Rachel Haim

LE ORIGINI DEL TEATRO DI PIRANDELLO

Department of Italian Language and Literature

Master of Arts

Pirandello became known at first as a novelist and a writer of short stories; only later did he become known as a playwright. The origins of his theatre are thus usually viewed as a transition from the narrative form of expression to the dramatic one. The result of my study is that such a transition is superficial. The narrative production and the dramatic one, linked by the mere fact that they are two aspects of the writer·s ccti~~ty, develop not one from the other, but one alongside the other -- even though they reach their full development at different stages in the writer's career. Only with the Six Characters in search of an Author, in which Pirandello succeeds in bringing to the stage his ideas on the theatre and theatrica1 techniques, does the writing of plays become his dominant, if not exclusive, interest. This is the conclusion of my study and is expounded in the last chapter of this thesis. In the first chapter, l have tried to give a general idea of the criticism on the subject. In the second and third chapters, l have examined those dramatic works of Pirandello which precede the Six Characters, and l have taken lnto special consideration their interaction with the narrative works. Haim Le origini deI teatro di Pirandello LE ORIGINI DEL TEATRO DI PIRANDELLO

by

Rachel Haim

A thesis submitted to the Faculty of Graduate Studies and Research in partial fulfilment of the requirements for the degree of Master of Arts.

Department of Italian Language and Literature, McGill University, Montreal. July 1969

® Rachel Haim 1970 PREMESSA

La genesi deI teatro di Pirandello è di solito presentata come passaggio dalla narrativa al teatro. Il risultato della mia indagine è che tale passaggio è più apparente che reale.

Narrativa e teatro, ovviamente connessi come due aspetti dell'attività dello scrittore, si svolgono parallelamente, non l'uno dall'altra, ma l'uno accanto all'altra, anche se arrivano a maturazione in epoche diverse~ prima la narrativa e poi il teatro. E quest'ultimo finis ce col costituire l'interesse dominante~ se non esclusivo, dello scrittore~ solo quando, dopo aver dato formulazione drammatica ai terni della sua problematica intellettuale~ Pirandello, coi Sei personaggi~ riesce a portare iii

sulla scena le sue riflessioni intorno al teatro e alla tecnica teatrale. Questa conclusione forma l'oggetto dell'ultimo capitolo di questo saggio. Nel primo capitolo ho tentato di dare un quadro della letteratura critica intorno all'argomento, e nel secondo e nel terzo capitolo ho esaminato le opere teatrali di Pirandello precedenti ai Sei personaggi, discutendo con particolare attenzione il loro rapporto con la narrativa.

R. H. l

IL PROBLEMA CRITICO

La spiegazione più semplice della genesi.del teatro di Pirandello consisterebbe nell'attribuire il crescente interesse dello scrittore

per il teatro a delle circostanze esterne, che 10 avrebbero spinto ad

allontanarsi sempre di più dalla narrativa e a trasformarsi in

drammaturgo. In realtà, quasi tutti i cr~tici accennano a circostanze esterne. Nessuno pero ritiene che esse abbiano avuto un'importanza

decisivc:..

Degli amici avrebbero spinto 0 incoraggiato Pirandello a scrivere per il teatro. Particolarmente importanti sarebbero, da questo punto

di vista, Nino Martoglio, Lucio D'Ambra e Angelo Musco. Per primo,

Nino Martoglio, allora capo della compagnia deI ''Teatro minimo" al Metastasio di Roma, riesce nel 1910 ad ottenere da lui due riduzioni

teatrali, L'epilogo (già adottato per il teatro fin dal 1892) e Lumfe "di Sicilia, che mette in iscena insieme il 9 dicembre 1910. 1 Nel 1913,

per il "Teatro per tutti" di Lucio D'Ambra, Pirandello prepara un altro

1 N. Borsellino, "Pirandello," Enciclopedia dello spettacolo (Firenze, 1954-1962), VIII, 153-154. 2

drarnma, anche questo ricavato da una novella, "Il dovere deI medico," che viene rappresentato il 20 giugno.2 L'anno successivo, D'Ambra entra in possesso deI manoscritto di un dramma in tre atti, Il nibbio, che Pirandello aveva abbandonato in un cassette da moIti anni. Il drarnma viene rappresentato, col titolo Se non cos{, il 19 aprile 1915 dalla compagnia di Marco Praga. Purtroppo la rappresentazione non va liscia per le difficoltà create dall'attrice Irma Grammatica che fin1 per falsare il significato deI drarnma. 3 Pirandello 10 ritira e 10 fa rappresentare moIti anni più tardi col titolo La ragione degli altri.

2 Enciclopedia de1lo spettacolo, VIII, 154.

3 Si veda F.V. Nardelli, Vita segreta di Pirandello (Roma, 1962),p. 133. Informazioni più ampie si trovano in G. Giudice, Luigi Pirandello (Torino, 1963), pp. 307-308: '~le cose non andarono come 10 scrittore avrebbe desiderato. Nella commedia si rappresenta la vicenda di una moglie della classe borghese che riesce, usando l'arma deI ricatto morale e in nome di un ambiguo e astratto dovere verso i figli, a strappare come un nibbio, alla madre, la figlioletta illegittima deI marito. Secondo l'autore, il dramma avrebbe dovuto gravitare sull'ingrato personaggio della moglie sterile. Invece la Grammatica, d'accordo col Praga, che Pirandello, che si era recato a Milano, non riusc1 a persuadere deI contrario, prefer1 assumersi la parte dell'amante, che aveva delle scene più gridate e commosse. COS1, grazie alla personalità drammatica prepotente della Grammatica, il fuoco della commedia si sposto su un personaggio che non era quello nuovo e inedito su cui aveva concentrato Ja sua invenzione l'autore, e la critica, nonostante gli applausi deI pubblico, tratto freddamente l'operé 3

Infine ~~gelo Musco, l'attore siciliano, non ancora famosissimo, ma con una grande voglia di aver successo, fra il 1916 e il 1917 ries ce ad ottenere da Pirandello quattro comedie: Pensaci, Giacomino!,

Liolà, Il berretto a sonagli e La giara.4 Martoglio, D'Ambra e Musco hanno certamente avuto una notevole importanza nell'incoraggiare Pirandello a scrivere per il teatro; ma, non si puo attribuire ad essi l'origine dell'interesse di Pirandello

Tornato a Roma molto di malumore, Pirandello riconfermo a se stesso il rifiuto deI teatro e riprese a scrivere le sue novelle. Poi, quando pubblico Se non cosl, nello stesso 1915, presso i Fratelli Treves, voIle prendersi una piccola vendetta sulla Grammatica, e fece precedere il testo della commedia da una lettera che è tutta piena di esplicito dispetto per quella prima attrice che gli aveva rovinato l'opera (anche se l'attrice non viene chiamata per nome). La lettera si finge rivolta alla vera protagonista deI dramma: 'Cara Signora, mi dispiace dirlo, ma voi non fate in questa commedia una bella figura. E forse nessuna prima attrice di ruolo che si rispetta, vi avverrà di trovare che voglia assumersi di rappresentare nella commedia la vostra parte ••• Statevene qua, dunque, nel libro. Sui palcoscenici nostri, cosl come essi sono e cosl come voi siete, non potete farvi strada per ora, ve 10 dico. Vi manca, signora mia, cio che in gergo teatrale si chiama la carrettella ••• '."

4 Enciclopedia dello spettacolo, VIII, J.54. 4

per il teatro. L'epilogo e Il nibbio furono scritti prima, e indipendentemente da ogni pressione estema, l'uno nel 1892 e l'altro nel 1896. Né si pua spiegare con delle ragioni di questo tipo l'importanza che il teatro ha avuto nell'ulteriore svolgimento dell'attività dello scrittore, il fatto cioè che egli abbia finito per dedicarsi quasi esclusivamente al teatro trascurando la narrativa.

Il passaggio di Pirandello dalla narrativa al teatro è stato spiegato frequentemente dall'intemo, insistendo sulla drammaticità deI suo stesso stile di narratore. Arminio Janner, per esempio, toma a più riprese su questo punto nel suo libro su Pirandello:

Del resto, nel Pirandello, il trapasso da una novella alla commedia 0 al dramma è sempre naturale e, si direbbe, quasi indicato: già le novelle sono spesso scritte e concepite come drammi 0 commedie; non v'è che da trascriverle in forma dialogata. Talune sono perfino già composte in tale forma: basta allora dividerle in atti e scene. COS1 il bellissimo atto L'uomo dal fiore in bocca, derivato dalla novella La morte addosso. (Dapprima Caff~ nottumo). 5

Ma se le novelle di Pirandello sono già "teatro," che bisogno aveva di scrivere dei drammi veri e propri? Non c'è quindi da meravigliarsi se

Janner finisce per concludere che il vero Pirandello è quello delle novelle e non quello dei drammi:

Prosa che va letta ad alta voce, aifinché nel tono, nel1e pause, nelle domande e nelle esclamazioni si modelli secondo il giusto e voluto rilievo. Nella prosa deI Pirandello si sente benissimo ch'egli doveva

5 Luigi Pirandello 1948), pp. 284-285. 5

finire sul teatro: la forma d'arte a lui p~u consona. Eppure non è nel teatro che ha dato la misura migliore deI suc genio, bens1 nelle novelle. Al teatro giunse sul tardi, quando il SUD fresco sense della vita si era già fissato in una alquanto artificiosa dialettica: il momento più felice, artisticamente, della sua produzione letteraria si rivela nelle novelle. 6 Nella frase ora citata, Janner sarebbe riuscito, secondo un altro critico, N. De Bella, a "condensare, brevissimamente, quarant'anni di pregiudizi intorno a Pirandello":

A parte il fatto che, se il teatro è "la forma d' arte a lui più consona", com'è che Pirandello avrebbe dato tuttavia la misura migliore nelle novelle? La verità è che il Janner, chiuso dai suoi preconcetti ad una maggiore comprensione, non ha visto quanto di vivo vi sia nel teatro pirandelliano: tanto è vero che ad esse dedica appena una sessantina di pagine, in un saggio che ne comprende trecentocinquanta. Ma 10 strano è che egli qua e là si sforza di esaltare un Pirandello "europeo": trascurando evidentemente che la fama europea dell'agrigentino fu dovuta proprio al suc teatro. 7

A parte i "quarant'anni di pregiudizi," è vero cornunque che il libro di Janner, esauriente e metodico com'è, tende piuttosto a dissolvere i problemi che a risolverli. Si trattava di spiegare il passaggio di

Pirandello dalla narrativa al teatro. A voler stare a quanto dice

Janner, questo passaggio è solo apparente, superficiale e non mette conta di spiegarlo. Non si puo fare a meno, pero, di esser sorpresi a vedere 10 stesso De Bella fra coloro che si muovono più 0 mena sulla stessa linea di Janner:

6 Janner, p. 202.

7 Narrativa e teatro nell'arte di Luigi Pirandello (Firenze, 1962), p. 136. 6

A me pare invece che in Pirandello i modi~ 0 meglio "il modo"~ sia il medesimo: tanto nelle sue migliori opere di narrativa quanto nelle più riuscite commedie. Insornma~ vi si potranno trovare -- tra le une e le altre -- differenze soltanto esteriori: che non investono pero la sostanza intima dell'arte pirandelliana. La quale, laddove si afferma piena e matura~ rivela un tessuto strettamente unitario. E percio non esiste~ a mio avviso~ un Pirandello narratore in contrapposizione ad un Pirandello drammaturgo. Esistono soltanto varie opere, più 0 meno riuscite: che vanno considerate (innanzi tutto) in sé e per sé~ nelle premesse e nei risultati; e poi anche per tutto cio che di comune hanno~ cioè l'umanità e 10 stile del1'autore. 8

Tuttavia~ fra Pirandello narratore e Pirandello drammaturgo~ c'è, secondo De Bella, una cesura nel tempo~ una distinzione cronologica. Di conseguenza, De Bella non puo fare a mena di tentare di spiegare gli inizi della carriera di Pirandello drammaturgo:

Pirandello -- non ancora convinto~ per motivi d'opportunità~ della propria capacità di adattarsi al teatro -- sentiva tuttavia confusamente entro di sé (fin dagli anni giovanili) che in lui l'istinto teatrale coesisteva già vivo~ fin nei primi conati narrativi. Il fatto che le novelle dapprima gli dessero (ma glieli diedero anche in seguito) spunti e temi per commedie, dimostra -- se mai -- che già in quelle novelle erano "nati" veri e propri atti drammatici, che bastava quindi trascrivere con quaI che lieve modifica; e dimostra d'altra parte -- che certe peculiarità della sua narrativa (ad esempio~ la cura ch'egli poneva nel descrivere, attraverso la figura fisica~ i caratteri dei personaggi) le sentiva valide e insostituibili: tanto è vero che quelle descrizioni spesso passarono nelle didascalie della commedia (le quali percio~ come vedremo~ non sono soltanto appunti per la regia) 0 addirittura nelle battute dei protagonisti e delle figure minori. E con esse l' autore continuava a presentare "plasticamente" (per dir cosî) il carattere di questi suoi nuovi personaggi~ pri~~ ancora di affidarli ad una vera e propria azione dialogata.

