Kinji Fukasaku, 1975

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Kinji Fukasaku, 1975 Il cinema yakuza giapponese: da Kurosawa a Kitano Proiezioni Letture Incontri Balerna, Sala ACP 13 ottobre 2006 Il noir umanista di Kurosawa 20.45 L’angelo ubriaco, Akira Kurosawa, 1948 Intervento di Goffredo Fofi, sociologo, intellettuale, critico cinematografico 27 ottobre 2006 Yakuza Glamour Pop 20.45 Il vagabondo di Tokyo, Seijun Suzuki, 1966 10 novembre 2006 Flirt col genere 20.45 La farfalla sul mirino, Seijun Suzuki, 1967 Intervento di Stefano Di Marino, scrittore d’azione, esperto di cinema e arti marziali 24 novembre 2006 Yakuza anno zero 20.45 La tomba dell’onore, Kinji Fukasaku, 1975 8 dicembre 2006 L’ultimo samurai 18.30 Violent Cop, Takeshi Kitano, 1989 20.30 Aperitivo e cena di Natale al ristorante Vallera di Genestrerio* grafica: Maya Steiner Entrata a serata fr. 10.– / fr. 7.– per i membri ACP, Cineclub del Mendrisiotto e ridotti (alla cassa è possibile acquistare la tessera di socio ACP a 40.– e CdM a 30.–) * Per la cena, informazioni e prenotazioni al numero 091 683 50 30. www.acpnet.org 8-9-3, Yakuza Eiga ovvero cinema d’autore oltre il genere La via del samurai significa essere posseduto dal pensiero della morte. Yamamoto Tsunetomo (dall’Hagakure) Il cinema yakuza ha come protagonisti i gangster e il suo sue vette nei film storici in costume e nella trascrizione La Yakuza è un insieme di organizzazioni criminali, finanziarie e politiche che corrispettivo femminile (ballerine e prostitute), che ripren- filmica di opere letterarie, ben diverso è il discorso per trae le sue origini dal XVI secolo, ai tempi delle caste feodali. Con l’intento di dono attualizzandoli i ruoli tradizionali del samurai (o un regista come Suzuki che pur all’interno del filone com- contrastare le scorribande dei ronin (samurai senza padrone), nel 1612 nascono meglio del ronin, il samurai senza padrone) e della geisha. merciale ribalterà il genere verso una poetica visionaria, le bande machi-yakko, che da difensori del popolo ne diventano ben presto Si tratta perlopiù di un mondo maschile fortemente gerar- sperimentale e irridente (a tal punto da farsi licenziare!). gli oppressori. Si distinguono i Tekiya e i Bakuto. I primi sono dei discendenti chizzato, dove la donna è completamente sottomessa, ma Fukasaku rimarrà anch’egli nelle coordinate del genere ma dei venditori ambulanti, mentre i secondi si dedicano originariamente al gioco anche dove vige il dominio dell’uomo sull’uomo. Attraverso levigandolo come acciaio attraverso una regia iperrealista, d’azzardo. Proprio ad un gioco praticato ai tempi dei Bakuto, l’hanafuga, e un rigido corpus di riti, impera la devozione assoluta al pro- nervosa e obliqua. Se Suzuki può rimandare per lirismo più precisamente alla combinazione perdente di tre carte 8-9-3: ya-ku-za (per prio clan e al capo, l’oyabun, la cui difesa avviene anche ai Beatles, Fukasaku è sicuramente molto rollingstoniano! estensione: «gli uomini senza valore»), si deve il nome che oggi viene usato a scapito della propria vita. La formula dei film yakuza è Per Kitano invece il discorso è nuovamente diverso. Se si per identificare la mafia giapponese. Inoltre a questa banda risale la tradizione facilmente ricostruibile: un gangster, diviso tra giri e ninjo citano spesso fonti occidentali o il teatro kabuki (comunque del dito mozzato, come gesto riparatore, e dei tatuaggi su tutto il corpo, segno (l’interesse individuale e il dovere verso il clan), cerca di ben presenti anche negli altri autori), vale la pena ricordare di appartenenza alla ikka o gumi, la famiglia mafiosa. Nella seconda metà salvare la tradizione di fronte ai rivali «traviati» dall’indivi- (e la rassegna nasce proprio da questa urgenza) come sia dell’ottocento cominciano a godere di forti protezioni, vantando solidi legami dualismo, il materialismo e i valori occidentali. Costretto ad Suzuki che Fukasaku abbiano avuto una forte influenza sul con l’apparato economico e politico, segnatamente con gli ambienti della destra abbandonare la donna amata, l’eroe cerca dapprima una cinema di Kitano. In Kitano l’operazione viene però portata nazionalista, che ricorre ai suoi servizi per sedare scioperi e manifestazioni soluzione non violenta, ma poi non gli rimane che risolvere ad una consapevolezza, poesia e libertà autoriali tali da sindacali e studentesche. Nel dopoguerra, grazie anche all’accondiscendenza tutto in un bagno di sangue. rendere la rappresentazione della yakuza metafora della degli occupanti americani, che ne vedono un partner in chiave anti-comunista, società giapponese e della condizione umana in generale. la yakuza prospera e invade tutte le sfere della vita civile sino a raggiungere Dopo le rassegne dedicate al noir americano e al polar l’apogeo negli Anni 60, in coincidenza col boom economico giapponese. Oltre ai francese, vi invitiamo a conoscere una delle filmografie Ad unire i nostri registi è forse allora la volontà di afferma- normali settori della prostituzione, racket delle estorsioni e gioco d’azzardo, la più originali, misconosciute e cult della storia del cinema: re la propria libertà autoriale al di là delle costrizioni