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CONCESSIONE SERGNANO STOCCAGGIO (SERGNANO - CR) ESERCIZIO Pmax = 1,05 Pi

STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE

VOLUME I SEZIONE IV – QUADRO AMBIENTALE

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VOLUME I

SEZIONE IV - QUADRO AMBIENTALE

INDICE

1 PREMESSA ...... 5 1.1 Articolazione del Quadro di Riferimento Ambientale ...... 5

1.2 Sintesi degli impatti attesi in condizione di esercizio PMAX=1,05PI – confronto con la condizione PMAX=PI...... 11

2 INDAGINE CONOSCITIVA PRELIMINARE...... 15 2.1 Premessa...... 15 2.2 Fattori di impatto e componenti ambientali...... 16 2.2.1 Interazione tra azioni di progetto, fattori di impatto e componenti ambientali...... 16 2.2.2 Indicatori ambientali...... 19 2.2.3 Valutazione delle interazioni sulle componenti ambientali ...... 23 2.3 Identificazione dell’area vasta...... 24

3 ATMOSFERA...... 26 3.1 Premessa...... 26 3.2 Inquadramento meteoclimatico...... 27 3.3 Inquadramento normativo ...... 28 3.4 Descrizione dello stato della qualità dell’aria ambiente...... 29 3.4.1 Zonizzazione della qualità dell’aria in Lombardia ...... 29 3.4.2 Stato della qualità dell’aria...... 33 3.5 Caratterizzazione delle emissioni degli impianti della Concessione di stoccaggio e definizione degli scenari di simulazione ...... 47 3.5.1 Caratterizzazione delle emissioni ...... 47 3.5.2 Identificazione degli scenari di simulazione...... 51 3.5.3 Emissioni totali annue in atmosfera...... 52 3.6 Il sistema modellistico AERMOD ...... 54 3.6.1 Il modello AERMOD ...... 54 3.6.2 Il preprocessore AERMET ...... 55

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3.6.3 Scelta e preparazione dell’input meteorologico per le simulazioni modellistiche...... 57

3.7 Stima degli impatti – esercizio Pmax=Pi e Pmax=1,05Pi ...... 66 3.7.1 Simulazioni Short Term (ST) – Ricostruzione delle massime concentrazioni al suolo (esercizio Pmax=Pi e Pmax=1,05Pi) ...... 68 3.7.2 Simulazioni Long Term (LT) – Ricostruzione delle concentrazioni annue al suolo (esercizio Pmax=Pi e Pmax=1,05Pi) ...... 70 3.7.3 SIC Palata Menasciutto IT20A003; valutazione delle ricadute medie annue al suolo di Ossidi di Azoto . 73 3.7.4. Valutazione degli impatti indotti sulla qualità dell’aria ambiente rispetto al livello di fondo...... 74 3.7.5. Conclusioni...... 75

4 AMBIENTE IDRICO ...... 77 4.1 Stato di fatto...... 77 4.1.1 Idrografia...... 77 4.1.2 Qualità acque superficiali ...... 81 4.2 Stima dei potenziali impatti e delle misure di mitigazione ...... 92

5 SUOLO E SOTTOSUOLO ...... 94 5.1 Stato attuale ...... 96 5.1.1 Uso del suolo ...... 96 5.1.2 Caratterizzazione pedologica...... 100 5.1.3 Geomorfologia...... 105 5.1.4 Geologia ...... 107 5.1.5 Idrogeologia...... 113 5.2 Rischi geologici ...... 135 5.3 Stima dei potenziali impatti e delle misure di mitigazione ...... 142

6 FLORA, VEGETAZIONE, FAUNA ED ECOSISTEMI ...... 145 6.1 Flora e vegetazione ...... 145 6.1.1 Generalità ...... 145 6.1.2 Inquadramento floristico e vegetazionale...... 145 6.2 Fauna ...... 152 6.3 Inquadramento ecosistemico ...... 157 6.4 Rapporti con aree protette...... 163 6.5 Valutazione degli impatti e misure di mitigazione...... 164

7 RUMORE...... 166

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7.1 Premessa...... 166 7.2 Il Quadro normativo di Riferimento ...... 167 7.3 Individuazione delle sorgenti di rumore...... 173 7.4 Caratterizzazione acustica del territorio in esame ...... 175

7.5 Analisi dei dati fonometrici per la caratterizzazione dell’esercizio in configurazione Pmax=Pi ...... 177 7.5.1 Descrizione degli interventi di mitigazione acustica (insonorizzazione) – cluster B e cluster D ...... 178

7.6 Stima e valutazione degli impatti determinati dall’esercizio in configurazione Pmax=1.05Pi .181

8 PAESAGGIO...... 185 8.1 Premessa e caratteristiche dell’area di studio (ambito territoriale di riferimento)...... 185 8.2 Caratteri naturali ed antropici del paesaggio ...... 187 8.2.1 PAESAGGIO NATURALE...... 187 8.2.2 PAESAGGIO ANTROPIZZATO...... 189 8.2.3 CARATTERI STORICI DEL PAESAGGIO ...... 193 8.3 Unità del paesaggio...... 195 8.4 Individuazione degli impatti paesaggistici ...... 197

9 SALUTE PUBBLICA...... 210 9.1 Premessa...... 210 9.2 Stima del rischio di impatto e misure di mitigazione ...... 210

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1 PREMESSA Il Quadro di Riferimento Ambientale è stato redatto in ottemperanza all’art. 5 del DPCM 27/12/88 “Norme tecniche per la redazione degli studi di impatto ambientale e la formulazione del giudizio di compatibilità di cui all'art. 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349, adottate ai sensi dell'art. 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 agosto 1988, n. 377” (G.U. 5 gennaio 1989, n. 4). La redazione dello studio ha inoltre seguito le indicazioni del D.Lgs. n. 152/06, come modificato ed integrato dal D.Lgs. n. 128/10 (art. 22 ed Allegato VII). Seguendo le indicazioni normative, nel quadro ambientale vengono identificate, analizzate e quantificate tutte le possibili interazioni con le diverse componenti ambientali di interesse conseguenti all’esercizio delle infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio in condizione di sovrapressione (Pmax=1,05Pi), confrontandole con quelle conseguenti all’esercizio delle infrastrutture stesse in condizione di Pmax=Pi.

1.1 Articolazione del Quadro di Riferimento Ambientale Il quadro ambientale del SIA risulta così articolato:

Capitolo 1 – Introduzione al quadro ambientale Nel presente capitolo vengono descritti l’articolazione del quadro ambientale e richiamati sinteticamente gli impatti attesi sull’ambiente esterno in condizione di esercizio Pmax=1,05Pi sia in termini assoluti che relativamente alla condizione di esercizio Pmax=Pi

Capitolo 2 – Indagine Preliminare Nel capitolo vengono presentati l’analisi matriciale, attraverso la quale sono state definite le componenti ambientali potenzialmente interferite con il progetto, gli indicatori ambientali considerati e l’area vasta di studio.

Capitolo 3 – Atmosfera Nel capitolo viene presentata la caratterizzazione della componente atmosfera finalizzata a valutare, nell’area oggetto di studio, gli effetti sulla qualità dell’aria ambiente dovuti all’esercizio delle infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio – condizione di funzionamento a Pmax=Pi ed a Pmax=1,05Pi. La caratterizzazione meteorologica è stata effettuata considerando i dati orari e giornalieri delle stazioni dell’ARPA della Regione Lombardia di Crema-via XI febbraio (CR) e di (CR); a completamento dell’analisi dei dati vento, sono state anche considerate le elaborazioni ENEL dei dati anemometrici dell’Aereonautica Militare delle stazioni di Brescia-Ghedi, Milano Linate e Bergamo-Orio Al Serio.

Doc. Nº Revisioni Settore CREMA (CR) 0 Area Concessione SERGNANO (CR) Doc. N° Impianto ESERCIZIO Pmax = 1,05 Pi 00-BG-E-94700 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Fg. / di Comm. N° 6 / 212 ST-001 Per la caratterizzazione della qualità dell’aria ambiente si è fatto riferimento al rapporto ambientale “ARPA Lombardia- Rapporto sulla qualità dell’aria di e Provincia. Anno 2007” ad eccezione dei dati relativi agli anni 2008 e 2009 che sono stati ottenuti dall’elaborazione dei dati orari misurati scaricati dal sito dell’ARPA Lombardia stesso. Sono stati anche utilizzati i risultati della campagna di monitoraggio eseguita tra il 2007 ed il 2008. Nello specifico la campagna è stata divisa in due periodi misura della durata di ca. 15 giorni ciascuno: il primo, dall’8 al 22 novembre 2007, in condizioni di fermo impianto, il secondo, dal 21 marzo al 10 aprile 2008, in condizioni anche di erogazione1. Per ricostruire gli effetti sulla qualità dell'aria ambiente indotti dall’esercizio degli impianti della Concessione Sergnano Stoccaggio, con riferimento ai due scenari di funzionamento Pmax=Pi e Pmax=1,05Pi, è stato utilizzato un approccio basato sull’utilizzo del sistema modellistico previsionale AERMOD, in grado di stimare le concentrazioni al suolo degli inquinanti emessi (NOx, CO, PTS) considerando un campo meteorologico ritenuto rappresentativo delle condizioni climatiche del sito. In particolare sono stati utilizzati i dati rilevati presso la stazione ARPA di Capralba per l’anno 2008.

I risultati delle simulazioni sviluppate nei due scenari Pmax=Pi e Pmax=1,05Pi sono stati quindi confrontati tra loro e con i vigenti limiti della normativa nazionale (D.Lgs. n. 155/10).

Capitolo 4 – Ambiente idrico Nel capitolo viene descritto lo stato attuale della componente ambiente idrico attraverso una ricerca di dati bibliografici relativi ad un’estesa zona intorno all’area direttamente interessata dalle infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio. Successivamente, scendendo nel dettaglio dell’area di ubicazione delle infrastrutture della Concessione, è stato effettuato un sopralluogo di campo, mirato a caratterizzare in termini ecologici ed idrobiologici lo stato ambientale della Roggia Gavazzolo a monte ed a valle idrografica della Centrale Stogit, supportato dal prelievo di campioni di acque al fine di verificarne lo stato di qualità. Infine, sono presentati i potenziali impatti conseguenti all’esercizio delle infrastrutture della Concessione, valutando l’opportunità di misure di mitigazione.

Capitolo 5 – Suolo-Sottosuolo Nel capitolo viene descritto lo stato attuale della componente ambientale suolo e sottosuolo attraverso una ricerca di dati bibliografici relativi ad un’estesa zona intorno all’area direttamente interessata dalle infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio, al fine di inquadrare i caratteri generali relativi all’uso del suolo, alle caratteristiche pedologiche, alla geomorfologia, alla geologia, litologia ed all’idrogeologia. Successivamente, scendendo nel dettaglio del sito di ubicazione delle infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio (Centrale – aree compressione e trattamento, cluster

1 In particolare le infrastrutture della concessione hanno operato in compressione il 30 marzo (8,6*106 Sm3) ed in erogazione i giorni 21 e 22 marzo e 3, 4, 8 e 10 aprile (40,3*106 Sm3)

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Capitolo 6 – Vegetazione Nel capitolo viene descritto l’inquadramento biogeografico e fitoclimatico sito-specifico con particolare riguardo alla flora e fauna presenti nel territorio ed alla valutazione ecologico-ambientale degli ecosistemi presenti, segnalando non solo le specie presenti, ma anche fornendo elementi utili ad una valutazione dell’importanza naturalistica delle singole presenze e dello “status” e significato ecologico del complesso della fauna stessa. Sono inoltre esaminati i rapporti con le aree protette (SIC “Palata Menasciutto” e “Parco fluviale del fiume Serio”) ubicate all’interno dell’area vasta di studio. Infine, sono presentati i potenziali impatti conseguenti all’esercizio delle infrastrutture della Concessione, valutando l’opportunità di misure di mitigazione.

Capitolo 7 – Rumore Nel capitolo viene caratterizzata la componente ambientale “rumore” con il fine di valutare l’impatto acustico in relazione alle emissioni generate durante le fasi di esercizio – compressione/stoccaggio e erogazione/trattamento – degli impianti della Concessione Sergnano Stoccaggio in condizione di sovrapressione (Pmax=1,05Pi). La stima delle variazioni del clima acustico che potrebbero determinarsi con l’esercizio dell’impianto in condizione di sovrappressione Pmax=1,05Pi rispetto a quelle determinate dall’esercizio Pmax=Pi è stata effettuata, nell’ambito del presente SIA, elaborando ed analizzando i dati rilevati nel corso di campagne di monitoraggio ambientale (settembre 2006 – fase di compressione; marzo 2008 e novembre 2009 – fase di erogazione). Con specifico riferimento alle variazioni del clima acustico conseguenti all’esercizio in sovrapressione rispetto alla condizione Pmax = Pi, nel capitolo si evidenzia che: ¾ fase di compressione: l’esercizio in sovrapressione, comportando solamente un aumento delle ore di funzionamento dei turbocompressori e delle apparecchiature di processo e di servizio funzionali all’attività stessa, mantenendo cioè le stesse modalità di impiego per unità di tempo degli impianti, non determina variazioni dei livelli sonori rispetto all’esercizio Pmax = Pi; ¾ fase di erogazione: l’esercizio in sovrapressione delle infrastrutture dell’area trattamento presenti in Centrale, analogamente alla fase di compressione, non determina variazioni dei livelli sonori rispetto all’esercizio Pmax = Pi. Con riferimento alle aree cluster (pozzi attivi), l’esercizio in sovrapressione comporta un modesto

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Capitolo 8 – Paesaggio Il presente capitolo è finalizzato a valutare l’incidenza paesistica, cioè la compatibilità con il contesto storico-culturale-ambientale interessato, delle infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio in relazione alla loro localizzazione ed alle caratteristiche dimensionali.

Capitolo 9 – Salute Pubblica Viene verificata la compatibilità dell’esercizio delle infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio in condizione di sovrapressione (Pmax=1,05Pi) con gli standard ed i criteri per la prevenzione dei rischi riguardanti la salute umana a breve, medio e lungo periodo, secondo quanto definito nel DPCM 27 dicembre 1988.

La cartografia tematica ambientale sviluppata per inquadrare l’area di sviluppo del progetto inserita nel contesto territoriale-ambientale dell’area vasta di studio è riportata nel Volume II dello SIA ed è riassunta nella Tabella 1.1.a.

NUMERAZIONE TITOLO TAVOLA SCALA TAVOLA PROGETTO QUADRO AMBIENTALE Componente Ambiente Idrico Carta idrologica e dei bacini 1:10000 3 00 – BI – A - 94703 idrografici Componente Suolo-Sottosuolo Carta dell’utilizzo del suolo 1:10000 4 00 – BI – A - 94704 Carta Geomorfologica 1:10000 5 00 – BI – A - 94705 Carta Litologica e della 1:10000 6 00 – BI – A - 94706 permeabilità Carta Geolitologica e Geotecnica 1:10000 7 00 – BI – A - 94707 Carta Idrogeologica 1:10000 8 00 – BI – A - 94708 Carta dei Rischi Geologici 1:10000 9 00 – BI – A - 94709 Componente Vegetazione, Flora, Fauna ed Ecosistemi Carta della vegetazione 1:10000 10 00 – BI – A - 94710 Carta degli ecosistemi 1:10000 11 00 – BI – A - 94711

Tabella 1.1.a – Cartografia tematica ambientale allegata allo SIA (Volume II)

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I risultati delle indagini di campo e delle attività di laboratorio, commentati all’interno di ogni singolo capitolo specificatamente dedicato, sono riportati nei seguenti Allegati (Volume III):

Allegato H/1 Atmosfera monitoraggio qualità dell’aria ambiente e dei parametri meteoclimatici – 8-22/11/2007 (fermo impianti) Allegato H/2 Atmosfera monitoraggio qualità dell’aria ambiente e dei parametri meteoclimatici – 21/03-10/04/2008 (fase di erogazione) Allegato J Caratterizzazione ecologica ed idrobiologica delle acque superficiali, novembre 2008 (Gruppo CSA – Rimini) Allegato K Analisi chimico-batteriologiche delle acque superficiali – rapporti di prova, ottobre 2008 (Gruppo CSA – Rimini) Allegato L Indagini geognostiche e geotecniche – quaderno indagine, novembre 2008 (Geoservice – Belmonte del Sannio-IS) Allegato M Analisi chimico-fisiche dei terreni – rapporti di prova, novembre 2008 (Gruppo CSA – Rimini) Allegato N Analisi chimico-batteriologiche delle acque sotterranee – rapporti di prova, novembre 2008 (Gruppo CSA – Rimini) Allegato P/1 Monitoraggio del clima acustico – settembre 2006 (fase compressione) Allegato P/2 Monitoraggio del clima acustico – marzo 2008 (fase erogazione) Allegato P/3 Monitoraggio del clima acustico – novembre 2009 (fase erogazione)

Nei seguenti Allegati (Volume III), a completamento dello Studio di Impatto Ambientale, sono riportati: Allegato G Atmosfera, caratterizzazione meteoclimatica

Allegato I Atmosfera, mappe delle concentrazioni annuali al suolo (NOx e CO) – risultati del modello di simulazione AERMOD (condizione di esercizio Pmax=Pi e Pmax=1,05Pi) Allegato O Lista della fauna vertebrata presente nell’area di studio Allegato R Centrale Stoccaggio gas di Sergnano (CR) – Monitoraggio impianto di Bonifica, report tecnico (2011)

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Infine, viene proposto un Piano di Monitoraggio e Controllo (ex-articoli 22 e 28 del D.Lgs. n. 152/06 come modificato ed integrato dal D.Lgs. n. 128/10) – Allegato Q (Volume III) – finalizzato alla verifica del corretto esercizio del giacimento a pressione superiore a quella originaria. In particolare, tenuto conto delle considerazioni sviluppate nel Quadro Progettuale (Sezione III) e nel Quadro Ambientale, vengono recepite le indicazioni in merito riportate al punto F dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) integrandole, con riferimento alla componente ambientale Suolo e sottosuolo, con il controllo delle pressioni di giacimento, del livello di saturazione gas/acqua e dei movimenti del suolo (monitoraggio altimetrico con utilizzo di immagini satellitari).

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1.2 Sintesi degli impatti attesi in condizione di esercizio PMAX=1,05PI – confronto con la condizione PMAX=PI

Gli impatti sulle componenti ambientali potenzialmente interferite dall’esercizio in sovrapressione (Pmax=1,05Pi) delle infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio sono di fatto nulli e/o trascurabili, tenuto conto: ¾ delle modalità di gestione degli impianti, dei reflui e dei rifiuti pericolosi e non (capitolo 3.2.2 – Sezione III, Quadro Progettuale); ¾ dei risultati delle simulazioni modellistiche in merito alle ricadute al suolo degli inquinanti emessi in atmosfera dagli impianti nelle fasi di compressione ed erogazione (capitolo 3.7 ed Allegato I – Volume III); ¾ dei risultati dei monitoraggi del clima acustico in prossimità dei ricettori individuati esternamente alle infrastrutture della Concessione, fasi di compressione ed erogazione (capitoli 7.5 e 7.6 ed Allegati P/1-3 – Volume III); ¾ dell’analisi ed interpretazione dei dati acquisiti durante l’attività di ricostruzione del giacimento in condizioni di esercizio sperimentale in sovrapressione (ciclo 2008/2009: Pmax≈1,03Pi; ciclo 2009/2010: Pmax≈1,05Pi; ciclo 2010/2011: Pmax≈1,032Pi), relativamente ai valori di pressione e di saturazione in gas/acqua in pozzi appositamente attrezzati ed alle variazioni altimetriche attraverso livellazioni ed immagini RadarSat (periodo Ottobre 2003 – Ottobre 2010), le quali confermano come le operazioni di stoccaggio non comportino alcuna criticità per l’ambiente esterno conseguenti alla gestione del Campo di Sergnano (capitolo 2 – Sezione III, Quadro Progettuale ed Allegati B, C, D ed E – Volume III).

Per quanto attiene agli impatti sull’ambiente esterno (atmosfera, ambiente idrico, suolo e sottosuolo, flora, fauna ed ecosistemi) conseguenti all’esercizio delle infrastrutture della Concessione in condizioni di sovrapressione (Pmax=1,05Pi) rispetto all’esercizio della stessa in condizioni di pressione massima pari a quella originaria del giacimento (Pmax=Pi), si evidenzia come questi possano ritenersi nulli e/o trascurabili non risultando variazioni apprezzabili in termini di consumi di risorse e rilasci all’ambiente esterno, come sinteticamente riportato nella Tabella 1.2.a. Infine, si pone in evidenza come opzioni alternative mirate a conseguire un risultato analogo in termini di prestazioni e di incremento di Working Gas avrebbero implicato il ricorso allo sviluppo di un nuovo campo di stoccaggio, attraverso la riconversione di un giacimento di produzione primaria in fase di esaurimento, con impatti sul territorio significativamente più consistenti.

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CONCESSIONE SERGNANO STOCCAGGIO

ESERCIZIO Pmax=1,05Pi

VARIAZIONE DEL BILANCIO AMBIENTALE RISPETTO ALL’ESERCIZIO Pmax=Pi Consumo – utilizzo di risorse

Suolo: nessuna variazione rispetto all’esercizio Pmax=Pi Fuel gas: maggior consumo essenzialmente conseguente all’aumento di ore di funzionamento dei turbo-compressori Approvvigionamento idrico (usi civile, irriguo ed antincendio): nessuna variazione rispetto all’esercizio Pmax=Pi Rilasci/effetti nell’ambiente esterno

Atmosfera 2 3 4 Emissioni in atmosfera le emissioni totali annue di NOx, CO e PTS risultano rispettivamente incrementate di circa 11.5, 9.3 e 0.1 tonnellate rispetto alla condizione Pmax=Pi.

Ricadute al suolo degli inquinanti emessi (NOx, CO e PTS): non emergono situazioni di criticità per la Salute Pubblica (D.Lgs. 155/10)

• massimi medi orari: nessuna variazione rispetto alla condizione Pmax=Pi

• massimi medi annuali: valori confrontabili rispetto alla condizione Pmax=Pi 5 Emissioni di gas naturale: possibili limitati incrementi dell’entità delle emissioni fuggitive rispetto alla condizione Pmax=Pi ed essenzialmente riferibili all’area compressione ed alle teste dei pozzi attivi (aree cluster).

Rifiuti Variazioni di fatto trascurabili rispetto all’esercizio Pmax=Pi

2 Si ricorda (cap. 3.7 - atmosfera) che la ricostruzione delle ricadute al suolo degli inquinanti emessi dagli impianti della Centrale è stata sviluppata secondo un approccio cautelativo considerando il regime di massimo funzionamento teorico degli impianti stessi e la massima concentrazione autorizzata degli inquinanti emessi in atmosfera per ciascuna delle sorgenti considerate. 3 A margine si evidenzia come l’effetivo periodo di funzionamento delle unità di compressione, e conseguentemente l’entità del consumo di fuel gas e delle emissioni complessive di inquinanti in atmosfera, dipenda, anche in condizioni di esercizio in sovrapressione, dall’entità del volume di gas da ricostruire in giacimento essenzialmente funzione dell’andamento termico del periodo invernale e quindi della conseguente domanda per usi civili. 4 Le PTS vengono emesse solamente durante la fase di erogazione 5 I valori ricostruiti massimi medi annuali delle ricadute al suolo di NOx, CO e PTS in condizione Pmax=1,05Pi risultano rispettivamente pari all’1,8%, allo 0,033% ed allo 0,03% dei limiti di di cui al D.Lgs. 155/10

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ESERCIZIO Pmax=1,05Pi

VARIAZIONE DEL BILANCIO AMBIENTALE RISPETTO ALL’ESERCIZIO Pmax=Pi Rilasci/effetti nell’ambiente esterno

Rumore I risultati dei monitoraggi effettuati hanno evidenziato, con riferimento a ricettori individuati esterni alle infrastrutture della Concessione, il pieno rispetto dei limiti di immissione secondo quanto richiesto dal Piano di zonizzazione acustica del Comune di Sergnano. In particolare, l’esercizio in sovrapressione comporta:

• area compressione: nessuna variazione rispetto a Pmax=Pi • area trattamento e cluster: modesto incremento limitatamente all’inizio della fase di erogazione in corrispondenza dei pozzi attivi – aree cluster (indicativamente per circa un mese con entità decrescente al ridursi della sovrapressione di esercizio)

6 7 Acque reflue e di Nessuna variazione rispetto all’esercizio Pmax=Pi produzione

Suolo Nessuna variazione rispetto all’esercizio P=maxPi. Infatti, l’analisi e l’interpretazione dei dati acquisiti a partire dal 2008 in condizioni di sottosuolo esercizio sperimentale in sovrapressione (valori di pressione e di saturazione in gas/acqua in pozzi e variazioni altimetriche attraverso livellazioni e immagini RadarSat), confermano come le operazioni di stoccaggio non comportino alcuna criticità per l’ambiente esterno.

Traffico Nessuna variazione rispetto all’esercizio Pmax=Pi, non essendoci incremento del personale residente

Paesaggio Nessuna variazione rispetto all’esercizio Pmax=Pi

Tab. 1.2.a – Concessione Sergnano Stoccaggio: esercizio Pmax=1,05Pi, variazioni del bilancio ambientale rispetto all’esercizio Pmax=Pi

6 Si ricorda come l’esercizio delle infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio in condizioni

Pmax=1,05Pi non comporti rispetto alla condizione Pmax=Pi, la realizzazione di nuove aree pavimentate, né incrementi del personale residente 7 Per quanto attiene alle acque di strato provenienti dall’estrazione e separazione degli idrocarburi (acque di produzione), la maggiore pressione iniziale del giacimento in fase di erogazione di fatto inibisce il loro trascinamento da parte del gas per cui l’effetto relativo dell’esercizio in condizioni Pmax=1,05Pi rispetto all’esercizio in condizione Pmax=Pi sulla quantità complessivamente prodotta di acque di strato in fase di erogazione si può ritenere nullo e/o trascurabile.

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Infine, con specifico riferimento al Sito di Importanza Comunitaria “Palata di Menasciutto, IT 20A0003” localizzato a sud del centro abitato di Sergnano, lungo il fiume Serio in prossimità del centro abitato di ad una distanza minima in linea d’aria di circa 2,4 chilometri dalle infrastrutture della Concessione, il possibile disturbo sulle specie e gli habitat caratteristici conseguente all’esercizio in sovrapressione (Pmax=1,05Pi) delle infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio ed in particolare alle emissioni di inquinanti atmosferici e di rumore, si può ritenere di entità nulla e/o trascurabile (cfr. Studio di incidenza ambientale). Infatti, sulla base delle analisi sviluppate nell’ambito delle componenti ambientali Atmosfera (capitolo 3.7 – Allegato I Volume III) e Rumore (capitoli 7.3 e 7.4 – Allegati P/1-3, Volume III), risulta:

¾ aria ambiente: concentrazioni delle ricadute al suolo medie annuali di NOx inferiori a 0,1 µg/m3 8; ¾ clima acustico: tale interferenza potenziale riguarda generalmente la componente faunistica, la quale è legata agli habitat che caratterizzano l’area di interesse. Sulla base dei monitoraggi del clima acustico effettuati rispettivamente nel mese di settembre 2006, in condizioni di compressione/stoccaggio gas, e nel mese di novembre 2009, in condizioni di erogazione gas – esercizio sperimentale in sovrapressione – si può ritenere praticamente inesistente l’impatto del rumore conseguente all’esercizio delle infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio sull’area SIC.

8 le emissioni medie di ossidi di zolfo, sulla base delle analisi dei fumi emessi dal termodistruttore (E12) e dai rigeneratori DEG (E13, E14, E15, E16) riferite al periodo 2006-2010, sono di fatto trascurabili, risultando sempre inferiori al limite di rilevabilità (1 mg/Nm3) – cap. 3.5.1.

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2 INDAGINE CONOSCITIVA PRELIMINARE

2.1 Premessa L’indagine conoscitiva preliminare si è articolata nelle seguenti fasi di valutazione di inquadramento del progetto nel contesto territoriale sito-specifico: • analisi del progetto nel suo complesso, evidenziando le azioni che possono avere interferenze con l’ambiente; • individuazione dei fattori di impatto che si possono generare dalle azioni di progetto; • analisi delle relazioni fra i fattori di impatto e le componenti/sottocomponenti ambientali. Tale attività preliminare ha permesso di: - individuare un ambito territoriale di riferimento (area vasta), nel quale inquadrare tutte le potenziali influenze dell’opera verso le diverse componenti ambientali; - pianificare le attività di caratterizzazione ambientale sito-specifiche per la definizione dello stato esistente e, quindi, finalizzate a ricostruire nel dettaglio la situazione sito-specifica di ogni componente ambientale di interesse. Al termine di questa prima fase conoscitiva è stata sviluppata un’analisi di dettaglio per ciascun ambito di influenza ed in particolare: • nell’area vasta preliminare è stato individuato con esattezza l’ambito di influenza di ciascuna componente interessata (area di studio); la verifica che tali ambiti ricadano all’interno dell’area vasta è servita come controllo sull'esattezza della scelta effettuata per quest’ultima; • successivamente sono stati effettuati gli studi specialistici su ciascuna componente, attraverso un processo normalmente suddiviso in tre fasi: - caratterizzazione dello stato attuale preesistente all’intervento; - valutazione dei potenziali impatti; - individuazione delle eventuali misure di mitigazione da adottare.

La definizione dello stato attuale è stata effettuata, oltre che sulla raccolta ed elaborazione di dati bibliografici storici, anche sulla base dei sopralluoghi, indagini di campo ed analisi di laboratorio eseguite nella fase di caratterizzazione ambientale, come dettagliatamente riportato nei capitoli interessati.

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2.2 Fattori di impatto e componenti ambientali

2.2.1 INTERAZIONE TRA AZIONI DI PROGETTO, FATTORI DI IMPATTO E COMPONENTI AMBIENTALI

Per fornire un quadro complessivo degli impatti che le diverse attività legate alla presenza ed al funzionamento delle infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio – esercizio in sovrapressione Pmax=1,05 Pi – potrebbero avere sull’ambiente esterno, è stata preliminarmente elaborata una matrice coassiale degli impatti (Tabella 2.2.a) nella quale vengono messe in relazione le azioni/attività legate al progetto con i fattori di impatto e con le varie componenti ambientali coinvolte. Questa metodologia si presta particolarmente per la descrizione e l’analisi di sistemi complessi nei quali sono presenti numerose variabili, fornendo indicazioni qualitative oggetto di successivo sviluppo ed approfondimento. Vengono innanzi tutto sintetizzate sotto forma matriciale le interazioni tra le diverse fasi in cui è scomponibile ciascuna attività considerata e le componenti ambientali potenzialmente coinvolte. In dettaglio, ogni fase è stata ulteriormente disaggregata, sulla base delle sue caratteristiche progettuali descritte nella Sezione III - Volume I del presente SIA, in singole azioni di progetto ciascuna delle quali può potenzialmente interagire in modo diretto e/o indiretto, indipendentemente dalle specifiche azioni progettuali che verranno adottate per minimizzare gli impatti, con i diversi ambiti caratterizzanti l’ambiente esterno.

Le caratteristiche dell’ambiente in esame vengono invece riferite alle “componenti ambientali” considerate essere direttamente o indirettamente interessate dalle diverse attività legate alla presenza ed al funzionamento degli impianti, compresa l’attività di manutenzione, e che sono state oggetto di analisi dettagliata nei successivi capitoli, in particolare: - atmosfera (cap. 3); - ambiente idrico (cap. 4); - suolo e sottosuolo (cap. 5); - vegetazione, flora, fauna ed ecosistemi (cap. 6); - rumore (cap. 7); - paesaggio (cap. 8); - salute pubblica (cap. 9).

Successivamente, per meglio inquadrare, a livello qualitativo, le possibili alterazioni, sia dirette che indirette, interessanti i diversi comparti ambientali conseguenti alle singole

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Per la fase di stima si è operato attraverso valutazioni qualitative e quantitative degli effetti sull’ambiente, rappresentati dalla variazione degli indicatori ambientali.

Per le componenti ambientali, biotiche ed abiotiche, si è operato attraverso l’elaborazione di giudizi di qualità espressi sul grado di sensibilità di specifici indicatori.

Nel paragrafo 2.2.3, per ciascuna componente ambientale considerata, viene proposta una valutazione qualitativa delle interazioni individuate e degli impatti prodotti sull’ambiente, ove possibile tramite l’applicazione di modelli matematici di simulazione, ma sempre in considerazione della valutazione dello stato di fatto delle varie componenti, condotta nell’ambito di questo studio, e riportata nei capitoli 3-9 e negli Allegati cartografici (Volume II).

L’esame critico basato sul confronto tra i valori rilevati, gli standard di legge e l’entità dei fattori di perturbazione ha permesso la valutazione delle criticità ambientali riscontrate, conseguenti alle attività considerate.

In particolare, la valutazione degli impatti delle componenti ambientali atmosfera e rumore, il cui livello di qualità è legato al rispetto di specifici parametri analitici, si è basata sull’applicazione di un modello di calcolo previsionale (atmosfera) e dei risultati di monitoraggi in corrispondenza dei ricettori direttamente potenzialmente interferiti (rumore). I risultati sono stati poi confrontati con i limiti legislativi vigenti.

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Fig. 2.2.a – Concessione Sergnano Stoccaggio, esercizio Pmax=1,05Pi: matrice a doppia entrata per l’identificazione delle incidenze potenziali

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2.2.2 INDICATORI AMBIENTALI

L’indicatore ambientale è un parametro o una funzione di parametri che riassume, ai fini della stima degli impatti, le qualità generali o le caratteristiche di una componente ambientale sulle quali le attività considerate possono potenzialmente interagire, modificandole. Per ciascuna componente ambientale potenzialmente interferita sono stati, quindi, definiti gli opportuni indicatori ambientali, cioè quei parametri biologici o chimico-fisici particolarmente sensibili ad un potenziale disturbo o ad un cambiamento delle condizioni ambientali al contorno. Gli indicatori scelti indirettamente registrano le variazioni che l’intervento in progetto, modificando l’assetto originario, produrrà non solo sulle singole componenti stesse, ma sull’intero ecosistema, che costituisce la matrice entro cui le sottocomponenti si collocano e mostrano le loro reciproche relazioni. Di tutti gli indicatori che potrebbero essere utili a definire lo stato attuale e futuro del territorio, sono stati scelti quelli più significativi, che qualificano inequivocabilmente l’ambiente di studio, e/o quelli che sono stati quantificati e misurati, come descritto nei successivi capitoli 3-9 9.

Per la caratterizzazione della componente ambientale atmosfera, sono stati scelti come indicatori quelle sostanze che la comunità scientifica e gli organi istituzionalmente incaricati dei controlli, utilizzano comunemente per definire lo stato di salute o il grado di inquinamento dell’ambiente atmosferico, tenuto conto della specificità dell’attività della Centrale di stoccaggio, ed in particolare:

• ossidi di azoto (NOx);

• ossidi di zolfo (SOx);

• polveri sospese (PTS e PM10); • ossido di carbonio (CO).

Per quanto riguarda la componente ambientale uso del suolo, essendo le attuali infrastrutture di superficie della Concessione Sergnano Stoccaggio compatibili all’esercizio dello stoccaggio fino a condizioni di sovrapressione pari al 105% di quella originaria di giacimento, non si avranno modifiche alla attuale destinazione dei suoli dei Comuni di Sergnano, Casale Cremasco Vidolasco e Ricengo.

9 Si sottolinea inoltre come gli indicatori individuati siano per la maggior parte indicati anche nel “Manuale AAA degli Indicatori per la Valutazione di Impatto Ambientale Vol.1 e Vol.2” (1996) e successive integrazioni.

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L’ambiente idrico è stato caratterizzato attraverso specifici indicatori relativi alla qualità delle acque superficiali e dell’habitat acquatico. Gli indicatori ambientali scelti per caratterizzare l’ambiente idrico (ambiente acquatico, le acque, i sedimenti dell’alveo, le rive ed il territorio circostante il corso d’acqua) in termini qualitativi sono i parametri, contemplati nelle piu recenti normative nazionali (D.Lgs. 152/06) e direttive europee (Water Framework Directive, 2000/60/EU), che definiscono la qualità chimico-fisica del corpo idrico e quindi la sua fruibilità antropico-ambientale e le sue caratteristiche biologiche che risultano fortemente influenzate dallo stato di qualità delle acque, in particolare: 9 I.F.F. (Indice di funzionalità fluviale) per l’identificazione ponderata dello stato complessivo dell’ambiente fluviale e della sua funzionalita, intesa come una sinergia di fattori sia biotici sia abiotici presenti nell’ecosistema fluviale (APAT, 2007); 9 B.S.I. (Buffer Strip Index o Indice della capacità tampone) che fornisce la misura della capacità delle rive di filtrare, metabolizzare e bioaccumulare gli elementi ed i composti veicolati sia dalle acque fluviali, sia dalle acque di dilavamento superficiale e subsuperficiale (Braioni e Penna, 1998; Braioni et al. 2008) ; 9 W.S.I (Wild State Index o Indice della valenza naturalistica) valuta lo stato di naturalitàdegli alvei e delle rive e riflette la loro potenzialita nel sostenere un relativo livello di biodiversita (Braioni e Penna, 1998; Braioni et al. 2008); 9 Q.H.E.I (Qualitative Habitat Evaluation Index o Indice di valutazione della qualità dell’habitat), messo a punto dall’EPA (EPA, 1989) ed ampiamente utilizzato negli USA per valutare l’idoneita dei tratti fluviali per la fauna ittica (Somerville & Pruitt 2004); 9 I.B.E. (Indice biotico esteso); tramite il quale si identifica la classe di qualita biologica dei corsi d’acqua utilizzando le comunita dei macroinvertebrati bentonici (Ghetti, 1997, APAT, 2003: met. 9010); 9 Indici Trofico-Funzionali; relativi al ruolo trofico degli invertebrati bentonici che sono condizionati dalla disponibilita di cibo e, quindi, dalla tipologia dell’habitat acquatico (Merrit & Cummins, 1988; Shackleford, 1988); 9 Indici di Diversità (H’, H max, J e D) applicati alla densita relativa e alla varieta tassonomica invertebrati che compongono le comunita bentoniche (Washington, 1982; Krebs, 1989) 9 Condizioni idrochimiche e microbiologiche delle acque per individuare gli elementi che risultano alterati per l’uso potabile (D. Lgs. 152/06) e per la sopravvivenza dei Salmonidi e dei Ciprinidi (D. Lgs. 152/06);

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9 LIM (Livello di inquinamento dei Macrodescrittori), calcolato mediante la procedura indicata nel D.Lgs 152/99 e s.m.i., per la determinazione dello stato ecologico delle acque; 9 S.E.C.A. (Stato ecologico dei corsi d’acqua); si ottiene incrociando il dato risultante dalle indagini sui macrodescrittori LIM con quello dell’IBE; 9 S.A.CA. (Stato ambiente dei corsi d’acqua) si ottiene incrociando la classe dello stato Ecologico con le concentrazioni limite dei microinquinanti organici ed inorganici.

Il suolo, definibile come corpo naturale discreto posto all’interfaccia tra l’atmosfera e la crosta terrestre, è prodotto e modificato dall’azione concomitante di una serie di fattori pedogenetici, che possono essere ricondotti ad alcune categorie fondamentali: clima, substrato, morfologia, fattori biotici, fattori antropici e tempo. Le attività antropiche possono influenzare fortemente le sue caratteristiche; come indicatore sono state quindi considerate le “caratteristiche chimico-fisiche”, che delineano inequivocabilmente un suolo. La componente ambientale sottosuolo è caratterizzata dalle unità idrogeologiche che ospitano i corpi idrici, da un determinato regime di alimentazione e di deflusso della falda e da particolari qualità chimico-fisiche delle acque sotterranee. Quindi, gli indicatori scelti per caratterizzare questo ambiente, tenuto conto delle caratteristiche generali del territorio sono stati: − caratteristiche litologiche e geotecniche dei terreni; − quota del livello della falda (andamento della superficie piezometrica); − caratteristiche chimico-fisiche delle acque sotterranee; − aree di ricarica diretta della falda La quota del livello della falda può subire variazioni a causa della modificazione dell’utilizzo del suolo e del prelievo di acque sotterranee; le caratteristiche chimico-fisiche delle acque possono essere modificate sempre per via della variazione dell’utilizzo del suolo e per l’immissione e percolazione di inquinanti nel terreno o direttamente nelle acque sotterranee. L’entità e la modalità di alimentazione della falda dal soprassuolo possono essere influenzate dalla modificazione dell’uso del suolo, dalla modifica del drenaggio superficiale ed dalla diminuzione della superficie di infiltrazione.

Per la definizione delle componenti ambientali vegetazione, flora, fauna ed ecosistemi, è possibile far riferimento ad indici di qualità che raggruppano tutte le peculiarità della flora e della fauna dell’area in esame. Per lo studio, in particolare sono stati considerati: • Sottocomponente vegetazione e flora:

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Gli indicatori ambientali del rumore sono tratti dal DPCM 1.03.1991 e DPCM 14.11.1997 per la valutazione del rumore diurno e notturno, tenuto conto del Piano di zonizzazione acustica del Comune di Sergnano approvato ed adottato nell’ottobre del 2005, ed in particolare: • Limite di emissione in Leq in dB(A), periodo diurno (6-22) e notturno (22-6) • Limite differenziale diurno e notturno; • Limite di immissione diurno e notturno. Per la componente paesaggio sono state considerate le aree ed i luoghi di maggiore fruizione antropica, quali le strade di maggiore traffico ed i centri abitati, ed i siti particolarmente importanti da un punto di vista storico-culturale-economico, da cui possono essere visibili le infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio. La definizione della qualità del paesaggio e quindi dell’incidenza paesistica del progetto si basa sullo studio di una serie di parametri ambientali, che qualificano un determinato paesaggio. Essi contemplano la morfologia del territorio, la vegetazione, l’ambiente idrico, il colore del paesaggio, i paesaggi adiacenti e le attività antropiche presenti. Attraverso l’analisi dell’incidenza paesistica viene quindi evidenziato in che misura il progetto in esame possa disturbare la visione e il complesso delle vedute di un certo paesaggio, cioè la compatibilità dello stesso con il contesto storico-culturale-ambientale interessato.

Gli indicatori ambientali per la salute pubblica sono legati alle fonti di immissione che possono generare specifiche patologie. Nel caso in esame gli indicatori di qualità sono essenzialmente quelli legati alla qualità dell’aria ambiente ed alle alterazioni del clima acustico.

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2.2.3 VALUTAZIONE DELLE INTERAZIONI SULLE COMPONENTI AMBIENTALI

L’analisi delle modalità di esercizio delle infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio (Sezione III – Quadro Progettuale) ha messo in evidenza qualitativamente gli impatti che tali attività potrebbero avere sull’ambiente. Gran parte degli impatti risulta potenzialmente presente, ma attenuata o annullata in fase di gestione e/o di progetto, grazie alle tecniche di tutela e conservazione dell’ambiente adottate. L'analisi e la stima degli impatti ha lo scopo di portare alla valutazione degli impatti medesimi rispetto a criteri prefissati dalle norme, eventualmente definiti per lo specifico caso. Questa è, quindi, la fase che rappresenta la sintesi e l’obiettivo dello studio d’impatto. Per la valutazione degli impatti è necessario riferirsi a criteri espliciti di interpretazione che consentano, ai diversi soggetti sociali ed individuali che partecipano al procedimento di VIA, di formulare il giudizio di compatibilità. Tali criteri, indispensabili per assicurare una adeguata obiettività nella fase di valutazione, permettono di definire la significatività di un impatto e sono riferibili a: • impatto reversibile o irreversibile; • impatto a breve o a lungo termine; • scala spaziale dell’impatto (locale, regionale, etc.); • impatto evitabile o inevitabile; • impatto mitigabile o non mitigabile; • entità dell’impatto; • frequenza dell’impatto; • capacità di ammortizzare l’impatto; • concentrazione dell’impatto su aree critiche.

Nei capitoli seguenti, per ciascuna componente ambientale considerata, a partire dall’analisi dello stato attuale sono stati individuati gli impatti potenziali conseguenti all’esercizio in condizioni di sovrapressione (Pmax=1,05Pi) delle infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio, confrontandoli anche con i corrispondenti impatti conseguenti all’esercizio delle infrastrutture stesse in condizione Pmax=Pi.

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2.3 Identificazione dell’area vasta L’identificazione dell’area vasta di studio è collegata alla necessità di definire un ambito territoriale di riferimento nel quale inquadrare tutte le potenziali influenze delle opere ed all’interno del quale sviluppare le analisi specialistiche riferite a ciascuna delle componenti ambientali individuate. Come già indicato nell’introduzione allo studio (Sezione I, Volume I), la scelta dell’area vasta è stata operata in base ai seguenti criteri: ¾ al di fuori del territorio definito dall’area vasta, qualsiasi potenziale interferenza indotta dall’opera sull’ambiente, deve essere sicuramente trascurabile; ¾ l’area vasta deve comunque contenere tutti i ricettori sensibili ad impatti anche minimi; ¾ l’area vasta deve essere sufficientemente ampia da consentire un inquadramento dell’opera nel territorio. Per lo studio in esame, è stato quindi considerato un territorio nell’intorno delle infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio, interessante le Province di Cremona e Bergamo, avente un’estensione di 81,34 km2 ed i cui vertici vengono identificati dalle coordinate riportate nella Tabella 2.3.a.

Coord Geografiche Coord. Chilometriche

VERTICE Latitudine Longitudine N E

NO 45° 23’ 19’’ 02° 49’ 15’’ 5026412,46 1549357,70

NE 45° 23’ 19’’ 02° 41’ 44’’ 5034712,46 1559157,70

SE 45° 27’ 48’’ 02° 41’ 44’’ 5026412,46 1559157,70

SO 45° 27’ 48’’ 02° 49’ 15’’ 5034712,46 1549357,70

Tabella 2.3.a – Area vasta di studio: coordinate dei vertici

In Tabella 2.3.b è riportato l’elenco dei Comuni compresi nell’area vasta di studio suddivisi per provincia.

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Provincia Comune

Cremona Camisano, , Capralba, Crema, , Casale Cremasco, , , , , , Ricengo, Sergnano, .

Bergamo Caravaggio, Isso, Misano di Gera d’Adda, .

Tabella 2.3.b – Elenco Comuni ricadenti nell’area vasta di studio

Sulla base cartografica dell’area vasta in scala 1:10000 (base CTR della Regione Lombardia, fogli C6B3, C6B4, C6C3, C6C4), sono stati riportati i diversi tematismi di interesse inerenti le diverse componenti ambientali analizzate nello SIA. I risultati delle simulazioni modellistiche predittive riferite alle ricadute al suolo delle sostanze inquinanti di interesse per lo studio emesse in atmosfera dalle infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio – condizione di esercizio Pmax=Pi e Pmax=1,05Pi – sono stati rappresentati in termini di isoconcentrazioni sulla base di un’immagine satellitare dell’area di studio e riportati in Allegato I – Volume III.

