Lineamenti Di Una Civiltà Cristiana: Il Medioevo
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LEOPOLD GENICOT Professore all'Università di Lovanio Lineamenti di una civiltà cristiana: il medioevo Titolo dell'opera originale: LES LIGNES DE FAITE DU MOYEN AGE, Casterman, Tournai 1962 SOMMARIO Premessa Prefazione Introduzione Il problema del medioevo PARTE PRIMA - L'ALBA Capitolo primo. L'ambiente: dal mondo antico all'Occidente. Capitolo secondo. Primi elementi: la Germania e Roma Capitolo terzo. La vita spirituale: la Chiesa e l'Occidente Capitolo quarto. Primi bagliori: i Carolingi PARTE SECONDA - IL MERIGGIO Capitolo quinto. Il clima politico: lotta per la pace Capitolo sesto. L'atmosfera religiosa: da Cluny a Roma Capitolo settimo. Il fattore umano: l'incremento demografico e le sue conseguenze Capitolo ottavo. Idee e sentimenti: nova et vetera Capitolo nono. Sintesi: l'universo e Dio PARTE TERZA - IL TRAMONTO Capitolo decimo. Il contesto: alla ricerca di un equilibrio. Capitolo undicesimo. La vita spirituale: la Chiesa e il papato in pericolo. Capitolo dodicesimo. La cultura: varietà, sclerosi, evoluzione, rinascita Conclusione Continuità del medioevo Orientamenti bibliografici della storiografia italiana sul medioevo _______________ Premessa all'edizione italiana Ogni volta che percorro una contrada dell'Occidente e mi compenetro meglio del suo passato, mi rimprovero di non averle riservato il posto che meritava nella mia sintesi del medioevo. Anche per l'Italia! Quando contemplo i suoi. monumenti e accosto i suoi autori, sono colpito dall'originalità che essa ha offerto dalle grandi invasioni fino alle grandi scoperte. Qui l'antichità è rimasta più presente che altrove. Una sera che mi attardavo nel Battistero di Pisa ho compreso che a sud delle Alpi l'inizio del Rinascimento avrebbe potuto essere fissato anche prima della fine del Duecento e ho meglio compreso la missione di questo Paese: conservare per il mondo nuovo l'eredità classica. Sono riuscito a mettere sufficientemente in rilievo in queste pagine il posto singolare e la funzione eminente dell'Italia? Temo di no. Ma se gli Italiani riscontreranno che avrei dovuto dire di più sui loro antenati, sappiano che gli Spagnoli pensano lo stesso per i loro avi. E casi i Polacchi. Ed anche i miei stessi compatrioti. Sappiano, con la cortesia ereditata da Roma, ciò che loro potrà apparire forse una dimenticanza o un'ingiustizia e abbiano presente il mio scopo: mostrare ciò che i popoli dell'Occidente hanno realizzato insieme nel corso di un millennio. Tale è infatti l'intento di questo libro. Gli hanno talvolta rimproverato di mutilare il medioevo riducendo a qualche rapido tratto il «negativo» della storia: guerre, uccisioni, rapine, degenerazioni. Recentemente, e con un talento al quale ho reso vivo omaggio, si sono sondate più profondamente le tenebre dell'anima medioevale. Che gli uomini si siano battuti o mal comportati allora, come del resto in altre epoche e forse più, ne convengo. Ma quello che trovo meraviglioso e commovente è che così fatti essi abbiano creato tanta grandezza e bellezza e abbiano recato un così grande contributo al patrimonio dell'umanità. Auspico che i miei lettori, insieme con me, scoprano queste ricchezze e le condizioni nelle quali sono state forgiate. Senza dubbio essi vi troveranno, come me, motivi di gioire, di sperare, di credere: le tre cose si identificano quando sono autentiche. L. C. Aprile 1967 __________ PREFAZIONE Ogni storico conosce il tormento della sintesi: proporzionale alla soddisfazione che egli prova facendo lo spoglio dei testi è la sua inquietudine quando si tratta di enuclearne delle linee generali. Fintantoché, secondo tutte le esigenze di un metodo storico collaudato, egli accerta pazientemente i fatti, l'un dopo l'altro, lavora in un'atmosfera serena in cui al piacere della scoperta si mescolano un sentimento di grande sicurezza e la coscienza di essere nel vero. Ma dal momento in cui si tratta di ordinare, di spiegare, soprattutto di riassumere, il clima muta completamente. Ora egli ha l'impressione - sgradevole - di perdere il contatto con la realtà e di addentrarsi nell'artificiale, addirittura nell'arbitrario. Non ha ancora tracciato una parola, che già vorrebbe cancellarla, perché la giudica ora troppo vaga, ora troppo perentoria. Anziché un rigo, vorrebbe scriverne dieci o venti per rendere meglio le sfumature, sottolineare le eccezioni, specificare il grado di certezza di ogni conclusione. E quanto più ambiziosa è la sintesi, tanto più grave è il disagio. Tuttavia la sintesi è necessaria, anche la grande sintesi, quella che si propone di raggiungere un pubblico più ampio, e che non può raggiungerlo se non condensando in poche centinaia di pagine molte centinaia d'anni. La storia non deve restare confinata nei suoi templi, perpetuamente celata