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RICERCA INTERVENTO TERRITORIALE SULLE FAMIGLIE DEL DISTRETTO DI GUIDIZZOLO

Piano Sociale di Zona

Gennaio 2009

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Coordinamento generale e stesura report Davide Continati e Fabrizio Riccomi (Nerosubianco srl)

Per il Piano di Zona Alto Mantovano – di Castiglione delle Stiviere: Coordinamento e supervisione di Giovanna Martelli e Cristina Tartarotti

Contatti e somministrazione nelle aziende: Arianna Visentini e Cristina Taffelli Collaborazione alle interviste : Maria Lotti (Comuni di e ), Barbara Gorgaini (Comune di Guidizzolo), Elena Barozzi (Comune di ), Alessandra Gabusi (Comune di Castiglione delle Stiviere), Chiara Bonzagni, Attilio Orecchio (Comune di ), Laura Parlato (Comune di ), Camilla Ghidelli (Comune di ), Uffici anagrafe di tutti i Comuni. Interviste alle famiglie : Federico Delmenico (a Volta Mantovana), Camilla Ghidelli (a Monzambano), Coop. soc. Orizzonti Onlus (a Guidizzolo), Coop. soc. Fiordaliso Onlus (a Castiglione d. Stiviere), Coop. soc. Olinda Onlus (a Medole, Solferino e Ponti sul Mincio) Coop. Soc. Mosaico Onlus (a Cavriana).

INDICE DEL REPORT

Premessa: il Patto Sociale Alto Mantovano………………………..pag. 3

CAP. 1 La ricerca: aspetti teorici e metodologici………………….………pag. 8

CAP. 2 I focus group tematici…………………………………………………pag. 14

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CAP. 3 Le interviste nei Comuni alle famiglie: risultati e analisi ………..pag. 24

CAP. 4 Le interviste nelle aziende del Distretto: risultati e analisi………pag. 48

CAP. 5 Alcune conclusioni……………..………………………………….….pag. 88

Bibliografia di base…………………………………………………,…pag. 93

PREMESSA IL “PATTO SOCIALE” ALTO MANTOVANO

1. Un nuovo “patto di garanzia” e di sostegno per rilanciare le politiche sociali nel distretto dell’alto mantovano

Il processo di decentramento dallo Stato, alle Regioni, alle Province ed ai Comuni, avviato sin dagli anni ’90, rende ormai possibile non solo l’affidamento di un ruolo di programmazione e controllo agli enti locali, ma anche la creazione di forti partnership tra il pubblico ed il privato basate sul principio della sussidiarietà. Si tratta di un nuovo modello di organizzazione che enuclea un sistema di “Governance”, ovvero la costruzione di un sistema allargato di governo, nel quale accanto alla promozione e alla regolazione pubblica, convive la coprogettazione - un esercizio di responsabilità condivisa - dei soggetti pubblici, privati e sociali, dei soggetti istituzionali e non.

Nella logica della costruzione di percorsi di partecipazione e di cittadinanza attiva, sempre di più il governo locale deve essere inteso non come luogo di amministrazione burocratica ma come laboratorio di autogoverno.

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Partecipazione, collaborazione e leadership sono i processi che assicurano la governabilità di un territorio, intendendo con ciò il complesso coordinato delle azioni di differenti attori sociali necessarie a garantire il governo del sistema. A livello locale lo strumento della governance corrisponde alla messa in atto di luoghi di coordinamento tra diversi attori, disposti a contribuire all’azione pubblica su determinati problemi sociali.

La complessità e lo spessore delle problematiche che abbiamo di fronte è tale da necessitare uno sforzo che da un lato miri a realizzare azioni di partenariato, di negoziazione/concertazione, di lavoro di rete e di mediazione, e dall’altro a realizzate interventi che siano adeguati, efficienti e strategicamente condivisi.

Gli esempi più recenti di iniziative cooperative sono evidenti nei Contratti di programma (L.662/1996), nelle diverse esperienze di Pianificazione strategica urbana , nei Patti Territoriali (Delibere CIPE marzo/agosto 2000 e aprile 2001), fino ai recenti Piani di Zona ( L.328/2000 ) in ambito sociale. Tale percorso che ha ricevuto un forte impulso anche a seguito dell’approvazione del nuovo Titolo V della Costituzione, rappresenta ormai una concreta possibilità di rilancio per le esperienze di concertazione e di sviluppo locale che possono essere ascritte nel processo di regionalizzazione della programmazione negoziata (Delibera CIPE 25 luglio 2003 1).

Da ultimo, ma dal nostro punto di vista più importante, la Regione Lombardia nei documenti di programmazione più significativi (ovvero la legge 1 sulla competitività e i documenti di programmazione del nuovo fondo sociale europeo e fondo europeo di sviluppo regionale) ha chiaramente delineato le linee guida degli interventi territoriali: 1) Creazione di partnership pubblico-private sul modello delle agenzie di sviluppo; 2) Integrazione delle fonti di finanziamento (FESR, FSE, fondi regionali e nazionali);

1 Il CIPE con questa delibera ha approvato la regionalizzazione degli strumenti di programmazione negoziata, secondo le indicazioni della legge finanziaria 2003, dando attuazione all’accordo in materia raggiunto tra i Ministeri dell’economia e delle finanze (MEF) e delle attività produttive (MAP), le Regioni e le Province autonome, l’ANCI, l’UPI e l’UNCEM, approvato dalla Conferenza unificata il 15 aprile 2003.

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3) Individuazione di strategie di sviluppo concordate a livello territoriale tra gli attori pubblici supportate tecnicamente e finanziariamente dalla regione.

2. Perché un nuovo “patto sociale” territoriale

Il nuovo “patto sociale”, qui proposto in sintesi nelle sue principali caratteristiche, sarà primariamente uno strumento fondamentale di supporto per la stesura del prossimo Piano di Zona (2009/2011) e potrà divenire una nuova opportunità per sperimentare e promuovere servizi e interventi specifici.

Nel corso degli ultimi due anni, inoltre, nel territorio a cavallo delle Province di Mantova e Brescia (definito “Anfiteatro morenico del Garda”), è stato promosso un percorso che ha portato alla firma di un “accordo quadro” finalizzato allo sviluppo economico dell’area sulla base della individuazione dei fattori di sviluppo vocazionali. Quindici comuni, due province e la Regione Lombardia sono i firmatari di questo accordo quadro: lo sviluppo delle infrastrutture, delle piccole e medie imprese e del mondo agricolo, della promozione turistica e culturale, ne sono i focus principali.

In sostanza le prospettive di sviluppo di questa ricca e importante area della Lombardia sono chiare e definite almeno per i prossimi sei anni; un altro obiettivo fondamentale che si pone questo documento sarà dunque quello di prevedere e favorire una sorta di patto di garanzia sociale in grado di supportare questo processo a livello di servizi e progetti mirati ad alcuni target e a specifici ambiti di intervento. L’obiettivo del patto sociale, quindi, diventa duplice: supportare il nuovo Piano di Zona del Distretto che vedrà la luce all’inizio del 2009 e si svilupperà per tutto il triennio successivo, e, partendo proprio dal piano di zona territoriale, implementare azioni e progetti mediante il ricorso a nuove e fondamentali risorse finanziarie provenienti da diversi soggetti, pubblici o privati: la Regione Lombardia, le fondazioni bancarie, il mondo dell’impresa privata. Questa duplice nuova strategia di garanzia sociale e di supporto al piano di sviluppo territoriale diventerebbe operativa con la firma di un nuovo patto di sviluppo sociale.

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Possiamo così enunciare le linee guida del Patto: ♦ motore della concertazione sociale dell’area ♦ strumento di supporto per la stesura del PDZ 2009/2011 ♦ funzione di animazione e di sviluppo territoriale ♦ formazione e sviluppo delle competenze ♦ implementazione della rete della società civile ♦ osservatorio locale ♦ funzione di incubatore di idee ♦ alfabetizzazione dello sviluppo locale ♦ officina delle eccellenze ♦ assistenza nella redazione di progetti e programmi ♦ azioni sperimentali

3. La strategia e le azioni

Sembrano tre le azioni principali che vanno a incrociarsi perfettamente con la strategia impostata a livello di Distretto e di Piano di Zona:

Elaborazione di una Ricerca/intervento territoriale sul Distretto che abbia il compito di verificare le esigenze e le difficoltà delle famiglie che hanno almeno un componente che lavora.; si tratta, temporalmente, del primo strumento messo in campo, nel 2008;

Formazione di un gruppo pilota che abbia il compito di promuovere l'iniziativa a livello territoriale, di stimolare la presentazione di progetti, di svolgere un'azione di raccordo a livello istituzionale e di accompagnare, da un punto di vista tecnico, l'elaborazione dei documenti di concertazione e programmazione. Il gruppo può essere sperimentato da subito con la ricerca-intervento;

Coordinamento di processo, che va individuato e formato sulla base delle competenze di gestione di processi di pianificazione strategica, di gestione di progetti e programmi complessi (project manangement), di gestione delle forme negoziali della concertazione e dei processi di leadership all’interno dei diversi

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tavoli e gruppi di lavoro partendo dallo staff di gestione del piano di zona. E’ un quadro di azioni che si andrà a delineare, presumibilmente, al termine del percorso preliminare che porterà alla stesura del PDZ 2009/11.

4. Target di riferimento e aree di intervento previste nell’ambito del Patto Sociale

I target individuati come basilari sono essenzialmente tre (famiglie, giovani, disoccupati). I target vanno però intersecati alle possibili aree di intervento; la commistione target/aree è specificata in questi tre punti basilari di discussione e di sviluppo:

Intervenire sulle famiglie che hanno almeno un componente lavorativamente attivo con particolare riferimento a due aree: la conciliazione dei tempi (per favorire le famiglie con figli e soprattutto per consentire alle donne di rendere compatibile il ruolo di madre e di lavoratrice); la tematica dell’area della prima infanzia (asili nido aziendali, servizi domiciliari, tutoring e babysitting);

Ipotizzare nuove politiche giovanili (sport, tempo libero, cultura, protagonismo) con particolare riferimento all’area della formazione, della creazione di impresa e della prevenzione;

Pensare a politiche finalizzate alla formazione e all’inserimento lavorativo con particolare riferimento ad alcune fasce deboli come disoccupati, stranieri e/o immigrati (implementazione servizi di orientamento, agenzie interinali, corsi di formazione professionale, progetti mirati per le situazioni di disagio, supporto scolastico, alfabetizzazione, ecc.)

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CAPITOLO 1 LA RICERCA: ASPETTI TEORICI E METODOLOGICI

In questo breve capitolo verranno enunciati due principali argomenti: il primo sono le motivazioni di base che hanno portato alla ideazione e allo sviluppo della ricerca. Il secondo argomento riguarderà invece gli aspetti per così dire più tecnici e metodologici dell’indagine stessa. Si tratta di due argomenti solo apparentemente divisi, ma che in realtà vanno letti in una logica di unitarietà.

1.1 Aspetti teorici e obiettivi

La stesura degli aspetti teorici che hanno portato alla ideazione e allo sviluppo della ricerca che viene presentata in questo report va di pari passo con alcune considerazioni già effettuate nel corso del capitolo in premessa. Tuttavia è utile mettere un po’ di ordine nel complesso di concetti che stanno alla base della ricerca.

L’ambito distrettuale di Guidizzolo contava al 31/12/2007 oltre 61.500 abitanti, circa un terzo dei quali residenti a Castiglione delle Stiviere, sede del Piano di Zona territoriale. Il distretto comprende i Comuni di Castiglione delle Stiviere, Cavriana, , Guidizzolo, Medole, Monzambano, Ponti sul Mincio, Solferino, e Volta Mantovana. I Comuni stanno promuovendo un patto di sviluppo del territorio che intende favorire la crescita economica attraverso il riconoscimento e la valorizzazione dell’area denominata “Anfiteatro delle colline moreniche”. Gli stakeholders di tale percorso saranno dunque parecchi: Comuni dell’area Provincia di Mantova Famiglie Operatori del privato sociale Sindacati Associazioni di categoria Asl Aziende

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Non si tratta però di limitare l’intervento a variabili e obiettivi di sviluppo economico e finanziario, ma si tratta di inserire nel contesto un patto sociale di garanzia della sostenibilità delle azioni in termini di benessere dei cittadini. Si pensa di porre particolare attenzione alle famiglie, ai giovani, agli immigrati, ai disoccupati. Come detto già in premessa, tale intervento porterà a definire obiettivi prioritari nella compilazione del Piano di Zona del prossimo triennio 2009/2011; tale piano di zona diventerà una sorta di doppio protagonista, programmatore e attuatore al contempo: a) sarà logicamente lo strumento programmatorio principe in ambito locale della offerta sociale distrettuale; b) sarà uno strumento attuatore dell’integrazione tra la programmazione locale e sociale con quella socio-sanitaria, in rapporto al sistema dell’istruzione e della formazione, delle politiche del lavoro e abitative.

Per definire in maniera ancora più precisa e valida gli obiettivi, ecco che viene in supporto una fase preliminare di analisi del territorio che abbia come interlocutori privilegiati le famiglie e i loro membri che lavorano e che sono coinvolti nelle politiche di concertazione dei tempi lavoro / famiglia. Per questo, la ricerca qui descritta ha un suo senso e suoi obiettivi precipui che vengono qui riassunti: Conoscere la gestione dei tempi di vita/lavoro dei propri cittadini attivi, rivolgendo una particolare attenzione alle difficoltà legate alla conciliazione famiglia-lavoro; Capire le esigenze che portino al miglioramento della qualità della vita dei cittadini, con l’obiettivo di individuare anche soluzioni nell’ambito degli orari dei servizi, degli uffici pubblici e degli esercizi commerciali; Capire le esigenze di cura dei famigliari dei lavoratori coinvolgendoli nell’analisi dei fabbisogni e nella adozione delle relative soluzioni; Capire la richiesta di/ai servizi territoriali espressi dai cittadini lavoratori al fine di ipotizzare soluzioni organizzative, innovative e flessibili.

Partendo da queste considerazioni di massima e da questi obiettivi ben precisi e definiti, si è sviluppato il percorso e lo snodo della ricerca che il paragrafo successivo si preoccuperà di individuare. I successivi capitoli entreranno invece maggiormente nel merito dei risultati ottenuti dalle interviste nelle famiglie e nelle aziende.

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1.2 Aspetti metodologici e percorso

Il percorso che ha portato alla costruzione della ricerca è passato attraverso alcune fasi preliminari e altre più tecniche e di coinvolgimento. Vengono qui riassunti i momenti determinanti per la riuscita dell’iniziativa:

Tabella Zero – Percorso temporale e operativo della ricerca

Quando Cosa Chi Aprile / Maggio / Giugno Incontri preliminari e di PIANO DI ZONA ALTO MN 2008 progettazione NEROSUBIANCO SRL ASL COMUNE DI CASTIGLIONE

22 Maggio 2008 Incontro presentazione PIANO DI ZONA ALTO MN ricerca e percorso NEROSUBIANCO SRL ASL COMUNI DEL DISTRETTO SINDACATI PARTI SOCIALI 7 Luglio 2008 Focus group tematico 1 PIANO DI ZONA ALTO MN AREE: CONCILIAZIONE NEROSUBIANCO SRL TEMPI FAMIGLIA / COMUNE DI LAVORO; PRIMA CASTIGLIONE INFANZIA SERVIZI SOCIALI DEL DISTRETTO COOPERATIVE SOCIALI DEL DISTRETTO 11 Luglio 2008 Focus group tematico 2 PIANO DI ZONA ALTO MN AREA: POLITICHE NEROSUBIANCO SRL GIOVANILI COMUNE DI CASTIGLIONE SERVIZI SOCIALI DEL

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DISTRETTO COOPERATIVE SOCIALI DEL DISTRETTO 17 Luglio 2008 Focus group tematico 3 PIANO DI ZONA ALTO MN AREE: FASCE DEBOLI E NEROSUBIANCO SRL INSERIMENTO COMUNE DI LAVORATIVO CASTIGLIONE SERVIZI SOCIALI DEL DISTRETTO COOPERATIVE SOCIALI DEL DISTRETTO Settembre 2008 Creazione strumenti NEROSUBIANCO SRL operativi (questionari per le aziende e per le famiglie) 17 settembre 2008 Incontro operativo per PIANO DI ZONA ALTO MN l’inizio della ricerca NEROSUBIANCO SRL SERVIZI SOCIALI DEL DISTRETTO COOPERATIVE SOCIALI DEL DISTRETTO Ottobre 2008 Sorteggio campione della NEROSUBIANCO SRL ricerca e inizio interviste COMUNI DEL DISTRETTO nelle famiglie. COOPERATIVE SOCIALI Contatti con aziende e DEL DISTRETTO inizio somministrazione questionari Novembre 2008 Somministrazione COOPERATIVE SOCIALI interviste e questionari DEL DISTRETTO aziende e famiglie. NEROSUBIANCO SRL Recupero dati. Dicembre 2008 Recupero dati. NEROSUBIANCO SRL Gennaio 2009 Stesura report Anno 2009 Utilizzo dati della ricerca e PIANO DI ZONA report ALTO MANTOVANO

Dal punto di vista tecnico i focus group tematici sono serviti per avere un panorama preliminare della situazione sul Distretto coinvolgendo, in prima

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battuta, chi ci lavora direttamente, dalle cooperative alle assistenti sociali del Distretto, dall’ASL alle associazioni. Si è discusso, si sono confrontati pareri e si sono analizzate criticità su: Consultori e servizi per l’area materno/infantile Asili nido territoriali e servizi alla prima infanzia Conciliazione e organizzazione dei tempi lavoro/famiglia Servizi domiciliari Progetti e servizi di prevenzione primaria e nelle scuole Protagonismo e consulte giovanili Progetti e servizi educativi territoriali Giovani e …sport, cultura, tempo libero Assistenza domiciliare e offerte di aggregazione Servizi di orientamento, supporto scolastico, alfabetizzazione per stranieri Formazione professionale Politiche territoriali di impatto Progetti sul disagio e sulle fasce deboli

I risultati emersi dai focus group tematici, raggruppati in verbali poi inviati ai partecipanti, e qui presentati nel successivo capitolo 2, hanno permesso di tarare in maniera più precisa gli strumenti di indagine poi utilizzati nelle aziende e nelle interviste alle famiglie.

Dal punto di vista della creazione degli strumenti di indagine per la ricerca, sono stati creati due diversi dispositivi di esplorazione. Nelle aziende si è deciso di somministrare un questionario da compilare a cura dell’intervistato con risposte quasi esclusivamente a crocette. Nelle famiglie si è deciso di utilizzare, per la somministrazione diretta, gli educatori delle cooperative operanti direttamente sul territorio e nei vari comuni per effettuare interviste “ad personam” con una griglia di intervista e un colloquio a casa dei sorteggiati. L’utilizzo di educatori per le interviste aveva una duplice valenza: la prima è quella di far partecipare direttamente, in maniera di un coinvolgimento concertativo, anche le cooperative sociali del territorio all’azione di ricerca. La seconda valenza era quella di inviare nelle famiglie educatori spesso conosciuti anche personalmente nei vari comuni in modo da ottenere da parte degli

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AMBITO TERRITORIALE DISTRETTO DI GUIDIZZOLO PIANO SOCIALE DI ZONA intervistati, sia una forma di fiducia maggiore sulla ricerca sia una maggiore facilità di accesso alla somministrazione del questionario nelle abitazioni.

Dal punto di vista dell’approccio alle due macroaree di indagine, si è trattato di impattare due diverse concettualità: nelle aziende, come detto, si è preferito approcciare con un questionario con domande più standardizzate e con rare possibilità di accedere a risposte aperte. Viceversa, poiché nelle famiglie era prevista appunto una presenza fisica dell’educatore, si è pensato di lasciare più spazio al dialogo diretto e alla “chiacchierata” lasciando molte domande aperte e ipotizzando forme di proposta diretta provenienti dalle famiglie stesse su argomenti messi sul tavolo dall’intervistatore.

Nei vari Comuni sono stati individuati referenti diretti sia per il sorteggio del campione sia per la responsabilità della riuscita della ricerca. Nerosubianco srl si è invece occupata del coordinamento delle varie azioni. Per quanto riguarda le aziende, due operatori esperti in conciliazione dei tempi lavoro / famiglia, si sono preoccupati di contattare direttamente le aziende individuate sull’intero Distretto. Hanno quindi effettuato colloqui preliminari con i responsabili delle risorse umane delle aziende stesse al fine di condividere sia il percorso metodologico e di obiettivi, sia il percorso operativo di somministrazione e di recupero dei dati richiesti. Si è calcolato come linea di obiettivo la raccolta di almeno 100 interviste nelle famiglie su tutto il Distretto e di circa 900/1000 questionari validi raccolti nelle varie aziende del Distretto. Per quanto riguarda le interviste nelle famiglie, dal punto di vista delle regole per la definizione e l’estrazione del campione, si è deciso di privilegiare la componente femminile e di ridurre il campo di intervento a un’età compresa tra i 25 e i 55 anni. Gli intervistati dovevano fare parte di una famiglia con almeno un componente che lavora. L’intervistato doveva essere proprio colui che ha attività lavorativa, di un qualsivoglia tipo. Infine è stato tenuto in considerazione il peso dato dal numero di abitanti di ciascun comune. A maggiore residenzialità corrispondeva un numero di interviste maggiore da effettuare. Poiché erano previsti “rifiuti” fisiologici alla accettazione di essere sottoposti alle interviste, il numero è stato tarato su 150 nomi su tutto il Distretto, con l’obiettivo, come detto, di raggiungere almeno le 100 interviste.