8 De Bella~ p. 7. 7

Sono cose, queste, che balzano evidenti, ad una lettura approfondita: e fa meraviglia che si siano potuti prendere abbagli tante mandornali; al punto di credere (ed ancora c'è qualcuno che ci crede) che Pirandello si sia dato al teatro per esclusivo amore della fama che da esso gli yenne. La verità èche egli era nato drammaturgo, cos! come era nato narratore: quante delle sue poesie giovanili, ad esempio, non sono che dialoghi in versi! 0 descrizioni di stati d'animo, che meglio si affiderebbero alla pagina di prosa! 9

Come fa De Bella a sapere che "Pirandello •.• sentiva tuttavia confusamente entro di se (fin dagli anni giovanili) che in lui l'istinto teatrale coesisteva già vivo, fin nei primi conati giovanili"? In fondo, attribuisce a Pirandello un'ipotesi sua. Inoltre, se le novelle, nelle quali sono "'nati' veri e propri atti drammatici," sono drammatiche, che cosa ha costretto Pirandello a trascriverle in opere teatrali? E finalmente De Bella arriva alla "verità," cioè che

"Pirandello era nato drammaturgo, cosl come era nato naTratore": il che è ancora meno convincente deI resto e troppo semplicistico per soddisfare qualunque curiosità.

Non molto diverse da Janner e da De Bella è l'atteggiamento di M. Guglielminetti. Questi, invece delle novelle, esamina i romanzi di

Pirandello e scopre in essi un progressivo accentuarsi deI soliloquio, che corrisponde ad un accentuarsi della drammaticità deI racconto. IO

9 De Bella, pp. 11-12. le Struttura e sintassi deI romanzo italiano deI primo novecento cr~lano, 1964), pp. 67-12û. ün altro critico, che vede questo problema quasi nella stessa luce, è W. Starkie; ma, per lui, 8

Più interessante è 10 studio di F. Puglisi sulla lingua di

Pirandello: Questi caratteri, pero, che siamo venuti indicando e che s'impongono 0 ricorrono più spesso degli altri neIla prosa pirandelliana, come la tendenza al dialogo, la brevità deI periodo, l'amore per il discorso diretto, la frase rotta, concitata, risentente anch'essa cioè deI deI contrario per la presenza della ragione che l'interrompe, di una pseudo-filosofia di cui non si puo fare a meno; questi caratteri, dicevo, insieme con l'interesse che

c'è un elemento nuovo -- la dialettica di Vita e Forma -- che anch'esso avrebbe spinto Pirandello a scrivere per il teatro: "If we examine carefully the novels of Pirandello and his countless short stories, we reach the conviction that in him right from the outset there slumbered a dramatist. The style, the synthetic method of the short stories, is dramatic: the nervous, disjointed dialogue, reflecting not only a man's ideas, but also his reticences and reservations, is essentially dramatic in the modern sense. Pirandello's style, with its complexities, is highly suggestive, for hé is never so much occupied with direct meaning as with inferences to be drawn. The reader is taken into his confidence and compelled to read between the lines if he would penetrate into the mystery of the drama. It was not surprising that he should have turned his thoughts to drama -- the modern drama of suggestion which Bracco had initiated so brilliantly in Italy with Piccolo santo (1908) -- in order that his ideas might find plastic representation. For it was much easier to express on the modern stage the fundamental antithesis of his art between life which is ever in a state of flux and the constructions by which men try to stop that ceaseless ebb." (Luigi Pirandello, Berkeley - Los Angeles, 1965, pp. 128-129). 9

Pirandello mostra per il quadretto e che denota, come si puo vedere pure dai suoi appunti, il suo fine sense di osservazione,quello che 10 porterà a rappresentare, per bocca di Romeo Daddi 0 di Diego Cinci, scene come quella della morte dell'insetto che springa sull'acqua 0 della lucertola afferrata per il capino, à'una evidenza, d'una lucidità senza pari; questi caratteri, ripetiamo ancora, non si palesano di colpo nella lingua dello scrittore agrigentino, né si dimostrano statici: si sviluppano via via, si accentuano, toccano le punte più alte man mano, specie da che si passa dalla narrativa al teatro, dove hanno modo di manifestare e manifestano, in senso positivo quelli positivi, in sense negativo gli altri, tutta la portata della lorD peculiarità. Il

Lo stile di Pirandello, benché drammatico sin dall'inizio della sua carriere artistica, sarebbe, dunque, cresciuto, secondo Puglisi, in potenza e in drammaticità nel passaggio dalla narrativa al teatro.

Comunque sia di cio, la drammaticità dello stile narrative di Pirandello pue servire a stabilire la continuità fra la narrativa e il teatro, ma non puo permettere di cogliere la differenza, che pure c'è 0 almemo potrebbe esserci. Ed a questo proposito, è da tener conto di un'acuta osservazione di B. Terracini, il quale ha dedicato un saggio allo studio della questione dello stile di Pirandello, benché soprattutto in relazione aIle novelle:

Più delicata assai è la posizione delle novelle rispetto all'opera teatrale. Non vi è dubbio che vi è un certo parallelismo di temi fra le une e l'altra, piu spesso le novelle forniscono 10 spunto per temi che nel teatro trovano un libero e affatto nuovo

Il Pirandello e la sua lingua (Bologna, 1962), pp. 142-143. 10

svolgimento, sicche si ha l'impressione che le novelle ne costituiscano l'antefatto. Questa situazione fa si che i critici i quali hanno rivolto la lorD attenzione all'evoluzione stilistica delle novelle, ne abbiano interpretato il progressive liberarsi dalle forme dell~ narrativa tradizionale corne indizio di una tendenza che spingeva 10 scrittore verso la forma drammatica. 0 più genericamente si è scritto che le novelle "ci aiutano a comprendere il germe de Il , opera di Pirandello." Esta bene: ma è pure evidente che il complesso delle novelle -- e ciascuna di esse -- deve essere considerato e giudicato per se, per quello che è: cosi come le collezioni di disegni di Rembrandt 0 di Michelangelo, servono a illuminarci su alcuni aspetti della lare opera maggiore, ma possiedono pure un valore intrinseco,indipendente da quellropera. 12

Le novelle cioè non possono ridursi a drammi, ne viceversa.

Il passaggio di Pirandello dalla narrativa al teatro è stato esaminato anche da un punto di vista storico. A. Di Pietro ricollega lrorigine deI teatro di Pirandello alla crisi della cultura e della letteratura dellrOttocento:

Giunti, nella polemica contro la retorica carducciana, naturalistica, post-romantica, crepuscolare, al limite estremo deI silenzio, l'io stesso romantico e naturalistico si disgrega e s'annichila: si riduce a silenzio. Spogliatosi, nella ricerca individualistica di una originalità e cioè d'una sincerità assoluta, d'ogni residuo ambientale, storico, affettivo, negato ogni gesto, ogni parola che 10 possa ad altri legare, determinandolo dall'esterno e quindi falsandolo, lrio soggettivistico e umanistico dellrOttocento giunge al suo suicidio.--Alla sua retorica, e cioè-al suo mondo fisico, morale, ideale, si sostituisce l'impassibilità disumana della macchina da presa. E venuto meno, con l'io, il commenta che 10 spieghi e 10 giustifichi, l'essere perde ogni!Significato, ogni valore in se: la vita degli uomini e delle cose si riduce a gratuito e illusorio gioco di eventi, a un succedersi ininterrotto di scene che si imprimono indifferentemente su una pellicola cinematografica: si riduce, insomma a teatro.

1__? •A .na_:l.S:l. " • S...... :::.• ..." :::.s ...... l.Ca V":1.ru' 1ano, 1966) , p. :,:,--0 • 11

E, dal romanzo intimista e autobiografico: al teatro Pirandello sr volge. 13

Il venir m~no deI soggetto e il fatto che tutto perda significato e diventi indifferente non porta come necessaria conseguenza il passaggio dalla narrativa al teatro. Si pue infatti imitare l'indifferenza della macchina da presa anche in un'opera narrativa.

Per di più, il ragionamento di Di Pietro presuppone che il teatro di Pirandello esprima ,~ succedersi ininterrotto di scene che si imprimono indifferentemente su una pellicola cinematografica"; presupposto che non è valido perché Pirandello esprime la sua compassione per il genere umano non soltanto nella sua narrativa ma anche nel suo teatro. Ed, infatti, il teatro di Pirandello

è il veicolo delle sue idee e della sua dialettica e non pua essere, quindi, impassibile come la macchina da presa. 14

13 Pirandello (Milano, 1950), pp. 100-101.

14 A proposito deI punto di vista di Di Pietro, un critico già citato, De Bella) osserva: "Parlare di ermetismo) per Pirandello) mi sembra assurdo: se è vero che l'ermetismo nasce da un'estrema concentrazione stilistica) e se è vero che 10 stile di Pirandello è invece sempre analitico e disteso ••.. A parte il fatto che parlare di ermetismo proprio quando Pirandello giunge alla espressione più "parlata", cioè al teatro, mi sembra davvero fuor di posto. Tutto questo capitolo è viziato) in definitiva) da una confusione fondamentale fra autore e personaggi: cioè) fra mondo intimo dello scrittore e rappresentazione di questo mondo." (pp. 126-127). 12

L'opera teatrale di Pirandello puo esser vista da un punto di vista storico, soltante se si tiene a mente che una delle maggiori preoccupazioni dell'autore è di mostrare gli uomini a se stessi e di esaminare l'età sua con acuto occhio critico:

Interessava Pirandello, perché egli appunto diceva dell'uomo prigioniero della società 0 deI destina, deI bisogno di ribellarsi e della vanità di questa ribellione, dell'impossibilità di conoscere che cosa sia vero, che cosa sia falso, della solitudine tragica in cui ogni uomo è rinchiuso. E Pirandello, che vedeva la realtà dargli ragione, e ritrovava negli uomini di due continenti la problematica amara che era stata già sua. Pirandello che vedeva la vita porgergli intrecci più complessi e grotteschi di quelli che egli aveva inventati, Pirandello che conosceva finalmente l'ebbrezza della gloria, i critici che discutono le nostre tesi, i pubblici che applaudono e si accapigliano, gl'impresari che si contendono le nostre opere, Pirandello doveva naturalmente abbandonarsi allo scrivere, inventare complicazioni sempre più complicate, rinnovare formalmente il vecchio teatro perché potesse esprimere questo nuovo mondo in tumulto, approfondire e variare i suoi terni, esasperare le sue tesi, fino a fare della sua opera 10 specchio di un'età. Per questo, per parecchi anni Pirandello scrisse solo, 0 quasi solo per il teatro. 15 fl questa l'opinione di Petronio. La sua affermazione, che Pirandello ha dovuto rinnovare il teatro per dire quello che doveva dire, sarà certamente vera e potrà servire ad intendere il significato innovatore dell'opera teatrale di Pirandello, ma non spiega la genesi deI suo teatro.

15 G. Petronio, Pirandello nuielliere e la crisi deI realismo (Lucca, 1950), p. 52. 13

L. Baccolo vede il teatro di Pirandello come una forma di

liberazione per l'autore stesso, una forma d'arte, cioè, attraverso

la quale ha potuto rompere con la tradizione veristica:

Il teatro rappresenta, sempre grosso modo, la scoperta della sola strada che pue condurre alla liberazione dal corpo: il pensiero; non subito, tuttavia; che le prime commedie (Liolà, La morsa. Pensaci, Giacomino) non sono molto di più che una trasposizione sul palcoscenico di novelle, in cui i personaggi conservano la loro caratteristica e il loro peso •..• Ragionando, dialettizzando, se si vuole sragionando 0 sofisticando su se stessi e sulla vita, i personaggi deI teatro demoliscono di atto in atto la pr'opria personalità e la vicenda in cui si trovano immersi, fino a lasciare intatto solo l'involucro: un guscio d'uovo, 0 un sacco vuoto, per usare immagini care a Pirandello. Come avveniva appunto nel romanzo­ chiave Uno, nessuno e centomila. che presenta nelle prime pagine un Vitangelo Moscarda bel giovane felice marito e ricco proprietario. per lasciarl0 nelle ultime pagine, senza che sia successo nul la, ricoverato volontario di un Ospizio col suo blusotto azzuro, senza più moglie ne ricchezze, beato e smemorato in un mondo vuoto. 16

Baccolo ritiene. dunque, che per Pirandello la sola strada verso

la "liberazione dal corpo," cioè dal verismo all' intellettualismo,

passa per il teatro, dove i personaggi si distruggono e si riducono

a un "sacco vuoto." Qui abbiamo una ragione abbastanza importante

che avrebbe potuto indurre Pirandello a scrivere per il teatro; ma

è 10 stesso Baccolo che si contraddice, osservando che quelle che

16 "Pirandello. storia e favola," Ponte. XVIII (1962), 68. 14

fanno i personaggi deI teatro 10 fa anche Vitangelo Moscarda in un romanzo.