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3.1 Premessa Lo studio della componente atmosfera è finalizzato a valutare, nell’area oggetto di studio, gli effetti sulla qualità dell’aria ambiente dovuti all’esercizio delle infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio in condizioni di sovrapressione (Pmax = 1,05Pi), confrontando anche i potenziali impatti con quelli derivanti dall’esercizio in condizioni di pressione massima di stoccaggio pari alla pressione originaria del giacimento (Pmax = Pi). La caratterizzazione meteorologica è stata effettuata considerando i dati orari e giornalieri delle stazioni dell’ARPA della Regione Lombardia di Crema-via XI febbraio (CR) e di Capralba (CR); a completamento dell’analisi dei dati riferiti al vento, sono state anche considerate le elaborazioni ENEL dei dati anemometrici dell’Aereonautica Militare delle stazioni di Brescia-Ghedi, Milano Linate e Bergamo-Orio Al Serio. Per la caratterizzazione della qualità dell’aria ambiente si è fatto riferimento al rapporto ambientale “ARPA Lombardia- Rapporto sulla qualità dell’aria di Cremona e Provincia. Anno 2007” ad eccezione dei dati relativi agli anni 2008 e 2009 che sono stati ottenuti dall’elaborazione dei dati orari misurati scaricati dal sito dell’ARPA Lombardia stesso. Sono stati anche utilizzati i risultati della campagna di monitoraggio eseguita tra il 2007 ed il 2008. Nello specifico la campagna è stata divisa in due periodi misura della durata di ca. 15 giorni ciascuno: il primo, dall’8 al 22 novembre 2007, in condizioni di fermo impianto, il secondo, dal 21 marzo al 10 aprile 2008, in condizioni di erogazione. L’attività degli impianti della Concessione si articola nelle seguenti fasi: • compressione/stoccaggio del gas in giacimento; • erogazione/trattamento del gas stoccato. Normalmente la compressione in giacimento del gas naturale, prelevato dalla Rete di distribuzione nazionale, avviene nel periodo primavera-estate (da aprile a settembre), mentre l’erogazione del gas naturale stoccato ed il suo trattamento, per la riconsegna nella Rete di distribuzione nazionale, avviene nel periodo autunno-inverno (da ottobre a marzo), quando la domanda di gas per gli usi residenziali è più elevata. È tuttavia possibile, a fronte di richieste particolari, che durante la fase di stoccaggio gli impianti eroghino e viceversa. Le due attività non possono comunque essere eseguite in contemporanea. Per ricostruire gli effetti sulla qualità dell’aria ambiente indotti dal normale esercizio degli impianti della Concessione Sergnano Stoccaggio, con riferimento ai due scenari di funzionamento (stoccaggio: primavera-estate; erogazione: autunno-inverno), è stato scelto un approccio basato sull’utilizzo del sistema modellistico previsionale AERMOD, in grado di stimare le concentrazioni al suolo degli inquinanti emessi considerando un campo meteorologico ritenuto rappresentativo delle condizioni climatiche del sito. In particolare sono stati utilizzati i dati rilevati presso la stazione ARPA di Capralba per l’anno 2008.

Doc. Nº Revisioni Settore CREMA (CR) 0 Area Concessione SERGNANO (CR) Doc. N° Impianto ESERCIZIO Pmax = 1,05 Pi 00-BG-E-94700 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Fg. / di Comm. N° 27 / 212 ST-001 I risultati delle simulazioni sviluppate, confrontati con i vigenti limiti normativi nazionali e regionali, sono visualizzati sotto forma di mappe di isoconcentrazione degli inquinanti al suolo nell’ Allegato I (Volume III). A completamento delle informazioni fornite, nel Volume III sono riportati i seguenti Allegati: • Allegato G Atmosfera, caratterizzazione meteoclimatica • Allegato H/1 Atmosfera, monitoraggio qualità dell’aria ambiente e dei parametri meteoclimatici – 8-22/11/2007 (fermo impianti) • Allegato H/2 Atmosfera, monitoraggio qualità dell’aria ambiente e dei parametri meteoclimatici – 21/03-10/04/2008 (fase di erogazione)

• Allegato I Atmosfera, mappe delle concentrazioni annuali al suolo (NOx e CO) – risultati del modello di simulazione AERMOD (condizione di esercizio Pmax=Pi e Pmax=1,05Pi)

3.2 Inquadramento meteoclimatico Il Comune di Sergnano (Figura 3.2.a) è ubicato in una zona di confine tra le province di Bergamo e di Cremona; per la caratterizzazione meteoclimatica dell’area circostante gli impianti sono state prese in considerazione le vicine stazioni dell’ARPA della Regione Lombardia di ¾ Crema-via XI febbraio (CR), distante circa 7 km dgli impianti; ¾ Capralba (CR), a circa 5 km. i cui dati, rilevati dal 1992, sono messi a disposizione da ARPAL su WEB all’indirizzo http://www.arpalombardia.it/meteo/dati/richiesta.asp. Con riferimento ai dati ARPAL, sono stati considerati: • dati orari di vento; • dati giornalieri della temperatura minima, media e massima; • dati giornalieri di umidità relativa media; • dati giornalieri di pressione atmosferica media; • valori totali giornalieri della precipitazione; • dati giornalieri di radiazione solare globale media.

Doc. Nº Revisioni Settore CREMA (CR) 0 Area Concessione SERGNANO (CR) Doc. N° Impianto ESERCIZIO Pmax = 1,05 Pi 00-BG-E-94700 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Fg. / di Comm. N° 28 / 212 ST-001

Fig 3.2.a – Provincia di Cremona ed ubicazione dei Comuni di Sergnano, Crema e Capralba A completamento dell’analisi dei dati vento, sono state anche considerate le elaborazioni ENEL dei dati anemometrici dell’Aereonautica Militare delle stazioni di Brescia-Ghedi, Milano Linate e Bergamo-Orio Al Serio. In Allegato G –Volume III sono riportati nel dettaglio i risultati dell’analisi effettuata.

3.3 Inquadramento normativo La norma nazionale attualmente di riferimento per la qualità dell'aria ambiente è il Decreto Legislativo 13 agosto 2010, n. 155 “Attuazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa”. Il D.Lgs n. 155/10, entrato in vigore il 30 settembre 2010, abroga una serie di precedenti decreti e norme giuridiche in vigore fino alla data di attuazione dello stesso tra cui: • Decreto Ministeriale n. 60 del 02/04/2002 “Recepimento della direttiva 1999/30/CE del Consiglio del 22 aprile 1999 concernente i valori limite di qualità dell'aria ambiente per il biossido di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo e della direttiva 2000/69/CE relativa ai valori limite di qualità aria ambiente per il benzene ed il monossido di carbonio”. • Decreto Ministeriale del 25/11/1994 “Aggiornamento delle norme tecniche in materia di limiti di concentrazione e di livelli di attenzione e di allarme per gli inquinamenti

Doc. Nº Revisioni Settore CREMA (CR) 0 Area Concessione SERGNANO (CR) Doc. N° Impianto ESERCIZIO Pmax = 1,05 Pi 00-BG-E-94700 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Fg. / di Comm. N° 29 / 212 ST-001 atmosferici nelle aree urbane e disposizioni per la misura di alcuni inquinanti di cui al decreto ministeriale 15 aprile 1994”.

I valori limiti di concentrazione in aria ambiente per gli ossidi di azoto (NO2 e NOx), il monossido di carbonio (CO) e le polveri sottili (PM10) sono riportati in Tabella 3.3.a.

Destinazione Periodo di Parametro di Valore Limite Inquinante del limite mediazione riferimento [μg/m3] 200 1 ora 99,8 percentile (da non superare più di 18 volte l’anno civile) NO2 salute umana anno civile media 40

30 vegetazione anno civile media NOx (livello critico) media mobile salute umana (1) massimo 10000 CO 8 ore 50 24 ore 90,4 percentile (da non superare più di 35 volte l’anno civile) PM10 salute umana anno civile media 40

(1) La media è mobile trascinata, viene calcolata esaminando le medie mobili su 8 ore, calcolate in base a dati orari e aggiornate ogni ora. Ogni media su 8 ore così calcolata e' assegnata al giorno nel quale finisce. In pratica, il primo periodo di 8 ore per ogni singolo giorno sarà' quello compreso tra le ore 17.00 del giorno precedente e le ore 01.00 del giorno stesso; l'ultimo periodo di 8 ore per ogni giorno sarà' quello compreso tra le ore 16.00 e le ore 24.00 del giorno stesso. Tabella 3.3.a – D.Lgs n. 155/10: valori di riferimento delle concentrazioni in aria ambiente

3.4 Descrizione dello stato della qualità dell’aria ambiente

3.4.1 ZONIZZAZIONE DELLA QUALITÀ DELL’ARIA IN LOMBARDIA L’area di studio si trova in territorio del comune di Sergnano (CR) situato nell’alta pianura cremasca al confine con la provincia di Bergamo. La zona è essenzialmente agricola, con agglomerati urbani di limitata estensione e popolosità. A partire dal 2001, in base al D.G.R. 6501 del 19.10.01 (Piano Regionale di Qualità dell’Aria) per il conseguimento degli obbiettivi di qualità dell’aria, il territorio della Regione Lombardia è stato suddiviso in zone. Richiamando il D.Lgs. n. 351/99, il decreto ha suddiviso il territorio regionale in (Figura 3.4.a):

Doc. Nº Revisioni Settore CREMA (CR) 0 Area Concessione SERGNANO (CR) Doc. N° Impianto ESERCIZIO Pmax = 1,05 Pi 00-BG-E-94700 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Fg. / di Comm. N° 30 / 212 ST-001

(per zona unica si intende la zona critica unica di Milano, Como, Sempione) Fig. 3.4.a – Zonizzazione generale della Regione Lombardia, D.G.R. 6501 del 19/10/01 (Piano Regionale di Qualità dell’Aria)

• Zone critiche. La parte del territorio regionale nel quale si supera o si rischia di superare il livello di allarme per uno o più inquinanti (PM10, NO2, CO, O3). In queste zone la Regione deve definire: • i piani d'azione che contengono le misure da attuare nel breve periodo affinché sia ridotto il rischio di superamento delle soglie di allarme; • i piani integrati per il raggiungimento dei valori limite previsti dagli standard di qualità entro i termini stabiliti. Gli standard di qualità dell'aria sono stabiliti dal D.Lgs. 155/2010. • Zone di risanamento di tipo A. La parte del territorio regionale nel quale si superano o si rischia di superare i limiti previsti dagli standard di qualità per uno o più inquinanti (PM10, NO2, CO, O3).

Doc. Nº Revisioni Settore CREMA (CR) 0 Area Concessione SERGNANO (CR) Doc. N° Impianto ESERCIZIO Pmax = 1,05 Pi 00-BG-E-94700 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Fg. / di Comm. N° 31 / 212 ST-001 In queste zone la Regione deve predisporre i piani integrati per il raggiungimento dei valori limite degli standard di qualità entro i termini stabiliti (D.Lgs. 155/2010). • Zone di risanamento di tipo B. La parte del territorio regionale nel quale si supera o si rischia di superare il limite previsto dagli standard di qualità per il solo ozono O3. In queste zone la Regione deve predisporre i piani integrati per il raggiungimento dei valori limite degli standard di qualità per l'ozono entro i termini stabiliti (D.Lgs. 155/2010). • Zone di Mantenimento. La parte del territorio regionale nel quale sono rispettati gli standard di qualità. In queste zone la Regione predispone un piano di mantenimento della qualità dell'aria al fine di conservare i livelli degli inquinanti al di sotto dei valori limite previsti dagli standard di qualità (D.Lgs. 155/2010). In base alla suddetta zonizzazione, l’area d’interesse ubicata in territorio del comune di Sergnano, al limite settentrionale della provincia di Cremona, risulta compresa in una Zona di mantenimento, Successivamente la Regione Lombardia, sulla base dei risultati della valutazione della qualità dell’aria, delle caratteristiche orografiche e meteoclimatiche, della densità abitativa e della disponibilità di trasporto pubblico locale con la D.G.R. 2 agosto 2007, n. 5290 ha modificato la precedente zonizzazione dividendo il territorio regionale nelle seguenti zone: 9 ZONA A: agglomerati urbani (A1) e zona urbanizzata (A2) 9 ZONA B: zona di pianura 9 ZONA C: area prealpina e appenninica (C1) e zona alpina (C2) In Figura 3.4.b è evidenziata l’attuale suddivisione del territorio lombardo secondo le diverse zone di appartenenza di cui sopra.

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Fig. 3.4.b – Zonizzazione attuale della regione Lombardia (D.G.R. 2 agosto 2007, n. 5290)

Sempre la D.G.R. 2 agosto 2007, n. 5290, ai fini dell’applicazione dell’Allegato C) della D.G.R.19 ottobre 2001, n.7/6501 delibera (punto 3) che devono intendersi alla stregua di:

• Zone critiche. Esclusivamente gli ambiti territoriali ricompresi nella zona A1 • Zone di risanamento. Esclusivamente gli ambiti territoriali ricompresi nelle zone A2 e C1 • Zone di Mantenimento. Esclusivamente gli ambiti territoriali ricompresi nelle zone B e C2

In base alla nuova zonizzazione, il Comune di Sergnano ricade in una Zona B (zona di pianura), quindi, in base a quanto riportato sopra, resta in una Zona di mantenimento

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3.4.2 STATO DELLA QUALITÀ DELL’ARIA

MONITORAGGIO DELLA QUALITA’ DELL’ARIA AMBIENTE - ARPAL ll centro abitato di Sergnano dista circa 7 km da Crema in direzione Nord e 45 km da Cremona in direzione Nord-Ovest. Per l’analisi dello stato di qualità dell’aria si è fatto riferimento alle vicine stazioni dell’ARPA della Regione Lombardia di: ¾ Crema, via XI Febbraio (CR) ¾ Crema, via Indipendenza (CR). Di queste stazioni l’ARPAL pubblica e mette a disposizione su WEB, all’indirizzo http://www.arpalombardia.it/qaria/doc_RichiestaDati.asp, i dati delle concentrazioni degli inquinanti misurati su base oraria o giornaliera in periodi temporali diversi, con riserva di convalida dei dati pubblicati relativi agli ultimi 6 mesi. Sempre all’interno del sito ARPAL è possibile scaricare i rapporti di qualità annuali pubblicati fino al 2007 da cui è possibile estrarre le informazioni di interesse. La stazione di Crema-Via Indipendenza è stata disattivata a partire da aprile 2007. L’operazione rientra nel disegno di rimodulazione ed ottimizzazione della rete regionale di monitoraggio della qualità dell’aria. Le serie storiche collezionate nelle due stazioni presenti in Crema appaiono infatti correlate e spesso addirittura sovrapponibili tra loro: risultando quindi superfluo mantenere in funzione entrambe le stazioni (rif. ARPAL “Rapporto di qualità dell’aria della provincia di Cremona”, anno 2007). E’ stata così disattivata la stazione di Via Indipendenza e la misura di Particolato Sospeso PM10 è stato trasferito nella stazione di Crema Via XI Febbraio. Questa operazione è avvenuta, per ragioni tecniche e logistiche, a fine settembre 2007; per questo motivo i dati di PM10 sono assenti, alla stazione di Crema Via XI Febbraio, solo per il periodo centrale dell’anno, mentre invece sono disponibili per le successive stagioni. La stazione di Via XI Febbraio si identifica negli archivi nella stazione di Crema San Bernardino fino al 2004; dal 2005 in avanti è stata denominata Via XI Febbraio.

Nome stazione Rete Tipo zona Tipo Quota (*) (***) stazione(&) m.s.l.m. Crema, Via XI febbraio PUB Suburbana Fondo 76 Crema Indipendenza (**) PUB Urbana Traffico 78 (*) PUB = pubblica (**) attiva fino al 2 aprile 2007 (***) Tipo di zona: URBANA= centro urbano di consistenza rilevante per le emissioni atmosferiche, con più di 3000-5000 abitanti; SUBURBANA = periferia di una città o area urbanizzata residenziale posta fuori dall’area urbana principale. (&) Tipo di stazione: FONDO = misura il livello di inquinamento determinato dall’insieme delle sorgenti di emissione non localizzate nelle immediate vicinanze della stazione Tabella 3.4.a

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Per l’analisi della qualità dell’aria sono stati considerati i dati relativi al periodo 2002-2009 dei seguenti inquinanti:

¾ PM10 dati giornalieri misurati alla stazione di Via indipendenza fino a parte del 2007 ed alla stazione di Via XI Febbraio a partire dalla fine del 2007;

¾ SO2 dati orari misurati alla stazione di Crema, Via XI febbraio;

¾ NO2 dati orari misurati alla stazione di Crema, Via XI febbraio;

¾ CO dati orari misurati alla stazione di Crema, Via XI febbraio.

MATERIALE PARTICOLATO (PM10)

Per l’analisi della contaminazione da polveri si è fatto riferimento al parametro PM10 misurato con cadenza giornaliera alla stazione di Via Indipendenza fino a parte del 2007 ed alla stazione di Via XI Febbraio a partire dalla fine del 2007.

Il particolato sottile PM10 è uno degli inquinanti seguito con maggiore attenzione per le implicazioni sanitarie ad esso legate. Le particelle di polvere presenti nell’aria possono avere origine sia naturale che antropica. Nei centri urbanizzati le fonti dovute ad attività umana sono da ricondursi al trasporto, al riscaldamento e, in generale, ai processi di combustione ed ai processi produttivi. Le particelle ritenute dannose a livello sanitario sono quelle più fini (<10μm) perché riescono a penetrare nelle parti più profonde delle vie respiratorie. La Tabella 3.4.b riporta i valori di riferimento calcolati per il periodo 2002-2009. I dati riportati sono stati estratti da “ARPA Lombardia- Rapporto sulla qualità dell’aria di Cremona e Provincia. Anno 2007” ad eccezione dei dati relativi agli anni 2008 e 2009 che sono stati ottenuti dall’elaborazione dei dati orari misurati scaricati dal sito dell’ARPAL stesso. Allo stesso modo sono stati ottenuti i dati relativi all’indicatore “90,4 percentile” dei valori giornalieri per ogni anno preso in esame. La percentuale di dati disponibili da elaborare è risultata sempre compatibile con il limite richiesto dalla normativa (75% dei dati teoricamente rilevabili) ad eccezione dell’anno 2003. Per l’anno 2007 in relazione alla scarsa disponibilità dei dati legata alla disattivazione della stazione di Via Indipendenza, i valori misurati sono da ritenersi solo indicativi.

Doc. Nº Revisioni Settore CREMA (CR) 0 Area Concessione SERGNANO (CR) Doc. N° Impianto ESERCIZIO Pmax = 1,05 Pi 00-BG-E-94700 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Fg. / di Comm. N° 35 / 212 ST-001

Valore Valore Destinazione del Periodo di Parametro di Limite Normativa di Rendimento Misurato Inquinante limite mediazione riferimento [g/m3] riferimento Anno (%) [mg/m3] Superamenti

Crema - Via XI Febbraio (attiva dal 26/09/2009) 90,4 percentile (limite: massimo 35 50 62.1 62 24 ore volte/anno) DM 60/2002 2009 100

PM10 salute umana anno civile media 40 DM 60/2002 36.8 90,4 percentile (limite: massimo 35 50 66 68 24 ore volte/anno) DM 60/2002 2008 99.5

PM10 salute umana anno civile media 40 DM 60/2002 35.7 90,4 percentile (limite: massimo 35 50 26 94.4 46 2007 24 ore volte/anno) DM 60/2002 (100) PM10 salute umana anno civile media 40 DM 60/2002 52 Crema - Via Indipendenza (attiva fino al 02/04/2009) 90,4 percentile (limite: massimo 35 50 24.1 89.6 47 2007 24 ore volte/anno) DM 60/2002 (95.7) PM10 salute umana anno civile media 40 DM 60/2002 55 90,4 percentile (limite: massimo 35 50 92.6 126 24 ore volte/anno) DM 60/2002 2006 95.6

PM10 salute umana anno civile media 40 DM 60/2002 49 90,4 percentile (limite: massimo 35 50 79.7 118 24 ore volte/anno) DM 60/2002 2005 99

PM10 salute umana anno civile media 40 DM 60/2002 45 90,4 percentile (limite: massimo 35 50 69 76 24 ore volte/anno) DM 60/2002 2004 91

PM10 salute umana anno civile media 40 DM 60/2002 39 90,4 percentile (limite: massimo 35 50 81 70 24 ore volte/anno) DM 60/2002 2003 41

PM10 salute umana anno civile media 40 DM 60/2002 45.7 90,4 percentile (limite: massimo 35 50 72 93 24 ore volte/anno) DM 60/2002 2002 100 anno civile media 40 DM 60/2002 PM10 salute umana 41 Tabella 3.4.b – Stazione ARPAL-Crema, valori di riferimento per il PM10 Le Figure 3.4.c-d mostrano l’andamento temporale dei valori di riferimento in base al DM n.60 02/04/2002 allora vigente, oggi sostituito dal D.Lgs.155/10. Tali valori vengono messi a confronto con i valori limite previsti al 2005, senza tenere conto del margine di tolleranza per gli anni precedenti. Il limite di legge per quanto riguarda il numero di superamenti in ogni singolo anno viene violato in tutti gli anni considerati (Figura 3.4.c), mentre con riferimento valore medio annuo (Figura 3.4.d) esistono anni come il 2004 il 2008 ed il 2009 in cui il valore risulta al di sotto del limite.

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Stazione ARPAL Crema Via XI Febbraio Valore limite per la protezione della salute umana Confronto con il valore limite annuo dei superamenti delle concentrazioni giornaliere (2002-2009)

140

N.ro dei superamenti nell'anno 120 Valore limite (DM n.60 02/04/2002)

100

80

60 PM10 (ug/m3)

40

20

0 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

Figura 3.4.c

Stazione ARPAL Crema Via XI Febbraio Valore limite per la protezione della salute umana Confronto con il valore medio annuo limite delle concentrazioni medie giornaliere (2002-2009)

60

Valore medio annuo Valore limite (DM n.60 02/04/2002) 50

40

30 PM10 (ug/m3)

20

10

0 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

Figura 3.4.d

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BIOSSIDO DI ZOLFO (SO2) Per l’analisi della contaminazione da biossido di zolfo si è fatto riferimento ai valori misurati con cadenza oraria alla stazione di Crema, Via XI febbraio. La Tabella 3.4.c riporta i valori di riferimento calcolati per gli anni 2002-2009. I dati riportati sono stati estratti da “ARPA Lombardia- Rapporto sulla qualità dell’aria di Cremona e Provincia. Anno 2007” ad eccezione dei dati relativi agli anni 2008 e 2009 che sono stati ottenuti dall’elaborazione dei dati orari misurati scaricati dal sito dell’ARPAL stessa. Allo stesso modo sono stati ottenuti i dati relativi agli indicatori “99,7 percentile” e “99,2 percentile” dei valori rispettivamente orari e giornalieri per ogni anno preso in esame. La percentuale di dati disponibili da elaborare è risultata, per ogni anno considerato, sempre compatibile con il limite richiesto dalla normativa (75% dei dati teoricamente rilevabili). In questi ultimi anni, grazie soprattutto al forte impiego del gas metano, le concentrazioni in atmosfera di biossido di zolfo sono, in generale, inferiori ai limiti di legge previsti. I livelli di questo inquinante alla stazione di Crema Via XI febbraio sono risultati infatti, per gli anni esaminati, al di sotto dei limiti di legge. Le Figure 3.4.e-f mostrano i valori di riferimento calcolati in base al DM n.60 02/04/2002 allora vigente, oggi sostituito dal D.Lgs.155/10. Tali valori vengono messi a confronto con i valori limite previsti al 2005, senza tenere conto del margine di tolleranza per gli anni precedenti. Poichè il limite di legge non risulta mai violato, il confronto con il valore limite imposto per la protezione degli ecosistemi è stato effettuato solo per l’anno civile, tralasciando pertanto l’analisi riferita al periodo invernale.

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Tabella 3.4.c – Stazione ARPAL-Crema, valori di riferimento per SO2

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Stazione ARPAL Crema Via XI Febbraio Valore limite per la protezione della salute umana Confronto con il valore del 99,7 percentile delle concentrazioni orarie (2002-2009)

400

350

300

Percentile 99,7 250 Valore limite (DM n.20 02/04/2002)

200 SO2 (ug/m3) 150

100

50

0 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

Figura 3.4.e

Stazione ARPAL Crema Via XI Febbraio Valore limite per la protezione della salute umana Confronto con il valore del 99,2 percentile delle concentrazioni giornaliere (2002-2009)

140

120

100 Percentile 99,2 Valore limite (DM n.20 02/04/2002)

80

60 SO2 (ug/m3) SO2

40

20

0 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

Figura 3.4.f

Doc. Nº Revisioni Settore CREMA (CR) 0 Area Concessione SERGNANO (CR) Doc. N° Impianto ESERCIZIO Pmax = 1,05 Pi 00-BG-E-94700 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Fg. / di Comm. N° 40 / 212 ST-001

BIOSSIDI DI AZOTO (NOX E NO2) Per l’analisi della contaminazione da biossido di azoto si è fatto riferimento ai valori misurati con cadenza oraria alla stazione di Crema, Via XI febbraio. La Tabella 3.4.d riporta i valori di riferimento calcolati per il periodo 2002-2009. I dati riportati sono stati estratti da “ARPA Lombardia- Rapporto sulla qualità dell’aria di Cremona e Provincia. Anno 2007” ad eccezione dei dati relativi agli anni 2008 e 2009 che sono stati ottenuti dall’elaborazione dei dati orari misurati scaricati dal sito dell’ARPAL stessa. La percentuale di dati disponibili da elaborare è risultata, per ogni anno considerato, sempre compatibile con il limite richiesto dalla normativa (75% dei dati teoricamente rilevabili). I livelli di questo inquinante alla stazione di Crema Via XI febbraio sono risultati, per gli anni esaminati, al di sotto dei limiti di legge. Le Figure 3.4.g-h mostrano i valori di riferimento calcolati in base al DM n.60 02/04/2002 allora vigente, oggi sostituito dal D.Lgs.155/10. Tali valori vengono messi a confronto con i valori limite previsti al 2010, senza tenere conto del margine di tolleranza per gli anni precedenti.

Doc. Nº Revisioni Settore CREMA (CR) 0 Area Concessione SERGNANO (CR) Doc. N° Impianto ESERCIZIO Pmax = 1,05 Pi 00-BG-E-94700 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Fg. / di Comm. N° 41 / 212 ST-001 Valore Normativa Valore Destinazione del Periodo di Parametro di Limite di Rendimento Misurato Inquinante limite mediazione riferimento [g/m3] riferimento Anno (%) [mg/m3] Superamenti Crema - Via XI Febbraio 200 99,8 percentile 1 ora (limite: massimo 18 195.8 11 al 1° gennaio volte/anno) 2010 NO2 salute umana DM 60/2002 40 2009 98.2 media 33.57 al 1° gennaio anno civile 2010 NOx vegetazione anno civile media 30 DM 60/2002 41.11 200 99,8 percentile 1 ora (limite: massimo 18 124 0 al 1° gennaio volte/anno) 2010 NO2 salute umana DM 60/2002 40 2008 98 media 35.7 al 1° gennaio anno civile 2010 NOx vegetazione anno civile media 30 DM 60/2002 - 200 99,8 percentile 1 ora (limite: massimo 18 88 0 al 1° gennaio volte/anno) 2010 NO2 salute umana DM 60/2002 40 2007 99.6 media 35 al 1° gennaio anno civile 2010 NOx vegetazione anno civile media 30 DM 60/2002 - 200 99,8 percentile 1 ora (limite: massimo 18 89 1 al 1° gennaio volte/anno) 2010 NO2 salute umana DM 60/2002 40 2006 96.2 media 33 al 1° gennaio anno civile 2010 NOx vegetazione anno civile media 30 DM 60/2002 67 200 99,8 percentile 1 ora (limite: massimo 18 79 0 al 1° gennaio volte/anno) 2010 NO2 salute umana DM 60/2002 40 2005 92 media 33 al 1° gennaio anno civile 2010 NOx vegetazione anno civile media 30 DM 60/2002 67 200 99,8 percentile 1 ora (limite: massimo 18 78 0 al 1° gennaio volte/anno) 2010 NO2 salute umana DM 60/2002 40 2004 90 media 33 0 al 1° gennaio anno civile 2010 NOx vegetazione anno civile media 30 DM 60/2002 72 200 99,8 percentile 1 ora (limite: massimo 18 85 0 al 1° gennaio volte/anno) 2010 NO2 salute umana DM 60/2002 40 2003 99 media 35 al 1° gennaio anno civile 2010 NOx vegetazione anno civile media 30 DM 60/2002 68 200 99,8 percentile 1 ora (limite: massimo 18 91 0 al 1° gennaio volte/anno) 2010 NO2 salute umana DM 60/2002 40 2002 79 media 38 0 al 1° gennaio anno civile 2010 NOx vegetazione anno civile media 30 DM 60/2002 - Tabella 3.4.d – Stazione ARPAL-Crema, valori di riferimento per NO2 e NOx

Doc. Nº Revisioni Settore CREMA (CR) 0 Area Concessione SERGNANO (CR) Doc. N° Impianto ESERCIZIO Pmax = 1,05 Pi 00-BG-E-94700 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Fg. / di Comm. N° 42 / 212 ST-001

Stazione ARPAL Crema Via XI Febbraio Valore limite di NO2 per la protezione della salute umana Confronto con il valore del percentile 99,8 delle concentrazioni orarie (2002-2009)

250

200

Percentile 99,8 Valore limite (DM n.60 02/04/2002)

150

NO2 (ug/m3) NO2 100

50

0 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

Figura 3.4.g

Stazione ARPAL Crema Via XI Febbraio Valore limite di NO2 per la protezione della salute umana Confronto con il valore medio annuo delle concentrazioni orarie (2002-2009)

45

40

Valore medio annuo 35 Valore limite (DM n.60 02/04/2002)

30

25

20 NO2 (ug/m3) NO2

15

10

5

0 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

Figura 3.4.h

Doc. Nº Revisioni Settore CREMA (CR) 0 Area Concessione SERGNANO (CR) Doc. N° Impianto ESERCIZIO Pmax = 1,05 Pi 00-BG-E-94700 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Fg. / di Comm. N° 43 / 212 ST-001

MONOSSIDO DI CARBONIO (CO) Per l’analisi della contaminazione da monossido di carbonio si è fatto riferimento ai valori misurati con cadenza oraria alla stazione di Crema Via XI febbraio. La Tabella 3.4.e riporta i valori di riferimento calcolati per il periodo 2002-2009. I dati riportati sono stati estratti da “ARPA Lombardia- Rapporto sulla qualità dell’aria di Cremona e Provincia. Anno 2007” ad eccezione dei dati relativi agli anni 2008 e 2009 che sono stati ottenuti dall’elaborazione dei dati orari misurati scaricati. La percentuale di dati disponibili da elaborare è risultata, per ogni anno considerato, sempre compatibile con il limite richiesto dalla normativa (75% dei dati teoricamente rilevabili).

Valore Normativa Valore Destinazione del Periodo di Parametro di Limite di Rendimento Misurato Inquinante limite mediazione riferimento [mg/m3] riferimento Anno (%) [mg/m3] Superamenti Crema - Via XI Febbraio CO salute umana media mobile massimo 10 DM 60/2002 2009 99.7 2.5 0 8 ore() CO salute umana media mobile massimo 10 DM 60/2002 2008 99.3 2.7 0 8 ore(**) media mobile CO salute umana(**) massimo 10 DM 60/2002 2007 99.4 2.5 0 8 ore media mobile CO salute umana(**) massimo 10 DM 60/2002 2006 99.2 3.2 0 8 ore media mobile CO salute umana(**) massimo 10 DM 60/2002 2005 100 2.4 0 8 ore media mobile CO salute umana(**) massimo 10 DM 60/2002 2004 99 2.9 0 8 ore media mobile CO salute umana(**) massimo 10 DM 60/2002 2003 99 3.6 0 8 ore media mobile CO salute umana(**) massimo 10 DM 60/2002 2002 95 - 0 8 ore Tabella 3.4.e – Stazione ARPAL-Crema, valori di riferimento per CO

I livelli di questo inquinante alla stazione di Crema Via XI Febbraio sono risultati, per gli anni esaminati, al di sotto dei limiti di legge. La Figura 3.4.i mostra i valori di riferimento calcolati in base al DM n.60 02/04/2002 allora vigente, oggi sostituito dal D.Lgs.155/10. Tali valori vengono messi a confronto con i valori limite previsti al 2005, senza tenere conto del margine di tolleranza previsto per gli anni precedenti. Il limite di legge non risulta mai superato.

Doc. Nº Revisioni Settore CREMA (CR) 0 Area Concessione SERGNANO (CR) Doc. N° Impianto ESERCIZIO Pmax = 1,05 Pi 00-BG-E-94700 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Fg. / di Comm. N° 44 / 212 ST-001

Stazione ARPAL Crema Via XI Febbraio Valore limite di CO per la protezioned ella salute umana Confronto con il valore medio massimo giornaliero su 8 ore delle concentrazioni orarie (2002-2009)

12

10

Media massima giornaliera su 8 ore 8 Valore limite (DM n.60 del 02/04/2002)

6 CO (mg/m3)

4

2

0 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

Figura 3.4.i

MONITORAGGIO DELLA QUALITA’ DELL’ARIA AMBIENTE CON LABORATORIO MOBILE Tra il 2007 ed i 2008 la società Gruppo C.S.A. di Rimini (RN) ha svolto, su incarico della Snamprogetti S.p.A. (ora Saipem S.p.A.), ha eseguito una campagna di rilevamento finalizzata a raccogliere informazioni sullo stato attuale della qualità dell’aria ambiente in prossimità della Centrale Stogit (aree compressione e trattamento). Nello specifico la campagna è stata divisa in due periodi misura della durata di ca. 15 giorni ciascuno: il primo, dall’8 al 22 novembre 2007, in condizioni di fermo impianto, il secondo, dal 21 marzo al 10 aprile 2008, anche in condizioni di erogazione10. In entrambi i periodi il laboratorio mobile di monitoraggio (ATM01) è stato collocato all’interno del cluster D, in via Vallarsa a poche centinaia di metri dal centro del paese di Sergnano (Figura 3.4.j), rilevando:

9 qualità dell’aria: NO;NO2;NOX,; SO2/H2S; CH4/THC/ nMHC; CO; O3; PM10; PTS;

10 In particolare le infrastrutture della concessione hanno operato in compressione il 30 marzo (8,6*106 Sm3) ed in erogazione i giorni 21 e 22 marzo e 3, 4, 8 e 10 aprile (40,3*106 Sm3)

Doc. Nº Revisioni Settore CREMA (CR) 0 Area Concessione SERGNANO (CR) Doc. N° Impianto ESERCIZIO Pmax = 1,05 Pi 00-BG-E-94700 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Fg. / di Comm. N° 45 / 212 ST-001 9 parametri meteorologici: pressione atmosferica, temperatura, umidità, velocità e direzione del vento, precipitazioni, radiazione solare globale e netta.

Figura 3.4.j – Localizzazione del laboratorio mobile di monitoraggio (ATM01) (1 – Centrale Stogit; 2 – cluster D; 3 – centro abitato di Sergnano)

In Tabella 3.4.f sono riportati i valori degli indicatori rilevati nei due periodi di monitoraggio ed il corrispondente riferimento normativo.

Riferimento Limite Periodo Inquinante normativo (ug/m3) SO2 8-22/11/2007 21-3/10-4/2008 Valore massimo orario 350 30 32 Valore massimo giornalieroDM 60/2002 125 20 20 Valore medio del periodo 20 10 10.3 NO2 Valore massimo orario 200 69 68 DM 60/2002 Valore medio del periodo 40 34 21 CO Valore massimo della media su 8 ore DM 60/2002 10000 2000 1800 (nota: riferimento normativo D.M. n.60/2002, oggi sostituito dal D.Lgs.155/10) Tabella 3.4.f – Valori degli indicatori rilevati nei due periodi di monitoraggio e corrispondente riferimento normativo

Doc. Nº Revisioni Settore CREMA (CR) 0 Area Concessione SERGNANO (CR) Doc. N° Impianto ESERCIZIO Pmax = 1,05 Pi 00-BG-E-94700 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Fg. / di Comm. N° 46 / 212 ST-001 Sempre con riferimento ai due periodi monitorati, in Tabella 3.4.g sono riportati i dati giornalieri di polveri. Nella tabella sono evidenziati in rosso i valori che hanno comportato il superamento del limite di legge; a tale riguardo si ricorda che il limite prevede osservazioni di lungo periodo, pertanto il dato misurato è da interpretare soltanto come indicativo dei due brevi periodi di osservazione.

Riferimento Limite Inquinante Periodo normativo (ug/m3) 8-22/11/2007 21-3/10-4/2008 50 8/11/2007 88 21/03/2008 35 50 9/11/2007 64 22/03/2008 31 50 10/11/2007 16 23/03/2008 21 50 11/11/2007 26 24/03/2008 18 50 12/11/2007 34 25/03/2008 15 50 13/11/2007 47 26/03/2008 27 50 14/11/2007 67 27/03/2008 34 50 15/11/2007 56 28/03/2008 36 50 16/11/2007 36 29/03/2008 55 50 17/11/2007 50 30/03/2008 22 Polveri DM 60/2002 50 18/11/2007 94 31/03/2008 32 PM10 50 19/11/2007 93 01/04/2008 44 50 20/11/2007 106 02/04/2008 23 50 21/11/2007 127 03/04/2008 13 50 22/11/2007 43 04/04/2008 36 50 05/04/2008 33 50 06/04/2008 39 50 07/04/2008 24 50 08/04/2008 18 50 09/04/2008 58 50 10/04/2008 55 (nota: riferimento normativo D.M. n.60/2002, oggi sostituito dal D.Lgs.155/10) Tabella 3.4.g – Valori giornalieri di PM10 rilevati durante i due periodi di misura

Negli Allegati H/1 ed H/2 –Volume III, sono riportati i dettagli del monitoraggio effettuato.

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3.5 Caratterizzazione delle emissioni degli impianti della Concessione di stoccaggio e definizione degli scenari di simulazione

3.5.1 CARATTERIZZAZIONE DELLE EMISSIONI

L’attività degli impianti della Concessione di Stoccaggio, si articola come detto nelle seguenti fasi • compressione del gas nel giacimento; • trattamento del gas stoccato nel giacimento. Vengono di seguito elencate (Tabella 3.5.a) le sorgenti di emissione di sostanze inquinanti in atmosfera considerate nelle diverse fasi di compressione ed erogazione, mentre in Figura 3.5.a viene mostrata la localizzazione di tali sorgenti emissive all’interno della Centrale (intesa come quell’area comprendente l’impianto di trattamento e quello di compressione). Sorgenti considerate Fase

E01 (TC5) C Turbocompressore E02 (TC6) C Turbocompressore E12 E Termodistruttore E13 Rigeneratore glicole E trietilenico (TEG) E14 Rigeneratore glicole E trietilenico (TEG) E15 Rigeneratore glicole E trietilenico (TEG) E16 Rigeneratore glicole E trietilenico (TEG) C = Area compressione; E = Area erogazione Tabella 3.5.a – Centrale di Sergnano: punti di emissione in atmosfera

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Figura 3.5.a – Centrale di Sergnano: localizzazione dei punti di emissione in atmosfera considerati

Come richiamato al capitolo 3.1 – Sezione III, Quadro Progettuale – dal mese di Gennaio 2011 sono operativi 4 nuovi rigeneratori glicol trietilenico TEG (E13, E14, E15, E16) che hanno completamente sostituito i rigeneratori glicol dietilenico DEG mantenendone le sigle identificative. L’installazione dei nuovi rigeneratori, la cui ubicazione, unitamente a quella dei rigeneratori DEG dismessi, è visualizzata in Figura 3.5.a, è stata effettuata per il passaggio da glicol dietilenico a trietilenico utilizzato per la disidratazione del gas naturale, con conseguente miglioramento dell’efficienza del sistema di rigenerazione. Come riportato nel Quadro Progettuale (capitolo 3.2, Sezione III), le emissioni dei turbocompressori – sorgenti E01 (TC5) e E02 (TC6) – sono riferibili ad Ossidi di Azoto (NOx) e Monossido di Carbonio (CO), mentre quelle dei rigeneratori – sorgenti E13, E14, E15, E16 – e del termodistruttore – sorgente E12 – anche a Polveri totali (PTS) ed Ossidi di Zolfo (SOx). Sulla base delle analisi dei fumi emessi dal termodistruttore (E12) e dai rigeneratori DEG (E13, E14, E15, E16), riferite al periodo 2006-2010, si evince come le emissioni medie di ossidi di zolfo siano di fatto trascurabili, risultando sempre inferiori al limite di rilevabilità (1 mg/Nm3).

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L’esercizio degli impianti della Concessione Stoccaggio Sergnano in condizioni Pmax=1,05Pi, implica sostanzialmente di stoccare, attraverso un aumento del numero di ore di funzionamento dei turbocompressori, un volume maggiore di gas nel giacimento con conseguente aumento della pressione di stoccaggio e della quantità di gas successivamente erogabile.

Nella Tabella 3.5.b sono riportate le caratteristiche delle sorgenti emissive ed i rispettivi valori di emissione con riferimento agli Ossidi di Azoto (NOx), al Monossido di Carbonio (CO) ed alle Polveri Sottili 11 ; nella Tabella 3.5.c è riportata e l’ubicazione ricostruita (coordinate chilometriche) delle 7 sorgenti emissive considerate.

Geometria delle sorgenti e Concentrazioni nei fumi Emissioni (g/s) (mg/Nm3) caratteristiche dei fumi (valori massimi (valori massimi autorizzati) autorizzati) T Altezza Area Portata fumi Sorgente NOX CO PTS NOX CO PTS (m) (°C) (m2) (Nm3/h) E01 (TC5) 10.3 530 13 190000 60 50 - 3,17 2,64 - (*) E02 (TC6) 15 500 9,62 199000 60 50 - 3,32 2,76 - (*)

E12 27 700 1.33 11000 350 100 10 1,07 0,31 0,0306

E13-E14- E15-E16 12,1 272 0,075 1200 200 100 5 0,07 0,033 0,0017 (**) E13-E14- E15- 12,1 272 0,075 300 200 100 5 0,017 0,008 0,0004 E16(***) (*) valori limite di emissione di NOx e CO di cui all’Allegato C della DGR 6501/01 della Regione Lombardia, come da prescrizione AIA Regione Lombardia –Decreto n. 5261/2007; (**) Pieno carico (6 ore/giorno); (***) 25% del carico (18 ore/giorno) Tabella 3.5.b – Caratteristiche delle sorgenti emissive considerate

11 Per i rigeneratori TEG è stato considerato il normale regime di funzionamento: pieno carico, 6 ore/giorno; 25% del carico, 18 ore/giorno

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Sorgenti con emissioni significative X (m) continue Y(m)

E01 (TC5) 553581 5030727 Turbocompressore E02 (TC6) 553541 5030864 Turbocompressore E12 553828 5030775 Termodistruttore E13 553895 5030830 Rigeneratore glicole trietilenico E14 553889 5030830 Rigeneratore glicole trietilenico E15 553883 5030830 Rigeneratore glicole trietilenico E16 553877 5030830 Rigeneratore glicole trietilenico Tabella 3.5.c – Centrale Stogit: ubicazione ricostruita dei punti di emissione

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3.5.2 IDENTIFICAZIONE DEGLI SCENARI DI SIMULAZIONE

L’obiettivo dello studio è quello di valutare l’impatto sulla qualità dell’aria ambiente determinato dall’esercizio in fase di compressione e di erogazione degli impianti della Concessione di stoccaggio, in condizioni di pressione massima maggiore alla pressione statica di fondo originaria del giacimento (Pmax=1,05Pi), confrontando anche i risultati con la situazione di esercizio Pmax=Pi. Le analisi modellistiche (cap. 3.7) finalizzate a ricostruire le concentrazioni al suolo degli inquinanti emessi – NOx, CO e PTS – sono state sviluppate considerando le emissioni massime autorizzate dalla normativa per le sorgenti interessate (Tabella 3.5.b) ed i seguenti scenari di riferimento temporale:

o Short Term (ST): ricostruzione delle concentrazioni al suolo massime orarie considerando separatamente le fasi di compressione ed erogazione; in particolare: Fase di Compressione – Scenario A: funzionamento continuo (24 ore su 24) e stazionario dei turbocompressori E01 (TC5) – periodo aprile/agosto – ed E02 (TC6) – periodo aprile/settembre. Il periodo temporale considerato comprende l’intervallo teorico massimo di operatività in condizione di esercizio sia Pmax=1,05Pi (sovrappressione), che Pmax=Pi; Fase di Erogazione – Scenario B: funzionamento contemporaneo continuo (24 ore su 24) e stazionario del termodistruttore (E12) e dei rigeneratori TEG (E13, E14, E15, E16)12 – periodo ottobre/marzo, comprensivo dell’intervallo teorico massimo di operatività in condizione di esercizio sia Pmax=1,05Pi (sovrappressione), che Pmax=Pi.

o Long Term (LT), ricostruzione delle concentrazioni al suolo medie annue delle ricadute al suolo, considerando congiuntamente le fasi di compressione e di erogazione.

Esercizio Pmax=Pi – Scenario C1: fase di compressione: funzionamento continuo (24 ore su 24) e stazionario dei turbocompressori E01 (TC5) ed E02 (TC6), considerati operativi da aprile ad agosto; fase di erogazione: funzionamento continuo (24 ore su 24) e stazionario del termodistruttore E12 e discontinuo dei rigeneratori TEG E13, E14, E15, E16, cioè al 25% del carico per 18 ore/giorno ed al 100% del carico per le restanti 6 ore13. Periodo di operatività: novembre/marzo.