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Al termine delle interviste e della somministrazione dei questionari, i dati sono stati tabulati e analizzati da Nerosubianco srl, inseriti in tabelle riassuntive e commentati; tutto questo fa parte del presente report conclusivo.

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CAPITOLO 2 I FOCUS GROUP TEMATICI

Vengono qui pubblicati schede e verbali dei tre focus group svoltisi nel mese di luglio 2008 a Castiglione delle Stiviere. Gli incontri sono da intendersi come preliminari alla ricerca effettuata successivamente nelle aziende e nelle famiglie del Distretto Alto Mantovano.

Focus Group n. 1

AREE CONCILIAZIONE DEI TEMPI FAMIGLIA / LAVORO PRIMA INFANZIA

7 luglio 2008 – Sala Giunta – Castiglione delle Stiviere

Ordine del giorno

AREA CONCILIAZIONE DEI TEMPI FAMIGLIA/LAVORO E PRIMA INFANZIA  Consultori e servizi per l’area materno/infantile  Asili nido territoriali e servizi alla prima infanzia  Conciliazione e organizzazione dei tempi lavoro/famiglia  Servizi domiciliari

Staff presente: Cristina Tartarotti (PDZ), Fabrizio Riccomi, Davide Continati (Nerosubianco srl)

Riccomi introduce l’incontro, sottolineando l’argomento della giornata che tende a dare e a portare, come tutto il complesso della ricerca, un aggiornamento e rispondenza ai bisogni nuovi del Distretto, tutto questo nell’ottica di una crescita e di uno sviluppo complessivo dell’area previsto per i prossimi cinque anni. Il Patto Sociale è inserito in questo contesto e le iniziative partite vogliono portare un importante contributo alla costruzione del Piano di Zona 2009. In relazione alla conciliazione dei tempi, si tratta di una tematica relativamente nuova a cavallo tra il settore sociale e quello industriale, ma ha un importante sviluppo a livello locale. E’ importante inserirsi in un Piano tenendo però come

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AMBITO TERRITORIALE DISTRETTO DI GUIDIZZOLO PIANO SOCIALE DI ZONA stella polare l’azione di concertazione con la Regione. Per quanto riguarda i tre focus group organizzati, essi vogliono avere indicazioni da chi vi partecipa, per fare una sorta di osservatorio su come stendere il documento: bisogni, risorse, servizi.

Segue presentazione dei partecipanti al focus group.

Delmenico (Comune di Volta) esprime ampio spettro di informazioni rispetto a un lavoro di mappatura territoriale dei servizi educativi SADE, con l’obiettivo di fare chiarezza e di fare ordine ai bisogni che avanzano. Sono stati effettuate valutazioni anche su forme di apprendimento. In generale, rispetto alla presenza di servizi per la prima infanzia, nidi in particolare, si registra la scarsità di nidi comunali e notevole presenza gestionale di realtà private. Diversa è anche la dislocazione e il funzionamento tra le diverse realtà territoriali. Sull’area minori esistono realtà più consolidate e con dimensioni territoriali precise; in generale però esistono diversità verso le liste di attesa, molto diverse da paese a paese, così come le diverse capienze dei servizi di nido.

Riccomi sottolinea come sia interessante analizzare gli spostamenti e i poli di attrazione maggiore (Medole, Guidizzolo e Castiglione rappresentano oltre l’80% dell’offerta). Si tratta di situazioni in cui si induce il bisogno? Forse si tratta di un bisogno da intercettare, non indurlo. Potrebbe essere il caso di ipotizzare un PDZ che fornisca un catalogo con gli standard di qualità per ovviare alle differenze sul mercato.

Quarenghi (Mosaico) sostiene che la gestione dei nidi è particolarmente faticosa in relazione a rispetto degli standard, aspetto pedagogico, fornitori. Sarebbe importante tendere al risparmio delle risorse e a studiare le scelte delle famiglie su alcuni fattori indicatori (ore di frequenza, flessibilità, famigliarità). Programmare non significa negare nuove strutture, anche perché le rette diventano alte se non ci sono gli aiuti dell’ISEE.

Ghiozzi (Olinda) afferma che nel nido di Cavriana la retta è piena e non c’è aiuto comunale. Inoltre sostiene che la Provincia sta facendo la mappatura dei

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AMBITO TERRITORIALE DISTRETTO DI GUIDIZZOLO PIANO SOCIALE DI ZONA nidi privati; l’idea di base è omologare gli standard, ma le iniziative in corso rimangono troppo sfilacciate.

Quarenghi (Mosaico) sostiene che il costo della retta è fondamentale per la scelta del nido, ma subentrano anche altri fattori come la comodità e la qualità del servizio offerto.

Visentini (consulente conciliazione e legge 53) porta l’esperienza di una ricerca svolta per Atelier Aimèe in relazione ai nidi aziendali. L’obiettivo era sondare La soddisfazione della situazione e la domanda reale. Il sistema produttivo spinge verso forme di nidi aziendali? Alcune aziende si ritengono illuminate in tal senso, altre molto meno, non sempre esiste la preparazione culturale per mettere in piedi una simile proposta. I problemi principali che emergono sono la normativa di riferimento per l’apertura, l’investimento economico, il rispetto degli obiettivi aziendali previsti. Forse è davvero giunta l’ora di formalizzare una scelta di supporto esterno per queste necessità aziendali, magari in accordo con gli enti locali.

Emergono nella discussione altre tematiche aperte: - Cosa muove le famiglie a fare le scelte? - Le novità e la qualità di un servizio innovativo, tipo Agrinido, che futuro può avere? Futuro importante o servizio di elite? - Quanto è diversa l’area collinare, quali condizioni diverse si verificano nelle famiglie? Anche perché le esigenze sono diverse visto che in alcune zone, tipo Volta, pochi lavorano nelle fabbriche, ci sono molti autonomi e molti agricoltori, con esigenze di conciliazione molto differenti. - In molti casi si tratta di incidere su aspetti culturali e secolarizzati, ed è molto difficile, anche sperimentando il nuovo. - Emergono notizie di problematiche relative anche alle liste di attesa per la scuola materna statale (addirittura 60 solo a Castiglione, si suppone circa 300 sul Distretto) - Esistono problemi di spazi fisici per mettere insieme nuove sezioni, ma anche problemi con gli stranieri di rispetto delle date di iscrizione. - Si propone una sorta di messa in rete delle informazioni in modo che tutti sappiano, anche se si tratta di un processo molto difficoltoso.

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- Anche la proposta delle sezioni Primavera è stato ingestibile. - Si discute dell’impatto delle modifiche del trend demografico che sta subendo una crescita, ma sta per giungere alla fase di calo. - In relazione al rapporto con le scuole, si ipotizza un diverso modo di approcciarsi, attivando primariamente le funzioni strumentali, in luogo dei Dirigenti Scolastici. - Le scelte future dovranno essere ponderate e soprattutto fatte con il criterio della sostenibilità, favorendo le esigenze di chi lavora e proponendo servizi utili.

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Focus Group n. 2

AREA POLITICHE GIOVANILI

11 luglio 2008 – Sala Giunta – Castiglione delle Stiviere

Ordine del giorno

AREA POLITICHE GIOVANILI  Progetti e servizi di prevenzione primaria e nelle scuole  Protagonismo e consulte giovanili  Progetti e servizi educativi territoriali  Giovani e …sport, cultura, tempo libero  Assistenza domiciliare e offerte di aggregazione

Staff presente: Cristina Tartarotti (PDZ), Fabrizio Riccomi, Davide Continati (Nerosubianco srl)

Verbale della seduta

Introducono l’incontro Tartarotti e Riccomi, riprendendo le fila dell’incontro precedente e sottolinenando i concetti fondamentali riferiti a ricerca, al patto sociale e al Piano di Zona in via di costruzione nel 2009. Gli obiettivi del secondo incontro sono quelli di parlare di giovani e politiche giovanili, rilevare i bisogni e tentare strade di approccio nuove verso i beneficiari intermedi.

Delmenico elenca le varie forme di aggregazione presenti sul territorio, da Mondolandia al CAG di Volta, dall’educativa di strada al CAG di Medole, al nuovo C’entrodentro di Guidizzolo. Sostiene che l’offerta in questo settore è buona, e anche omogenea sia nelle azioni che negli spazi aggregativi. Soprattutto la fascia pomeridiana si rivela ben coperta, l’esigenza che si sente è piuttosto quella di garantire alle famiglie sempre un contenitore.

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Secondo Tartarotti, esiste peraltro una certa frammentarietà nelle proposte all’interno di ogni comune (sport, danza, ecc.). E’ importante garantire la copertura del pomeriggio ma anche pensare l’offerta di luoghi diversi.

Delmenico cerca di individuare i ragazzi che partecipano: in alcuni posti si tratta di contenitori generali classici (vedi CAG Medole); a Volta invece viene costantemente tarato e ripensato; non è solo un doposcuola, ma vengono pensati laboratori, sostegno e iniziative diverse. Le presenze sono buone, circa 20 persone a pomeriggio, mentre altre iniziative vengono pensate per un’età più alta (16-25) che organizzano e pensano cose da fare per loro a Volta.

Quarenghi sostiene che non esiste una progettazione a lunga scadenza, le offerte sono una sorta di supermercato, ma i ragazzi non sempre sono guidati. A Castiglione esiste Mondolandia che è un centro per bambini stranieri, ci sono laboratori qua e là, ma manca un coordinamento, peraltro molto difficile.

L’assistente sociale di Castiglione afferma che uno dei problemi che si manifestano è la sovrapposizione degli orari; poi in estate calano biologicamente le presenze. Ci sono offerte varie anche a Castiglione, ma si fa fatica a coinvolgere e si è scollegati dal resto del territorio.

Riccomi lancia due provocazioni / domande: dove investire e come programmare senza escludere qualche target.

L’assessore Ghisolfi di Guidizzolo sostiene che l’area critica sono i 13 anni, al passaggio dalle ex medie alle superiori, oltre a capire la differenziazione tra le necessità degli italiani e degli stranieri. La famiglia tende a chiedere il quotidiano e si preoccupa soprattutto di quello.

L’assistente sociale di Castiglione sostiene la diversificazione delle attività, anche perché non tutte le offerte sono viste allo stesso modo da tutte le famiglie, benestanti o no, italiane o straniere.

Tartarotti sottolinea che alcuni stranieri sono automaticamente esclusi perché hanno difficoltà di accesso.

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In generale si sostiene necessario: privilegiare i servizi essenziali; occhio di riguardo all’età critica 12/13 anni; offrire servizi validi ai ragazzi ma aiutare le famiglie che lavorano; leggere le difficoltà e le richieste delle famiglie.

Del Menico sostiene che la molteplicità non è vincente. Alla fine i servizi essenziali vanno a finire verso i ragazzi e le famiglie più deboli. Vale la pena dunque continuare così con questa rincorsa? Spesso subentrano anche i problemi relativi alle rette di accesso ai servizi che spesso anche nei Grest spiazzano. Agosto poi è un mese scoperto ovunque.

Quarenghi propone di investire su: 1) trasporti: la logistica in tal senso è necessaria. 2) investire di più nella programmazione, cercando di investire in tal senso le risorse 3) abbattere il più possibile le rette di accesso.

Delmenico afferma che è necessario lavorare sulle motivazioni dei ragazzi, creare solo il contenitore non basta. Sottolinea anche che la parrocchia è sempre in grado di aggregare in maniera migliore rispetto al privato sociale.

Riccomi riassume la mattinata sottolineando la necessità di arrivare a raggiungere circa 300 ragazzi che sono nelle liste di attesa. Vanno verificati i problemi della custodia e i punti essenziali qui emersi da inserire nel PDZ.

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Focus Group n. 3

AREA FASCE DEBOLI (STRANIERI, IMMIGRATI, DISOCCUPATI)

17 luglio 2008 – Sala Giunta – Castiglione delle Stiviere

Ordine del giorno

AREA FASCE DEBOLI E INSERIMENTO LAVORATIVO (DISOCCUPATI, STRANIERI, IMMIGRATI)  Servizi di orientamento, supporto scolastico, alfabetizzazione per stranieri  Formazione professionale  Politiche territoriali di impatto  Progetti sul disagio e sulle fasce deboli

Staff presente: Cristina Tartarotti (PDZ), Davide Continati (Nerosubianco srl)

Verbale della seduta

Introducono l’incontro Tartarotti e Continati, riprendendo le fila dell’incontro precedente e sottolinenando i concetti fondamentali riferiti a ricerca, al patto sociale e al Piano di Zona in via di costruzione nel 2009. Continati esplicita gli obiettivi di questo focus group: capire quello che c’è e le risorse a disposizione rilevare i bisogni che ci sono o vengono percepiti proporre idee soluzioni e stimoli di intervento tarare la ricerca e stimolare la creazione del PDZ 2009

Tartarotti (PDZ) afferma che sono attivate in tutti i comuni gli interventi ad personam sulla disabilità, anche sui non certificati. Esistono interventi sul supporto scolastico pomeridiano. Tutti i comuni propongono inserimento scolastico e alfabetizzazione per adulti (centro EDA). Non c’è continuità negli interventi e nessuna omogeneità: qui

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AMBITO TERRITORIALE DISTRETTO DI GUIDIZZOLO PIANO SOCIALE DI ZONA bisogna lavorarci. Sono stati organizzati anche incontri serali distrettuali per donne.

IC Volta afferma che esiste una convenzione tra i Comuni di Volta, Monzambano e Ponti, con finanziamento comunale, per 300 ore di mediazione culturale. Lo spazio compiti pomeridiani è misto, con bambini italiani e stranieri. Inoltre esiste il progetto Alchimia, 9 ore pomeridiane. E’ stata impostata la Banca dati degli stranieri, attraverso il quale si tende a tenere sotto controllo gli spostamenti delle varie etnie. C’è in tutti i Comprensivi del territorio.

Tartarotti (PDZ) afferma ce verrà creato il tavolo PEI, un progetto che prende in carico il nucleo famigliare. Il primo esperimento sarà di sei mesi a castiglione. Vengono messe in atto politiche sulla intercultura e aiuto al territorio. E’ importante fare capire agli stranieri la rilevanza del mondo scolastico. In alcune culture la scuola è importante, in altre l’informazione arriva subito ma non dalle istituzioni o dai servizi, ma dai loro concittadini che già sono in Italia da tempo. L’obiettivo per tutto il distretto è cercare degli strumenti validi per l’intercultura. Si deve lavorare sul territorio nei gruppi etnici, finora si sono utilizzati supporti generali.

Quarenghi (Mosaico) sottolinea l’importanza della progettazione condivisa. Importante investire in formazione anche per gli insegnanti, non solo per i minori. Chi partecipa ai doposcuola è straniero, ma di fatto ha mentalità completamente italiana. Servono strumenti nuovi per una diversa cultura. Inoltre fondamentale è dare una sorta di alfabetizzazione per il lavoro, sopperire alla mancanza di risorse al momento di cercare lavoro e magari compilare un foglio. E’ necessario applicare un modello che tenga conto dei desiderata più che della scientificità. Dare uniformità agli interventi è fondamentale. Sono carenti anche i servizi di orientamento; forse è necessario creare un protocoll preciso su chi e dove rivolgersi alla bisogna. Spesso si ha a che fare con gruppi etnici che non rappresentano nessuno in particolare ma che vogliono proporre qualcosa. E’ necessario a volte aumentare le risorse per i mediatori culturali.

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Tartarotti (PDZ) annuncia due progetti integrati del PDZ. Nelle scuole si vuole incidere maggiormente verso la formazione degli insegnanti, approfondendo il rapporto con le funzioni strumentali lavorare in rete e approfondire. La strategia è difficile, ma va coltivata e decisa co i dirigenti scolastici. Il secondo aspetto è quello dell’intercultura e precisamente della creazione di un centro interculturale, che funga da contenitore virtuale o reale che contenga tutto quello che serve e che si raccoglie.

IC Volta dice che sono stati individuati corsi formativi nel piano formazione e nella 626; le scelte sono state libere, discreta la risposta.

Resp. Serv. Soc. Castiglione sottolinea la necessità di lavorare in sinergia e in rete il più possibile.

Continati mette sul tavolo una riflessione sul modo di porsi e di vivere degli stranieri rapportati al centro urbano o rurale dove si insediano.

Ass. soc. Ponti sostiene che anche nel loro territorio sono difficili le risposte da dare, spesso è difficile avvicinare alcune etnie, o capire il loro modo di porsi al problema. In un paese piccolo i riferimenti latitano.

Gaiozzi (Olinda) sostiene che in realtà non usufruiscono appieno dei servizi né in un centro piccolo che in uno grande.

Continati mette sul tavolo il secondo aspetto relativo alla disoccupazione italiana.

Ass. soc. Ponti vede il disoccupato come maschio, ultra 40enne, magari separato; oppure persone non in grado di entrare nel mondo del lavoro.

Resp. Soc. Castiglione sostiene che la distanza tra domanda e offerta è ampia, per gli stranieri ci sono a volte problemi di mancanza di documentazione che inibisce l’accesso al lavoro. Per gli italiani, Castiglione ha in essere ottimi rapporti di collaborazione con le agenzie interinali con le quali sono in corso percorsi comuni, sia pure complessi. Per molti la ricerca del lavoro è facile, per altri no.

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Tartarotti (PDZ) sostiene che la richiesta alta è negli opera specializzati.

Gaiozzi (Olinda) sostiene che a volte è difficile trovare professionalità medio basse; E’ necessario fare investimento su orientamento e formazione giovanile.

Quarenghi (Mosaico) sottolinea il diverso approccio tra capacità e prospettive degli stranieri.

Continati e Tartarotti mettono sul tavolo l’argomento finale: disabilità e anziani.

Gaiozzi (Olinda) sostiene che i problemi reali si manifestano con le disabilità medio o medio/lievi, soprattutto al termine della scuola. Per questi casi di disabilità non grave, spesso si attuano soluzioni “tappabuchi”. Le famiglie spesso si arrabattano, le borse lavoro spesso sono una vera chimera. Un’altra cosa che manca è la fruizione del tempo libero per questi disabili medio / lievi. Sarebbe un settore dove intervenire (es. laboratori, concerto, uscite, cinema…).

Ass. soc. Ponti sostiene che esistono grossi problemi anche per i disabili psichici. Non ci sono strumenti validi di intervento. Inoltre anche chi esce dal carcere non ha modo di ammortizzatori sociali.

Resp. Soc. Castiglione sostiene che per gli anziani c’è il mercato enorme delle badanti, ma offerta e domanda sono spesso fuori asse o esistono strani meccanismi di reclutamento o situazioni confuse. L’ente pubblico può dare prestazione di aiuto ma non è in grado di supportare la custodia e il servizio. A Castiglione ci sono minialloggi per anziani ed è stato messo un custode. I Centri Diurni vanno bene, ma a volte serve il trasporto che non esiste. Andrebbe un po’ ripensato il modello.

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CAPITOLO 3 LE INTERVISTE NEI COMUNI ALLE FAMIGLIE: RISULTATI E ANALISI

3.1 Analisi del campione

Il campione selezionato ha consentito di effettuare 103 interviste sul totale di 150 complessivo. L’obiettivo minimo di 100 interviste nei vari comuni è stato dunque raggiunto senza particolari difficoltà. Come previsto e auspicato, maggiore è stata la presenza, nel campione, di rappresentanti femminili. Le donne, infatti, come si evince dalla tabella 1 sottostante, pesano per circa tre quarti dell’intero ammontare di intervistati.

Tabella 1 – Sesso degli intervistati % Uomini 25,24 Donne 74,76

Dal punto di vista dell’età del campione, si può ricavare un dato complessivamente equivalente tra maschi e femmine, con un range di età che si aggira attorno alla soglia, o poco oltre, dei quarantenni; in generale peraltro, le donne manifestano un’età media un po’ più bassa di qualche anno rispetto agli uomini. La tabella 2 ne fotografa appunto questo dato.

Tabella 2 – Età media del campione Uomini 40,7 Donne 37,9

Proseguendo l’analisi del campione intervistato, che fa riferimento a un universo di 103 persone, si può notare una base di studio piuttosto elevata rispetto alle medie nazionali. Infatti la quota di laureati si avvicina addirittura al 20%, segno evidente di una professionalità piuttosto spiccata. La percentuale di persone che possiedono un titolo di studio da maturità o scuola superiore o dei

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AMBITO TERRITORIALE DISTRETTO DI GUIDIZZOLO PIANO SOCIALE DI ZONA diplomi triennali si avvicina sensibilmente alla metà dell’intero universo campionario. La scuola dell’obbligo invece riguarda circa un terzo degli intervistati. In generale si può sostenere di avere a che fare con un campione piuttosto “alto” dal punto di vista culturale, il che genera due considerazioni: la prima è che il dato del titolo di studio non era una delle discriminanti necessarie per la compilazione del campione e pertanto il dato è da considerarsi puramente indicativo. La seconda considerazione è che il campione esprime un giudizio di merito che va filtrato anche in considerazione del livello di istruzione che ne emerge. La tabella 3 riassume graficamente i dati qui commentati.