M. Apollonio ricollega il passaggio dalla narrativa al teatro alla"necessità di investigare la legge deI coesistere di tanti intorno a ciascuno.,,17 G. Dumur invece ritiene che questo trapasso sia causato da una preoccupazi6ne sempre crescente per il problema della realtà:

Car la nécessité qui conduit progressivement Pirandello au théâtre paraît correspondre à un souci de plus en plus grand d'élucidation du problème de la réalité. Que cette réalité, toujours fuyante, soit finalement niée, que les trois quarts de l'oeuvre pirandellienne reposent sur cette négation pathétique ne change rien à cette volonté qui correspond, en partie, à l'esprit géneral de la littérature italienne de cette époque. 18 J. Bastaire vede il passaggio di Pirandello dalla narrativa al teatro come espressione di uno spirito barocco: Mais il est deux points bien précis où s'affirme d'une manière éclatante l'esprit baroque du Sicilien. D'abord le goUt qui se développe en lui pour le théâtre, au fur et à mesure que se précise son relativisme métaphysique. "La vie est un songe", disait déjà Calderon, auquel Corneille faisait écho avec son "1 llusion comique" qu'il empruntait d'ailleurs aux Espagnols. Et le grand Will pensait-il autrement? "La vie n'est qu'une ombre passagère, un pauvre comédien qui se pavane durant une heure sur la scène et qu'ensuite on n;entend plus, une histoire contée par un idiot et qui ne signifie rien." Ce n'est pas, comme on le verra

17 Storia deI teatro italiano (Firenze, 1954), p. 766.

18 Luigi Pirandello (Paris, 1955), p. 31. 15

plus tard dans le counde l'histoire littéraire, la vie qui prétend àfu,exer ici le théâtre, mais le théâtre qui pénètre dans la vie pour la vider de sa substance, en lui ôtant son caractère d'engagement sérieux, décisif, irrémédiable. 19

E ricollega il barocco di Pirandello al suo relativismo metafisico:

Autre trait caractéristique du baroque pirandellien: la folie. Elle agit comme un révélateur, qui authentifie cette absurdité du monde résultant de la désinsertion des consciences. C'est elle qui offre le visage le plus vrai de l'existence humaine •..• L'expérience de la folie rejoint d'ailleurs celle du théâtre. Le fou fait jouer aux êtres et aux choses un rôle qui ne correspond pas à leur nature profonde, tandis que lui-même adopte un personnage qui n'est plus tout à fait le sien. Il nous communique, au niveau individuel et d'une façon pathologique, le sentiment de l'aberration universelle que nous donnerait le théâtre, si nous étions soudainement convaincus qu'en sortant de la salle, la représentation va continuer, sur un autre mode, avec d autres acteurs, mais substantiellement semblable à celle que nous venons d'applaudir. 20

Pirandello non soltanto scopre che non esiste solo una verità 0 una realtà, ma vuole anche che l'esperienza deI teatro, cioè l'esperienza creata, sia più vera dell'esperienza della vitae 21

19 "Pirandello ou la dérision baroque," Esprit, XXVI (1958), 980.

20 Bastaire, p. 981.

21 Come fra l'altro osserva Dumur: '~eux que dans le roman ou la nouvelle où ce sont seulement les mots qui traduisent les images, le théâtre justifie pleinement cette consistance du personnage, à mi-chemin du rêve et de la réalité, de l'illusion et de la vie c'est-à-dire au point exact où se manifestent la réalité et la vie." (p.53). 16

Il teatro dunque sarebbe una forma di arte meglio adatta della narrativa ad esprimere la realtà e la vitae Non molto diverso è il punto di vista di G.B. Angioletti: Ma Pirandello vedeva nel teatro anche un modo di imprimere alla realtà~ chesempre meno 10 soddisfaceva~ una deformazione ancora più forte di quella consentitagli dalla narrativa: concentrando cioè col dovuto rilievo l'azione sui personaggi di primo piano e facendo assumere ai personaggi secondari una funzione quasi di coro. Né bastava: nel suo convincimento fondamentale che la vita altro non fosse se non una "buffonata"~ sentiva che a rappresentarla nulla poteva essere più adatto dello spettacolo~ in quanto si trattava soltanto~ in definitiva, di trasferire sul palcoscenico, dopo averle plasmate artisticamente, le finzioni in atto nell'esistenza di tutti i giorni. Da questi presupposti deriva al primo teatro pir~Ldelliano quel senso di burla e di grottesco che tanto colpisce 10 spettatore. 22

Questi critici che spiegano~ come si è visto, il passaggio di

Pirandello dalla narrativa al teatro da un punto di vista storic023 inserendolo 0 nella storia della letteratura in generale 0 considerandolo comunque in funzione della storia deI pensiero di Pirandello -- sottolineano tutti un aspetto della questione senza pero fornire una

22 Luigi Pirandello (Torino, 1962), pp. 43-44.

23 Si veda c. Salinari~ Miti e coscienza deI decadentismo italiano (Milano, 1962)~ pp. 249-284, per la posizione singolare che il ''verismo'' di Pirandello ha nella letteratura italiana deI primo novecento. 17

1

spiegazione complessiva e deI tutto soddisfacente. 24 In fin dei conti, dedicano poche pagine al passaggioOdalla narrativa al teatro

e non si preoccupano di isoiare il problema e di esaminarlo fino a fondo. Ho lasciato finora da parte i due critici, Tecchi e De

Castris, che hanno esaminato la questione in modo sistematico.

24 B. Lauretano, in un articolo molto acuto (Pirandello: l'incomunicabilità e il dialogo," Cultura, II, 1964, 660··664), dimostra l'importanza 'deI dialogo non soltanto nei rapporti umani ma anche nei rapporti fra l'uomo e la realtà. L'uomo, senza il dialogo, sarebbe perduto in un mondo di fantasia e di delirio; con il dialogo, egli agisce in un contesto sociale e entra, dunque, in rapporto con gli altri uomini e con la realtà: "La.condizion.e deI dialogo non è quindi solo un supremo imperativo morale, ma una suprema condizione deI reale e deI possibile, quella appunto che, sottile come la linea che divide il mare dalla terra, distingue la riva deI e deI delirio da quella della veridicità e della fondatez~, la fantasticheria della sensata ragione ••. " (p.662). Il dialogo è quindi spesso ricerca della verità, un tema caro a Pirandello. Senza il dialogo, c'è soltanto un "io" che deve, per necessità, essere l'unica verità; con il dialogo, questa verità unica viene in contatto con aitre verità e, perdendo in parte la sua importanza, diventa una delle tante faccie della verità: "Ammettiamo pero un'area extra-dialogica ricca di contenuti deliranti e non verificati, suscettibili peraltro di essere, in una fase superiore, sintattizzati in un sistema di lucide implicazioni. Nemmeno in questo secondo caso si puo pero parlare di mondo oggettivo: esso potrebbe essere il frutto di un lucido ed ironico incubo. Soltanto in una terza fase, con la irruzione della intersoggettività, appariranno "le cose", le realtà "verificate", l'io, che non è più l'ego galattico e onnicomprensivo delle precedenti esperienze, ma l'io profilato, l'io storico ed empirico. Il dialogo è proprio il trionfo della misura, della verifica e percio della scienza." (pp.663-664). Nel teatro, cioè nella forma di arte più dialogata, l'interesse di Pirandello per la relatività deI tutto si afferma in modo più deciso. L'opera che illustra più chiaramente di ogni altra l'esistenza di verità contraddittorie è La signora FroIa e il signor Ponza, suo genero. 18

Tecchi consacra un capitolo deI suo libro Officina segreta a "Pirandello, dalle forme narrative al teatro.,,25 Egli tenta di vedere uno sviluppo logico nel trapasso di Pirandello dalle forme narrative al teatro:

Con tutto cie credo che si possa dire qualche cosa su questo passaggio dalle forme narrative al teatro: soprattutto se 10 si intende nel suo aspetto interiore, come un bisogno sorto dall'intimo, dalla natura stessa dell'arte di ·Pirandello, più che come. una data 0 una serie di date cronologiche. 26 Tecchi ricostituisce l'evoluzione di Pirandello dalle prime opere narrative aIle opere teatrali. Nel casa di Pirandello, non si pue parlare di evoluzione vera di idee, bens{ di un chiarimento dialettico delle stesse idee e di una evoluzione dei mezzi d'arte, che a quel chiarimento corrisponde. La narrativa di Pirandello si pue dividere in tre periodi. Nel primo periodo"Si trovano già tutti gli elementi, ln. nuce, dl·e suo pesslmlsmo . e re 1a t··lVlsmo. ,,2 7 Ma i personaggi delle prime opere narrative non sono presentati dall'interno e cioè in funzione della peculiarità deI lorD punto di vista:

25 (Caltanissetta, 1957), pp. 5"9- 73. 26 Tecchi, p. 60.

2ï Tecchi, p. 63. 19

Essi non sono visti in funzione di quel lorD fuoco latente e celato, ma son considerati e descritti nella totalità delle relazioni con tutti gli altri. "Totalità" che è vista secondo le buone regole deI verismo, allora imperante. Rispetto a une 0 a più personaggi principali, e insieme a tutti gli altri. Relazione soprattutto di casi, di vicende esterne; attenzione minuta anche al modo con cui le persone appaiono esternamente, aIle lorD condizioni sociali. Si ha l'impressione che i personaggi di Pirandello, anche i più paradossali, vivano come gli altri, si muovano come gli altri, e solo a un certo momento, quasi per caso, vengano a dire quelle lorD "enormità" rivoluzionarie. 28

Nel secondo periodo della narrativa di Pirandello si riscontra un'evoluzione. Al centro di questo periodo è Il fu Mattia Pascal nel quale c'è un grande cambiamento:

Qui la situazione è rovesciata : non sono più in primo piano i casi le vicende le pers one nella lorD essenza realistica e nelle relazioni di totalità fra alcuni personaggi principali e tutti gli altri. Uno solo ora è in primo piano. Anzi non uno, come persona: ma un cervello. 29

Nel terzo periodo di Pirandello c'è un'evoluzione ulteriore:

Nella narrativa deI periodo successivo, e specialmente in alcune novelle, avviene una specie di decentramento e sganciamento. Le parti periferiche si liberano dalla dipendenza deI motore centrale, acquistano una sensibilità per conto lorD, diventano esse un centro di sensibilità. 30

28 Tecchi, p. 65. 29 Tecchi, p. 66.

30 Tecchi, p. 66. 20

La nascita deI teatro di Pirandello coincide proprio con questa terza fase della sua opera narrativa:

Orbene, cio che è sorprendente è che proprio in questo periodo, mentre la narrativa di Pirandello si avviava verso gli ultimi sviluppi dfun suo processo interiore, nasce, 0 almeno irrompe scopertamente sulle scene, l'attività di lui per il teatro. 31

Questa coincidenza pero non va intesa nel sense che Pirandello sia passato al teatro perché la sua narrativa si avviava all'esaurimento. Questa spiegazione sarebbe troppo superficiale:

Perché? Esiste una ragione in questa coincidenza? Dire che Pirandello abbia lasciato la narrativa e sia passato al teatro, perché quella stava per compiere il suo cielo e s'avviava all'esaurimento, sarebbe portare una ragione troppo materiale e facile. E in fondo non vera. Pirandello continuo a scrivere novelle e romanzi, anche dopo che si diede al teatro, sebbene con un'intensità di gran lunga minore. E si potrebbe sempre obiettare, a confutazione di ogni ragionamento, che anche i primi tentativi teatrali furono di carattere realistico e tradisionalista: sebbene l'esistenza di un lavoro come Cos1 è (sevi pare), che fu tra i primissimi per le scene e che pue dirsi esemplare, nella sua schematicità, per intendere tutto il teatro di Pirandello, stia a dimostrare il contrario. 32

In sostanza, Tecchi ritiene che il teatro sia il punto d'arrivo dell'evoluzione interna di Pirandello. L'arte di Pirandello è un'arte appassionata, piena di movimento, di passione e di contrasti violenti;

31 Tecchi, pp. 67-68. 32 Tecchi, p. 68. 21

ma, all'inizio, essa è come prigioniera di una realtà cronachistica, opaca, resistente e opprimente:

Nonostante questa palese volontà di contrasti, una corposità grigia resiste dovunque: compatta. Solo lentamente essa comincia ad incrinarsi: per un movimento che vi nasce dentro, il quale a prima vista sembrerebbe assai diverso dai primi contrasti e invece è in fondo 10 stesso processo: soltanto che esso si è chiarito, approfondito e ora mostra sempre di più la sua natura tipicamente intellettiva e dialettica. Si tratta di un'attività che tende a scindere in profondo, non più soltanto all'esterno ... Lentamente quest'attività s'interiorizza sempre più, s'approfondisce e irrobustisce: assume un tono nuovo, e non solo nei momenti d'eccezione, ma come tono generale, come espressione di un mondo che sembra nuovo. Non si tratta tanto di dire che al posta di un contrasto di corpi esterni si è passati a un contrasto di sentimenti di idee (che questi c'erano anche prima); si tratta piuttosto di dire che è incominciato il dubbio sulla consistenza stessa di quei corpi, di quei sentimenti e di quelle idee: di quella "realtà" ... Lentamente "l'ombra si è distaccata dal corpo", e questo distacco è avvenuto per una sottile via dialettica e interna. Quanto più questa dialettica si fa sottile e profonda, quanto più questa prende coscienza di se, tanto più scopre la sua natura: che è essenzialmente drammatica. "Siamo tutti maschere". "In gann iamo tutti noi stessi": questa è la conclusione a cui quel lungo lavorio di scissione è giunto. E questo è il dramma. 33

Cosi, dalla coscienza della molteplicità dell'io e dell'inconsistenza della realtà nasce il teatro di Pirandello:

Il teatro di Pirandello comincia da questo punto: da questo prendere coscienza di un dramma diverso: che è il suo dramma.

