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Hozier, valeva la pena aspettarlo

Dopo un lungo periodo di silenzio l’irlandese ritorna ai suoi fan con , un EP con quattro ottime tracce

/ 08.10.2018 di Benedicta Froelich

A volte, anche se non troppo spesso, capita di imbattersi in esordienti che, appena approdati sulla scena pop-rock internazionale, si rivelano veri e propri «colpi di fulmine», capaci di toccare corde cruciali nel cuore degli ascoltatori e guadagnarsi così un posto speciale nell’immaginario collettivo. Il ventottenne irlandese Hozier sembra costituire un perfetto modello di tale tipologia: catapultato nell’olimpo del successo pressoché immediato da un singolo indimenticabile quale l’inquietante (2013), si è infatti presto distinto grazie a un album d’esordio di grande fascino e potenza, caratterizzato da una sapiente mistura tra folk, blues-rock e gospel – il tutto condito da liriche intrise di una curiosa, personale combinazione di etereo misticismo e concreto (oltreché ben più terreno) vitalismo.

Tuttavia, chi sperava che, dopo un simile debutto, Hozier si buttasse anima e corpo nella mischia discografica, magari cercando di trarre più vantaggi possibile dall’insperato riscontro ottenuto, è rimasto deluso: infatti, a parte il (peraltro notevole) Better Love – brano inciso nel 2016 per la colonna sonora dell’ennesimo film hollywoodiano dedicato alla leggenda di Tarzan – il nostro si è, in realtà, trincerato dietro un ostinato silenzio, dal quale è infine riemerso appena pochi giorni fa, a distanza di ben quattro anni dall’album d’esordio (l’eponimo Hozier). Ma il tanto atteso ritorno non ha preso la forma di un CD completo, bensì di un cosiddetto EP – termine che sta per «extended play», e si rifà ai bei tempi del vinile, in cui gli artisti desiderosi di offrire un «assaggio» delle loro capacità incidevano un disco di breve durata, a metà strada tra un 45 giri e un LP vero e proprio; proprio ciò che, del resto, lo stesso Hozier ha fatto nel 2014, quando il suo disco d’esordio è stato preceduto dall’EP From Eden.

Così, questo nuovo Nina Cried Power contiene appena quattro tracce, a fungere nuovamente da apripista per un secondo CD in arrivo; ma, a onore di Hozier, bisogna dire che questi pochi brani sono davvero valsi la lunga attesa. Lo dimostra subito il trascinante Shrike, pezzo semplicemente magistrale nella sua fusione tra lo stile peculiare del suo autore (si vedano gli struggenti arpeggi di chitarra che enfatizzano e accompagnano il finale di ogni strofa) e l’ipnotica, strisciante malinconia che ne pervade il testo e l’atmosfera – in una sorta di affresco del più represso e inconfessabile dolore esistenziale, irrimediabile quanto commovente. Esattamente il tipo di esercizio di stile che Hozier ci ha insegnato ad aspettarci da lui: coinvolgente, a tratti perfino straziante, ma senza mai scadere nel melenso o nell’enfatico. E, di fatto, la prova rappresentata da Nina Cried Power non potrà che deliziare i fan dell’artista irlandese e confermarne lo status di cantautore di grande respiro, le cui capacità trascendono la giovane età.

Anche perché, Shrike a parte, Hozier sorprende ancor di più con la travolgente title track Nina Cried Power, il cui titolo rimanda a una figura-simbolo dell’emancipazione artistica afroamericana quale la grande vocalist Nina Simone – in un sentito omaggio alle leggende della musica al femminile e alle loro lotte per ottenere il rispetto e la «potenza» di cui il titolo parla, liberandosi dalle catene della supposta superiorità maschile al fine di brillare davvero come artiste e persone. Non solo: il brano – una cavalcata rock-blues dalla potenza dirompente – si avvale anche della voce ancor oggi ineguagliabile della quasi ottuagenaria (e leggendaria) Mavis Staples, icona degli Staple Singers. E se l’altro pezzo veloce presente nell’EP – Moment’s Silence (Common Tongue) – si colloca sulla medesima linea stilistica del brano che dà il titolo all’album, sul versante opposto troviamo invece le atmosfere suadenti della ballata NFWMB, il cui titolo altro non è che l’acronimo di «Nothing Fucks With My Baby», frase evidentemente ritenuta troppo sboccata per un album di diffusione commerciale (il quale, nonostante tale cautela, si è comunque guadagnato la temuta dicitura «explicit» sotto il titolo); così, anche se, per certi versi, NFWMB riserva meno sorprese – essendo definibile come il classico lento «à la Hozier», carico di trattenuta, ma palpabile sensualità e vibranti ammiccamenti – resta comunque uno sforzo di gran classe, in linea con l’intero EP.

Del resto, nonostante la brevità, Nina Cried Power riesce davvero a infondere una sensazione di appagamento nell’ascoltatore: e se si considera come il cantautorato folk inglese non stia esattamente vivendo uno dei suoi momenti migliori, il fatto che un giovane quale Hozier sia in grado di mantenere appieno le speranze del proprio esordio – e, con un po’di fortuna, magari superarle, nei molti anni di lavoro che ancora lo attendono – è decisamente consolante. Soprattutto per l’ampio pubblico di appassionati che, alla stregua di chi scrive, sperano sempre in un futuro rinnovo generazionale per la vecchia scuola folk-rock di un tempo.