Tabella 3 - Titolo di studio del campione % Scuola media superiore o diploma triennale 48,0 Scuola dell’obbligo 33,0 Laurea, specializzazione post Laurea, ex-Laurea breve 19,0

In relazione allo stato civile, si è preferito già in partenza, nel selezionare il campione da estrarre in ogni comune, privilegiare famiglie nelle quali ci fosse un nucleo fondato principalmente sul matrimonio e, in seconda battuta, eventualmente sulla convivenza. Si spiegano così i dati della tabella 4 che include anche due percentuali minimali in relazione a persone non sposate o divorziate o separate. Oltre nove intervistati su dieci comunque sono sposati, oltre il 95% è sposato o, comunque, convive con il partner.

Tabella 4 – Stato civile Coniugato/a 91,26 Separato/a o divorziato/a 3,88 Convivente 2,91 Nubile / celibe 1,94

Il numero di figli per gli intervistati è stato un elemento di indubbio interesse; la grande maggioranza del campione (oltre la metà) dichiara di possedere due figli, mentre un quarto ha almeno un figlio. Quasi un intervistato su cinque ha almeno tre figli, ed è un dato piuttosto alto, visto il livello di natalità piuttosto basso mostrato negli ultimi decenni dall’Italia. In questo conteggio peraltro sono

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AMBITO TERRITORIALE DISTRETTO DI GUIDIZZOLO PIANO SOCIALE DI ZONA compresi anche alcuni elementi stranieri che possono aver spostato il baricentro del conteggio verso l’alto. In linea di massima incrociando, nei dati del campione, la presenza di stranieri (che storicamente mettono al mondo più figli) con quella dell’alto livello scolastico (che presuppone un reddito più alto e quindi una maggiore predisposizione a “fare più figli”) si può più facilmente spiegare la presenza di un 17% abbondante di famiglie che possiede almeno tre figli. Pressoché irrilevanti, statisticamente, le famiglie senza figli.

Tabella 5 – Numero di figli Nessun figlio 2,02 Un figlio 24,24 Due figli 56,57 Tre o più figli 17,17

Dal punto di vista della nazionalità, nove intervistati su dieci sono italiani. La scelta era stata fatta in partenza ed è stata rispettata in maniera piuttosto precisa nella scelta del campione. Le nazionalità di riferimento per gli stranieri intervistati vanno dall’Europa dell’Est all’Africa, all’Asia. L’alto mantovano (e in particolare Castiglione delle Stiviere) è storicamente una delle zone maggiormente coinvolte nell’immigrazione straniera.

Tabella 6 - Nazionalità Italia 89,22 Bangladesh 1,96 India 1,96 Ucraina 1,96 Moldavia 1,96 Albania 0,98 Ghana 0,98

Romania 0,98

Dal punto di vista della residenza, prevale Castiglione delle Stiviere che conta oltre un quarto degli intervistati. Per sola curiosità statistica, ecco, nella tabelle 7, la dislocazione residenziale degli intervistati e delle loro famiglie.

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Tabella 7 - Comune di residenza Castiglione delle Stiviere 26,21 Volta Mantovana 17,48 Guidizzolo 14,56 Monzambano 11,65 Cavriana 10,68 Medole 8,73 Solferino 5,83 Ponti sul Mincio 4,85

Un ultimo aspetto in grado di fotografare i 103 intervistati nelle famiglie dell’alto mantovano è quello riferito all’attività lavorativa. In alcuni casi è stato indicato il settore di appartenenza, in altri la mansione lavorativa vera e propria; in questo senso la lettura dei dati è stata un po’ più difficoltosa, ma ha comunque prodotto la tabella 8 sottostante.

Tabella 8 – Professione/settore lavorativo del campione

Operaio, commesso, ausiliario e simili 37,76 Impiegato 19,39 Insegnante 8,16 Tecnico 5,10 Casalinga 4,16 Libero professionista 4,08 Barista / commerciante 4,08 Artigiano 3,06 Disoccupato 3,06

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Operatore sanitario 3,06 Agricoltore 2,04 Badante / assistente anziani 2,04 Edilizia 2,04

Spiccano le due professioni generiche più note (operaio e simili da una parte, impiegato e simili dall’altra). La loro presenza è comunque forte nel campione tanto da monopolizzare più della metà degli intervistati. Di spicco, percentualmente la zona subito inferiore che conferma il buon livello culturale e scolastico del campione: sommando gli insegnanti, i liberi professionisti e i tecnici di varia natura, ci si avvicina quasi a un quinto del campione, dato che fa il paio con quello mostrato nella tabella 2 sulla scolarità.

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3.2 Orari di lavoro ed esigenze di conciliazione

Uno degli aspetti più interessanti da verificare nella chiacchierata con le famiglie interpellate era l’approccio di soddisfazione, o meno, rispetto ai propri orari di lavoro. Tale parere andava peraltro incrociato con quello, ancora più importante, relativo alle esigenze di conciliazione dei tempi in famiglia. Detto che le tabelle 9 e 10 sottostanti si preoccupano di dare un quadro complessivo delle risposte date dai 103 intervistati in relazione agli orari di lavoro e al livello di soddisfazione, si può riassumere in alcuni punti quanto emerso: a) circa la metà del campione lavora in orario spezzato con pausa pranzo sul luogo di lavoro oppure direttamente a casa propria: questo comporta comunque un impegno orario continuativo quotidiano; b) circa un quinto lavora su turni (in alcuni casi anche notturni); da un certo punto di vista tale dislocazione temporale lavorativa può favorire una conciliazione con incastri tra i partners più favorevoli; c) le altre tipologie di turno (con sola mezza giornata o un turno unico prolungato) sono percentualmente meno rilevanti

Tabella 9 - Orario di lavoro Spezzato (mattino + pomeriggio con pausa pranzo) 50,6 Turni 19,3 Prolungato (sempre stesso turno senza pausa pranzo) 16,9 Solo mattino 10,8 Solo pomeriggio 2,4

Il campione si dichiara piuttosto soddisfatto dell’orario di lavoro attuale; sono quasi tre su quattro che rispondono in questo modo; è giusto rimarcare che il campione possiede un livello di professionalità e una scolarità piuttosto alte, indice di lavori con gestioni orarie e lavorative spesso più facilmente conciliabili con la famiglia. Di minor valore quantitativo le percentuali sulle altre risposte, ma è importante sottolinearne le due più cospicue; mentre da un lato circa un decimo del campione mostra, al contrario della stragrande maggioranza, totale insofferenza rispetto all’orario lavorativo, dall’altro lato è interessante notare

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AMBITO TERRITORIALE DISTRETTO DI GUIDIZZOLO PIANO SOCIALE DI ZONA l’ipotetica richiesta, o per meglio dire, l’auspicio e la speranza di poter cambiare il proprio lavoro a tempo pieno con un part-time.

Si tratta di una espressione di volontà, quella del part-time, che cozza con la realtà e che dimostra l’esigenza di ridiscutere in alcuni casi gli approcci lavorativi in tal senso. Va sottolineato peraltro che in Italia la media delle donne occupate a tempo parziale è del 16% circa; va tenuto conto che la media della UE15 è attorno al 34%. In questo caso la ipotetica via della conciliazione passa non tanto per la proliferazione di impieghi a tempo parziale, quanto alla modulazione delle tempistiche stesse alle esigenze famigliari. La Strategia Europea della Occupazione parla chiaramente di tempi flessibili, banche del tempo, settimana corta o super corta, job sharing tra due o più lavoratori, telelavoro, riduzioni temporanee del lavoro. Tutti questi aspetti avranno una loro migliore collocazione nel capitolo sulle aziende ma già da questi dati può fare emergere alcuni interessanti stimoli. Di scarso peso percentuale le rimanenti risposte della tabella 10.

Tabella 10 - Livello di soddisfazione dell’orario di lavoro Soddisfatto 72,3 Per niente soddisfatto 9,6 No, cambierebbe con un part time 9,6 No, orario di inizio lavoro è troppo presto 2,4 Abbastanza soddisfatto 2,4 No, lavorerebbe solo al pomeriggio 1,2 No, eliminerebbe pausa pranzo 1,2 No, cambierebbe con orario continuato 1,2

L’aspetto più interessante di questa parte dell’intervista riguarda l’analisi qualitativa delle risposte sulle esigenze, personali o famigliari, che rendono difficile la conciliazione degli impegni e dei tempi tra famiglia e lavoro. Un tema, questo, che verrà ampiamente trattato e approfondito nel settore relativo ai questionari aziendali somministrati.

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Balzano all’occhio immediatamente due cose: la prima riguarda l’assenza di particolari difficoltà di conciliazione (tre famiglie su dieci rispondono in questo modo); la seconda considerazione dice che l’aspetto della gestione famigliare dei figli, sia dal punto di vista del trasporto scolastico sia dal punto di vista delle incombenze più prettamente casalinghe) impegna in maniera costante la famiglia e la costringe a ipotizzare modifiche nella agenda giornaliera. Se aggiungiamo la risposta terza in graduatoria che racchiude le problematiche più squisitamente scolastiche, viene raggiunto oltre un terzo degli intervistati. La presenza dei figli e la loro gestione dunque sono l’aspetto più di rottura tra l’esigenza di lavoro, l’orario del lavoro stesso e la gestione ordinaria delle attività famigliari.

La tabella 11 qui sotto è la depositaria delle risposte raccolte.

Tabella 11 - Esigenze famigliari e/o personali che rendono difficile conciliare impegni famiglia/lavoro

Gestione complessiva dei figli 26,14 (compiti, malattie, trasporto per la scuola o attività, orari) Pochi spazi per sé, per i figli e per la famiglia 10,23 Problemi scolastici vari 9,09 (orari riunioni, pre e post scuola troppo brevi, orari scolastici rigidi, mancanza servizi infanzia nei festivi) Mancanza conciliazione tempi o ferie marito / moglie 5,68 Gestione casa (faccende domestiche e simili) 5,68 Assistenza agli anziani o ai genitori anziani 2,27 Lavoro integrativo serale o tipologia di lavoro pesante 2,27 Orari incompatibili con gli uffici comunali 2,27 Coniuge senza patente 1,17 Orari lavorativi 1,17 Poche ferie 1,17 Difficoltà di spostamento sul territorio 1,17 Nessuna difficoltà particolare 28,41

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Il problema del tempo con i figli merita però anche nuove forme di attenzione luce di quanto emerge dagli intervistati, soprattutto genitori, e cioè del poco tempo che rimane per i figli in presenza di un lavoro che assorbe entrambi, e, in generale, di come quel tempo possa essere anche caratterizzato da stanchezza e nervosismo. Si tratta di elementi forti, di valutazioni che inducono ad una riflessione profonda sulla conciliazione complessa tra lavoro e famiglia Sorge dunque, sullo sfondo di tale considerazione, anche la questione se vi sia reale padronanza ed esercizio delle funzioni ai genitori richieste, o se siamo piuttosto in presenza di un approccio affrettato dettato da ritmi di vita.

Ci si trova sostanzialmente a chiedere se la società della conoscenza e della competizione, del mercato e del consumo, del guadagno e dei beni materiali, consenta spazi e tempi per l’educazione dei figli, per l’esercizio di ruolo o se i padri e le madri siano soltanto in grado di garantire ai figli una minima sicurezza economica e ogni attenzione e cura per la salute fisica e rivolta al benessere. Si tratta di interrogativi inquietanti e dolorosi, suggeriti da scenari di vita, da letture di situazioni, da singoli eventi o da fenomeni più generali. Si riscontra difficoltà intorno a questo tema, che va a collocarsi in un quadro di complessità. E la complessità non consente risposte facili e neppure uniche (Bottura, Continati, 2007).

Il Nono Rapporto CISF sulla famiglia in Italia (2005) affronta la questione del rapporto tra famiglia e lavoro con ampiezza di studio e di approfondimento che riflettono esperienze e analisi comparate. Nella sua presentazione del Rapporto il professor Pierpaolo Donati specifica come “l’aggressività del mercato, la corsa ai consumi, e a livelli più elevati di welfare, costringono oggi a chiedersi quali compiti legati alla cura dei figli o di altri familiari o all’economia domestica debbano essere assolti in prima persona e quali sia invece possibile o più opportuno delegare ad altri“ .

Il sociologo, studioso della famiglia, ritiene che a questi interrogativi non sia possibile un’unica risposta, ma che resta fondamentale avere chiara percezione che l’assunzione di compiti e di responsabilità “richiede tempo, sia in termini di quantità che di qualità”.

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Il tempo dunque è indicato nella sua centralità di risorsa. E se la situazione finanziaria – continua Donati – può essere indicatore per dire se una famiglia è povera o benestante, non va però considerato come unico, perché “la disponibilità di tempo incide infatti in modo altrettanto significativo sulla qualità della vita e la salute di bambini e adulti“.

Un intervistato su dieci, nelle nostra indagine, dichiara però che anche la mancanza di spazi temporali adeguati per la cura del sé e per le proprie famiglie; una sfumatura più accentuata sull’aspetto meramente temporale della gestione della giornata, ma una risposta che va comunque a braccetto con le precedenti. Le faccende domestiche vanno di pari passo, percentualmente, con le ferie, o meglio con il mancato o difficoltoso incastro delle ferie tra i partners. Si tratta di due aspetti peraltro non da sottovalutare, sia per le necessità quotidiane di una vita famigliare, sia per la obiettiva esigenza di utilizzare il periodo di riposo più lungo dell’anno in maniera sinergica. Variegate le altre risposte che vengono lasciate alla visione del lettore; si tratta di punti di vista e di angolature diverse che comunque fanno riferimento a una vita famigliare di lavoro e gestione del quotidiano.

Per giungere a una serie di valutazioni conclusive sul tema della conciliazione complessa, secondo quanto stanno esprimendo studiosi in materia, ci si rifà a un interrogativo inquietante:“Dovendo scegliere tra lavoro (fonte di reddito e di indipendenza economica) e famiglia (impegni di cura e responsabilità interne), a chi dedicarsi di più?” E soprattutto c’è modo di non fare una scelta obbligata e magari sfavorevole all’uno o all’altro?

Il “conflitto” tra famiglia e lavoro sta dentro a diversi problemi del tempo in cui viviamo. L’incertezza del lavoro è già di per sé ostacolo al formarsi della famiglia, come testimoniano molti giovani che ne rimandano sempre più avanti nel tempo il suo costituirsi, sapendo di costi certi e in presenza di reddito non sempre sicuro se non addirittura precario.

Altro elemento del conflitto è dato dal lavoro della donna, motivo di esigenza di realizzazione di sé e necessità di reddito famigliare, spesso costretta a rinviare la maternità o comunque chiamata a sommare lavori che male si conciliano con

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AMBITO TERRITORIALE DISTRETTO DI GUIDIZZOLO PIANO SOCIALE DI ZONA i tempi che il lavoro di cura richiede. Quest’ultimo aspetto vale anche per l’uomo che lavora, non certo esonerato dall’impegno di costruire benessere relazionale all’interno della famiglia, con tempi di permanenza adeguati ai bisogni. Nelle società dove più che in altre affiorano problemi di questa natura, si cerca di correre ai ripari, di tentare percorsi per agevolare la vita famigliare di chi lavora.

Uno scenario possibile poggia su politiche che tendano ad agevolare l’accesso al lavoro. La conciliazione viene pertanto pensata “come un insieme di misure negoziate tra stato e mercato“ in una logica di incremento della occupazione che mette reddito a disposizione della famiglia. Il reddito dunque visto come risolutore dei problemi della famiglia. In questo scenario la famiglia deve trovare al proprio interno le conciliabilità con le esigenze del lavoro produttivo esterno. Un secondo scenario tende a pensare la conciliazione “come un insieme di misure concrete per facilitare la relazione tra i due ambienti di vita“ rappresentati dal lavoro produttivo e dal lavoro di cura. Le tesi presenti nel Nono Rapporto CISF, così come alcuni contributi in altri volumi recenti dell’Osservatorio nazionale sulla famiglia, si esprimono a sostegno di questa seconda strategia (Bottura, Continati, 2007).

La conciliazione non va dunque intesa solo “come riflesso tra la politica e l’economia“ per l’incrementazione dell’occupazione, ma come prassi di relazione tra lavoro produttivo e lavoro di cura sostenuta da una pluralità di attori: governi centrali e locali, imprese, sindacati, associazioni del terzo settore. La conciliazione dunque diventa risultato di attenzioni e di relazioni. Far sì che le aspirazioni e le responsabilità lavorative diventino compatibili con aspirazioni e responsabilità genitoriali: questa la sfida principale.

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3.3 Famiglie e figli

Quando le mamme e i papà lavorano chi si occupa dei figli? E’ questo il nodo centrale della conciliazione che tende a voler dare una risposta al quesito. Si tratta in sostanza di una sfida per la famiglia e per i genitori, un modo per mettersi, anche, alla prova sul piano organizzativo e finanziario. Ma non solo, si tratta di mettere insieme spinte emotive e psicologiche a volte non indifferenti. Va poi aggiunta la sfida “nuova” per la famiglie con bimbi di appena un anno, provenienti dal contesto protettivo (e a volte iper protettivo) della famiglia.

L’intervista alle famiglie ha ispezionato questo settore, dividendo i bambini di età inferiore ai tre anni, quindi in “zona asilo nido” da quelli con età tra i tre e i sei anni, che frequenterebbero la scuola per l’infanzia. Le tabelle 12 e 13 danno il panorama delle risposte ottenute. Un primo importante fattore che emerge, soprattutto dalla prima delle due tabelle è di un ammortizzatore sociale “pesante” e sui generis: i nonni.

Tabella 12 - Affidamento dei figli di età inferiore a tre anni quando si è al lavoro % Ai nonni 50,0 Al partner 23,53 All’asilo nido 20,59 Alla baby sitter 5,84 Ad altre persone o lo porto con me 2,94

Tabella 13 - Affidamento dei figli di età tra i tre e i sei anni quando si è al lavoro % Alla scuola per l’infanzia 43,42 Ai nonni 30,26 Al partner 14,47 Alla baby sitter 9,2 Ad altre persone 2,41

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Metà delle famiglie intervistate con figli entro i tre anni di età affidano ai nonni i loro bambini. Anche in presenza di altre opzioni, i nonni rimangono una forma di aiuto e di servizio preziosissima se non irrinunciabile. La loro incidenza nella vita famigliare rimane alta anche quando i bambini crescono un po’. E’ vero la loro quota si riduce dalla metà a un terzo (30,26%), ma rimane altamente significativa. I nonni garantiscono un ambiente protetto e conosciuto, sono persone comunque di famiglia, tendono a rendesi garanti di un’educazione tradizionale e continuativa, e soprattutto costano poco. Le alternative sono tante ma non sempre praticabili: gli asili nido (20,59%) pongono spesso interrogativi alle coppie su costi, gestione, orari, qualità del servizio. Vi torneremo tra poco. La baby sitter, in casa o al suo domicilio, si rivela sicuramente un’alternativa valida se il suo affiancamento al bambino viene ritenuto educativamente all’altezza, ma anche questa opzione ha costi alla lunga non sempre sostenibili. Il partner diventa una logica via di uscita ma solo nel momento in cui i tempi della conciliazione lo permettono (in linea di massima non devono coincidere gli orari di lavoro, quindi essere in presenza di turni o orari prolungati). Altre persone cui affidare il figlio non sembrano essere una ipotesi presa seriamente in considerazione dalle famiglia (siamo poco oltre il 2%). Prende corpo invece piano piano la scuola dell’infanzia cui fa riferimento oltre il 43% delle famiglie intervistate.

Tornando agli asili nido, in molti paesi europei la loro disponibilità e il loro costo sono un problema per le famiglie. Sul territorio del Distretto dell’Alto mantovano si registra una sostanziale scarsità di nidi gestiti direttamente dai Comuni e una notevole presenza gestionale di realtà private, in particolare affidate alle cooperative sociali. Diversa è anche la dislocazione e il funzionamento tra le diverse realtà territoriali. Sull’area minori, più in generale, come si evince dai focus group svolti, esistono realtà più consolidate e con dimensioni territoriali precise; in generale però esistono diversità verso le liste di attesa, molto diverse da paese a paese, così come le diverse capienze dei servizi di nido. Inoltre i poli di attrazione maggiore sono Medole, Guidizzolo e Castiglione che rappresentano oltre l’80% dell’offerta.

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La gestione dei nidi, per un ente privato, cooperativa o associazione che sia, è divenuta particolarmente faticosa, in relazione al rispetto degli standard imposti dalla Regione e dall’ASL, alla gestione dell’aspetto pedagogico e del personale, ai fornitori. Tendere al risparmio delle risorse e studiare le scelte delle famiglie su alcuni fattori indicatori come ore di frequenza, flessibilità, famigliarità è uno dei possibili stimoli di riflessione. Programmare non significa negare nuove strutture, anche perché le rette diventano troppo alte se non ci sono gli aiuti dell’ISEE.

Gli orari dei nidi e l’entità delle rete rappresentano comunque l’aspetto sul quale interrogarsi e cercare le risposte più adatte. La tabella 14 delle risposte ottenute in merito alle difficoltà sulla frequenza dei figli a scuola è significativa, pur tenendo conto, come filtro di lettura, che vengono qui compattati anche bambini un po’ più grandi. Tuttavia, la rigidità degli orari scolastici e il calcolo delle rette con la loro reale portata economica sono gli aspetti di maggiore discussione e risposta.

La differenziazione delle rette tramite calcolo del reddito non sono sempre ben visti dalle famiglie, le quali comunque lamentano una cifra complessiva troppo alta.