33 Tecchi, pp. 70-71. 22

Il teatro fu per lui la forma più cosciente della sua arte. Quand 0 egli arriva a prendere piena coscienza di sé, di quello che veramente voleva dire, nacque il teatro. 34

E conclude: •.. le vicende interne di questo "chiarimento dialettico" son diventate la storia stessa dell'evoluzione dei mezzi d'arte in Pirandello. E un poco anche la storia della sua anima. 35

Pur senza dare un giudizio qualitativo, Tecchi considera il teatro come la piena realizzazione di Pirandello artista e uomo.

Un altro studio sistematico deI passaggio di Pirandello dalla narrativa al teatro è quello di A.L. De Castris. Questi vede l'arte narrativa di Pirandello come qualcosa d'incompleto, di provvisorio:

Cosi, uno sguardo sia pur fuggevole aIle qualità descrittive dello stile pirandelliano rivela un fondamentale disinteresse, nonché per la riposata oggettività deI linguaggio tradizionale, anche per la più animata descrittività ambientale deI linguaggio veristico: in una rappresentazione dove non ci sia realtà continua di oggetti e storica concatenazione di eventi, la prosa non pua evidentemente costruirsi in un processo di figurazione sintetica e di composizione ideale dei suoi contenuti. Questa analiticità e questo ritmo aperto della parola sono anzi proprio la denuncia della provvisorietà della rappresentazione novellistica pirandelliana. È una lingua che, quasi bisognosa dell'integrazione di altri strumenti espressivi, di una complementare espressività dei gesti, dei movimenti, della mimica e dei rapporti spaziali della ribalta, appare sempre rivolta a violentare i confini della definizione unidimensionale della parola scritta. 36

34 Tecchi, p. 72.

35 Tecchi, p. 73.

36 Storia di Pirandello (Bari, 1962), p. 114. 23

Si potrebbe dire che il punto di vista di De Castris è simile a quello di Janner e degli altri che come Janner vedono già nelle novelle il futuro scrittore dei drammi. Anche per De Castris infatti la narrativa di Pirandello è la prefigurazione della sua produzione drammatica. La differenzaè che per Janner la produzione drammatica non aggiunge nulla alla narrativa e quindi il passaggio da questa a quella è privo di intimo significato; mentre per

De Castris la narrativa preanuncia l'opera drammatica proprio per

la sua precarietà, per la sua incompletezza, per quelle che in essa narrativa manca e di cui si avverte l'esigenza, per altro insoddisfatta.

Questo "completamento," la soddisfazione di questa esigenza, richiede, dunque, une sviluppo interno, un processo di corrosione della persona per effetto dell'accentuata consapevolezza di un rapporto di alienazione fra l'uomo e la società: Questo processo di corrosione della persona è appunto l'antefatto da cui nasce il personaggio deI teatro pirandelliano. Egli è il simbo'lo di tale condizione di schianto, il testimone - il martire, dunque - di una deiezione storica e il portavoce di una protesta ideale: e la sua ragione drammatica è proprio nella volontà di trascendere la prigione deI suo esistere, nella ricerca vana di una forma assoluta. 37

37 De Castris, p. 116. 24

Il personaggio ha bisogno delteatro per es sere autonomo~ per esprimere la sua aspirazione ad una realtà viva fuori deI tempo.

Insomma il teatro è non soltanto una liberazione dalle forme narrative ma anche e soprattutto una liberazione -- e sia pure

meramente intenzionale e astratta -- dalla condizione umana:

In effetti, nel teatro~ Pirandello cercava la misura più alta deI sua mondo espressivo. E la trovava davvero~ non nell'esterno "espediente" deI personaggio che~ sostituendosi all'autore, ne declama le ragioni 0 ne impersona le funzioni e le intenzioni esplicative~ ma nella qualità interna deI personaggio, nella necessità per la quale l'insopprimibile sete di trascendenza che è la sua ragione più profonda coincide con la sua sete di conoscenza~ con la sua inutile interrogazione. 38

Se è vero che De Castris come Tecchi ritiene che il teatro

rappresenti il punto d'arrivo dell'evoluzione di Pirandello~ è

anche vero~ che egli~ a differenza di Tecchi e a somiglianza di

Di Pietro e di altri menzionati sopra~ insiste nel collocare

Pirandello in una prospettiva storica, nel fare di lui e deI suo teatro il portavoce di una crisi della civiltà contemporanea.

E si puo ripetere qui a proposito di De Castris l'obbiezione che

ho formulato a proposito di Di Pietro e che yale per tutta la

critica "storicizzante": l'evoluzione delle idee non puo spiegare

38 De Castris~ p. 125. 25

il rnutamento di genere letterario. Quanto più si accentua la portata ideologica e storica deI teatro di Pirandello, tanto più,

in realta, si perde di vista il passaggio dalla narrativa al teatro; tanto meno giustificata appare, dunque, l'afferrnazione che il teatro -- il teatro, si badi bene, e non gia la narrativa -- debba costituire il punto d'arrivo dell'evoluzione di Pirandello.

La conclusione, che mi pare si possa trarre da questo breve esame della critica, è triplice. In primo luogo, la somiglianza fra novelle e drarnmi non aiuta a mettere a fuoco la questione della genesi deI teatro pirandelliano e tanto rneno a risolverla.

Bisogna, dunque, insistere sulle differenze. In secondo luogo,

è molto verosimile che la verita si trovi nella direzione indicata

soprattutto da Tecchi, e cioè che la genesi deI teatro di Pirandello si debba intendere in funzione dell'evoluzione della sua arte. In terzo luogo, questa verita sfuggira inevitabilmente ad ogni ricerca

che, nel tener conto, come pur si deve fare, della collocazione

storica e ideologica dell'opera di Pirandello, sconfini -- ed è

questo il pericolo a cui soggiace 10 stesso Tecchi e ancor più

De Cast ris -- in una prospettiva sociologica, psicologica 0

rnetafisica, perdendo di vista la questione "tecnica" delle 26

differenze fra narrativa e teatro. Rimane sempre comunque da sottoporre ad attento esame la questione di fondo, se si possa cioè veramente intendere la genesi deI teatro di Pirandello come passaggio dalla narrativa al teatro.

Tenendo presente queste considerazioni, esamineremo ora le prime opere teatrali di Pirandello, dal 1892 al 1916, poi le opere teatrali dal 1916 al 1921, e cercheremo infine di trarre le conclusioni, fermandoci sugli scritti di Pirandello intorno al teatro e sui Sei personaggi in cerca d'autore. II

P.RIME OPERE TEATRALI

(1892-1916)

La prima opera teatrale di Pirandello è La morsa, atto unico pubblicato nel 1898 1 col titolo L'epi1ogo e rappresentato per la prima volta il 9 dicembre 1910 col nuovo titolo La morsa.

TI dramma è ricavato dalla novella "La paura" (1897). Si tratta di una donna che tradisce il marito con il suo avvocato e amico.

La vicenda è conforme ai temi deI teatro verista borghese piuttosto che aIle situazioni straordinarie e paradossali delle opere successive. 2 Da un certo punto di vista l'adattamento per il teatro non ha dovuto essere difficile. La novella è quasi tutta scritta in dialogo e i pezzi non dialogati, soprattutto quelli descrittivi, passano molto naturalmente quasi parola per parola nelle didascalie.

1 Dalla corrispondenza di Pirandello. risulta che è stata scritta fin dal 1892. Si veda Sandro D'Amico, "Lettere ai famigliari di Luigi Pirandello," Terzo programma, No.3 (settembre-dicembre 1962), p. 277.

2 Si veda su questo punto, per esempio, Janner, p. 284. 28

Ecco per esempio la descrizione iniziale:

Si ritrasse dalla finestra con un atto e un'esclamazione di sorpresa; pose sul tavolinetto il lavoro a uncino che aveva in mano, e ande a chiudere, in fretta, ma cauta, l'uscio che metteva quella camera Li comunicazione con le altre; poi attese mezzo nascota dalla tenda dell'altro us cio su l'entrata. 3

La didascalia corrispondente è sostanzialmente identica, tranne un'aggiunta necessaria, una descrizione più esatta, in termini teatrali, dell'ambiente:

Una stanza in casa Fabbri. Uscio comune in fondo. Uscio laterale a sinistra. Due finestre laterali a destra. Poco dopo alzata la tela, Giulia, che sta presso la finestra piu in fondo, con le spalle al pubblico, a guardar fuori, fa un atto di sorpresa e si ritrae; posa su un tavolinetto il lavoro a uncino che ha in mano e va a chiudere l'uscio a sinistra~ in fretta ma cauta, poi attende presso l'uscio comune. 4

La parte narrativa passa sostanzialmente immutata nel dialogo:

Entre la serva a domandar se era tempo d'andare pei bambini mandati quella mattina dai nonni paterni. Non doveva ritornare quel giorno il padrone? Le vetture erano già partite per la stazione. Lillina, indecisa, rispose alla serva che attendesse ancora un poco, e che intanto finisse d'apparecchiare di là. Rimasti novamente soli, si guarda~ono smarriti; e lui ripete: -- Sarà qui tra poco ••• 5

Ed ecco il brano corrispondente nel dramma: Anna (s!affaccia all'uscio comune in fondo). Scusi, signora. Non debbo andare" a ripigliare i bambini?

3 Novelle per un armo (Milano, 1953), IV, 467.

4 La morsa, ~~schere nude (Milano, 1952), III, 119. 5 Novelle per un anno, IV, 469. 29

Giulia. 51 ... Ma aspetta ancora ..• Anna. Non rit orna oggi il padrone? Le vetture sono già partite per la stazione.

Antonio (guardando l'orologio). Sono già le undici~ a momenti.

Giulia. Ah sl? Di già?

Ad Anna:

Aspetta ancora un po' Te 10 diro io. Anna (andando via). Sissignora. Intanto finisco d'apparecchiare. Via.

Antonio. Sarà qui tra poco. 6

Ma l'adattamento al teatro ha imposto dei cambiamenti~ per quanto riguarda la caratterizzazione dei personaggi e la conclusione deI dramma. Nella novella~ la protagonista, Lillina Fabris~ è

"gracile" e "piccola" mentre l'amante Antonio Serra è grande~ e

"erculeo": il che è in qualche modo in contrasta con il coraggio di lei e' la paura di lui. Questi accenni all'aspetto fisico dei due personaggi sono soppressi nel dramma. Ed è forse per questo che il nome della protagonista è cambiato: Lillina Fabris diventa

6 La morsa (III~ 121-122). 30

"la signora Giulia." Il moti vo deI cambiamento è probabilmente banale.

Qualunque indicazione precisa circa l'aspetto fisico dei personaggi avrebbe obbligato il capocomico a trovare degli attori fisicamente adatti. Resta comunque il fatto che nel passare dalla novella al dramma i personaggi diventano più generici, e perdono qualcosa della loro individualità. Ma la differenza più importante fra la novella e il dramma si riscontra nel modo in cui la vicenda viene conclusa. Andreà comincia a parlare, sembra per caso, di due persone incontrate sul treno: di un certo Mantegna, che racconta deI tradimento della moglie, e deI giovanotto che si fa avanti a suggerire quello che secondo lui avrebbe dovuto fare:

"Se io" diceva "avessi moglie, Dio me ne scampi! e sospettassi di lei" (aveva l'aria di canzonar Mantegna) "io farei le viste di non accorgermi affatto di nulla. Non cercherei prove, non la disturberei prematuramente. Farei soltaPto in modo -- e qui sta l'abilità! -- che lei, tutta lei, divenisse, davanti a me, una proya vivente, la piu lampante, fino al momento opportuno". E interessante ... S'accosta piu a lei, con la sedia.