12 i rigeneratori TEG sono stati considerati funzionanti a pieno carico per tutte le 24 ore giornaliere per poter tenere conto della più ampia gamma di situazioni meteorologiche possibili all’interno del periodo di riferimento, anche se di fatto operano al 25% del carico per 18 ore/giorno ed al 100% del carico per le restanti 6 ore giornaliere (cap. 3.5.1) 13 per poter tenere conto della più ampia gamma di situazioni meteorologiche possibili all’interno del periodo di riferimento è stato ipotizzato per i rigeneratori un funzionamento a pieno carico alle ore 0-4-8-12-16-20 ed un funzionamento al 25% del carico per le restanti 18 ore di ogni giorno

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Esercizio Pmax=1,05Pi – Scenario C2: fase di compressione: funzionamento continuo (24 ore su 24) e stazionario dei turbocompressori E01 – periodo aprile/agosto – ed E02 (TC6) – periodo aprile/settembre; fase di erogazione: funzionamento continuo (24 ore su 24) e stazionario del termodistruttore E12 e discontinuo dei rigeneratori TEG E13, E14, E15, E16, cioè al 25% del carico per 18 ore/giorno ed al 100% del carico per le restanti 6 ore, con ripartizione giornaliera del funzionamento analoga allo scenario C1. Periodo di operatività: ottobre/marzo. Si sottolinea come la durata effettiva delle campagne di erogazione e compressione, e quindi l’effettivo numero di ore di funzionamento degli impianti, nelle condizioni di esercizio Pmax=Pi e/o Pmax=1,05Pi, dipenda da una serie di fattori e circostanze che rendono arbitraria ogni stima effettuata a priori della loro durata reale (andamento del mercato del gas, effettivo livello di stoccaggio residuo alla fine del periodo di erogazione dipendente anche dall’andamento termico invernale, ecc.)14. L’assunzione quindi di un periodo di funzionamento degli impianti pari al numero di ore corrispondente agli intervalli temporali massimi considerati disponibili sia per la fase di compressione che di erogazione, è funzionale all’individuazione delle condizioni potenzialmente più critiche con riferimento agli impatti sulla qualità dell’aria ambiente conseguenti all’esercizio delle infrastrutture della Concessione.

3.5.3 EMISSIONI TOTALI ANNUE IN ATMOSFERA In Tabella 3.5.e sono riportati i valori in tonnellate delle emissioni totali annue in atmosfera degli ossidi di azoto (NOx), del monossido di carbonio (CO) e delle polveri totali (PTS) – condizioni di esercizio Pmax=Pi e Pmax=1,05Pi – stimati considerando il valore massimo autorizzato e/o normato delle emissioni in uscita dagli impianti, il periodo ed il regime temporale giornaliero di funzionamento massimo teorico degli impianti, come riportato al capitolo precedente con riferimento agli scenari di simulazione C1 e C2. Dall’analisi della Tabella 3.5.e si evidenzia come: • le emissioni totali (t/anno) risultino significamene più elevate durante la fase di compressione, indicativamente circa 5 volte maggiori per gli NOx e circa 14 volte maggiori per il CO;

• passando dalla condizione di esercizio Pmax=Pi alla condizione Pmax=1,05Pi, le emissioni totali annue di NOx, CO e PTS risultano incrementate rispettivamente di circa 11.5, 9.3 e 0.1 tonnellate;

14 A tale proposito si faccia anche riferimento alla Tabella 3.1.b – Sezione III, Quadro progettuale – relativa all’effettivo periodo di funzionamento dei turbocompressori nel periodo 2001 – 2010.

Doc. Nº Revisioni Settore CREMA (CR) 0 Area Concessione SERGNANO (CR) Doc. N° Impianto ESERCIZIO Pmax = 1,05 Pi 00-BG-E-94700 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Fg. / di Comm. N° 53 / 212 ST-001 • le PTS, presenti soltanto durante la fase di erogazione, siano molto contenute rispetto alle quantità di NOx e CO emesse: i totali annui emessi risultano infatti rispettivamente di 3 e 2 ordini di grandezza inferiori rispetto agli Ossidi di Azoto ed al Monossido di Carbonio, sia nello scenario C1 che nello scenario C2.

Tabella 3.5.e – Esercizio delle infrastrutture della Concessione di stoccaggio: emissioni totali annue stimate in condizione Pmax=Pi (scenario C1, cap. 3.5.2) e Pmax=1,05Pi (scenario C2, cap. 3.5.2)

Doc. Nº Revisioni Settore CREMA (CR) 0 Area Concessione SERGNANO (CR) Doc. N° Impianto ESERCIZIO Pmax = 1,05 Pi 00-BG-E-94700 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Fg. / di Comm. N° 54 / 212 ST-001

3.6 Il sistema modellistico AERMOD Il sistema modellistico AERMOD è composto da due preprocessori, AERMET (meteorologico) ed AERMAP (orografico), e dal modello diffusivo vero e proprio AERMOD. Il codice prevede la possibilità di considerare diverse tipologie di fonti emissive (puntuali, areali, volumetriche e lineari) e di effettuare il calcolo della concentrazione nel dominio d’indagine, in corrispondenza di recettori sia distribuiti su una griglia (definita dall’utente) che discreti (recettori puntuali). Lo schema di funzionamento del sistema è rappresentato nella seguente Figura 3.6.a.

Fig. 3.6.a - Schema di funzionamento del sistema AERMOD

3.6.1 IL MODELLO AERMOD Il modello diffusivo AERMOD è un modello analitico stazionario multisorgente a pennacchio – plume (rif. User’s guide for the AERMOD meteorological preprocessor AERMET – EPA - 454/B-03-002, Nov. 2004). La valutazione della diffusione implementata dal modello è basata sulla caratterizzazione meteoclimatica locale del PBL (Planetary Boundary Layer). AERMOD utilizza infatti sia dati misurati (di superficie e profilometrici) che la loro estrapolazione verticale basata sulla teoria della similarità per la costruzione dei profili verticali delle variabili meteorologiche di

Doc. Nº Revisioni Settore CREMA (CR) 0 Area Concessione SERGNANO (CR) Doc. N° Impianto ESERCIZIO Pmax = 1,05 Pi 00-BG-E-94700 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Fg. / di Comm. N° 55 / 212 ST-001 interesse quali velocità e direzione del vento, parametri della turbolenza, temperatura e gradienti termici per la caratterizzazione dell’appropriata stratificazione del PBL. Queste operazioni di trattamento dei dati meteorologici vengono svolte dal preprocessore AERMET e da AERMOD stesso attraverso un apposito modulo interno “Interface” ed hanno lo scopo di caratterizzare lo stato dello strato limite superficiale: • in caso di Strato limite stazionario (SBL) il modello assume che la distribuzione della concentrazione di inquinante nel plume sia gaussiana sia orizzontalmente che verticalmente; • in caso di strato limite convettivo (CBL) la distribuzione orizzontale è supposta ancora gaussiana ma la distribuzione verticale è descritta attraverso una funzione di distribuzione di probabilità (p.d.f.) bi-gaussiana. Il modello consente inoltre • la trattazione del “plume lofting” nel CBL, fenomeno per il quale una porzione di massa del pennacchio emessa dalla sorgente, sale e rimane nella parte superiore dello strato stabile prima di essere mescolata dalla turbolenza del CBL; • penetrazione eventuale del pennacchio emesso nello strato stabile elevato ed il suo successivo rientro (quando e se appropriato) nello strato superficiale.

3.6.2 IL PREPROCESSORE AERMET

Il preprocessore AERMET permette di elaborare i dati meteorologici rappresentativi della zona studiata ed in base ad essi elaborare i parametri micrometeorologici per la caratterizzazione del PBL locale; il preprocessore meteo elabora e converte queste informazioni meteorologiche nel formato di input proprio per il modulo diffusivo AERMOD permettendo di ricavare i profili verticali delle variabili più influenti su trasporto e dispersione degli inquinanti. I parametri minimi richiesti in input da AERMET sono i seguenti:

Dati meteorologici orari di superficie • velocità del vento • direzione del vento • temperatura • copertura del cielo

Caratteristiche locali di superficie • albedo • rugosità superficiale • raggio di Bowen

Doc. Nº Revisioni Settore CREMA (CR) 0 Area Concessione SERGNANO (CR) Doc. N° Impianto ESERCIZIO Pmax = 1,05 Pi 00-BG-E-94700 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Fg. / di Comm. N° 56 / 212 ST-001 E’ possibile, opzionalmente, inserire dati meteorologici profilometrici (anche per una sola quota verticale) e di turbolenza. La crescita e la struttura dello strato limite atmosferico dipendono dai flussi termici e di momento, parametri strettamente legati alla caratterizzazione superficiale locale (rugosità superficiale, albedo, tipologia si uso del suolo). Lo spessore del PBL e quindi la struttura della diffusione atmosferica dell’inquinante risulta pertanto fortemente legata, oltre che agli aspetti meteorologici e termodinamici dell’atmosfera, alle caratteristiche superficiali locali. AERMET elabora i dati di input per produrre i seguenti parametri, che verranno poi forniti come input al modello diffusivo AERMOD sotto forma di due file contenenti rispettivamente: • parametri di superficie − H: flusso di calore sensibile; − L: lunghezza di Monin-Obukhov per tutte le ore disponibili; − u*: velocità di attrito; − zim altezza di rimescolamento meccanico per tutte le ore disponibili;

− zic: altezza di rimescolamento convettivo (solo per le ore in cui si ha turbolenza di origine convettiva); − w*: velocità di scala turbolenta (solo per le ore in cui si ha turbolenza di origine convettiva);

− z0 : rugosità superficiale − r(Φ): Albedo;

− B0: Bowen ratio;

− uref: velocità del vento alla quota di riferimento zref;

− dirref: direzione del vento alla quota di riferimento zref;

− Tref: temperatura ambiente alla quota di riferimento zTref; − dθ/dz: gradiente di temperatura potenziale; • parametri profilometrici (per ogni quota definita in input) − velocità e direzione del vento; − temperatura; − turbolenza verticale e laterale (σθ e σw).

Doc. Nº Revisioni Settore CREMA (CR) 0 Area Concessione SERGNANO (CR) Doc. N° Impianto ESERCIZIO Pmax = 1,05 Pi 00-BG-E-94700 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Fg. / di Comm. N° 57 / 212 ST-001

3.6.3 SCELTA E PREPARAZIONE DELL’INPUT METEOROLOGICO PER LE SIMULAZIONI MODELLISTICHE

Ai fini della valutazione delle ricadute al suolo degli inquinanti emessi in atmosfera dagli impianti della Concessione Stoccaggio Sergnano, in base all’analisi climatologica effettuata (rif. cap. 3.2) è risultato che:

o la stazione di Capralba risulta più vicina, rispetto alla stazione di Crema, all’area della concessione (rispettivamente circa 4 e 7 km) e quindi presumibilmente più rappresentativa (rif. Figura 3.7.a); o la frequenza delle calme di vento nei periodi di misura risulta confrontabile e comunque lievemente maggiore per la stazione di Capralba (rispettivamente 35 e 38%); o le temperature medie mensili risultano, alla stazione di Crema, sempre maggiori rispetto a quelle misurate alla stazione di Capralba; o la radiazione solare globale media mensile risulta, alla stazione di Crema, sempre maggiore rispetto a quella misurata alla stazione di Capralba. Poiché alla stazione di Capralba si riscontrano, rispetto a quella di Crema, condizioni meteorologiche mediamente più critiche ai fini della dispersione in atmosfera degli inquinanti (maggiore frequenza delle calme, minori valori medi mensili di temperatura e radiazione solare globale) si è stabilito di considerare, nelle applicazioni modellistiche, i dati misurati alla stazione ARPAL di Capralba, anche in relazione alla maggiore vicinanza di questa all’area di stoccaggio. Considerato che per la stazione di Capralba solo a partire dal 2001 c’è contemporanea disponibilità di tutti i dati meteorologici necessari per le simulazioni modellistiche, tra tutti gli anni meteorologici del periodo 2001-2008, è stato scelto per le simulazioni modellistiche l’anno 2008, previa verifica della sua rappresentatività temporale e dell’attendibilità dei dati misurati. A questo scopo possono essere adottate differenti tipologie di analisi; ad esempio, per quei parametri di cui è nota la relazione che li lega (come nel caso della temperatura e umidità relativa), può rivelarsi utile l’analisi della loro correlazione.

REGIME ANEMOMETRICO dell’anno 2008 Sono stati considerati i dati orari di velocità e direzione del vento relativi all’anno 2008 durante il quale sono risultati disponibili complessivamente 8784 dati orari di cui 1014 (11,5%) valori non utilizzabili o mancanti e 3315 (37,7% di tutti i dati disponibili, 42,66% dei soli dati utilizzabili) situazioni di calma di vento. Queste ultime sono date da situazioni in cui i dati orari di velocità del vento risultano inferiori o uguali a 0,5 m/s e rappresentano, per la stazione considerata, una circostanza piuttosto frequente sia per l’anno 2008 che per l’intero periodo 1998-2008.

Doc. Nº Revisioni Settore CREMA (CR) 0 Area Concessione SERGNANO (CR) Doc. N° Impianto ESERCIZIO Pmax = 1,05 Pi 00-BG-E-94700 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Fg. / di Comm. N° 58 / 212 ST-001 L’analisi che segue (Tabella 3.6.a) è basata su 4455 valori orari (dati utilizzabili escluse le calme di vento), pari al 50,7% di tutti i dati disponibili. Il regime anemometrico che deriva dall’analisi dell’andamento dei dati utilizzabili, esclusi quindi i valori non utilizzabili e quelli di calma, risulta caratterizzato da due assi principali di direzione dei venti, provenienti da N e da O-SO, con intensità prevalenti variabili da 0.5 a 2 m/s; tale classe, che copre complessivamente il 52,5% dei casi, interessa entrambi i settori suddetti con circa il 5-6% dei casi. La classe da 2 a 4 m/s rappresenta una componente minoritaria in termini frequenza (complessivamente 3,9% dei casi) e si attesta essenzialmente nel settore O-SO. Le classi da 4 a 6 m/s e da 6 a 12 m/s hanno una frequenza del tutto trascurabile (rispettivamente 0.7% e 0.2%) e non risultano valori di velocità rilevati superiori a 12 m/s in tutto il periodo preso in considerazione. Il valore medio dell’intensità del vento in tutto il periodo considerato è pari a 0,67 m/s. In Figura 3.6.b è visualizzata la rosa dei venti ricostruita sulla base dei dati orari di ciu sopra. In base a quanto emerso al cap. 3.2 è possibile affermare che le caratteristiche prevalenti riscontrate nell’anno 2008 sono le stesse riscontrate per l’intero periodo 1998- 2008.

Figura 3.6.b – Stazione ARPAL-Capralba: rosa dei venti anno 2008

Doc. Nº Revisioni Settore CREMA (CR) 0 Area Concessione SERGNANO (CR) Doc. N° Impianto ESERCIZIO Pmax = 1,05 Pi 00-BG-E-94700 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Fg. / di Comm. N° 59 / 212 ST-001

Wind Direction 0.5 - 2.0 2.0 - 4.0 4.0 - 6.0 6.0 - 12.0 >= 12.0 Total N 348.75 - 11.25 0.057 0.001 0.001 0.000 0.000 0.059 N-NE 11.25 - 33.75 0.025 0.000 0.000 0.000 0.000 0.025 NE 33.75 - 56.25 0.012 0.000 0.000 0.000 0.000 0.012 NE-E 56.25 - 78.75 0.020 0.001 0.000 0.000 0.000 0.020 E 78.75 - 101.25 0.046 0.003 0.000 0.000 0.000 0.049 E-SE 101.25 - 123.75 0.025 0.001 0.000 0.000 0.000 0.026 SE 123.75 - 146.25 0.027 0.001 0.000 0.000 0.000 0.028 SE-S 146.25 - 168.75 0.033 0.001 0.000 0.000 0.000 0.034 S 168.75 - 191.25 0.034 0.001 0.000 0.000 0.000 0.035 S-SO 191.25 - 213.75 0.033 0.001 0.000 0.000 0.000 0.035 SO 213.75 - 236.25 0.051 0.005 0.000 0.000 0.000 0.056 SO-O 236.25 - 258.75 0.061 0.012 0.001 0.000 0.000 0.075 O 258.75 - 281.25 0.034 0.005 0.001 0.000 0.000 0.040 O-NO 281.25 - 303.75 0.023 0.003 0.001 0.000 0.000 0.026 NO 303.75 - 326.25 0.018 0.003 0.001 0.001 0.000 0.022 NO-N 326.25 - 348.75 0.026 0.002 0.002 0.001 0.000 0.031 Sub-Total: 0.525 0.039 0.007 0.002 0.000 0.507 Calms: 0.377 Missing/Incomplete: 0.115 Total: 1.000 Tabella 3.6.a – Stazione ARPAL-Capralba: distribuzione delle frequenze (%) di Velocità e Direzione del Vento, anno 2008

REGIME TERMOMETRICO dell’anno 2008 Sono stati elaborati i valori giornalieri della temperatura media misurati alla stazione ARPAL Capralba per l’anno 2008 e sono stati messi a confronto con quelli riferiti all’intero periodo di misura per questo parametro (1996-2008). Mancando alcune misure giornaliere, non è sempre stato possibile calcolare i valori medi mensili che infatti mancano per il mese di luglio, agosto e ottobre 2008. La Figura 3.6.c riporta a confronto gli andamenti delle temperature medie mensili dei due periodi considerati. Per entrambi i periodi si hanno valori minimi di temperatura durante i mesi invernali, generalmente dicembre e gennaio, e massimi durante la stagione estiva. Le temperature medie mensili calcolate per l’anno 2008 risultano comunque sempre inferiori a quelle di lungo periodo, ad eccezione del mese di gennaio. Le differenze maggiori, che comunque non superano mai i 2°C, si hanno nel periodo aprile-settembre. Nel periodo gennaio-marzo e ottobre dicembre le differenze fra i valori non superano mai 1°C. Sulla base dell’analisi delle caratteristiche climatiche dell’area (Allegato F – Volume III) è possibile quindi ritenere che l’andamento annuale riscontrato nell’anno 2008 è lo stesso

Doc. Nº Revisioni Settore CREMA (CR) 0 Area Concessione SERGNANO (CR) Doc. N° Impianto ESERCIZIO Pmax = 1,05 Pi 00-BG-E-94700 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Fg. / di Comm. N° 60 / 212 ST-001 riscontrato per l’intero periodo 1998-2008, con differenze fra i valori medi mensili variabili da 0,5 a 2 °C.

Stazione ARPAL di Capralba Confronto tra l'andamento medio mensile per l'anno 2008 con i valori di lungo periodo (1996-2008)

25.00

Anno 2008 Periodo 1996-2008 20.00

15.00 T(°C)

10.00

5.00

0.00

G F M A M G Lu A S O N D e e a p a iu g g e tt o ic n bb r r g o tt v

Fig. 3.6.c

In Figura 3.6.d sono graficamente riportati i giorni tipici di temperatura per la stazione ARPAL di Capralba riferiti all’intero anno 2008 ed ai periodi aprile-settembre e ottobre- marzo dello stesso anno, mediamente associabili alla campagna rispettivamente di compressione e di erogazione. I grafici evidenziano un andamento oscillante tra alte temperature diurne e basse temperature notturne con un minimo tra le 6 (aprile-settembre ed intero anno) e le 8 del mattino (ottobre marzo). La massima escursione termica giornaliera oscilla tra i 7,5 °C (autunno-inverno) ed i 10 °C (primavera-estate)

Doc. Nº Revisioni Settore CREMA (CR) 0 Area Concessione SERGNANO (CR) Doc. N° Impianto ESERCIZIO Pmax = 1,05 Pi 00-BG-E-94700 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Fg. / di Comm. N° 61 / 212 ST-001

Stazione ARPAL Capralba Giorni tipici di temperatura per l'anno 2008

25.0

22.5 Anno 2008 Ottobre-Marzo 2008 20.0 Aprile-Settembre 2008

17.5

15.0

12.5

10.0 Temperatura (°C)

7.5

5.0

2.5

0.0 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 2 2 2 2 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 0 1 2 3 Ore (LST)

Fig.3.6.d

REGIME UDOMETRICO dell’anno 2008 Sono stati elaborati i valori giornalieri dell’umidità relativa media misurati alla stazione ARPAL Capralba per l’anno 2008 e sono stati messi a confronto con quelli riferiti all’intero periodo di misura per questo parametro (1996-2008). Mancando alcune misure giornaliere, non è sempre stato possibile calcolare i valori medi mensili, che infatti mancano per il mese di luglio, agosto e ottobre 2008. La Figura 3.6.e riporta a confronto gli andamenti dell’umidità relativa media mensile dei due periodi considerati. Per entrambi i periodi si hanno valori minimi di umidità relativa durante i primaverili-estivi e massimi durante l’autunno e l’inverno. I valori medi mensili calcolati per l’anno 2008 risultano comunque sempre lievemente superiori a quelli di lungo periodo, ad eccezione dei mesi di marzo e settembre. Le differenze maggiori, che comunque non superano mai il 10-12%, si hanno nei mesi invernali. Sulla base dell’analisi delle caratteristiche climatiche dell’area (Allegato F – Volume III) è possibile quindi ritenere che l’andamento annuale riscontrato nell’anno 2008 è mediamente lo stesso riscontrato per l’intero periodo 1998-2008, con differenze fra i valori medi mensili variabili, in valore assoluto, dall’1 al 12%.

Doc. Nº Revisioni Settore CREMA (CR) 0 Area Concessione SERGNANO (CR) Doc. N° Impianto ESERCIZIO Pmax = 1,05 Pi 00-BG-E-94700 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Fg. / di Comm. N° 62 / 212 ST-001

Stazione ARPAL di Capralba Confronto tra l'andamento medio mensile per l'anno 2008 con i valori di lungo periodo (1996-2008)

100.00

90.00

80.00

70.00

60.00 Periodo 1996-2008 Anno 2008 50.00 UR(%)

40.00

30.00

20.00

10.00

0.00 G Febb Ma Apr Ma Giu Lug A Sett Ott Nov D e g ic n r g o

Fig.3.6.e

In Figura 3.6.f è visualizzato l’andamento dei giorni tipici di umidità relativa per la stazione ARPAL di Capralba riferiti all’intero anno 2008 ed ai periodi aprile-settembre e ottobre- marzo dello stesso anno, associabili alla campagna rispettivamente di compressione e di erogazione. I grafici mostrano un andamento oscillante tra valori diurni minori e notturni maggiori con un massimo tra le 6 (aprile-settembre ed intero anno) e le 8 del mattino (ottobre-marzo). La massima escursione giornaliera oscilla tra il 25% (autunno-inverno) ed il 40% (primavera- estate). L’umidità relativa rappresenta il grado di saturazione del vapore acqueo in atmosfera e deve pertanto seguire una relazione di anticorrelazione con la temperatura. Con riferimento ai grafici di Figura 3.6.d e 3.6.f si nota infatti come, con riferimento alla temperatura si registri un valore minimo verso le ore dell’alba ed un valore massimo verso le prime ore del pomeriggio o comunque nelle ore centrali della giornata, quando per l’umidità relativa si hanno i valori più bassi. I dati misurati alla stazione ARPAL di Capralba per l’anno 2008 pertanto seguono la relazione di anticorrelazione attesa.

Doc. Nº Revisioni Settore CREMA (CR) 0 Area Concessione SERGNANO (CR) Doc. N° Impianto ESERCIZIO Pmax = 1,05 Pi 00-BG-E-94700 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Fg. / di Comm. N° 63 / 212 ST-001

Stazione ARPAL di Capralba Giorni tipici di Umidità Relativa per l'anno 2008

100.0

90.0

80.0 Anno 2008 70.0 Ottobre-Marzo 2008 Aprile-Settembre 2008 60.0

50.0

40.0 Umidità Relativa (%) Relativa Umidità

30.0

20.0

10.0

0.0 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 2 2 2 2 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 0 1 2 3 Ore (LST)

Fig.3.6.f

RADIAZIONE SOLARE GLOBALE per l’anno 2008 Sono stati elaborati i valori giornalieri della radiazione solare globale media, misurati alla stazione ARPAL di Capralba per l’anno 2008. Mancando alcune misure giornaliere, non è sempre stato possibile calcolare i valori medi mensili, che infatti mancano nei mesi di luglio, agosto e settembre. In Figura 3.6.g sono riporti a confronto gli andamenti della radiazione solare globale media giornaliera per l’anno 2008 e per l’intero periodo di misura che per questo parametro è risultato più breve in quanto le misure partono dall’anno 2001. L’andamento per l’anno 2008 ricalca quello di lungo periodo, con valori minimi durante i mesi invernali e massimi durante quelli estivi. In particolare i valori per l’anno 2008 si attestano su valori generalmente inferiori ad eccezione dei mesi di febbraio e marzo. Le differenze, comunque contenute, variano in valore assoluto tra i 2,5 ed i 35 W/m2.

Doc. Nº Revisioni Settore CREMA (CR) 0 Area Concessione SERGNANO (CR) Doc. N° Impianto ESERCIZIO Pmax = 1,05 Pi 00-BG-E-94700 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Fg. / di Comm. N° 64 / 212 ST-001

Stazione ARPAL di Capralba Confronto tra l’andamento medio mensile per l’anno 2008 con i valori di lungo periodo (2001-2008)

300.00

Periodo 2001-2008 Anno 2008 250.00

200.00

150.00 RG (W/m2)

100.00

50.00

0.00 G F M A M G L A S O N D e p u g e o i e b a r a iu g o t tt c n b r g t v

Fig.3.6.g

In Figura 3.6.h sono riportati i giorni tipici di radiazione solare globale per la stazione ARPAL di Capralba riferiti all’intero anno 2008 ed ai periodi aprile-settembre e ottobre- marzo dello stesso anno, associabili alla campagna rispettivamente di compressione e di erogazione. I grafici mostrano l’andamento tipico giornaliero di questo parametro, caratterizzato da valori maggiori nelle ore centrali della giornata e da una andamento simmetrico rispetto al massimo che si verifica normalmente attorno alle ore 13. La radiazione solare globale rappresenta infatti la radiazione elettromagnetica proveniente dall’alto nel range di lunghezze d’onda che comprende il visibile e infrarosso. Il suo valore, che dipende dalla frazione di copertura nuvolosa e da parametri astronomici (declinazione solare, ora del giorno, latitudine) deve seguire l’andamento della temperatura: i dati misurati alla stazione ARPAL di Capralba per l’anno 2008 seguono la relazione di correlazione attesa.

Doc. Nº Revisioni Settore CREMA (CR) 0 Area Concessione SERGNANO (CR) Doc. N° Impianto ESERCIZIO Pmax = 1,05 Pi 00-BG-E-94700 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Fg. / di Comm. N° 65 / 212 ST-001

Stazione ARPAL di Capralba Giorni tipici di Radiazione Solare Globale per l'anno 2008 800.0

Ottobre-marzo 2008 700.0 Aprile-Settembre 2008 Anno 2008

600.0 ) 2

500.0

400.0

300.0

Radiazione Solare Globale (W/m Globale Solare Radiazione 200.0

100.0

0.0 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 2 2 2 2 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 0 1 2 3 Ore (LST)

Fig.3.6.h

CONCLUSIONI In base alla caratterizzazione climatica di cui ai precedenti paragrafi, è possibile ritenere che i dati misurati alla stazione ARPAL di Capralba nell’anno 2008 siano sufficientemente rappresentativi, per quanto riguarda l’area di interesse, di un anno meteorologico tipo. , Inoltre, poiché nell’anno 2008 si riscontrano generalmente, rispetto al lungo periodo, condizioni meteorologiche tendenzialmente più critiche ai fini della dispersione in atmosfera degli inquinanti (maggiore frequenza delle calme, minori valori medi mensili di temperatura e radiazione solare globale), si ritiene che l’utilizzo di questi dati possa dare luogo a valutazioni relativamente conservative. I dati meteorologici utilizzati come input al processore AERMET, sono i seguenti: • velocità e direzione del vento • temperatura • umidità relativa • radiazione solare globale relativi alla serie oraria della stazione ARPAL di Capralba per l’anno 2008.

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3.7 Stima degli impatti – esercizio Pmax=Pi e Pmax=1,05Pi La stima degli impatti sulla qualità dell’aria ambiente conseguenti all’esercizio in condizioni Pmax=Pi e Pmax=1,05Pi delle infrastrutture della Concessione di stoccaggio di Sergnano – fasi di compressione ed erogazione – è stata sviluppata mediante la simulazione della dispersione di inquinanti in atmosfera utilizzando il modello matematico AERMOD (cap. 3.6) con riferimento agli scenari precedentemente descritti (cap. 3.5.2). Sono stati inoltre considerati i risultati della campagna di monitoraggio della qualità dell’aria ambiente con laboratorio mobile effettuata nel periodo 8-22 novembre 2007 in condizioni di fermo impianto (Figura 3.4.j, punto di misura ATM01), i cui risultati, compatibilmente con il breve periodo di misura, possono essere considerati indicativi dei valori delle concentrazioni di fondo locali degli inquinanti considerati (cap. 3.4 ed Allegato H/1 – Volume III). Nelle analisi di seguito sviluppate non sono state considerate le trasformazioni chimiche cui possono essere soggetti gli inquinanti primari emessi per permanenza in atmosfera, inoltre, a scopo cautelativo, gli NOx al suolo sono stati ipotizzati come NO2. Anche le Polveri Sottili, la cui emissione di fatto si riferisce a Polveri Totali Sottili, sono state conservativamente assimilate a PM10. Le simulazioni degli scenari Short Term (scenari A e B) e Long Term (scenari C1 e C2) sono state condotte utilizzando la serie annuale completa del 2008 dei dati meteorologici orari (01.01.2008 – 31.12.2008) relativa allla stazione ARPAL di Capralba (cap. 3.6). I parametri ottenuti dalle simulazioni, o da post elaborazioni dei risultati di tali simulazioni, sono quelli stabiliti dalla normativa vigente. In particolare dai risultati degli scenari in Short Term (ST), in cui si analizzano separatamente le fasi di compressione e di erogazione, sono stati ricostruiti i valori massimi orari per gli ossidi di azoto, il monossido di carbonio e le polveri sottili; mentre, dai risultati degli scenari Long Term (LT) sono stati ricostruiti: il 99,8 percentile dei valori orari ed il valore medio annuo degli ossidi di azoto, il valore massimo della media mobile di 8 ore per il monossido di carbonio ed il 90,4 percentile dei valori orari ed il valore medio annuo delle polveri sottili. Il dominio spaziale utilizzato, riportato in Figura 3.7.a, si estende per circa 10 km in direzione O-E e per circa 16 km in direzione S-N.

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Fig. 3.7.a - Simulazione della dispersione di inquinanti in atmosfera: domonio di calcolo (ATM01: localizzazione del laboratorio mobile di monitoraggio – cap. 3.4)

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3.7.1 SIMULAZIONI SHORT TERM (ST) – RICOSTRUZIONE DELLE MASSIME CONCENTRAZIONI AL SUOLO (ESERCIZIO PMAX=PI E PMAX=1,05PI)

Scenario A – Fase di Compressione

In Tabella 3.7.a sono riportati per Ossidi di Azoto (NOx – intesi come NO2) e per il Monossido di Carbonio (CO) i valori della concentrazione massima oraria al suolo ricostruiti dal modello di simulazione AERMOD sulla base delle considerazioni sviluppate al cap. 3.5.2, unitamente ai vigenti limiti di legge (D.Lgs 155/10).

3 3 NOX (μg/m ) (*) CO (μg/m ) Distanza (**) Posizione Istante Massimo Calcolato Limite Calcolato Limite (m) X=553914,7 2 aprile 1 ora 5,7 200 ~100 Y=5030369,5 ore 14 X=553914,7 2 aprile 1 ora 4,7 10000 ~100 Y=5030369,5 ore 14

(*) intesi come NO2 (**) distanza dall’Area Stogit Tabella 3.7.a - Scenario A – Fase di compressione: concentrazioni massime orarie al suolo ricostruite con il modello AERMOD per gli inquinanti NOx e CO (condizioni di esercizio Pmax=Pi e Pmax=1,05Pi) Dall’esame della tabella si evidenzia come: 9 non si registrino superamenti dei valori limite di legge. In particolare, il valore massimo orario ricostruito per gli ossidi di azoto (intesi come NO2) risulta pari a ca il 3% del valore limite di legge di 200 μg/m3 (da non superare più di 18 volte per anno civile) stabilito dal D.Lgs 155/10, mentre per il monossido di carbonio il valore massimo orario ricostruito risulta del tutto trascurabile (ca il 0.05% del valore limite di legge pari a 10000 μg/m3, relativo alla media mobile su 8 ore); 9 i valori massimi della ricaduta al suolo, a circa 100 m dal limite dell’Area della Centrale Stogit, si registrano nel mese di aprile, mese comune ad entrambe le condizioni di esercizio Pmax=Pi e Pmax=1,05Pi. Va inoltre sottolineato come il confronto con i limiti di legge sia molto conservativo in quanto: 9 per gli Ossidi di Azoto: nel confronto con il limite di legge pari a 200 μg/m3 da non superare più di 18 volte per anno civile, si ipotizza che il valore massimo orario ricostruito coincida con il 18-esimo massimo; 9 per il Monossido di Carbonio: nel confronto con il limite di legge pari a 10000 μg/m3 dato per il CO, si ipotizza che il valore massimo orario ricostruito coincida con il valore massimo della media mobile su 8 ore.

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Scenario B – Fase di Erogazione Durante la campagna di erogazione vengono emessi in atmosfera gli Ossidi di Azoto (NOx), il Monossido di Carbonio (CO) e le Poveri Sottili (PTS), risultando di fatto trascurabili le emissioni di Ossidi di Zolfo, come evidenziato al capitolo 3.5.

In Tabella 3.7.b sono riportati per Ossidi di Azoto (NOx – intesi come NO2), per il Monossido di Carbonio (CO) e per le Polveri Sottili (intese come PM10) i valori della concentrazione massima oraria al suolo ricostruiti dal modello di simulazione AERMOD sulla base delle considerazioni sviluppate al cap. 3.5.2, unitamente ai vigenti limiti di legge (D.Lgs 155/10).

3 3 3 NOX (μg/m ) (*) CO (μg/m ) PTS (μg/m ) (**) Massimo Calcolato Limite Calcolato Limite Calcolato Limite Posizione Istante Interno all’Area 15 dicembre 1 ora 27,8 200 Stogit ore 15 Interno all’Area 15 dicembre 1 ora 13,7 10000 Stogit ore 15 Interno all’Area 15 dicembre 1 ora 0,70 50 Stogit ore 15

(*) intesi come NO2 (**) intese come PM10, limite riferito al 90,4 percentile mediato su 24 ore Tabella 3.7.b - Scenario B – Fase di erogazione: concentrazioni massime orarie al suolo ricostruite con il modello AERMOD per gli inquinanti NOx, CO e PTS (condizioni di esercizio Pmax=Pi e Pmax=1,05Pi).

Dall’esame della tabella si evidenzia come: 9 non si registrano superamenti dei valori limite stabiliti dal D.Lgs 155/10. In particolare il valore massimo della media oraria ricostruita per gli ossidi di azoto (intesi come NO2) risulta pari a circa il 14% del valore limite di legge, mentre per il monossido di carbonio e per le polveri sottili (intese come PM10), il valore ricostruito risulta del tutto trascurabile e pari a circa lo 0.13% e l’1,4% del valore limite di legge. 9 i valori massimi della ricaduta al suolo, interni all’Area della Centrale Stogit, si registrano nel mese di dicembre, mese comune ad entrambe le condizioni di esercizio Pmax=Pi e Pmax=1,05Pi.

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Va inoltre sottolineato come il confronto con i limiti di legge sia molto conservativo in quanto: 9 per gli Ossidi di Azoto: nel confronto con il limite di legge pari a 200 μg/m3 da non superare più di 18 volte per anno civile, si ipotizza che il valore massimo orario ricostruito coincida con il 18-esimo massimo; 9 per il Monossido di Carbonio: nel confronto con il limite di legge pari a 10000 μg/m3 dato per il CO, si ipotizza che il valore massimo orario ricostruito coincida con il valore massimo della media mobile su 8 ore; 9 per le Polveri Sottili: nel confronto con il limite di legge pari a 50 μg/m3 dato per il PM10, si ipotizza che il valore massimo orario ricostruito coincida con il valore del 35- esimo massimo delle medie giornaliere

Sulla base dei risultati delle simulazioni modellistiche sopra richiamati, si evidenzia come i valori massimi orari ricostruiti delle ricadute al suolo degli ossidi di azoto, del monossido di carbonio e delle Polveri Sottili (Tabelle 3.7.a e 3.7.b), verificandosi rispettivamente nei mesi di Aprile (fase di compressione) e di Dicembre (fase di erogazione), siano da considerarsi rappresentativi di entrambe le condizioni di esercizio Pmax=Pi e Pmax=1,05Pi.

3.7.2 SIMULAZIONI LONG TERM (LT) – RICOSTRUZIONE DELLE CONCENTRAZIONI ANNUE AL SUOLO (ESERCIZIO PMAX=PI E PMAX=1,05PI)

Gli scenari Long Term (LT) includono gli scenari C1 e C2 (cap. 3.5) e sono riferiti all’intero anno di simulazione (2008) comprendendo sia la fase di compressione che quella di erogazione. Gli inquinanti considerati sono gli Ossidi di Azoto (NOx), il Monossido di Carbonio (CO) e le Polveri Sottili (PTS).

Scenario C1 (esercizio Pmax=Pi) I valori delle concentrazioni massime al suolo degli Ossidi di Azoto (NOx – intesi come NO2), del Monossido di Carbonio (CO) e delle Polveri Sottili (PTS – intese come PM10), ricostruiti su base annuale dal modello AERMOD, sono riportati in Tabella 3.7.c riferite ai diversi periodi temporali di mediazione previsti dalla vigente normativa (D.Lgs 155/10).

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NO (μg/m3) (*) CO (μg/m3) PTS (μg/m3) (**) Distanza Indicatore X Ubicazione Calcolato Limite Calcolato Limite Calcolato Limite (***) (m) 99,8 X=554014,7; Percentile 11,61 200 ~15 Y=5030870 (1h) Media X=554014,7; annua 0,64 40 0,011 40 ~15 (massimo) Y=5030869,5 Media X=553314,7; mobile (8h) 3,28 10000 ~160 Y=5030869,5 (massimo) 90,4 X=554014,7; Percentile 0,035 50 ~15 Y=5030870 (24 h)

(*) intesi come NO2, (**) intese come PM10, (***) distanza dall’Area Stogit Tabella 3.7.c - Scenario C1 - Concentrazioni massime annuali al suolo ricostruite con il modello AERMOD per gli inquinanti NOx, CO e PTS (condizione Pmax=Pi).

Dall’esame della tabella si evidenzia come non si registrino superamenti dei valori limite di legge. In particolare: 9 il valore massimo del 99,8 percentile della media oraria calcolata per gli ossidi di azoto 3 (intesi come NO2) risulta pari a circa il 5,8% del valore limite di legge di 200 μg/m , mentre il valore massimo della media annua risulta pari a circa l’1,6% del valore limite di legge di 40 μg/m3. Entrambi i valori massimi si hanno a pochi metri (ca.15 metri) dal limite dell’Area della Centrale Stogit; 9 il valore massimo ricostruito della media mobile su 8 ore del monossido di carbonio risulta del tutto trascurabile (circa lo 0,33‰ del valore limite di legge di 10000 μg/m3), a circa 160 metri dal limite dell’Area della Centrale Stogit;

9 per quanto concerne le Polveri Sottili (intese come PM10), sia il valore massimo ricostruito del 90,4 percentile della media giornaliera, che il valore massimo della media annua risultano di fatto trascurabili e pari rispettivamente allo 0,7‰ ed allo 0,3‰ dei valori limite di legge (rispettivamente pari a 50 μg/m3 ed a 40 μg/m3). Entrambi i valori massimi si hanno a pochi metri (ca.15 metri) dal limite dell’Area della Centrale Stogit Va inoltre sottolineato come i risultati ottenuti siano molto conservativi in quanto nel confronto con i limiti di legge dati per gli NO2 si ipotizza che tutti gli Ossidi di Azoto si siano trasformati in NO2 al momento dell’emissione ed analogamente che le quantità emesse di Polveri Sottili siano tutte assimilabili a PM10.

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Nelle seguenti tavole riportate in Allegato I – Volume III, sono visualizzate le curve di iso- concentrazione15: • Tavola A: Ossidi di Azoto, distribuzione del 99.8° percentile dei valori massimi orari; • Tavola B: Ossidi di Azoto, distribuzione del valore medio annuo; • Tavola C: Monossido di Carbonio, distribuzione dei valori medi giornalieri di 8 ore.

Scenario C2 (esercizio Pmax=1,05Pi) I valori delle concentrazioni massime al suolo degli Ossidi di Azoto (NOx – intesi come NO2), del Monossido di Carbonio (CO) e delle Polveri Sottili (PTS – intese come PM10), ricostruiti su base annuale dal modello AERMOD, sono riportati in Tabella 3.7.d riferite ai diversi periodi temporali di mediazione previsti dalla vigente normativa (D.Lgs 155/10).

NO (μg/m3) (*) CO (μg/m3) PTS (μg/m3) (**) Distanza Indicatore X Ubicazione Calcolato Limite Calcolato Limite Calcolato Limite (***) (m) 99,8 X=554014,7; Percentile 11,98 200 ~15 Y=5030870 (1h) Media X=554014,7; annua 0,73 40 0,013 40 ~15 (massimo) Y=5030869,5 Media X=553314,7; mobile (8h) 3,28 10000 ~160 Y=5030869,5 (massimo) 90,4 X=554014,7; Percentile 0,041 50 ~15 Y=5030870 (24 h)

(*) intesi come NO2, (**) intese come PM10, (***) distanza dall’Area Stogit Tab. 3.7.d - Scenario C2 - Concentrazioni massime annuali al suolo ricostruite con il modello AERMOD per gli inquinanti NOx, CO e PTS (condizione Pmax=1,05Pi).

Dall’esame della tabella si evidenzia come non si registrino superamenti dei valori limite di legge. In particolare: 9 il valore massimo del 99,8 percentile della media oraria calcolata per gli ossidi di azoto 3 (intesi come NO2) risulta pari a circa il 6% del valore limite di legge di 200 μg/m (D.Lgs 155/10), mentre il valore massimo della media annua risulta pari a circa l’1,8%

15 Considerata l’entità delle concentrazioni delle ricadute al suolo ricostruite per le Polveri Sottili, non è stata effettuata per questo composto la rappresentazione grafica.

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del valore limite di legge di 40 μg/m3 (D.Lgs 155/10). Entrambi i valori massimi si hanno a circa 15 metri dal limite dell’Area della Centrale Stogit; 9 il valore massimo ricostruito della media mobile su 8 ore del monossido di carbonio risulta del tutto trascurabile (circa il 0.33‰ del valore limite di legge di 10000 μg/m3) e ricade a circa 160 metri dal limite dell’Area della Centrale Stogit;

9 per quanto concerne le Polveri Sottili (intese come PM10), sia il valore massimo ricostruito del 90,4 percentile della media giornaliera, che il valore massimo della media annua risultano di fatto trascurabili e pari rispettivamente allo 0,8‰ ed allo 0,33‰ dei valori limite di legge (rispettivamente pari a 50 μg/m3 ed a 40 μg/m3). Entrambi i valori massimi si hanno a pochi metri (ca.15 metri) dal limite dell’Area della Centrale Stogit

Va sottolineato come i risultati ottenuti siano molto conservativi in quanto nel confronto con i limiti di legge dati per gli NO2 si ipotizza che tutti gli Ossidi di azoto si siano trasformati rispettivamente in NO2 al momento dell’emissione ed analogamente che le quantità emesse di Polveri Sottili siano tutte assimilabili a PM10.

Nelle seguenti tavole riportate in Allegato I – Volume III, sono visualizzate le curve di iso- concentrazione16: • Tavola D: Ossidi di Azoto, distribuzione del 99.8° percentile dei valori massimi orari; • Tavola E: Ossidi di Azoto, distribuzione del valore medio annuo; • Tavola F: Monossido di Carbonio, distribuzione dei valori medi giornalieri di 8 ore.

3.7.3 SIC PALATA MENASCIUTTO IT20A003; VALUTAZIONE DELLE RICADUTE MEDIE ANNUE AL SUOLO DI OSSIDI DI AZOTO Sulla base delle analisi sviluppate ed in particolare dell’andamento della distribuzione spaziale delle ricadute al suolo di Ossidi di Azoto (NOx) espresse in termini di valore medio annuale con riferimento alle condizioni di esercizio Pmax=Pi e Pmax=1,05Pi, riportata rispettivamente nelle Tavole B ed E dell’Allegato I – Volume III, si evidenzia come in corrispondenza dell’area del SIC Palata Menasciutto (IT20A003), che dista circa 3 km in direzione Sud-Est dalle infrastrutture delle aree compressione ed erogazione della Centrale Stogit, la concentrazione delle ricadute medie annue al suolo di NOx sia ragionevolmente inferiore a 0,1 µg/m3, contro un valore pari a 30 µg/m3, dato come valore limite annuale di NOx per la protezione degli ecosistemi (D.Lgs 155/10).

16 Considerata l’entità delle concentrazioni delle ricadute al suolo ricostruite per le Polveri Sottili, non è stata effettuata per questo composto la rappresentazione grafica.

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3.7.4. VALUTAZIONE DEGLI IMPATTI INDOTTI SULLA QUALITÀ DELL’ARIA AMBIENTE RISPETTO AL LIVELLO DI FONDO

Come richiamato al precedente para. 3.4, tra il 2007 ed i 2008 sono state eseguite due campagne di rilevamento della qualità dell’aria ambiente mediante laboratorio mobile ATM01 nell’area prossima alla Centrale Stogit (cap. 3.4, Figura 3.4.j; Allegati H/1 ed H/2 – Volume III). In particolare il monitoraggio riferito al periodo 8-22 novembre 2007 è stato effettuato in condizioni di fermo impianto, indicativo quindi della qualità di fondo dell’aria ambiente nell’area limitrofa alla Centrale di stoccaggio (cfr. Tabella 3.4.g).

In particolare, in analogia a quanto indicato nelle Linee Guida per la domanda di Autorizzazione Integrata Ambientale, è stato analizzato il contributo aggiuntivo (CA) delle sorgenti in relazione con gli standard di qualità ambientale (SQA), nella fattispecie con quanto stabilito dal D.Lgs 155/10. Il contributo aggiuntivo CA coincide con le predizioni del modello di dispersione AERMOD, con riferimento all’esercizio degli impianti della Centrale Stogit in condizione Pmax=1,05Pi, il livello finale LF è ottenuto dalla somma delle misure della centralina di monitoraggio ATM01 e dei valori predetti dal modello in loro corrispondenza, considerando i seguenti criteri di soddisfazione:

CA << SQA ovvero CA/SQA << 1 LF < SQA ovvero LF/SQA < 1

In Tabella 3.7.e sono riportati, con riferimento all’esercizio degli impianti della Centrale Stogit in condizione Pmax=1,05Pi, i valori di concentrazione degli ossidi di azoto e del monossido di carbonio indicativi del fondo (monitoraggio) e conseguenti alle emissioni dell’Area Stogit ricostruiti in corrispondenza del punto di monitoraggio ATM01, nonché i valori dei rapporti CA/SQA e LF/SQA. Si osserva che, come richiesto dalle linee guida AIA, il valore del rapporto CA/SQA risulta molto minore di 1 e quello del rapporto LF/SQA minore di 1. Infine, con riferimento alle Polveri Sottili, emesse solamente durante la fase di erogazione, considerata l’entità di fatto trascurabile delle concentrazioni delle massime ricadute al suolo ricostruite – non analizzate in termini di CA e LF proprio in relazione ai modesti valori emersi – si può affermare che il contributo alla qualità dell’aria ambiente dell’esercizio in condizione Pmax=1,05Pi degli impianti della Centrale Stogit sia irrilevante

L’esercizio in condizione Pmax=1,05Pi degli impianti della Centrale Stogit non ha quindi un impatto tale da compromettere la qualità dell’aria, ed è perciò compatibile con la classificazione del Comune di Sergnano in zona di mantenimento (cap. 3.4).