com- yakuza ha saputo adattarsi ai cambiamenti che hanno contraddistinto il paese il film gangster giapponese (o yakuza eiga). Nato negli merciali e dell’estetica del genere. Grazie ad una poetica arrivando a controllare e influenzare il mondo dell’edilizia, dell’alta finanza e Anni 40, soprattutto come film di cassetta e come erede anticipatrice e anticonformista, il ricorso al mondo della della politica. Attualmente si contano circa 90‘000 affiliati ripartiti in 2‘500 moderno dei film di samurai, il film yakuza ha avuto il suo yakuza diventa un veicolo diretto per indagare il confronto clan (mentre erano 180‘000 all’inizio degli Anni 60). Ancora oggi la yakuza è culmine a cavallo degli Anni 60, epoca d’oro del cinema con i temi forti della morte, della coesistenza tra passato e organizzata in gruppi compatti nei quali i rapporti sono regolati dal ninkyodo, commerciale giapponese e delle case di produzione basate modernità, tra oriente e occidente. Ed è così che i gangster, insieme di norme morali e comportamentali modellate sul bushido, l’antico sul modello americano delle mayors (in particolare la Toei e rappresentati nella loro violenza oltranzista e nella prefi- codice etico dei samurai. la Nikkatsu). All’interno di una cinematografia sconfinata e gurazione di un’esistenza votata al fallimento, diventano di livello perlopiù scadente, si segnalano alcuni autori che, umani loro malgrado e paradigma di un mondo segnato da in modo diverso e a volte antitetico, saranno venerati dai forti e irrisolte contraddizioni. cinefili più incalliti e diventeranno dei modelli per registi «décalés» come Tarantino, Jarmush, Woo, Kar-Way, ecc. Se per Kurosawa possiamo parlare di un episodio folgorante Marco Galli quanto poco conosciuto di una carriera che ha avuto le Cineclub del Mendrisiotto - Associazione Cultura Popolare di base, i budget risicati e le costrizioni produttive, Suzuki si con- locale e degli occupanti americani, Rikio Ishikawa (l’enorme L’angelo ubriaco centra sulla sperimentazione cromatica, lavorando l’immagine Tetsuya Watari) è uno yakuza del clan Kawada, che non rispetta come una tela bianca, bandendo la profondità di campo per minimamente i codici della gerarchia mafiosa. A causa delle (Yoidore tenshi) Giappone, 1948, b/n, 98’, v.italiana privilegiare sovrapposizioni geometriche a due dimensioni, alla continue insubordinazioni, diventa ben presto un soggetto incon- Regia: Akira Kurosawa; sceneggiatura: Keinosuke Uekusa e Akira Kurosawa; cui resa contribuisce il talento dell’immenso capo decoratore trollabile e indesiderato. Il film ne racconta senza concessioni fotografia: Takeo Io; scenografia: Sa Matsuyama; musica: Fumio Hayasaka; Takeo Kimura. Figlio dei suoi tempi, il film può essere accostato, l’inarrestabile discesa – tra violenze, stupri, tradimenti e tossico- montaggio: Akira Kurosawa; interpreti: Takashi Shimura, Toshiro Mifune, per la trasposizione di elementi della cultura popolare in opera dipendenza – in un inferno dove non esiste alcuna possibilità di Reizaburo Yamamoto, Chieko Nakalita; produzione: Sojiro Motoki per Toho. d’arte, alle sperimentazioni pop-art della Factory. Un film di culto: riscatto, né di fine onorevole. inclassabile, impudico e libertario. Sanada (Shimura), un disilluso medico della periferia di Tokyo, Kinjii Fukasaku (1930-2003) esordisce alla si prende a cuore la sorte di Matsugana (Mifune), un capomafia regia nel 1961 e costruisce negli anni uno in declino che ha i giorni contati dalla tubercolosi, e che verrà stile personale secco e rapido, con inser- ucciso da un suo rivale. L’epitaffio di questa amicizia schiva e ti pseudo-documentari che introducono impossibile sono le parole ciniche di Sanada «Era solo un cattivo La farfalla sul mirino la vicenda nel contesto della criminalità gangster… Un cane è un cane, niente può salvarlo». Ma forse in giapponese. Le sue inquadrature, spesso entrambi si è ridestato un barlume di dignità. (Koroshi no rakuin), Giappone, 1967, col, 87’, v.o. sottotitoli in francese sbilenche e frenetiche (ma veri pezzi di Regia: Seijun Suzuki; sceneggiatura: Seijun Suzuki, Jiku Yamatoya, Yuki Miyata bravura!) sanno creare un’ambientazione Il regista dei Sette Samurai, Rashomon e e Chusei Sone; fotografia: Kazue Nagatsuka; scenografia: Suzeko Kawahara; altamente drammatica e contribuiscono Ran non è estraneo al poliziesco e al rac- musica: Naozumi Yamamoto; interpreti: Joe Shishido; Mariko Ogawa, Anne Mari, a caratterizzare la visione nichilista del conto criminale (ricordiamo inoltre Cane Koji Nambara, Isao Tamagawa, Hiroshi Minami; produzione: Kaneo Iwai per Nikkatsu. regista per il quale tutto sembra scivola- randagio e Anatomia di un rapimento) re vorticosamente e fatalmente verso il anche se la sua abilità nelle scene d’azione Il killer n. 3 Hanada baratro. La tomba dell’onore, uno dei suoi capolavori, tratto dal è sempre al servizio di un’analisi dram- (Shishido) si accor- racconto di Goro Fujita, un ex-gangster, è un noir nerissimo in matica e morale al di fuori degli schemi ge che il suo capo, cui il desiderio di morte e autodistruzione che pervade il prota- del genere.
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