Tabella 14 - Difficoltà maggiori in relazione alla frequenza dei figli a scuola Orari scuole troppo rigidi, mancanza di flessibilità oraria 25,00 Nessuna difficoltà particolare 23,39 Retta trasporto scolastico troppo alta 12,10 Rette asili troppo alte, calcolo sbagliato rette 11,29 Rette mensa troppo alte 8,06 Mancanza di progetti innovativi per la scuola o il dopo scuola, 6,45 assenza di dopo scuola o servizi pomeridiani per i bambini Problemi nel trasporto casa/scuola o casa/stazione ferroviaria 2,41 Materiale scolastico costoso 1,61 Mancanza asilo comunale 1,61 Scarsa integrazione alunni stranieri o rallentamento apprendimento 1,61 in loro presenza Difficoltà gestionale dei figli in mancanza di scuola (es. periodo estivo) 1,61

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Contributi insufficienti alle famiglie 0,80 Mancanza di sicurezza all’entrata e uscita da scuola 0,80 Mancanza nidi aziendali 0,80 Mancanza di nidi famiglia 0,80

In certi casi la scelta di ricorrere all’aiuto dei nonni, anche per evitare la spesa dell’asilo nido, appare evidente e capibile. In altri casi è possibile che alcune neo mamme preferiscano evitare di lavorare (o tornare al lavoro) fino al raggiungimento dell’età per la scuola materna (gratuita) dei figli. La scuola materna, o dell’infanzia per meglio dire, non risolve i problemi di conciliazione, anzi i suoi orari appaiono se possibili ancora più rigidi dell’asili nido, ma almeno è gratuita.

L’aspetto della spesa riguarda anche il settore del trasporto scolastico; soprattutto le famiglie di Volta Mantovana hanno denunciato una spesa troppo alta per il servizio. Interessante, sempre sotto l’aspetto delle spese a carico delle famiglie, sottolineare che anche le mense scolastiche, per l’8% delle famiglie, costano troppo. Vista la crisi economica e finanziaria che sta vivendo l’Italia – e non solo – pensare o ripensare politiche di spesa finalizzate al calo dell’esborso delle rette per l’infanzia può essere un importante punto di partenza.

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3.4 Famiglie e servizi

Un argomento vicino rispetto alla conciliazione dei tempi è quello dell’accesso e dell’utilizzo dei servizi. La scelta di questa indagine è stata quella di agire in doppia direzione. Relativamente alle famiglie, si è scelto di istradarsi verso l’opzione di capire quali servizi a loro riservati vengono effettivamente utilizzati e quale giudizio di merito o di demerito le famiglie stesse sono in grado di dare, sia pure in maniera relativamente approfondita. In ultima analisi una domanda tendeva a fornire un quadro di servizi complessivi territoriali (non quindi focalizzati solo sulle famiglia tout court ) in modo da capirne le difficoltà di accesso soprattutto in relazione agli orari. Un simile quesito è stato somministrato, come si vedrà più avanti, anche ai lavoratori delle aziende del Distretto, che rappresentano, comunque, famiglie con lavoratori.

Nella tabella 15, si riassume il vasto universo di servizi che il territorio dedica alle famiglie. Alcuni non sono servizi esclusivi, altri in pratica lo sono. L’offerta del Grest (o Cred, o Crest che dir si voglia nelle sue varie forme) rappresenta una scelta vincente, tanto che ben una famiglia su quattro vi accede. Si tratta di un servizio prettamente estivo che è presente, in varie fogge, su tutto il territorio ed evidentemente si configura come un prolungamento intelligente del servizio scolastico. Pur non svolgendosi ad agosto (e infatti nella tabella 16 si vedrà che la segnalazione della mancanza di servizi estivi per bambini/ragazzi ad agosto è alta), i centri estivi fungono da preziosi elementi educativi, ricreazionali, di gioco, socializzanti. Al secondo e terzo posto in gerarchia si piazzano forme istituzionali di servizio: la scuola per l’infanzia, cui dichiara di approcciarsi buona parte delle famiglie, e le attività della Parrocchia, qui intese come quelle istituzionali durante l’anno scolastico. Entrambe le opzioni sembrano far leggere una sorta di approdo di sicurezza per i figli in ambiti controllati, sicuri, educativi, equilibrati.

Di buon valore l’approccio allo sport, che pareggia le attività parrocchiali; a queste attività peraltro accedono ovviamente anche i genitori e gli adulti. Il 9% degli intervistati ha risposto che i loro figli accedono ai Centri di Aggregazione Giovanile o ai Centri Educativi, una nuova forma di approccio per le attività pomeridiane che in alcuni paesi sta riscuotendo un buon successo e una fase

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AMBITO TERRITORIALE DISTRETTO DI GUIDIZZOLO PIANO SOCIALE DI ZONA di crescita. In queste interviste sono stati molto nominati il Cag di Volta Mantovana e il Centro Educativo di Pille, nel Comune di Monzambano. In fase di lancio e di crescita quello di Guidizzolo. Hanno meno seguito gli altri servizi nominati, che possono essere valutati dal lettore nell’elenco.

Tabella 15 - Servizi per le famiglie di cui si usufruisce sul territorio Grest / Crest / Cred 23,64 Scuola infanzia 15,76 Attività della Parrocchia 12,73 Attività sportive (palestra, piscina, karate, ecc.) 12,73 Nessuno in particolare 9,69 Centro Aggregazione giovanile / Centro Educativo 9,09 Biblioteca / Ludoteca 4,85 Micro nido 4,24 Teatro / Scuola di musica 1,82 Centro Anziani o circoli privati 1,82 Prescuola o dopo scuola 1,21 Sade 0,61 Assistenza domiciliare 0,61 Consultori / Ambulatori 0,61 Corsi alfabetizzazione per stranieri 0,61

Quanto alle considerazione sui servizi stessi, la tabella 16 dà uno spaccato di valutazione molto interessante, perché è da questo che la riflessione deve partire. Un quarto degli intervistati dichiara di essere soddisfatto dei servizi offerti, definendoli buoni o ottimi. Una base di partenza notevole, se si considera che altre famiglie hanno comunque espresso tale convinzione a margine di richieste più importanti e di contorno, che sono state catalogate più sotto. Torna, come spettro, l’aspetto economico, dal momento che la risposta sulle rette troppo costose relative ai servizi si posiziona al secondo posto.

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Tabella 16 - Considerazioni sui servizi domanda precedente Servizi offerti complessivamente sono buoni o ottimi 25,80 Rette troppo alte, cambiare il calcolo delle rette 16,90 Manca o è insufficiente offerta estiva soprattutto ad agosto 10,10 Modificare orari scuole e servizi 6,74 Trasporti scolastici e del territorio non organizzati o carenti 6,74 Nidi con pochi posti disponibili o con orari poco funzionali 4,49 Poca informazione sui servizi disponibili 4,49 Mancanza di formazione per gli operatori dei servizi o cambiare il 3,37 metodo di reclutamento Potenziare offerta e orari biblioteche 3,37 Potenziare attività, accesso e orari oratorio 3,37 Mancano offerte pomeridiane soprattutto per adolescenti 3,37 Apertura limitata alcuni servizi o potenziamento servizi per infanzia 3,37 e adolescenza Gestione servizi solo in mano al Comune 1,12 Attivare il pedibus 1,12 Istituire incontri per genitori 1,12 Utile alfabetizzazione per stranieri 1,12 Costi alti per fare sport o per partecipare a servizi 1,12

Come già preannunciato, le famiglie sembrano voler segnalare la mancanza di servizi estivi ad agosto, un periodo nel quale non tutti usufruiscono delle ferie e nel quale spesso bambini e ragazzi si trovano senza il cordone di controllo famigliare o di un servizio. E’ un altro aspetto da tenere in considerazione, soprattutto nei centri dove si attuano chiusure prolungate agostane. Il dito è anche puntato sulla modifica degli orari delle scuole, troppo rigidi; un aspetto già segnalato in precedenza.

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Qua e là scorgiamo la richiesta di una maggiore informazione su quello che c’è, la richiesta di allargare l’utenza degli asili nido annullando le liste di attesa (in questo caso però è necessario fare un distinguo territoriale da comune a comune). Di grande interesse, infine, l’aspetto del trasporto scolastico che anche in questo caso viene piuttosto bistrattato definendolo poco organizzato o comunque carente.

In relazione all’aspetto sui servizi complessivi per il territorio e ai loro orari, le famiglie si sono espresse in maniera evidente nella tabella 17.

Tabella 17 - Servizi con orari meno funzionali alle esigenze Erano possibili quattro risposte % Uffici comunali 21,68 Uffici postali 11,95 Poliambulatori 10,62 Consultori, medici di base e distretti ASL 9,73 Scuola primaria e secondaria 7,08 Farmacie 6,19 Asili nido e scuola infanzia 5,75 Banche 5,75 Biblioteche e ludoteche 5,31 Nessuno 4,87 Negozi di paese 3,99 Mercati 3,09 Supermercati, ipermercati, centri commerciali 1,77 Impianti sportivi 0,88 Altro 0,88 Trasporti pubblici 0,44

Si chiede sostanzialmente di rivedere gli orari degli uffici comunali, degli uffici postali e soprattutto dei polimabulatori, dei consultori e dei medici di base ASL. Generalizzare in questo caso appare una forzatura, dal momento che ogni caso e ogni Comune ha sue proprie caratteristiche e suoi proprie virtuosità e criticità. Tuttavia questo quadro orario complessivo che se ne ricava (che andrà

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AMBITO TERRITORIALE DISTRETTO DI GUIDIZZOLO PIANO SOCIALE DI ZONA incrociato con le risposte provenienti dai lavoratori delle aziende, che, come vedremo, non si discostano particolarmente) mostra che comunque la famiglia tende a ritenere fondamentali gli aspetti di prima necessità: il Comune, e quindi l’istituzione, la posta, la salute. E il 7% di coloro che dicono che le scuole hanno orari poco funzionali non fanno che calcare la mano su un aspetto che dovrà essere oggetto di analisi approfondita.

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3.5 Famiglie e assistenza

Un altro degli aspetti che in qualche modo può rivelarsi fondamentale nell’economia della vita famigliare, della gestione quotidiana di orari e di impegni, è l’eventuale “gestione” di persone conviventi non autosufficienti, spesso anziane, spesso facenti parte della famiglia. L’incidenza della non autosufficienza è in rapida crescita in moltissimi paesi europei, sia per la crescita dell’aspettativa di vita, sia per lo studio e lo sviluppo di forme di sostegno messe a disposizione dai vari sistemi nazionali.

Una ricerca degli anni scorsi individua come soggetti non autosufficienti un 15% circa di ultra sessantacinquenni e un 40% circa di ultra ottantenni: parlare di rischio sociale non è azzardato. Le risorse provenienti dalle famiglie sono importanti e rappresentano, per chi ha bisogno, un segmento di aiuto molto forte se non fondamentale, quando ovviamente non vanno a intaccare altre necessità famigliari di conciliazione lavorativa e di cura.

Esistono anche molte strutture residenziali, esistono servizi domiciliari; tuttavia in linea generale, il sistema appare spesso carente e con sostanziali estensioni a macchia di leopardo. L’accessibilità ai servizi sociosanitari, domiciliari e residenziali è spesso sottodimensionata rispetto alla domanda, specialmente nelle strutture residenziali. A tutte queste problematiche vanno aggiunte quelle, meno frequenti percentualmente ma non meno importanti, dell’assistenza a disabili, più o meno gravi, più o meno autosufficienti, più o meno giovani.

Un altro aspetto da mettere sulla bilancia è che, spesso, la gestione famigliare della non autosufficienza di famigliari o conviventi grava sulle spalle delle donne. Esiste, infine, come argomento in grado di ribaltare ogni considerazione, il fenomeno del “badantato” che rappresenta una sorta di mercato parallelo e alternativo , con donne che fanno assistenza quasi sempre di nazionalità straniera (anzi, quasi sempre dell’Est Europa), spesso con scarsa professionalità, non sempre tutelate sul loro lavoro, non sempre in regola con contratti e contributi previdenziali.

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Il campione di famiglie intervistate in questa ricerca dichiara, solo nell’8% dei casi, di avere in casa almeno un convivente non autosufficiente, come si evince dalla tabella 18. La percentuale, piuttosto bassa, si spiega soprattutto con il fatto che il campione ha un’età media relativamente poco elevata; in molti casi quindi i genitori degli intervistati non sono ancora così anziani da essere in condizioni di non autosufficienza e i nonni degli intervistati o sono ancora con i loro genitori, o sono deceduti o sono sistemati altrove.

Tabella 18 - Presenza in casa di conviventi non autosufficienti % Sì, almeno uno 8,0 No 92,0

E’ stato chiesto anche quanto sia “pesante”, dal punto di vista della continuità temporale, assicurare assistenza continua ai conviventi non autosufficienti. La tabella 19 dice che il 5,6% è costretto ad occuparsi continuativamente della questione.

Tabella 19 - Necessità di assicurare assistenza continua ai conviventi autosufficienti % Sì, sempre 5,6 Per alcuni periodi 1,2 Talvolta 1,2 Mai 92,0

E’ stato interessante, per chiudere questo capitolo, sondare le problematiche e le difficoltà che le famiglie stanno trovando o hanno trovato nell’assistenza ai non autosufficienti o anziani. Considerando che a questa domanda hanno risposto solamente coloro che hanno dichiarato di avere tuttora questa condizione in casa (o ne hanno avuto a che fare in passato), le risposte vanno prese cono il beneficio di inventario perché rappresentano una piccola quota di famiglie; si è infatti preferito segnalare le risposte ottenute, in ordine di importanza, ma di non catalogarle percentualmente. L’aspetto del costo dell’assistenza e la difficoltà di accesso ai servizi e alle strutture, ampiamente

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AMBITO TERRITORIALE DISTRETTO DI GUIDIZZOLO PIANO SOCIALE DI ZONA più segnalati, rappresentano i due punti cardine sui quali porsi in situazione di pensiero e di riflessione.

Tabella 20 - Problemi e difficoltà più rilevanti per l’assistenza a persone non autosufficienti o anziani (hanno risposto solo coloro che hanno avuto o hanno tuttora a che fare con tale evenienza) Costi elevati dell’assistenza (badanti comprese) e dei trasporti per gli anziani Difficoltà di accesso alle strutture e ai servizi (liste attesa lunghe, assistenza domiciliare, mancanza servizi diurni per anziani, trasporti per anziani insufficienti) Gestione difficile degli orari delle visite mediche Difficoltà a trovare personale qualificato alternativo alla assistenza famigliare Mancanza di un “servizio badanti” Non so

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3.6 Per riassumere sulle famiglie

Le risposte ottenute dalle interviste in 103 famiglie del Distretto di Guidizzolo e del territorio del Piano di Zona di Castiglione delle Stiviere si possono riassumere in questi punti cardine che esemplificano e focalizzano quanto raccolto: a) l’orario di lavoro viene definito tutto sommato soddisfacente malgrado non garantisca la certezza di poter gestire le altre esigenze famigliari; b) la gestione complessiva dei figli, in tutti i suoi aspetti, rappresenta il problema più sostanziale nell’economia della conciliazione dei tempi e del benessere famigliare; c) i nonni rappresentano ancora, per chi ha figli fino a tre anni, l’approdo principale di affidamento dei figli in orario di lavoro; d) la scuola per l’infanzia subentra, ma non sostituisce totalmente, i nonni, nell’affidamento dei figli dai tre ai sei anni in orario di lavoro; e) tutte le scuole possiedono orari troppo rigidi. In ogni occasione di espressione di pensiero avanza una forte richiesta di flessibilità oraria; f) le rette dei servizi offerti dal territorio, dagli asili nido ai trasporti scolastici fino alle mense, vengono definite troppo alte. In qualche caso viene messa in dubbio l’efficacia del calcolo delle stesse; g) nell’utilizzo dei servizi per la famiglia, sembra prevalere un sentimento di sicurezza, di “copertura oraria estiva” post scolastica e di “istituzionalizzazione” del servizio. Prevalgono, nella preferenza di utilizzo, i Grest (nelle loro svariate forme), le attività ordinarie parrocchiali, le attività scolastiche; h) si sottolinea la mancanza totale di offerta educativo/ricreativa estiva, per i bambini e i ragazzi, nel mese di agosto per chi non ha le ferie (o le ha solo parzialmente) in quel periodo;

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i) gli orari dei servizi pubblici meno confacenti alla vita famigliare e alla conciliazione lavorativa sono quelli degli uffici comunali, degli uffici postali e della sanità (consultori, ambulatori, medici di base); l) in merito all’assistenza ad anziani e non autosufficienti, viene indicato come punto basilare il notevole costo dell’assistenza e del trasporto degli anziani. Inoltre viene confermato quanto già si sapeva: l’approccio ad ogni servizio per i non autosufficienti appare difficile, se non addirittura laborioso o impossibile.

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CAPITOLO 4 LE INTERVISTE NELLE AZIENDE DEL DISTRETTO: RISULTATI E ANALISI

4.1 Analisi del campione

Il percorso che ha portato alla scelta e alla individuazione del campione nelle aziende è stato precedentemente descritto nel capitolo 1. Per completare l’informazione, va detto che sono state individuate parecchie aziende, di diversa mission e strategia, nell’intero Distretto di Guidizzolo. Quindici di loro hanno dato disponibilità a partecipare all’intero percorso, dalla fase preliminare di concertazione a quella intermedia di somministrazione a quella finale di recupero dei questionari. E’ evidente che la strada non si fermerà qui. I risultati emersi da questa ricerca serviranno non solo per la stesura del Piano di Zona 2009/2011, ma permetterà anche, alle aziende, di ottenere importanti informazioni, vedendosi direttamente coinvolte nella costruzione del “Patto sociale” territoriale.

A fronte di una esposizione di circa 2000 questionari in quindici aziende, sono stati raccolti 842 questionari validi. In alcuni casi il questionario è stato somministrato, di concerto con l’azienda, in una versione leggermente più ridotta (si parla di una decina di variabili in meno); tale taglio, dovuto alle esigenze manifestate dalle aziende stesse, non ha minimamente inficiato l’esito complessivo dei risultati ottenuti.

Il campione di 842 lavoratori era composto prevalentemente da donne, per circa due terzi, e in misura minore da personale maschile, circa un terzo.

Tabella 21 - Chi ha compilato il questionario % (dati per genere) Uomini 32,9 Donne 67,1

La scelta di avere più risposte al femminile era stata paventata e prevista in sede di preparazione della ricerca, sia per tarare in maniera più approfondita le

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AMBITO TERRITORIALE DISTRETTO DI GUIDIZZOLO PIANO SOCIALE DI ZONA esigenze di conciliazione e la valutazione sui servizi, sia per i dati inerenti il bouquet di aziende contattate che avevano in prevalenza personale femminile.

Dal punto di vista delle aziende che hanno partecipato alla somministrazione del questionario, si tratta di realtà territoriali del Distretto di Guidizzolo, con larga prevalenza di sede operativa principale a Castiglione delle Stiviere. Tuttavia la loro mission e il loro ambito di lavoro è piuttosto variegato: si va dal mondo della sanità e dell’assistenza, rappresentato da aziende ospedaliere e RSA, al mondo degli alimentari, da quello dei corrieri a quello della moda, e così via. La eterogeneità delle provenienze rappresenta una ricchezza della ricerca, anche se, come dimostra la tabella sottostante, il peso percentuale dei dipendenti di ogni azienda è diverso.

Tabella 22 - Aziende di appartenenza del campione intervistato. Percentuale di risposte per ogni azienda Ospedale San Pellegrino 14,3 Atelier Aimee 13,8 A&T Europe 12,4 Wella 10,6 Amica Chips 10,0 Huntsman 9,2 RSA San Pietro 7,8 Messaggerie del Garda 5,5 Fondazione Rizzini 3,7 Hbs 2,7 Barilla 2,5 Zanetti Cominelli Onlus 2,3 Fondazione Niccolai 1,9 Pata 1,9 Fondazione San Biagio 1,5

Il campione intervistato tramite questionario dimostra di avere una buona scolarità: a fronte infatti di un terzo di lavoratori in possesso solamente del diploma di scuola dell’obbligo (o in qualche caso anche della sola licenza elementare), va sottolineato che il 14,2% dichiara di possedere una laurea, una

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AMBITO TERRITORIALE DISTRETTO DI GUIDIZZOLO PIANO SOCIALE DI ZONA percentuale piuttosto alta rispetto alla media nazionale. La spiegazione si trova pensando che in molti casi il personale impiegato è piuttosto eterogeneo e che, come vedremo, nel gruppo degli intervistati è finita una quota di dirigenti con alto titolo di studio. Non solo, ma in alcuni casi anche il reparto impiegatizio, o quello di tecnici specializzati, ha al suo interno parecchi laureati.

Tabella 23 - Titolo di studio del campione % Scuola media superiore 41,5 Scuola dell’obbligo 34,2 Laurea, specializzazione post Laurea, ex-Laurea breve 14,2 Istituto Professionale triennale 8,6 Altro 1,5

In riferimento allo stato civile dichiarato dal campione (tabella 24), siamo in presenza di una quota alta ma non eccessivamente elevata di coniugati. Anche aggiungendo alla quota i separati o divorziati e i conviventi, il totale non supera il 64%; il resto sono persone nubili o celibi. Va fatta in questo caso una considerazione importante che andrà poi a ripercuotersi su tutte le risposte relative ai servizi e alla conciliazione dei tempi lavoro/famiglia. In molti casi, in relazione alle persone celibi o nubili e alle domande relative alla gestione dei figli o alle vita famigliare, ci si è trovati in presenza di due opzioni da parte loro: una non risposta alle domande dove ovviamente non era possibile rispondere, oppure una risposta che, nella lettura del dato, è da intendersi, in linea di massima, come l’espressione di una opinione.

