Poggiomarino

Situato sul margine orientale della valle del , alle falde del Vesuvio, gli originari abitanti dell'attuale territorio di furono i Sarrasti, un popolo di origine osca. I primi insediamenti risalgono alla media età del Bronzo (2000–1750 a.C.) fino agli inizi del VI sec.a.C., come testimoniato dai ritrovamenti straordinari venuti alla luce accidentalmente nel 2000, nell'attuale località di Longola, durante i lavori per la costruzione del depuratore delle acque reflue di Poggiomarino e . Il villaggio più antico risale al XXI secolo a.C.ed era costruito su una rete di isolotti artificiali poggiati su palafitte a bonifica, a loro volta sostenute da robusti tronchi di quercia piantati nel fondale melmoso in modo da consolidarlo. Gli isolotti erano circondati da canali navigabili che avevano i bordi rafforzati da pali e travi squadrate. I Sarrasti si spostavano grazie all'utilizzo di imbarcazioni lunghe e strette.

Palazzo Nunziata

Fu realizzato verso la fine del 700 assieme ad una cappella, in stile neoclassico, per volere di Francesco dell'Annunziata. Si racconta che il terremoto del 1830, oltre a causare ingenti danni al paese, mandò in frantumi tutte le cristallerie e le porcellane facenti parte dell’arredo del palazzo. Dopo un periodo di abbandono, Giacinto Nunziata ebbe l'idea di prendere tutti i cocci delle ceramiche e cristallerie varie per decorare gli stucchi del palazzo e della cappella, in modo tanto originale che da allora la residenza fu ribattezzata "Palazzo di Cristallo", nome che ha conservato nel tempo fino ad oggi. L’edificio, attualmente è la sede della Prima Scuola Media “E. De Filippo”.

Portone di Boccapianola

Nella periferia sud-ovest di Poggiomarino, in via Passanti Flocco, proprio all'ingresso della cittadina, è possibile ammirare il "Portone di Boccapianola" che conduce alla "Masseria Croce." Sebbene oggi faccia parte del di , per motivi storici e per la sua posizione all'ingresso della città, il portone viene attribuito a Poggiomarino. La masseria nel 1700 apparteneva alla nobile famiglia dei Boccapianola che vi fecero costruire l'omonimo portale d'ingresso. Nell'800 la proprietà passò al Barone del Flocco, Don Nicola Croce, che vi fece costruire una villa divenuta poi sede di una scuola di agraria, tra il 1893 e i primi anni del 900.

Chiesa SS. Rosario

La chiesa, risalente alla metà del '700, si trova in piazza SS Rosario, in località Flocco. Dispone di una sola navata ma è circondata da altre strutture adiacenti quali il campanile, l'ufficio del parroco, la cappella della Riconciliazione, la sacrestia e la cappella dell'Addolorata. Al piano superiore c'è la canonica.

A suo interno l'altare è in stile barocco e accoglie nell'abside la statua seicentesca fatta in in legno della Madonna del SS. Rosario. Ai due lati dell'altare prendono posto le statue del Cristo e di Sant'Antonio da Padova. Il soffitto è decorato con dipinti su tela, del pittore Mozzillo da , allievo di Giordano Bruno

Scavi archeologici

Come spesso accade, il sito fu scoperto per puro caso. Nel novembre del 2000, in una discarica fra Sarno e furono individuati cumuli di terreno di scarto ricchi di resti ceramici, faunistici e lignei, di epoca protostorica e di conseguenza fu avvisata la Soprintendenza archeologica di (oggi Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei) che subito avviò un'indagine. Arrivò sul posto Claude Albore Livadie, direttore di Ricerca presso il Centro Nazionale della Ricerca Scientifica (CNRS), la quale indagò sulla provenienza del terreno portato come rifiuto scoprendo che proveniva dalla vicina località Longola di Poggiomarino, dove si stava scavando una vasca per la costruzione di un depuratore del fiume Sarno. I lavori furono immediatamente sospesi dalla Soprintendenza e fra febbraio e gennaio del 2001 fu istituito un team di archeologi sotto la direzione della stessa Claude Albore Livadie per effettuare il primo saggio di scavo.