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Misurato Ricostruito Livello Indicatore SQA 8-22/11/2007 (Scenario C2) Finale CA/SQA LF/SQA (Fondo) (CA) (LF)

NO2

99,8 percentile 200 69 (*) 2,7 71,7 0,0135 0,36 dei valori orari

Valore medio 40 34 0,18 34,18 0,0045 0,85

CO

Media 10000 2000 1,2 2001,2 0,00012 0,2 8 ore

(*) Valore massimo misurato conservativamente assimilato al valore del corrispondente percentile Tab.3.7.e – Valutazione del Livello Finale (LF) e del valore dei rapporti CA/SQA e LF/SQA in corrispondenza della centralina di monitoraggio ATM01, condizione di esercizio in sovrapressione (Pmax=1,05Pi) delle infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio

3.7.5. CONCLUSIONI La stima degli impatti sulla qualità dell’aria ambiente conseguenti all’esercizio in condizioni Pmax=Pi e Pmax=1,05Pi delle infrastrutture della Concessione di Stoccaggio Stogit, effettuata mediante simulazione della dispersione di inquinanti in atmosfera – ossidi di azoto (NOx), monossido di carbonio (CO) e polveri sottili (PTS) – utilizzando il modello matematico AERMOD, è stata sviluppata con riferimento alle seguenti ipotesi cautelative: • gli impianti della Concessione sono stati considerati in operatività con riferimento agli intervalli temporali massimi teorici disponibili (cfr. cap. 3.5.2); • quali valori delle emissioni in atmosfera sono stati considerati i valori delle concentrazioni massime autorizzate e/o normate, anche significativamente superiori – CO e PTS – rispetto a quelle misurate (cfr. Tabella 3.5.b);

• la concentrazione degli NOx emessi è stata considerata pari a quella degli NO2;

• la concentrazione delle PTS emesse è stata considerata pari a quella delle PM10. I risultati delle simulazioni sviluppate evidenziano come: ¾ nessuno degli scenari analizzati, sia nel caso Short Term che Long Term, presenti situazioni di criticità, essendo i valori ricostruiti significativamente inferiori ai limiti normati – D.Lgs 155/10;

¾ con riferimento agli scenari Short Term, le condizioni operative Pmax=Pi e Pmax=1,05Pi risultino ininfluenti sull’entità delle concentrazioni massime orarie delle ricadute al

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suolo sia nella fase di compressione (scenario A), che di erogazione (scenario B), verificandosi il valore massimo in periodi di comune operatività per gli scenari Pmax=Pi e Pmax=1,05Pi. Inoltre, per quanto concerne gli ossidi di azoto, la massima concentrazione oraria delle ricadute al suolo nella fase di erogazione è circa cinque volte di quanto calcolato per la fase di compressione e, per quanto concerne il monossido di carbonio, circa il triplo. Con riferimento alle Polveri Sottili, emesse solamente durante la fase di erogazione, le concentrazioni massime orarie delle ricadute al suolo sono di fatto trascurabili; ¾ con riferimento agli scenari Long Term, le concentrazioni massime delle ricadute al suolo ricostruite in condizioni Pmax=Pi (scenario C1) e Pmax=1,05Pi (scenario C2) risultino per tutti gli inquinanti considerati del tutto confrontabili;

¾ l’esercizio in condizione Pmax=1,05Pi degli impianti della Concessione Stogit non ha un impatto tale da compromettere la qualità dell’aria ambiente, ed è perciò compatibile con la classificazione del Comune di Sergnano in zona di mantenimento (D.G.R. n. 5290/2007), in quanto: • la sovrapposizione fra i valori ricostruiti delle ricadute al suolo di NOx e CO conseguenti all’esercizio degli impianti della Concessione in condizioni Pmax=1,05Pi e quelli registrati nel periodo 8-22 novembre 2007 in corrispondenza della centralina di monitoraggio della qualità dell’aria ambiente limitrofa all’area della Centrale Stogit (cap. 3.4), indicativamente assunti come rappresentativi del valore del fondo, ha evidenziato l’assenza di condizioni di criticità. In particolare, il contributo aggiuntivo CA è risultato molto minore degli standard di qualità ambientali (SQA) ed il livello finale LF è risultato minore degli standard di qualità ambientali (SQA) definiti dal D.Lgs 155/10; • l’entità delle concentrazioni delle massime ricadute al suolo ricostruite delle Polveri Sottili – il valore massimo del 90,4 percentile della media giornaliera ed il valore massimo della media annua risultano pari rispettivamente allo 0,8‰ ed allo 0,33‰ dei valori limite di legge – evidenzia un contributo di fatto irrilevante alla qualità dell’aria ambiente circostante gli impianti della Centrale Stogit; ¾ in corrispondenza dell’area del SIC Palata Menasciutto (IT20A003), che dista circa 3 km in direzione Sud-Est dalle infrastrutture della Centrale Stogit, la concentrazione delle ricadute medie annue al suolo di NOx in condizione di esercizio Pmax=1,05Pi sia ragionevolmente inferiore a 0,1 µg/m3, contro un valore limite annuale per la protezione degli ecosistemi pari a 30 µg/m3 (D.Lgs. 155/10).

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4 AMBIENTE IDRICO

4.1 Stato di fatto

4.1.1 IDROGRAFIA

IDROGRAFIA AREA VASTA Il reticolo idrografico del territorio di studio, visualizzato nell’allegata Carta Idrologica e dei Bacini Idrografici in scala 1/10000 (Tavola 3 – Volume II) appartiene al bacino idrografico del fiume Serio, affluente dell’Adda, in cui confluisce nei pressi di Boccaserio, a sud di . L’assetto morfologico di questo settore della pianura lombarda è dominato da due unità fisiografiche principali, la valle del Serio e la pianura terrazzata (generalmente denominata “il livello fondamentale della pianura”). La quota media dell’unità fisiografica della valle del Serio è ribassata di pochi metri rispetto alla quota media del livello fondamentale della pianura. La pianura fondamentale, a morfologia pianeggiante e a debole inclinazione verso S, è caratterizzata da un reticolo idrografico che conserva solo molto parzialmente l’assetto naturale originario, perché in gran parte modificato nel corso dei secoli da opere di derivazione e regimazione delle acque, con la costruzione di una rete di canali artificiali interconnessi, a scopi principalmente irrigui e di bonifica.

Fiume Serio Il fiume Serio nasce dai laghi del Barbellino a circa 2100 m di quota, tra il Pizzo di Coca ed il Monte Torena, nelle Prealpi Orobiche, e si immette dopo circa 124 km nel fiume Adda nei pressi di Boccaserio, in Provincia di Cremona, all’interno della quale percorre circa 32 km. Il regime idrologico del Serio ha un andamento di tipo pluvio - nivale, con massimo tardo primaverile ed un secondo culmine, minore, nei primi mesi autunnali. Vi è comunque un effetto di regolazione da parte dei bacini montani utilizzati a scopo idroelettrico. La portata media annuale a Ponte Cene (nel periodo 1960 – 1971) è di 21 m3/s, compresa tra un valore minimo di circa 8 m3/s (gennaio) ed un valore massimo di circa 70 m3/s (maggio-giugno e novembre).

Rete dei canali artificiali (irrigui e di bonifica) Il territorio di studio comprende due Comprensori di Bonifica: il Comprensorio Cremasco, che occupa la maggior superficie ed il Comprensorio della Media Pianura Bergamasca, nel settore Nord - Occidentale dell’area di studio. Nel comprensorio Cremasco esistono diversi Consorzi Irrigui amministrativamente indipendenti tra loro.

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La caratteristica saliente del reticolo idrografico dei canali è l’orientazione prevalente del deflusso lungo direttrici circa N–S, in accordo con la debole inclinazione della superficie della pianura fondamentale nella stessa direzione. Il canale principale è rappresentato dal Naviglio Vacchelli, che attraversa il territorio di studio con andamento circa E–O, passando al margine settentrionale di Crema e superando il Serio con un ponte–canale. Si tratta di un’importante opera, costruita verso la fine del XIX secolo, per irrigare la pianura cremonese meridionale, che deriva le sue acque dall’Adda, con una portata nominale di 38,5 m3/s e, dopo un percorso di 34 km, confluisce nel Naviglio Civico di Cremona. Quest’ultimo, che ha origine dal fiume Oglio, attraversa il settore orientale dell’area di studio, con andamento N–S. La rete dei canali è alimentata in prevalenza da acque derivate dai fiumi Serio e Adda e in misura minore dal fiume Oglio. A scala locale tuttavia, il contributo fornito dalla fascia dei fontanili è significativo, soprattutto nel settore settentrionale dell’area di studio, a NE di Sergnano. I deflussi provenienti dai fontanili, anche se utilizzati solo localmente all’origine, sono comunque canalizzati e collegati generalmente alla rete comprensoriale dei canali. Nel settore occidentale, in sponda destra del Serio, le rogge più importanti sono la roggia Alchina, che da Mozzanica fluisce dapprima in direzione S e poi SO verso Casaletto Vaprio, e le rogge Molinara, che attraversa il centro abitato di Sergnano, Senna, Rino, Morgola e Acqua Rossa. Nel settore orientale, in sponda sinistra del Serio, vanno ricordati il naviglio Melotta ed il naviglio Vecchio. Le rogge più importanti sono la Camisana, la Babbiona, che ha origine direttamente dal fiume Serio in territorio del comune di Casale Cremasco in prossimità della località Cascina Palata, la Stanga e la Vidolasca. A NE di Casale Cremasco il tracciato del colatore Serio Morto percorre in parte un alveo naturale. Per quanto riguarda l’uso delle acque, in tutto il territorio, esso risulta esclusivamente irriguo. I deflussi superficiali non sono pertanto direttamente legati alle sole caratteristiche idrologiche naturali del territorio, ma in relazione al notevole sviluppo della rete irrigua artificiale, sono anche significativamente regolati dall’andamento delle stagioni irrigue. La portata massima, interessante anche i canali minori, si misura da marzo ad agosto. La regolazione dei livelli idrometrici e la direzione del deflusso delle acque all’interno della rete dei canali viene governata attraverso l’utilizzo di chiuse, sostanzialmente in base alle locali esigenze irrigue, rendendo quindi complessa e difficoltosa la ricostruzione del regime idrometrico del reticolo di pianura.

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IDROGRAFIA SITO-SPECIFICA La Centrale Stogit (aree trattamento e compressione) è ubicata circa 800 m ad Est dell’abitato di Sergnano, in destra idrografica del fiume Serio e ad una distanza minima di oltre 1,5 km, in un’area completamente pianeggiante ad una quota topografica di circa 91,0-91,5 m slm. L’idrografia dell’area contermine alla Centrale Stogit è stata ricostruita in dettaglio anche in base ai riscontri di un sopralluogo effettuato nel mese di Agosto 2008. (Figura 4.1.a). Il perimetro esterno della Centrale è contornato da fossi e da canali (rogge) artificiali per uso irriguo. Ad Est della Centrale insiste il fosso Castigabestie, con andamento N-S, di modesta rilevanza e asciutto nel periodo del sopralluogo. I fossi che contornano la Centrale confluiscono nella roggia Gavazzolo, che scorre ad Ovest in prossimità della Centrale stessa, con andamento di deflusso NW-SE. La roggia, che nel periodo del sopralluogo risultava praticamente asciutta, con deflusso inferiore al litro/sec, è adibita ad uso irriguo ed intercetta le acque di scolo superficiali delle aree agricole. Il regime della roggia è a carattere stagionale. La roggia Morgola che scorre circa 100 m più ad Ovest della roggia Gavazzolo, presenta un regime idrico più importante, nello stesso periodo del sopralluogo si stimava una portata di circa 2-3 m3/s. Tra le due rogge, poco a valle della strada che lambisce il margine Sud della Centrale, sono emergenti, in allineamento parallelo alle linee di deflusso della falda, tre fontanili, distanti pochi metri l’uno dall’altro; la portata idrica è discreta, valutabile nel mese di Agosto 2008 in qualche litro al secondo. Le acque emergenti confluiscono a valle nella roggia Schiavo e sono attualmente non utilizzate. In corrispondenza dei fontanili è presente una fitta vegetazione spontanea ed arbustiva. La quota di emergenza è a circa -2 m dal piano campagna circostante. Da indicazioni acquisite durante il sopralluogo sito-specifico e su informazioni fornite da abitanti del luogo, non risultano esserci problematiche nell’area legate a potenziali fenomeni di esondazione delle rogge in oggetto. Non sono stati reperiti dati bibliografici e/o storici in merito ad eventi di esondazione legati alla rete di canali circostanti la Centrale.

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Fig. 4.1.a – Reticolo idrografico area contermine Centrale Stogit - Sergnano

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4.1.2 QUALITÀ ACQUE SUPERFICIALI

INQUADRAMENTO GENERALE Per caratterizzare la qualità delle acque superficiali relativamente all’intera area di studio, si è fatto riferimento ai “Rapporti sullo Stato dell’Ambiente in Lombardia” del 2003 e del 2004, pubblicati dall’ARPA – Lombardia e al “Programma di Tutela e Uso delle Acque”, approvato con Delibera di Giunta n. 2244 del 29 marzo 2006 Nelle citate pubblicazioni, la classificazione dello stato ecologico dei corsi d’acqua segue le prescrizioni del DLgs 152/1999, così come modificato dal DLgs 258/2000, che disciplina le disposizioni sulla tutela delle acque dall’inquinamento. I criteri di classificazione utilizzati sono riassunti nella Tabella 4.1.2.a.

Tabella 4.1.2.a – Schema di classificazione previsto dal D.Lgs. 152/99 e dal D.Lgs. 258/2000 L’analisi dei valori dei parametri chimici, chimico-fisici, microbiologici e biologici rilevati nel corso dei campionamenti periodici consente di assegnare il livello di qualità denominato “Stato Ecologico” o “SECA” al tratto di corso d’acqua rappresentato da quella stazione di campionamento. Il SECA è quindi la sintesi di due tipi d’informazione: l’informazione derivata dall’analisi chimica sulla matrice acquosa, che rappresenta il livello di inquinamento di origine antropica del corso d’acqua, e l’informazione derivata dal biota, che ne rappresenta la vitalità. Questo indice sintetico, espressione della complessità degli ecosistemi acquatici, definisce cinque stati di qualità secondo la progressione decrescente: elevato - buono - sufficiente – scadente - pessimo.

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L’unico corso d’acqua appartenente al territorio di studio che viene periodicamente monitorato per lo studio dello stato dell’ambiente è il fiume Serio. Il fiume Serio presenta una notevole variazione delle concentrazioni degli inquinanti e passa da qualità buona nel tratto iniziale a scadente nel tratto centrale, che attraversa l’area di studio, a sufficiente nell’ultimo tratto (stazione di Montodine).

Per quanto riguarda le tendenze evolutive, il confronto complessivo tra i dati riportati nei citati rapporti dell’ARPA - Lombardia evidenzia una sostanziale stabilità della qualità dei corsi d’acqua naturali e un limitato peggioramento (interessante il 2% delle stazioni di campionamento) della qualità del reticolo artificiale. La seguente Tabella 4.1.2.b mostra quanto riportato nella Relazione Generale del “Programma di Tutela e Uso delle Acque” relativamente all’area idrografica del fiume Serio. La sezione d’interesse ai fini dello studio è rappresentata dal punto di monitoraggio Casale C./Sergnano. Lo stato qualitativo del corso d’acqua risulta in classe SECA 3 e in classe SACA sufficiente.

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Tabella 4.1.2.b – Classificazione dei corsi d’acqua Lombardi – stralcio relativo all’area idrografica del fiume Serio (dati di monitoraggio dell’anno 2003)

La Tabella 4.1.2.c presenta una sintesi dello stato qualitativo del fiume Serio, in base a differenti approcci valutativi (SECA, SACA e Indice Natura).

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Tabella 4.1.2.c – Confronto tra la classificazione ambientale prevista da D.Lgs. 152/99 e la zonizzazione ottenuta con un approccio integrato sui corsi d’acqua principali – stralcio relativo all’area idrografica del fiume Serio (dati di monitoraggio dell’anno 2003)

AREA CONTERMINE ALLA CENTRALE DI COMPRESSIONE/EROGAZIONE

Per valutare lo stato di qualità dell’ambiente idrico e delle acque che scorrono nelle immediate vicinanze dell’area della Centrale Stogit di Sergnano è stata effettuata una campagna di monitoraggio nel mese di ottobre 200817. Le indagini sono state condotte in due stazioni di misura lungo la roggia Gavazzolo (denominate canale A e canale B), localizzate a monte ed a valle idrografica della Centrale Stogit, al fine di definire l’attuale stato di qualità ambientale, comprensivo dello stato di fatto dell’alveo e delle rive nel continuum longitudinale18. In Figura 4.1.2.a è visualizzata l’ubicazione delle stazioni di misura rispetto alla Centrale di Sergnano.

17 Si ricorda che a partire dal ciclo di stoccaggio 2008/2009, le infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio hanno operato in regime sperimentale di sovrapressione (cfr. Sezione I – Introduzione – e Sezione III – Quadro di Riferimento Progettuale) 18 Le acque reflue della Centrale Stogit, in funzione della loro tipologia e caratteristiche, sono recapitate, se idonee ai sensi della Tabella 3 dell’Allegato 5 alla Parte III del D.Lgs. n. 152/06 e s.m.i., nella roggia Gavazzolo, altrimenti vengono smaltite come rifiuto (cfr. cap. 3.2.2, Sezione III – Quadro di Riferimento Progettuale).

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Fig. 4.1.2.a – Roggia Gavazzolo: localizzazione delle sezioni di monitoraggio (ottobre 2008)

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Metodologia adottata L’ambiente acquatico, le acque, i sedimenti dell’alveo, le rive e il territorio circostante il corso d’acqua sono stati valutati attraverso gli approcci conoscitivi contemplati nelle più recenti normative nazionali (D.Lgs. 152/06) e direttive europee (Water Framework Directive, 2000/60/EU). Più precisamente, sono stati esaminati (Allegato J - Volume III): 9 I.F.F. (Indice di funzionalità fluviale) per l’identificazione ponderata dello stato complessivo dell’ambiente fluviale e della sua funzionalita, intesa come una sinergia di fattori sia biotici sia abiotici presenti nell’ecosistema fluviale (APAT, 2007); 9 B.S.I. (Buffer Strip Index o Indice della capacità tampone) che fornisce la misura della capacità delle rive di filtrare, metabolizzare e bioaccumulare gli elementi ed i composti veicolati sia dalle acque fluviali, sia dalle acque di dilavamento superficiale e subsuperficiale (Braioni e Penna, 1998; Braioni et al. 2008) ; 9 W.S.I (Wild State Index o Indice della valenza naturalistica) valuta lo stato di naturalitàdegli alvei e delle rive e riflette la loro potenzialita nel sostenere un relativo livello di biodiversita (Braioni e Penna, 1998; Braioni et al. 2008); 9 Q.H.E.I (Qualitative Habitat Evaluation Index o Indice di valutazione della qualità dell’habitat), messo a punto dall’EPA (EPA, 1989) ed ampiamente utilizzato negli USA per valutare l’idoneita dei tratti fluviali per la fauna ittica (Somerville & Pruitt 2004); 9 I.B.E. (Indice biotico esteso); tramite il quale si identifica la classe di qualita biologica dei corsi d’acqua utilizzando le comunita dei macroinvertebrati bentonici (Ghetti, 1997, APAT, 2003: met. 9010); 9 Indici Trofico-Funzionali; relativi al ruolo trofico degli invertebrati bentonici che sono condizionati dalla disponibilita di cibo e, quindi, dalla tipologia dell’habitat acquatico (Merrit & Cummins, 1988; Shackleford, 1988); 9 Indici di Diversità (H’, H max, J e D) applicati alla densita relativa e alla varieta tassonomica invertebrati che compongono le comunita bentoniche (Washington, 1982; Krebs, 1989) 9 Condizioni idrochimiche e microbiologiche delle acque per individuare gli elementi che risultano alterati per l’uso potabile (D. Lgs. 152/06) e per la sopravvivenza dei Salmonidi e dei Ciprinidi (D. Lgs. 152/06);

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9 LIM (Livello di inquinamento dei Macrodescrittori), calcolato mediante la procedura indicata nel D.Lgs 152/99 e s.m.i., per la determinazione dello stato ecologico delle acque; 9 S.E.C.A. (Stato ecologico dei corsi d’acqua); si ottiene incrociando il dato risultante dalle indagini sui macrodescrittori LIM con quello dell’IBE; 9 S.A.CA. (Stato ambiente dei corsi d’acqua) si ottiene incrociando la classe dello stato Ecologico con le concentrazioni limite dei microinquinanti organici ed inorganici. I dati ottenuti, successivamente rielaborati e posti a confronto, hanno permesso di redigere le schede ambientali riportate in Figura 4.1.2.b e Figura 4.1.2.c, le quali che contengono tutti i risultati conseguiti con le indagini condotte ed evidenziano, in modo estremamente sintetico, le condizioni positive e negative riscontrate (per il dettaglio delle elaborazioni sviluppate con riferimento a ciascun indicatore ambientale considerato, si rimanda all’ Allegato J – Volume III). Quasi tutti i metodi di analisi giungono alla definizione di cinque principali classi di qualità complessiva che sono: classe I - Ottimo (colore blu), lasse, classe II - Buono (colore verde), classe III – Mediocre (colore giallo), classe IV - Scadente (colore arancione) e classe V - Pessimo (colore rosso), le quali forniscono precise indicazioni circa gli elementi considerati che costituiscono, per il minor punteggio specifico, una condizione critica per la qualità complessiva. I risultati delle analisi chimiche, fisiche e batteriologice delle acque della Roggia Gavazzolo – sezioni di monitoraggio A e B – sono riportati nella Tabella 4.1.2.e, mentre i bollettini di analisi sono riportati in Allegato K (Volume III).

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Figura 4.1.2.b – Roggia Gavazzolo: scheda di qualità, sezione A (ottobre 2008)

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Figura 4.1.2.c – Roggia Gavazzolo: scheda di qualità, sezione B (ottobre 2008)

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Tab. 4.1.2.e – Roggia Gavazzolo: risultati analisi chimiche, fisiche e microbiologiche delle acque, sezioni di monitoraggio A e B – ottobre 2008 (Allegato K – Volume III)

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Con riferimento alla fruibilità delle acque della Roggia Gavazzolo, sulla base dei risultati delle analisi chimiche, fisiche e batteriologice (Tab. 4.1.2.e) e dal confronto con i limiti della vigente normativa, come dettagliatamente riportato in Allegato K – Volume II, si evidenzia19: 9 uso potabile: una tipologia facilmente riconducibile alla classe A2 o A3 come definite nel DPR 515/82 ripreso dal D.Lgs. 152/99 e dal D.Lgs. 152/06 per la limitatezza dell’Ossigeno disciolto o l’abbondanza di Azoto, Fosfati, Coliformi totali. Si tratta, cioe, di acque che potrebbero essere potabilizzate mediante trattamento fisico, chimico spinto, affinazione e disinfezione. 9 fauna ittica: dal confronto dei risultati analitici conseguiti nei campioni di acque con i valori limite stabiliti dal D.Lgs.152/99 e ripresi dal D.Lgs.152/06 e s.m.i. per la vita dei pesci Salmonicoli e Ciprinicoli, queste acque non sono indicate per la fauna ittica a causa delle concentrazioni di Fosforo, Ammoniaca non ionizzata, Cadmio e Mercurio. 9 fruizione agricola e zootecnica: le acque superficiali monitorate hanno caratteristiche idonee ai limiti proposti da Casalicchio e Matteucci (2000)

Infine, lo Stato Ecologico delle stazioni di monitoraggio è stato valutato attraverso il confronto fra le classi di qualità calcolate con il Livello di Inquinamento dei Macrodescrittori Chimici e Microbiologici (L.I.M.) e quelle ottenute con l’Indice Biotico Esteso (I.B.E.) relativo alle comunita di macroinvertebrati, come riportato in Tabella 4.1.f. Dall’esame della Tabella 4.1.f si evidenzia come i due metodi di valutazione (I.B.E. e L.I.M.) forniscano un quadro molto dissimile fra i due indici e lo stato ecologico deriva, come prescrive la procedura, dalla condizione peggiore fra i due indici impiegati. Lo Stato Ecologico (S.E.C.A.) e di IV classe per entrambi i canali e infine, per le basse concentrazione dei microinquinanti lo Stato Ambientale (S.A.C.A.) non differisce dal S.E.C.A..

Tabella 4.1.f – Roggia Gavazzolo: definizione dello Stato Ecologico (SECA) derivante dall’incrocio dell’indice IBE con l’indice LIM (cfr. Allegato K – Volume III)

19 nelle valutazioni di qualità, i risultati analitici inferiori ai limiti di rilevamento si sono, per cautela, considerati pari ai limiti stessi

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4.2 Stima dei potenziali impatti e delle misure di mitigazione Gli impatti sulla componente “ambiente idrico” conseguenti all’esercizio in sovrapressione (Pmax=1,05Pi) delle infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio sono di fatto nulli e/o trascurabili, non comportando quindi rischi di compromissione qualitativa dei corpi idrici superficiali, in quanto20: • il soddisfacimento dei fabbisogni idrici, non associati al processo industriale, ma limitati agli usi civile, irriguo ed antincendio, viene garantito mediante un pozzo realizzato nel 1975; • le acque di strato, prodotte durante la fase di erogazione dalla separazione meccanica per gravità del gas e dalla sua successiva disidratazione, vengono recapitate al pozzo di iniezione Sergnano 5 mediante condotta dedicata e quindi reiniettate in unità geologica profonda (giacimento)21; • i reflui civili (acque igienico-sanitarie), industriali (acque di lavaggio ed accidentalmente oleose raccolte da aree cordolate d’impianto) e le acque meteoriche ricadenti su strade, piazzali, edifici e nelle cantine dei pozzi delle aree cluster, in funzione della loro tipologia e caratteristiche, sono recapitate, se idonee ai sensi della Tabella 3 dell’Allegato 5 alla Parte III del D.Lgs. n. 152/06 e s.m.i., nella roggia Guadazzolo, altrimenti vengono smaltite come rifiuto. In particolare, le acque igienico-sanitarie dell’area trattamento vengono convogliate in una vasca Imhoff e successivamente inviate in un impianto di fitodepurazione a ciclo chiuso, mentre quelle dell’area compressione sono convogliate in una vasca tipo Imhoff e successivamente inviate in un impianto di sub-irrigazione, per la dispersione al suolo; • potenziali eventi accidentali di sversamento dai siti di stoccaggio degli oli lubrificanti (area compressione/stoccaggio) e dei chemicals (area erogazione/produzione), non comportano rischi per l’ambiente idrico in quanto le aree destinate a tali stoccaggi sono impermeabilizzate e cordolate; • i rifiuti speciali solidi e liquidi (pericolosi e non) vengono temporaneamente depositati in aree dedicate (cordonate e provviste di tettoia di copertura), separatamente per ogni categoria secondo le disposizioni di legge. Per lo smaltimento ed il recupero dei rifiuti prodotti, vengono utilizzate società di trasporto specializzate che conferiscono i rifiuti a recapiti autorizzati ai sensi della vigente normativa.

20 Per maggiori dettagli, si veda quanto riportato al cap. 3.2, Sezione III – Quadro Progettuale 21 La reiniezione in unità geologica profonda di acque derivanti dall'estrazione di idrocarburi è autorizza ai sensi del decreto AIA n. 5261 del 22/05/2007, rilasciato dalla Regione Lombardia – Direzione Generale Qualità dell’Ambiente, Struttura Prevenzione Inquinamento Atmosferico e Impianti

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Infine, si evidenzia come l’esercizio delle infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio in condizioni di sovrapressione (Pmax=1,05Pi) rispetto alla condizione Pmax=Pi, non comporti un maggiore impatto sulla componente “ambiente idrico” in quanto non richiedendo l’esercizio in sovrapressione la realizzazione di nuovi impianti e di nuove aree pavimentate, né incrementi del personale residente: ¾ non vi sono variazioni dell’entità dei reflui (acque meteoriche di dilavamento, acque meteoriche e non potenzialmente inquinate e reflui civili) e delle modalità di collettamento, stoccaggio, trattamento e smaltimento dei reflui liquidi e dei rifiuti solidi; ¾ non è richiesto un maggiore approvvigionamento idrico (usi civile, irriguo, antincendio e lavaggi per manutenzione);

Sulla base dei risultati delle valutazioni sopra sviluppate, non si ritiene quindi necessario predisporre misure di mitigazione aggiuntive rispetto a quanto già previsto in fase di esercizio – capitolo 3.2, Sezione III, Volume I.

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5 SUOLO E SOTTOSUOLO

L’analisi dello stato attuale della componente ambientale suolo e sottosuolo è stata effettuata attraverso una ricerca di dati bibliografici relativi ad un’estesa zona intorno all’area interessata dalle infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio, al fine di inquadrare i caratteri generali relativi all’uso del suolo, alle caratteristiche pedologiche, alla geomorfologia, alla geologia, all’idrogeologia ed ai rischi geologici. Successivamente, scendendo nel dettaglio del sito di ubicazione della centrale, sono state analizzate le caratteristiche litologiche, geotecniche e stratigrafiche del sottosuolo derivanti dalle indagini di campo svolte, nell’ambito del presente SIA, per la caratterizzazione sito- specifica delle diverse componenti ambientali.

Fig. 5.1.a – Strutturazione del capitolo Suolo-Sottosuolo

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Al fine di illustrare efficacemente le varie caratteristiche ambientali sono state redatte le seguenti carte tematiche di dettaglio per l’area vasta di progetto (scala 1:10000, base CTR Regione Lombardia) – Volume II: 9 Carta dell’utilizzo del suolo (Tavola 4), 9 Carta geomorfologica (Tavola 5), 9 Carta litologica e della permeabilità (Tavola 6), 9 Carta geolitologica e geotecnica (Tavola 7), 9 Carta idrogeologica (Tavola 8), 9 Carta dei rischi geologici (Tavola 9).

Per ciascuna tematica viene inizialmente descritto lo stato attuale22 e, successivamente, valutate le potenziali interferenze dell’esercizio delle infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio in sovrapressione (Pmax=1,05Pi), evidenziando, ove necessario, le misure di mitigazione programmabili al fine di annullare i potenziali impatti emersi dallo studio. Negli Allegati di seguito richiamati (Volume III dello SIA) sono riportati i risultati delle analisi fisico-chimiche eseguite per la caratterizzazione ambientale della componente suolo- sottosuolo: Allegato L Indagini geognostiche e geotecniche – quaderno indagine, novembre 2008 (Geoservice – Belmonte del Sannio-IS) Allegato M Analisi chimico-fisiche dei terreni – rapporti di prova, novembre 2008 (Gruppo CSA – Rimini) Allegato N Analisi chimico-batteriologiche delle acque sotterranee – rapporti di prova, novembre 2008 (Gruppo CSA – Rimini)

Di seguito vengono dettagliatamente analizzate e descritte le diverse tematiche ambientali visualizzate in Figura 5.1.a.

22 Si ricorda che a partire dal ciclo di stoccaggio 2008/2009, le infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio hanno operato in regime sperimentale di sovrapressione (cfr. Sezione I – Introduzione – e Sezione III – Quadro di Riferimento Progettuale)

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5.1 Stato attuale

5.1.1 USO DEL SUOLO La descrizione dell’uso del suolo è finalizzata a caratterizzare lo stato attuale del territorio in un intorno potenzialmente sensibile dell’ambito di intervento in un’ottica sia qualitativa che quantitativa allo scopo di identificare i potenziali ricettori. L’area di studio è stata considerata nelle due chiavi di lettura sovralocale e locale: - “ambito sovralocale”, costituito da territori dei Comuni di Sergnano, Pianengo, Ricengo, Casale Cremasco, Campagnola Cremasca e Capralba, in provincia di Cremona ed in parte da territori dei Comuni di Caravaggio e Mozzanica in provincia di Bergamo. - “ambito locale”, costituito da territori comuni compresi nell’area ristretta di studio, limitrofa alle infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio: Sergnano, Casale Cremasco e marginalmente i Comuni di Pianengo e Ricengo in provincia di Cremona. La caratterizzazione delle destinazioni dell’uso del suolo è stata sviluppata integrando le informazioni ed i dati riportati dal 5° Censimento Generale dell’Agricoltura (ISTAT 2001), visualizzati nelle Tabelle 5.1.1.a-b relativamente ai Comuni che ricadono nell’area oggetto di studio, con le sintesi cartografiche dei documenti di pianificazione e programmatici vigenti e disponibili. Infine, le suddette informazioni sono state confrontate ed integrate con informazioni ricavate on-line (ortofoto digitali della Terraitaly it2000 - Compagnia Generale Riprese Aeree - e ortofoto aggiornate all’anno 2006) e con i riscontri derivati dai sopralluoghi effettuati. Dai dati riportati nelle Tabelle 5.1.1.a-b si evidenzia come l’attività agricola sia quella tipica della bassa pianura Lombarda, caratterizzata dalla meccanizzazione e dall’intensivazione colturale finalizzata al raggiungimento di elevati risultati quantitativi e qualitativi. Il tutto con notevole pressione sulle risorse idriche ed ambientali del luogo (suolo, atmosfera e paesaggio). Dall’esame dei dati riportati in Tabella 5.1.1.a, estratta sempre dalle elaborazioni ISTAT sui dati del 5° Censimento dell’Agricoltura 2001, emerge come i comuni interessati dallo studio risultino caratterizzati da una SAU (superficie agricola utilizzata) orientata principalmente intorno a 20-50 ettari ed a 50-100 ettari, testimonianza di un’attività agricola volta ad una produzione intensiva. Dalla Tabella 5.1.1.b, relativa all’utilizzazione dei terreni per comune, si rileva una netta predominanza colturale di tipo seminativo, in misura nettamente trascurabile si rilevano anche coltivazioni legnose agrarie, circoscritte nell’ambito fluviale del Serio. I dati riportati nelle tabelle 5.1.1.a e 5.1.1.b confermano lo stretto legame esistente tra l’attività agricola produttiva e l’esercizio dell’allevamento zootecnico; inoltre mettono in luce l’esistenza di una maglia aziendale di medio grandi dimensioni.

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Le aziende agricole, generalmente attraversate da una fitta rete di canali, sono caratterizzate da un ampio ricorso alla meccanizzazione ed all’irrigazione ed indirizzate verso la monocoltura. A fronte di questa progressiva evoluzione, le cascine-abitazione (tipiche del Cremasco), caratteristiche di un’attività agricola tradizionale a conduzione familiare, risultano oramai residuali; molte di esse si sono ampliate fino diventare vere e proprie aziende agricole e zootecniche perlopiù ubicate in fregio alle infrastrutture stradali.

Tab. 5.1.1.a - Superficie agricola utilizzata (SAU) per classe di SAU, per Comune

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Tab. 5.1.1.b – Superficie aziendale secondo l’utilizzazione dei terreni per comune (superficie in ettari)

UNITÀ D’USO DEL SUOLO Le unità d’uso del suolo ricadenti nell’area di studio e riportate nella allegata Carta dell’Utilizzo del Suolo (Tavola 4 – Volume II), sono state individuate integrando le informazioni ed i dati del 5° Censimento Generale dell’Agricoltura (ISTAT 2001) con le indicazioni fornite dai vigenti strumenti di pianificazione e programmazione (PTCP Cremona e SIT Regione Lombardia).

Aree agricole • seminativi (cereali, coltivazioni ortive e foraggiere) L’area di studio si caratterizza per una netta vocazione agricola, legata principalmente alle coltivazioni foraggiere avvicendate alla coltivazione cerealicola; in misura minore sono presenti anche colture orticole. • colture legnose agrarie Queste colture sono localizzate prevalentemente laddove le condizioni orografiche e geopedologiche permettono un’ottimizzazione delle produzioni: ad esempio in presenza di buona disponibilità di acqua, associata ad un’adeguata capacità di drenaggio del terreno. I dati statistici evidenziano la prevalenza di tali aree nei comuni di Sergnano, Casale Cremasco e Ricengo, lungo le fasce fluviali del Serio.

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• edifici ed annessi rurali I fabbricati rurali appaiono distribuiti in modo omogeneo sul territorio, a testimonianza di un comparto agricolo attivo da diversi secoli, dove la funzione agricola produttiva e quella residenziale coincideva in piccoli nuclei. L’analisi bibliografica e l’esame dei dati di riferimento mette in luce nell’area indagata la presenza di una tipologia funzionale tradizionale, prevalentemente distribuita in piccole unità poderali a base familiare; la cascina funge anche da abitazione ed è costituita generalmente da corpi di fabbrica con un porticato antistante. Nell’area è presente anche una tipologia produttiva costituita da nuovi fabbricati e da cascine riadattate in funzione dell’attività agricolo– intensiva. Tale tipologia è costituita esclusivamente da comparti produttivi necessari alla conduzione di fondi molto estesi.

Aree con vegetazione naturale e seminaturale • aree boschive e vegetazione ripariale Le formazioni boschive, pur rappresentando una componente residuale rispetto alla superficie totale analizzata, giocano un ruolo notevole dal punto di vista ambientale, ecologico e paesaggistico. Tali formazioni sono presenti in corrispondenza dell’alveo fluviale del Serio. Sempre in prossimità del fiume Serio e dei principali corsi d’acqua (rogge), si rileva anche una fiorente vegetazione arbustiva di tipo ripariale. • corsi d’acqua e canali L’area di studio risulta molto influenzata dalla presenza di numerosi corsi d’acqua. Oltre al fiume Serio sono presenti numerosi fontanili ed una fitta rete canalizia rappresentata da rogge.

Aree urbane e insediamenti produttivi Sono tutte quelle aree che comprendono gli abitati e le zone produttive consolidate o in trasformazione. Nell’area si distinguono principalmente i centri urbani di Sergnano, Casale Cremasco, Vidolasco, Capralba, Ricengo e Pianengo. Fra le aree di tipo produttivo quella della Centrale di stoccaggio Stogit (aree compressione e trattamento) in Comune di Sergnano, è una delle principali.

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5.1.2 CARATTERIZZAZIONE PEDOLOGICA

INQUADRAMENTO GENERALE Secondo la cartografia dei suoli a scala 1:250.000 tratta dal S.I.T. della Regione Lombardia, che fa riferimento alla classificazione FAO (1998), nel livello fondamentale della pianura si riconoscono sostanzialmente tre differenti unità pedologiche (Figura 5.1.2.a): • Calcisols, rappresentati con il color rosso - violaceo; • Cambisols, rappresentati con il colore marroncino; • Luvisols, rappresentati con il colore blu – violaceo. In particolare, in corrispondenza della centrale Stogit, la cui localizzazione è evidenziata con un pallino rosso in Figura 5.1.2.a, i suoli predominanti sono del tipo Cambisols. I Cambisols occupano il livello fondamentale della pianura. Si tratta di suoli siltosi fini, profondi, debolmente differenziati, con ridotto scheletro sabbioso.

Fig. 5.1.2.a – Estratto da “Carta dei suoli”, S.I.T. della Regione Lombardia

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INQUADRAMENTO SITO-SPECIFICO Al fine di analizzare le caratteristiche pedologiche dell’area oggetto dello studio, sono stati prelevati e analizzati 4 campioni di suolo rappresentativi dell’orizzonte superficiale di interesse agrario in corrispondenza dei sondaggi realizzati all’interno dell’area della Centrale ed indicati con le sigle Sc1-Sc2-Sc3 e Sc4. I campioni di suolo sono stati prelevati direttamente sulla carota estratta ad una profondità massima di ca. 0,7 m da piano campagna, in corrispondenza del primo strato di terreno naturale sottostante il riporto. L’ubicazione dei punti di prelievo è riportata in Figura 5.1.2.b.

Figura 5.1.2.b – Localizzazione dei punti di prelievo dei terreni superficiali (sigla Sc)

Negli Allegati L ed M (Volume III) sono riportati i bollettini analitici, mentre in Tabella 5.1.2.a sono riassunti i risultati delle analisi unitamente alle concentrazioni limite previste in tabella 1, Allegato 5, del DLgs 152/06, per un uso agricolo/residenziale del suolo.

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I campioni prelevati presentano un contenuto granulometrico percentuale: 9 scheletro 5,8 a 17,9%, 9 sabbia varia da un minimo del 18 al massimo di un 33%, 9 limo varia da un minimo di 41 ad un massimo del 52%, 9 argilla varia da un minimo del 26 ad un massimo del 30%. Tutti i campioni prelevati mostrano una certa omogeneità tessiturale, con leggera prevalenza della componente limo-argillosa, come evidenziabile dai diagrammi a torta ricostruiti in Figura 5.1.2.c. Rispetto al diagramma triangolare di Figura 5.1.2.d i campioni analizzati si classificano con tessitura da franco, franco-argillosa (F, FA) a franco limo-argilloso (FLA).

Fig. 5.1.2.c – Percentuali di sabbia, limo e argilla nei campioni di suolo superficiale

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Fig. 5.1.2.d – Percentuali di sabbia, limo e argilla nei campioni di suolo superficiale

I risultati delle analisi chimiche evidenziano quanto segue: 9 il pH è variabile da 6,7 a 7,19, risultando pertanto tendenzialmente neutro; 9 la capacità di scambio cationico si attesta su valori variabili da 19 a 30 meq/100 g; 9 il contenuto di carbonio organico è compreso nel range 0,59-3,45%; 9 l’azoto ammoniacale varia da 1,9 a 3,8 mg/kg; 9 il fosforo totale ha concentrazioni comprese nel range 363-551 mg/kg; 9 il contenuto di metalli pesanti nei terreni risultano inferiori ai limiti previsti per un uso agricolo/residenziale secondo CSC (concentrazioni Soglia di Confronto) previste nella tabella 1 dell’Allegato 5 del DLgs 152/06; 9 i microinquinanti organici aromatici ricercati (BTEX) risultano in concentrazioni inferiori ai limiti di rilevabilità strumentale; 9 il contenuto di idrocarburi espressi come C<12 risultano inferiori ai limiti di rilevabilità strumentale, mentre quelli con C>12 sono inferiori ai limiti previsti da normativa per un uso agricolo-residenziale del suolo.

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Il terreno naturale campionato risulta pertanto non contaminato.

Terreno Terreno Terreno Terreno Denominazione SC1 SC2 SC3 SC4 Cod Attività 809148 809148 809148 809148 DLgs DLgs Data 24-nov-08 24-nov-08 24-nov-08 24-nov-08 152/06 All 152/06 All 809148- 809148- 809148- 809148- 5 Tab 1 5 Tab 1 Parametro U. M. 005 006 007 008 LR Res Verde Com-Ind pH unità pH 6,77 7,19 6,95 7,07 0,01 Scheletro % s.s. 13,5 17,9 5,8 15,7 0,1 GRANULOMETRIA (3 frazioni) ------Sabbia % s.s. 33 28 18 25 1 Limo % s.s. 41 47 52 45 1 Argilla % s.s. 26 25 30 30 1 Azoto ammoniacale (come N) mg/Kg s.s. 3,8 1,9 2,9 2,8 1 Azoto nitrico (come N) mg/Kg s.s. < 0,2 0,2 0,9 2 0,2 Azoto nitroso (come N) mg/Kg s.s. 0,6 0,3 0,6 0,6 0,3 Azoto totale (come N) % s.s. 0,174 0,09 0,161 0,153 0,005 Fosforo totale (come P) mg/Kg s.s. 387 363 551 384 0,6 meq/100 g Capacità di scambio cationico (CSC) s.s. 28 19 26 30 2 Carbonio organico (come C) % s.s. 1,675 0,896 3,185 0,594 0,005 Arsenico mg/Kg s.s. 19 17 18 18 1 20 50 Bario mg/Kg s.s. 135 102 133 121 0,5 Cromo esavalente mg/Kg s.s. < 0,2 < 0,2 < 0,2 < 0,2 0,2 2 15 5E- Mercurio mg/Kg s.s. 0,0792 0,0851 0,0918 0,107 04 1 5 Nichel mg/Kg s.s. 22,1 21,7 28 20,7 0,5 120 500 Piombo mg/Kg s.s. 19 16 21 19 1 100 1000 Rame mg/Kg s.s. 18,7 15,6 42,7 19,3 0,5 120 600 Zinco mg/Kg s.s. 119 67,4 79,9 66,3 0,5 150 1500 COMPOSTI ORGANICI AROMATICI ------Benzene mg/Kg s.s. < 0,005 < 0,005 < 0,005 < 0,005 0,005 0,1 2 Etilbenzene (A) mg/Kg s.s. < 0,005 < 0,005 < 0,005 < 0,005 0,005 0,5 50 Toluene (C) mg/Kg s.s. < 0,005 < 0,005 < 0,005 < 0,005 0,005 0,5 50 Xilene (D) mg/Kg s.s. < 0,005 < 0,005 < 0,005 < 0,005 0,005 0,5 50 Sommatoria organici aromatici (A,B,C,D) mg/Kg s.s. < 0,005 < 0,005 < 0,005 < 0,005 0,005 1 100 IDROCARBURI ------Idrocarburi leggeri (C<12) mg/Kg s.s. < 1 < 1 < 1 < 1 1 10 250 Idrocarburi pesanti (C>12) mg/Kg s.s. 5 5 < 5 6 5 50 750 Oli minerali I.R. mg/Kg s.s. 34 75 12 23 5 Tab. 5.1.2.a – Risultati analisi chimiche dei campioni di terreno superficiale (Allegato M, Volume III)

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5.1.3 GEOMORFOLOGIA

INQUADRAMENTO GENERALE Il territorio esaminato appartiene alla pianura lombarda, il cui substrato è rappresentato da un complesso di depositi alluvionali, fluviali e fluvio–glaciali, di età olocenico–pleistocenica, nella quale si distinguono due unità fisiografiche principali, situate a quote medie differenti da qualche metro fino ad oltre una decina di metri: - il “livello fondamentale della pianura”; - le “valli attuali”, che hanno inciso per erosione fluviale, più o meno profondamente, la superficie del livello fondamentale della pianura. Al margine orientale dell’area, a nord-est di , affiorano depositi fluvio–glaciali che formano una superficie terrazzata posta a quota superiore al livello fondamentale della pianura. Si tratta di sedimenti di età pleistocenica (Mindel del foglio Treviglio della Carta Geologica d’Italia), profondamente pedogenizzati, con estese coltri di alterazione argillosa associate a livelli di loess. Il livello fondamentale della pianura viene generalmente suddiviso in tre settori: - l’alta pianura, caratterizzata da morfologia intensamente terrazzata e fondovalle incisi, che si estende dai rilievi delle prealpi fino grosso modo all’allineamento Melzo - Caravaggio; - la media pianura, compresa tra le linee superiore ed inferiore dei fontanili, a debole e uniforme immersione verso Sud, con fondovalle poco incisi; - la bassa pianura, a sud della linea inferiore dei fontanili, a morfologia piatta e uniforme, che si estende fino alle valli dell’Adda e del Po. Il territorio di studio rientra per la maggior parte nella media pianura. Verso il limite settentrionale vi rientra la fascia di transizione con l’alta pianura; il limite tra media e bassa pianura si situa grossomodo a sud di Crema, esternamente all’area di studio. La media pianura ha una topografia sub-pianeggiante, con pendenze generalmente inferiori al 5 ‰ e debole inclinazione verso S. La morfologia attuale della pianura può essere messa in relazione con i processi di formazione dei grandi conoidi alluvionali del margine alpino, coalescenti verso il depocentro padano, di età pleistocenica (Marchetti 1992). Il territorio di studio rappresenterebbe la parte distale di uno di questi conoidi alluvionali. Tracce di paleoidrografia sono molto frequenti sul livello fondamentale della pianura e rappresentano generalmente piccoli corsi d’acqua secondari (Marchetti, 2000), che non hanno più rilievo morfologico, ma sono riconoscibili sulla base di variazioni di tonalità in foto aeree.