Tabella 24 - Stato civile del campione Coniugato/a 53,9 Nubile / celibe 35,6 Separato o divorziato 7,0 Convivente 2,7 Vedovo/a 0,7

Il campione che ha risposto al questionario in larga parte ha figli (59,1%, ma la maggioranza ne ha al massimo due), tuttavia oltre quattro intervistati su dieci

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AMBITO TERRITORIALE DISTRETTO DI GUIDIZZOLO PIANO SOCIALE DI ZONA dichiara di non avere prole. Il dato si sposa bene con quello relativo allo stato civile.

Tabella 25 – Numero di figli del campione Nessun figlio 40,9 Un figlio 27,3 Due figli 28,3 Tre o più figli 3,5

Un aspetto interessante riguardava l’aspetto territoriale della ricerca, inteso in due modi: la nazionalità dei lavoratori, tenendo conto che il Distretto di Guidizzolo, e Castiglione delle Stiviere in particolare hanno una storica presenza di stranieri, e la zona di residenza del campione. In molti casi infatti le aziende del territorio, soprattutto se più grandi, tendono a pescare non solo nel loro bacino, ma anche più lontano quando anche fuori provincia di Mantova, considerata la vicinanza della zona con il bresciano.

Tabella 26 – Nazionalità del campione Italia 93,8 Stati Unione Europea 2,3 Stati extra Unione Europea 3,9

La presenza di cittadini e lavoratori stranieri nel campioni è pari al 6,2% del totale, una percentuale tutto sommato relativamente bassa se confrontata alle medie dei cittadini residenti in tutto il territorio. In questo piccolo ma significativo gruppo di persone, trovano spazio in leggera maggioranza persone provenienti da stati fuori dall’Unione Europea, soprattutto africani, indiani e qualche persona dall’Europa orientale ancora non UE. Anche i provenienti dalla zona UE sono in larga parte di origini dell’Europa orientale.

Tabella 27 – Zona di residenza del campione Comuni del Distretto Alto Mantovano 69,7 Altri Comuni della Provincia di Mantova 10,8 Comuni fuori Provincia di Mantova 19,5

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Quanto alla provenienza territoriale e residenziale, sette lavoratori su dieci sono del distretto (che contiene nove comuni e circa 61500 abitanti), mentre la provenienza da comuni sempre mantovani è tutto sommato ridotta all’11% scarso. Dato interessante se confrontato con quello dei comuni fuori provincia che totalizza quasi il doppio di presenze. Pur senza generalizzare o dare sentenze affrettate visto che si sta parlando di un campione certamente significativo ma non rappresentativo in questo senso dell’universo dei lavoratori di queste quindici aziende, l’impressione che si ricava è che il bacino di reclutamento fuori distretto sia più agevole e più ampio in provincia di Brescia che in provincia di Mantova.

Dal punto di vista del campione selezionato rispetto alla sua mansione in azienda, la tabella 28 sottostante propone uno spaccato interessante. Intanto, come premessa, va detto che, essendoci molte aziende di servizi alla persona, come ospedali o rsa, alcune figure professionali sono state per forza di cosa equiparate ad altre di aziende che hanno mansioni per così dire più standardizzate. L’ASA è stata qui equiparata al settore operaio, così come l’OSA all’impiegato. Molte le figure tecniche presenti, soprattutto tra gli uomini, così come spicca il 9,3% di personale infermieristico femminile (anche gli uomini peraltro sono al 5%, percentuale molto alta), un dato che in una ricerca più complessa e meno mirata non raggiungerebbe tali vette di presenza. In linea di massima, peraltro, il campione appare molto eterogeneo e molto variegato, cosa che in un qualche modo ci dà punti di vista e pareri, oltre che comportamenti, diversi e differenziati, che rappresentano una ricchezza dell’offerta di dati emersa dal questionario. Il quadro complessivo della mansione lavorativa comunque pare ben sposarsi con quanto emerso dal titolo di studio e dalla relativa scolarità, che in generale, ripetiamo, appare piuttosto elevata soprattutto nei laureati. Le considerazioni sui risultati non possono dunque non tenere conto di tali numeri.

Tabella 28 - Mansione in azienda del campione Uomini Donne Operaio, operaio specializzato, commesso, a.s.a., 27,6 35,6 ausiliario, magazziniere, ecc. Impiegato, operatore sociale assistenza 24,8 39,4 Tecnico, controllo qualità, manutentore 21,1 8,7 Dirigente 8,9 3,0

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Altro (autista, autotrasportatore, cuoco, ecc.) 6,9 3,7 Infermiere 4,9 9,3 Quadro 3,3 0,4

4.2 Area del lavoro e della conciliazione dei tempi

Definiti i paletti anagrafici e data una identità precisa al campione sia dal punto di vista territoriale che da quello lavorativo – inteso come mansionale – è possibile entrare più nel merito delle risposte tecniche avute. La prima parte del questionario era tesa all’analisi e alla valutazione delle modalità lavorative classiche: orario di lavoro, soddisfazione sul posto di lavoro, contrattualistica, flessibilità e così via. Tale segmento è necessario per un’analisi delle dinamiche che possano portare a interventi o richieste di pacchetti di conciliazione dei tempi lavoro/famiglia.

Quasi nove intervistati su dieci dichiarano di lavorare full time, quindi a tempo pieno. Tuttavia, l’analisi di genere mostra che mentre gli uomini sono quasi interamente “full”, le donne rappresentano poco più del 79%. Una quota di due lavoratrici su dieci ha un contratto part time, a tempo parziale.

Tabella 29 - Orario di lavoro Totale Uomini Donne Full time 85,2 97,1 79,4 Part time 14,8 2,9 20,6

Considerando un campione “filtrato” (si tratta delle persone con figli da 0 a 17 anni, quindi minorenni o con esigenze di conciliazione legate alla cura di famigliari anziani/malati) i cui dati sono esposti nella tabella 29bis, è molto più alta la percentuale delle donne con part-time a riprova del fatto che la riduzione dell’orario di lavoro è ancora uno strumento utilizzato per conciliare famiglia lavoro, soprattutto da parte delle donne Esistono anche differenze, nel campione con esigenze famigliari, fra occupazione nel pubblico e nel privato: nel privato il 75% è full time e il 25% part-time. Nel pubblico il 69,6% lavora full time e il 30,4% ha un contratto part- time.

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Tabella 29bis - Orario di lavoro su Totale Uomini Donne campione “filtrato” Full time 73,1 95,7 63,1 Part time 26,9 4,3 36,9

Interessanti anche i dati relativi al campione in rapporto alla tipologia contrattuale con l’azienda; stravince, è vero, il “tempo indeterminato” (nove su dieci rientrano in questa categoria), tuttavia una nicchia non tanto piccola di un dieci per cento ha un contratto in scadenza o un co.co.pro. o un vecchio co.co.co. Un aspetto interessante è che la tipologia di contratto, in questo campione, è totalmente trasversale al genere. I dati di ogni tipo di contratto sono pressoché identici tra uomini e donne.

Tabella 30 - Tipo di contratto con azienda Uomini Donne Tempo indeterminato 88,0 87,0 Tempo determinato 9,4 10,0 Collaborazione a progetto 0,4 0,9 Altro tipo di contratto (partita IVA, apprendistato) 2,2 2,1

L’impressione che si ricava peraltro da queste ultime due tabelle è quella di un personale che tutto sommato appare ben garantito e piuttosto stabile, anche in una prospettiva temporale successiva. Quanto agli orari giornalieri di lavoro in azienda, il campione è in massima parte abbinato a un classico orario spezzato (cioè lavoro mattutino con inizio mediamente alle 8.00 cui fa seguito la pausa pranzo in sede o a casa e quindi il lavoro pomeridiano mediamente fino alle 17.30 o 18.00 salvo straordinari); la larga presenza di personale impiegato e di una discreta quota di dirigenti spiega tale orario, solitamente riservato a queste categorie.

Tabella 31 - Orari di lavoro in azienda Uomini Donne Orario spezzato 60,4 55,7 (mattino + pomeriggio con pausa pranzo) Turni 29,8 27,6 Orario continuato giornaliero 6,5 8,5

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Lavora solo al mattino 2,5 9,6 Lavora solo al pomeriggio 0,7 1,0

Alta la percentuale di turnisti, che raggiunge quasi tre intervistati su dieci; si tratta del settore operaio e di molte categorie trasversali dei servizi, non ultime gli infermieri e le infermiere. Il lavoro part time è più prerogativa femminile, come già visto, e maggiormente frequente in mattinata. Considerando il campione filtrato (si tratta delle persone con figli da 0 a 17 anni, quindi minorenni o con esigenze di conciliazione legate alla cura di famigliari anziani/malati), aumenta la percentuale della donne con orario di lavoro solo mattutino: dal 9,6% al 16,9%

E’ possibile quantificare la soddisfazione sul proprio orario di lavoro in azienda? La tabella 32 tenta di dare una risposta.

Tabella 32 – Livello di soddisfazione dell’orario Uomini Donne di lavoro Abbastanza 61,3 57,5 Molto 28,8 33,1 Poco 7,7 6,5 Per niente 2,2 1,7

Tutto sommato siamo in presenza di un campione piuttosto soddisfatto. Sommando la quota degli abbastanza e dei molto sia uomini che donne raggiungono circa il 90%. E’ evidente che la soddisfazione non appare totale, tuttavia l’impressione che si ha è che l’orario così come strutturato sia in grado di dare una minima e mediamente soddisfacente soglia di libertà extra lavorativa. Gli orari cioè potrebbero essere un ostacolo mediamente difficile nella logica di conciliare vita famigliare, vita personale, vita lavorativa, vita coi figli, quando ci sono. Proprio il fatto che nel campione sono compresi parecchi lavoratori senza figli e non sposati, si deve però in un qualche modo modificare l’ottica di lettura dei dati.

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Dal punto di vista della reale difficoltà per raggiungere il luogo di lavoro, le risposte sono contenute nella tabella 33. Al di là del fatto che più di sette intervistati su dieci dicono di non avere problemi o difficoltà particolari, va sottolineato che molte persone abitano nei pressi o nelle vicinanze del posto di lavoro oppure in luoghi dove non esistono problemi particolari di traffico o parcheggio, con l’esclusione di Castiglione delle Stiviere. Pertanto le risposte ottenute non sono sorprendenti, così come non è sorprendente che l’unico item che esula da problematiche di traffico o parcheggio o orari da rispettare, sia quello più votato. Per quasi due lavoratori su dieci la distanza dal luogo di lavoro, rispetto alla propria abitazione, è troppa.

Tabella 33 - Motivi di difficoltà nel Uomini Donne raggiungere il luogo di lavoro Nessuna difficoltà particolare 71,9 74,9 Distanza eccessiva del luogo di lavoro da casa 17,4 14,6 Scarsità di parcheggi a disposizione 5,9 7,3 Orari dei mezzi pubblici inadeguati 4,8 3,2

In relazione alla possibilità di ricorrere alla flessibilità oraria in ingresso o in uscita dal luogo di lavoro, i risultati emersi dimostrano una presenza di buona elasticità messa in pratica dal datore di lavoro. A fronte di un 43,2% di uomini e di un 35,5% di donne che dichiarano di poter accedere alla flessibilità di ingresso e/o uscita senza problemi (solitamente si tratta di poter entrare e uscire in un lasso di tempo stabilito di mezzora, per esempio alla mattina l’entrata tra le ore 08.00 e le ore 08.30), fa da contraltare un quarto circa del campione che di tale opzione non può usufruire: si tratta con ogni probabilità dei turnisti (le percentuali infatti corrispondono abbastanza fedelmente). Tuttavia, esiste un ulteriore segmento quantificabile in un 30% circa che ha la possibilità, in caso di esigenze particolari, di accedere a tale facoltà di scelta; si tratta di una percentuale da non sottovalutare, anzi da considerare come piuttosto positiva e in grado di migliorare il clima organizzativo e le motivazioni del personale.

Tabella 34 - Flessibilità oraria in ingresso o uscita dal lavoro Uomini Donne Sì 43,2 35,5

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Sì, ma solo per esigenze particolari 29,7 35,1 No 27,0 29,4

In relazione all’orario, la ricerca ha tentato un approfondimento in due direzioni ben precise: nella prima si proponevano e paventavano delle differenti modalità di distribuzione oraria del lavoro con delle proposte standardizzate. La seconda direzione è stata quella di proporre degli stimoli, tramite una serie di affermazioni, in maniera tale da sondare il parere degli intervistati su alcune opzioni possibili sul posto di lavoro. Nella tabella 35, poco sotto, si può notare come si ritrovino sostanzialmente gli stessi protagonisti uomini della tabella 32 in grado di affermare che, in linea di massima, non è necessaria una differente distribuzione dell’orario lavorativo. L’altro potenziale 40% preferirebbe concordare con l’azienda un orario flessibile, mentre le risposte rimanenti hanno minore successo. Diverso, come si vede, l’approccio femminile alla domanda. Le donne sono meno soddisfatte in generale o comunque vedono di maggiore buon occhio una modifica, sia in senso verticale, sia in senso orizzontale (nel parttime orizzontale la riduzione si effettua nella giornata, in quello verticale la riduzione si svolge nella settimana, nel mese o nell' anno); tendono anche, nel 16% dei casi, a chiedere una maggiore flessibilità.

Tabella 35 - Ipotesi di distribuzione Uomini Donne differente orario lavorativo Va bene così 60,4 46,6 Orario più flessibile da concordare 18,7 16,1 Riduzione verticale 10,2 13,7 Riduzione orizzontale 4,0 11,6 Incrementare le ore di lavoro 1,8 3,1 Non so 4,9 8,9

La tabella 36 entra ancora più nello specifico in riferimento all’orario di lavoro, proponendo, come detto, una serie di affermazioni sulle quali era necessario esprimere il grado di accordo con le stesse, utilizzando una scala Likert a quattro risposte. Senza entrare nello specifico di ogni risposta (sarà il lettore, se

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lo vorrà, ad addentrarsi nei meandri dei numeri usciti dal questionario e riassunti in tabella 36), è necessario fare alcune considerazioni di merito: a) complessivamente le mansioni lavorative possiedono un range orario piuttosto rigido: esistono, come abbiamo visto nuclei di flessibilità in entrata e in uscita, ma in generale poiché il campione assorbe una significativa quota di turnisti, gli orari sono piuttosto inflessibili; b) il ruolo sul posto di lavoro appare abbastanza ingessato ; solo il 23% circa degli intervistati dichiara di poter essere sostituibile in caso di assenza; c) esiste una sostanziale, discreta individualità nella mansione, se è vero che la metà del campione afferma di poter svolgere il proprio ruolo in orari anche diversi dai colleghi; d) l’inserimento di una quota di flessibilità in entrata e in uscita o una personalizzazione dell’orario di servizio viene vista come una opzione positiva da almeno sei intervistati su dieci, lasciando inalterato il servizio offerto sul luogo di lavoro; si tratta di un aspetto particolarmente importante;

Tabella 36a - Pareri su orario di Molto Abbastanza Poco Per niente lavoro d’accordo d’accordo d’accordo d’accordo La sua mansione, per come è 12,0 50,3 22,0 15,7 strutturata, si svolge in orari stabiliti e non modificabili

Nella sua mansione lei è, in caso di 5,2 18,2 56,2 20,4 assenza, sostituibile da altri colleghi

Parte della sua attività potrebbe 9,8 33,6 22,6 34,1 essere svolta anche in orari diversi

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AMBITO TERRITORIALE DISTRETTO DI GUIDIZZOLO PIANO SOCIALE DI ZONA da quelli degli altri colleghi

Un margine di flessibilità maggiore in 17,9 41,2 20,3 20,6 entrata e in uscita, o una personalizzazione maggiore del suo orario di servizio, lascerebbe inalterata la qualità del suo lavoro

e) lo stesso concetto viene sottolineato nell’item successivo dove metà del campione ritiene di essere almeno abbastanza d’accordo, se non totalmente d’accordo, nel ritenere che non ci siano ostacoli al servizio in merito alla flessibilità. In generale le tabelle 36 a e 36 b appaiono come segnalatrici di un bisogno latente di flessibilità sia pure senza apparire come una esigenza totalmente urgente o della quale non si può fare a meno. Flessibilità significa dunque lasciare inalterato il servizio, ma anche favorire le esigenze del lavoratore e della sua famiglia. Non solo ma il clima organizzativo, in questo caso, ne uscirebbe favorito.

Tabella 36b - Pareri su orario di Molto Abbastanza Poco Per niente lavoro d’accordo d’accordo d’accordo d’accordo Una flessibilità dell’orario di lavoro 16,1 33,8 27,3 22,8 più adeguata alle esigenze di conciliazione sua e dei suoi colleghi, non sarebbe un ostacolo all’efficienza del suo servizio/ufficio

Una flessibilità dell’orario di lavoro 20,3 37,8 26,4 15,5

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AMBITO TERRITORIALE DISTRETTO DI GUIDIZZOLO PIANO SOCIALE DI ZONA più adeguata alle esigenze di conciliazione sua e dei suoi colleghi, gioverebbe all’entusiasmo e alla produttività del suo servizio/ufficio Un’organizzazione meno 7,9 32,9 38,0 21,3 standardizzata degli orari delle persone permetterebbe di rendere il suo servizio/ufficio più efficiente e fruibile dagli utenti

La domanda le cui risposte si trovano in tabella 37 proponeva agli intervistati alcune possibili scelte in merito alla eventuale proposta di altro orario lavorativo. Sia uomini che donne immaginano, come opzione più favorevole, lo sfruttamento di specifiche forme orarie come un pomeriggio libero alla settimana piuttosto che un giorno al mese libero; oltre un terzo del campione si è espresso in tal modo. Le donne esprimono però anche un maggiore bisogno di autonomia maggiore: quasi tre su dieci vorrebbero gestire in totale autonomia il loro monte ore settimanale, così come, eventualmente, un orario totalmente flessibile da concordare, peraltro, coi colleghi. Ha scarso feeling il telelavoro anche perché il campione è formato da molti lavoratori, e soprattutto donne, di servizi alla persona (es. infermieri, osa, asa, ecc.) che per la loro mansione non sono in grado di accedere all’opzione proposta.

Tabella 37 – Altro orario lavorativo Uomini Donne Forme specifiche (es. un pomeriggio libero, un 37,5 33,2 giorno al mese libero, ecc.) Orario flessibile concordato con i colleghi 18,4 23,8 Garanzia di monte ore gestendo in autonomia 12,5 27,4 Tele lavoro 9,6 4,7 Sei giorni anziché cinque 7,4 3,2 Altro 14,7 7,6

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Una delle domande del questionario si proponeva di mettere a confronto le proprie esigenze famigliari o personali in relazione alla carriera lavorativa. Ebbene, come dimostra la tabella sottostante, l’ipotesi di un rallentamento o un problema di pregiudicare la propria carriera, viene tutto sommato respinto a larga maggioranza.

Tabella 38 - In che misura ritiene che le sue esigenze familiari/personali possano pregiudicare o rallentare la sua carriera lavorativa? Uomini Donne Molto 2,5 7,6 Abbastanza 27,5 31,4 Per nulla 70,0 61,0

A sostegno di questa tesi portiamo ancora una volta la particolare composizione del campione che mette al suo interno una consistente quota di personale operaio (o equiparato) e di personale impegnato nei servizi alla persona. In questo scenario, probabilmente, non è così facile immaginare innanzitutto una carriera lavorativa e secondariamente metterla in rapporto alla propria necessità famigliare che in questo ambito probabilmente rimane prevalente rispetto al lavoro, ma non viene messa in stretta relazione.

Nel campione filtrato con figli minorenni ed esigenze di conciliazione dovute a famigliari malati o anziani, sale la percentuale di chi ritiene che le esigenze di cura della famiglia possa pregiudicare la carriera lavorativa, sia tra gli uomini (41,8% sommando le risposte molto e abbastanza) ma ancora di più tra le donne (51,6%). L’incrocio con il titolo di studio fa emergere ancora di più questo elemento: tra le donne laureate l’80% risponde “abbastanza” o “molto”. Tra le donne diplomate questa percentuale è del 56,2%. Sembra dunque persistere quindi il “soffitto di cristallo” che è quella condizione informale che penalizza la carriera e l’affermazione delle donne in azienda (Ferrera, 2008). Esso infatti, mostra loro il vertice a cui, per preparazione, anzianità, risultati raggiunti, scolarizzazione, possono tranquillamente

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AMBITO TERRITORIALE DISTRETTO DI GUIDIZZOLO PIANO SOCIALE DI ZONA accedere, ma al contempo non permette loro di raggiungere le posizioni apicali o di responsabilità. Contemporaneamente il soffitto di cristallo garantisce una permeabilità alla controparte maschile a cui vengono garantiti spazi di manovra più ampi e meno vincolati dalla vita privata.