Senti cio che diceva. -- "Venuto questo momento, mi rivolgerei a mia moglie, la inviterei a sedere, e poi, come se nulla fosse, cos! a discorso, le racconterei con bella maniera œ.a storiella di questi amori •.. interessanti, ma 'cittadina', mi spiego? e che s'aggirasse intorno alla colpa di lei, 31

stringendola in cerchi piû ~ottili) sempre piu sottili .•. finché, a un certo punto, (prende dal cestino deI lavoro uno specchietto a mano e 10 mette davanti alla moglie) là, le si mette sotto il nase unD specchietto a mano, e le si domanda con bel garbo: 'Mia cara, perché impallidite COS:l?' " Si mette a ridere con certa stranezza.

Ah, ah, ah ..• è graziosissimo! .•. "Vedete bene, vedete bene che 50 tutto ••• "7

Il comportamento di Andrea corrisponde esattamente ai suggerimenti deI giovane. E Giulia finisce col diventare la "prova vivente" deI suo tradimento:

Giulia (scarta con la mano 10 specchietto, sorridendo a fior di Iabbra, e si alza affettando indifferenza). Sciocchezze! Andrea (strano). T'ho annoiata, di' la verità? Non t'interessa?

GiuIia. Che vuoi mi interessi •.• la moglie deI Mantegna? Fa per andarsene.

Andrea (c. s.). E allora Serra •.. Giulia (si volge appena, pallidissima,a guardarlo di su la spalla). 8

Il "dénouement" viene subito dopo, con il rifiuto di Andrea di tenerla come mogIie 0 di lasciarle vedere i bambini, e finalmente, con il

7 La morsa (III, 134).

8 La morsa (III, 134-135). 32

suicidio di lei, proprio nel momento in cui arriva l'amante: Andrea (l'afferra e la spinge a guardar fuori). No, no ... guarda ••. guarda ... là .•• 10 vedi?

Giulia (aggrappandosi a lui). Andrea! Andrea! Per pietà~

Andrea (respingendola verso l'uscio a destra). Va' di là! Per chi temi?

Giulia (c. s.). Te ne scongiuro, Andrea!

Andrea (c. s.). Di là! Di là! Temi per lui?

Giulia (c. s.). No! no! è un vigliacco ...

Andrea (c. s.). Aspettalo di là ... è come te~

Giulia (con le spalle all'uscio). No! No! ... Addio, Andrea! Addio.

Gli dà un rapido bacio in faccia e si precipita dentro, richiudendo l'uscio.

Andrp,a (resta perplesso, smarrito, dietro l'uscio, con le mani sulla faccia. Entra nel frattempo Antonio Serra; il quale, vedendo Andrea in quell'atteggiamento, si tratterrà esitante sulla soglia. Si ode dall'interno un colpo di rivoltella). Antonio (dà un grido). Andrea (volgendosi di scatto). Tu l'hai uccisa! 9

Nella novella i due amanti, già psicologicamente estranei l'uno all'altro, si separano prima dell'arrivo deI marito, Andrea; e la donna considera questa separazione, apparentemente provvisoria,

9 La morsa (III, 139). 33

corne se fosse in realtà definitiva:

Scosse di nuovo la testa, atteggiando il volto a sprezzo e nausea~ e aggiunse: -- Se,non fu la paura •.. Ha tanta paura! Ah, ma ora è finità .•. E finita ••• Dio, ti ringrazio! l miei bambini ..• i miei bambini... Povero Andrea! 10

La conclusione deI dramma è deI tutto diversa ed è affidata all'effetto che pr~duce sulla scena l'arrivo e il comportamento deI marito, un personaggio che, invece, rimane sempre assente nella novella. Il suo comportamento singolare ed ambiguo tiene in sospeso minacciosamente l'animo della moglie, e insieme a lei anche gli spettatori, incerti se egli sappia 0 non sappia deI tradimento.

La differenza fra il dramma e la novella è, dunque, per quanto riguarda la conclusione, ancora più notevole che per quanto riguarda i personaggi. Ma si tratta più 0 meno di un procedimento che si muove sulla stessa linea, come i personaggi diventano più generici cosl la conclUsione non si collega più con la particolare psicologia dei personaggi stessi. La conclusione "inconcludente" (se mi si permette di dire cosi) della novella approfondisce 0 per 10 meno contribuisce a fissare nella mente deI lettore la psicologia dei personaggi, il contrasto che li divide e li dividerà ormai per sempre.

10 Novelle per un anno~ IV: 475. 34

Questo non si pua certamente dire della conclusione dell'opera teatrale: più drammatica in superficie, di una drammaticità esplosiva, appunto teatrale. Non mi sembra quindi che sia giustificata l'opinione di Janner il quale a questo proposito scrive:

Comparato alla novella questo breve atto, che nel sottotitolo porta pure l'indicazione esplicativa Un epilogo, ha acquistato un movimento e una tensione drammatica che nella novella non c'erano ancora; in quella i due amanti che si sanno scoperti, dimostrano solo la povertà e meschinità della lare pretesa passione; mentre che nell'epilogo, vista perduta la partita, accettano, la donna almeno, con dignità, l'inevitabile punizione. Atto congegnato con abilità, accorgimento scenico e finezza psicologica non comuni: esse tiene continuamente sospeso e palpitante l'animo degli spettatori. E la linea drammatica è semplice, chiara, convincente. Il Le differenze fra novella e dramma si spiegano invece, a mie avviso, tenendo conto della preoccupazione di Pirandello per le esigenze deI teatro; esigenze aIle quali egli si sottomette, ma che non si pua dire contribuiscano a rendere la trascrizione più interessante della novella.

Ad una conclusione simile si arriva esaminando l'adattamento .. teatrale di "Lum{e di Sicilia" (1900). E questa la seconda trascrizione che Pirandello fa di una sua novella per il teatro. 12

ii Janner, pp. 283-284.

12 La tracrizione fu fatta nel 1910. V. sopra~p. 1. 3S

Benche non scritta in dialetto, la novella ha un carattere dialettale che viene sviluppato ancor più nella commedia, la quale fu scritta prima in italiano e poi riscritta in dialetto siciliano. Si tratta di un povero contadino, Micuccio Bonavino, suonatore di ottavina in un piccolo paese della Sicilia. Questi, avendo scoperto che la sua fidanzata ha una bella voce, ha venduto il suo unico podere per mandarla a studiare al Conservatorio di Napoli. Dopo un lungo periodo di lontananza, Micuccio, portando con se delle lum:le dalla Sicilia, va a trovare la fidanzata in città e a restituirle deI denaro, che durante una malattia di lui lei gli aveva mandato. Lo scopo principale, ma sottinteso, deI viaggio è il matrimonio. Ma Micuccio, scoprendo che Teresina si è fatta ricca e vedendola con le braccia nude e con una grande scollatura, coperta di gioie, si rende conto che un abisso si è aperto fra di loro e che sarebbe ridicolo ora pensare di sposarla.

Decide quindi di andarsene subito. A questo punto, zia Marta, madre di Teresina, pensando che Micuccio vada via perche si è accorto che sua figlia non è più degna di lui, lascia intendere la verità, della quale Micuccio, in realtà, non si è accorto prima. Dunque, è .. Teresina che non è più degna di lui e non già il contrario. E questo per sommi capi l'intreccio della novella e deI dramma. 36

Diverso è pero il modo in cui è delineato il personaggio

di Micuccio. Nella novella egli ha fin dall'inizio un presentimento

che tutto non sarà tante facile e naturale come aveva precedentemente

pensato. La magnificenza della casa della fidanzata e i servitori, vestiti meglio di lui, 10 mettono a dis agio e 10 inducono alla

riservatezza:

Micuccio, per non infastidirlo anche lui, stimo prudente ricacciarsi dentro tutte le domande che gli veniva di rivolgergli. Avrebbe poi dovuto dirgli 0 fargli intendere ch'era il fidanzato di Teresina, e non voleva, pur non sapendone il perché lui stesso; se non forse per questo, che quel cameriere allora avrebbe dovuto trattar lui, Micuccio, da padrone, ed egli, vedendolo cosi disinvolto ed elegante, quantunque ancor senza marsina, non riusciva 3. vincere l'impaccio che già ne provava solo a pensarci. 13 Nel dramma invece, Micuccio, molto più ingenuamente, si confida coi servitori: Micaccio. Ma l'ho qua, io, il danaro. Non voglio niente, io. Quel poco che ho fatto, l'ho fatto per lei. Eravamo rimasti d'accordo d'aspettare due, tre anni, perché lei si facesse strada ... Zia Marta me l'ha sempre ripetuto nelle sue lettere. Dico la verità, ecco: questo danaro non me l'aspettavo. Ma se Teresina me l'ha mandato, è segno che ne ha d'avanzo, perché la strada se l'è fatta ...

Ferdinando. Eh, altro! E c~e strada, caro voi!

Ferdinando. E dunque è tempo --

Dorina. di sposare?

13 Nüve11e per un annü, III, 2ïû. 37

1

Micuccio. 10 sono qua.

Ferdinando. Siete venuto per sposare Sina Marnis?

Dorina. Sta' zitto! Se C'e' .La.,~ ,iJ.L.--o-oss~, lU\,;. CL. Non capisci niente. Sicuro! Per sposare ... 14

Pirandello accentua il ridicolo e il grottes co della situazione. Quel

povero Micuccio, tante sicuro di se, pensa sempre di essere il fidanzato

di Teresina e si espone ad essere preso in giro dai servitori, e il

sense delle loro allusioni al tipo di strada che ha fatto Teresina

(liE che strada, caro voi!") sfugge completamente a Micuccio. Tutti

questi elementi di buffoneria, che non esistono nella novella culminano nella sonata di Micuccio: Micuccio siede e si mette a sonare con grande serietà. Ferdinando e Dorina fanno sforzi per non ridere. Sopravvengono ad ascoltare l'altro cameriere in marsina, il cuoco, il guattero, a cui i due primi fan cenni di star serii e zitti, a sentire. La sonata di Micuccio è interrotta a un tratto da un forte squillo deI campanello. Ferdinando. Oh! Ecco la signora!

Dorina (all'a1tro cameriere). Su, su, andate voi ad aprire!

Al cuoco e al guattero:

E voi, subito, sbrigatevi! Ha dette che vuo1e andare a tavola appena rientra.

Via l'altro cameriere e il cuoco e il guattero.

14 ~_T"m~e' .. ..L d;.L S;~;';a..I.\",...L...... , M"SCIn"''''e... .ia .. _~ ""d'"... _ ...... , III, 315-316. 38

Ferdinando. La mia marsina ... Dove l'ho messa?

Dorina. Di là!

Indica dietro la tenda) e s'avvia di corsa. Micuccio si alza, con 10 strumento in mano, smarrito. Ferdinando va a prendere la marsina) se la reca in dosso) di furia; poi) vedendo che Micuccio sta per andare anche lui dietro a Dorina, 10 arresta sgarbatamente.

Ferdinando. Voi rimanete qua! Devo prima avvertire la signora.

Ferdinando, via. Micuccio resta avvilito, confuso) oppresso da un angoscioso presentimento. 15

Ins omma , nel dramma Micuccio reagisce alla situazione molto più lentamente che nella novella, e la sottigliez~a psicologica della novella si perde in una comicità un po' grossolana. Ma il cambiamento più importante viene alla fine. Nella novella il tono è triste e dimesso:

Sentite) zia Marta, sentite l'odore deI nostro paese .•. E dire che ci ho anche pagato il dazio ... Basta. A voi sola) badate bene ... A lei dite COS:l: "Buona fortuna!" a nome mio. Riprese la valigetta e ando via. Ma per la scala, un sense d'angoscioso smarrimento 10 vinse: solo) abbandonato, di notte, in una grande città sconosciuta, lontano dal suc paese; deluso) avvilito, scornato. Giunse al portone) vide che. pioveva a dirotto. Non ebbe il coraggio d'avventurarsi per quelle vie ignote, sotto quella pioggia. Rientro pian piano) rifece una branca di scala, poi sedette sul primo scalino e appoggiando i gomiti su le ginocchia e la testa tra le mani, si mise a piangere silenziosamente.

15 Lum{e di Sicilia (III, 317). 39

Sul finir della cena, Sina Marnis fece un'altra comparsa nella cameretta. Vi trovo la mamma che piangeva anche lei, sola, mentre di là quei signori schiamazzavano e ridevano. -- È andato via? -- domando, sorpresa. Zia Marta accenno di S1 col capo, senza guardarla. Sina fisso gli occhi nel vuoto, assorta, poi sospiro: Poverino ••. Ma subito dopo le yenne di sorridere. . , -- Guarda, -- le disse la madre, senza frenar plU le lagrime col tovagliolo. -- Ti aveva portato le lum{e ... -- Oh, belle! -- esclaœo Sina,con un balzo. Strinse. , un braccio alla vit a e ne prese con l'altra mana quanto plU poteva portarne. No, di là no! -- protesto vivamente la madre. Ma Sina scrollo le spalle e corse in sala gridando: Lum{e di Sicilia! Lumle di Sicilia! 16

Nell'opera teatrale è un altro Micuccio e un'altra Teresina: Cos{ dicendo, riprende la valigetta e il sacchetto e s'avvia per uscire; ma gli viene in mente che Il, dentro il sacchetto, ci sono le belle lum{e, ch'egli aveva portato a Teresina dal paese.

