Il Crollo. La Crisi Del Comunismo E La Fine Della Germania

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Il Crollo. La Crisi Del Comunismo E La Fine Della Germania Charles S. Maier IL CROLLO La crisi del comunismo e la fine della Germania Est Combinando documentazione inedita, testimonianze autobiografiche e la propria esperienza diretta, Maier racconta e spiega il declino e la disintegrazione rapida e imprevista della DDR risalendo innanzitutto alle peculiarità dei suoi quattro decenni di storia, al particolare mix di consenso e coercizione che ne aveva garantito la stabilità; poi mette in luce gli elementi che determinano la profonda crisi economica che precede la "rivoluzione" dell'autunno 1989. I mesi del crollo, di cui Maier è stato testimone, sono seguiti passo passo e sono analizzati i diversi attori della transizione. Vengono poi studiati gli aspetti economici e diplomatici della riunificazione, e infine l'eredità del passato della DDR nella Germania riunificata. http://cultura-non-a-pagamento.blogspot.it/ Charles S. Maier IL CROLLO La crisi del comunismo e la fine della Germania Est Il Mulino http://cultura-non-a-pagamento.blogspot.it/ Introduzione all'edizione italiana La sera del voto del 1998 Bonn, 27 settembre 1998, ore 18.01. Le urne si sono appena chiuse e i risultati elettorali appaiono già chiari e definitivi. Sul lato occidentale della Konrad-Adenauer-Allee esultano le folle socialdemocratiche, mentre la rassegnazione si diffonde tra quelle raccolte attorno al quartier generale della Cdu sul lato orientale del viale. Gerhard Schròder e Oskar Lafontaine, due uomini quasi costretti al connubio dall'occasione elettorale, rilasciano le prime dichiarazioni di vittoria sballottati tra i loro euforici sostenitori. Al contrario, nessuno dei notabili cristianodemocratici si fa vedere in strada tra i giovani silenziosi che sconsolati sorseggiano bicchierini di spumante. Il cancelliere dell'unificazione è rimasto al potere così a lungo da divenire insopportabile, e tra gli elettori, che non possono certo essergli riconoscenti in eterno, il timore del salto nel buio non è stato pari a quello che credevano i venditori di slogan del partito di governo. Fra poche ore Helmut Kohl reciterà dietro la sua piccola scrivania il necrologio televisivo del voto, l'Elefanten-Runde della sconfitta, come un ragazzone più volte bocciato a scuola costretto all'umiliazione di stare in una classe con bambini molto più piccoli. I verdi, insolitamente disciplinati ma sempre effervescenti, sembrano, a giudicare dalle interviste, pronti a prendere con fiducia il controllo dello stato. Il loro successo, a ben vedere, è in funzione del trionfo della Spd: hanno perso qualcosa in termini percentuali, tuttavia l'elettorato ha implicitamente sancito la loro collaborazione con i http://cultura-non-a-pagamento.blogspot.it/ socialdemocratici. La Pds ha cercato di costruirsi un'immagine di partito delle donne e dei giovani, del cambiamento, dei diritti e delle libertà civili, non più degli Ossis delusi e degli ex funzionari della Rdt. Entro certi limiti è riuscita a combinare vocazioni vecchie e nuove ed ha conquistato un numero di seggi e di voti sufficienti a garantirle la presenza nel Bundestag e, in qualità di terzo partito, nella coalizione di governo del Meclemburgo- Pomerania anteriore. I leader della Cdu e della Csu continuano solennemente a proclamare impossibile ogni dialogo con un partito sfacciatamente postcomunista, ma il loro approccio moralistico non convince più. La Rdt è lontana nel tempo, se non nello spazio; nessuno dei maggiori partiti ha improntato la propria campagna elettorale sullo scontento che ancora serpeggia nei nuovi Bundeslànder: la classe politica è unanime nel ritenere che l'Est non è più argomento di discussione. Sia la Rdt sia l'epoca dell'unificazione sono «storia» nel duplice senso che tale parola ha ormai acquisito nel linguaggio comune: periodo storico e nello stesso tempo, semplicemente, qualcosa che è ... vorbei, finito. Questo libro è storia ispirata da particolari «momenti»: momenti di mobilitazione di massa, momenti di trasformazione inattesa, momenti di speranza. Per questo è appropriato cominciare da un altro «momento» importante, il verdetto elettorale del settembre 1998. Tuttavia i «momenti» non bastano a rendere conto in maniera soddisfacente della fine della Rdt. Come ho cercato di spiegare nell'introduzione a questo volume, in cui n e illustro i fini complessivi, «momenti» e «tendenze» sono profondamente legati tra loro. Gli avvenimenti storici prendono forma sia come lente costruzioni processuali di lungo periodo sia precipitando in episodi drammatici e concentrati. Tuttavia, per lo storico che cerca di recuperare e spiegare il passato, l'evento è rivelatore della tendenza: illumina l'accumularsi delle trasformazioni dell'opinione pubblica e le pressioni del cambiamento socioeconomico, o