In linea generale, parlando della componente femminile, le donne mostrano sostanzialmente di volere mettere su un piano di coesistenza le proprie ambizioni lavorative e quelle di maternità. Sono ormai rari i casi nei quali una delle due opzioni esclude l’altra, e solo in corrispondenza di particolari condizioni, economiche o sociali. All’interno di queste condizioni di scelta, varia l’intensità e la personale preferenza, sia in relazione al numero di figli, sia in relazione al modo di “sentirsi occupate”, part time o full time che sia, ad esempio. Esistono condizioni di prevalenza family-oriented così come esistono al contrario modelli career-oriented , tuttavia la maggioranza sembra mettersi nel mezzo, senza ordini di priorità, ma con l’obiettivo di conciliare in maniera sinergica e ottimale le opzioni del lavoro e della maternità. Le donne sono più presenti rispetto anche a solo vent’anni fa sul mercato del lavoro soprattutto per la crescita del loro livello di scolarizzazione; le ragazze tra i 19 e i 24 anni frequentano l’Università circa nella metà dei casi. Un sondaggio degli ultimi anni ha detto che la crescita formativa e in capitale umano per le ragazze diventa un loro investimento di vita e un investimento in termini di ricerca di un lavoro ben remunerato e di una gratificazione professionale adeguata. Quanto al modello di conciliazione tra lavoro e famiglia e alle motivazioni di scelta di avere figli, le difficoltà di conciliazione vengono solitamente a galla soprattutto nella famiglia dove la donna appunto ha il suo ruolo lavorativo. In molti casi la scelta di non aumentare la compagine filiale è dovuta a due motivi: la condizione economica e la difficile conciliazione tra lavoro e famiglia. Nel primo caso, se la donna non lavora potrebbero subentrare difficoltà economiche; nel secondo caso, risolte in larga parte queste ultime, nasce l’esigenza di combinare esigenze di lavoro ed esigenze di accudimento filiale. In molti casi la combinazione delle due opzioni porta a un abbassamento complessivo della fecondità. Un modello di analisi dovrà tenere conto peraltro di alcuni aspetti come li enuncia Maurizio Ferrera (2008) e che schematizziamo per comodità.

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ASPIRAZIONE ALLA MATERNITA’ E ALLA CONCILIAZIONE FAMIGLIA / LAVORO

Vincoli Contesti Opportunità (es. biologico) (mercato del lavoro, servizi, relazioni sociali) (nella famiglia e professionali)

ADATTABILITA’ La tabella 39 riassume le risposte del nostri campione in merito alle esigenze di difficile conciliazione tra gli impegni famigliari e quelli lavorativi. E’ parso utile dividere le risposte maschili da quelle femminili, in modo da chiarire meglio il differente approccio a differenti opzioni.

A fronte di un terzo di uomini e di un quarto di donne che non si esprimono in merito a ipotetiche difficoltà di conciliazione e che possiamo senz’altro inquadrare come probabili rappresentanti delle persone non sposate o senza figli, emerge un quadro complessivamente eterogeneo e molto variegato. Se escludiamo la parte in cui di esprime la necessità di maggiore cura della casa e di maggiore spazio e tempo per l’assistenza a malati o anziani, che riguarda in larga misura la componente femminile, si assiste a una complessiva distribuzione equivalente delle opinioni.

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Tabella 39 - Esigenze famigliari e/o personali che rendono difficile conciliare impegni famiglia/lavoro Uomini Donne Nessuna esigenza particolare 33,5 25,2 Stare di più con i figli e seguirli nelle loro attività 16,7 16,1 Trascorrere più tempo in famiglia 14,7 13,7 Conciliare orario di lavoro con quello del partner 11,9 8,1 Avere più tempo per altre attività extra lavorative 9,6 7,8 (volontariato, associazionismo ecc.) Curare la casa 6,8 16,2 Assistere famigliari malati o anziani 4,5 10,0 Altre esigenze 0,2 2,5 NB: era possibile dare fino a tre risposte

I figli, nelle loro incombenze e nelle loro attività, sono l’aspetto più rilevante e più importante da seguire; se poi aggiungiamo anche le risposte inerenti al tempo maggiore da trascorrere in famiglia, si raggiunge ampiamente un terzo delle risposte; un dato che in realtà, escludendo chi afferma di non avere problematiche particolari, riguarda oltre la metà del campione.

Oggi il tempo di permanenza in casa di padri e madri si è notevolmente ridotto. Lavorano i padri e in alta percentuale hanno un lavoro esterno anche le madri. E c’è lavoro e lavoro. Ci sono lavori che più di altri per caratteristiche e distanze tengono più tempo lontani da casa. Al lavoro esterno va poi a sommarsi l’impegno di cura della casa e della gestione quotidiana della famiglia.

Non solo, ma nell’attuale società della conoscenza e del cambiamento rapido, lo stesso lavoro è permeato di flessibilità, di precarietà e richiede spesso aggiornamenti costanti e ripetuti, spostamenti con mezzi pubblici o privati, disponibilità sempre presente a sperimentarsi, all’occorrenza, in nuovi lavori. Tutto questo, inutile nasconderlo, ha la sua incidenza nella vita della famiglia e si riflette, anche, nel progetto educativo famigliare dei figli.

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Gli orari da rispettare, le pressioni, le sovrapposizioni di tempi e di impegni, le incombenze da seguire, i figli da gestire, le rinunce dietro ogni angolo, qualche frustrazione: un quadro apparentemente esagerato ma sincero e realistico di molte condizioni di mancata conciliazione. E sono problematiche che riguardano anche gli uomini, i padri, che nell’era della crescita lavorativa delle donne, assumono un ruolo diverso, di co-protagonisti, di co-fautori di modelli di partecipazione alla conciliazione famigliare, in tutte le sue forme. A maggior ragione quando i figli diventano un aspetto fondamentale nella vita famigliare, nella gestione degli impegni, nella ricerca di tempi e spazi famigliari ed extra famigliari.

In alcune ricerche anche territoriali (Bottura, Continati, 2007) si sono verificate delle affermazioni nelle quali i genitori affermano “che il lavoro assorbe e si torna a casa stanchi e nervosi” , oppure “c’è poco tempo da dedicare ai figli” . Questi dati non fanno che confermare la necessità di approfondire la riflessione sul rapporto tra il lavoro, la famiglia e, a latere ma non troppo, l’educazione dei figli.

Se i genitori denunciano il poco tempo che resta per la cura dei figli e se poi aggiungono che il lavoro esterno, come visto ormai di entrambi, porta a casa persone stanche e nervose, allora può sorgere l’interrogativo inquietante se la nuova coppia genitoriale sia davvero in grado di assolvere tutte le funzioni richieste dall’accompagnamento alla crescita o se siamo in presenza di un forte condizionamento dettato dai ritmi di vita, da un lavoro esterno che occupa entrambi i genitori, da esigenze di guadagno per mantenere la cittadinanza nella società dei consumi, da picchi di tempo esterno che mette in ombra il tempo che rimane. Padri e madri sono chiamati a trasmettere conoscenze ed esperienze per preparare i figli a vivere nel mondo e a capire la realtà che intorno a loro si snoda. Gli studiosi in materia si pongono dunque il problema se i genitori di oggi, che vivono in contesti sociali di forte cambiamento, di difficile gestione dei tempi e di incertezze dovute alla congiuntura economica attuale, siano in grado di assolvere a tutte le funzioni richieste dall’esercizio del ruolo educativo. In molti casi emergono difficoltà, vuoti, problematiche, assenze.

Come già sottolineato nel capitolo precedente, se il Nono Rapporto CISF sulla famiglia in Italia uscito nel 2005 ha messo la sua centralità di discussione nel

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tema “ Famiglia e lavoro”; forse non è un caso. Se di famiglia si parla, non può più mancare, in sedi diverse, una riflessione sulla conciliazione complessa, sulle compatibilità sostenibili con garanzie di lavoro e di famiglia intesi insieme.

4.3 Area della famiglia e dei servizi

Una parte del questionario mirava a entrare in maniera più specifica nelle azioni all’interno della famiglia, analizzandone i ruoli di uomini e donne, gli impegni famigliari, l’utilizzo dei servizi, l’analisi degli stessi. Obiettivo precipuo del settore è quello di tentare di capire dove è maggiormente possibile intervenire, una volta lette le esigenze, per garantire una migliore qualità della vita.

Tabella 40 - Nella famiglia Lei si occupa personalmente di… (RISPONDONO GLI UOMINI) Era necessario scegliere un valore per ogni item Sempre Spesso Talvolta Mai Pagare le bollette, andare in banca, ecc. 25,9 22,8 31,3 20,1 Fare la spesa o altri acquisti 14,6 30,7 44,9 9,7 Portare il figlio a scuola o all’asilo 11,7 11,7 22,1 54,5 Svolgere faccende domestiche 11,2 16,9 51,7 20,2 Seguire il figlio nei suoi hobbies 6,6 19,5 21,2 52,7 (musica, sport, ecc.) Avere cura del figlio (visite mediche, 5,8 16,1 29,0 49,1 igiene, ecc.) Riprendere il figlio a scuola o all’asilo 4,6 10,5 24,2 60,7 Seguire il figlio nello svolgimento dei 3,6 21,3 23,6 51,6 compiti o nel gioco

Le tabelle 40 e 41 espongono quanto uomini e donne siano impegnati nelle faccende di gestione delle attività quotidiane. Balzano agli occhi, di primo acchito, due cose: la prima è che l’uomo si occupa molto meno, in generale, di ogni cosa. La sommatoria delle risposte sempre e spesso lo dimostra; tale atteggiamento è figlio sia della minore presenza in casa del marito/uomo, sia dalla funzione predominante femminile nella gestione delle cose domestiche. La seconda cosa che balza agli occhi è che la donna si occupa molto di più dei

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figli, sia nella gestione delle loro attività, sia nella cura complessiva dello stile di vita e delle loro necessità. Una ricerca dell’Istat del 2005 quantificava nel 77% il tempo dedicato dalla donna al “lavoro in famiglia”; la quota, sia pure tuttora piuttosto alta, ha visto un sensibile calo rispetto a una precedente rilevazione dei primi anni novanta: allora la quota femminile in tal senso sfiorava il 90%. Una cosa da sottolineare è che molto spesso i tempi degli uomini non variano in funzione delle fase del ciclo di vita della famiglia o del numero di figli: quelli della donna sicuramente sì.

Tabella 41 - Nella famiglia Lei si occupa personalmente di… (RISPONDONO LE DONNE) Era necessario scegliere un valore per ogni item Sempre Spesso Talvolta Mai Svolgere faccende domestiche 72,1 18,9 7,8 1,3 Fare la spesa o altri acquisti 61,6 24,7 11,0 2,7 Avere cura del figlio (visite 45,6 13,2 8,5 32,7 mediche, igiene, ecc.) Pagare le bollette, andare in 43,2 17,4 23,1 16,3 banca, ecc. Seguire il figlio nei suoi hobbies 33,0 12,5 11,0 43,5 (musica, sport, ecc.) Portare il figlio a scuola o all’asilo 30,3 9,7 14,5 45,5 Seguire il figlio nello svolgimento 29,2 20,6 7,6 42,6 dei compiti o nel gioco Riprendere il figlio a scuola o 26,1 11,4 15,2 47,2 all’asilo

Un appunto ulteriore sui dati ricavati va probabilmente fatto in relazione all’accompagnamento e al successivo “recupero” dei figli in età scolare a scuola. Solamente il 22% degli uomini effettuano entrambe queste due operazioni spesso o sempre, mentre la percentuale femminile è addirittura il triplo.

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Un aspetto famigliare interessante è quello che riguarda il sostegno eventuale che il componente della famiglia può trovare per fare fronte agli impegni che avanzano. Una domanda del questionario tendeva a mettere in fila una serie di opzioni di risposte. Quello che emerge, in linea complessiva molto evidente, è che la famiglia ricorre quasi esclusivamente alla rete famigliare. Come abbiamo visto anche nelle interviste nei vari Comuni, l’aspetto del ricorso ai nonni negli orari di lavoro, ad esempio, è uno dei maggiormente frequenti. Il 56% circa del nostro campione afferma di rivolgersi alla propria rete famigliare per un aiuto nelle proprie esigenze; scarso il ricorso ad altre opzioni; ancora più inusuale il rapporto con l’azienda, sia verso colleghi e superiori, sia ricorrendo a soluzioni contrattuali diverse (solo il 5,5% afferma di ricorrervi spesso o sempre). Quali motivazioni portano a queste scelte? Si tratta solamente di consuetudine e di rapporti di esclusiva fiducia o si tratta di altro? Difficile rispondere; certamente l’aspetto della fiducia e del grado di sicurezza nel ricorrere a un aiuto possono essere decisivi. Tuttavia l’impressione che si ricava da questa serie di risposte è che si tenda a favorire anche un approccio di maggiore vicinanza. Ricorrere alla rete famigliare porta più serenità ma anche maggiore facilità di accesso. Stupisce semmai, ma deve fare riflettere, che il ricorso a servizi pubblici o privati sia ad appannaggio abbastanza frequente dell’11% o poco più e che ai servizi non si ricorra pressoché mai in tre quarti del campione. Anche tarando l’incidenza di una quota di persone non sposate e senza figli che possono spostare, in senso riduttivo, la lettura del dato, esso rimane piuttosto grave.

Tabella 42 - Per fare fronte ai suoi impegni famigliari, Lei ricorre a Era necessario scegliere un valore per ogni item

Sempre o spesso Talvolta o mai Rete famigliare 56,1 41,7 Servizi pubblici o privati 11,5 88,5 Rete amicale 11,0 89,0 Supporto colleghi e superiori 6,8 93,2 Soluzioni contrattuali con azienda 5,5 94,5

La presenza di conviventi non autosufficienti non è prerogativa del campione intervistato nelle aziende. Solamente il 7% infatti ha in casa almeno una persona in tale condizione.

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Tabella 43 - Presenza in casa di conviventi non autosufficienti % Sì, almeno uno 7,0 No 93,0

Quanto alla necessità di assicurare assistenza continua, le risposte si distribuiscono in maniera abbastanza omogenea; solamente quattro su dieci sostengono di dovere assicurare sempre l’assistenza continua, mentre poco meno riguarda coloro che ne necessitano talvolta oppure per periodi diversi o temporalmente non continuativi. Da segnalare che rispetto al campione intervistato a casa nei vari comuni, mentre la quota di chi possiede una persona non autosufficiente è molto simile (8% e 7%), cambia invece la percentuale di fornire assistenza agli stessi. Una delle motivazioni probabili riguarda l’età degli intervistati che in questo caso appare un po’ più alta e quindi più facilmente esposta, per così dire, ad avere anziani (ad esempio i genitori) in queste condizioni.

Tabella 44 - Necessità di assicurare assistenza continua ai conviventi autosufficienti % Sì, sempre 38,6 Talvolta 24,1 Mai 22,9 Per alcuni periodi 14,5

Quanto al “prendersi cura” personale in senso complessivo (vedi la tabella sottostante), i dati parlano chiaro: la percentuale che si spende in tal senso è ridotta; solamente nel caso dei famigliari anziani si tocca un quarto degli intervistati che se ne occupa spesso o sempre. E’ evidente che esistono due spiegazioni: pochi sono coloro che hanno in casa situazioni di questo genere e pochi, in quel caso, si occupano direttamente della cosa.

Dal punto di vista del concetto e della filosofia del “prendersi cura”, si può affermare, come dice la Fondazione Zancan nel suo testo sugli anziani (2007), che viene spostato il centro delle politiche di welfare dalla distribuzione di

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prestazioni alla promozione di legami sociali, in una logica di relazionalità sociale che individua nella comunità locale, intesa come comprensiva delle aggregazioni formali e informali, delle istituzioni, dei cittadini stessi destinatari degli aiuti, il protagonista del proprio sviluppo. Dal lato dell'offerta di servizi non si tratta solo di dare risposte, ma di mettere a disposizione strumenti e condizioni che favoriscano il consolidarsi di legami sociali spezzati o fragili, di accompagnare in percorsi di emancipazione e responsabilizzazione; dal lato della domanda di aiuto si tratta di avere la possibilità di far sentire la propria voce, e di poter governare la propria esistenza anche potenziando le risorse "naturali" dei propri contesti di vita.

Preoccuparsi dei caregiver s assume in pieno questo significato, e si concretizza in un'ottica di domiciliarità assunta e intesa come condizione di fatto appartenente alla normalità di vita di tutti i cittadini.

Tabella 45 - Lei si prende cura personalmente di… Era necessario scegliere un valore per ogni item

Sempre o spesso Talvolta o mai Famigliari anziani 24,2 75,8 Famigliari con difficoltà motorie 11,3 88,7 Famigliari con problemi psichici o 6,0 94,0 mentali Persone esterne alla famiglia con 7,1 92,9 difficoltà

Il settore successivo del questionario, di concerto con le interviste svolte nelle famiglie dei comuni, tendeva a ispezionare le modalità di affido dei figli nel momento dell’orario lavorativo. Si è preferito distinguere le risposte di uomini e donne per avere un quadro complessivo più ampio; infatti i punti d vista sono molto diversi, sia per quanto riguarda la possibilità di lasciare il figlio al partner, sia in merito all’utilizzo dei nonni come opzione di sistemazione del figlio.

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Tabella 46 - Affidamento dei figli di età inferiore a tre anni quando si è al lavoro Uomini Donne Al partner 34,1 12,1 Ai nonni 31,7 58,6 All’asilo nido 22,0 19,0 Alla baby sitter 12,2 8,6 Ad altre persone 0 1,7

Tabella 47 - Affidamento dei figli di età tra i tre e i sei anni quando si è al lavoro Uomini Donne Al partner 41,5 14,1 Alla scuola per l’infanzia 34,1 40,8 Ai nonni 22,0 40,8 Alla baby sitter 2,4 2,7 Ad altre persone 0 1,4

Le risposte nelle famiglie dei comuni avevano confermato il ruolo necessario e indiscutibile dei nonni nell’affidamento dei figli soprattutto nel range di età dagli zero ai tre anni, dove il ricorso all’asilo nido non è sempre automatico e dove la baby sitter non è sempre riconosciuta come figura affidabile.

Un altro aspetto verificato è stato capire chi accompagna i figli a scuola in età scolare. Gli uomini sostengono che in maggioranza è la partner che se ne occupa in più della metà dei casi; risultato, peraltro, confermato sia pure parzialmente, in maniera indiretta, dalle donne che sostengono di occuparsi di questa incombenza nel 39,6% dei casi. Scarso il ricorso a i nonni, che vengono

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AMBITO TERRITORIALE DISTRETTO DI GUIDIZZOLO PIANO SOCIALE DI ZONA considerati dunque soprattutto come depositari di affidamento durante l’orario di lavoro, o ad altre persone.

L’aspetto della proposta deve giungere soprattutto dai destinatari finali. Chi propone un questionario o effettua una intervista deve avere cara l’idea di mettere sul piatto offerte propositive da fare vagliare. In merito alle esigenze concrete di lavoro e di famiglia, la variabile scolastica è una delle più importanti soprattutto, ma non solo, per chi ha figli alla scuola dell’infanzia o alla scuola primaria.

Tabella 48 - Chi accompagna a scuola i figli in età scolare? Uomini Donne Il partner 52,5 24,6 L’intervistato 22,8 39,6 Vanno a scuola da soli 15,8 19,3 I nonni 5,0 10,7 Altre persone 3,0 3,2 La baby sitter 1,0 2,1

Non solo perché l’aspetto delle attività pomeridiane, scolastiche o “parascolastiche”, rappresenta di fatto la seconda metà del problema dei tempi e della gestione oraria delle attività famigliari. Una domanda del questionario voleva ispezionare questo aspetto certamente da mettere in relazione anche a quanto emerso nelle interviste nei Comuni.

Tabella 49 - Esigenze concrete praticabili in relazione alla conciliazione di tempi di lavoro con le scuole Uomini Donne Flessibilità di orari delle scuole (apertura 34,6 33,4 anticipata, apertura estiva, ecc.) Sorveglianza pomeridiana con assistenza ai 27,8 27,7 compiti Recuperi compensativi di ore sul posto di 15,3 12,5 lavoro Baby sitting in azienda o nido aziendale 11,9 18,5

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Assistenza domiciliare per l’infanzia 7,2 5,4 Baby parking con educatori (anche ad esempio 22,9 2,4 nei luoghi pubblici)

La flessibilità degli orari nelle scuole è uno dei punti chiave emersi in questa ricerca. Da qualunque parte la si guardi, la famiglia e/o il lavoratore che hanno figli, soprattutto piccoli o molto piccoli, bramano in questo senso. Le scuole vengono viste in particolare come entità rigide nella loro strutturazione oraria, non sempre in grado di porsi come strumento di appoggio alla famiglia e alle sue esigenze in tal senso. Sia gli intervistati nei comuni, sia le risposte a questi questionari aziendali hanno rimarcato questa necessità.

Il secondo aspetto da non sottovalutare, ma anzi da sottolineare, è appunto il periodo pomeridiano. Posto che in parecchi casi esistono, come abbiamo visto dai verbali dei focus group, esperienze importanti e sperimentazioni in merito, e fatto salvo che in linea di massima le famiglie apprezzano il servizio proposto e a loro disposizione, resta da dire che emerge nel settore aziendale una certa idea di dover ricorrere e pensare a una sorveglianza pomeridiana con assistenza ai compiti. In non tutti i Comuni esistono esperienze di centri di aggregazione giovanile o di luoghi nei quali i bambini possano essere seguiti. Tuttavia è fondamentale, in questa serie di considerazioni emerse, poter confrontare le risposte dei due gruppi intervistati in modo da porli in relazione (a tal fine ricordiamo le tabelle 11 e 14 nel capitolo precedente).

L’aspetto più aziendale emerge dalle risposte in gerarchia successiva: alcuni lavoratori propongono l’escamotage dei recuperi compensativi di ore sul posto di lavoro, pur di abbattere difficoltà di conciliazione con gli orari scolastici; un’altra buona percentuale, soprattutto femminile, vorrebbe un servizio di baby sitting o l’istituzione di un nido aziendale. Il nido aziendale è un aspetto non di poco conto sul quale sarebbe necessario approfondire l’argomento in maniera molto ampia.