Oh, me ne scordavo: guardate, zia Marta ... Guardate qua •.• Scioglie la bocca al sacchetto e, facendo riparo d'un braccio, versa su la tavola i freschi frutti fragranti. Sina (facendo per accorrere). Oh! Le lum{e! le lumte!

Micuccio (subito fermandola). Tu non le toccare! Tu non devi Il~anche guardarle da lontano~ .

Ne prende una e la avvicina al naso di zia Marta.

16 Novelle per un anno, III, 279. 40

Sentite, sentite l'odore deI nostro paese ... -- E se mi mettessi a tirarle a una a una su le teste di quei galantuomini là?

Marta. No, per carità~

Micuccio. Non temete. Sono per voi solas badate, zia Marta! Le avevo portate per lei ..• Indica Sina.

E dire che ci ho anche pagato il dazio •.. Vede sulla tavola il danaro, tratto poc'anzi dal portafogli; 10 afferra e 10 caccia nel petto di Cina, che rompe in pianto.

Per te, c'e questo, ora. Qua! qua! ecco! cosf! E basta~ -- Non piangere -- Addio, zia Marta~ -- buona fortuna!

Si mette in tasca il sacchetto vuoto, prende la valigia, l'astuccio dello strumento, e va via. 17 Micuccio non è soltanto offeso nel suo amore per Teresina, ma anche ... nei suo amor proprio. E avvilito e reso ridicolo dalla sua angoscia e finisce per piangere, mentre Sina, noncurante, porta via le lumfe e le offre agli invitati. L'efficacia teatrale di questo finale patetico e fuori questione, ma esso sciupa l'intima drammaticità della novella. Micuccio diventa l'eroe deI bene che trionfa sull'incarnazione deI male, cioè su Teresina, facendola piangere e umiliandola.

17 Lumfe di Sicilia (III, 327). 41

La_ novella "Il dovere deI medico" (1911) ha dato origine

ad un atto unico con 10 stesso titolo, rappresentato per la prima .. volta il 20 giugno 1913. E un caso di adulterio scoperto, ancora più tragico della Morsa. Il Neri (Nori nella novella), scoprendo sua moglie in flagrante adulte~io con Tommaso Corsi, tenta di ucciderl.o ma è invece ucciso da lui. Il Corsi, vedendolo morto

e vedendo la finestra dalla quale la Neri si è buttata, è vinto da un sentimento oscuro e angoscioso che 10 porta a tentare di uccidersi. Ma la sua vita è salvata dall'abilità deI medico.

Quando è già sulla via della guarigione pensa alla colpa che dovrà

scontare e, ritenendo di essersi già data la punizione che meritava,

s'indigna all'idea di dover subire un processo e verosimilmente

una condanna. Egli è stato dunque salvato soltanto per essere

condannato all'ergastolo. Nel corso di una violenta discussione

col medico gli si riapre la ferita e, questa volta, il medico 10

lascia morire. A differenza di quanto accade nei due casi precedentemente

esaminati, la riduzione teatrale è più breve della novella. Il

dramma s'inizia in medias res quando quasi tutti gli avvenimenti

nella novella sono già accaduti. Si arriva cos! molto presto

alla crisi risolutiva, al colpo di scena, quando il medico convinto

dalla logica disperata deI Corsi 10 lascia morire. Ma in sostanza A2

il passaggio dalla novella al dramma porta allo stesso risultato.

Viene accentuata cioè la drammaticita superficiale della novella, a scapito della caratterizzazione dell'ambiente e dei personaggi.

Pirandello, infatti, sopprime una gran parte di cio che riguarda

la famiglia deI Corsi e l'ambiente. Una lunga parte della novella

è dedicata alla scena in cui il Corsi, ferito, viene trasportato a casa. L'indignazione della suocera, la disperazione della moglie,

la curiosita dei due figli ancora bambini e i pettegolezzi deI vicinato costituiscono una larga pittura di ambiente completamente

sacrificata nel dramma aIle esigenze dell'azione. Tuttavia, a differenza di quanto accade nella Morsa e in Lum{e di Sicilia, la maggiore concentrazione sull'azioile e sia pure sul colpo di scena permette a Pirandello di dare maggiore rilievo alla sua dialettica, alla sua problematica intellettuale, che nella novella è soltanto uno degli elementi deI racconto.

Nel ragionamento che fa il Corsi, c'è gia la forza psicologica

che si trova nei ragionamenti dei protagonisti delle opere successive di Pirandello. Egli si vede condannato per un momento di debolezza

e non vede né la logica di essere stato salvato per la galera né la

giustizia degli uomini che certamente 10 condannerebbero se

sopravvivesse. Più tardi, il padre nei Sei personaggi in cerca

d'autore rara un ragionamento simile: 43

Ce n'accorgiamo bene, quando in qualcuno dei nos tri atti, per un casa sciaguratissimo, restiamo all'improvviso come agganciati e sospesi: ci accorgiamo, voglio dire, di non esser tutti in quell'atto, e che dunque una atroce ingiustizia sarebbe giudicarci da quello solo, tenerci agganciati e sospesi, alla gogna, per una intera esistenza, come se questa fosse assommata tutta in quell'atto! Ora lei intende la perfidia di questa ragazza? M'ha sorpreso in un luogo, in un atto, dove e come non doveva conoscermi, come io non potevo essere per lei; e mi vuol dare una realtà, quale io non potevo mai aspettarmi che dovessi assumere per lei, in un momento fugace, vergognoso della mia vita! Questo, questo, signore, io sento soprattutto. 18

La genericità descrittiva e psicologica'del dramme:. rende, dunque, possibile 10 sviluppo di quella frenesia raziocinante che costituirà uno degli elementi più tipici e più validi deI teatro pirandelliano. , E discutibile quale dei due sia migliore, il dramma 0 la novella. 19

18 Sei personaggi in cerca d'autore, Maschere nude, 1, 55-56.

19 Ma mi sembra stonato il giudizio di Janner: "Segtii nel '13 un altro atto ricavato pure da una novella: drammatico e potente questo ancora più che la novella stessa. Il titolo è quello della novella: Il dovere deI medico. Ci troviamo la prima volta in un clima davvero "pirandelliano", anche se non ancora "pirandellista" •••. In Il dovere deI medico è posto e illustrato il seguente drammatico problema: Ha il medico il dovere di salvare la vita a colui che, commesso un omicidio, ha tentato d'uccidersi? Poiché in tal modo 10 salva solo per l'ergastolo. La singolarità della vicenda, la bella forza e la dirittura morale di colui che risulta colpevole; certe prime allusioni a concetti che l'autore svolgerà più ampiamente in seguito, fanno di quest'atto un'opera interessante e anche suggestiva." (pp. 284-285). 44

Migliore della novella da cui è stato tratto è, invece, certamente Pensaci, Giacomino~ (1910), rappresentato per la prima volta il 10 luglio 1916. La vicenda che si racconta è piuttosto strana. Il professor Toti, un impiegato statale, volendo vendicarsi deI Governo per tutti gli anni da lui trascorsi con uno stipendio tanto piccolo che non gli è stato possibile sposarsi, s'ammoglia con una ragazza di sedici anni per costringere il Governo a pagarle la pensione per tutta la vita. Si sposa completamente consapevole che Lillina è innamorata di Giacomino

Delisi e che ne attende un bambino, e anzi egli accoglie Giacomino a casa sua insieme a Lillina trattandoli come figli. Non vuole molto il professor Toti, benché sia diventato improvvisamente ricco. Esige soltanto che questi due giovani siano vicini a lui e che siano felici. Gode della loro gioia e vuole passare i suoi ultimi anni insieme a loro, alla luce della loro felicità, della

loro gratitudine. La creatu ra che ama di più è il loro bambine, a cui vuole assicurare non soltanto il benessere materiale, ma anche una famiglia. Quando, col fidanzamento di Giacomino con un'altra donna, questa sicurezza famigliare viene messa in pericolo e per il piccolo e per Lillina, scatta la rabbia deI professor

Toti e l'azione precipita. 45

Contrari~~ente al Dovere deI medico, la corr~edia è un'amplificazione della novella invece di essere una concentrazione di essa. Non ci puo es sere dubbio circa l'efficacia superiore della commedia rispetto alla novella. La comicità dell'atmosfera nella scuola per l'impudenza degli scolari, l'ambiente paesano con la descrizione della gente pettegola e dei genitori di Lillina, la filosofia che aiuta il professor Toti a , insomma, la ricerca psicologica e soprattutto il colore locale mancano nella novella.

Il primo atto della commedia mira ad un effetto comico. Gli scolari deI ginnasio fanno un rumore incredibile nella classe deI professor Toti, il quale accetta placidamente la lorD scortesia: Altro è la professione, altro è l'uomo. Fuori, i ragazzi mi rispettano, mi baciano la mano. Qua fanno anch'essi la professione loro, di scolari, e per forza debbono dar la baja a chi fa quella di maestro e la fa come me, da povero vecchio stanco e seccato • . 10 mi prendo una giovine - povera, timorata, di buona famiglia - la quale, S1, dovrà pur figurare da moglie davanti alla stato civile, altrimenti il Governo non le pagherebbe la pensione. Ma che moglie poi! che marito! Roba da ridere, all'età mia! Sono e restero un povero vecchio che avrà ancora per cinque 0 sei anni il conforto d'un po' di gratitudine per un bene che avro fatto aIle spalle deI Governo, e amen. 20

20 Pensaci, Giacomino!; Maschere nude, III; 245. 46

Il professor Toti enlli~Cla lli~'idea che Pirandello svilupperà ampiamente nella sua opera teatrale, e cioè che noi recitiamo una parte di fronte agli altri, secondo la quale gli altri ci giudicano. Questa problematica intellettuale è assente nella novella, la quale consiste nel racconto della vicenda patetica e grottesca di un povero vecchietto, spinto ad usare tutti i mezzi per costringere l'amante di sua moglie a tornare a lei, affinché tutta la famiglia possa esser felice. Ma in questo caso Pirandello è riuscito a conciliare l'approfondimento deI significato intellettuale della vicenda con una caratterizzazione più efficace dell'ambiente e dei personaggi. E mi sembrano convincenti le osservazioni di W. Starkie a proposito:

In the play Pirandello has accentuated the Sicilian characteristics of the types, and whereas the novella plunges into medias res at once, the first act of the play gives an exceedingly subtle description of the surroundings of Professor Toti's school, and incidentally of his character.Cinquemani bidello, his wife Marianna, are observed with great sense of humour. 21

Rimane il finale. E qui il passaggio dalla novella al dramma sembra che porti ad un risultato simile a quello delle due prime trascrizioni. La novella finisce in chiave minore,

lasciando incerto il lettore circa la decisione di Giacomino e

21 Luigi Pirandello (ealiF9TR;=~ lQéS), p. 131. 4-7

quindi la conclusione di tutta la vicenda. Nella commedia invece

Giacomino si sot tommette alla volontà deI suo "protettore" e questi finisce per essere il vincitore morale della situazione. Questo trionfo paradossale e grottesco deI protagonista sull'opportunismo di Giacomino, sugli 5crupoli della sorella, sull'ipocrisia deI confessore e sui pettegolezzi e la malignità di tutto il villaggio, contrasta con la fine angosciata della novella, ed è se mai giustificato, su di un piano artistico, dalla superiorità intellettuale deI Toti.

Ho lasciato da ~arte La ragione degli altri, una commedia in tre atti, pubblicata nel 1899,22 ma rappresentatasoltanto il 19 aprile

1915 col titolo Se non cosl, perché contrariamente aIle opere già esaminate, non è ricavata da una novella, ma fu scritta direttamente per il teatro. Si tratta di un uomo diviso fra il dovere di marito e quelle di padre, poiché ama sua moglie, ma ha una figlia dall'amante.

