Arte Irregolare: Analisi E Proposte Per Una Considerazione Espositiva
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Corso di Laurea magistrale (ordinamento ex D.M. 270/2004) in Storia delle arti e conservazione dei beni artistici Tesi di Laurea Arte irregolare: analisi e proposte per una considerazione espositiva Relatore Ch. Prof. Stefania Portinari Laureando Giulia Ficco Matricola 813196 Anno Accademico 2012 / 20013 INDICE INTRODUZIONE p.1 CAPITOLO 1. L’EVOLUZIONE TEORICA E CRITICA DELL’ARTE IRREGOLARE 1. La parola all’alienista: Cesare Lombroso p.4 1.1 Cesare Lombroso e la teoria fisiognomica del Genio p.5 2. La parola agli psichiatri: Walter Morgenthaler, Hans Prinzhorn e Vittorino Andreoli p.11 2.1 L’esperienza di Walter Morgenthaler e di Adolf Woelfli: Eingastkrank als Künstler (1921) p. 11 2.2 Hans Prinzohorn a Heidelberg: L’Arte dei folli. L’attività plastica dei malati mentali (1922) p. 13 2.3. Vittorino Andreoli e Carlo Zinelli: Il linguaggio grafico della follia (2012) p. 19 3. La parola agli artisti p. 29 3.1 Il contesto artistico, l’espressionismo, il cubismo, il surrealismo p. 29 3.2 Jean Dubuffet: Asfissiante cultura (1968) p. 35 4. La parola ai curatori di arte contemporanea: Bianca Tosatti, Massimiliano Gioni e Lucienne Peiry p. 41 4.1 Bianca Tosatti e l’arte irregolare in Italia p.41 4.2 Massimiliano Gioni e la 55ma Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia p.44 4.3 Lucienne Peiry e la collezione di Art Brut di Losanna .p. 47 CAPITOLO 2. LE ISTITUZIONI PIONIERISTICHE NELLA CONSIDERAZIONE DELL'ARTE IRREGOLARE. DUE NAZIONI A CONFRONTO: SVIZZERA E ITALIA 1. Una breve premessa p. 50 2. La Svizzera p. 53 2.1 La fondazione Adolf Woelfli a Berna (1975) p.53 2.2 La collezione dell'Art Brut di Losanna (1976) p. 58 Scheda riassuntiva della Collezione di Art Brut a Losanna 3. L'Italia p. 69 3.1 L'atelier “La manica lunga” presso la Fondazione istituto ospedaliero di Sospiro onlus (1995) p. 69 CAPITOLO 3. ALLESTIMENTI TEMPORANEI DI ARTE IRREGOLARE: ALCUNI CASI DI STUDIO 1. Una rivoluzione concettuale sull'arte irregolare p. 81 1.1 Harold Szeemann, “Bildnerei der Geistkranken, Art Brut, Insania Pingens”, Kunsthalle di Berna, (1963) e la partecipazione di Adolf Wölfli a Documenta 5 a Kassel, (1972) .p. 81 2. Il ruolo centrale di Bianca Tosatti nell'arte irregolare italiana p. 90 2.1 BiancaTosatti, “Figure dell’anima”, Palazzo Ducale, Genova (1998) p. 91 2.2 Bianca Tosatti, “Oltre la Ragione”, Palazzo della Ragione, Bergamo (2006) p. 93 3. Il lavoro curatoriale di Halles Saint Pierre in Francia, una collaborazione tra gli atelier italiani e l'estero p.98 3.1 Le esposizioni di Halles Saint Pierre p. 98 3.2 Gustavo Giacosa e Martine Lusardy, Banditi dell’arte, Les Halles Saint Pierre, Parigi (2012) p. 100 Scheda riassuntiva del museo di Halles Saint Pierre 4. L'internazionalità dell'arte irregolare .p. 111 4.1 Massimiliano Gioni, Il Palazzo Enciclopedico, Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia, Venezia (2013) .p. 111 Scheda riassuntiva della sede espositiva dell’Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia CONCLUSIONI p. 125 BIBLIOGRAFIA p. 128 INTRODUZIONE L’obiettivo di questa tesi di laurea è vagliare come si siano evolute le teorizzazioni e le considerazioni sull’arte irregolare, indagando le varie modalità espositive che hanno caratterizzato i passaggi verso una sempre maggiore considerazione di questa espressione, per poter dimostrare che è possibile considerare coloro che sono chiamati “artisti irregolari”, o anche outsider, artisti tout court. Gli aggettivi brut, singulier, cru, folk, outsider a mio parere tendono a richiamare direttamente il mondo della psicosi e lo stigma, per questo motivo privilegio il termine italiano “irregolare”. Questa definizione nasce in ambito italiano, mentre gli altri termini sono più utilizzati, nonostante siano internazionali, nei paesi francofoni o anglofoni. Arte irregolare invece è una denominazione introdotta dalla storica dell'arte Bianca Tosatti, la quale pensa a questo termine per suggerire semplicemente una sovversione del linguaggio ufficiale, regolare. Art brut, invece molto più diffuso, è direttamente collegato al pensiero di Jean Dubuffet che l'ha coniato per la prima volta in una lettera indirizzata a René Auberjonois del 28 agosto 1945. Il termine Brut deriva dal linguaggio enologico, di cui Dubuffet aveva gran conoscenza data la sua precedente professione, lo Champagne brut indica che nel processo di produzione le uve non sono state sottoposte alla seconda fermentazione facendo in modo che il residuo zuccherino nel liquido sia quasi pari allo zero, dando un gusto, appunto, “primitivo” alla bevanda. Dubuffet con questa parola fa riferimento a un tipo di arte che non ha subito un processo di raffinamento da parte del sistema accademico, ma che piuttosto è una forma espressiva spontanea e direttamente espressione di sé. Altri termini usati dai critici francesi sono: art singulier e cru. Il primo è tratto dal titolo della mostra “Les Singuliers de l’art” curata da Michael Ragon e Alain Bourbonnais presso il Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris, nella