ai profani. Dopo avere, a prezzo di un lungo travaglio, scoperto la verità, gli studiosi hanno l'obbligo imperioso di diffonderla. Del resto, sacrificare i particolari e rinunciare alle sfumature per non ritenere se non ciò che è generale ed essenziale significa veramente mancare alla verità? Osserviamo, per un momento, come procede uno specialista della congiuntura economica. Come dato iniziale, egli ha davanti a sé una serie di statistiche complete e precise che, tradotte in grafici, disegnano curve capricciose, fedele riflesso di un'idea complessa. Ma che fa il nostro specialista? Analizza le serie statistiche e scompone le curve; per ciascuna reperisce ed isola successivamente le punte erratiche, le variazioni stagionali, le variazioni cic1iche, le tendenze di lunga durata. Se vuol farsi un'idea d'insieme, confronta allora le tendenze nei diversi settori dell'attività economica ed ottiene così la tendenza normale dell'epoca presa in considerazione. Codesta tendenza si dirà pura astrazione non esistente che nella mente dell'analista? Certamente no. Ché se essa non è tutta la realtà, ne è tuttavia, indubbiamente, un elemento, anzi, l'elemento fondamentale. Ciò che noi ci siamo sforzati di definire è appunto la tendenza fondamentale della storia medioevale. Il lavoro è consistito, dunque, in due fasi. Nel corso della prima, abbiamo passato in rassegna i diversi aspetti della vita e della civiltà medioevali, e ricostruito l'evoluzione delle concezioni e delle istituzioni politiche e amministrative, dei sistemi economici e delle strutture sociali, delle credenze religiose e delle loro incarnazioni negli individui e nelle collettività, delle ambizioni e delle realizzazioni scientifiche degli ideali e dei prodotti artistici e letterari, ottenendo, in tal modo: una ricca serie di curve, non meno varie che quelle della demografia e degli studi canonistici, e ne abbiamo ricercato le tendenze. In una seconda fase, abbiamo sovrapposto queste ultime per valutarne la concordanza e, poiché questa era netta, dal parallelo abbiamo potuto indurre una tendenza fondamentale che le pagine che presentiamo si limitano a delineare ed a commentare sobriamente. Non è necessario aggiungere che questo lavoro, di cui il lettore non vedrà che i risultati, è stato lungo e non si è potuto condurre a termine che grazie alla consultazione di numerose opere e ai consigli di molti amici specialisti. Già nel dodicesimo secolo, uno dei maestri della Scuola di Chartres riconosceva, con una celebre immagine, il debito che aveva contratto coi suoi predecessori. «Noi siamo - egli diceva, a quanto riferisce Giovanni di Salisbury - come nani seduti sulle spalle di giganti. Scorgiamo dunque più cose che gli antichi, e più lontane, non grazie alla penetrazione del nostro sguardo o all'altezza della nostra statura, ma solo perché essi ci sollevano e ci rialzano di tutta la loro gigantesca altitudine». L'idea resta vera, ma richiede di essere completata. Lo studioso non è più soltanto, oggi, l'erede di una folla di predecessori, ma anche - dacché per rispondere alle esigenze crescenti della critica moderna la divisione del lavoro è stata sviluppata all'estremo - tributario a molti contemporanei, senza il cui contributo ampio e generoso non può produrre alcunché di valido. Dalla natura e dagli obiettivi dell'opera derivano, inoltre, altre conseguenze. Anzi tutto, non si deve annettere alle date un significato troppo preciso; come in economia la tendenza non si trasforma bruscamente ma si modifica o capovolge progressivamente, nel corso di un periodo di transizione talvolta lunghissimo, così in istoria, e specialmente qui: i grandi movimenti che si è cercato di riconoscere hanno subìto una lunga evoluzione e solo per evitare che l’esposizione apparisse troppo sfocata la si è voluta corredare di date rigorose. D'altra parte, non si tratterà, qui, che del medioevo. Non già che questo abbia colmato assolutamente, da solo, i dodici secoli che separano la fondazione di Costantinopoli dal rinascimento; né che durante tutto questo lungo periodo soltanto le sue produzioni siano degne di interesse. Lo spirito moderno, in special modo, ha fin dal 1300, prodotto opere notevoli; da quel momento, i suoi primi esponenti hanno giustamente richiamato l'attenzione sugli aspetti della realtà e i valori della vita precedentemente trascurati o sconosciuti. Più chiaramente e più energicamente di qualunque medioevale, essi hanno rivendicato i diritti della ragione di fronte a quelli della tradizione; riaffermato la libertà del singolo nell'àmbito della collettività e sottolineato la bontà e la bellezza della natura e del creato, non solo in quanto simboli di un incremento, ma in sé. Tuttavia, un lungo discorso su quegli uomini e quello spirito ci avrebbe condotto fuori del nostro assunto. Queste pagine si propongono di narrare