Livia, sua moglie, nonostante la sua angoscia, capisce il dilemma deI marito:

Non 10 difendo, né l'accuso~ 10 vedo me, babbo; quel che mi manca! Dove sono i figli è la casa! E qua, lui, figli non ne ha~ 23 Tutti i doveri perdono importanza di fronte a questo legame, anche il dovere di marito. La casa non è dove è la moglie, ma dove sono i

22 Dalla corrispondenza di Pirandello, risulta che è stata scritta fin dal 1896. Si veda S. D'Amico,p. 277.

23 La ragione degli altri, Maschere nude,II, 383. 48

figli, ~ïche se illegittimi:

La logica di questo principio (condotta fino all'assurdo: i figli anche se di un'altra donna, la maternità, anche se .•. presa a prestito) sostanzia questi atti deI Pirandello. Pirandello abbandona i motivi letterari, i motivi ••. filosofici di intrigo e di conversazione drammatica e poggia 10 svolgimento dell'azione su un motivo primordiale di umanità, la piu profonda e istintiva. 24

Pirandello non è ancora molto esperto nello scrivere per il teatro. Nella prima parte, la drammaticità della situazione viene come diluita e dispersa a causa di una lunga, inopportuna digressione, in cui si parla di un uomo politico e deI giornale che 10 appoggia, e che ~ 10 stesso giornale per il quale lavora il protagonista. Nel complesso un dramma poco riuscito come ha ben notato Gramsci:

Si ha l'impressione penosa, nei primi due atti, dello stento, deI tormento senza uscita, che si adagia nella direzione, nella prolissa insistenza su particolari inutili: il motivo fondamentale è accennato vagamente, non conduce e non indica 10 sviluppo dell'azione: il terzo atto appare come una rivelazione troppo cruda, troppo offensiva deI •.. buon gusto e delle buone maniere. 25

Ci sono pero alcuni accenni interessanti ad una problematica che diventerà poi tipica deI teatro pirandelliano. In una conversazione fra Livia e il padre, è evidente la polemica contro i ben pensati, contro la società borghese:

24 A. Gramsci, Letteratura e vita nazionale (Torino, 1950), p. 375.

25 Gramsci, p. 375. 49

Guglielmo. Parlo tante piano!

Con uno scatto:

Ma che cos'è? Piano di qua, piano di là! non si puo più davvero parlare? Fare, st, si puo tutto. Gli atti qua non offendono. Appena si parla invece: piano! piano! V'offendono le parole? Ma guarda!

Afferrandosi i lobi degli orecchi:

Pare che gli orecchi soltanto in città vi diventino COS1 delicati! Livia. Hai ragione. Ma perché far sapere?

Guglielmo. Vedono, figliuola mia! Ti pare che, se non sentono nul la, per questo non debbano vedere? Vedono! 26

E altrove nelle parole di un altro personaggio si fa riferimento all'inevitabile s~ggettivismo dei molteplici punti di vista:

Curioso? Che gli altri vedano in noi quello che noi non vediamo? Ma questo avviene sempre! 10 non mi vedo, e voi mi vedete. Non possiamo uscire fuori di noi, per vederci come gli altri ci vedono. E piu viviamo assorti dentro, in noi stessi, e mena ci accorgiamo di quel che appare fuori. 27

Ma si tratta soltanto di accenni. L'interesse principale di quest'opera, scritta da Pirandello direttamente per il teatro cos! presto nella sua carriera di scrittore, consiste nel fatto che essa costituisce una prova evidente che, nonostante il suo tante proclamato disprezzo per il teatro, Pirandello s'interesso

26 La ragione degli altri (II, 380).

27 La ragione degli altri (II, 350). 50

molto presto aIle soluzioni espressive che il teatro e la tecnica teatrale potevano offrirgli. E serve quindi a comprendere meglio come mai, "nelle trascrizioni che abbiamo esaminate e soprattutto nelle prime due, Pirandello sia stato portato a sacrificare la caratterizzazione dei personaggi e la conclusione delle sue novelle aIle esigenze teatrali. La preocuppazione di Pirandello per l'effetto scenico, che abbiamo riscontrata costantemente in questi primi drammi, potrebbe essere interpretata come una forma di superficialità 0 di cattivo gusto. Essa va, invece, intesa come indizio deI suo impegno di scrittore teatrale e come punto di partenza di quello che costituirà poi une degli spunti più tipici deI suo teatro, e cioe della sua riflessione intorno al teatro e della sua polemica contro il teatro, ma sul teatro.

Un altro elemento importante che si ricava soprattutto dall'esame delle trascrizioni deI "Dovere deI medico" e di "Pensaci, Giacomino!" e l'accentuazione 0 l'introduzione della problematica intellettuale in connessione col passaggio dalle novelle ai drammi. E in questo sense sono importanti anche i brevi accenni contenuti nella

Ragione degli altri. Sulla base dei drammi esaminati finora sarebbe difficile poter dire se Pirandello drammaturgo sia superiore a

Pirandello narratore. Le indicazioni, che si ricavano dallJesame 51

di questi primi drammi, sembrano puntare in direzioni opposte.

Ed anzi sembra che novelle buone diano luogo a drammi mediocri e viceversa nove Ile mediocri a drammi buoni. III

IL TEATRO DI PIRANDELLO DAL 1916 AL 1921

Prima di prendere in esame le opere teatra1i dal 1916 al 1921~ s.arà forse opportuno introdurre una distinzione fra trasposizioni di opere narrative in opere teatra1i e svolgimenti drammatici~ e cioè opere teatrali che prendono soltanto 10 spunto da opere narrative precedenti. Ne1 periodo che ora stiamo considerando le trasposizioni- sono soltanto tre: La giara~ La patente, L'uomo, la bestia e la virtù.

La giara, un atto unico, ricavato dalla nove11a omonima (1909), rappresentato il 9 luglio 1917, era già composto il 15 novembre 1916. 1

È un'opera di ambiente provinciale, siciliana, una commedia scherzosa e arguta, in cui s~ afferma la vittoria deI contadino sul proprietario.

Nella novella, don Lollo Zirafa, che ha un bel podere a Primosole e

1 Pirandello ne fa menzione al figlio Stefano in una lettera deI 15 novembre 1916: '~usco partirà tra giorni per Bologna, poi per Firenze e per Milano, e darà in tutte e tre le città: Pensaci, Giacomino! e Liolà; a Milan0 darà inoltre Il berretto a sonagli e La giara.:: (Almanacco letterario Bompiani, 1938, pp. 40-41). 53

prevede una produzione di olio abbondante, fa fabbricare una nuova giara, "alta a petto d'uomo, bella panciuta e maestosa, che fosse delle altre cinque la badessa,,,2 per contenere l'olio supplementare.

La giara, non si sa come, si spacca in due. l contadini provano a calmare l'infuriato don Lolla, conducendo Zif Dima Licasi per ripararla. Il conciabrocche, uomo di poche parole, vorrebbe ripararla col mastice solo, mentre don Lolla insiste che ci vogliono i punti.

Zif Dima si rassegna e si butta dentro la giara a lavorare. Finita la riparazione, non pua più uscire. Don Lolla è pronto a rompere la giara soltanto se Zif Dima è pronto a pagargliela, e quest'ultimo dichiara che, se dovesse pagare, non uscirebbe, a costo di morire.

Il carattere deI proprietario è delineato brevemente e efficaceménte fin dall'inizio della novella:

E con chi non la attaccava don Lolla Zirafa? Per ogni nonnulla, anche per una pietruzza caduta dal murello di cinta, anche per una festuca di paglia, gridava che gli sellassero la mula per correre in citta a fare gli atti. Cos!, a furia di carta bollata e d'onorarii agli avvocati, citando questo, citando quello e pagando sempre le spese per tutti, sIera mezzo rovinato •••• E bestemmiava come un turco e minacciava di fulminare questi e quelli, se un'oliva, che fosse un'oliva, gli fosse mancata, quasi le avesse prime contate tutte a una a una su gli alberi; 0 se non fosse ogni mucchio di concime della stessa misura degli altri. Col"cappellaccio bianco, in maniche di camicia, spettorato, affocato in volto e tutto sgocciolante di sudore, correva di qua e di là, girando gli occhi lupigni e stropicciandcsi

2 Novelle per un anno, III, 280. 54

con rabbia le guance rase, su cui la barba prepotente rispuntava quasi sotto la raschiatura deI rasoio. 3

Zif Dima è invece l'artista, incompreso dalla gente:

Era un vecchio sbilenco, dalle giunture storpie e nodose, come un ceppo antico d'olivo saraceno. Per cavargli una parola di bocca ci voleva l'uncino. Mutria, 0 tristezza radicate in quel suo corpo deforme; 0 anche sconfidenza che nessuno potesse capire e apprezzare giustamente il suo merito d'inventore non ancora patentato. Voleva che parlassero i fatti, Zif Dima Licasi. Doveva poi guardarsi davanti e dietro, perché non gli rubassero il segreto. 4

Tutta la novella è centrata sul contrasto fra questi due orgogliosi.

Don Lolle naturalmente non vorrebbe rompere la giara gratuitamente;

corre, quindi, dall'avvocato per sapere i suoi diritti. L'avvocato gli spiega che bisogna tenere in mente i due aspetti della questione: Da un canto, lui, don Lolle, doveva subito liberare il prigioniero per non rispondere di sequestro di persona; dall'altro, il conciabrocche doveva rispondere deI danno che veniva a cagionare con la sua imperizia e con la sua storditaggine. 5 Don Lolle toma dal conciabrocche di corsa per costringerlo a pagargli la giara:

Rompo la giara per farti uscire, rispose don Lolle, e tu, dice l'avvocato, me la paghi per quanto l'hai stimata: un'onza e trentatrè. -- 10, pagare? -- sghigne Zif Dima. Vossignoria scherza! Qua dentro ci faccio i vermi. 6

Chi esce vincitore? Zif Dima con le cinque lire pagategli per il

3 Novelle per un anno, III, 280-281.

4 Novelle per un anno, III, 283.

5 Novelle per un anno, III, 286.

6 Novelle per un anno, III, 288. 55

suo lavoro fa festa insieme ai contadini. Don Lolle, svegliato da quel ''baccano d ':inferno," e cioè dai contadini ubriachi che fanno festa, non potendo più contenersi, rompe la giara lui stesso:

Questa volta non pote piu reggere, don Lolle: si precipita come un tore infuriato e, prima che quelli avessero tempo di pararlo, con une spintone manda a rotolare la giara giu per la costa. Rotolando, accompagnata dalla risa d;egli ubriachi, la giara anda a spaccarsi contro un olivo. E la vinse Zi' Dima.7

Nel passaggio dalla novella alla commedia, la tensione drammatica si attenua. Pirandello introduce un nuovo elemento: Zif Dima non pua uscire dalla giara a causa della sua gobba. 8 Ne risulta una farsa.

Il comico diventa grottesco; alla sottigliezza si sostituisce qualcosa di ovvio, di troppo ovvio. Vengono aggiunti altri personaggi che disperdono col lare intervento la tensione creata dal contrasto fra i due personaggi principali. Insomma, il dramma non è un approfondimento, uno svolgimento drammatico della novella, ma appunto una trasposizione, inevitabilmente più stanca, mena convincente dell'originale. 9

7 Novelle per un anno, Ill, 289.

8 Si veda J. Blanquat, "D'une jarre à un moulin à vent," Revue de litterature comparee, XL (1966), 294-302.

~ Mi sembra che De Bella abbia visto bene questo punto. Egli introduce opportunamente a questo proposito una distinzione simile a quella sopra accennata di trasposizione e svolgimento drammatico. (De Bella. p, 51), 56

Lo stesso si puo ripetere per La patente, un atto unico di

ambiente siciliano rappresentato il 19 febbraio 1919, e ricavato

dalla novella omonima (1911) e per L'uomo, la bestia e la virtù,

un apologo in tre atti, ricavato dalla novella "Richiamo aIl' obbligo"

(1912) e rappresentato il 2 maggio 1919. Il protagonista della

Patente, un pover~uomo che non trova più lavoro perché ha fama di iettatore, intenta un processo di diffamazione a dei suoi compaesani

e cerca poi di convincere une dei giudici, che vorrebbe aiutarlo,

---a--cumlannar 1 0 :

-- Sissignore. Perché mostra di non credere alla mia potenza! Ma per fortuna ci credono gli altri, sa? Tutti, tutti ci credono! E ci son tante case da giuoco in questo·paese! Basterà che io mi presenti! non ci sarà bisogno di dir nulla. Mi pagheranno per farmi andar via! Mi mettero a ronzare attorno a tutte le fabbriche; mi piantero innanzi a tutte le botteghe; e tutti, tutti mi pagheranno la tassa, lei dice dell'ignoranza? io dico la tassa della salute! Perché, signor giudice, ho accumulato tanta bile e tanto odio, io, contro tutta questa schifosa umanità, che veramente credo d'avere ormai in questi occhi la potenza di far crollare dalle fondamenta una intera città! Il giudice D'Andrea, ancora con la testa tra le mani, aspetto un pezzo che l'angoscia che gli serrava la gola desse adito alla voce. Ma la voce non voIle venir fuori; e allora egli, socchiudendo dietro le lenti i piccoli occhi plumbei, stese le mani e abbraccio il Chiàrcaro a lungo, forte forte, a lungo. Questi 10 lascio fare. -- Mi vuol bene davvero? -- gli domando. -- E allora istruisca subito il processo, e in modo da farmi avere al piu presto quelle ch~ desidero. -. La. patente? Il Chiàrcaro protese di nuovo il braccio, batté la canna d'India sul pavimento e, portandosi l'altra mana al petto, ripeté con tragica solenl}ità: -- La patente. 10

10 Novelle per un anna, l, 490-491. 57

Al carattere patetico e all'ironia penosa di questa conclusione si sostituisce nell'atto unico un grottesco finale ad effetto:

Non ha finito di dire cosI, che la vetrata della finestra si apre pian piano, come mossa dal vento, urta contro il quadricello e la gabbia, e li fa cadere con fracasso.