quale i due curatori mettono in risalto l’unicità e la condizione particolare in cui gli artisti producono arte (in inglese è tradotto marginal art). Il secondo è la traduzione di row, termine usato nei paesi angolfoni, e quasi il sinonimo di brut ma è poco usato. In America, dove queste ricerche si sono sviluppate a inizio degli anni Settanta, non viene usato il termine introdotto dal pittore francese ma si preferiscono i termini row, che deriva dal nome della rivista “Row Vision” pubblicata per la prima volta nel 1989, e folk, che sottolinea che il materiale utilizzato è quello più facilmente reperibile. In ultimo, outsider, si ricollega direttamente all'artista che per qualche ragione è un emarginato sociale, introdotto da Roger Cardinal1 nel suo libro “Outsider Art” del 1972, anno in cui le ricerche in questo campo si sono diffuse in America. Il punto di partenza di questa tesi è una ricerca preventiva sulle teorie del passato che si sono occupate di questo argomento e dunque all'approfondimento di figure che hanno teorizzato il rapporto tra arte e malattia mentale. Si discute dunque di Cesare Lombroso e delle sue teorie fisiognomiche sul genio, ovvero un soggetto che soffre di un malessere che deriva dalla follia morale di cui studia anche l’espressione grafica, e del salto teorico a cui gli psichiatri storici, quali Walter Morgenthaler e Hans Prinzhorn, hanno contribuito affinché si valorizzassero le qualità artistiche dei ricoverati. Il primo ha scoperto e studiato da vicino l’artista Wölfli. Il secondo teorizza nel suo testo L'arte dei folli (1922) l'impulso creativo e ha anche il merito di aver creato una collezione molto importante di opere composte solo ed esclusivamente 1 Roger Cardinal è professore di letteratura e “visual studies” all’università del Kent, Canterbury. La sua ricerca si concentra sul surrealismo e sull’art brut. 1 da artisti ricoverati in istituiti mentali. È proprio il suo testo sopracitato, che ha permesso all’irregolarità l’ultimo e più rilevante passaggio nell’ambito dell'arte grazie a Dubuffet, che attratto dalle immagini contenute in questo testo ha potuto sviluppare una sua teoria artistica, e ha potuto identificare nell’artista irregolare “l’uomo comune” di cui tanto si interessava. Tutte queste teorie hanno in comune il modo di vedere la produzione artistica dei malati mentali con una caratteristica in più, ovvero la capacità di poter accedere a contenuti inconsci in modo più diretto, cosa che un artista regolare può raggiungere solo con l'alterazione del suo stato cosciente (droghe, alcool e qualsiasi altra sostanza “annienta barriere dell’Io”). Si tralascia, però, che l’immediatezza dei contenuti dell’arte irregolare nasce da una sofferenza e che quindi dà i contenuti ma di certo non dà la forma espressiva artistica per esprimerli. La malattia non può creare un artista. L’inclinazione a un’espressività grafica di una certa qualità non viene dal semplice fatto che il soggetto sia diagnosticato come depresso cronico, per far sì che il disagio diventi espressione artistica con quel qualcosa in più, c’è bisogno di una qualità di carattere aprioristica. Senza la sensibilità preesistente alla malattia mentale, non ci sarebbe contenuto espressivo artistico. Un artista è un soggetto dotato di sensibilità artistica che in combinazione con dei processi di rielaborazione del tutto personali produce forme d’arte”. Grazie alla creazione di atelier nei centri di salute mentale e allo sviluppo delle teorie dell’arte terapia, il loro linguaggio artistico viene incanalato e raffinato, ma tutto nel rispetto dell’istinto espressivo del paziente, che anzi diventa un elemento imprescindibile da preservare se si usa quella produzione come “testo” di analisi psicoanalitica. Se la malattia non fa diventare artisti i pazienti ma dà i contenuti della loro opera, allora questa può essere utile alle letture psichiatriche, come per i sogni, alla lettura dell’Es. Ed è alla luce di questa riflessione, maturata solamente nell’ultimo secolo, che è possibile affermare quanto la chiave interpretativa di uno psicoanalista sia importante per creare un “vocabolario” simbolico delle “figure dell’inconscio” (come fece il Dr. Morgenthaler con Wölfli). Un’altra perplessità di questo approccio riguardava il fatto che l’espressività della malattia secondo alcuni fosse “vergine”, senza nessun contatto con la cultura (Dubuffet rappresenta l’apice di questo approccio). Sicuramente questa contrapposizione ha portato alla luce un mondo artistico sommerso, ma dall’altra gioca su termini che mettono l’espressività degli affetti dalla malattia mentale in netto svantaggio. Ovviamente nessuno pensa che in questa società un analfabeta sia avvantaggiato o fortunato, di conseguenza ci si avvicina alle loro opere con compassione e compatimento, due sentimenti che vengono sfruttati fin troppo nelle esperienze espositive. Questo è sicuramente sintomo della nostra cultura che ancora fa fatica ad accettare queste figure nella società, emarginandole (un tratto distintivo dell'art brut), e che è alimentata dallo stigma e da un ignoranza sull’argomento.