uruguay Germania Francia Bra Argentina Francia Spagna Germania Svizzera Totale (731) 22,4 10,2 9,9 8,8 7,3 Totale (1.749) 38,3 16,0 5,0 4,4 4,2 Totale Provincia Argentina Francia Uruguay Spagna Svizzera Totale Provincia Argentina Francia Uruguay Spagna UK Totale (23.581) 49,4 11,8 7,6 6,8 3,0 Totale (59.335) 52,5 11,1 6,0 5,4 2,8