Realizzare un asilo aziendale potrebbe dimostrare, per l’azienda, l’espressione di apertura alle necessità del contesto sociale in cui opera e, più direttamente, una forma di attenzione per le esigenze dei propri dipendenti o collaboratori, e dei loro bambini. E’ un’occasione per promuovere un sostanziale miglioramento

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AMBITO TERRITORIALE DISTRETTO DI GUIDIZZOLO PIANO SOCIALE DI ZONA del clima aziendale ma anche, di riflesso, dell’immagine dell’azienda. Non si deve escludere, inoltre, la possibilità di creare efficaci rapporti di collaborazione con le amministrazioni locali nello sviluppo di tali iniziative, usufruendo altresì di alcune possibili agevolazioni. L’apertura di un nido aziendale potrebbe quindi concorrere a realizzare importanti obiettivi quali:  migliorare la qualità della vita dei dipendenti;  offrire elevati standard qualitativi degli spazi dedicati ai bambini. Il genitore, ma anche il bambino, può affrontare il trasferimento casa- asilo/ufficio-casa in modo più rilassato con turni orari adeguati anche alle esigenze lavorative;  contribuire al miglioramento della qualità della vita delle lavoratrici e dei lavoratori, anche attraverso la riduzione del tempo da dedicare alla ricerca e all’accompagnamento dei figli agli asili nido;  favorire un rientro delle lavoratrici dalla maternità in tempi più rapidi e con un atteggiamento più sereno;  incentivare il personale con aumento della produttività;  offrire tariffe più convenienti rispetto ai nidi fuori azienda;  fidelizzare il dipendente, soprattutto le lavoratrici, che abbiano carichi familiari;  offrire orari più flessibili e concertati con le esigenze lavorative e con il lavoratore stesso;  favorire, attraverso il sostegno alla gestione familiare, le possibilità di sviluppo e carriera delle donne lavoratrici e la valorizzazione dell’apporto professionale di ciascuna di esse alla vita dell’impresa;  portare una crescita positiva di immagine dell’azienda. Con tali ipotesi e tali obiettivi, ogni azienda di un certo spessore numerico come dipendenti, potrebbe pensare, dove non già presente, a una simile evenienza. In Italia esistono notevoli esperienze in merito. Per completezza di informazione, è giusto citare quelli che potrebbero essere dei problemi in merito alla costituzione di asili nido aziendali:  ritorno ad una logica di tutela aziendale;  possibile riduzione nella concessione di congedi parentali, ferie e permessi;  nido aziendale visto come “parcheggio”;  mancanza del collegamento socializzante tra nido aziendale e territorio;

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 possibile riduzione nella possibilità di scelta pedagogica in capo ai genitori. Le tematiche, tante e interessanti, potrebbero essere, elemento di discussione e confronto costruttivo con le aziende.

Un altro obiettivo della ricerca era quello di condurre verifiche sui servizi alla persona del territorio. Un primo indicatore di verifica è certamente dato dalla conoscenza dei servizi stessi, in quanto non è elemento troppo infrequente quello di organizzare e promuovere servizi territoriali, di qualunque foggia, senza sostenerli ed accompagnarli con modalità di informazione che non escluda nessuna famiglia. L’informazione sui servizi va dunque tenuta viva, aggiornata, curata nel segno della relazione di aiuto, del sostegno, dell’interesse. Un secondo indicatore importante che qui è stato utilizzato è dato dalla fruizione che le persone fanno dei servizi stessi, ben sapendo che l’utilizzo non può essere valutato con numeri assoluti di popolazione, perché ogni servizio ha peculiarità sue proprie e si rivolge ad utenze differenziate. Ma quando un servizio non veda reale fruizione, allora è il caso di ripensarlo, rileggendo esigenze e bisogni e studiando nuove modalità di risposta.

Un ultimo sforzo è stato quello di chiedere una valutazione di utilità dei servizi dati. La considerazione di utilità non necessariamente si lega alla fruizione propria, ad un far ricorso personale a quel servizio per poterlo ritenere tale. Vale la sensibilità che le persone hanno di capire ciò che ad altri può servire, anche se la situazione che vivono in quel momento non richiede la natura di quei servizi.

La tabelle 50, divisa in tre settori, quello dei servizi per l’infanzia e l’adolescenza, quello dei servizi per gli anziani, e quello dei servizi per il sostegno alla famiglia, tenta dunque una lettura e un approccio tridimensionale CONOSCENZA, UTILIZZO, UTILITA’. Prima di addentrarci in qualche breve considerazione in merito, va sottolineato che la tabella contiene anche il numero delle persone che non hanno risposto ai quesiti. Il numero delle non risposte è alto soprattutto nell’ambito della valutazione sull’utilizzo e dell’utilità; in molti casi si è anche superato il 50% di non risposte. In parecchi casi, interpretiamo, la risposta non è stata data perché non ci si è resi coinvolti nella

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cosa; in altri casi, interpretiamo nuovamente, la non conoscenza del servizio ha portato alla non risposta automatica sull’utilizzo e sull’utilità. Chi scrive mantiene una certa riluttanza a considerare ampiamente attendibile la terza colonna sull’utilità, sia per la percentuale più alta di non risposte, sia perché in molti casi, e interpretiamo per la terza e ultima volta, l’impressione che se ne ricava è di un campione che tende a rispondere automaticamente in maniera affermativa. Tuttavia la non conoscenza può essere generata da più cause oltre che da un’informazione non giunta. Capita che non si vada a cercare ciò di cui non si ha bisogno, che non vi sia l’interesse né la motivazione a chiedere, a informarsi, a bussare quando non vi siano esigenze o situazioni di vita che premono. Ma la mancata conoscenza o la non fruizione di servizi non impedisce di entrare nel merito dell’utilità, di pronunciarsi sulla positività del loro esserci. L’elenco dei servizi presenti e la mappa complessiva delle opportunità su cui invitare le famiglie ad esprimersi intorno ai criteri di conoscenza, fruizione e utilità è stato pensato in relazione a quanto emerso nei focus group, alla conoscenza degli stessi nel gruppo di lavoro, alla consulenza delle responsabili del Piano di Zona Alto Mantovano.

Tabella 50a – I servizi per la famiglia (infanzia e adolescenza): conoscenza, utilizzo , utilità NR = non risponde / Le percentuali sono calcolate solo sulle risposte valide PER L’INFANZIA E L’ADOLESCENZA LO CONOSCO LO UTILIZZO E’ UTILE Servizio educativo domiciliare per minori SI 17,1 SI 1,9 SI 85,1 NO 82,9 NO 98,1 NO 14,9 NR 28,9 NR 55,7 NR 55,4 Attività ricreative pomeridiane per minori SI 54,7 SI 9,0 SI 96,4

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(laboratori, attività teatrale, sostegno NO 45,3 NO 91,0 NO 3,6 scolastico, attività di gioco, ecc.) NR 29,6 NR 50,3 NR 46,6 Asili Nido SI 85,9 SI 9,1 SI 96,9 NO 14,1 NO 90,9 NO 3,1 NR 27,8 NR 42,7 NR 38,8 Scuola materna SI 90,0 SI 20,9 SI 98,5 NO 10,0 NO 79,1 NO 1,5 NR 26,6 NR 41,8 NR 37,5 Servizi estivi per minori SI 89,3 SI 27,7 SI 97,2 (CREST, CRED, e similari) NO 10,7 NO 72,3 NO 2,8 NR 25,7 NR 40,4 NR 35,9 Attività aggregative e ricreative delle SI 82,8 SI 24,4 SI 93,0 Parrocchie NO 17,2 NO 75,6 NO 7,0 NR 27,3 NR 42,5 NR 38,7 Servizio scuolabus / Trasporto scolastico SI 88,9 SI 12,8 SI 97,7 NO 11,1 NO 87,2 NO 2,3 NR 27,2 NR 40,6 NR 37,7

Non esistono sorprese di sorta nell’ambito dei servizi proposti per infanzia e adolescenza. Scuole, attività delle Parrocchie, servizi estivi per minori e trasporto scolastico godono di una conoscenza ampia e articolata; quanto al loro utilizzo, si tenga conto che il campione è formato da persone in alcuni casi con figli già grandi, o da persone non sposate o senza figli. Pertanto le percentuali di positività che emergono sono di tutto rispetto. Discorso a parte meritano le prime due opzioni in colonna: il servizio educativo domiciliare per minori e le attività ricreative pomeridiane per minori non sembrano avere ampio seguito di conoscenza e mostrano anche un basso utilizzo. Serve attenzione in questo senso tenuto conto, anche, di quanto dichiarato dalle famiglie nei Comuni che proponevano un sostanziale ispessimento delle due attività e una loro migliore dislocazione e organizzazione anche estiva. In alcuni casi specifici territoriali si era assistito a una valutazione ampia e ricca di significati, in altri la richiesta in tal senso era molto più criticamente propositiva. Investire in questi ambiti, ripensando i servizi per i minori e strutturandoli di concerto con le famiglie, tenendo conto delle loro richieste appare molto stimolante. Tempi di sviluppo, flessibilità, offerta estiva, competitività nelle

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proposte, innovatività, maggiore conoscenza e informazione: sono temi non sempre facili da conciliare ma bisogna fare un tentativo. Le risorse del territorio ci sono, le idee di base anche, le esperienze in atto pure; serve un modo per metterle in fila e per rileggerle adattandole alle richieste delle famiglie.

In relazione ai servizi per gli anziani, i dati che riportiamo poco sotto nel secondo settore della tabella 50, nulla ci dicono della vita degli anziani sul territorio dell’alto mantovano. Qualcosa di più è stato possibile conoscere nelle interviste nelle famiglie; si sa che una percentuale molto ridotta delle famiglie interpellate utilizza i servizi predisposti, che viene indicato come punto basilare il notevole costo dell’assistenza e del trasporto degli anziani, che l’approccio ad ogni servizio per i non autosufficienti appare difficile, se non addirittura laborioso o impossibile.

La famiglia nucleare ha in molti casi sostituito la famiglia allargata e gli anziani spesso vivono in coppia, o da soli con bisogni crescenti e non sempre individuati, o in una residenza sanitario assistenziale. I servizi per gli anziani non sono un atto dovuto ma un atto di civiltà; i servizi per gli anziani, vista anche la loro consistenza numerica e la loro crescita progressiva dovuta all’aumento dell’aspettativa di vita, si fanno sempre di più banco di prova delle politiche sociali.

Tabella 50b – I servizi per la famiglia (anziani): conoscenza, utilizzo , utilità NR = non risponde / Le percentuali sono calcolate solo sulle risposte valide PER GLI ANZIANI LO CONOSCO LO UTILIZZO E’ UTILE Assistenza domiciliare per SI 81,2 SI 5,1 SI 97,6 anziani NO 18,8 NO 94,9 NO 2,4

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NR 24,0 NR 43,3 NR 35,5

Servizio pasti a domicilio SI 71,1 SI 3,2 SI 96,4 NO 28,9 NO 96,8 NO 3,6 NR 24,8 NR 43,8 NR 36,7 Soggiorni per persone SI 61,9 SI 2,4 SI 92,9 autosufficienti NO 38,1 NO 97,6 NO 7,1 NR 25,2 NR 46,0 NR 40,6 Soggiorni per persone non SI 56,3 SI 2,1 SI 95,8 autosufficienti NO 43,7 NO 97,9 NO 4,2 NR 27,4 NR 48,3 NR 42,7 Alloggi per anziani SI 71,3 SI 2,2 SI 96,1 NO 28,7 NO 97,8 NO 3,9 NR 26,0 NR 45,6 NR 38,9 Centro Diurno per anziani SI 78,2 SI 4,1 SI 97,1 NO 21,8 NO 95,9 NO 2,9 NR 25,1 NR 44,3 NR 37,7 Servizio di telesoccorso per SI 58,9 SI 2,0 SI 96,1 anziani soli NO 41,1 NO 98,0 NO 3,9 NR 26,6 NR 46,6 NR 39,1

La parte di questa tabella non fa che confermare alcune considerazioni:  i servizi per gli anziani sono comunque piuttosto conosciuti;  il loro utilizzo nel campione è scarso perché è scarso il numero di persone che li accudisce direttamente o ne ha a che fare direttamente, anche in riferimento ai non autosufficienti;  non esistono dubbi sull’elemento di utilità degli stessi.

Quanto alle iniziative di sostegno alle famiglie, il campione mostra una conoscenza discreta in relazione alla possibilità di reperire contributi economici per famiglie in difficoltà, così come alle iniziative a favore delle famiglie straniere e alla loro alfabetizzazione. Si tratta di punti di vista importanti, se non fosse che esiste un ricorso agli stessi molto modesto, così come in relazione ai gruppi di auto aiuto per genitori. I dati modesti di partecipazione a tali iniziative, sembrano in contraddizione con la forte inquietudine che i genitori, in varie indagini pubblicate, esprimono su varie tematiche, dalle difficoltà nella coesione

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famigliare, ai rischi dei propri figli, alle dipendenze o al consumo leggero. Altrettanta modestia numerica di partecipazione è stata riscontrata altrove. Vanno sicuramente ripensati i modi, i contenuti, i tempi e i luoghi, allargando forse maggiormente l’ottica verso il disagio giovanile nelle forme, e sono tante, in cui si esprime. Il problema del malessere, dell’insoddisfazione di sé e degli effetti e dei comportamenti che ne possono risultare, è peraltro un argomento da tenere vivo nei modi che i soggetti significativi della comunità intendono.

Tabella 50c – I servizi per la famiglia (sostegno): conoscenza, utilizzo , utilità NR = non risponde / Le percentuali sono calcolate solo sulle risposte valide PER IL SOSTEGNO ALLE FAMIGLIE LO CONOSCO LO UTILIZZO E’ UTILE Gruppi di autoaiuto per genitori SI 21,3 SI 1,4 SI 89,9 NO 78,7 NO 98,6 NO 10,1 NR 25,6 NR 48,4 NR 45,4 Contributi economici a sostegno di SI 52,2 SI 3,9 SI 96,0 famiglie che ne hanno i requisiti NO 47,8 NO 96,1 NO 4,0 NR 25,6 NR 48,4 NR 45,4 Alfabetizzazione o corsi per famiglie SI 42,6 SI 1,6 SI 92,8 straniere, anche in riferimento al NO 57,4 NO 98,4 NO 7,2 lavoro NR 25,6 NR 45,3 NR 39,4

In generale l’ampio spettro di dati emersi dalla tabella 50 non fa che dimostrare che una lettura delle situazioni e una efficacia nelle proposte possono far emergere richieste e bisogni che magari prima non c’erano. La società della conoscenza e del cambiamento rapido impone sempre continue riletture dell’esistente per dare senso a ciò che si fa, si organizza, si progetta. Agli intervistati è stato sottoposto un quesito in merito ad alcuni servizi utili interni all’azienda in grado di meglio conciliare la vita lavorativa e personale. Le risposte, che sono riassunte nella tabella 51, mettono in gerarchia una serie di possibilità e opzioni. L’apertura di due sportelli, diversi ma ugualmente interessanti, è in vetta alle preferenze date sia da uomini che da donne.

Tabella 51 - Servizi utili per conciliare vita personale e lavorativa Erano possibili tre risposte Uomini Donne Sportello interno aziendale per commissioni 27,4 28,4

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Sportello aziendale di supporto alla conciliazione 26,4 30,7 Palestra o attività ludiche e culturali in azienda 15,7 11,8 Servizio lavanderia e stireria 15,1 13,4 Spesa on line 7,3 6,4 Aggregazione per nuclei famigliari 2,7 5,0 Altro 3,6 4,1 Il primo sportello prevede la possibilità di utilizzarlo in merito al disbrigo di pratiche come il pagamento di bollettini, azioni bancarie, e quant’altro possa permettere al lavoratore di risparmiare tempo e ottimizzare gli spostamenti. Il secondo sportello invece è decisamente di un livello più tecnico, e dedicato decisamente alle politiche dei tempi, delle difficoltà famigliari e della conciliazione. E’ importante diffondere e promuovere l'informazione mediante la distribuzione di notizie, in maniera capillare, sui diritti e le opportunità relativi ai congedi parentali (ad esempio la legge 53/2000 nelle sue varie sfumature). Attraverso il contatto e la comunicazione con i lavoratori e con l’azienda, si può parlare di conciliazione e condivisione, di tempi di vita, di cura e di lavoro. Uno “sportello della conciliazione” presente in azienda informa sui diritti e sulle esigibilità delle leggi che favoriscono la conciliazione dei tempi. Un terzo degli intervistati vede di buon occhio le due ipotesi; il dato assume importanza ancora maggiore se si tiene conto che le opzioni di risposta erano fino a tre. L’aspetto della richiesta di avere una palestra o l’organizzazione di attività ludiche o culturali, in azienda, rientra verso una sostanziale modalità delle persone e dei lavoratori di vedere un accoppiamento del benessere fisico e psicologico tramite l’utilizzo di servizi che, esulando dall’aspetto del lavoro, finiscano per stimolare sia l’aspetto dell’attività fisica che quello più prettamente ludico e istruttivo. Lo stress è un fondamentale problema di salute legato all'attività lavorativa riferito più frequentemente e colpisce il 22% dei lavoratori dei 27 Stati membri dell'UE (dati del 2005). Lo stress legato all'attività lavorativa rappresenta una delle sfide principali con cui l'Unione Europea deve confrontarsi nel campo della salute e della sicurezza poiché interessa quasi un lavoratore su quattro e dagli studi condotti emerge che una percentuale compresa tra il 50% e il 60% di tutte le giornate lavorative perse è dovuta allo stress. Ciò comporta costi enormi in termini di disagio umano e pregiudizio del risultato economico.

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Lo stress sembra influire anche fortemente sulla redditività. La realizzazione di un clima organizzativo e aziendale non può prescindere dal concetto di benessere sul luogo di lavoro. Ecco che la richiesta del 15% circa del campione, sembra andare verso questa direzione. E’ molto probabile che una larga misura delle risposte sia peraltro pervenuta dai lavoratori non padri o madri.

La tabelle 52 (per gli uomini) e 53 (per le donne) si preoccupano di sottolineare quali sono i servizi maggiormente utilizzati nell’area di appartenenza del campione; area, è giusto ricordarlo, che riguarda per il 70% circa il territorio del Distretto Alto mantovano, per il per il 10% altri centri della provincia mantovana, e per il rimanente 20% circa Comuni fuori provincia, così come si desume dalla domanda riguardante la residenza. Tale premessa è necessaria per dare una lettura più conforme dei dati, in modo da tenere conto di alcune variabili fondamentali: - la presenza più o meno ampia di servizi a seconda del territorio di residenza; - la funzionalità o meno degli stessi. A tal proposito diviene basilare leggere la successiva risposta compresa nella tabella 54 che mette in gerarchia i servizi che possiedono orari meno funzionali alle esigenze personali, famigliari e lavorative. Su tale argomento e sulla regolamentazione degli orari, ritorneremo più in là con una serie di pensieri.

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Tabella 52 - Servizi utilizzati nell’area in cui risiede (RISPONDONO GLI UOMINI) Era necessario scegliere un valore per ogni item Molto spesso o spesso Supermercati, ipermercati, centri commerciali 82,2 Uffici postali 51,7 Banche 49,6 Farmacie 46,8 Impianti sportivi 35,0 Poliambulatori 23,5 Uffici comunali 23,4 Negozi di paese 21,8 Biblioteche e ludoteche 16,1 Consultori o Distretti ASL 13,5 Trasporti pubblici 4,3

Confrontando le prime due tabelle 52 e 53 è possibile mettere in fila una serie di analisi che qui riassumiamo: a) in linea complessiva la donna si fa partecipe di un utilizzo maggiore dei servizi. Probabilmente ciò è dovuto a due fattori: più tempo complessivo a disposizione (il 20% del campione dichiara di lavorare part-time rispetto al 2% maschile) e più tempo dedicato alla vita famigliare (come già detto in paragrafi precedenti, la forbice percentuale di impegno alle necessità famigliari tra donna e uomo, pur essendosi ridotta, è ancora piuttosto sbilanciata verso la donna); b) la donna si serve molto di più dei servizi socio-sanitari frontali (23% in più di farmacie, 13% in più ai poliambulatori, 12% in più dei poliambulatori); c) la percentuale di utilizzo dei servizi “popolari” è simile tra uomini e donne, e soprattutto raggiunge alte percentuali. Supermercati, banche e uffici postali sono molto frequentati e infatti la richiesta di uno sportello aziendale per le commissioni ne dimostra l’uso; d) i negozi di paese confermano la loro relativa incidenza, che appare comunque in calo generalizzato ovunque; e) i trasporti pubblici sono pressoché ignorati, sia per la probabile relativa vicinanza casa/luogo di lavoro, sia per la presenza quasi secolarizzata

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del possesso di un’automobile per ogni persona. Siamo tra l’altro in presenza di un territorio ampio ma che non sembra soffrire di difficoltà estreme dal punto di vista del traffico intenso.