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Nella allegata Carta Geomorfologica (Tavola 5 – Volume II) sono state riportate le sole tracce presenti nella valle del Serio, più utili per delineare una tendenza evolutiva del corso d’acqua. La valle del Serio attraversa centralmente il territorio di studio, con andamento grosso modo meridiano. L’alveo del Serio è di tipo unicursale, da sinuoso a meandriforme, con rare barre longitudinali e più frequenti barre laterali, situate preferenzialmente nei tratti curvilinei. Nel corso settentrionale, a nord di Mozzanica, l’alveo diviene pluricursale, a due o tre canali, con frequenti barre longitudinali. Dall’osservazione della cartografia dell’ultimo secolo pubblicata dalla regione Lombardia (Banche dati S.I.T. – Basi ambientali della pianura – Idrologia) che riporta le differenti posizioni occupate dal corso d’acqua dal 1880 fino ad oggi, si evince una generale tendenza evolutiva verso una moderata riduzione sia della larghezza, sia della sinuosità dell’alveo. Il tratto dell’alveo del Serio che scorre nei pressi di Sergnano, sostanzialmente rettilineo, si è mantenuto stabile nel corso dell’ultimo secolo, per effetto probabilmente anche di vecchi interventi di arginatura. A valle di Sergnano si è registrato per contro una notevole riduzione della larghezza dell’alveo (la cui larghezza è attualmente di un trentina di metri, ma era estesa fino a circa 550 m nel 1880, ed ancora ad un centinaio di metri nel 1930), ed una relativa stabilizzazione a partire dagli anni 50, con la migrazione ad E della Cascina Mirabello. Per quanto riguarda le infrastrutture più rilevanti ai fini dell’indagine, si segnalano le strade provinciali SP 591 Bergamo – Crema, SP235 Crema - Romanengo, SP 80 Casaletto Vaprio - Pianengo, SP 64 e 63 Pianengo - Soncino, SP12 Sergnano - Camisano, SP11 Caravaggio – Antegnate, e il tratto di rete ferroviaria tra Crema e Treviglio. Tutte queste infrastrutture sono localizzate, tranne un breve tratto della SP64 e della SP11, sul livello fondamentale della pianura.

MORFOLOGIA DELL’AREA PROSSIMA ALLE INFRASTRUTTURE DELLA CONCESSIONE SERGNANO L’area della Centrale Stogit è ubicata ad ovest dell’abitato di Sergnano, nella zona di media pianura, ad una quota sul livello del mare compresa tra 90,0 ed i 91,0 m s.l.m... L’area è sub-pianeggiante con debolissima pendenza verso sud (dell’ordine del 5 ‰). Sulla base dei dati derivati dalla carta geomorfologica delle Basi Informative Ambientali della Pianura del S.I.T. della Regione Lombardia, nell’allegata Carta geomorfologica non sono stati evidenziati elementi suscettibili di nota nella zona in oggetto. La carta suddivide in classi o fasce di quota il territorio, evidenziandole con differenti cromatismi. La zona della Centrale Stogit è ubicata nella fascia di quota tra 90 e 93 m/slm. I terreni all’interno della Centrale sono leggermente rialzati rispetto al terreno naturale circostante, con dislivelli rispetto ai dintorni compresi tra +0,5-1 m. Movimenti di riporto e posa in opera di massicciate per strutture e impianti e viabilità interna sono correlati a tali

Doc. Nº Revisioni Settore CREMA (CR) 0 Area Concessione SERGNANO (CR) Doc. N° Impianto ESERCIZIO Pmax = 1,05 Pi 00-BG-E-94700 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Fg. / di Comm. N° 107 / 212 ST-001 dislivelli. I confini esterni della centrale sono delimitati da recinzione posta su muretto in cls di modesta altezza. Le opere interne alla centrale impermeabilizzano parzialmente i terreni superficiali e le acque piovane sono convogliate in collettori fognari che scaricano a valle della centrale. Non sono presenti scarpate antropiche rilevabili alla scala d’indagine. Le uniche scarpate cartografabili presenti in prossimità dell’area di studio sono quelle delle sponde della Roggia Gavazzolo di altezza inferiore ai due metri e della roggia Morgiola, leggermente più alte. Non si evidenziano pertanto nell’area elementi e/o forme riconducibili a dissesti gravitativi passati o in atto.

5.1.4 GEOLOGIA INQUADRAMENTO GENERALE Geologia di superficie I terreni che affiorano nell’area di studio sono costituiti da formazioni di età quaternaria. Nei settori occidentale ed orientale affiorano depositi fluviali e fluvio–glaciali del Pleistocene superiore, a granulometria prevalentemente ghiaiosa, con sottili lenti e livelli sabbiosi e limosi, che occupano il livello fondamentale della pianura (fgwr, Diluvium Recente del foglio n. 46, Treviglio, della Carta Geologica d’Italia alla scala 1:100.000). Nei settori centrale e sud - occidentale, che comprendono le valli del Serio e dell’Adda, sono presenti depositi alluvionali di età Olocenica, formati da sedimenti sabbioso – ghiaiosi e limosi (a1 e a2, del foglio n. 46, Treviglio). Al margine sud – orientale dell’area, a nord - est di Romanengo, affiorano depositi fluvio – glaciali a granulometria ghiaioso – sabbiosa, di età Pleistocenica (fgM, Diluvium Antico, del foglio n. 46, Treviglio) con alterazione pedogenetica rosso - ocracea (“ferretto”). Geologia del sottosuolo La geologia del sottosuolo della pianura cremonese è conosciuta soprattutto in base ai numerosi sondaggi profondi eseguiti dall’Agip a partire dagli anni ‘50 per la ricerca di idrocarburi ed alle perforazioni di pozzi per lo sfruttamento delle acque sotterranee contenute negli acquiferi dei depositi alluvionali. La successione stratigrafica qui ricostruita si basa sullo “Studio idrogeologico della provincia di Cremona” (1992), per l’intervallo Olocene - Pleistocene, e sulle stratigrafie dei pozzi Agip situati all’interno del territorio di studio, per la serie compresa tra il Pleistocene ed il Miocene. Per l’Olocene – Pleistocene le suddivisioni stratigrafiche hanno carattere informale, mentre per la serie Pleistocene inferiore – Miocene superiore sono state seguite le denominazioni formazionali adottate nel “Programma geologico del pozzo Sergnano 44or” redatto da

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Stogit, che reinterpretano, per la parte superiore della successione attraversata, le attribuzioni stratigrafiche stabilite all’epoca della realizzazione dei pozzi AGIP, negli anni ’50. Alluvioni recenti e terrazzate, depositi fluvio-glaciali wurmiani (AP1) Comprendono i depositi fluviali e fluvioglaciali Olocenici e del Pleistocene superiore e medio delle valli attuali e del livello fondamentale della pianura. Sono costituiti prevalentemente da ghiaie, con subordinate intercalazioni di sabbie e limi. Depositi fluvio-glaciali rissiani e mindeliani (AP2) Formata da depositi di origine glaciale e fluvio – glaciale, riferibili al Mindel – Riss dell’alta pianura, di età Pleistocene medio. Si tratta di sedimenti ghiaioso - sabbiosi, con frequenti intercalazioni di argille, limi e rari conglomerati. Argille, limi e torbe (Villafranchiano, AP3) Si tratta di limi e argille di colore grigio, di potenza spesso decametrica, con rare intercalazioni di sabbie e ghiaie. Sono depositi di origine principalmente deltizio - lagunare, e transizionale, di età Pleistocenica. Nei sondaggi profondi Agip la prima unità è formata genericamente da depositi alluvionali quaternari (definiti “Alluvioni”) di origine continentale, per uno spessore di poco superiore al centinaio di metri. Al di sotto delle alluvioni la successione sedimentaria comprende: Sabbie di Asti Si tratta di sabbie e sabbie – argillose, da fini a grossolane, con rare intercalazioni di argilla, di età Pleistocene – Pliocene Superiore. Inferiormente i depositi sabbiosi sono rappresentati da torbiditi bacinali, cui seguono sedimenti di piattaforma e successivamente apparati deltizi ad assetto progradante. Nel pozzo Sergnano 45dir il limite inferiore della formazione dovrebbe collocarsi alla profondità di circa 940 m dal p.c. Argille del Santerno Livello costituito da argille e argille marnose, da grigie a grigio - brune, con sottili intercalazioni di sabbie e siltiti, datate dal Pliocene medio – superiore al Pliocene inferiore. L’ambiente deposizionale è di scarpata. Il limite con le sottostanti Ghiaie di Sergnano dovrebbe situarsi ad una quota di circa 1330 m dal p.c. Ghiaie di Sergnano Le Ghiaie di Sergnano sono costituitte da alternanze di sabbie e ghiaie parzialmente cementate, a formare livelli arenaceo - conglomeratici, con intercalazioni di argille e argille marnose, di età Miocene superiore (Messiniano). Si tratta di depositi risedimentati in un ambiente deposizionale marino-marginale e di scarpata. All’interno delle Ghiaie di Sergnano sono presenti i due livelli attualmente adibiti allo stoccaggio del gas. Il limite inferiore della formazione dovrebbe situarsi ad una profondità di circa 1560 m dal p.c.

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Marne di Gallare La formazione è costituita da marne siltose con sottili intercalazioni sabbiose o arenacee, di età miocenica. Il limite superiore della successione marnosa dovrebbe essere posto alla profondità di 1560 m dal p.c. con riferimento al pozzo Sergnano 44 or.

INQUADRAMENTO GEOLOGICO SITO-SPECIFICO Per una caratterizzazione geologica-idrogeologica di dettaglio dell’area in oggetto è stata programmata una specifica indagine ambientale consistita nella: - perforazione di n. 3 sondaggi geognostici a carotaggio continuo fino alla profondità di 10 m/p.c., completati successivamente a piezometro; - prelievo di campioni di terreno superficiale per la caratterizzazione pedologica dell’area. Per l’esecuzione dei sondaggi è stata utilizzata la perforatrice Soil Sistem 600. Il materiale estratto dal carotiere è stato alloggiato in apposite cassette catalogatrici. Nel corso della perforazione sono stati prelevati campioni rimaneggiati ed indisturbati di terreno su cui sono state eseguite specifiche analisi per la caratterizzazione geotecnica in sito con pochet penetrometer e vane test. Le indagini eseguite hanno permesso di ricostruire nel dettaglio la situazione geologica dei terreni fino a 10 m/p.c. In particolare la stratigrafia dei terreni può essere così sintetizzata: 9 0-0,3 m/p.c.: presenza di terreno vegetale limo-argilloso presente su gran parte dell’area; 9 0-1,2 m/p.c.: in corrispondenza del sondaggio PZ3 presenza di un riporto eterogeneo limo-argilloso a tratti sabbioso di colore bruno marrone; 9 0,3-1,0-2,0 m/p.c.: depositi limo-argillosi di colore bruno-marrone da moderatamente consistenti a consistenti; 9 1,0-2,5 m/p.c.: depositi limo-sabbiosi e limosi bruno grigiastri con elementi ghiaiosi centimetrici; 9 2,5-10 m/p.c.: inizialmente depositi di sabbia fine grigiastra debolmente limosa. Dopo 0,5 m ghiaia poligenica da fine a grossolana con spigoli da angolari a sub-arrotondati, in matrice sabbiosa quarzosa di colore grigio marrone; struttura da granulo sostenuta a matrice sostenuta a umida.

La Figura 5.1.4.a mostra l’ubicazione dei punti di indagine realizzati per il presente studio.

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Fig. 5.1.4.a – Area della centrale Stogit, ubicazione dei punti di indagine

Il report completo della campagna geognostica è riportato in Allegato L (Volume III), mentre in Fig. 5.1.4.b è riportata la ricostruzione stratigrafica del sondaggio Pz2.

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Fig. 5.1.4.b – Stratigrafia del sondaggio geognostico Pz2

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GEOLITOLOGIA E GEOTECNICA I depositi fluviali e fluvio-glaciali olocenico-pleistocenici affioranti nel territorio di Sergnano sono costituiti prevalentemente da ghiaie e ghiaie in matrice sabbioso-limosa, con intercalazioni di limi e sabbie di modesto spessore e di limitata continuità laterale. Sulla base dei dati derivati dalla carta litologica delle Basi Informative Ambientali della Pianura del S.I.T. della Regione Lombardia, nella allegata Carta Geolitologica e Geotecnica (Tavola 7 – Volume II) sono state cartografate le aree di affioramento dei sedimenti a dominanza limosa e sabbiosa, intercalati alle ghiaie, complessivamente prevalenti. La carta litologica del S.I.T. è stata realizzata con le informazioni raccolte durante il rilevamento della carta dei suoli della Lombardia, attraverso l’esecuzione di profili e trivellate dei terreni superficiali fino ad una profondità di 2 m dal p.c. L’esame della carta mette in luce che nel livello fondamentale della pianura i depositi a predominanza ghiaiosa sono generalmente i più diffusi, in particolare nel settore nord- orientale. Depositi prevalentemente limosi e sabbiosi sono frequenti nel settore sud-orientale dell’area, ad est di Ricengo. Una coltre di alterazione limoso–argillosa, caratterizzata da spessori fino a 2-3 m, appartenente ai depositi fluvio–glaciali terrazzati pleistocenici affiora con buona continuità a NE di Romanengo. Nel settore settentrionale della valle del Serio prevalgono i depositi ghiaiosi, mentre le sabbie sono diffuse prevalentemente nella piana alluvionale situata a sud di Sergnano.

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5.1.5 IDROGEOLOGIA

INQUADRAMENTO IDROGEOLOGICO GENERALE Il prisma sedimentario quaternario della pianura cremonese-bergamasca, comprendente i depositi fluviali e fluvio–glaciali del Pleistocene superiore e medio, le sequenze deltizio– lagunari e transizionali e i depositi marino-marginali del Pleistocene medio-inferiore, ha un’organizzazione stratigrafica complessa, funzione della giustapposizione di corpi sedimentari a differente grado di permeabilità, in cui si individuano più acquiferi sovrapposti (acquifero multistrato). Seguendo le fonti bibliografiche e gli studi di carattere regionale23, che riassumono le suddivisioni idrogeologiche tradizionali, nella successione litostratigrafica si possono riconoscere queste diverse unità idrogeologiche:

Unità AP1 (alluvioni attuali e recenti, depositi fluvioglaciali wurmiani) E’ costituita prevalentemente da sabbie e ghiaie appartenenti ai depositi fluviali e fluvioglaciali Olocenici e del Pleistocene superiore e medio delle valli attuali e del livello fondamentale della pianura. Ospita un acquifero freatico, caratterizzato da trasmissività da media ad elevata (intorno a 10-2 m2/s), tradizionalmente denominato il primo acquifero. All’interno della sequenza sabbioso–ghiaiosa sono presenti livelli lentiformi a dominante argillosa, di limitata continuità e di ridotto spessore, che consentono di riunire in un’unica falda freatica i corpi idrici presenti nell’unità litostratigrafia superficiale. Lo spessore dell’unità, di poco superiore alla decina di metri nell’alta pianura, sale a qualche decina di metri (30–50 m) nella media e bassa pianura. L’acquifero freatico è limitato inferiormente da una sequenza di sedimenti argilloso–limosi di esteso sviluppo areale, ma caratterizzata da locali interruzioni, che possono mettere in contatto la falda freatica con le falde più profonde.

Unità AP2 (depositi fluvioglaciali rissiani e mindeliani) L’unità è formata da depositi di origine glaciale e fluvio–glaciale, riferibili al Mindel–Riss dell’alta pianura, di età Pleistocene medio. Si tratta di sedimenti ghiaioso - sabbiosi, con frequenti intercalazioni di argille, limi e rari conglomerati. I sedimenti fluvio-glaciali sabbioso-ghiaiosi ospitano un acquifero, tradizionalmente denominato il secondo acquifero, che costituisce, con il primo acquifero, l’acquifero tradizionale. Questo è suddiviso a sua volta in diversi corpi idrici, parzialmente separati da intercalazioni limoso–argillose nell’alta pianura, che divengono nella media e bassa pianura più continue e potenti. Le falde del secondo acquifero hanno quindi carattere

23 “Studio idrogeologico della provincia di Cremona” (1992), “Acque sotterranee in Lombardia” (2001)

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Unità AP3 (argille, limi e torbe villafranchiane) Si tratta di limi e argille di colore grigio, di potenza spesso decametrica, con subordinate intercalazioni di sabbie e ghiaie. Sono depositi di origine principalmente deltizio- lagunare, e transizionale, di età Pleistocenica. L’abbondanza d’intercalazioni di sedimenti argilloso– limosi arealmente continue, determina l’esistenza di corpi idrici separati, a carattere francamente confinato. La trasmissività è dell’ordine di 10-4 m2/s. Tali depositi ospitano l’acquifero tradizionalmente denominato “acquifero profondo” o “terzo acquifero”. La potenza della sequenza villafranchiana è valutata intorno a 150 m. Nel territorio di studio la posizione del limite acque dolci/acque salmastre e salate si situa a profondità superiori ai 500 m/p.c. (Geologia degli acquiferi padani della regione Lombardia - Relazione tecnica, 2002), all’interno della formazione delle sabbie di Asti. La litologia affiorante e la permeabilità dei terreni nell’area vasta di studio sono visualizzate nella allegata Carta Litologica e della permeabilità (Tavola 6 – Volume II). Tipologia degli acquiferi presenti Gli acquiferi della sequenza alluvionale quaternaria della pianura cremonese sono caratterizzati in gran parte da permeabilità primaria per porosità. Il grado di permeabilità relativa può essere ritenuto sostanzialmente decrescente con la profondità, tenuto conto dell’aumentare progressivo della frequenza dei livelli argilloso– limosi all’interno della sequenza alluvionale. Alla base del secondo acquifero, ove presenti, i depositi conglomeratico–arenacei del Ceppo sono caratterizzati sia da permeabilità interstiziale, di grado medio-basso, sia da permeabilità secondaria per fratturazione. Il primo acquifero, o acquifero superficiale, ha carattere freatico o, per estensioni limitate, nel caso siano presenti nella sequenza ghiaioso–sabbiosa intercalazioni limoso–argillose, di tipo semiconfinato. Il secondo acquifero, tipicamente multilivello, è costituito da una serie di orizzonti permeabili, a granulometria grossolana, separati da livelli di sedimenti limoso-argillosi con funzioni di aquiclude o di aquitard, dotati di notevole continuità. Il secondo acquifero ha pertanto un carattere semiconfinato nei livelli superiori, divenendo francamente confinato nei livelli inferiori. Il terzo acquifero, profondo, ha un carattere confinato nei livelli sia superiori che inferiori.

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Punti d’acqua e loro uso Nell’area vasta di studio, i punti d’acqua sono rappresentati essenzialmente da fontanili e da pozzi.

Fontanili I fontanili sono le tipiche risorgive della pianura lombarda tra Ticino e Adda, di origine sostanzialmente antropica. Furono inizialmente progettati e costruiti (XI secolo) per drenare l’acqua e bonificare le zone paludose a quel tempo diffuse nella pianura lombarda, e solo alcuni secoli dopo (XV) iniziarono a essere usati a scopi irrigui. La Fig. 5.1.5.a mostra lo schema classico della struttura di un fontanile. Sono composti da una testa, un ampio scavo (fino ad un centinaio di m2), di forma semicircolare, di modesta profondità, in genere tra i 2 e 10 m, effettuato in aree di bassa soggiacenza, in modo tale che il letto si trovi appena al di sotto del livello freatico. La testa del fontanile prosegue nell’asta, che fa defluire l’acqua nel canale irrigatore che la distribuisce nei campi. La testa è generalmente circondata da un rilievo prodotto dall’accumulo di materiale scavato dove si insedia una associazione vegetale arborea che permette una facile individuazione del fontanile nel paesaggio agricolo padano. I "boschi” sono composti generalmente dalle essenze sia autoctone che tipiche di ambienti umidi (il salice bianco, l’ontano nero, la farnia, il sambuco ed i rovi). Sul fondo della testa e sulla parte iniziale dell’asta la permeabilità del terreno permette la formazione di piccole vene idriche in corrispondenza delle quali si ponevano i cosiddetti “occhi di fonte”, inizialmente tini senza fondo in legno e poi tubi in ferro o cemento, che infissi nel fondo facilitavano la fuoriuscita delle acque sotterranee, anche al di sopra della superficie libera dell’acqua. Ciò non presuppone fenomeni di artesianesimo nella formazione del fontanile. Tali scavi riducono piuttosto la resistenza opposta dalla struttura del terreno e dalla sua granulometria al passaggio delle acque, eliminando i filetti idrici del deflusso superficiale e richiamando quelli inferiori che hanno un carico idraulico maggiore. Nella pianura lombarda, in sponda sinistra del Po, esiste una fascia compresa tra i 150 e i 100 m/slm, dove i fontanili sono presenti con maggiore frequenza. La ragione della particolare distribuzione dei fontanili si può far risalire al fatto che, in corrispondenza di questa fascia, si verifica il passaggio dai materiali più grossolani dell’alta pianura a quelli più fini della bassa pianura. L’abbassamento del valore di permeabilità, legato alla presenza di materiali più fini, provoca una sempre maggiore resistenza al flusso della falda, con un conseguente innalzamento del livello piezometrico che tende gradualmente ad approssimarsi alla superficie topografica. La presenza di tali condizioni idrogeologiche ha favorito la genesi dei fontanili.

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Nell’area di studio, i fontanili sono ampiamente diffusi, con una maggiore densità nel settore orientale (sinistra idraulica del fiume Serio) - rif. Carta Idrogeologica, (Tavola 8 – Volume II).

Fig. 5.1.5.a – Schema illustrativo della struttura di un fontanile (tratto dal sito web della Provincia di Milano)

In prossimità della centrale Stogit, a sud ovest ed a valle idrologico della stessa, sono presenti tre fontanili emergenti tra la Roggia Morgiola e la roggia Gavazzolo, lungo la strada che lambisce il margine sud della centrale; i fontanili sono emergenti in allineamento parallelo alle linee di deflusso della falda, con discreta portata idrica, valutabile in qualche litro al secondo. Le acque emergenti convogliano a valle nella roggia Schiavo e sono attualmente non utilizzate. In corrispondenza dei fontanili è presente una fitta vegetazione spontanea e arbustiva. La quota di emergenza è a circa -2 m dal piano campagna circostante. L’allineamento lineare dei tre fontanili indica un’emergenza tipicamente antropica legata alla presenza della roggia e all’emergenza della prima falda più superficiale.

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Fig. 5.1.5.b - Fontanili presenti nell’intorno della centrale Stogit.

Pozzi Nella Carta Idrogeologica allegata (Tavola 8, Volume II) sono stati riportati i pozzi che riforniscono gli acquedotti pubblici e i principali pozzi a uso privato del settore cremonese. L’acquifero freatico, posto a profondità inferiori a 30 m, è sfruttato ancora comunemente, ma come risorsa poco pregiata, per scopi prevalentemente non potabili. Gli acquedotti pubblici sfruttano il secondo acquifero, a profondità relativamente modeste, non superiori ai 60-70 m. Fa eccezione il settore meridionale (, Crema), in cui sono sfruttati gli acquiferi confinati (secondo e terzo acquifero) fino a profondità di 120–150 m. L’uso prevalente della risorsa idrica è di tipo zootecnico; sono frequenti anche gli usi irrigui. All’interno della Centrale Stogit è presente anche un pozzo (usi civile, irriguo ed antincendio) profondo ca. 86 m, perforato nel 1975, equipaggiato con un’elettropompa sommersa. La parte filtrante del pozzo è posizionata da 37,49-40,49 m/p.c. e da 58-61 m/p.c.. La parte superficiale del pozzo è stata cementata (30-35 m/p.c.) al fine di isolare idraulicamente l’acquifero più superficiale da quelli più profondi. L’acqua emunta dal pozzo viene inviata, tramite tubazione interrata, alla Centrale Termica in cui è situata una autoclave da 1800 litri. Nel periodo 2004-2009 sono stati prelevati dal pozzo mediamente circa 960 m3/a, corrispondenti a 0,031 l/s. Nella Tabella 5.1.5.a seguente è riportato un elenco dei pozzi censiti nell’ambito dell’area vasta di studio.

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Sigla Località Proprietà Profondità Fenestratura Falda Uso (m da p.c.) (m da p.c.) SE1 Camisano Privato 22 11-22 Freatica Irriguo SE2 Casale Cremasco Privato 15 12-15 Freatica Zootecnico SE3 Ricengo Privato 30 22-28 Freatica Zootecnico SE4 Ricengo Pubblico 182 40-50 Confinata Potabile SE5 Ricengo Privato 27 23-25 Freatico Zootecnico SE6 Pianengo Pubblico 130 40-47,5 Confinata Potabile SE7 Sergnano Privato 34 24-25 Freatico Irriguo SE8 Sergnano Pubblico 46 37-42 Confinata Potabile SE9 Sergnano Pubblico 272 56-67 Confinata Potabile SE10 Casale Cremasco Pubblico 60,2 33-44 Confinata Potabile SE11 Casale Cremasco Privato 15 12-15 Freatica Zootecnico SE12 Ricengo Privato 25,5 23-25 Freatica Zootecnico Tab. 5.1.5.a - Caratteristiche principali dei pozzi censiti

Ricostruzione del campo di moto della falda e dei principali vettori di flusso Nella zona di studio è presente un acquifero multistrato costituito da una prima falda superficiale freatica, semiconfinata nei settori in cui è presente lo strato superficiale a bassa permeabilità, e falde più profonde, idraulicamente separate. La ricostruzione piezometrica riportata nella Carta Idrogeologica rappresenta le linee isopiezometriche medie della falda freatica riferite all’anno 1992, tratte dallo “Studio idrogeologico della Provincia di Cremona”.

Falda freatica L’orientazione delle linee isofreatiche evidenzia una direzione generale circa ENE–OSO, con deflusso verso S, ossia verso il Po. L’andamento globale ENE–OSO appare modificato in corrispondenza del Serio, in modo significativo solamente nel settore meridionale dell’area di studio (a partire da Ricengo) dove il corso d’acqua drena la falda freatica, condizione che diviene più marcata a sud di Crema. I gradienti idraulici sono compresi nell’intervallo 0,2–0,5 %. La soggiacenza della falda è bassa, generalmente inferiore ai 5 m. La definizione delle classi di permeabilità dei terreni superficiali è riportata nell’allegata Carta Litologica e della Permeabilità (Tavola 6 – Volume II). Le tre classi individuate di permeabilità (buona, discreta, scarsa) hanno significato limitato, fornendo una valutazione esclusivamente riferita agli orizzonti superficiali, di spessore talora anche molto ridotto, come nel caso dei limi. Le caratteristiche medie di permeabilità dei depositi alluvionali sono infatti complessivamente definibili come buone.

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Falda profonda La suddivisione, del tutto generale e schematica, in una falda freatica ed una falda profonda confinata è ricondotta dagli autori a considerazioni di tipo idrogeologico e idrogeochimico. La profondità di transizione tra le due falde è indicata mediamente intorno ai 50 m dal p.c. La distinzione tra la falda superficiale, freatica, e falda profonda, a carattere confinato, è ricondotta dagli autori a considerazioni di tipo idrogeologico e idrogeochimico.

L’andamento delle linee isopiezometriche segue in generale un’orientazione E–O, con direzione del deflusso sotterraneo da N verso S (Figura 5.1.5.c), in accordo con la configurazione descritta per la falda freatica, differenziandosi in parte per un andamento più lineare, non caratterizzato da un asse di drenaggio, in corrispondenza del Serio. Il livello piezometrico medio della falda profonda è sostanzialmente analogo a quello della falda freatica.

Fig. 5.1.5.c – Carta piezometrica della falda profonda tratta dallo “Studio idrogeologico della Provincia di Cremona” (1992) - Il rettangolo in colore rosso comprende l’area di studio (scala 1: 100.000 circa).

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Circolazione idrica sotterranea superficiale e profonda I depositi alluvionali affioranti nel territorio di studio rappresentano una modesta porzione degli acquiferi che con estensione regionale costituiscono la pianura lombarda e a scala maggiore la pianura padana. La circolazione sotterranea dipende solo in parte dalle caratteristiche idrogeologiche locali, essendo legata a un sistema idrogeologico di dimensioni molto maggiori, che si estende dai rilievi alpini all’asta del Po, al quale occorre pertanto fare riferimento (Figura 5.1.5.d). L’acquifero freatico è alimentato direttamente dall’infiltrazione delle acque di pioggia, oltre che dal deflusso sotterraneo proveniente da nord. Un altro importante contributo, a carattere stagionale, è rappresentato anche dalle perdite della rete dei canali d’irrigazione. Il secondo acquifero, a carattere semiconfinato e confinato, è alimentato in misura ridotta dall’infiltrazione proveniente dalla falda freatica. Il maggiore contributo proviene per contro dalla zona di ricarica dell’alta pianura, in prossimità dello sbocco delle conoidi alpine, in cui la superficie di comunicazione tra il primo ed il secondo acquifero è molto estesa, in ragione del ridotto sviluppo dei depositi a granulometria limoso–argillosa. Analogamente può dirsi per il terzo acquifero, anch’esso alimentato prevalentemente da ricarica nelle aree dell’alta pianura dove i livelli a bassa permeabilità sono assenti o caratterizzati da ridotta continuità.

Fig. 5.1.5.d – Schema idrogeologico della pianura lombarda (tratto da Acque sotterranee in Lombardia: gestione sostenibile di una risorsa strategica, Regione Lombardia, 2001)

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Ricostruzione dimensionale degli acquiferi Sulla base delle stratigrafie dei pozzi per acqua più profondi censiti, sono state tracciate quattro sezioni idrogeologiche, distinguendo i primi due acquiferi che compongono il cosiddetto acquifero tradizionale. Le sezioni sono state ricostruite utilizzando principalmente le stratigrafie dei pozzi degli acquedotti pubblici, il cui schema è riportato in Annesso 1 al presente capitolo. La separazione tra il primo acquifero, freatico, e il secondo acquifero è stata posta in corrispondenza del primo livello argilloso di spessore significativo (superiore a 2-3 m) e di sufficiente estensione. L’aquiclude che separa il primo dal secondo acquifero ha spessori variabili, più frequenti nell’intervallo 2-5 m, ed è posto ad una quota di poco superiore ai 60 m s.l.m. La continuità e profondità effettiva dell’aquiclude, attestate in gran parte dell’area, non sono accertate nel settore nord–orientale, in cui i logs stratigrafici dei pozzi disponibili terminano all’interno del primo acquifero. Lo spessore del primo acquifero, a litologia ghiaioso-sabbiosa prevalente, si aggira mediamente intorno a 25 m nel settore centro-occidentale, scendendo a 20 m nel settore occidentale. Il secondo acquifero è caratterizzato da più corpi idrici (fino a 5-6 livelli maggiori nei sondaggi più profondi) ospitati da sottili orizzonti a litologia sabbioso-ghiaiosa, e separati da aquicludi argillosi di modesto spessore. Gli spessori sia dei livelli sabbioso–ghiaiosi che dei livelli argillosi sono infatti d’ordine metrico (4-5 m al massimo). Il rapporto tra gli spessori cumulati delle sequenze argillose e sabbioso-ghiaiose è generalmente vicino all’unità. Tenuto conto delle caratteristiche di limitato spessore dell’orizzonte di separazione tra primo secondo acquifero, i corpi idrici superficiali del secondo acquifero sono verosimilmente semiconfinati. Le falde più profonde del secondo acquifero hanno per contro un più probabile carattere confinato. La base dell’acquifero tradizionale, che segna il contatto con il terzo acquifero, formato dai depositi limoso-argillosi villafranchiani, è definibile solo nei pochi pozzi profondi censiti, e non è stata pertanto ricostruita nelle sezioni per scarsità di dati. Nei pozzi più profondi (SE4 e SE9) il limite tra il secondo e il terzo acquifero può situarsi intorno a quote intorno a 0 m/slm, con il passaggio da depositi prevalentemente sabbioso– ghiaiosi a sequenze di argille, limi e torbe con subordinate intercalazioni sabbiose attribuibili al villafranchiano. Lo spessore del secondo acquifero risulta pertanto pari a circa 60-70 m.

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Nella Figura 5.1.5.e è riportata la traccia delle sezioni idrostratigrafiche ricostruite; nelle Figure 5.1.5.f sono riportate le sezioni in esame e la legenda.

Fig. 5.1.5.e – Localizzazione delle sezioni idrogeologiche area Sergnano.

Fig. 5.1.5.f1 – Sezioni idrogeologiche

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Fig. 5.1.5.f2 – Sezioni idrogeologiche e legenda sezioni

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STATO DI QUALITÀ DELLE ACQUE SOTTERRANEE Il quadro generale delle caratteristiche qualitative delle acque sotterranee del territorio di studio è stato derivato principalmente dalle relazioni annuali dell’ARPAL e del PTCP della provincia di Cremona. In Lombardia le acque sotterranee sono oggetto di periodici controlli riguardo sia alla disponibilità che alla conformità con le caratteristiche di qualità fissate da normativa. Le caratteristiche di qualità delle acque sotterranee sono classificate secondo il DLgs 152/2006 sulla base di tre livelli di valutazione: lo stato chimico (qualitativo), lo stato quantitativo, lo stato ambientale.

Lo stato chimico (qualitativo) Lo studio “Acque sotterranee in Lombardia”, realizzato dalla Regione Lombardia ha voluto proporre a livello preliminare una classificazione dello stato qualitativo delle risorse idriche, considerando come indicatori di qualità idrochimica (Fig. 5.1.5.g): - composti organo-alogenati e cromo (impatto delle attività industriali) - nitrati e fitofarmaci (impatto delle sorgenti diffuse di origine agricola e urbana) - ferro-manganese-ammoniaca (facies idrochimiche in genere naturali) e definendo 3 classi di degrado (basso, medio, elevato). Tale classificazione rispetta, anche se con una definizione di classi differente, quanto previsto da normativa che introduce quali indicatori dello stato chimico delle acque sotterranee alcuni parametri di base (conducibilità elettrica, cloruri, manganese, ferro, nitrati, solfati, ioni ammonio) e dei parametri addizionali (elementi inorganici, composti aromatici e policiclici aromatici, composti organoalogenati, pesticidi). Le sostanze più frequentemente responsabili delle situazioni d’inquinamento esteso nella Pianura Padana appartengono principalmente a quattro gruppi: composti organo-clorurati, metalli pesanti, nitrati e fitofarmaci. I primi due gruppi sono essenzialmente legati a sversamenti puntuali di natura industriale, mentre gli altri due fanno riferimento a situazioni di tipo estensivo legate all’uso agricolo e zootecnico dei suoli. Nei comuni del territorio di studio le acque sotterranee sono caratterizzate da uno standard qualitativo notevolmente variabile. I corpi idrici sotterranei della provincia rientrano interamente nelle classi A (Impatto Antropico nullo o trascurabile) e B (Impatto antropico ridotto) in base alla classificazione quantitativa ai sensi del D.Lgs. 152/99 e s.m.i., come si evince dal Programma Tutela e Uso delle Acque della Regione Lombardia del 2006. La situazione appare decisamente più diversificata e meno incoraggiante per quanta riguarda l’aspetto qualitativo. Nella zona cremasca le acque offrono migliori caratteristiche qualitative. I pozzi in esercizio sono di profondità modesta (50-100 m). Le acque sono caratterizzate da un conteuto di

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Fig. 5.1.5.g – Stato qualitativo (chimico) delle risorse idriche sotterranee della pianura lombarda

Lo stato quantitativo Lo stato quantitativo indica la sostenibilità sul lungo periodo dello sfruttamento della risorsa, evidenziando il rapporto tra i prelievi in atto e le capacità naturali di ricarica. Indicatori dello stato quantitativo sono: - morfologia della superficie piezometrica; - escursioni piezometriche; - variazioni delle direzioni di flusso;

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- entità dei prelievi; - variazioni delle portate delle sorgenti o emergenze naturali delle acque sotterranee; - variazioni dello stato chimico indotto dai prelievi; - movimenti verticali del livello del suolo connessi all’estrazione di acqua dal sottosuolo. Nell’ambito dello studio citato precedentemente è stata fornita una classificazione preliminare dello stato della risorsa riferito ad un periodo definito (anno 1996) che, riguardo allo stato di disequilibrio fra disponibilità e uso della risorsa, prevede l’introduzione di 5 classi (dalla Classe A con un rapporto prelievi/ricarica>0,8 fino alla classe E con un rapporto prelievi/ricarica>3,0). Dall’esame della situazione (Fig. 5.1.5.h) emerge, per l’anno esaminato, come la gran parte delle risorse idriche lombarde sia, in termini quantitativi, compatibile o in sostanziale equilibrio. Ciò vale anche per i comuni del territorio di studio, che rientrano nelle due classi A e B, a basso rapporto prelievi/ricarica.

Fig. 5.1.5.h - Stato quantitativo delle risorse idriche della pianura lombarda

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INQUADRAMENTO SITO-SPECIFICO Idrogeologia sito-specifica Nell’ambito delle attività di caratterizzazione ambientale programmate per il SIA è stata prevista la realizzazione di una rete di monitoraggio piezometrica, mediante la messa in opera di 3 piezometri fenestrati a livello del primo acquifero (Pz1, Pz2, Pz3). I piezometri sono stati realizzati all’interno della centrale Stogit, a monte e a valle rispetto alla direzione di flusso della falda. La profondità d’indagine, ca. 10 m/p.c., ha permesso di ricostruire nel dettaglio: - stratigrafia dei terreni del primo orizzonte acquifero più superficiale; - piezometria e soggiacenza della falda da piano campagna sito-specifica; - stato di qualità delle acque sotterranee sottostanti la zona di sviluppo del progetto. I terreni attraversati hanno mostrato la seguente successione idrogeologica-stratigrafica: 9 0-0,3 m/p.c.: terreno vegetale limo-argilloso a permeabilità media e medio-alta; 9 0-1,2 m/p.c.: in corrispondenza del Pz3 presenza di un riporto eterogeneo limo- argilloso a a permeabilità media e medio-alta; 9 0,3-1,0-2,0 m/p.c.: depositi limo-argillosi di colore bruno-marrone da moderatamente consistenti a consistenti a bassa permeabilità; 9 1,0-2,5 m/p.c.: depositi limo-sabbiosi e limosi con elementi ghiaiosi centimetrici a permeabilità da media a medio-alta; 9 2,5-10 m/p.c.: depositi di sabbia fine e ghiaia poligenica a permeabilità alta. I depositi a sabbia fine e ghiaia rappresentano l’acquifero più superficiale ospitante la prima falda di tipo semiconfinato. Nell’area di studio, l’acquifero primario risulta confinato al top dai depositi a bassa permeabilità limo-argillosi e al letto (quest’ultimo livello non raggiunto con le attività di indagine programmate) dai depositi limo-argilllosi che rappresentano lo strato a minor permeabilità di separazione idraulica (aquiclude) con gli acquiferi più profondi.

Le informazioni stratigrafiche ricostruite durante la perforazione del pozzo per acqua interno alla centrale Stogit (Figura 5.1.5.i) permettono di ricostruire le caratteristiche dei terreni sottostanti la centrale fino a 86 m/p.c.. Da tale stratigrafia, lo spessore dell’acquifero superficiale risulta dell’ordine di 20-25 m e l’acquiclude di separazione idraulica con il secondo acquifero è di ca. 6 m.

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Fig. 5.1.5.i – Stratigrafia del pozzo per acqua interno alla centrale Stogit

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Piezometria e soggiacenza della falda sito-specifica La ricostruzione in dettaglio dell’andamento piezometrico sito-specifico è stata effettuata attraverso il monitoraggio dei livelli di falda nei piezometri installati (mese di novembre 2008). La profondità dei piezometri installati è di 10 m dal p.c., pertanto le misure eseguite sono riferite alla falda freatica del livello più superficiale. La Figura 5.1.5.j mostra la ricostruzione in dettaglio dell’andamento della falda all’interno dell’area della centrale Stogit. L’andamento della piezometria della prima falda è stato ricostruito in base alle misure di livello eseguite il 24/11/2008 (Tabella 5.1.5.b). Le quote topografiche delle teste dei piezometri sono espresse in quote relative e non assolute.

Come si evidenzia dalle misure eseguite, la soggiacenza del livello piezometrico dal piano campagna è assai modesta, nel periodo di misura (nov. 2008), variabile da 1,8 a 2,4 m/p.c..

Soggiacenza Livello Quota Piezometro 24/11/2008 m.p.r. m/p.r. m.s.p.r. Pz1 88,956 1,80 87,156 Pz2 88,974 2,17 86,804 Pz3 88,976 2,38 86,596

Tab. 5.1.5.b – Livelli piezometrici misurati in corrispondenza della centrale Stogit

Le misure di livello piezometrico hanno permesso di ricostruire l’andamento della falda in corrispondenza della centrale. La piezometria della falda superficiale mostra un andamento analogo a quello misurato a livello di area vasta, con una vergenza delle linee di flusso NW verso SE. Il gradiente idraulico della falda risulta pari a 0,002.

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Fig. 5.1.5.j – Ricostruzione piezometrica sito-specifica

Stato di qualità delle acque sotterranee sito-specifica Al termine delle attività di spurgo è stato eseguito un prelievo di acque sotterranee dai 3 piezometri installati e dal piezometro esistente (P1) nella zona sud della centrale. Nell’Allegato N (Volume III) sono riportati i bollettini analitici, mentre in Tabella 5.1.5.c sono riassunti i risultati analitici da cui si evidenzia l’assenza di fenomeni di inquinamento in atto. Nel solo piezometro Pz1 si registra un leggero superamento dei limiti tabellari relativamente allo ione solfato. I metalli pesanti e i microinquinanti organici analizzati risultano inferiori ai limiti di rilevabilità strumentale. Relativamente a Fe, Al, Mn, le analisi sono state eseguite sia sul campione filtrato che sul campione tal quale. Le concentrazioni del campione filtrato sono state confrontate con quelle previste da DLgs 152/2006. Le concentrazioni eseguite sul campione filtrato

Doc. Nº Revisioni Settore CREMA (CR) 0 Area Concessione SERGNANO (CR) Doc. N° Impianto ESERCIZIO Pmax = 1,05 Pi 00-BG-E-94700 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Fg. / di Comm. N° 131 / 212 ST-001 indicano la presenza di ioni Fe, Al e Mn in soluzione in basse concentrazioni, inferiori alle CSC previste da normativa.

Denominazione Acqua P1 Acqua PZ1 Acqua PZ2 Acqua PZ3 DLgs 152/06 Parametro U. M. 809148-001 809148-002 809148-003 809148-004 LR All 5 Tab 2 Temperatura dell'acqua °C 16,4 15,7 14,2 15,4 0,1 pH unità pH 7,41 7,24 7,23 7,34 0 Conducibilità elettrica a 20 °C µS/cm 967 786 1180 1032 5 Alcalinità (come CaCO3) mg/L 434 353 393 279 0,5 Solidi sospesi totali (Mat. In sosp.) mg/L 1,3 8 66 39,3 0,5 Calcio mg/L 137 208 163 143 0 Magnesio mg/L 21 27,9 28,7 22,7 0 Sodio mg/L 11,1 21,8 18 14,4 0 Potassio mg/L 0,72 1,86 1,56 1,73 0 Ferro µg/L < 5 < 5 < 5 8 5 200 Manganese µg/L < 0,1 526 275 98,5 0,1 50 Alluminio µg/L 1,1 2,2 2,1 0,3 0,1 200 Bicarbonati (ione bicarbonato) mg/L 530 430 479 340 0,6 Carbonati (ione carbonato) mg/L < 0,3 < 0,3 < 0,3 < 0,3 0,3 Solfati (ione solfato) mg/L 3,1 284 100 154 0,1 250 Cloruri (ione cloruro) mg/L 13,7 32,3 36,6 26,1 0 Azoto ammoniacale (come N) mg/L 0,1 0,16 0,07 0,06 0 Azoto nitrico (come N) mg/L 0,25 < 0,02 0,16 3,34 0 Azoto nitroso (come N) µg/L < 20 58 22 54 20 Fosforo totale (come P) mg/L 0,1 0,11 0,06 0,12 0,1 BOD5 mg/L < 0,1 8 < 0,1 < 0,1 0,1 COD mg/L di O2 8 94 < 5 < 5 5 Carbonio organico (TOC) mg/L 6,4 41,6 4,8 4,8 0,5 Solventi organici aromatici µg/L < 1 < 1 < 1 < 1 1 Solventi organici azotati µg/L < 10 < 10 < 10 < 10 10 Solventi organici clorurati µg/L < 1 < 1 < 1 < 1 1 Idrocarburi totali (n-esano) µg/L 23 < 10 < 10 < 10 10 350 Coliformi totali MPN/100 mL 1,1 x10^1 1,2 x10^4 2,2 x10^2 6,1 x10^1 1 Conta batterica a 22 °C UFC/mL 1,4 x10^3 7,1 x10^4 2,9 x10^3 4,1 x10^3 0 Arsenico µg/L 1,4 7,1 1,4 0,9 0,1 10 Cromo esavalente µg/L < 0,5 < 0,5 < 0,5 < 0,5 0,5 5 Nichel µg/L 0,3 5,7 8,4 6,7 0,1 20 Piombo µg/L < 0,1 < 0,1 1,8 1 0,1 10 Mercurio µg/L 0,35 0,28 0,26 0,23 0,1 1 Zinco µg/L < 0,1 389 < 0,1 < 0,1 0,1 3000 Rame µg/L 0,3 0,2 2,8 2 0,1 1000 Bario µg/L 76,1 118 79,7 69,4 0,1

Tab. 5.1.5.c – Risultati analisi chimiche acque di falda (Allegato N)

L’unico parametro che risulta non a norma è il manganese che supera le CSC su 3 campioni. Le concentrazioni rilevate sono indicative di acque contenenti idrossidi in soluzione e colloidi in sospensione che possono influire sulla presenza del metallo nelle acque. I risultati delle analisi dei tre metalli ottenute sul campione tal quale mostrano,

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Il bilancio ionico, espresso in meq/l, per i principali cationi (Ca++, Mg++, Na+ e K+) e anioni = - - = (CO3 , HCO3 , Cl e SO4 ) presenti in soluzione è mostrato nella Tabella 5.1.5.d. Come evidenziato, il principale ione presente in soluzione è il bicarbonato, seguito dal calcio; quindi, le acque di falda possono essere classificate come bicarbonato-calciche.