Durante i saggi furono portati alla luce dei reperti di straordinaria importanza e una serie di abitati, sovrapposti l'uno all'altro, databili dal Tardo Bronzo (2000–1750 a.C.) fino agli inizi del VI sec. a.C. attribuiti al popolo dei Sarrasti. La scoperta fu di grande importanza in quanto per la prima volta in erano stati rinvenuti insediamenti di tale continuità e collocabili in una linea temporale così estesa: grazie a ciò fu possibile colmare la lacuna conoscitiva tra le fasi dell'età del Bronzo e la fondazione di Pompei.

L'insediamento, che avrebbe avuto probabilmente la funzione di porto fluviale sulle rive del fiume Sarno, era caratterizzato da tanti piccoli isolotti sostenuti da palafitte a bonifica, costituite da robusti tronchi di quercia piantati nel fondale melmoso in modo da consolidarlo. I bordi erano raffortati con fusti d'albero infitti verticalmente (successivamente sostituiti da travi squadrate) formando così una rete di canali navigabili. Il legno portato alla luce era in eccellente stato di conservazione e furono rinvenuti resti di capanne e di alcune imbarcazioni.

Dal ritovamento di resti paleobotanici e paleofaunistici fu possibile ricostruire il contesto ambientale caratterizzato dalla presenza di boschi di querce e di abbondante fauna anche selvatica quali cinghiali, orsi, caprioli, cervi ecc. Il tipo di insediamento dimostra che gli abitanti del luogo avevano una buona conoscenza di ingegneria idraulica e una conoscenza dei materiali utilizzabili per costruire le abitazioni: la superficie degli isolotti era stata bonificata e rialzata varie volte durante il corso dei secoli utilizzando tecniche diverse. Per giunta Il rinvenimento di numerosi oggetti semilavorati di uso comune e i relativi scarti di lavorazione quali bronzo, ferro, ambra e pasta vitrea, confermava l'attitudine di questa comunità nella lavorazione di tali materiali e allo scambio di beni di prestigio.

Gli studiosi ipotizzano che la zona venne abbandonato a causa di un'alluvione avvenuta all'inizio del VI sec. a.C. e che proprio da questa migrazione unita a quella degli abitanti della valle superiore del Sarno potrebbe essere nata l'antica Pompei. Nonostante oggi (2014) siano passati 14 anni dalla scoperta, il sito è ancora chiuso al pubblico. Il 17 gennaio 2012 ci fu una conferenza fra il sindaco Leo Annunziata ed i rappresentanti dei vari organi competenti, quali Soprintendenza per i beni archeologici di Napoli e Pompei, Ministero dei beni culturali, il gruppo archeologico "Terramare 3000" e l'Assessorato regionale ai lavori pubblici. Dal dibattito emerse che a causa della mancanza di fondi per bonificare la zona e portare a termine gli scavi, l'unica soluzione per evitare il deterioramento del villaggio portatato alla luce, era quella di ricoprire tutto con l'argilla e di valorizzare il sito con la realizzazione di un parco archeologico sperimentale.

Il 20 maggio 2014, viene presentato il progetto di valorizzazione degli scavi denominato Sito Archeo- Fluviale di Longola. Il progetto si sviluppa in un'area di circa 30mila metri quadri intorno all'area degli scavi che resterà di competenza esclusiva della soprintendenza. Prevede l'ingresso dall'area ovest del sito e procedendo lungo il percorso in senso antiorario sarà possibile incontrare, nell'ordine: un'area di accoglienza e parcheggio , una struttura per spettacoli all'aperto, punti di ristoro e servizi, una vasca per la fitodepurazione, aree giochi, orti, laboratori, serre e spazi per le attività didattiche all'aperto, un padiglione per birdwatching ed un'aula multimediale. L'area più interessante sarà quella est del sito, dove verrà ricostruito un vero e proprio villaggio lacustre con la riproduzione fedele delle capanne preistoriche e del sistema di isolotti e paludi così come erano al tempo dei Sarrasti.