Tabella 53 - Servizi utilizzati nell’area in cui risiede (RISPONDONO LE DONNE) Era necessario scegliere un valore per ogni item Molto spesso o Spesso Supermercati, ipermercati, centri commerciali 83,8 Farmacie 69,5 Uffici postali 55,6 Banche 55,0 Poliambulatori 36,3 Impianti sportivi 30,4 Negozi di paese 28,2 Consultori o Distretti ASL 25,0 Uffici comunali 24,6 Biblioteche e ludoteche 19,7 Trasporti pubblici 6,6

Trattare il tema degli orari dei servizi e della loro funzionalità alle esigenze famigliari non è facile, ma è fondamentale avere davanti un quadro della situazione per imbastire elementi di controllo, di innovazione e di efficienza. La tendenza in molti settori è quella dell’offerta generalizzata, non ancora H24, ma sicuramente tesa a sfruttare le opportunità che il mercato e la richiesta offre. In altri casi esistono forme di rigidità e di tradizione non superabili, che portano certamente a delle difficili modalità di approccio e di accesso ai servizi stessi. Produrre mutamenti d’orario in alcuni servizi non è facile; tuttavia la produzione di eventuali cambiamenti che influenzeranno l’uso da parte della popolazione di tali servizi, potrebbe fare nascere nuovi bisogni nelle persone che lavorano in quell’area che possono avere quindi problemi legati alla mobilità, all’accesso ai servizi, all’uso del tempo e più in generale a problematiche che rientrano nell’ambito delle politiche dei tempi.

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Parlare di orari e di esigenze dei lavoratori in questo caso è un importante modo di riflettere in prospettiva. Riuscire a pensare o effettuare sistemi di pianificazione, di indirizzo e di regolazione delle politiche locali può permettere di influenzare il tempo e gli orari delle città e della sua collettività. Gli obiettivi di una domanda come quella posta al campione delle aziende miravano a capire i migliori teorici modelli rispetto ai tempi di vita, di lavoro, di cura, di formazione e di relazione, sia di chi vive stabilmente sul territorio.

Tabella 54 - Servizi con orari meno funzionali alle esigenze Erano possibili quattro risposte % Uffici comunali 22,42 Banche 15,12 Poliambulatori 10,47 Uffici postali 9,53 Consultori e distretti ASL 9,38 Farmacie 5,31 Mercati 5,17 Trasporti pubblici 5,07 Negozi di paese 4,88 Biblioteche e ludoteche 3,74 Scuola primaria e secondaria 2,99 Asili nido e scuola infanzia 2,46 Supermercati, ipermercati 1,90 Impianti sportivi 1,56

La prima posizione in gerarchia degli uffici comunali non sorprende poiché anche nelle interviste alle famiglie era emerso lo stesso parere. Il campione “aziendale” dà maggiore importanza allo scarso feeling con gli orari delle banche rispetto a quello “famigliare”. Il pacchetto che comprende i servizi socio- sanitari (poliambulatori, consultori e distretti ASL, farmacie) si fa carico di un quarto delle risposte, una quota percentuale praticamente identica tra i due differenti campioni: un dato sul quale riflettere profondamente. Le scuole in questo elenco perdono un po’ della loro “rigidità oraria” ampiamente sbandierata altrove dagli intervistati. La loro posizione in merito, come già visto nel capitolo precedente, merita tuttavia una sosta di riflessione.

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Un tabella come la numero 54 impone alcune veloci ma importanti riflessioni. Se letta in logica di accoppiamento con altre tabelle e altri dati (ad esempio lo stesso argomento visto dall’angolazione delle interviste alle famiglie e alle esigenze di conciliazione espresse), dà un quadro complessivo molto interessante. Se letti con attenzione, i dati possono portare a ipotizzare provvedimenti che tendano a ridurre gli sprechi di tempo per le famiglie, migliorando il rapporto e favorendo il riequilibrio tra “tempo obbligato” e “tempo scelto”; tutto ciò porta a un miglioramento sostanziale della qualità della vita personale e famigliare. Una ipotesi di riassetto orario o una verifica più approfondita dei tempi e degli orari può senz’altro favorire la conciliazione tra tempo di lavoro, tempo familiare e tempo per sé, portando benefici alla vita famigliare. Complessivamente e relativamente alla variabile tempo, si possono indicare alcuni aspetti logici di intervento e alcune veloci proposte di pensiero: a) tentare di favorire il passaggio da un orario di lavoro standard e uguali per tutti a orari flessibili, personalizzati, multi modali, incentivanti la progressione economica, professionale e di carriera; b) vincolare la qualità dei servizi a una doppia misura temporale: la domanda temporale degli utenti, ma anche dei lavoratori, in quanto essi stessi utenti dei servizi, favorendo una sorta di equità verso tutti i cittadini utenti; c) favorire modelli di efficienza oraria nella pubblica amministrazione, e in particolare, come emerso dalla interviste, negli uffici comunali, mediante il “riassetto” degli orari di sportello nel front-line verso il pubblico e la trasversalità tra i diversi settori, al fine di ottimizzare, anche, le risorse umane ed economiche; d) ottimizzare le offerte messe a disposizione dalla città che ospita la maggior parte dei lavoratori (in questo caso il centro fondamentale è Castiglione delle Stiviere) in modo da divenire accogliente per i pendolari, strutturata per i residenti, capace di offrire servizi, anche innovativi, in grado di coinvolgere e non di escludere; e) aprire una sorta di confronto con il settore socio-sanitario in merito alle esigenze emerse in relazione agli orari dei medici di base, dei poliambulatori, dei consultori ASL, e in misura diversa, delle farmacie.

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Su questo argomento, forse è ancora più importante leggere quanto viene detto da famiglie e lavoratori.

Tabella 55 - Ipotesi di miglioramento qualità della vita Erano possibili tre risposte % Apertura banche sabato mattina 29,76 Diversa strutturazione orari degli uffici comunali 25,88 Maggiori contatti con servizi alla famiglia (ASL, consultori, ecc.) 15,35 Diversa strutturazione orari scuole 8,52 Servizi domiciliari di supporto agli anziani 7,77 Apertura permanente centri commerciali e ipermercati 6,70 Apertura allargata esercizi commerciali paese di residenza 6,02

Le risposte in gerarchia nella tabella 55 non sono altro che un approfondimento di quanto già emerso. Il campione propone l’apertura delle banche anche il sabato mattina e una diversa strutturazione degli uffici comunali nella maggioranza dei casi: due richieste molto forti che vanno di concerto con quanto già espresso nelle precedenti risposte. Anche la terza risposta dimostra che il contatto coi servizi alla famiglia del comparso socio-sanitario non sempre si dimostra validissimo, anzi appare decisamente perfettibile. Gli orari delle scuole, che qui si posizionano nella loro diversa strutturazione, al quarto posto, sono un altro degli aspetti in discussione emersi durante tutta la ricerca.

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4.4 Azioni conciliative: un breve “catalogo”

Per tentare di riassumere e di catalogare in senso complessivo alcune ipotesi di azioni conciliative e di miglioramento dell’approccio all’utilizzo del tempo in famiglia, utilizziamo e facciamo nostra una modalità di Bombelli e Cuomo (2003) che riassume alcune misure possibili.

MISURE CHE RIDUCONO O ARTICOLANO DIVERSAMENTE IL TEMPO DI LAVORO part-time; job sharing; elasticità giornaliera in entrata e in uscita; esenzione dai turni (diurno/notturno); flessibilità su base annua e banca delle ore; turni flessibili, scivolati, orari insoliti; telelavoro o lavoro a distanza; aspettative e permessi; congedi di maternità e parentali (estensione rispetto alle leggi).

MISURE DI SUPPORTO (SERVIZI) CHE LIBERANO TEMPO PER LA CURA DEI MEMBRI DELLA FAMIGLIA asili-nido; nursery; scuole materne; locali per ragazzi/circoli; vacanze, colonie estive per ragazzi e famiglie; mense aperte, catering, lavanderie, altri servizi interni; spacci e facilitazioni di acquisti/servizi; counselling per la conciliazione, per problemi familiari; assistenza per anziani non auto-sufficienti, centri di aggregazione giovanile, assistenze domiciliari.

MISURE PER SUPPORTARE IL RIENTRO DALLA MATERNITA’/PATERNITA’, PER CREARE UNA DIVERSA CULTURA DELLA CONCILIAZIONE, PER NON PENALIZZARE LE CARRIERE, MA AL CONTRARIO VALORIZZARE LE COMPETENZE supporto, formazione e aggiornamento al rientro da un congedo; mentoring sulle carriere in relazione alle responsabilità di cura; creazione di una figura, all’interno della direzione del personale, di coordinatore di conciliazione lavoro/famiglia; informazione dell’azienda nei confronti di chi è in congedo.

MISURE CHE CONSENTANO LA SOSTITUZIONE DEL TITOLARE D’IMPRESA O DEL LAVORATORE AUTONOMO CHE BENEFICI DEL PERIODO DI ASTENSIONE OBBLIGATORIA O DEI CONGEDI PARENTALI CON ALTRO IMPRENDITORE O LAVORATORE AUTONOMO.

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Legge 53/2000; articolo 9 della stessa.

MISURE PER APPOGGIARE FINANZIARIAMENTE I/LE DIPENDENTI integrazione all’indennità di maternità e congedo parentale; indennità per nascite, per i figli handicappati, sostegno dei costi dei servizi (asilo nido, scuola materna, baby-sitter, assistenza per anziani e handicappati); borse di studio, stage aziendali per i figli; prestiti, muti, anticipazioni Tfr; abitazione, affitti agevolati, indennità trasloco.

MISURE DI CONCILIAZIONE DEL TERRITORIO al governo locale, Comune, Provincia e Regione, spetta il compito di gettare ponti tra il sistema delle aziende e quello dei servizi, degli orari e dei trasporti; promozione di progetti integrati tra vari soggetti; azioni di promozione di pari opportunità; tavoli di concertazione; supporto alla contrattazione in materia; orari della pubblica amministrazione; banche dei tempi; fondo per l’armonizzazione dei tempi per le città; legge 28; documento del Piano di Zona.

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CAPITOLO 5 ALCUNE CONCLUSIONI

Prima di portare alcune brevi conclusioni complessive alla ricerca nelle famiglie e nelle aziende, ci sembra interessante riportare una parte di un saggio di Riccardo Prandini e Nadia Tarroni, dal titolo Le politiche e gli strumenti di conciliazione dei tempi. Esperienze e modelli organizzativi nel settore pubblico, privato e privato sociale . Prandini insegna Sociologia dei processi culturali e comunicativi , Sociologia della Famiglia e Sociologia del Terzo settore nella Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Bologna; Nadia Tarroni lavora al Dipartimento di Sociologia dell’Università di Bologna. Il saggio parla di conciliazione dei tempi e propone alcune riflessioni importanti sul welfare e su alcune esperienze italiane in merito, qui non riportate, svoltesi in varie Regioni.

Il tema della conciliazione dei tempi familiari e lavorativi è ampio e complesso, è necessaria la realizzazione di una sinergia positiva tra responsabilità familiari e professionali. L’obiettivo sarebbe quello di realizzare una «temporalizzazione» dei tempi di vita relazionali, capace di permettere il rispetto dei bisogni della famiglia e della professione. La riflessione sull’argomento ha condotto ad una prima delimitazione del campo di osservazione, ovvero la selezione di quegli interventi di conciliazione volti principalmente a sostenere la famiglia nell’adempimento della sua funzione educativa e di cura subito dopo la nascita di un figlio, quando il complesso intreccio di ruoli e identità si complica. Questo in effetti sembra uno dei momenti più delicati e importanti nella vita di una famiglia, ma anche nella vita professionale dei genitori. Il panorama complessivo emerso dall’analisi è denso di luci e ombre. Da un alto, infatti, si è riscontrata una grande richiesta di partecipazione da parte delle famiglie con figli in età infantile, ai progetti che favoriscono la riorganizzare del tempo di lavoro in relazione alle esigenze di cura familiare (questo è il caso per esempio delle varie misure di riduzione o di sospensione temporanea dell’attività lavorativa, sia di iniziativa pubblica, sia di iniziativa privata). Lo stesso apprezzamento è stato manifestato anche rispetto quei servizi che soddisfano la ricerca di flessibilità e di personalizzazione e che vanno ad incrementare le opportunità (libertà) di scelta delle famiglie arricchendo l’offerta di servizi

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C’è la necessità di sostenere il welfare market, cioè la cultura di responsabilità familiare e generazionale realizzata dalle imprese, incoraggiando l’utilizzo degli strumenti che già esistono, ma che spesso sono poco utilizzati se non sconosciuti. Esiste un difficoltà della famiglia di ridefinire in modo realmente paritario la divisione del lavoro di cura fra uomo e donna. I divari di genere sono legati però anche alle disuguaglianze strutturali del mercato del lavoro. Fin quando il part- time, così come altre forme di articolazione dell’orario di lavoro, saranno considerate soluzioni confezionate su misura solo per le donne, fin quando le donne guadagneranno meno degli uomini e fin quando il mercato del lavoro riserverà alle donne i lavori considerati meno strategici e meno pagati, saranno sempre le donne a utilizzare le varie opportunità che facilitano la conciliazione, come il part-time, la sospensione dell’attività lavorativa, i congedi, ecc. Da ciò si evince l’emergenza di politiche di conciliazione pensate ed attuate per intervenire sulle relazioni, piuttosto che sui singoli individui (donne) e di nuove configurazioni societarie capaci di affrontare efficacemente la complessità del problema. Occorre superare i modelli di politica familiare espressione di un assetto sociale basato sul compromesso fra stato e mercato per promuovere lo sviluppo di servizi da parte del terzo settore e del sistema delle famiglie, singole o associate, espressione di un’autonoma governance sociale, pur in costante relazione funzionale con gli altri sotto-sistemi della società. La famiglia diverrebbe un partner del mondo del lavoro e non un ostacolo. In effetti ormai molte sono le possibilità di conciliazione, ma poche ancora le realizzazioni.

Quali sono dunque gli elementi sui quali è necessario effettuare una riflessione nell’ottica di ricavare spunti e proposte per la costruzione del Piano di Zona 2009/2011 dell’Alto Mantovano e per il cosiddetto Patto Sociale? Molte le riflessioni che emergono, molte le idee che possono essere riprese e ri- valutate. Molte le criticità in quadro complessivo comunque abbastanza variegato di aspetti e giudizi positivi e di critiche e proposte meno positive.

LA TIPOLOGIA DELL’ORARIO DI LAVORO EFFETTUATO E’ ABBASTANZA SODDISFACENTE, SIA PER LE FAMIGLIE INTERVISTATE A CASA, SIA PER I LAVORATORI INTERVISTATI IN AZIENDA; TUTTAVIA ALCUNE MODALITA’ SAREBBERO DA VALUTARE SOPRATTUTTO SUI TEMI DELLA FLESSIBILITA’ IN

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ENTRATA E USCITA E SU ALCUNE IPOTESI DI STRUTTURAZIONE MIGLIORATIVA DEGLI ORARI LAVORATIVI

LA GESTIONE COMPLESSIVA DEI FIGLI SI MANIFESTA COME ELEMENTO E PROBLEMA SOSTANZIALE PER LE FAMIGLIE CHE HANNO BISOGNO E MAGGIORE NECESSITA’ DI “TEMPO E SPAZIO”

CI SONO SCARSE DIFFICOLTA’ COMPLESSIVE, SUL TERRITORIO, NEL RAGGIUNGERE “FISICAMENTE” IL POSTO DI LAVORO

LE RIGIDITA’ COMPLESSIVA DEL QUADRO ORARIO PROPOSTO DALLE SCUOLE (NIDI, INFANZIA E PRIMARIA) COMPORTA CRESCENTI DIFFICOLTA’ DI ORGANIZZAZIONE FAMIGLIARE. DURANTE I FOCUS GROUP SONO EMERSE ANCHE CRITICITA’ DOVUTE ALLE LISTE DI ATTESA. IN QUALCHE CASO E’ EMERSA ANCHE QUALCHE CRITICA AL CALCOLO ISEE DELLE RETTE

E’ EVIDENTE LA RICHIESTA DI AMPIA FLESSIBILITA’ NELLA PROPOSTA ORARIA SCOLASTICA, SOPRATTUTTO NELL’INFANZIA

E’ PIUTTOSTO AMPIO ED ESTESO IL RICORSO AI NONNI IN SOSTITUZIONE DI ALTRE MODALITA’ DISPONIBILI PER AFFIDARE I FIGLI IN ETA’ INFANTILE DURANTE L’ORARIO DI LAVORO

LE RETTE DEI SERVIZI TERRITORIALI VENGONO GIUDICATE TROPPO ALTE (IN PARTICOLARE ASILI, TRASPORTO SCOLASTICO, MENSE). E’ FORSE NECESSARIO RIFLETTERE SUL FATTO CHE AVERE FIGLI È UN FATTORE DI “IMPOVERIMENTO” IN QUANTO LO STATO NON INVESTE SULLA FAMIGLIA INTESA COME CAPITALE SOCIALE. I SERVIZI PER L’INFANZIA SEMBRANO ESSERE IMMAGINATI, DALLE FAMIGLIE, COME MENO COSTOSI E PIU’ FACILMENTE ACCESSIBILI (COME ORARI E LISTA DI ATTESA)

SI NOTA L’ASSENZA DI PROPOSTE EDUCATIVE E RICREATIVE,ANCHE INNOVATIVE E PIU’ STRUTTURATE IN ESTATE, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AL MESE DI AGOSTO.

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LA NECESSITÀ DI SERVIZI INTEGRATIVI ALLA SCUOLA DELL’INFANZIA E AI NIDI SI RENDE EVIDENTE D’ESTATE, NEL CASO CHE ENTRAMBI I GENITORI LAVORINO E IL SERVIZIO CHE FINISCE RAPPRESENTA UN ALTRO EVENTO CRITICO DA AFFRONTARE

GLI ORARI DI MOLTI SERVIZI O UFFICI PUBBLICI SONO INCOMPATIBILI E INCONCILIABILI CON LE NECESSITA’ FAMIGLIARI; SI TRATTA SOPRATTUTTO DEGLI UFFICI COMUNALI, MA ANCHE DI BANCHE, DEL SETTORE SANITARIO (CONSULTORI ASL, MEDICI DI BASE, POLIMABULATORI) E COME DETTO DELLE SCUOLE

APPARE OTTIMA LA CONOSCENZA DEI SERVIZI TERRITORIALI PRESENTI, SOPRATTUTTO IN RIFERIMENTO A QUELLI DESTINATI ALLA FAMIGLIA, ALL’INFANZIA E ALL’ADOLESCENZA

IL GIUDIZIO COMPLESSIVO DEI SERVIZI PER LA FAMIGLIA E I FIGLI SUL TERRITORIO E’ COMUNQUE IN GENERALE GIUDICATO POSITIVO. I SERVIZI PER L’INFANZIA APPAIONO I SERVIZI PIÙ UTILIZZATI E LE FAMIGLIE NE APPREZZANO COMPLESSIVAMENTE LA QUALITÀ DELL’OFFERTA FORMATIVA RIVOLTA AI BAMBINI

APPARE DI BUON LIVELLO NUMERICO LA RICHIESTA DI ATTIVARE SPORTELLI INTERNI ALLE AZIENDE, SIA PER LA GESTIONE E IL DISBRIGO DI PRATICHE O COMMISSIONI PERSONALI O FAMIGLIARI, SIA PER LA CONSULENZA PERSONALIZZATA ALLE ESIGENZE DI CONCILIAZIONE

EMERGE UNA BUONA RICHIESTA DI SOSTEGNO ALLA SORVEGLIANZA POMERIDIANA E ALLO SVOLGIMENTO DEI COMPITI DEI FIGLI, MA E’ ANCHE PRESENTE IL SOSTEGNO ALLE PRATICHE DI BABY SITTING E ALL’IPOTESI DI ISTITUIRE NIDI AZIENDALI

IL COSTO DELL’ASSISTENZA PER GLI ANZIANI E LE PERSONE NON AUTOSUFFICIENTI VIENE DEFINITO TROPPO ELEVATO

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APPARE FONDAMENTALMENTE DIFFICILE L’ACCESSO AI SERVIZI PER GLI ANZIANI

Questo report aveva il compito di scattare una fotografia significativa sulle tematiche prese in esame; inoltre aveva l’indicazione di proporre degli stimoli di riflessione e discussione, oltre che individuare alcune criticità sulle quali lavorare per ottenere prove di risposta significative. Forse non si potrà lavorare su tutto, forse non tutto sarà immediatamente disponibile. Certamente l’esposizione dello status quo, con gli indubbi aspetti di positività e con le espressioni di pensiero, anche critiche, di molte famiglie, è un elemento di valore aggiunto per le politiche territoriali e sociali dell’alto mantovano.

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BIBLIOGRAFIA DI BASE

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Legge 328/2000 Piani di Zona LEGGE QUADRO PER LA REALIZZAZIONE DEL SISTEMA INTEGRATO DI INTERVENTI E SERVIZI SOCIALI .

Legge 53/2000, Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città, art. 9.

Legge 28/2004 Regione Lombardia, Politiche regionali per il coordinamento e l’amministrazione dei tempi delle città.

Delibere CIPE marzo/agosto 2000 APPROVAZIONE DEL QUADRO FINANZIARIO PROGRAMMATICO RELATIVO ALLE AREE DEL CENTRO-NORD (OBIETTIVO 2)

Delibera CIPE 25 luglio 2003: REGIONALIZZAZIONE DEI PATTI TERRITORIALI E COORDINAMENTO GOVERNO, REGIONI E PROVINCE AUTONOME PER I CONTRATTI DI PROGRAMMA

PIANO DI ZONA 2006/2008, Alto Mantovano , Comune di Castiglione delle Stiviere

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