Tab. 5.1.5.d – Bilancio ionico delle acque di falda

Interventi di bonifica A seguito di lavori per la posa di una nuova condotta presso l’Area di trattamento, è stato evidenziato un inquinamento da idrocarburi nella zona circostante i rigeneratori e le vasche di raccolta acque, che è stato notificato agli Enti competenti in data 18.10.01 con prot. n. 1483. E’ stata realizzata la caratterizzazione del sito, come approvata dalla Conferenza dei Servizi del 10.12.01, e sono stati quindi predisposti un Piano di Investigazione ed un Progetto preliminare di bonifica, redatti ai sensi del D.M. 471/99, ed approvati dal Comune di Sergnano durante la Conferenza dei Servizi del 14.01.03. La vasca di raccolta acque oleose, individuata come la fonte dell’inquinamento, è stata sostituita con un serbatoi interrato a doppia camera.

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L’area oggetto di bonifica, evidenziata in rosso in Figura 5.1.5.k, interessa parte dell’area trattamento della Centrale, sul lato sud-est della stessa; in particolare tale area è localizzata a valle idrogeologico rispetto la direzione di flusso della falda.

Fig. 5.1.5.k – Ubicazione area oggetto di bonifica A seguito del Piano di Investigazione e dell Progetto preliminare di Bonifica, già approvati in Conferenza di Servizi, all’interno della centrale è in corso di realizzazione un progetto di bonifica tramite Soil Venting o Soil Vapor Extraction. Il progetto di bonifica si è articolato nelle seguenti fasi: Rimozione vasca di raccolta sostanze oleose Nel luglio 2005 è stata effettuata la rimozione del manufatto e del circostante terreno interessato da evidenze organolettiche, così come previsto nella Conferenza dei Servizi del 14.01.2003. Lo smaltimento è stato condotto attraverso ditte autorizzate, il terreno sostituito con terreno naturale fino al ripristino del piano campagna. Tale area quindi risuta stralciata da interventi di bioventing.

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Impianto pilota (marzo-aprile 2006) Realizzazione di un test pilota per valutare l’efficacia dell’intervento proposto. A tal fine è stato predisposto un campo prova presso il settore della centrale di Sergnano risultato contaminato da idrocarburi, adiacente allo scavo di manutenzione presso l’impianto di rigenerazione Glicol. Il soil venting è stato eseguito avviando la ventilazione forzata in data 28 marzo 2006 e ad intervallo regolare sono stati monitorati i risultati attraverso la misurazione in punti di diversa profondità nel suolo, delle sostanze organiche volatili presenti. Il test condotto ha permesso di stimare in 3-4 m il raggio di influenza di terreno interessato dalla ventilazione e quindi di strippaggio nel suolo delle Sostanze Organiche Volatili (SOV). Successivamente ha avuto inizio la seconda fase della prova pilota, in questa fase si è proceduto con l’interruzione della ventilazione e con la registrazione nel tempo delle concentrazioni di O2 e CO2 rilevabili dai pozzetti di monitoraggio. La registrazione di questi parametri ha permesso di stimare il tasso di biodegradazione degli inquinanti nel sottosuolo ed il tempo necessario alla bonifica attraverso processi di biodegradazione.

L’interpretazione dei dati del test ha permesso di definire in Tasso di Biodegradazione (Kβ) per ogni pozzetto in funzione e il Tasso di utilizzazione dell’Ossigeno (KO) determinato durante la prova di respirazione. Considerato il dato di massima degradazione ed utilizzando i dati geometrici ed analitici precedentemente assunti dai piani preliminari (di cui non si ha documentazione) si è stimato necessari 715 giorni, corrispondente a circa 2 anni, per effettuare la degradazione degli idrocarburi presenti nella porzione di sottosuolo interessata da bonifica, raggiungendo le concentrazioni di idrocarburi definite quali obiettivi degli interventi di bonifica, già approvati in Conferenza di Servizi del 14/01/2003 (che corrispondono all’All.1 del D.M. 471/99 per siti ad uso industriale e commerciale). Realizzazione intervento definitivo Il progetto di bonifica prevede la posa in opera di complessivi 46 pozzetti di aspirazione, distribuiti nelle aree oggetto di intervento, a profondità comprese tra 1,5 m e 2 m. senza intercettare la piezometrica, risultante a circa 2,5 m dal p.c. Le parti sommitali dei pozzetti, dovranno essere poste a filo del p.c. e protette con chiusini di ispezione. I pozzetti dovranno essere tutti collegati a due differenti impianti di aspirazione, costituiti da un separatore a goccia ed un aspiratore a canale. L’aria estratta dal sottosuolo verrà quindi convogliata in filtri a carbone attivo prima di essere immessa in atmosfera (schede in allegato). Risulta importante ripristinare nelle aree di realizzazione dei pozzetti lo strato superficiale di asfalto, impermeabile, tale da garantire, insieme a quello profondo limoso rappresentato dal paleosuolo, l’effetto di ventilazione forzata del sottosuolo contaminato costituito dai terreni del riporto. Monitoraggio dell’impianto bioventing

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Nel corso del funzionamento degli impianti verrà periodicamente monitorato il costante controllo dell’efficienza del sistema (portata dell’aria, la temperatura, depressioni realizzate alla sommità dei pozzetti, concentrazioni di O2 e CO2). ll controllo avrà una cadenza mensile. Inoltre verrà monitorata la concentrazione di SOV all’entrata ed uscita dei filtri a carbone. Al fine di verificare il raggiungimento degli interventi di bonifica, il progetto prevede la realizzazione di alcuni carotaggi finalizzati al prelievo di campioni di terreno da sottoporre ad analisi chimica degli idrocarburi pesanti e leggeri. Come da elaborati progettuali, verranno effettuati 8 carotaggi. Inoltre il progetto prevede il controllo dello stato di qualità delle acque sotterranee nei piezometri esistenti all’interno dell’area. Il campionamento avverrà con frequenza trimestrale per tutto il periodo di funzionamento del bioventing. Interventi di ripristino ambientale Gli interventi di ripristino dell’area, a seguito dell’avvenuta certificazione del raggiungimento degli obiettivi di bonifica, consisteranno nella dismissione degli impianti di bioventing.

Gli interventi di bonifica definitiva sono in corso di attuazione ed i dati relativi alle attività di controllo e monitoraggio periodico svolte dalla data di avvio degli impianti di bonifica sono dettagliatamente riportati in Allegato R – Volume III; sulla base dei risultati dei monitoraggi verranno valutati eventuali interventi migliorativi.

5.2 Rischi geologici Le considerazioni di seguito sviluppate in merito ai potenziali rischi geologici interessanti l’area in cui sono localizzate le infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio sintetizzate nella Carta dei Rischi Geologici (Tavola 9 – Volume III). Di seguito sono stati analizzati i potenziali rischi geologici riferibili a: 9 Rischio di esondazione; 9 Rischio frana; 9 Rischio geotecnico; 9 Rischio idrogeologico (vulnerabilità degli acquiferi); 9 Rischio sismico; 9 Rischio movimenti del suolo.

RISCHIO DI ESONDAZIONE

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Inquadramento generale Nella valle del Serio il rischio geologico più rilevante è rappresentato dai fenomeni di inondazione che riguardano la piana alluvionale attuale ed anche il livello fondamentale della pianura, situato ad una quota di poco superiore alla piana alluvionale. Nella Carta dei Rischi Geologici allegata, l’area potenzialmente interessata da eventi alluvionali corrisponde al limite esterno della fascia C del P.A.I. (portate di progetto con un tempo di ritorno maggiore di 200 anni). Procedendo da Nord verso Sud lungo il corso d’acqua, la fascia potenzialmente inondabile, che ha dapprima una larghezza di circa 1,5 km (trascurando il locale restringimento in corrispondenza del ponte sulla strada provinciale SP11), si espande fino ad un’ampiezza di oltre 2,5 km, interessando gli abitati di Trezzolasco e Vidolasco, per poi restringersi in corrispondenza di Sergnano e Casale Cremasco ad una larghezza di circa 1 km, interessando tuttavia parte degli abitati dei due paesi. Gli argini e le difese spondali costruite a Sergnano lungo l’alveo nell’attraversamento del paese mantengono le piene di maggiore frequenza (delimitate dalle fasce A e B) nell’alveo ordinario. A valle di Sergnano l’ampiezza della fascia potenzialmente inondabile ritorna ad assumere una dimensione maggiore, intorno a circa 1,5 km, restringendosi infine nell’attraversamento di Crema al limite meridionale del territorio di studio. Per quanto riguarda le condizioni degli alvei, la generale tendenza evolutiva all’approfondimento ed alla contrazione longitudinale del tracciato fluviale può comportare rischi di sottoescavazione ed erosione delle fondazioni dei manufatti (opere idrauliche di difesa spondale) presenti in alveo. Tenuto conto delle relativamente basse pendenze degli alvei meandriformi, i problemi legati ad erosione spondale, evidente solo in alcuni settori nelle sponde concave dei meandri, appaiono di minore entità. L’approfondimento dell'alveo, insieme alla riduzione del numero dei canali, rappresenta un fenomeno molto diffuso in pianura padana ed è generalmente legato sia ad evoluzione naturale, sia ad interventi antropici (passata attività di coltivazione in alveo). Infine, per quanto attiene al rischio idraulico, sulla base della documentazione disponibile (CNR–GNDCI, progetto AVI, giugno 1994) si segnalano come uniche aree storicamente interessate da fenomeni d’inondazione quelle limitrofe al fiume Serio in territorio del Comune di Sergnano (17 Settembre 1960, 16 Ottobre 1966 e 22 Settembre 1979).

Inquadramento sito specifico Le infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio sono situate nel livello fondamentale della pianura, ad una distanza di circa 1500 m dall’alveo del Serio. La cartografia delle fasce fluviali (Fig. 5.2.a) evidenzia come le esondazioni conseguenti ad eventi di piena rari – tempo di ritorno superiore ai 200 anni (fascia C) – lambiscano l’abitato di Sergnano, ma non interessino la piana situata ad Ovest del paese, in cui sono

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Fig. 5.2.a – Fasce fluviali fiume Serio (tratto da: PAI, Autorità di Bacino del fiume Po, Tavole di delimitazione delle fasce fluviali, Foglio 120 sez. III – Mozzanica Serio 03)

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Infine, tenuto conto anche dell’assenza nell’intorno delle aree interessate dalle infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio di rogge e canali artificiali di portata significativa, si possono escludere rischi idraulici legati a fenomeni di esondazione.

RISCHIO DI FRANA Fenomeni di instabilità di tipo gravitativo sono generalmente assenti nell’area, in virtù della morfologia pianeggiante della maggior parte del territorio. Fanno eccezione le aree limitrofe alle scarpate maggiori dei terrazzi fluviali che bordano la valle del Serio, in cui possono verificarsi dissesti di limitata entità, tenuto conto anche del limitato dislivello esistente (pochi metri).

RISCHIO GEOTECNICO Nel territorio di studio i rischi geotecnici sono legati principalmente alle caratteristiche meccaniche di compressibilità relativamente elevata e di mediocre capacità portante dei livelli limosi dei depositi alluvionali, diffusi omogeneamente in tutto il territorio. Poiché lo spessore dei livelli limosi è ridotto, si tratta sostanzialmente di un basso grado di rischio. Maggiori spessori di limi argillosi sono presenti nei livelli pedogenizzati del terrazzo situato ad Est di Romanengo.

VULNERABILITÀ DEGLI ACQUIFERI Nel territorio di studio è presente un unico acquifero freatico, dalle caratteristiche in prima approssimazione sostanzialmente omogenee su tutta l’area. L’acquifero è infatti costituito da depositi alluvionali a granulometria ghiaioso – sabbiosa, di permeabilità mediamente elevata, con modesta copertura pedogenizzata, caratterizzati, per uno spessore di 20–25 m, dalla presenza di rare intercalazioni argilloso–limose, discontinue e sottili, non sufficienti a fornire una adeguata protezione agli orizzonti sottostanti. La morfologia è pianeggiante (acclività mediamente inferiore al 5‰), la soggiacienza della falda è bassa, generalmente inferiore ai 5 metri. Tutti i caratteri elencati (granulometria grossolana, elevata conducibilità idraulica, assenza di livelli impermeabili sufficientemente continui e di una copertura di suolo a bassa permeabilità, bassa soggiacenza, morfologia pianeggiante), concorrono a determinare un grado di vulnerabilità intrinseca mediamente elevato. Tenuto conto del grado di conoscenza acquisito riguardo alle caratteristiche fondamentali dell’acquifero, il solo parametro che può variare in modo significativo è il coefficiente di permeabilità del primo livello dei depositi alluvionali. In base alla cartografia prodotta (Carta Litologica e della Permeabilità; Tavola 6 – Volume III) è possibile distinguere aree in cui nei primi due metri di spessore delle sequenze alluvionali predominano sedimenti limoso–argillosi, che possono fornire una maggiore

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Un’analisi di dettaglio della vulnerabilità della risorsa idrica sotterranea è stata eseguita anche attraverso i dati sito-specifici acquisiti nell’ambito del presente studio, mediante l’applicazione della metodologia C.N.R.–G.N.D.C.I. (1996). La metodologia utilizza i seguenti tre parametri per esprimere un giudizio di vulnerabilità (Tabella 5.2.a):

Litologia di superficie: litologia al di sotto del primo metro di suolo, rilevata per mezzo di trivellate a mano e analisi in campo; Profondità del tetto delle ghiaie: profondità in metri dal piano campagna del tetto del primo corpo acquifero significativo; Caratteristiche dell’acquifero: discriminazione spaziale in superficie tra i domini acquiferi a falda libera e i domini acquiferi a falda in pressione.

Le indagini ambientali sito-specifiche eseguite hanno permesso di evidenziare una vulnerabilità della falda da medio-alta ad alta, per la presenza di una litologia di superficie caratterizzata da depositi prevalentemente limo-argillosi a bassa permeabilità, di spessore ridotto, e per la soggiacenza bassa della falda da piano campagna (>2-3 m/p.c.).

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CLASSI DI LITOLOGIA DI PROFONDITA' CARATTERISTICHE VULNERABILITA' SUPERFICIE TETTO GHIAIE ACQUIFERO Argilla > 10 m confinata/libera BASSA Limo > 10 m confinata Argilla < 10 m confinata/libera Limo < 10 m Confinata MEDIA Limo > 10 m Libera Sabbia/Ghiaia > 10 m Confinata Limo < 10 m Libera Sabbia > 10 m Libera Sabbia < 10 m Confinata ALTA Ghiaia < 10 m Confinata Sabbia < 10 m Libera Ghiaia > 10 m - < 10 m Libera ESTR. ELEVATA Ghiaia alvei fluviali 0 m Libera Tab. 5.2.a – Classi di vulnerabilità secondo metodo CNR-GNDCI (1996)

RISCHIO SISMICO In base alla nuova classificazione sismica derivante dalla recente normativa (O.P.C.M n. 3274 del 20.03.2003 e O.P.C.M. n.3316 del 2.10.2003), i comuni sono classificati in quattro zone sismiche, individuate secondo i valori di accelerazione orizzontale di picco del suolo con probabilità di superamento del 10% in 50 anni. La maggior parte dei comuni dell’area di studio sono classificati nella Zona Sismica 4, zona di minor pericolosità, con accelerazione orizzontale massima pari a 0,05 g. Fanno eccezione , Fontanella e Romanengo, classificati in zona 2, con accelerazione orizzontale massima pari a 0,25 g, che sono situati tuttavia al margine orientale dell’area di studio. In Figura 5.2.b viene riportato uno stralcio della Carta della massima intensità macrosismica, basata su cataloghi di terremoti avvenuti in Italia dal primo secolo dopo Cristo al 1992, e pubblicata dall’Istituto Nazionale di Geofisica, che mette in evidenza come il territorio di studio sia stato coinvolto da eventi sismici con gradi di intensità VII e marginalmente VIII della scala M.C.S.

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Fig. 5.2.b – Stralcio tratto da “Carta della massima intensità macrosismica risentita in Italia”; evidenziata in rosso l’area di interesse

RISCHIO MOVIMENTI DEL SUOLO Il monitoraggio dei movimenti del suolo è stato condotto attraverso l’analisi interferometrica dei dati Radarsat con la tecnica dei Permanent Scatterers. I dati disponibili, riferiti al periodo Ottobre 2003 – Ottobre 2010, visualizzati in Figura 5.2.c, evidenziano, come dettagliatamente riportato nell’Allegato D – Volume III, che: • le variazioni altimetriche locali (limiti del giacimento) relative rispetto al trend regionale (-1,15 mm/anno; valori CGPS Crema) sono contenute in valori nell’ordine di ≈ -0,3 mm/anno; tali valori sono indicativi di una sostanziale stabilità dell’area esaminata • l’area corrispondente al giacimento presenta un’elevata periodicità dei movimenti, con punti di massimo e minimo correlabili temporalmente con i picchi evidenziati dalla curva di stoccaggio; tale comportamento non viene per contro riscontrato per i punti esterni ai limiti del campo. Questo fenomeno è in accordo con il comportamento essenzialmente elastico del mezzo.

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Fig. 5.2.c – Concessione Sergnano Stoccaggio: confronto tra la curva cumulativa di stoccaggio e le variazioni altimetriche dei punti selezionati all’interno del giacimento (periodo Ottobre 2003 – Ottobre 2010)

5.3 Stima dei potenziali impatti e delle misure di mitigazione Benché le infrastrutture della Centrale di stoccaggio interessino terreni caratterizzati da una vulnerabilità degli acquiferi da medio-alta ad alta, l’esercizio in sovrapressione (Pmax=1,05Pi) della Concessione Sergnano Stoccaggio non comporta rischi di compromissione qualitativa dei suoli e delle acque sotterranee (impatti di fatto nulli e/o trascurabil) in quanto 24: • I consumi idrici annuali, non associati al processo industriale, ma limitati agli usi civile, irriguo ed antincendio, e garantiti mediante un pozzo realizzato nel 1975, risultano modesti e mediamente dell’ordine dei 1303 m3/a; • le acque di strato, prodotte durante la fase di erogazione dalla separazione meccanica per gravità del gas e dalla sua successiva disidratazione, vengono

24 Per maggiori dettagli, si veda quanto riportato al cap. 3.2, Sezione III – Quadro Progettuale

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recapitate al pozzo di iniezione Sergnano 5 mediante condotta dedicata e quindi reiniettate in unità geologica profonda (giacimento) 25; • i reflui civili (acque igienico-sanitarie), industriali (acque di lavaggio ed accidentalmente oleose raccolte da aree cordolate d’impianto) e le acque meteoriche ricadenti su strade, piazzali, edifici e nelle cantine dei pozzi delle aree cluster, in funzione della loro tipologia e caratteristiche, sono recapitate, se idonee ai sensi della Tabella 3 dell’Allegato 5 alla Parte III del D.Lgs. n. 152/06 e s.m.i., nella roggia Guadazzolo, altrimenti vengono smaltite come rifiuto. In particolare, le acque igienico-sanitarie dell’area trattamento vengono convogliate in una vasca Imhoff e successivamente inviate in un impianto di fitodepurazione a ciclo chiuso, mentre quelle dell’area compressione sono convogliate in una vasca tipo Imhoff e successivamente inviate in un impianto di sub-irrigazione, per la dispersione al suolo; • potenziali eventi accidentali di sversamento dai siti di stoccaggio degli oli lubrificanti (area compressione/stoccaggio) e dei chemicals (area erogazione/produzione), non comportano rischi di compromissione qualitativa dei suoli e delle acque sotterranee in quanto le aree destinate a tali stoccaggi sono impermeabilizzate e cordolate. • i rifiuti speciali solidi e liquidi (pericolosi e non) vengono temporaneamente depositati in aree dedicate (cordonate e provviste di tettoia di copertura), separatamente per ogni categoria secondo le disposizioni di legge. Per lo smaltimento ed il recupero dei rifiuti prodotti, vengono utilizzate società di trasporto specializzate che conferiscono i rifiuti a recapiti autorizzati ai sensi della vigente normativa.

Infine, si evidenzia come l’impatto sulla componente “suolo e sottosuolo” conseguente all’esercizi delle infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio in condizioni di sovrapressione (Pmax=1,05Pi) rispetto alla condizione Pmax=Pi, risulti di fatto nullo in quanto: ¾ l’esercizio in sovrapressione non richiede la realizzazione di nuovi impianti e di nuove aree pavimentate, nè incrementi del personale residente; ¾ non si hanno variazioni dell’entità dei reflui (acque meteoriche di dilavamento, acque meteoriche e non potenzialmente inquinate e reflui civili) e delle modalità di collettamento, stoccaggio, trattamento e smaltimento dei reflui liquidi e dei rifiuti solidi;

25 La reiniezione in unità geologica profonda di acque derivanti dall'estrazione di idrocarburi è autorizza ai sensi del decreto AIA n. 5261 del 22/05/2007, rilasciato dalla Regione Lombardia – Direzione Generale Qualità dell’Ambiente, Struttura Prevenzione Inquinamento Atmosferico e Impianti

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¾ la produzione di rifiuti nella configurazione Pmax=1,05Pi è analoga alla configurazione Pmax=Pi. L’esercizio della Concessione in condizioni Pmax=1,05Pi, richiedendo solo un maggiore utilizzo temporale degli impianti esistenti potrà comportare una maggiore frequenza di manutenzione, il cui apporto in termini di eventuale incremento di rifiuti prodotti è francamente difficilmente quantificabile. In ogni caso questi verranno stoccati e trasferiti ad idoneo trattamento secondo la vigente normativa analogamente a quanto fatto in condizione Pmax=Pi; ¾ l‘entità dell’approvvigionamento idrico (usi civile, irriguo, antincendio e lavaggi per manutenzione) non dipende dalla specifica modalità di esercizio della concessione (Pmax=Pi e/o Pmax=1,05Pi); ¾ la maggiore pressione iniziale del giacimento in fase di erogazione di fatto inibisce il trascinamento di acque di strato da parte del gas per cui l’effetto dell’esercizio in condizioni di sovrapressione sulla quantità complessivamente prodotta di acque di strato in fase di erogazione si può ritenere di fatto trascurabile

Sulla base dei risultati delle valutazioni sopra sviluppate, non si ritiene quindi necessario predisporre misure di mitigazione aggiuntive rispetto a quanto già previsto in fase di esercizio – capitolo 3.2, Sezione III, Volume I.

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6 FLORA, VEGETAZIONE, FAUNA ED ECOSISTEMI

6.1 Flora e vegetazione

6.1.1 GENERALITÀ Nella presente sezione vengono riportate le informazioni riguardanti la componente vegetazionale e floristica dell’area di studio. L’elaborato si propone di fornire un quadro sufficientemente esauriente in merito alle caratteristiche della vegetazione e della composizione floristica, con riferimento soprattutto ai residui elementi paranaturali, connotati da maggior interesse conservazionistico. I dati presentati in questa sede sono stati raccolti prevalentemente mediante ricognizioni di campagna, che hanno integrato l’individuazione delle macrocomunità effettuate con l’uso di aerofotografie.

6.1.2 INQUADRAMENTO FLORISTICO E VEGETAZIONALE L’analisi del territorio ha consentito di appurare la pressoché totale scomparsa degli elementi che caratterizzavano la flora e la vegetazione originare, se si eccettuano i ridotti lembi che si sviluppano nelle pertinenze golenali del Fiume Serio. Le fitocenosi naturali o seminaturali individuate nell’area di studio sono poco numerose, indice della perdita di biodiversità che ha accompagnato la progressiva antropizzazione dei luoghi. Di seguito viene fornito l’elenco delle tipologie riconosciute (Tavola 10 – Volume II). Unità di vegetazione individuate: • Bosco ripariale • Boschi misti di latifoglie • Siepi e filari • Risorgive e fontanili • Vegetazione erbacea di rogge e canali • Vegetazione dei greti • Vegetazione palustre degli stagni • Vegetazione delle aree agricole • Pioppeti • Incolti • Vegetazione spontanea delle aree edificate • Area priva di vegetazione (cava)

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Bosco ripariale Bosco ripariale a dominanza di salice bianco (Salix alba), associato al pioppo nero (Populus nigra), pioppo bianco (Populus alba), ontano nero (Alnus glutinosa), insediato sui margini dell’alveo fluviale, dei rami abbandonati e nelle aree pianeggianti inondate. (Classi Salici purpurae – Populetaea nigrae, Alnetaea glutinosae) I boschi ripariali a salice bianco (Salix alba), ontano nero (Alnus glutinosa) e pioppo nero (Populus nigra) – inquadrati nell’associazione vegetazionale Salicetum albae - sono le fitocenosi forestali oggi più ubiquitariamente diffuse in Pianura Padana; nell’area esaminata sono presenti essenzialmente lungo il corso del Fiume Serio. Questi saliceti trovano spazio a ridosso dei fiumi ove ancora il condizionamento morfogenetico, in termini di erosione e deposizone, risulta regolarmente presente su base stagionale. Essi sono quindi vincolati agli apparati alveali dei fiumi; rappresentano le forme più evolute in grado di instaurarsi nelle fasce golenali interne, dove minore è il disturbo provocato dalle piene, ma dove vi sia una buona disponibilità idrica di falda. Sono dominati da specie legnose a legno tenero (salici e pioppi, talvolta ontano nero) ad accrescimento veloce e il sottobosco presenta spesso molte specie arbustive e lianose. Nello strato arboreo domina il salice bianco, spesso accompagnato dal pioppo nero e, talvolta dall’olmo; nelle aree più calde è consistente anche la presenza del pioppo bianco. Nello strato arbustivo predomina la sanguinella e sono comuni altri cespugli quali la frangola (Frangula alnus), il sambuco nero, i rovi, ecc. Molto spesso sono presenti delle situazioni intermedie che collegano questi boschi ai saliceti di greto. I saliceti occupano fasce piuttosto ristrette e comunemente risentono di diversi fenomeni di disturbo (prossimità di aree urbanizzate, di aree coltivate, etc.). Sono quindi presenti fenomeni di ruderalizzazione e di degradazione di questi tipi di boschetti, che per altro rivestono un’importanza naturalistica elevata, che possono portare a cenosi di sostituzione descritte con il nome di Urtico-Populetum albae.

Boschi misti di latifoglie Boschi misti di latifoglie con farnia (Quercus peduncolata), carpino bianco (Carpinus betulis), olmo (Ulmus minor), salice bianco (Salix alba), platano (Platanus hybrida), robinia (Robinia pseudoacacia), pioppo nero (Populus nigra), acero americano (Acer negundo). Nell’area esaminata l’assetto vegetazionale forestale attuale si presenta completamente stravolto rispetto a quello originario. La vegetazione potenziale delle aree planiziali coincide con la vegetazione climax forestale mesofila e meso-igrofila, che viene individuata nelle cenosi a farnia (Quercus peduncolata), carpino bianco (Carpinus betulis) e olmo campestre (Ulmus minor).

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La farnia e il carpino bianco si associano, con molte altre entità, a formare i querco- carpineti, che costituiscono la vegetazione forestale stabile sui suoli alluvionali profondi, ben provvisti d’acqua durante tutto il loro ciclo stagionale. La farnia e l’olmo campestre tendono invece a formare i querco-ulmeti in situazioni caratterizzate da maggior presenza di acqua, dovuta alla falda più prossima alla superficie del suolo. Queste formazioni erano diffuse nella preistoria a formare immense foreste che ricoprivano l’intera Pianura Padana. L’area esaminata, in relazione alla sua collocazione geografica e alle caratteristiche climatiche morfologiche, è da tempi immemori soggetta ad una frequentazione antropica molto intensa. Questo ha portato nel corso dei secoli ad una progressiva distruzione delle fitocenosi originarie funzionale alla realizzazione di terreni idonei alle attività agricole e all’allevamento. Attualmente le vestigia della vegetazione originaria sono rappresentate da pochissimi nuclei boscati, tra loro isolati, che occupano le porzioni di territorio meno idonee all’agricoltura. A ciò va aggiunto che non è affatto da escludersi che alcuni boschi oggi presenti siano in realtà fitocenosi secondarie insediate su terreni agricoli abbandonati molto anticamente. Oltre ad una cospicua contrazione dell’estensione complessiva dei boschi e alla loro frammentazione in nuclei distinti, va sottolineato il processo di modificazione delle cenosi boschive originarie prodotto nei secoli a causa dei molteplici utilizzi della “risorsa bosco”. Esso ha portato a significative modifiche nella composizione specifica delle fitocenosi, con l’introduzione di nuove specie arboree e la tendenza a favorire la diffusione di alcune entità autoctone a scapito di altre. Nell’area esaminata sono stati rinvenuti solo pochi frammenti boschivi riconducibili al querco-carpineto. Nello strato arboreo sono abbastanza diffusi farnia (Quercus robur) e olmo campestre (Ulmus minor), sporadici sono il pioppo nero (Populus nigra), l’orniello (Fraxinus ornus) e la robinia (Robinia pseudoacacia). Lo strato arbustivo è ben sviluppato e composto prevalentemente da nocciolo (Corylus avellana), biancospino (Crataegus monogyna), sanguinella (Cornus sanguinea), prugnolo (Prunus spinosa), acero campestre (Acer campestris), palla di neve selvatica (Viburnum opulus), sambuco nero (Sambucus nigra) e rovi (Rubus spp.); si segnala anche l’abbondanza di edera (Hedera helix).

Siepi e filari Siepi e filari diffusi nell’ambiente agrario, lungo i fossi e le strade, a dominanza di farnia (Quercus robur), gelso (Morus alba), pioppo nero (Populus nigra). Si possono distinguere “siepi e filari principali” e “siepi e filari secondari”. I primi raggruppano le formazioni maggiormente continue e strutturate, dotate anche di uno sviluppo significativo anche in larghezza, mentre i secondi coincidono con le formazioni lineari più semplici e meno articolare.

Doc. Nº Revisioni Settore CREMA (CR) 0 Area Concessione SERGNANO (CR) Doc. N° Impianto ESERCIZIO Pmax = 1,05 Pi 00-BG-E-94700 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Fg. / di Comm. N° 148 / 212 ST-001

Le siepi e i filari sono formazioni ben rappresentate nel territorio esaminato. La loro diffusione coincide essenzialmente con le scarpate dei corpi idrici minori e/o con i confini tra gli appezzamenti. Per quanto riguarda i filari, le essenze che li compongono sono la robinia (Robinia pseudoacacia), il platano (Plataunus hybridus) e, assai più raramente, la farnia (Quercus robur), con qualche localizzata presenza di tiglio (Tilia cordata); lungo i fossi maggiori non è infrequente l’ontano nero (Alnus glutinosa). Nelle siepi le specie più abbondanti sono il sambuco (Sambucus nigra) e i rovi (Rubus spp.); frequentemente mostrano uno strato arboreo più o meno sviluppato in cui compaiono l’ontano nero (Alnus glutinosa), il pioppo tremolo (Populus tremula) e il pioppo bianco (P. alba), i salici (Salix alba e S. caprea), l’olmo campestre (Ulmus minor) e l’acero riccio (Acer platanoides). Nelle siepi arborate compaiono di frequente il nocciolo (Corylus avellana), la sanguinella (Cornus sanguinea), il biancospino (Crataegus monogyna), la palla di neve selvatica (Viburnum opulus), nonché alcuni rampicanti quali il luppolo (Humulus lupulus), la vitalba (Clematis vitalba) e la brionia (Bryonia dioica). Come sopra riportato, siepi e filari sono spesso frammentati e alterati e la loro composizione non comprende entità di particolare pregio naturalistico; va però ricordato che pur nella loro limitatezza queste formazioni rappresentano comunque significativi “serbatoi” di biodiversità floristica dell’area esaminata.

Risorgive e fontanili I fontanili presentano aspetti botanici di grande rilievo. Essi si presentano floristicamente ricchi nella loro testata, cioè nella depressione, per lo più approfondita e ampliata artificialmente dove sgorgano le polle di fontana. Le specie più comuni, che sono ripartite secondo varie zonazioni e successioni stagionali, sono i ranuncoli acquatici (Ranunculus flaccidus), i miriofilli (Myriophyllum spicatum), i potamogeti (Potamogetum spp.), le lenticchie d’acqua (Lemna spp.), le alghe verdi del genere Hydrodyction e vari muschi acquatici. Nelle porzioni con acqua lentamente fluente si rinviene abbondante un’associazione costituita dall’alloctona peste d’acqua (Elodea canadensis), con Zannichellia palustris e Callitriche stagnalis. Gli elementi floristici sopra citati non possono essere considerati rari in assoluto, tuttavia negli ultimi decenni l’intensificazione delle pratiche agricole ha portato alla drastica rarefazione degli habitat umidi planiziali, per cui le piante ad essi associate sono divenute infrequenti.

Vegetazione erbacea di rogge e canali Vegetazione erbacea di rogge e canali artificiali a dominanza di elofite e idrofite: tifa (Typha latifolia, T. angustifolia), cannuccia di palude (Phragmites australis), mestolaccia (Alisma

Doc. Nº Revisioni Settore CREMA (CR) 0 Area Concessione SERGNANO (CR) Doc. N° Impianto ESERCIZIO Pmax = 1,05 Pi 00-BG-E-94700 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Fg. / di Comm. N° 149 / 212 ST-001 plantago-aquatica), giaggiolo acquatico (Iris pseudacorus), brasche (Potamogeton spp.), lenticchia d’acqua (Lemna minor). (Associazioni Phragmitetum vulgaris, Typhetum angustifolium; Classi Lemnetaea, Potametaea) L’area esaminata è caratterizzata nella sua totalità dalla presenza di una fitta rete di rogge e canali che sfruttando l’acqua affiorante lungo la cosiddetta “linea delle risorgive” la convoglia ai fini irrigui secondo percorsi ordinati. Questa rete rappresenta un elemento ambientale di straordinaria importanza nell’ambito agricolo. Il mantenimento della sua efficienza richiede periodiche opere di ripulitura che hanno lo scopo di impedire il “soffocamento” dell’alveo da parte della vegetazione igrofila. Lo sviluppo di quest’ultima risulta quindi fortemente condizionato dalle pratiche di mantenimento. Nei tratti meglio conservati o comunque gestiti con accortezza si riscontra la presenza di elementi della flora appartenenti alla vegetazione idrofila, igrofila e palustre. Nei fossati, tra le specie che vivono radicate nel fondale e totalmente immerse le meglio rappresentate sono le idrofite Ranunculus fluitans, Elodea canadensis e Ceratophyllum demersum; meno diffusi sono le entità del Genere Potamogeton, tra cui P. nodosum. Nei tratti con corrente molto debole e semistagnante è diffusa la lenticchia d’acqua (Lemna minor), la cui abbondanza segnala l’esistenza di condizioni di consistente eutrofizzazione. Tra le specie palustri che compongono la vegetazione delle rive dei fossi e dei canali vi sono principalmente la cannuccia di palude (Phragmites australis), la mazzasorda (Typha sp) e il coltellaccio maggiore (Sparganium erectum); non rari sono il giaggiolo giallo (Iris pseudacorus), Apium nodiflorum, il geranio palustre (Geranium palustre) e la mestolaccia (Alisma plantago-aquatica). Ad un esame complessivo, gli aggruppamenti vegetale acquatici e palustri si presentano confinati a pochi tratti e non mostrano mai condizioni di significativa occupazione areale e strutturazione. Il loro interesse fitosociologico va quindi considerato piuttosto modesto. Gli elementi floristici che li compongono sono poco numerosi e non comprendono entità rare o di particolare pregio.

Vegetazione dei greti Vegetazione erbacea dei greti e delle spiagge fluviali e delle radure del bosco golenale a poligono (Poligonum spp.), forbicina (Bidens spp.), nappola (Xanthium italicum). La prima colonizzazione vegetale delle alluvioni fluviali è rappresentata da fitocenosi erbacee. Le specie che vi vegetano – tra cui dominano Poligonum spp., Bidens tripartita, Xanthium italicum, Scrophularia canina, Diplotaxis tenuifolia e Epilobium dodonaei - sono in grado di subire frequenti rimaneggiamenti del substrato ghiaioso e ciottoloso. Assieme alle specie erbacee sono quasi sempre presenti numerosi individui giovanili dei salici di greto (Salix eleagnos, S. purpurea) e a seconda della zona il pioppo nero o il salice bianco. La

Doc. Nº Revisioni Settore CREMA (CR) 0 Area Concessione SERGNANO (CR) Doc. N° Impianto ESERCIZIO Pmax = 1,05 Pi 00-BG-E-94700 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Fg. / di Comm. N° 150 / 212 ST-001 copertura è assai rada, anche se aumenta progressivamente nei siti più lontani dal letto del torrente. La vegetazione erbacea dei greti costituisce un habitat ad altissima dinamica, in quanto colonizza proprio le alluvioni più instabili dei greti fluviali. Lungo il letto le condizioni idrografiche e morfologiche stesse causano un continuo rimaneggiamento del materiale alluvionale impedendo una vera strutturazione delle cenosi vegetali. Le formazioni erbacee di greto sono caratterizzate da un’alta presenza di specie ruderali e di avventizie, dovute alla contiguità con le superfici intensamente antropizzate. In un secondo tempo le formazioni erbacee vengono sostituite da cenosi dominate da arbusti, che rappresentano una fase di consolidamento avanzato su alluvioni fluviali. I salici di greto, già presenti allo stato giovanile nella vegetazione erbacea di greto, si sviluppano fino a raggiungere alcuni metri. Costituiscono dapprima compagini molto compatte con ridottissimo strato erbaceo e solo in alcune situazioni favorevoli si riescono a strutturare degli arbusteti con un buon strato erbaceo sottostante. Questi saliceti sono in grado di sopportare le piene e quindi un certo rimaneggiamento del materiale alluvionale. D’altro canto effettuano anche una forte azione consolidatrice che può portare allo sviluppo di cenosi più esigenti, come il saliceto a salice bianco.

Vegetazione palustre degli stagni Le fitocenosi corrispondenti alla vegetazione palustre sono ormai divenute estremamente rare e localizzate nell’ambito territoriale considerato, tuttavia in rapporto al loro significato ecologico risulta opportuno descriverle ed effettuarne, quando possibile, la trasposizione nella relativa cartografia tematica. Nell’area esaminata sono presenti alcuni corpi idrici con acqua stagnante, in pratica piccoli laghetti e stagni, derivati dall’attività di estrazione della ghiaia. Qualcuno di essi si presenta dotato di una porzione non del tutto trascurabile di vegetazione palustre. Si tratta di fitocenosi igrofile di limitatissima estensione, poco più che frammenti, la cui conservazione nel tempo è per giunta del tutto improbabile, dal momento che al termine della concessione dell’attività estrattiva i terreni verranno presumibilmente bonificati ad uso agricolo. Le fitocenosi igrofile sono insediate nei tratti meno acclivi delle rive, in porzioni di acqua molto bassa, prevalentemente nei settori abbandonati oppure ai margini dei bacini di decantazione delle acque di lavaggio della ghiaia. Vi si rinvengono elementi della flora schiettamente acquatici, come alcune alghe e la mestolaccia (Alisma plantago aquatica), altri delle fitocenosi palustri, con formazioni di cannuccia palustre (Phragmites australis), tifa (Typha latifolia), talvolta anche qualche giunco (Juncus sp.) e qualche carice (Carex, sp.). Frequente è la presenza di alcune specie tipiche dei prati umidi, tra cui principalmente la salcerella (Lythrum salicaria), la mazza d’oro (Lysmachia vulgaris) e l’olmaria (Filipendula ulmaria). Rilevante è inoltre la diffusione di Solidago canadenis, un’infestante di origine nordamericana.

Doc. Nº Revisioni Settore CREMA (CR) 0 Area Concessione SERGNANO (CR) Doc. N° Impianto ESERCIZIO Pmax = 1,05 Pi 00-BG-E-94700 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Fg. / di Comm. N° 151 / 212 ST-001

Vegetazione delle aree agricole L’area di studio è caratterizzata in massima parte dalla presenza di coltivi sottoposti a pratiche agricole intensive. Queste ultime, che si concretizzano nel massimo sfruttamento degli spazi, nell’apporto artificioso di grandi quantità di nutrienti e nel frequente “azzeramento” della serie vegetazionale, determinano una fortissima selezione tra le specie vegetali. Propriamente, la vegetazione degli spazi coltivati è composta dalle essenze erbacee annuali (mais, erba medica, barbabietole, ecc.) sottoposte a coltivazione, ovviamente del tutto prive di interesse floristico. In qualche località, caratterizzata da piccoli appezzamenti a conduzioni familiare, è possibile riscontrare la vegetazione compagna delle colture sarchiate, caratterizzata dalla presenza di numerose specie annuali, tra cui principalmente Chenopodium album, Veronica persica, Taraxacum officinale, Sonchus oleraceus ed Euphorbia helioscopia. Le specie della flora spontanea dei coltivi presentano un estremo adattamento ad un disturbo intenso e ripetitivo.

Pioppeti Per quanto riguarda gli aspetti botanici dei pioppeti si può fare riferimento a quanto espresso per la vegetazione delle aree agricole. La comunità vegetale spontanea è molto povera e le specie floristiche presenti sono di modestissimo interesse naturalistico.

Incolti Gli incolti sono costituiti da formazioni vegetali erbacee e/o arbustive di tipo colonizzatrice, in fase di evoluzione verso cenosi più evolute e fisionomicamente complesse. Di regola gli incolti coincidono con ex-coltivi di diversa estensione e posti vicino ai corsi d’acqua, in prossimità delle infrastrutture lineari o ai margini dei nuclei abitati. Incolti si localizzano lungo le sponde del Serio; si tratta di aree solo occasionalmente interessate dalle piene. Dal punto di vista fitosociologico, queste formazioni possono essere il più delle volte attribuite alla Classe Artemisietea. Le specie principali sono nello strato erbaceo Artemisia vulgaris, Solidago gigantea, Setaria sp., Arctium lappa, Urtica dioica, Cirsium vulgare, Silene alba, Galium aparine e Glechoma hederacea. Talvolta compare anche qualche elemento dello strato arbustivo, tra cui principalmente Sambucus nigra e Robinia pseudacacia.

Vegetazione spontanea delle aree edificate Vengono incluse in questa categoria situazioni anche differenti, ma accomunate dalla dominanza di specie ruderali, frutto di un forte disturbo e di una modifica sostanziale degli habitat naturali. Per lo più si tratta di vegetazioni erbacee dominate da specie perenni.

Doc. Nº Revisioni Settore CREMA (CR) 0 Area Concessione SERGNANO (CR) Doc. N° Impianto ESERCIZIO Pmax = 1,05 Pi 00-BG-E-94700 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Fg. / di Comm. N° 152 / 212 ST-001

Queste specie sono in grado di ricolonizzare ambienti dopo forti interventi di disturbo, ma anche di resistere a diverse forme di disturbo prolungato e periodico. A queste cenosi partecipano, a volte in modo dominante, specie avventizie provenienti da diverse aree fitogeografiche e che possono risultare molto aggressive e rallentare i fenomeni di recupero da parte della vegetazione naturale.

6.2 Fauna Nella presente sezione sono compendiate le informazioni riguardanti la fauna dell’area di studio, in riferimento alla componente vertebrata e quindi alle Classi dei pesci, Anfibi, Rettili, Uccelli e Mammiferi. I dati zoologici di seguito esposti sono stati desunti essenzialmente da fonti di natura bibliografica e hanno permesso di definire in modo sufficiente le caratteristiche faunistiche del territorio esaminato e formulare le conseguenti valutazioni sul suo valore naturalistico. Gli elaborati relativi alla fauna consistono in una descrizione delle diverse classi, in un commento sul loro interesse naturalistico complessivo, nel significato zoologico delle entità presenti, con particolare riferimento alle specie incluse nelle Direttive internazionali di conservazione. In particolare per quanto riguarda gli uccelli la Direttiva di riferimento è la 79/409/CEE “concernente la conservazione degli uccelli selvatici” – chiamata “Direttiva Uccelli” - che elenca nel suo Allegato I le specie rare e minacciate di estinzione. Gli altri taxa sono invece trattati dalla Direttiva 92/43/CEE “relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche” – chiamata “Direttiva Habitat” - che include nel suo Allegato B le specie animali (esclusi gli Uccelli) e vegetali di interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione. Per quanto riguarda gli Uccelli, si fa riferimento essenzialmente alle specie presenti durante il periodo riproduttivo, quando maggiore è il legame con il territorio. Non sono infatti presenti nell’area esaminata siti di particolare importanza per lo svernamento dell’avifauna, oppure siti di riconosciuto significato nell’ambito delle rotte migratorie.

