Addio a Carlo Vanzina, Il “Cineasta” Della Moderna Commedia All'italiana

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Addio a Carlo Vanzina, Il “Cineasta” Della Moderna Commedia All'italiana Addio a Carlo Vanzina, il “cineasta” della moderna commedia all'italiana Se il cinema rappresenta, come dice Edgar Morin, ‘lo spirito del tempo’, nel panorama italiano non esiste regista che quello spirito lo abbia rappresentato meglio di Carlo Vanzina. Già, perché il cinema di Carlo Vanzina, è molto più complesso di quel che si possa pensare. Un cinema che acquista linfa e vitalità dalla quotidianità, dall’attuale, rispecchiando fedelmente la società italiana degli anni ’80 e degli anni ’90. D’altronde Carlo era figlio di Steno, genio della commedia all’italiana degli anni d’oro, quelli dei ’50 e dei ’60, ed è cresciuto imparando da Monicelli e dallo stesso padre: il gotha della commedia all’italiana. Il cinema di Carlo Vanzina, e del fratello Enrico, beninteso, splendido sceneggiatore di tanti film cult, è commedia all’italiana pura, che ha rappresentato la decadenza degli ultimi decenni del XX secolo, quelli delle televisioni commerciali, delle volgarità gratuite e scurrili, quelli della censura ormai inesistente. E analizzata da questo punto di vista, allora il cinema dei fratelli Vanzina, acquista spessore, prestigio e si erge come narratore di un pezzo storico nazionale, intrinsecamente molto più esaustivo di un trattato sociologico. I fratelli Vanzina, sono stati veri scopritori di talenti (Diego Abatantuono, Jerry Calà, Christian De Sica, Massimo Boldi, Maurizio Micheli), così come i loro padri cinematografici (n.d.r. Monicelli, Comencini, Risi, Scola, Steno, Salce) avevano scoperto e portato al successo i vari Sordi, Gassman, Tognazzi, Manfredi. Certo, quella generazione era una di quelle d’oro, di quelle irripetibili, di quelle che accadono una volta ogni 1000 anni; però quella scoperta dai Vanzina, se non è d’oro, almeno è d’argento, e nel panorama comico nazionale è comunque tanta roba. Sotto l’ala protettiva dei Vanzina, ad esempio, arrivò al successo Diego Abatantuono con Eccezzziunale…veramente e Il ras del quartiere, attore dal grande talento poliedrico, futuro protagonista dei capolavori di Salvatores. Ma il primo vero grande successo epocale dei Vanzina, è Sapore di Mare, seguito immediatamente dopo da Vacanze di Natale. Siamo nel 1982, anno epocale anche per altri fatti extra-cinematografici, quando i registi Carlo ed Enrico Vanzina, rispolverarono la morente commedia all’italiana, creandone una nuova, con altri volti e altre storie. Dopo il successo commerciale del loro Sapore di mare, il produttore Aurelio De Laurentiis commissionò un’opera simile per l’anno successivo, ma ambientata stavolta in una località sciistica, da mettere in programmazione nei cinema nel periodo natalizio. I due fratelli pensarono quindi a una rilettura contemporanea di un film del 1959 interpretato da Alberto Sordi e Vittorio De Sica (padre di Christian), Vacanze d’inverno, in cui il regista Camillo Mastrocinque aveva tratteggiato, sullo sfondo di Cortina d’Ampezzo, i costumi italici del tempo. Nacque così nel 1983 il primo Vacanze di Natale girato anch’esso tra la regina delle Dolomiti. Ma la pellicola più rilevante, proprio perché apre la strada a tutto il resto, è proprio Sapore di mare. I fratelli Vanzina ebbero l’intuizione di rinfrescare una vecchia formula – la commedia balneare anni ’50 – con tocchi goliardici e dialoghi parolacciari al passo con i tempi (Calà, il vero mattatore della pellicola, entra in scena cantando “Per quest’anno, non cambiare, vengo in spiaggia per ciurlare”): e infilano una serie di episodi e di caratterizzazioni semplici, ma destinati a rimanere nelle menti del pubblico, con un’accorta e accurata “operazione nostalgia” delle atmosfere spensierate della commedia anni ’50-60, che contribuirà ad aprire il “filone nostalgico”, elemento tipico del cinema dei Vanzina. Attraverso una specie di ironico “amarcord” di quei mitici anni – dai successi di Cassius Clay sul ring, alla vittoria di Felice Gimondi al Tour de France, alle serate del “bandiera gialla” sulla riviera adriatica, alla moltitudine di canzoni anni ’60 nella colonna sonora – i fratelli Vanzina riescono nell’intento di riunificare una serie di episodi legati agli amori vacanzieri di un gruppo di personaggi fortemente caratterizzati, con una colonna sonora che riecheggia i maggiori successi commerciali del periodo, riscuotendo in questo modo un successo senza precedenti: 10 miliardi di lire di incassi nel 1982. Girato sulle spiagge della Versilia, e più precisamente di Forte dei Marmi, il film contribuì a lanciare le stelle di Jerry Calà e di Christian De Sica verso la grande popolarità, dopo anni di dura gavetta. Il malinconico finale, immortalato dal primo piano di Jerry Calà, sulle note di “Celeste nostalgia” di Riccardo Cocciante, vale il prezzo del biglietto e simboleggia la nostalgia dei bei tempi andati e della propria gioventù. Un classico come potrebbe esserlo “Questo piccolo grande amore” di Claudio Baglioni, un riuscito mix di romanticismo a sfondo balneare, goliardia di stampo giovanilistico e furbissima colonna sonora che rimane tra i migliori