dell'assenza di http://cultura-non-a-pagamento.blogspot.it/ cambiamento. Questo volume ambisce a illustrare tale rapporto di interazione. L'evento scelto a mo' d'introduzione, vale a dire la sconfitta elettorale del cancelliere, costituisce un buon punto di osservazione dal quale valutare la sopravvivenza, il Nachleben, della Rdt nella Germania unita a partire dalla metà degli anni Novanta, dall'epoca cioè in cui furono completate le ricerche per questo libro. Infatti la Rdt non è scomparsa, e l'unificazione è ancora incompleta, o per dirla in maniera più ottimistica, in fase di costruzione. Gli Ossis in qualche modo si sentono ancora inadeguati, i Wessis continuano ad accostarsi all'Est come a una sorta di «terzo mondo». I miei colleghi che hanno fatto carriera come professori all'Est preferirebbero che i loro figli non frequentassero le università nelle quali tuttavia ritengono utile insegnare. Da parte loro, i tedeschi orientali sono dilaniati da sentimenti contraddittori: alcuni dicono che «nulla è cambiato», altri che «tutto è cambiato». Ma una cosa è certa: loro sono cambiati. Sono più ricchi, più orientati al consumo, più dediti al turismo. Circolano divertentissime barzellette degne delle vignette di Rainer Kunze di una generazione fa: la storiella della coppia in cui il marito, disoccupato, si lamenta con la moglie della difficoltà di trovare posto per parcheggiare vicino all'Ufficio del lavoro, o del pensionato deluso che rifiuta di andare a votare perché «non è cambiato nulla» e preferisce invece, il giorno delle elezioni, partire per una vacanza alle Canarie1. I tedeschi orientali, che vivevano in una società consacrata, in linea di principio, al lavoro e alla produzione, e che rispettavano nella vita di relazione certe regole predefinite e altisonanti (benché in pratica le loro vite fossero continuamente complicate dal problema di realizzare se stessi, dalla consapevolezza del mondo consumistico della porta accanto, dalle incursioni della malinconia e, di quando in quando, dal tradimento) hanno dovuto far pace con una società la cui complessità, negata fino al 1989, è emersa finalmente nella sua interezza. Molti sono stati http://cultura-non-a-pagamento.blogspot.it/ costretti ad abbandonare prematuramente il lavoro, altri hanno cambiato completamente professione, sono andati in pensione o hanno intrapreso una serie ininterrotta di situazioni lavorative temporanee. Sono passati da uno stato che glorificava il lavoro a una società in cui il lavoro può essere più estenuante e frenetico, ma anche più frammentato, mutevole e meno centrale nella definizione dell'identità della persona e del cittadino. Si sono dovuti abituare ai ruoli multipli, ai cambiamenti rapidi e alle in congruenze di quella che chiamiamo postmodernità. I politologi tedeschi hanno avuto la tendenza a concepire il problema dell'unità interna, dell'«innere Einheit», in senso più stretto del problema dell'assimilazione culturale. Molti studi sono stati dedicati agli atteggiamenti politici dell'Est e dell'Ovest, e qualcuno ha affermato che la mentalità politica orientale e quella occidentale tendono a divaricarsi. Personalmente sono sempre stato del parere che i dati aggregati siano lo strumento sociologico più ingannevole che esista; cosa si può ricavare, ad esempio, dalla domanda: «ritenete che il tipo di regime democratico che abbiamo in Germania sia il migliore possibile o che ne esista un altro superiore?». Dato per scontato che i tedeschi dell'Est possono dimostrarsi più scettici rispetto a quelli dell'Ovest riguardo al modello democratico in cui si sono trovati a integrarsi, tale scetticismo sulle attuali pratiche della democrazia - in un'epoca di spezzoni televisivi, di campagne prive di contenuto, di paralisi politica - non dovrebbe essere letto come un atteggiamento ostile nei confronti della democrazia stessa. L'idea che l'autore di questo libro ha cercato di esprimere alla fine del capitolo VI, vale a dire che i tedeschi dell'Est hanno portato i loro compatrioti dell'Ovest in una nuova età dell'incertezza, mi pare tuttora una diagnosi valida dell'eterogeneità dei risultati ottenuti. I tedeschi orientali non vogliono tornare indietro; ma nessuno può dire con certezza quale sia il modo per andare avanti. Può benissimo accadere, http://cultura-non-a-pagamento.blogspot.it/ tuttavia, che il risultato elettorale del 1998 segni l'avvio di atteggiamenti più positivi nei confronti del sistema politico tedesco, e questo non perché il nuovo governo Spd- Verdi sia in grado di risolvere i problemi della disoccupazione, dei nuovi cittadini e dello stato sociale -questo è ancora tutto da vedere - ma perché il risultato del voto di per sé dimostra che il sistema non è così sclerotizzato né condannato al Reformstau, a un blocco delle riforme. Sarà utile a questo proposito il ricambio generazionale: sono
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