Pesci L’ittiofauna dell’area di studio è formata da 30 diverse specie di Pesci, di queste 29 appartengono alla Classe degli Osteitti e 1 a quella degli Agnati. Si tratta di un numero decisamente elevato, indice da un lato della diffusione e della varietà dei corpi idrici qui presenti e dall’altro lato della qualità ancora discretamente elevata che li caratterizza. Degna di nota la compresenza di entità reofile, amanti cioè delle acque correnti caratterizzate da una circolazione vivace, e di altre più legate ad acque lentamente fluenti o

Doc. Nº Revisioni Settore CREMA (CR) 0 Area Concessione SERGNANO (CR) Doc. N° Impianto ESERCIZIO Pmax = 1,05 Pi 00-BG-E-94700 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Fg. / di Comm. N° 153 / 212 ST-001 francamente stagnanti. Si tratta di una peculiarità dell’ittiocenosi dell’area di studio che conferma l’ampiezza del ventaglio di zone umide qui presenti. Il corpo idrico principale è certamente rappresentato dal Fiume Serio, un importante corso d’acqua che collega le Prealpi Lombarde con il Po. A questo grande corpo idrico fa riferimento un sistema di rogge e canali irrigui ancora molto sviluppato. Un ulteriore tipologia di corpi idrici è rappresentata dagli invasi artificiali scavati appositamente oppure formatisi nelle depressioni lasciate dalle cave di inerti. Per quanto riguarda la composizione specifica, accanto a molte specie autoctone sono presenti anche una serie di entità la cui presenza in loco è da attribuire all’azione più o meno volontaria dell’uomo. Si tratta in particolare di carassio, carassio dorato, pesce gatto, siluro d’Europa, persico sole e pesce persico. Tra le entità originarie invece di queste acque un buon numero, e più precisamente 10, sono considerati a rischio di estinzione a livello continentale e in quanto tali classificati come “di interesse comunitario” e inclusi nell’Allegato II della Direttiva 92/43/CEE “relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche” – chiamata “Direttiva Habitat”. Le specie in questione, ai sensi della Direttiva sopra richiamata, abbisognano aree speciali di tutela, i cosiddetti Siti di Interesse Comunitario (= S.I.C.). naturalmente questo secondo gruppo di entità è formato da specie decisamente più esigenti dal punto di vista delle caratteristiche del loro ambiente che mal sopportano le alterazioni ambientali e la concorrenza loro portata da pesci più eurieci. Le specie di Pesci comprese nell’Allegato II della Direttiva “Habitat” 92/43 CEE sono le seguenti (cfr. Allegato O – Volume III): • Lampreda padana (Lethenteron zanadreai) • Barbo canino (Barbus meridionalis) • Barbo (Barbus plebejus) • Lasca (Chondrostoma genei) • Vairone (Leuciscus souffia) • Pigo (Rutilus pigus) • Cobite comune (Cobitis taenia) • Cobite mascherato (Sabanejewia larvata) • Trota padana o marmorata (Salmo [trutta] marmoratus) • Scazzone (Cottus gobio)

Doc. Nº Revisioni Settore CREMA (CR) 0 Area Concessione SERGNANO (CR) Doc. N° Impianto ESERCIZIO Pmax = 1,05 Pi 00-BG-E-94700 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Fg. / di Comm. N° 154 / 212 ST-001

Anfibi La ricchezza di corpi idrici che caratterizza l’area di studio, già citata in riferimento ai Pesci, influenza positivamente anche la presenza degli Anfibi. Questi animali quantomeno per la riproduzione, ma molte specie in realtà per tutta la durata del proprio ciclo biologico, sono legate strettamente all’elemento liquido. Il numero di entità qui presenti è piuttosto elevato per un’area planiziale situata in un ambiento territoriale fortemente modificato dall’azione dell’uomo, quale è la Pianura Padana lombarda. Certamente gioca a favore della presenza di questa specie la presenza dell’area golenale del Fiume Serio, con le sue lanche e i suoi lembi di vegetazione igrofila, che fungono da preziose oasi. Importantissimi per la conservazione delle specie sono anche i fontanili e gli stagni di origine artificiale. In relazione all’importanza conservazionistica va notato come in generale gli Anfibi versino in cattive condizioni di conservazione, soprattutto le popolazioni infeudate in aree antropizzate. In particolare meritano di essere segnalati il tritone crestato italiano e la rana di Lataste, che condividono entrambe una situazione di declino di gravità tale da determinarne l’inserimento nell’Allegato II della “Direttiva Habitat”. Le specie di Anfibi comprese nell’Allegato II della Direttiva “Habitat” 92/43 CEE sono le seguenti (cfr. Allegato O – Volume III): • Tritone crestato italiano (Triturus carnifex) • Rana di Lataste (Rana latastei)

Rettili Nell’area di studio l’entità caratterizzata di certo dal maggior valore dal punto di vista conservazionistico è la testuggine d’acqua. Si tratta di un rettile legato strettamente ai corpi idrici che è in regresso un po’ in tutto il proprio areale. Gli altri Rettili sono invece specie relativamente comuni e localmente ancora abbondanti. Ciò vale soprattutto per il ramarro occidentale e la lucertola muraiola, un po’ meno per il biacco e il saettone, soprattutto in considerazione della localizzazione planiziale dell’area di studio. Biscia dal collare e natrice tassellata infine sono serpenti tipicamente legati all’acqua, soprattutto la seconda entità, che si nutrono prevalentemente di Pesci e Anfibi. È evidente che il reticolo idrico particolarmente ben sviluppato nonché la ricchezza della fauna ittica da esso ospitata formano un quadro decisamente positivo per queste due ultime specie di rettili. Le specie di Rettili comprese nell’Allegato II della Direttiva “Habitat” 92/43 CEE sono le seguenti (cfr. Allegato O – Volume III): • Testuggine d’acqua (Emys orbicularis)

Doc. Nº Revisioni Settore CREMA (CR) 0 Area Concessione SERGNANO (CR) Doc. N° Impianto ESERCIZIO Pmax = 1,05 Pi 00-BG-E-94700 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Fg. / di Comm. N° 155 / 212 ST-001

Uccelli In considerazione delle finalità dello studio, l’analisi dell’avifauna si è concentrata sulle specie che si riproducono nell’area, poiché durante la nidificazione il legame tra uccelli e territorio è massimo e quindi le caratteristiche dell’ambiente assumono un ruolo particolarmente importante Gli uccelli che si riproducono in maniera accertata o altamente probabile nell’ambito dell’area esaminata ammontano ad una sessantina di specie. Si tratta di un valore di ricchezza specifica certamente elevato in considerazione dell’estensione dell’area di studio e delle sue caratteristiche ambientali e che è reso possibile dall’esistenza di tipologie ambientali particolari, in grado di offrire ospitalità anche a specie particolarmente esigenti. Ci si riferisce in particolare alle zone umide, fiumi, golene, canali, stagni e invasi in generale. Proprio questi corpi idrici ospitano infatti la quasi totalità delle entità di maggior valore dal punto di vista conservazionistico. Quest’ultimo è certificato dalla loro inclusione nell’Allegato I della Direttiva “Uccelli”, nel quale sono citati tarabusino, garzetta, falco di palude e martin pescatore. Accanto ad essi vi è anche l’averla piccola, specie che predilige però le aree aperte confinanti con macchie di cespugli e boschetti. Essa appartiene quindi alla seconda grande categoria di specie di Uccelli presenti nell’area di studio: le entità legate ai coltivi e più in generale alle aree aperte. Ovviamente non tutti gli uccelli sono classificabili con sufficiente precisione sulla base di queste due grandi categorie ambientali. Alcune entità prediligono infatti le aree boscate; si tratta in particolare del colombaccio, della tortora, dell’allocco e del gufo comune, dell’upupa, del picchio verde e del picchio rosso maggiore, dello scricciolo, del pettirosso, dell’usignolo, della capinera, della sterpazzola, del luì piccolo, del pigliamosche e del rigogolo. Merita infine di essere rilevata la compresenza di un certo numero di rapaci, Uccelli che si occupano le posizioni di vertice delle piramidi alimentari certificandone in un certo senso la complessità e nel contempo anche la “solidità”. Le specie in parola sono il falco di palude e il gheppio, tra i rapaci diurni, il barbagianni, la civetta e i già citati allocco e gufo comune, tra i rapaci notturni. Un secondo parametro che documenta la complessità dell’ornitocenosi è rappresentato dal rapporto tra “non Passeriformi” e “Passeriformi” che nel caso in questione è pari a 0,6 a 1, a ulteriore testimonianza della “completezza” dell’assetto dell’ornitocenosi dell’area di studio. Le specie di Uccelli comprese nell’Allegato I (specie rare e minacciate di estinzione) della Direttiva 79/409/CEE “concernente la conservazione degli uccelli selvatici” – chiamata “Direttiva Uccelli” sono le seguenti (cfr. Allegato O – Volume III): • Tarabusino (Ixobrychus minutus) • Garzetta (Egretta garzetta)

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• Falco di palude (Circus aeruginosus) • Martin pescatore (Alcedo atthis) • Averla piccola (Lanius collurio)

Mammiferi Secondo le più aggiornate indicazioni bibliografiche il numero di specie che risulta presente nell’area di studio è pari a 25 unità. Ovviamente va considerato che le presenze delle specie desumibili dalla bibliografia specifica, stante la difficoltà oggettiva di censimento dei mammiferi, devono essere considerate in alcuni casi solo potenziali. Si tratta di un numero piuttosto elevato, posto che l’area di studio è occupata in gran parte da coltivi e aree urbanizzate. Ovviamente tale struttura ambientale si riflette sulla composizione della teriofauna che è costituita in gran parte da entità terricole di piccole dimensioni, i cosiddetti “micromammiferi”. Appartengono dunque a questa categoria il riccio, i toporagni (tre specie), la talpa, e i piccoli Roditori. Microtidi (cinque specie) e Muridi (cinque specie). Nel novero dei piccoli Mammiferi vanno computati anche i pipistrelli che sono risultati presenti con due specie, relativamente comuni. I lembi di vegetazione naturale e seminaturale associati ai principali corpi idrici presenti nell’area di studio offrono rifugio ad alcune entità di dimensioni anche medie rappresentate quasi tutte da carnivori, come la volpe, il tasso, la donnola, la puzzola e la faina, il cui sostentamento è offerto in gran parte proprio dai piccoli Roditori, oltreché naturalmente anche da Vertebrati appartenenti ad altre Classi. Un caso a parte è rappresentato dalla nutria. Si tratta di un grosso Roditore di origine sudamericana, allevato anche in Europa per il valore commerciale della folta e morbida pelliccia, il cosiddetto “castorino”. A partire da esemplari fuggiti dagli allevamenti o liberati volutamente, si sono costituite anche in Italia delle popolose colonie selvatiche, localizzate soprattutto, ma non esclusivamente, nelle pianure padane e del versante tirrenico della Penisola. Per quanto riguarda il valore conservazionistico, nessuna delle specie di Mammiferi qui elencate si caratterizza in questo senso, numerose sono anzi le entità comuni e ben diffuse. Solamente tra i Carnivori è possibile individuare delle specie, soprattutto la puzzola, che localmente non presentano uno status di conservazione francamente favorevole. Nessuna comunque delle specie in parola è inclusa nell’Allegato II della Direttiva “Habitat. Tra le entità di mammiferi presenti nell’area esaminata, nessuna risulta inclusa nell’Allegato B della Direttiva 92/43/CEE “relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche” (Direttiva “Habitat).

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6.3 Inquadramento ecosistemico Le diverse tipologie ecosistemiche interessanti l’area di studio sono state individuate “incrociando” le informazioni di carattere vegetazionale e quelle di tipo faunistico. Esse vengono di seguito elencate: - Acque correnti - Stagni - Risorgive e fontanili - Bosco ripariale - Boschi di latifoglie - Siepi e filari - Seminativi e colture legnose agrarie - Incolti - Aree edificate - Cava Le unità ecosistemiche individuate e visualizzate nella Carta degli ecosistemi in scala 1:10000 (Tavola 11 – Volume II), vengono di seguito elencate e descritte, soprattutto in riferimento al loro ruolo di habitat nei confronti della fauna. Acque correnti L’area esaminata è caratterizzata da una rilevante ricchezza di acque superficiali, costituite soprattutto da corpi idrici di acqua corrente. Tra i maggiori, va sicuramente ricordato il Fiume Serio, che col suo andamento meandreggiante attraversa da nord a sud tutto il settore geografico in questione. L’area si presenta inoltre intersecata da numerosi grossi canali e da una rete molto sviluppata di corpi idrici minori – derivante dal secolare lavoro di bonifica dell’area planiziale - costituita dai numerosi canaletti, fossi e rogge. Le tipologie ambientali caratterizzate dalla presenza dell’acqua si configurano come unità ecosistemiche di grande importanza. I corsi d’acqua più importanti, e il fiume Serio segnatamente, mostrano una fisionomia di spiccato interesse naturalistico, nonostante il condizionamento dovuto agli interventi antropici. Sono infatti conservati tratti di riva in cui permangono fitocenosi igrofile sia erbacee, che arbustive e arboree, fino a veri e propri lembi di bosco ripariale, di apprezzabile significato ecologico. Nel complesso, la qualità delle acque appare più che adeguata ad ospitare comunità vegetali ed animali articolate, che vanno dai macroinvertebrati bentonici ai vertebrati.

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Stagni Nell’area esaminata sono presenti alcuni corpi idrici con acqua stagnante, utilizzati per lo più per fini agricoli Questi ambienti si configurano come ecosistemi piuttosto interessanti, soprattutto sotto il profilo faunistico. Infatti in un contesto territoriale dominato dall’agricoltura intensiva questi stagni divengono “oasi” preziose, in grado di ospitare un buon numero di specie il cui habitat viene progressivamente eroso dall’espansione delle attività produttive. Gli stagni sono infatti importanti siti riproduttivi per i pesci e per gli anfibi e ospitano varie specie di rettili e uccelli legati alle zone umide. Grazie all’abbondanza di insetti, sono preziosi punti di alimentazione per gli uccelli insettivori e i pipistrelli. Risorgive e fontanili Risorgive e fontanili sono ambienti di particolare interesse ecosistemico, oltrechè paesaggistico e culturale. Si tratta di ambienti semi-artificiali originati dallo sfruttamento delle numerose risorgive che punteggiano il territorio. Costituiscono ambienti molto singolari, tipici della fascia di transizione tra l’alta e la bassa pianura lombarda, ove le acque delle falde s'innalzano per effetto del rigurgito provocato dalla diminuzione di permeabilità. Risorgive e fontanili posseggono una vegetazione propria, costituita da piante acquatiche e palustri organizzate in zonazioni, spesso abbondantissime per quanto attiene alla biomassa. Si tratta di elementi floristici poco comuni o persino rari nei contesti agricoli intensivi quali la Pianura Padana. Bosco ripariale I boschi ripariali sono connotati da svariate funzioni ecologiche. Un primo tipo di funzione è quella di mantenimento dell’equilibrio idrogeologico e di contenimento naturale delle acque, che complessivamente si esplica tramite la riduzione dell’erosione spondale, il rallentamento della corrente, l’azione di filtro sul materiale fluitato, la funzione di “cassa di espansione” negli episodi di piena. come filtro nell’intercettazione e nel trattenimento degli inquinanti. I boschi ripariali sono l’habitat ideale per un ampio spettro di specie animali e vegetali, in quanto caratterizzati da nicchie ecologiche molto diversificate. Costituiscono un ambiente di ponte tra gli ecosistemi acquatici e quelli terrestri e perciò, nel suo ruolo anche ecotonale, mostra di regola valori di biodiversità rilevanti. Boschi di latifoglie Questa categoria ecosistemica comprende i pochi lembi di bosco planiziale e delle scarpate di terrazzo distribuiti nell’area di studio. Si tratta di formazioni di tipo secondario, quasi sempre significativamente alterate nella struttura e nella composizione rispetto alle cenosi della vegetazione potenziale corrispondente. Va segnalato che i boschi di latifoglie costituiscono di regola un ambiente molto ospitale nei confronti della fauna, soprattutto quando sono maturi e in buono stato di conservazione.

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In questo specifico caso però la già citata frammentazione delle formazioni forestali costituisce un limite al loro grado di recettività nei confronti della fauna. Infatti i vari lembi si comportano come “isole” relativamente avulse dal contesto circostante e poco – o per nulla – interconnesse. Tale stato di cose non consente la permanenza di specie animali che necessitano di ampie aree vitali e di vaste superfici poco disturbate; non è certo un caso che l’avifauna e la mammalofauna presenti nell’area di studio siano costituite quasi solo da specie di piccole dimensioni. Formazioni boscate Limitati nuclei boscati, collocati soprattutto nelle pertinenze di corsi d’acqua, sono tutto ciò che rimane dei vastissimi boschi planiziali che un tempo occupavano questo settore della Pianura Padana. Le formazioni di bosco ripariale si collocano essenzialmente lungo i meandri e le lanche del Serio, mentre boschetti di latifoglie mesofile e robinieti occupano modeste superfici in genere inadatte al loro utilizzo agricolo. I nuclei boscati dell’area, anche se frammentati e compositivamente impovertiti, ricoprono un ruolo fondamentale nella conservazione della biodiversità locale, ospitando anche non poche di quelle entità faunistiche legate ai consorzi forestali maturi, ricchi di alberi di grandi dimensioni. Siepi e filari La diffusione di siepi e filari è piuttosto ampia nell’area si studio e la loro distribuzione segue prevalentemente l’alveo dei canali e delle rogge, oppure ai bordi delle strade di campagna o ancora le linee divisorie tra appezzamenti di diversa proprietà. Questi ambienti di tipo prevalentemente lineare si presentano dal punto di vista ecosistemico come situazioni di transizione tra gli ecosistemi “aperti” dei coltivi e quelli “chiusi” dei boschi. Svolgono il ruolo di importantissimi corridoi ecologici, permettendo gli spostamenti della fauna in una matrice territoriale certamente poco adatta. Pur essendo strutturalmente poco complesso, l’ambiente della siepe presenta un rilevante interesse naturalistico in relazione alla grande biodiversità che la caratterizza, sia dal punto di vista floristico sia – soprattutto – per gli aspetti faunistici. Seminativi e colture legnose agrarie La Pianura Padana costituisce uno dei territori più fertili d’Europa e non è quindi motivo di stupore che una porzione percentualmente preponderante dell’area esaminata sia costituita da superfici coltivate. L’aspetto complessivo del paesaggio agricolo mostra una notevole omogeneità nel settore territoriale esaminato, con un regolare susseguirsi di appezzamenti di estensione medio-ampia. Questa trama va incontro a situazioni di irregolarità in coincidenza di elementi fisici del paesaggio quali i corsi d’acqua, in primo il Serio, che ha conservato un andamento meandriforme. L’ecosistema agrario si presenta quasi ovunque abbastanza banalizzato e semplificato a causa dell’intenso sfruttamento. Le siepi e le

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Valore ecologico-ambientale degli ecosistemi Il valore ecologico-ambientale degli ecosistemi esprime in sintesi il grado di importanza di ogni ecosistema in rapporto al contesto territoriale considerato e rappresenta un indice di tipo relativo, utilizzabile cioè solo in un paragone tra queste categorie ambientali, al solo scopo di stabilire una graduatoria degli ecosistemi basata sulla loro importanza relativa. Tra i vari sistemi di calcolo proposti in letteratura (cfr. Valutare l’ambiente, Gisotti e Bruschi 1990) si è scelto, adattandolo, quello adottato dall’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT, 2004). Ciascun ecosistema è stato valutato secondo i seguenti parametri, attribuendo un punteggio compreso tra 0 e 5: • biodiversità floristica

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• biodiversità faunistica • complessità strutturale (in base alla struttura della vegetazione e/o all’articolazione del biotopo) • grado di vicinanza all’ambiente potenziale • rarità nell’area (rarità dell’ecosistema nell’area esaminata) • stato di conservazione medio nell’area • inclusione nell’allegato I della Direttiva 92/43/CEE “Habitat” (5 punti) • presenza di specie florofaunistiche dell’allegato I della Direttiva 79/409/CEE “Uccelli” e dell’Allegato II della Direttiva 92/43/CEE “Habitat”. Dall’esame dei risultati dello schema di calcolo, presentato nella Tabella 6.3.a, gli ecosistemi dell’area indagata, in relazione al loro valore ecologico-ambientale, e quindi alla loro importanza, possono essere così elencati in ordine decrescente: - Risorgive e fontanili = 35 - Bosco ripariale = 34 - Stagni = 32 - Acque correnti = 29 - Boschi di latifoglie = 26 - Siepi e filari = 23 - Incolti = 14 - Seminativi e colture legnose agrarie = 8 - Aree edificate = 6 - Cava = 6

Gli ambienti caratterizzati dalla presenza dell’acqua sia corrente che stagnante, come pure gli ecosistemi all’acqua strettamente associati, costituiscono gli habitat di maggior valore, soprattutto in relazione alla presenza di elevati valori di biodiversità, ma anche per via della loro rarità relativa e della loro inclusione tra gli habitat tutelati a livello comunitario. I boschi di latifoglie e le formazioni arbustivo-arboreo lineari si collocano in una fascia di valore inferiore; la loro importanza ecosistemica è notevole ma nell’area esaminata le funzioni ecologiche non possono venire espresse compiutamente a causa del mediocre stato di conservazione. Gli ambienti maggiormente modificati dall’uomo posseggono valori molto bassi e solo gli incolti, grazie al temporaneo calo della pressione antropica, riescono ad elevarsi di poco sopra i minimi.

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TOTALE delle Direttive florofaunistiche Rarità nell’area medio nell’area Direttiva Habitat Grado di vicinanza Presenza di specie Biodiversità floristica Biodiversità faunistica Stato di conservazione all’ambiente potenziale Complessità strutturale Inclusione nell’elenco della

Acque 3 4 2 3 3 4 5 5 29 correnti

Stagni 3 4 3 4 5 3 5 5 32

Risorgive e 4 4 3 4 5 5 5 5 35 fontanili

Bosco 4 5 5 4 4 4 5 3 34 ripariale

Boschi di 4 5 5 3 4 3 0 2 26 latifoglie

Siepi e filari 4 5 4 2 3 3 0 2 23

Seminativi e colture 2 2 1 0 0 2 0 1 8 legnose

Incolti 2 3 1 0 5 2 0 1 14

Aree 1 2 0 0 1 1 0 1 6 edificate

Cava 0 1 0 0 5 0 0 0 6

Tabella 6.3.a – Valore ecologico-ambientale degli ecosistemi, schema di calcolo

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6.4 Rapporti con aree protette Per quanto attiene ai rapporti con le aree protette, si evidenzia come le infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio siano localizzate esternamente al Parco del Serio, ad eccezione dei pozzi Sergnano 2, 7 e 44 prossimi al limite del Parco, ed ad alcuni chilometri dal perimetro del SIC “Palata Menasciutto” (IT20A0003), come visualizzato in Figura 6.4.a.

Figura 6.4.a – Localizzazione dell’area SIC e del Parco del Serio rispetto alle infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio

Le modalità di esercizio in condizione di sovrapressione delle infrastrutture della Concessione, come descritto al capitolo 3 del Quadro Progettuale (Sezione III – Volume I)

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Contestualmente allo SIA si riporta lo Studio di Incidenza ambientale (ex-art.10, comma 3 del D.Lgs. 4/2008), riferito al SIC “Palata Menasciutto” (IT20A0003), conseguente all’esercizio delle infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio in condizione di sovrapressione. Lo studio di Incidenza è stato redatto secondo quanto disposto dal DPR 120/2003 “Regolamento recante modifiche ed integrazioni al DPR 357/1997, concernente attuazione della DIR 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e fauna selvatiche” e secondo gli indirizzi dell’allegato G al DPR 357/1997, non modificato dal successivo DPR 120/2003.

6.5 Valutazione degli impatti e misure di mitigazione Sulla base delle considerazioni sviluppate nel capitolo 6.3, emerge come le infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio, ad esclusione dei pozzi Sergnano 2, 7 e 44 ricadenti nel perimetro del Parco del Serio, siano inserite in aree agrarie a seminativo e colture legnose, caratterizzate da una pressione antropica significativa e da un basso valore ecologico-ambientale. La sottrazione di tali habitat incide quindi in modo marginale sul valore floro-faunistico complessivo dell’area interessata. Gli impatti sulla componente vegetazione, flora, fauna ed ecosistemi conseguenti all’esercizio delle infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio sia in condizione di sovrapressione (Pmax=1,05Pi), che relativamente all’esercizio in condizione Pmax=Pi, si possono ritenere di entità nulla e/o trascurabile; in quanto: ¾ in merito alla sottrazione di suolo e di habitat, in particolare nei confronti delle specie faunistiche, questa va considerata nulla non essendo previste modifiche rispetto alla attuale occupazione dei suoli in quanto le attuali infrastrutture di superficie della Concessione Sergnano Stoccaggio sono compatibili all’esercizio della stessa fino a condizioni di sovrapressione pari al 105% di quella originaria di giacimento; ¾ i reflui civili (acque igienico-sanitarie), industriali (acque di lavaggio ed accidentalmente oleose raccolte da aree cordolate d’impianto) e le acque meteoriche ricadenti su strade, piazzali ed edifici, nonché quelle raccolte nelle cantine dei pozzi di stoccaggio (aree cluster), in funzione della loro tipologia e caratteristiche, sono recapitate, se idonee ai sensi della Tabella 3 dell’Allegato 5 alla Parte III del D.Lgs. n. 152/06 e s.m.i., nella roggia Guadazzolo, altrimenti vengono smaltite come rifiuto. Le acque igienico-sanitarie dell’area trattamento vengono convogliate in una vasca Imhoff e successivamente inviate in un impianto di fitodepurazione a ciclo chiuso, mentre quelle dell’area compressione sono convogliate in una vasca tipo Imhoff e successivamente inviate in un impianto di sub-irrigazione, per la dispersione al suolo;

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¾ i rifiuti speciali solidi e liquidi (pericolosi e non) vengono temporaneamente depositati in aree dedicate (cordonate e provviste di tettoia di copertura), separatamente per ogni categoria secondo le disposizioni di legge. Per lo smaltimento ed il recupero dei rifiuti prodotti, vengono utilizzate società di trasporto specializzate che conferiscono i rifiuti a recapiti autorizzati ai sensi della vigente normativa; ¾ aria ambiente: sulla base delle simulazioni effettuate, il valore ricostruito massimo medio annuo di ricaduta di NOx conseguente al funzionamento complessivo degli 3 impianti della Concessione in condizione Pmax=1,05Pi, risulta pari a 0,73 μg/m (in prossimità del perimetro della Centrale), significativamente inferiore a 30 μg/m3 fissato come limite dal D.Lgs. 155/10 per la salvaguardia degli ecosistemi e della vegetazione26; ¾ clima acustico: i risultati dei monitoraggi del clima acustico effettuati nel mese di settembre 2006, in condizioni di compressione/stoccaggio gas, e nel mese di novembre 2009, in condizioni di erogazione gas – esercizio sperimentale in sovrapressione – hanno evidenziato, con riferimento a ricettori individuati esterni alla Centrale, il pieno rispetto dei limiti di immissione secondo la vigente normativa.

Sulla base delle considerazioni sopra riportate, non si ritiene quindi necessario predisporre misure di mitigazione aggiuntive rispetto a quanto già previsto in fase di esercizio delle infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio.

26 le emissioni medie di ossidi di zolfo, sulla base delle analisi dei fumi emessi dal termodistruttore (E12) e dai rigeneratori DEG (E13, E14, E15, E16) riferite al periodo 2006-2010, sono di fatto trascurabili, risultando sempre inferiori al limite di rilevabilità (1 mg/Nm3) – cap. 3.5.1.

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7 RUMORE

7.1 Premessa Lo studio della componente rumore, finalizzato alla valutazione dell’impatto acustico in relazione alle emissioni generate durante le fasi di esercizio – compressione/stoccaggio e erogazione/trattamento – degli impianti della Concessione Sergnano Stoccaggio in condizione di sovrapressione (Pmax=1,05Pi), è stato sviluppato sulla base dell’elaborazione ed analisi dei dati rilevati nel corso di campagne di monitoraggio ambientale (settembre 2006 – fase di compressione; marzo 2008 e novembre 2009 – fase di erogazione). Per la stima delle variazioni del clima acustico che potrebbero determinarsi con l’esercizio dell’impianto in condizione di sovrapressione (Pmax= 1,05 Pi), è stata effettuata, nell’ambito del presente SIA, una campagna di monitoraggio nelle giornate del 10 e 11 novembre 2009, durante le quali gli impianti della Concessione Sergnano operavano sperimentalmente in fase di erogazione con una portata oraria di gas metano di circa 1.350.000 Sm3/ora, rilevando i livelli di immissione sonora ambientale sia nel periodo diurno che in quello notturno. L’attività di stoccaggio del gas naturale è divisa in due fasi: la fase di iniezione/stoccaggio in giacimento, generalmente riferita al periodo Aprile-Agosto/Settembre, e la fase di erogazione nella rete di trasporto nazionale, generalmente riferita al periodo Ottobre/Novembre-Marzo. Per ragioni tecnico-produttive tali fasi non saranno mai contemporanee. Gli impianti della Concessione possono essere in funzione sia nel periodo diurno (06.00- 22.00) che in quello notturno (22.00-06.00). Come richiamato nel Quadro progettuale (Sezione III), l’esercizio delle infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio in condizione di sovrappressione (Pmax= 1,05 Pi), pur trattando maggiori quantità di gas in fase sia di compressione/stoccaggio che di erogazione/trattamento rispetto alla configurazione in condizione di Pmax=Pi, non comporta la realizzazione di nuove infrastrutture od il potenziamento di quelle esistenti. Con specifico riferimento alle variazioni del clima acustico conseguenti all’esercizio in sovrapressione rispetto alla condizione Pmax = Pi, si evidenzia: ¾ fase di compressione: l’esercizio in sovrapressione, comportando solamente un aumento delle ore di funzionamento dei turbocompressori e delle apparecchiature di processo e di servizio funzionali all’attività stessa, mantenendo cioè le stesse modalità di impiego per unità di tempo degli impianti, non determina variazioni dei livelli sonori rispetto all’esercizio Pmax = Pi; ¾ fase di erogazione: l’esercizio in sovrapressione delle infrastrutture dell’area trattamento presenti in Centrale, analogamente alla fase di compressione, non determina variazioni dei livelli sonori rispetto all’esercizio Pmax = Pi. Con riferimento alle

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aree cluster (pozzi attivi), l’esercizio in sovrapressione comporta un modesto incremento del rumore limitatamente all’inizio della fase di erogazione, di entità decrescente al ridursi della sovrapressione di esercizio.

Lo studio del rumore, finalizzato alla verifica che l’esercizio in sovrapressione (Pmax=1,05Pi) delle infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio in fase di erogazione – si ribadisce che in fase di compressione non si avranno variazioni di impatto acustico rispetto alla configurazione Pmax=Pi – rispetti i limiti previsti dalla normativa vigente, è stato quindi articolato nelle seguenti fasi: • analisi dei riferimenti normativi; • individuazione e descrizione delle principali sorgenti di rumore interne agli impianti della concessione Sergnano nelle aree di trattamento e di compressione e nei cluster; • analisi dei risultati delle campagne di monitoraggio acustico, con esercizio dell’impianto nella configurazione Pmax= Pi – fasi di compressione (settembre 2006) e di erogazione (marzo 2008); • stima degli impatti acustici in fase di erogazione in condizione di sovrappressione Pmax= 1,05Pi – campagna di monitoraggio acustico novembre 2009 – e valutazione delle variazioni al clima acustico dell’area in esame.

7.2 Il Quadro normativo di Riferimento

LA NORMATIVA A LIVELLO NAZIONALE Attualmente il quadro normativo nazionale si basa su due fonti principali: il D.P.C.M. del 1° Marzo 1991 e la Legge Quadro n. 447 del 26 Ottobre 1995 che rappresentano gli strumenti legislativi che hanno consentito di realizzare una disciplina organica e sistematica dell’inquinamento acustico in ambienti abitativi ed esterni. Il DPCM 01.03.91 stabilisce i limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e negli ambienti esterni. L’importanza di tale decreto, nonostante sia superato in quasi tutti i suoi contenuti in seguito all’emanazione della Legge Quadro 447/95 ed i suoi decreti attuativi, è da ricondurre al fatto che è stato il primo a sollevare la questione dell’inquinamento acustico in ambiente esterno ed abitativo ed ha fissato i limiti massimi di esposizione al rumore nei suddetti ambienti. Altro punto centrale di tale norma è l’introduzione dell’obbligo dei Comuni a suddividere il territorio in zone (tabella A del DPCM), secondo la tipologia degli insediamenti (residenziale, industriale, misto, ecc.). Tuttavia, in attesa che i comuni definiscano tali

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Tabella 7.2.a – Valori limite assoluti di immissione sonora

Tabella 7.2.b – Valori limite di immissione sonora validi in regime transitorio (in assenza di zonizzazione acustica comunale)

La Legge Quadro 447/95 sull’Inquinamento Acustico si propone di dare un assetto organico alla materia uniformando la terminologia tecnica, definendo i principi fondamentali in materia di tutela dall’inquinamento acustico dell’ambiente esterno e dell’ambiente abitativo, stabilendo le competenze e introducendo nuove professionalità come la figura del “tecnico competente in acustica ambientale” e delineando un regime sanzionatorio.

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In particolare all’art. 2, comma 1, riporta alcune definizioni base (inquinamento acustico, ambiente abitativo, sorgente sonora fissa, sorgente sonora mobile, valore limite di emissione e di immissione) e nuovi parametri utili per caratterizzare il fenomeno acustico, quali il livello di attenzione (il livello di rumore che segnala la presenza di un potenziale rischio per la salute umana o per l’ambiente) ed i valori di qualità (i livelli di rumore da conseguire nel breve, nel medio e nel lungo periodo con le tecnologie e le metodiche di risanamento disponibili, per realizzare gli obiettivi di tutela previsti dalla legge). Quindi a differenza del DPCM 01.03.91 la legge non si preoccupa solo della salute umana, ma si preoccupa anche, coerentemente alle linee guida comunitarie, del conseguimento del clima acustico ottimale per il benessere dell’individuo. In base al comma 3 dell’art. 2 l’accettabilità del rumore si basa sul rispetto di due criteri, associabili a due vincoli distinti: • Un criterio differenziale, riferito agli ambienti confinati, per il quale si verifica che la differenza tra il livello di rumore ambientale (livello continuo equivalente di pressione sonora ponderato “A”, prodotto da tutte le sorgenti di rumore esistenti in un dato luogo e durante un determinato tempo) ed il livello di rumore residuo (livello continuo equivalente di pressione sonora ponderato “A” che si rileva quando si esclude la specifica sorgente disturbante) non superi i limiti della normativa. Tale criterio non si applica quando l’effetto del rumore ambientale risulta trascurabile. • Un criterio assoluto, riferito agli ambienti esterni, per il quale si verifica che il livello di rumore ambientale corretto non superi i limiti assoluti stabiliti in funzione della destinazione d’uso del territorio e della fascia oraria. Altro punto importante è il comma 5 in cui vengono definiti i provvedimenti per la limitazione delle immissioni sonore che possono essere di natura amministrativa, tecnica, costruttiva e gestionale. In tal modo, ai fini di una prevenzione acustica, viene conferita una grossa importanza a strumenti di programmazione territoriale quali i piani dei trasporti urbani, i piani urbani del traffico stradale, ferroviario, aeroportuale e marittimo e la pianificazione urbanistica (delocalizzazione di attività rumorose o di recettori particolarmente sensibili). L’attuazione della Legge Quadro ha previsto, sia a livello statale che regionale, l’emanazione di un certo numero di norme e Decreti. Tra i più importanti si ricordano: DPCM 14.11.97 sulla determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore. Nel decreto è riportata la suddivisione del territorio in 6 classi, come già definite nel D.P.C.M 1 marzo 1991, alle quali corrispondono i rispettivi limiti di zona. Per tali aree sono stabiliti i valori limite di emissione, immissione e qualità riportati nelle tabelle che seguono. Il D.P.C.M. stabilisce anche i valori limite differenziali di immissione ed i relativi criteri di applicabilità. In particolare i valori limite differenziali validi per tutte le classi di destinazione

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Rientrano in questa classe le aree nelle quali la quiete rappresenta un elemento di base per Aree particolarmente la loro utilizzazione: aree ospedaliere, Classe I scolastiche, aree destinate al riposo ed allo Protette svago, aree residenziali rurali, aree di particolare interesse urbanistico, parchi pubblici, ecc.

Rientrano in questa classe le aree urbane interessate prevalentemente da traffico Aree destinate ad uso veicolare locale, con basse densità di Classe II prevalentemente popolazione, con limitata presenza di attività residenziale commerciali ed assenza di attività industriali ed artigianali

Rientrano in questa classe le aree urbane interessate da traffico veicolare locale o di attraversamento, con media densità di popolazione con presenza di attività Classe III Aree di tipo misto commerciali, uffici, con limitata presenza di attività artigianali e con assenza di attività industriali; aree rurali interessate da attività che impiegano macchine operatrici.

Rientrano in questa classe: le aree urbane interessate da intenso traffico veicolare, con alta densità di popolazione, elevata presenza Aree di intensa attività di attività commerciali e uffici e presenza di Classe IV umana attività artigianali; le aree in prossimità di strade di grande comunicazione e di linee ferroviarie; le aree portuali; le aree con limitata presenza di piccole industrie.

Aree prevalentemente Rientrano in questa classe le aree interessate Classe V da insediamenti industriali e con scarsità di Industriali abitazioni.

Rientrano in questa classe le aree Aree esclusivamente Classe VI esclusivamente interessate da attività industriali industriali e prive di insediamenti abitativi.

Tabella 7.2.c – Classificazione del territorio comunale ( DPCM 01.03.91-DPCM 14.11.97)

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Tabella 7.2.d – Valori limite di emissione sonora validi in regime definitivo (DPCM 14.11.97)

Tabella 7.2.e – Valori limite assoluti di immissione sonora validi in regime definitivo (DPCM 14.11.97)

Tabella 7.2.f – Valori di qualità validi in regime definitivo (DPCM 14.11.97)

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DM 11.12.1996 “Applicazione del criterio differenziale per gli impianti a ciclo produttivo continuo”. Tale Decreto si applica per gli impianti a ciclo continuo, ubicati in zone diverse da quelle esclusivamente industriali (classe VI), o la cui attività dispiega i propri effetti in zone diverse da quelle esclusivamente industriali. Il Decreto stabilisce che oltre al rispetto dei limiti di immissione, gli impianti a ciclo produttivo continuo esistenti sono soggetti all’applicazione del criterio differenziale, quando non sono rispettati i valori limite di immissione. Per gli impianti a ciclo produttivo continuo realizzati dopo il 20.03.1997, il rispetto del criterio differenziale è condizione necessaria per il rilascio della relativa concessione. Per impianto a ciclo produttivo continuo si intende: • un impianto in cui non è possibile interrompere l’attività senza provocare danni all’impianto stesso, pericoli di incidenti o alterazioni del prodotto o per necessità di continuità finalizzata a garantire l’erogazione di un servizio pubblico essenziale; • un impianto il cui esercizio è regolato da contratti collettivi nazionali di lavoro o da norme di legge, sulle ventiquattro ore per cicli settimanali, fatte salve le esigenze di manutenzione.

La Circolare del 6 settembre 2004 del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio “Interpretazione in materia di inquinamento acustico: criterio differenziale e applicabilità dei valori limite differenziali“ (G.U. n. 217 del 15 settembre 2004), precisa che le due definizioni di cui sopra sussistono anche in senso alternativo, in quanto ognuna delle suddette definizioni vale a qualificare l'impianto di riferimento come a ciclo produttivo continuo: per quanto concerne la lettera a) in considerazione di determinate situazioni tecniche, per la lettera b) sulla base di tempi di lavoro accertabili connessi alla continuità dell'esercizio. Inoltre, si precisa anche che nel caso non contemplato dall’art. 3 del citato DM, di modifica, ampliamento, adeguamento ambientale di un impianto a ciclo produttivo continuo già esistente, la norma debba essere interpretata nel senso dell’applicabilità del criterio differenziale solo ai nuovi impianti che ne costituiscono la modifica. Per quanto riguarda le condizioni di esclusione dal campo di applicazione del criterio differenziale, sancito dal secondo comma dell’art. 4, il Ministero ha chiarito che tale esclusione opera solo se siano verificate entrambe (e non, quindi, anche una sola) le condizioni ivi previste, ovvero: se il rumore misurato a finestre aperte sia inferiore a 50 dB(A) durante il periodo diurno e 40 dB(A) durante il periodo notturno e se il livello del rumore ambientale misurato a finestre chiuse sia inferiore a 35 dB(A) durante il periodo diurno e 25 dB(A) durante il periodo notturno. Inoltre, la Circolare ha definitivamente chiarito che il criterio differenziale è applicabile anche nei territori dei Comuni che non hanno ancora predisposto la zonizzazione acustica, fatta eccezione per le "aree esclusivamente industriali", spazzando via tutte le contrarie interpretazioni, anche giurisprudenziali, che si sono susseguite sino ad oggi (da ultimi,

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Consiglio di Stato, Sezione IV - Sentenza 18 febbraio 2003, n. 880; e Tar Veneto, Sentenza 7 ottobre 2003, n. 5123). DM 16.03.98 “Tecniche di rilevamento e di misurazione dell’inquinamento acustico”, emanato in ottemperanza al disposto dell’art. 3 comma 1, lettera c) della l. 447/95. Individua le specifiche che devono essere soddisfatte dal sistema di misura e le relative norme di riferimento: • metodologie ed obblighi di calibrazione e taratura della strumentazione adottata • i criteri e le modalità di misura dell’inquinamento acustico in ambienti abitativi, traffico ferroviario e veicolare (allegati B e C del decreto).

D. Lgs. 194 /2005 "Attuazione della direttiva 2002/49/CE relativa alla determinazione ed alla gestione del rumore ambientale". Con riferimento alla direttiva del Consiglio Europeo: • vengono definite le modalità di mappatura acustica e di realizzazione di piani di contenimento dell’inquinamento acustico (traffico ferroviario, stradale, aereo); • vengono introdotti nuovi parametri descrittivi dell’inquinamento acustico in base a cui fissare i limiti ammissibili di rumore (Lden e Lnight ) • vengono definiti i criteri secondo cui fornire indicazioni periodiche alla popolazione delle azioni intraprese e dei risultati ottenuti.

7.3 Individuazione delle sorgenti di rumore Come richiamato al cap. 7.1, le attività di stoccaggio gas naturale avvengono attraverso due fasi ben distinte: una relativa alla compressione del gas nel giacimento di stoccaggio (esercizio dell’impianto compressione) che si svolge prevalentemente nel periodo primavera-estate, mentre l’altra relativa all’erogazione del gas precedentemente stoccato (esercizio dell’impianto di trattamento ed apparecchiature aree cluster) che si svolge nel periodo autunno-inverno. Entrambe le fasi prevedono il funzionamento degli impianti sia nel periodo diurno che in quello notturno. Durante la fase di compressione, il gas naturale proveniente dalla rete di trasporto nazionale, viene stoccato in giacimento mediante immissione in pozzi esistenti. Durante questa fase le sorgenti di rumore sono riferibili ai turbocompressori ed alle unità di servizio ad essi associate, localizzate nell’area compressione della centrale di stoccaggio (Figura 7.3.a). Durante la fase di erogazione, il gas naturale viene estratto, trattato per separare il gas dalla frazione liquida trascinata, e riconsegnato alla rete di trasporto nazionale. In questa fase le sorgenti di rumore sono riferibili agli impianti dell’area trattamento della Centrale di stoccaggio ed alle apparecchiature delle aree cluster (Figura 7.3.a).

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L’effettivo impiego degli impianti, cioè le ore di funzionamento, risulta variabile di anno in anno e comunque inferiore alla durata complessiva dei periodi normalmente interessati dalle attività di compressione ed erogazione. Per la stima degli impatti sul clima acustico, i ricettori più impattati non coincidono per entrambe le fasi, ciò dipende dal fatto che per ogni fase entrano in funzione differenti impianti/apparecchiature che sono collocati anche in aree diverse. Si sottolinea inoltre come la fase di erogazione risulti potenzialmente più impattante rispetto a quella di compressione, come è evidenziato dai risultati delle campagne di monitoraggio riportate nei paragrafi successivi.

Fig. 7.3.a – Concessione Sergnano Stoccaggio: Centrale (aree compressione e trattamento) e Cluster A-B-C-D

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7.4 Caratterizzazione acustica del territorio in esame Le infrastrutture della concessione Sergnano Stoccaggio sono localizzate nella periferia di Sergnano in aree a destinazione principalmente agricola, caratterizzate da una orografia prevalentemente pianeggiante (Figura 7.3.a). Dal punto di vista acustico, il Comune di Sergnano ha approvato ed adottato nell’ottobre del 2005 il Piano di zonizzazione acustica del proprio territorio comunale, di cui in Figura 7.4.a si riporta uno stralcio relativo all’area interessata dalla Centrale e dai cluster. . Gli impianti della Concessione Sergnano stoccaggio risultano classificati come: - Centrale e Cluster A, B e C: aree prevalentemente industriali - classe V- con limiti di immissione sonora pari a 70 e 60 dB(A) e limiti di emissione sonora pari a 65 e 55 dB(A), rispettivamente in periodo diurno e notturno; - Cluster D: area di tipo misto – Classe III - con limiti di immissione sonora pari a 60 e 50 dB(A) e limiti di emissione sonora pari a 55 e 45 dB(A), rispettivamente in periodo diurno e notturno. I ricettori oggetto delle compagne di monitoraggio acustico, la cui ubicazione è rispettivamente visualizzata in Figura 7.4.a – campagne di monitoraggio acustico nella configurazione operativa Pmax =Pi sia nella fase di compressione (Settembre 2006) che nella fase di erogazione (Marzo 2008) – ed in Figura 7.6.a – campagna di monitoraggio acustico nella configurazione operativa Pmax =1,05Pi in fase di erogazione (Novembre 2009, ricadono rispettivamente: • R1, R3 e R4, in aree di intensa attività umana – Classe IV – con i limiti di immissione sonora pari a 65 e 55 dB(A) e limiti di emissione sonora pari a 60 e 50 dB(A) rispettivamente in periodo diurno e notturno; • R2, R6 ed R8, in aree prevalentemente residenziali – Classe II – con i limiti di immissione sonora pari a 55 e 45 dB(A) e limiti di emissione sonora pari a 50 e 40 dB(A) rispettivamente in periodo diurno e notturno; • R5 ed R7, in aree di tipo misto – Classe III – con limiti di immissione sonora pari a 60 e 50 dB(A) e limiti di emissione sonora pari a 55 e 45 dB(A), rispettivamente in periodo diurno e notturno.

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Fig. 7.4.a – Stralcio del Piano di zonizzazione acustica del comune di Sergnano con evidenziata l’ubicazione della Centrale Stogit, dei cluster A, B, C e D e dei ricettori considerati durante le campagne di monitoraggio del clima acustico (settembre 2006 e marzo 2008).

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7.5 Analisi dei dati fonometrici per la caratterizzazione dell’esercizio in configurazione Pmax=Pi Per la caratterizzazione del clima acustico dell’area limitrofa agli impianti della concessione Sergnano in esercizio nella configurazione Pmax=Pi, si è fatto riferimento alle campagne di rilievi fonometrici svolte nell’arco del biennio 2006-2008 sui ricettori considerati più rappresentativi. La campagna di misure effettuata nel Settembre 2006, aveva lo scopo di caratterizzare il clima acustico dell’area quando l’impianto è in fase di compressione. I ricettori considerati sono quelli posti nelle immediate vicinanze nell’area che ospita i turbocompressori e le unità di servizio ad essi associate: R1, R3, R4 e R5. La campagna di misure relativa ai ricettori R1, R2, R4 e R6 è stata effettuata durante la fase di erogazione (Marzo 2008) in seguito alla predisposizione degli interventi di mitigazione sulle sorgenti di rumore presenti all’interno dei Cluster B e D secondo quanto previsto nell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) – Decreto Regione Lombardia n. 5261 del 22 Maggio 2007, interventi sinteticamente descritti al successivo paragrafo 7.5.1. Nella Tabella 7.5.a sono riportati i risultati delle due campagne di rilievo fonometrico unitamente ai valori dei limiti di immissione acustica previsti dalla normativa vigente.