film dei fratelli Vanzina. Da allora sono seguiti altri 55 film in 35 anni di carriera, tra cui alcune perle come Io no spik english”(1995), con il grande Paolo Villaggio; o Il pranzo della domenica(2003), con Giovanna Ralli. Tra gli ultimi Caccia al tesoro(2017) e Non si ruba a casa dei ladri(2016), entrambi con Vincenzo Salemme come mattatore, l’attore più impiegato dai fratelli Vanzina nei loro ultimi lavori sul set. Ad oggi, anche mentre Carlo era in vita e si affannava nei suoi ultimi dignitosi e divertenti lavori, i suoi film sono oggetto non solo di studio, ma di revisione e rivalutazione, così come accadde a Totò, a Franchi & Ingrassia, a Peppino De Filippo, vittime predestinate di critici sciagurati, di intellettuali di retroguardia e di falsi moralismi. In fondo, e questo è un dato che può far intuire il talento dei Vanzina, i migliori prodotti dei bistrattati “cinepanettoni”, sono proprio quelli diretti da Carlo: S.P.Q.R. 2000 e mezzo anni fa, A spasso nel tempo, con la coppia storica Boldi-De Sica. Il tema del Natale nel cinema italiano Domenico Palattella (122) Il tema del Natale, sempre altamente centrale nelle vaste produzioni hollywoodiane, ha avuto, almeno inizialmente, uno scarso utilizzo nel cinema e nello spettacolo italiano, anche se questi pochi casi sono stati ben esplicati e hanno mostrato una visione tutta italiana delle festività natalizie. La menzione per “La vita è meravigliosa”(1946), di Frank Capra è d’obbligo, come è d’obbligo affermare che questo capolavoro sia il film di Natale per eccellenza, con James Stewart perfetto nell’immagine della speranza e della bontà che stanno nella natura della festività più celebre al mondo: pur se il film cela, nella propria struttura di parabola dickensiana, un acre pessimismo di fondo che il lieto fine non riesce a stemperare. L’anno dopo la risposta italiana al Natale buonista visto dall’altra parte dell’Oceano, è “Natale al campo 119”, una risposta che si lega perfettamente con il neorealismo, che aveva reso grande il nostro cinema. Il tema del Natale “all’italiana” dunque, si lega al realismo degli italiani ancora internati nei campi statunitensi nel Natale del 1945 (per fortuna sarebbero tornati a casa pochi mesi dopo). Il film racconta ovviamente una storia ambientata due anni prima, la nostalgia di un ennesimo Natale passato lontano da casa e dai propri cari. I racconti dei prigionieri si fondono con la magia del Natale e con i loro ricordi dell’Italia, ora comici, ora commoventi. Fino all’invocata notizia della liberazione che conclude il film. Un cast strepitoso, costellato di stelle di primissimo piano: Aldo Fabrizi, Vittorio De Sica, Peppino De Filippo e Carlo Campanini. A questo punto, però c’è da osservare come a livello italiano, da acuto osservatore della realtà, sia stato il grande Eduardo De Filippo a cogliere, forse più di ogni altro artista il sentimento che il Natale suscita nel cuore della gente comune. Nato in una città dove tale ricorrenza è sempre stata oggetto di culto particolare a volte anche eccessivo, trovò naturale e quasi inevitabile descriverlo. Ovviamente lo fece a modo suo, da drammaturgo, creando una commedia realistica, completa, impegnata, tra le più apprezzate e conosciute del suo vasto repertorio: “Natale in casa Cupiello”. Strano, ma vero, è forse l’unica commedia di Eduardo De Filippo, a non aver avuto la sua trasposizione cinematografica, ma ne ha avute due per la televisione, una nel 1962 e una nel 1977, sempre interpretata e diretta dal suo leggendario autore. La commedia è riuscita nel corso degli anni a mantenere intatta la sua vitalità e il suo forte messaggio natalizio, diventando una tradizione fissa delle festività natalizie dell’italiano del secolo scorso, e di quello del nuovo millennio. Rimasto nella memoria collettiva il tormentone ““Te piace ‘o presepio?”, che Eduardo ripete continuamente nel corso della commedia. Successivamente, il Natale “italiano”, cinematograficamente parlando, ha sempre descritto avventure dedite al lato consumistico dell’italiano medio, al lato vacanziero, che è comunque parte integrante dell’essenza italiana del Natale. Antenato dei “Vacanze di Natale”, che andranno di moda dagli anni ’80 in poi, “Vacanze d’Inverno” del 1958, diretto da Camillo Mastrocinque e interpretato da Vittorio De Sica e Alberto Sordi, è il vero e proprio antenato dei “cinepanettoni” dei giorni nostri. Vengono qui descritti, in un divertente film a episodi intrecciati, le avventure di personaggi diversi, bizzarri, umani e curiosi, alle prese con le vacanze natalizie nella località sciistica di Cortina D’Ampezzo. Scelta non casuale, proprio in quei mesi, Cortina avrebbe ospitato, nel 1958 le prime Olimpiadi invernali ospitate dall’Italia, e in pieno boom economico l’italiano non può certo esimersi dal divertirsi anche a Natale, come se fosse una piccola estate, in montagna anziché al mare: e il cinema non si tirò certo indietro. Per lunghi anni poi, il tema del Natale nel cinema italiano venne un po’ messo da parte, fino a quando l’intuizione del produttore De Laurentiis aprì le porte del cinema al Natale, inserito nella facile e spicciola commedia di costume.
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