Clima acustico periodo Clima acustico periodo diurno dB(A) notturno dB(A) Classe Ricettore Settembre Marzo 2008 Settembre Marzo 2008 acustica 2006 Erogazione 2006 Erogazione compressione con barriere compressione con barriere R1 IV (65-55) 42.7 39.0 39.9 42.5 R2 II (55-45) 45.1 44.8 R3 IV( 65-55) 43.0 41.4 R4 IV (65-55) 41.7 42.3 41.9 43.8 R5 III (60-50) 44.7 42.7 R6 II (55-45) 46.3 43.6

Tab. 7.5.a – Tabella riassuntiva e di confronto dei dati rilevati nelle campagne di rilievo fonometrico in condizione Pmax = Pi Si precisa che durante l’esecuzione dei rilievi fonometrici effettuati nel Marzo 2008, erano in esercizio quali sorgenti di rumore (nella condizione più gravosa), le apparecchiature

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7.5.1 DESCRIZIONE DEGLI INTERVENTI DI MITIGAZIONE ACUSTICA (INSONORIZZAZIONE) – CLUSTER B E CLUSTER D Gli interventi di insonorizzazione ai cluster B e D realizzati tra l’inizio di Febbraio la metà di Marzo 2008, secondo previsto nella citata AIA, hanno comportato l’installazione di schermature acustiche su tre lati delle aree individuate come sorgenti di rumore. In corrispondenza dei punti specifici di più intensa emissione sonora sono state inoltre realizzate delle incastellature per il posizionamento di silenziatori a setti fonoassorbenti nella parte di “tetto”27. Tale soluzione permette la corretta aerazione, salvaguardando la sicurezza in relazione alla potenziale interferenza di atmosfere esplosive, e una estrema facilità di rimozione/re- installazione per via modulare, da attuare se necessario in occasione di interventi di manutenzione. Gli interventi all’interno dei Cluster B e D interessano le valvole di regolazione posizionate sulle linee di collegamento al collettore. Di seguito si riportano una documentazione fotografica degli interventi di mitigazione acustica (Figura 7.5.a e Figura 7.5.b).

27 ARPAL, Dipartimento provincia di Cremona, U.O. Sistemi Ambientali, con comunicazione del 16.10.2008 (prot. 145199) ha espresso parere tecnico favorevole in merito all’effetto prodotto dai lavori di insonorizzazione.

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Fig. 7.5.a – Cluster B: interventi di mitigazione acustica

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Fig. 7.5.b – Cluster D: interventi di mitigazione acustica

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7.6 Stima e valutazione degli impatti determinati dall’esercizio in configurazione Pmax=1.05Pi Per la valutazione dell’impatto acustico che l’esercizio in sovrapressione delle infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio determina in fase di erogazione sul clima acustico dell’area in esame, è stata effettuata una campagna di misure fonometriche in corrispondenza dei ricettori potenzialmente più impattati, localizzati nelle vicinanze. degli impianti dell’area trattamento della Centrale di stoccaggio e delle aree cluster28. La campagna di monitoraggio acustico è stata effettuata nelle giornate del 10 e 11 Novembre 2009, rilevando i valori di immissione sonora ambientali, sia per il periodo diurno che per quello notturno, durante l’esercizio in condizioni di sovrapressione in fase di erogazione con una portata oraria di gas metano di circa 1.350.000 Sm3/ora. L’ubicazione dei ricettori è visualizzata in Figura 7.6.a, si evidenzia come il punto di misura R1, per difficoltà di accesso al ricettore stesso, è posizionato diversamente rispetto alla campagna di monitoraggio effettuata nel Marzo 2008 (Figura 7.4.a), per maggiore chiarezza nella Tabella 7.6.a è stato indicato come R1bis. In Tabella 7.6.a si riportano i livelli di immissione sonora ambientale rilevati durante la campagna di monitoraggio unitamente ai limiti normativi vigenti a seconda delle classi acustiche di appartenenza dei ricettori considerati.ed ai valori dei livelli di immissione, rilevati nella campagna di monitoraggio effettuata nel Marzo 2008 (cap. 7.5) per la caratterizzazione del clima acustico in fase di erogazione nella configurazione di esercizio Pmax=Pi. Per un maggior dettaglio di informazioni sulla campagna di monitoraggio acustico si rimanda all’Allegato P/3 (Volume III) del presente SIA. Dall’esame della citata tabella, si evidenzia come i livelli di immissione sonora ambientali misurati durante la fase di erogazione in sovrappressione, rispettano i limiti previsti dalla normativa vigente sia per il periodo diurno che per quello notturno.

28 Come richiamato ai precedenti capitoli 7.1 e 7.5, si ricorda che i livelli di immissione sonora misurati durante l’esercizio dell’impianto (Pmax=Pi) in fase di compressione sono da considerarsi anche rappresentativi del clima acustico determinato dall’esercizio dell’impianto nella configurazione Pmax=1,05Pi

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Fig. 7.6.a – Localizzazione dei punti-ricettori per i rilievi fonometrici, fase di erogazione in condizione di sovrapressione (novembre 2009)

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Clima acustico periodo Clima acustico periodo diurno dB(A) notturno dB(A)

Novembre Novembre Classe 2009 2009 Marzo Ricettore Marzo acustica 2008 (condizione 2008 (condizione sperimentale in sperimentale in (Pmax=Pi (Pmax=Pi) sovrapressione sovrapressione ) ) ) R1 IV (65-55) 39.0 42.5

R1/bis IV (65-55) 60.0 53.0 R2 II (55-45) 44.0 (*) 45.1 45.0 44.8

R3 IV( 65-55) 57.0 50.0 R4 IV (65-55) 45.5 42.3 46.5 43.8

R5 III (60-50) 44.0 39.5 R6 II (55-45) 48.5 46.3 40(*) 43.6

R7 III (60-50) 52.5 42.5

R8 II (55-45) 46.5 44.5

(*)Per questi ricettori è stato considerato più significativo il valore percentile L90 in quanto i rilievi fonometrici sono stati fortemente condizionati dal rumore determinato dai flussi di traffico transitanti nelle immediate vicinanze dei punti di misura. Tabella 7.6.a – Livelli di immissione sonora ambientale rilevati durante la fase di erogazione in condizione di esercizio sperimentale in sovrappressione (Novembre 2009), verifica del rispetto dei limiti normativi e confronto con le misure effettuate nel Marzo 2008, nella configurazione di esercizio Pmax=Pi.

Per i ricettori R2 (periodo diurno) ed R6 (periodo notturno), è stato considerato il livello percentile L90 come più rappresentativo dell’effettivo clima acustico in prossimità del ricettore. Infatti le misure del ricettore R2 nel periodo diurno, essendo posto a bordo della carreggiata, sono state fortemente influenzate dal rotolamento dei pneumatici dei veicoli transitanti e quindi il Leq non risulta rappresentativo dell’effettivo livello sonoro percepito dal ricettore abitativo corrispondente. Anche per il ricettore R6, si è scelto il livello percentile L90 come rappresentativo del clima acustico dell’area, in quanto il livello equivalente è risultato essere significativamente influenzato dall’elevato flusso di veicoli transitante lungo la vicina SS591.

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Per i ricettori R2, R4 e R6, essendo disponibili i dati fonometrici rilevati in fase di erogazione sia nella configurazione di esercizio Pmax=Pi che in Pmax=1.05 Pi, è stato possibile determinare anche il livello differenziale e verificare il rispetto della normativa che prevede un incremento massimo di 5 dB(A) per il periodo diurno e di 3 dB(A) per il periodo notturno. Dal confronto dei dati riportati in Tabella 7.6.a si evidenzia come i livelli di immissione misurati in condizioni di sovrapressione rispettino i limiti dei livelli differenziali, avendo riscontrato un aumento massimo di circa 3.2 dB(A) nel periodo diurno e di 2.7 dB(A) nel periodo notturno. Tali considerazioni sono riportate a scopo cautelativo, in quanto la misura dei livelli differenziali all’interno delle abitazioni determinerebbe valori inferiori. Nell’Allegato P/3 – Volume III vengono anche riportate le schede di misura per i singoli ricettori, nelle quali, oltre ad essere rappresentata la time history delle misure, viene effettuata l’analisi in frequenza delle singole misure. L’analisi dei rilievi fonometrici, soprattutto del periodo notturno per i ricettori R2, R4, R5, R7 e R8 in cui si abbassa notevolmente il contributo del rumore antropico, permettono di isolare e stimare il contributo della sorgente di rumore interna al Cluster D la quale ad una distanza di circa 165 metri è di circa 45 dB(A). Lo stesso contributo è stato quantizzato per la sorgente di rumore interna all’area Trattamento della Centrale, ad una distanza di circa 380 m. E’ quindi possibile ritenere rispettati anche i limiti di emissione previsti dalla normativa (65 dB(A) per il periodo diurno e 55 dB(A) per il periodo notturno, essendo le aree classificate come classe acustica V.

A seguito delle analisi dei livelli di immissione acustica rilevati sia per la fase di compressione (cfr. cap. 7.5 – campagna di settembre 2006), che per la fase di erogazione (cfr. campagna di novembre 2009), è possibile affermare che la configurazione di esercizio in sovrapressione (Pmax=1,05Pi) delle infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio, non determinando criticità acustiche nell’area limitrofa, risulta conforme alla normativa vigente in materia di inquinamento acustico.

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8 PAESAGGIO

8.1 Premessa e caratteristiche dell’area di studio (ambito territoriale di riferimento) Il paesaggio corrisponde all’esperienza percepibile della storia del territorio in cui si sono sovrapposte ed integrate nel tempo le diverse vicende naturali ed antropiche. In un sistema stratificato e dinamico l’introduzione di nuovi elementi, potrebbe apportare variazioni più o meno consistenti, in funzione delle dimensioni, delle funzioni e soprattutto della capacità del paesaggio di assorbire le variazioni prodotte dal nuovo intervento. E’ quindi necessario analizzare le caratteristiche del progetto ed individuare i caratteri del paesaggio, riconoscere le relazioni, gli equilibri e la qualità dello stesso, al fine di cogliere le interazioni con gli scenari di studio. Lo studio e la caratterizzazione dell’assetto paesaggistico è stato eseguito prendendo come riferimento una porzione di territorio corrispondente all’area vasta, in grado di fornire un quadro esauriente dell’ambito paesaggistico nel quale s’inseriscono le infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio.

L’area di studio (ambito territoriale di riferimento) comprende territori che ricadono principalmente entro i Comuni di Sergnano, Casale Cremasco Vidolasco, Ricengo, Pianengo, Capralba, Camisano, Campagnola Cremasca e Mozzanica. Le infrastrutture della Concessione – aree trattamento e compressione, cluster e pozzi di servizio – ricadono in territorio del Comune di Sergnano, ad eccezione del pozzo di osservazione Sergnano 2 (Comune di Casale Cremasco Vidolasco) e del pozzo di reiniezione delle acque di strato Sergnano 5 (Comune di Ricengo),.come visualizzato in Figura 8.1.a

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Figura 8.1.a – Ambito territoriale di riferimento: in evidenza i limiti dei territori comunali interessati e la localizzazione delle infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio

Nel seguito vengono riportati i principali elementi relativi alla caratterizzazione dell’ambito territoriale di riferimento, alla sensibilità del sito di intervento e descritte le Unità del Paesaggio.

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8.2 Caratteri naturali ed antropici del paesaggio

8.2.1 PAESAGGIO NATURALE L’area di studio si presenta come una pianura alluvionale, priva d’elementi morfologicamente emergenti ad eccezione dell’alveo fluviale del fiume Serio, caratterizzato da orli di scarpata e terrazzi (Figura 8.2.a).

Figura 8.2.a – Scarpata morfologica secondaria in prossimità del Serio (Sergnano) Sebbene tutta l’area di studio risulti inserita in un contesto fortemente antropizzato, è possibile, ancora oggi, rilevare alcuni isolati ambiti d’interesse naturalistico. Di seguito se ne riportano le principali caratteristiche naturali. “Parco fluviale del Serio”, istituito con Delibera del 1° giugno 1985, n° 70 ed aggiornato alla III variante, con Delibera 28/05/2008 n° 8/7369. Il Parco copre una vasta area protetta estesa lungo tutto il suo corso, ad eccezione delle aree urbane limitrofe ed escluse dalla perimetrazione, come il Comune di Sergnano e Casale Cremasco (vedi Carta dei Vincoli) La copertura arborea che caratterizzava nel passato il territorio seriano è oggi sostituita da un'esigua vegetazione boschiva dominata dalla robinia e da altre specie esotiche che

Doc. Nº Revisioni Settore CREMA (CR) 0 Area Concessione SERGNANO (CR) Doc. N° Impianto ESERCIZIO Pmax = 1,05 Pi 00-BG-E-94700 STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE Fg. / di Comm. N° 188 / 212 ST-001 hanno preso il sopravvento sulla flora autoctona, stravolgendo il paesaggio botanico del fiume. Sono presenti diverse specie tra alberi, arbusti e lianose. Tra gli alberi autoctoni sono da ricordare i salici, i pioppi, gli aceri e le più rare querce, mentre tra gli arbusti il sanguinello, il sambuco, il biancospino e la rosa selvatica. Limitata è invece la presenza di vegetazione palustre (tife, giunchi). Fra le erbacee, si segnalano, quale ultima testimonianza d’antichi boschi, il mughetto, il dente di cane, il bucaneve e la rosa di natale. “Riserva Naturale Regionale Palata di Menasciutto”: istituita con D.C.R n° IV/1178 del 28 luglio 1988, gestita dal Consorzio Parco del Serio. La riserva si estende all’interno del Parco del fiume Serio, fra il Comune di Pianengo e di Ricengo, si tratta di un ambiente ripariale di valore paesistico, chiuso tra due rami fluviali morti ed intersecato dal Serio. Un ambiente nel quale si raccolgono diverse specie arboree ed arbustive fra cui numerosi saliceti e una ricca vegetazione palustre costituita da canneto a Cannuccia di palude, dal Tifeto e da tratti di Cariceto, dove non manca il Giaggiolo d'acqua. Lungo il fiume sono da ricordare, tra gli altri, alcuni esemplari di Salice e d’Ontano bianco, specie caratteristiche d’ambienti più schiettamente collinari o montani, giunte fin quaggiù tramite la corrente fluviale. L’area protetta presenta anche una diffusa avifauna. “SIC IT20A0003 Palata di Menasciutto”: in coincidenza con la già costituita riserva naturale regionale descritta precedentemente, è stata istituita a sito d’importanza comunitaria l’area denominata “Palata di Menasciutto”, appartenente alla Rete Natura 2000, gestito anch’esso dal Consorzio Parco del Serio. Il SIC rispetto alla Riserva, comprende un territorio più ampio di tutela (cfr. Carta degli elementi territoriali (vincoli) potenzialmente sensibili, Tavola 2 – Volume II; cap. 4.2 – Quadro Programmatico, Sezione II, Volume I). Fontanili, Rogge e Bodri: nell’ambito locale si distinguono diversi fontanili, rogge ed anche, episodicamente, bodri. Tutti gli elementi citati rappresentano importanti componenti dal punto di vista naturalistico e paesaggistico e sono oggetto di tutela e salvaguardia nel PTCP di Cremona: 9 Fontanili della Morgola, posti ad ovest di Sergnano, le cui acque alimentano la Roggia Morgola, 9 Serie di Fontanili presso la Centrale Stogit S.p.a. che dà origine a Roggia Schiavo. 9 Fontanili Fontanine, presso la Frazione di Trezzolasco sempre nel Comune di Sergnano, quest’ultimi danno vita alla Roggia Guadazzolo. 9 Fontanili Fontana Campo dei Fiori, disposti poco oltre i confini amministrativi di Sergnano e ricadenti nella Provincia di Bergamo; alimentano la Roggia Guadazzolo. 9 Bodrio presso la S.S 591 a nord di Sergnano in adiacenza con Roggia Molinara.

“Rete ecologica ed areali di pregio naturalistico”: il PTCP di Cremona definisce la rete ecologica provinciale, costituita da ambiti d’interesse paesaggistico da valorizzare e

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8.2.2 PAESAGGIO ANTROPIZZATO

Il paesaggio agrario Il paesaggio agrario è la principale componente di antropizzazione dell’area di studio, mostra una notevole omogeneità, con giacitura pianeggiante ed un regolare susseguirsi di appezzamenti. Questa trama va incontro a situazioni d’irregolarità in coincidenza di elementi fisici del paesaggio quali i corsi d’acqua come il Fiume Serio, che ha conservato un andamento meandriforme. Il sistema agrario si presenta quasi ovunque molto banalizzato e semplificato a causa dell’intenso sfruttamento. Le siepi e le bordure hanno una diffusione modesta, così come i filari arborei che altresì rappresentano un importante elemento percettivo. L’attività agricola dell’area è quella tipica della bassa pianura, caratterizzata dalla meccanizzazione e dall’intensificazione colturale impiegate per incrementare quantitativamente e qualitativamente le produzioni, spesso a discapito delle risorse idriche ed ambientali. La maglia aziendale è decisamente ampia ed è caratterizzata da una fitta rete di canali e rogge regolate da un efficiente sistema di regolazione attraverso l’ausilio delle chiuse. L’orientamento produttivo tipico è di tipo seminativo, fortemente funzionalizzato all’esercizio dell’allevamento zootecnico o orientato a produzioni ortive. In misura nettamente trascurabile si pongono invece le coltivazioni legnose agrarie, circoscritte nell’ambito fluviale del Serio. Le politiche agricole e la crisi del settore economico primario hanno portato nel tempo all’affermazione della monocoltura. Nelle aziende prevale la destinazione a colture cerealicolo-foraggere quali mais e soia in avvicendamento.

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Figura 8.2.b – Sistema delle chiuse che regolano l'afflusso dell'acqua per le coltivazioni, presso la Centrale di Sergnano; sullo sfondo il tipico paesaggio agricolo intensivo con residuali lembi arborei

Figura 8.2.c –Cascina tradizionale a corte chiusa, tipologia diffusa nel territorio di studio

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Insediamenti residenziali ed infrastrutture Nell’ area di studio in relazione agli scenari di progetto, i due ambiti che rappresentano i nuclei urbani principali sono i Comuni di Sergnano e Casale Cremasco Vidolasco. In particolare, nel territorio del Comune di Sergnano ricadono le infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio – aree trattamento e compressione, cluster e pozzi di servizio – ad eccezione del pozzo di osservazione Sergnano 2 (Comune di Casale Cremasco Vidolasco) e del pozzo di reiniezione delle acque di strato Sergnano 5 (Comune di Ricengo). I Comuni di Sergnano e di Casale Cremasco Vidolasco sorgono prossimi l’uno all’altro, separati dal Fiume Serio. Entrambi presentano una struttura residenziale che nasce anticamente da un’economia rurale, per cui oggi assistiamo, per le edificazioni più antiche, alla riconversione delle originarie cascine in unità abitative residenziali. Laddove la corte rurale assolveva funzionalmente all’agricoltura ed allevamento, oggi rappresenta per lo più una pertinenza alla proprietà residenziale. I Comuni di Sergnano e di Casale Cremasco Vidolasco hanno visto il principale sviluppo urbano a partire dagli anni ‘50 e ‘60, in coincidenza con la progressiva meccanizzazione agricola dei fondi che ha trasformato l’economia agricola tradizionale in attività imprenditoriale specializzata nelle monocolture richieste dal mercato. Non è un caso che ancora oggi vi siano localizzate le sedi di grandi industrie alimentari quali la Galbani e la Danone (Figura 8.2.d).

Figura 8.2.d – Industrie alimentari in territorio del Comune di Casale Cremasco

Grande importanza, per lo sviluppo urbano ha rappresentato anche lo sfruttamento del gas naturale del Campo di Sergnano, la cui fase esplorativa ha avuto inizio nel 1953, mentre l’attività di stoccaggio è iniziata nel 1965 (Figura 8.2.e).

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Figura 8.2.e – Vista della Centrale Stogit in territorio del Comune di Sergnano

Attualmente, il territorio dei Comuni considerati è interessato da nuove edificazioni essenzialmente di tipo plurifamiliare, costituite massimo da tre piani e da 4/6 unità abitative per edificio. L’attività edilizia appare in forte espansione, probabilmente anche in conseguenza alle nuove indicazioni dei recenti PGT approvati (Comuni di Sergnano e Casale Cremasco Vidolasco, cap. 4.4, Sezione II). La viabilità principale è costituita in primo luogo dalla SS 591 che collega Crema a Bergamo, caratterizzata da intenso traffico commerciale che passa anche lungo Sergano. La rete, che potremmo definire secondaria, è costituita dalla viabilità di collegamento fra i Comuni locali, tra cui la SP 12. Infine si rileva una rete diffusa di strade poderali, in parte asfaltate e in parte bianche, che vengono utilizzate per le attività agricole e per gli spostamenti locali.

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8.2.3 CARATTERI STORICI DEL PAESAGGIO L’area di studio, seppur di non particolare interesse dal punto di vista storico ed artistico, presenta componenti meritevoli di approfondimento, è stata posta particolare attenzione agli ambiti più prossimi alle aree di studio: il Comune di Sergnano ed il Comune di Casale Cremasco Vidolasco. Comune di Sergnano Il più antico documento riguardante le località cremasche "Codice Diplomatico Bergomense" datato il 31 luglio 947, cita il Comune di Sergnano e descrive la chiesa o Basilica S. Martini extra vicum. In altri due documenti, rispettivamente dell'11 marzo 993 e del 14 maggio 1037, il nome del Comune varia leggermente da Sereniano a Seriano, infine in un documento imperiale del 1192, diventa Sergnanum, da cui l’attuale Sergnano. Di origine antica, probabilmente longobarda, il luogo era abitato fin dai tempi di Roma, conosciuto anche nel Medioevo come possesso dei Conti di Bergamo. Nel XII secolo passò ai vescovi di Cremona; all’inizio del 400, all'epoca della Signoria dei Benzoni, il borgo venne fortificato ma di tali opere difensive non restano tracce visibili, infine venne dominato ed amministrato della Serenissima.

Figura 8.2.f – Chiesa e Oratorio San Rocco

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Fra le architetture più interessanti si annovera la chiesa parrocchiale di "S. Martino Vescovo" del XVI sec., costruita probabilmente sull’area di un’antica chiesa già esistente nel X sec. La chiesa contiene affreschi del Barbelli staccati dall’Oratorio di “S. Rocco" (Figura 8.2.f), è affiancata dalla tozza torre campanaria, costruita nel sec. XVII. A pochi metri di distanza si può visitare anche l’Oratorio di "S. Rocco Confessore", costruito da un’antica confraternita come ex-voto (S. Rocco era il protettore degli appestati) nel XV sec., per pubbliche calamità. Contiene nell’abside affreschi del XV e XVII secolo del Barbelli, trasportati successivamente nella Chiesa Parrocchiale. Un altro edificio di particolare interesse storico è il santuario campestre "B.V. Maria al Binengo" (Figura 8.2.g), con affreschi di Aurelio Buso. Il santuario risale al XVI sec. e sorge sull’antica strada che, costeggiando il Serio, portava a Crema (il primo documento che porta il nome del Santuario del Binengo risale al 1022). E’ una costruzione isolata, ubicata sull’alta riva del Serio, caratterizzata da una semplice architettura cinquecentesca e fu adibita, in passato, a lazzaretto.

Figura 8.2.g – Santuario del Binengo Comune di Casale Cremasco Vidolasco Nell’abitato è presente la chiesa parrocchiale, ricostruita in stile neogotico tra il 1909 ed il 1911, decorato internamente nel 1935 dal milanese Grandi. Il palazzo della municipalità trova sede nella secentesca villa Agnesi. Fuori dell'abitato merita considerazione la chiesetta, ora cimiteriale, della Crocetta, costruita nel 1717. Nella vicina frazione di

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Vidolasco troviamo, di fronte alla chiesa, la dimora gentilizia dei Tadini, che ingloba una torre difensiva. Al centro dell'abitato si trova la cinquecentesca Villa Augusta, antica dimora dei Tadini, qui presenti fin dal XV secolo. La costruzione è il risultato della trasformazione, avvenuta nel XVI secolo per opera di Camillo Tadini, del castello del XIII secolo. La villa si presenta con due corpi aggettanti sulla fronte nord. Conteneva, un tempo, una ricca quadreria d'importanti pittori italiani e cremaschi.

8.3 Unità del paesaggio Le unità del paesaggio si possono definire come ambiti territoriali che presentano connotazioni paesistiche omogenee, dovute sia ai loro caratteri naturali (morfologia e copertura suolo) che a quegli antropici. In base agli elaborati del PTPR della Regione Lombardia, (Figura A.2, Allegato A – Volume III), nell’area di studio si riscontrano i seguenti ambiti omogenei: • Unità di paesaggio della bassa pianura padana, caratterizzata da coltivi intensivi di tipo cerealicola e foraggera; • Unità del paesaggio fluviale, caratterizzata da una vegetazione semi-naturale ripariale localizzata lungo l’alveo del fiume Serio. Unità di paesaggio della bassa pianura La presente unità di paesaggio risulta caratterizzata da un paesaggio tipico della pianura cerealicola/foraggiera, sprovvista di elementi morfologici rilevanti e contraddistinta da colture intensive, ad eccezione di alcuni ambiti di pregio naturale ancora preservati in prossimità delle numerose teste di fontanili. Tale unità comprende tutta l’area di studio, ad eccezione della fascia del fiume Serio. Quest’ultima, infatti, è caratterizzata da una consistente antropizzazione dovuta principalmente all’attività agricolo-intensiva e dalla numerosa presenza di piccoli nuclei urbani sviluppatesi in modo frammentato. Altro elemento importante, che caratterizza l’insieme del paesaggio agrario e che distingue la presente unità, è rappresentato dalle cascine diffuse in tutto il territorio pianeggiante, con caratteri diversi in funzione delle differenti tecniche costruttive, dimensioni fondiarie e attività da svolgere. Nel Cremasco, dove prevalgono le piccole unità poderali a base familiare, la cascina funge anche da abitazione ed è costituita da corpi di fabbrica con la presenza di un porticato antistante. Il cremonese, invece, è caratterizzato da poderi più vasti. Elemento tipico del paesaggio è la cascina isolata, in cui la struttura a corte chiusa, spesso volta a garantirne la difesa (cascine fortificate), si coniuga con la necessità di ospitare i braccianti agricoli. Unità del paesaggio fluviale Questa unità di paesaggio è costituita dall’ambito della fascia fluviale del Serio, caratterizzata da scarpate morfologiche e da una ricca vegetazione arborea ed arbustiva di

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8.4 Individuazione degli impatti paesaggistici L’obiettivo primario della valutazione dell’impatto paesaggistico di un’opera è quello di accertare gli effetti sul paesaggio indotti dalla sua realizzazione/esercizio; cioè valutare la sua “incidenza paesistica”, al fine di dimostrarne la compatibilità con il contesto paesistico- ambientale interessato. Tutte le infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio si inseriscono in un contesto paesaggistico fortemente antropizzato, in taluni casi la componente principale di antropizzazione risulta essere il paesaggio agrario, connotato da una forte meccanizzazione, in altri casi invece la principale componente antropica è definita dalle edificazioni urbane. Centrale – aree compressione ed erogazione Nella Figura 8.4.a è riportata l’ubicazione di cinque punti di osservazione (ripresa fotografica) delle infrastrutture della Centrale localizzati in prossimità di zone a maggior fruizione, come strade e centri abitati, e ad aree che si possono definire come “sensibili” dal punto di vista paesistico in quanto caratterizzate da elementi di pregio naturalistico o di interesse storico-culturale.

Figura 8.4.a – Centrale Stogit: localizzazione dei punti di ripresa fotografica

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In Figura 8.4.b sono evidenziati I nuovi rigeneratori a glicol-trietilenico (TEG) che dal mese di gennaio 2011 hanno sostituito quelli preesistenti a glicol dietilenico (DEG) migliorando l’efficienza del processo di disidratazione del gas naturale29.

Figura 8.4.b – Centrale Stogit, area trattamento: in evidenza i nuovi rigeneratori TEG

Punto di osservazione (ripresa fotografica) n. 1 Il punto d’osservazione si colloca ai limiti dell’edificato urbano di Sergnano, lungo Via Vallersa. L’edificato è costituito da abitazioni principalmente di tipo bifamiliare e da alcune attività artigianali, il traffico veicolare è sporadico.

29 L’installazione dei nuovi rigeneratori è stata effettuata per il passaggio da glicol dietilenico a trietilenico utilizzato per la disidratazione del gas naturale, con conseguente miglioramento dell’efficienza del sistema di rigenerazione stesso. Tale intervento, non specificatamente funzionale all’esercizio in sovrapressione, è da considerarsi, come da comunicazione del Settore Ambiente-Servizio tutela aria ed acqua della Provincia di Cremona (rif. Prot. n. 153442 del 23/12/2009), non sostanziale ai sensi della DGR n.7492/2008 della Regione Lombardia e quindi ricadente nelle fattispecie per le quali non è necessario predisporre l’aggiornamento dell’A.I.A. vigente.

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Figura 8.4.c – Centrale Stogit, vista dal punto di ripresa fotografica n. 1

Punto di osservazione (ripresa fotografica) n. 2 Il punto d’osservazione si colloca lungo Via Fermi, in coincidenza con alcune unità abitative isolate, prossime all’area della Centrale. Le unità abitative presentano caratteristiche sia residenziali che rurali, in quanto collegate ai terreni agricoli limitrofi. La vista delle infrastrutture della Centrale risulta parzialmente schermata dalla presenza di filari di pioppi posti lungo la strada.

Figura 8.4.d – Centrale Stogit, vista dal punto di ripresa fotografica n. 2

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Punto di osservazione (ripresa fotografica) n. 3 Il punto e stato rilevato sempre lungo Via Fermi, quasi frontalmente all’area della Centrale, in coincidenza con alcuni annessi rurali collegati ai fondi agricoli retrostanti. Dal punto di osservazione sono inoltre visibili i nuovi rigeneratori a glicole trietilenico (TEG) che hanno sostituito quelli a glicole dietilenico (si veda anche Figura 8.4.b).

Figura 8.4.e – Centrale Stogit, vista dal punto di ripresa fotografica n. 3

Punto di osservazione (ripresa fotografica) n. 4 Il punto si colloca lungo una delle numerose strade interpoderali che caratterizzano il territorio agricolo di Sergnano. In particolare si tratta di una strada trasversale a Via Vallarsa che contorna la Centrale e conduce ad alcune cascine limitrofe. Il traffico è pressoché inesistente ad accezione dei mezzi agricoli che utilizzano la strada per spostarsi nei diversi appezzamenti. Le cascine costituiscono strutture isolate, spesso a destinazione residenziale. Il contesto paesaggistico è prettamente agricolo di tipo intensivo, privo di elementi naturali o seminaturali di pregio ambientale.

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Figura 8.4.f – Centrale Stogit, vista dal punto di ripresa fotografica n. 4

Punto di osservazione (ripresa fotografica) n. 5 Il punto di osservazione n. 5 si colloca lungo una strada interpoderale posta a SO della Centrale in corrispondenza, analogamente al punto di osservazione n. 4, di alcune cascine, di fatto gli unici luoghi di fruizione prossimi alla Centrale.

Figura 8.4.g – Centrale Stogit, vista dal punto di ripresa fotografica n. 5

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Cluster A-C e pozzo Sergnano 11 I cluster A e C ed il pozzo Sergnano 11 sono collocati uno in prossimità dell’altro. Gli impianti dal punto di vista dimensionale presentano ingombri contenuti (Figura 8.4.h), in particolare il pozzo Sergnano 11, la cui parte visibile è costituita dalla sola testa pozzo recintata. Nell’immediato intorno le principali componenti che caratterizzano il paesaggio sono: la Centrale di Stoccaggio che si colloca a meno di 300 metri; il limite urbano dell’edificato di Sergnano posto ad est delle infrastrutture a circa 250 metri ed il contesto agricolo che si sviluppa nell’intorno degli impianti. In prossimità dei cluster e del pozzo non si rilevano emergenze naturalistiche di pregio ad eccezione di alcuni fontanili, posizionati a 650 metri, ben oltre le distanze di tutela prescritte. Il paesaggio appare connotato da una forte antropizzazione, la cui principale componente è l’attività agricolo intensiva, perlopiù destinata a monocolture quali il granoturco. Il paesaggio agricolo è costituito da ampi appezzamenti suddivisi dalle rogge in questo caso prive di elementi di interesse naturalistico o paesaggistico. La presenza arborea è inoltre fortemente episodica e si concentra generalmente lungo le rogge assieme ad altre formazioni arbustive. L’essenza principale è costituita dai Pioppi e dall’invasiva Robinia Pseudoacacia. In prossimità della Centrale, ma in generale presso tutto il territorio limitrofo alle infrastrutture Stogit, si notano aree destinate alla pioppicoltura.

Fig. 8.4.h – Cluster A

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Cluster B Il cluster B (Figura 8.4.i), si colloca in adiacenza alla Centrale di Stoccaggio lungo il lato Est, presso l’area di trattamento. Il cluster è costituito da una serie di impianti che presentano ridotte dimensioni volumetriche, in stretta relazione visiva e percettiva con la retrostante Centrale di Stoccaggio. Il contesto paesaggistico, in analogia con le descrizioni precedenti, è caratterizzato da aree agricole infraurbane di tipo intensivo che si collocano fra la Centrale e l’ambito urbano di Sergnano. L’antropizzazione agricolo-intensiva e l’antropizzazione urbana (ambito urbano di Sergnano e Centrale di stoccaggio) costituiscono i principali elementi di connotazione del paesaggio. Non si rilevano ambiti di interesse naturalistico o paesaggistico in prossimità deIl’area cluster, eccetto residuali elementi arborei (filare di pioppi) che si sviluppano lungo una roggia secondaria non tutelata dalla normativa vigente.

Fig. 8.4.i – Cluster B

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Cluster D Il cluster si colloca in adiacenza al tessuto urbano di Sergnano. Le infrastrutture presentano modesta elevazione, risultando l’interferenza sul territorio contenuta. (Figura 8.4.j). Il contesto paesaggistico è ovviamente condizionato dall’urbanizzazione edilizia, principalmente caratterizzata da complessi artigianali e produttivi. Ad ovest dell’area cluster, in direzione della Centrale di stoccaggio, si rileva la presenza di aree coltivate, mentre al bordo orientale d est è presente un’ampia area destinata alle attività sportive Comunali. Fra le due aree si interpone un filare arboreo che cela la vista sull’area cluster.

Fig. 8.4.j – Cluster D

Pozzo Sergnano 13 Il pozzo Sergnano 13, la cui parte visibile è costituita dalla sola testa pozzo recintata (Figura 8.4.k), analogamente al cluster D, si posiziona a ridosso del centro abitato di Sergnano, in un settore però esclusivamente di tipo residenziale in fase di espansione. Il tessuto agrario è comunque ancora presente in quanto si spinge sino ai limiti dell’area edificata.

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L’ambito limitrofo al pozzo non presenta particolari caratteristiche di pregio ambientale, né di interesse storico – culturale, ma appare connotato da una forte antropizzazione.

Fig. 8.4.k – Pozzo Sergnano 13

Pozzi Sergnano 8 e 45 L’area di pertinenza ai pozzi Sergnano 8 e 45 si colloca a circa 500 metri dai limiti urbani di Sergnano. In questo ambito il contesto paesaggistico è condizionato esclusivamente dalla presenza dei coltivi intensivi. Non si rilevano peculiarità paesaggistiche relative ad ambiti di interesse naturale o seminaturale. Anche dal punto di vista storico – culturale non si rilevano elementi degni di nota, ma solo edificazioni residenziali attigue ai coltivi. Analogamente ai precedenti pozzi, l’ingombro degli impianti è modesto, come si evince anche dalla Figura 8.4.l.

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Fig. 8.4.l – Pozzi Sergnano 8 e 45

Pozzi Sergnano 7 e 44 I pozzi si collocano oltre il limite meridionale dell’edificato di Sergnano e ricadono all’interno della zonizzazione del Parco del Serio, l’area è difatti disciplinata come art. 18 “Zone Agricole” (cfr. cap. 4.2 – Sezione III, Quadro Programmatico). Dal punto di vista paesaggistico l’ambito è caratterizzato da monocolture; solamente e. ad una certa distanza in direzione del Fiume Serio il paesaggio conserva ancora aspetti seminaturali come le formazioni arboree ed arbustive riparali, sopravvissute all’attività agricola intensiva. Dal punto di vista dell’interesse storico, si segnala il Santuario del Binengo del XVI secolo, una piccola struttura ancora oggi utilizzata per diverse cerimonie religiose (cfr. cap. 8.2.3). Il Santuario è inoltre segnalato nella Zonizzazione del Parco del Serio come edificio di valore storico ed architettonico. Il contesto paesaggistico nel quale si collocano i due pozzi, benché interno all’area del Parco, risulta decisamente antropizzato. La presenza dei coltivi intensivi, le edificazioni, fra cui l’area cimiteriale che sorge a poche centinaia di metri dalla piazzola dei pozzi, condizionano il paesaggio che appare sprovvisto di elementi di particolare interesse naturale. Per quanto attiene agli elementi di interesse storico, si può affermare come il Santuario del Binengo non appaia condizionato dal punto di vista percettivo dalla presenza dei pozzi.

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Quest’ ultimi si posizionano a circa 80 metri, in una posizione più bassa rispetto il sedime del Santuario. Gli impianti inoltre presentano modeste dimensioni per cui il contesto paesaggistico non appare influenzato dalla presenza dei pozzi Figura 8.4.m.

Fig. 8.4.m – Pozzi Sergnano 7 e 44

Pozzo Sergnano 2 Il pozzo Sergnano 2 si colloca all’interno del perimetro del Parco del Serio, in sponda sinistra del fiume, entro un ambito normato come art. 18 “Zone Agricole” (cfr. cap. 4.2 – Sezione III, Quadro Programmatico). Il paesaggio limitrofo al pozzo, sebbene faccia parte del Parco del Serio, non presenta ambiti con caratteristiche di particolare interesse naturale. Solo lungo le rogge sono presenti alcuni filari di alberi che rompono la monotonia dell’antropizzazione agraria del paesaggio. Come per le altre analoghe infrastrutture, la frazione in emergenza del pozzo è costituita dalla sola testa pozzo e dalla relativa rete di protezione (Figura 8.4.n), le cui dimensioni rispetto al contesto appaiono decisamente modeste.

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Fig. 8.4.n – Pozzo Sergnano 2

Pozzo Sergnano 5 Il contesto paesaggistico nel quale si inserisce il pozzo Sergnano 5, che costituisce l’infrastruttura della Concessione più distante dalla Centrale di stoccaggio, appare totalmente condizionato dal paesaggio agrario. I coltivi presentano principalmente caratteristiche monoculturali e nell’intorno dell’area del pozzo, non si rilevano ambiti di specifico interesse naturale o storico – testimoniale che possano caratterizzare il paesaggio. L’unico ambito di pregio naturale è rappresentato dalla Riserva Regionale Palata di Menasciutto, istituita anche come SIC IT20A0003. Il pozzo 5 Sergnano si posiziona ad oltre 1,3 km dall’ambito protetto, per cui non sussiste alcuna interazione o condizionamento percettivo sul paesaggio.

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Fig. 8.4.o – Pozzo Sergnano 5

Considerazioni conclusive L’esercizio delle infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio in condizione di sovrapressione (Pmax=1,05Pi) risulta compatibile con il territorio in quanto non comportando la realizzazione di nuovi volumi, né variazioni formali e cromatriche delle strutture esistenti, non interferirà con: - la morfologia, la copertura e l’utilizzo del suolo; - le aree di interesse naturalistico presenti; - la struttura dell’organizzazione rurale storica ed attuale; - la percezione del contesto paesaggistico dei fruitori che a vario titolo si trovano a transitare; come dettagliatamente analizzato nel presente capitolo. Sulla base delle considerazioni sopra esposte, tenuto anche conto della presenza storicamente consolidata di infrastrutture dedicate all’attività di stoccaggio gas, si può ritenere che l’esercizio in sovrapressione delle infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio non comporti interferenze significative sulla realtà paesaggistica indagata, non risultando quindi necessario predisporre specifiche misure di mitigazione.

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9 SALUTE PUBBLICA

9.1 Premessa Lo studio della componente Salute Pubblica ha lo scopo di verificare la compatibilità dell’esercizio delle infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio in condizione di sovrapressione (Pmax=1,05Pi) con gli standard ed i criteri per la prevenzione dei rischi riguardanti la salute umana a breve, medio e lungo periodo, secondo quanto definito nel DPCM 27 dicembre 1988.

9.2 Stima del rischio di impatto e misure di mitigazione Sulla base della tipologia delle attività correlate dell’esercizio delle infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio in condizione di sovrapressione (Pmax=1,05Pi), i principali potenziali impatti sulla componente in esame derivano essenzialmente dalle emissioni di inquinanti atmosferici e di rumore.

EMISSIONI IN ATMOSFERA

La stima degli impatti conseguenti all’esercizio in condizioni Pmax=1,05Pi delle infrastrutture delle aree compressione (turbocompressori TC-5 e TC-6) ed erogazione (termodistruttore e rigeneratori glicol trietilenico – TEG) della Centrale Stogit, effettuata mediante 30 simulazione della dispersione di inquinanti in atmosfera – NOx, CO e PTS – utilizzando il modello matematico AERMOD e sviluppata con riferimento alle seguenti ipotesi cautelative (capitoli 3.4 e 3.5): • gli impianti della Concessione sono stati considerati in operatività con riferimento agli intervalli temporali massimi teorici disponibili; • quali valori delle emissioni in atmosfera sono stati considerati i valori delle concentrazioni massime autorizzate e/o normate, anche significativamente superiori – CO e PTS – rispetto a quelle misurate;

• la concentrazione degli NOx emessi è stata considerata pari a quella degli NO2;

• la concentrazione delle PTS emesse è stata considerata pari a quella delle PM10 ha evidenziato l’assenza di situazioni di criticità, essendo i valori calcolati per ogni indicatore di legge significativamente inferiori al limite previsto (D.Lgs.155/10), come riportato al capitolo 3.7 (Atmosfera) ed in Allegato I – Volume III (mappe delle concentrazioni massime orarie e medie annuali, NOx e CO):

30 le emissioni medie di ossidi di zolfo, sulla base delle analisi dei fumi emessi dal termodistruttore (E12) e dai rigeneratori DEG (E13, E14, E15, E16) riferite al periodo 2006-2010, sono di fatto trascurabili, risultando sempre inferiori al limite di rilevabilità (1 mg/Nm3) – cap. 3.5.1.

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In particolare:

¾ ossidi di azoto (intesi come biossidi di azoto – NO2) - concentrazioni massime orarie al suolo fase di compressione: 5,7 μg/m3 – limite normato 200 μg/m3 (da non superare più di 18 volte per anno civile) – ad una distanza di circa 100 metri dal perimetro della Centrale di stoccaggio; fase di erogazione: 27,8 μg/m3 – limite normato 200 μg/m3 (da non superare più di 18 volte per anno civile) – internamente al perimetro della Centrale di stoccaggio. - concentrazioni massime annuali al suolo 99,8 percentile su 1 ora: ~ 12 μg/m3 – limite normato 200 μg/m3 – in prossimità del perimetro della Centrale di stoccaggio; media annua: 0,73 μg/m3 – limite normato 40 μg/m3 – in prossimità del perimetro della Centrale di stoccaggio.

¾ monossido di carbonio - concentrazioni massime orarie al suolo fase di compressione: 4,7 μg/m3 – limite normato 10000 μg/m3 (relativo alla media mobile su 8 ore) – ad una distanza di circa 100 metri dal perimetro della Centrale di stoccaggio; fase di erogazione: 13,7 μg/m3 – limite normato 10000 μg/m3 (relativo alla media mobile su 8 ore) – internamente al perimetro della Centrale di stoccaggio; - concentrazioni massime annuali al suolo media mobile su 8 ore: 3,28 μg/m3 – limite normato 10000 μg/m3 – ad una distanza di circa 160 metri dal perimetro della Centrale di stoccaggio.

31 ¾ Polveri sottili PTS (intese come PM10) - concentrazioni massime orarie al suolo 0,7 μg/m3 – limite normato 50 μg/m3 (da non superare più di 35 volte per anno civile) – internamente al perimetro della Centrale di stoccaggio; - concentrazioni massime annuali al suolo 90,4 percentile su 24 ore: 0,041 μg/m3 – limite normato 50 μg/m3 – ad una distanza di circa 15 metri dal perimetro della Centrale di stoccaggio; media annua: 0,013 μg/m3 – limite normato 40 μg/m3 – ad una distanza di circa 15 metri dal perimetro della Centrale di stoccaggio.

31 Le PTS vengono emesse solamente in fase di erogazione

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L’esercizio in condizione Pmax=1,05Pi degli impianti della Centrale Stogit è compatibile con la classificazione del Comune di Sergnano in zona di mantenimento (D.G.R. n. 5290/2007) in quanto: ¾ la sovrapposizione, in corrispondenza della centralina ATM01 della campagna di monitoraggio della qualità dell’aria ambiente effettuata nel periodo 8-22/11/2007 in condizioni di fermo impianto (cap. 3.4), tra il valore ricostruito della concentrazione delle ricadute al suolo degli inquinanti NOx e CO emessi dalle infrastrutture della Centrale in condizioni di sovrapressione (Pmax=1,05Pi) ed il corrispondente valore monitorato, indicativamente assunto come concentrazione di fondo, non evidenzia l’insorgere di condizioni di criticità; ¾ l’entità delle concentrazioni delle massime ricadute al suolo ricostruite delle Polveri Sottili – il valore massimo del 90,4 percentile della media giornaliera ed il valore massimo della media annua risultano pari rispettivamente allo 0,8‰ ed allo 0,33‰ dei valori limite di legge – evidenzia un contributo di fatto irrilevante alla qualità dell’aria ambiente circostante gli impianti della Centrale Stogit

Sulla base delle considerazioni soprariportate, non si è ritenuto necessario predisporre misure di mitigazione aggiuntive rispetto a quanto già previsto in fase di esercizio – capitolo 3.2, Sezione III, Volume I.

EMISSIONI RUMORE Le principali sorgenti sonore in condizioni di esercizio delle infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio sono riferibili, durante la fase di compressione, ai turbocompressori ed alle unità di servizio ad essi associate, localizzate nell’area compressione della centrale di stoccaggio, mentre durante la fase di erogazione, agli impianti dell’area trattamento della Centrale di stoccaggio ed alle apparecchiature delle aree cluster. A seguito delle analisi dei livelli fonometrici rilevati sia in fase di compressione (cfr. cap. 7.5 – campagna di settembre 2006), che in fase di erogazione (cfr. cap. 7.6 – campagna di novembre 2009), è possibile affermare che l’esercizio in sovrapressione (Pmax=1,05 Pi) delle infrastrutture della Concessione Sergnano Stoccaggio, risultando conforme alla normativa vigente in materia di inquinamento acustico, non determina criticità acustiche nell’area limitrofa. Non si ritiene quindi necessario predisporre misure di mitigazione aggiuntive rispetto a quanto già previsto in fase di esercizio – capitolo 3.2, Sezione III, Volume I.