D'Andrea (con un grido, accorrendo). Ah, Dio! Il cardellino! Il cardellino! Ah, Dio! È morto ..• è morto ... L'unico ricordo di mia madre ... Morto ... morto .. .

Alle grida, si spalanca la comune e accorrono i tre Giudici e Marranca, che subito si trattengono allibiti alla vista di Chiàrchiaro.

Tutti. Che è stato? Che è stato? D'Andrea. Il vento ... la vetrata ... il cardellino ..•

Chiàrchiaro (con un grido di trionfo). Ma che vento! Che vetrata! Sono stato io! Non voleva crederci e glien'ho dato la prova! Io! Io! Ecorne è morto quel cardellino

subito, gli atti di terrore degli astanti, che si scostano da lui:

COS1, a uno a uno, morirete tutti!

Tutti (protestando, imprecando, supplicando in coro). Per l'anima vostra! Ti caschi la lingua! Dio, aiutaci! Sono un padre di famiglia!.

Chiàrchiaro (imperioso, protendendo una mano). E allora qua, subito -- pagate la tassa! -- Tutti! l Tre Giudici (facendo atto di cavar danari dalla tasca). sI, ·subito! Ecco qua! Purché ve n'andiate! Per carità di Dio! 58

Chiàrchiaro (esultante, rivolgendosi al giudice D'Andrea, sempre con la mano protesa). Ha visto? E non ho ancora la patente! Istruisca il processo! Sono ricco! Sono ricco! Il

La commedia L'uomo, la bestia e la virtù è molto più ampia della novella. Ma le aggiunte, anche se teatralmente efficaci, non dicono niente di essenziale e finiscono col diminuire e rendere più superficiale e farsesco 10 svolgimento della vicenda: Tutto come prima: la differenza èche, mentre nel ristretto spazio della novella, la loro corporatura appariva più massiccia e il loro motivo più denso, qui, nell'ampia arcata della commedia, la loro statura sembra più bassa, affiora di meno, specie dopo che il loro contenuto, ormai diluito, si è fatto più acquoso. 12 Diverso è invece il casa di Liolà, rappresentata in dialetto siciliano il 4 novembre 1916. Siamo qui di fronte non alla trasposizione teatrale di un racconto ma allo svolgimento drammatico di uno spunto, che Pirandello ha tratto dal quarto capitolo deI suo libro

Il fu Mattia Pascal (1908). L'intreccio è basato sull'incapacità di zio Simone di avere figli e sul suo desiderio di averne a tutti costi. Tuzza, sua nipote, resa madre da Liolà, un giovane contadino, approfittando della debolezza di zio Simone, 10 convince a dire di essere lui il padre. Liolà, a sua volta, convince Mita, la giovane moglie di zio Simone, a trad ire il vecchio con lui e ad avere COS1 un figlio. Zio Simone, ora che sa della prossima nascita

11 'La patente, Maschere nude, III, 613.

12 Puglisi, L'arte di Luigi Pirandello, p. 171. 59

di un figlio legittimo, che egli crede suo, rinnega il figlio di

Tuzza e vuole che Liolà la sposi. Ma Liolà non cede e il dramma finisce col trionfo deI machiavellico contadino su tutti gli altri. Un'atmosfera paesana di gioiosa festività circonda il protagonista, furbo ma non malvagio; ché anzi Pirandello sottolinea con simpatia la sua umanità di gaudente convinto e inveterato. Completamente diversi il protagonista intellettualmente complicato, l'atmosfera pesante, senza luce di speranza e la conclusione rassegnata e ironica dell'episodio nel romanzo, che ha fornito a Pirandello nient'altro che 10 spunto per una creazione deI tutto nuova:

In conclusione, si vede che -- capitato in mezzo a cosf brava gente -- tutto il male 10 avevo fatto io. E dovevo dunque scontarlo. Mi ricusai dapprima sdegnosamente. Poi, per le preghiere di mia madre, che già vedeva la rovina della nostra casa e sperava ch'io potessi in qualche modo salvarmi, sposando la nipote di quel suo nemico, cedetti e sposai. Mi pendeva, tremenda, sul capo l'ira di Marianna Dondi, vedova Pescatori. 13 MoIte giuste le osservazioni di Gramsci: Mattia Pascal, il melanconico essere moderno, dall'occhio strabico, l'osservatore della vita volta a volta cinico, amaro, melanconico, sentimentale, vi diventa Liolà, l'uomo della vita pagana, pieno di robustezza morale e fisica, perché uomo, perché se stesso, semplice umanità vigorosa. E la trama si rinnova, diventa vita, diventa verità; diventa anche semplice, mentre nella prima parte deI romanzo primitivo era contorta e inefficace. 14

13 Pirandello, Il fu Mattia Pascal (Milano, 1965), pp. 39-40.

14 Gramsci, p. 284. 60

Più singolare di tutto è il fatto che, nel passaggio dal racconto al dramma, Pirandello ha lasciato cadere la problematica intellettuale deI primo e vi ha sostituito con successo il buon sense senza problemi di Liolà e dell'ambiente contadino, in cui il dramma si svolge.

Ma Liolà è, per questo aspetto, un'eccezione. E infatti, in tutti gli altri casi, Pirandello muovo se mai con successo in direzione opposta: dal provincialismo verista della narrativa all'intellettualismo problematico deI teatro. Questo risulterà chiaro, se si dà une sguardo agli altri "svolgimenti drammatici" deI periodo di cui ci stiamo occupando: Il berretto a sonagli, COSl è (se vi pare), Il piacere dell'onestà, Ma non è una cosa seria, Il giuoco delle parti, Tutto per bene, Come prima, meglio di prima e La signora Morli, una e due.

Gli argomenti di tutti questi drammi si possono ricondurre a quello che è il tema fondamentale della problematica intellettuale di Pirandello: la dialettica dell'apparenza e della realtà. Nel Berretto a sonagli,15 che è 10 svolgimento di uno spunto ricavato da due novelle, "Certi obblighi" (1912) e "La verità" (1912), si tratta deI solito marito tradito dalla solita moglie la quale divel1ta l'amante deI capo ufficcio deI marito. La moglie deI capo

15 Questa commedia,rappresentata per la prima volta il 27 guigno 1917, fu scritta ne1 1916, come risulta dalla corrispondenza di Pirandello con suo figlio. Si veda Almanacco letterario Bowpi~-rti, p. 38. 61

ufficcio scopre la tresca e per gelosia e spirito di vendetta la rende pubb1ica. Il marito tradito per salvare le apparenze pretende che costei si finga pazza in modo da toglier credito alla versione che essa ha dato di tutta la vicenda:

Beatrice. Pazzo da chiudere sarete voi!

Ciampa. Nossignora. Lei. Per il suo bene! E 10 sappiamo tutti qua, che lei è pazza. E ora deve saperlo anche tutto il paese. Non ci vuole niente, sa, signora mia, non s'allarmi! Niente ci vuole a far la pazza, creda a me! Gliel'insegno io come si fa. Basta che lei si metta a gridare in faccia a tutti la verità. Nessuno ci crede, e tutti la prendono per pazza!

Beatrice (furente, convulsa). Ah, dunque voi 10 sapete che io ho ragione, e che avevo ragione di far questo?

Ciampa. No. Ah, no! Volti la pagina, signora! Se lei volta la pagina, vi legge che non c'è più pazzo al mondo di chi crede d'aver ragione! 16

E Beatrice è ridotta ad andare gridando "bèèè." La verità, dunque, non importa; l'apparenza è più importante della realtà.

Nel Pia cere del1'onestà(rappresentata il 27 novembre)e in

Ma non è lma" cosa seria (rappresentata il 22 novembre 1918), è la finzione che finisce per trasformarsi in realtà. Una novella,

"Tirocinio"(I90S), ha fornito a Pirandello alcuni e1ementi concreti

16 Il berretto a sonagli II.v, Maschere nude,III, 380-381. 62

per l'intreccio deI Piacere dell'onestà. Per il resto tutto è cambiato, sul piano psicologico come su quello ideologico. Agata Renni, attendendo il bambino deI Marchese Col Ii, deve sposarsi con un altro -- il Colli

è già sposato -- per evitare 10 scandalo. Baldovino è l'uomo chiamato per salvare le apparenze, cioè per mascherare la realtà sposandola.

Egli si investe della parte di marito onesto di una signorina per bene e vuole che tutti si comportino come se questa fosse la verità. Lo sforzo al quale tutti gli altri sono costretti da questa sua pretesa diventa insostenibile e il Colli tenta di incriminare di furto Baldovino con false accuse per levarlo di mezzo. Baldovino stesso, rendendosi conto della situazione insostenibile che si è creata, benché abbia scoperto la trappola che gli è stata preparata, decide di fingere di caderci; cosf andrà via e tutto ritornerà come prima. Ma l'amore fra lui e la moglie, sorto come finzione, è diventato realtà. La moglie decide di seguire Baldovino anche se questi è un ladro.

Il protagonista di Ma non è una cosa seria sposa una donna che non ama, appunto per evitare di sposarsi sul serie e cioè di sposare una donna che gli possa creare dei problemi sentimentali. Ma resta preso nel giuoco e finisce per innamorarsi della donna che ha sposato·.

La commedia è derivata da due novelle, ''Non è una cosa seria" (1909) e "La signora Speranza" (1903). Ma la dialettica dell'apparenza e 63

della realtà, che nella commedia dà un rilievo problematico al matrimonio fittizio, è assente nelle due novelle, nelle quali il matrimonio rimane una trovata bizzarra ("Non è una cosa seria,,)17 ed è comunque giustificato da altri motivi che 10 rendono umanamente più plausibile: nella "Signora Speranza" Biagio decide di prendere in moglie una donna che non ama, non soltanto per proteggersi contro il pericolo di un matrimonio "sul serio," ma anche per proteggere la donna da un altro, un poeta "matto," che vorrebbe sposarla. Nella commedia, Il giuoco delle parti, ricavata dalla novella

"Quando s'è capito il giuoco" (1913) e rappresentata il 6 dicembre 1918, il prptagonista riesce a rimanere fedele sino alla fine al suo cinismo: una parte che si è assunta per sottrarsi alla vita, per non lasciarsi coinvolgere nei dolori, nelle fatiche, nelle lotte della vitae Tutto per bene, ricavata dalla novella omonima (1906) e rappresentata il 2 marzo 1920, tratta di un uomo che per più di vent'anni è vissuto senza sapere che la moglie l'aveva tradito e che sua figlia non è sua figlia. Quando 10 scopre, la figlia che non

17 "Poni mente alla commedia Ma non è una cosa seria, tratta, com'è noto, dalla novella omonima. In questa "la trovata" di Perazzetti è senza rilievo, raccontata a freddo, post factum •... Nella commedia, al contrario, la "trovata" è posta in primo piano, presentata in fieri, condotta con tutte le modalità, i mezzi necessari per non smussarla e farla cadere nel vuoto •••. Piglia rilievo nello scrittore agrigentino, e 10 piglia per 10 sviluppo deI dialogo per il quale pur acquista consistenza il dramma intimo dei personaggi." (Puglisi, Pirandello e la sua lin gua , pp. 149-150). 64

gli era affezionata ora gli si affeziona; e cosf la menzogna di tanti anni diventa ora verità.

Come prima, meglio di prima derivatadalla novella La veglia (1904) e rappresentata il 24 marzo 1920, presenta sulla scena la complicata vicenda di una donna, che, dopo moIti anni di separazione e di vita sregolata, torna a vivere col marito, pretendendo di essere una nuova donna, una seconda moglie. Ma questa finzione è peggiore della verità.

Decide quindi di abbandonare di nuovo il marito e di portare con se le due figlie.

Invece nella Signora Morli, una e due (tratta dalle novelle

"Stefano Giogli, uno e due", 1909,e "La morta e la viva", 1910, e rappresentata il 10 maggio 1921) la protagonista riesce ad assumere due parti, quella di moglie e quella di amante, ma non riesce a continuare in questa sua doppia realtà e decide di rinunciare ad una di esse per rimanere a vivere con l'amante.

La tesi estrema di questa prob1ematica è quella drammaticamente esposta da Pirandello in COS1 è (se vi pare). Mi fermero su questo dramma perche la trasformazione subita da110 spunto narrativo nel s~o svo1gimento drammatico mi sembra particolarmente significativa. La commedia, rappresentata per la prima volta il 18 giugno 1917, è ricavata dalla novella "La signora Fro1a e il signor Ponza, suo genero" (1915). La nove1la tratta un tema che ci riesce ormai familiare. La signora Frola e il signor Ponza si tormentano a causa della vera identità della signora Ponza. La signora Frola afferma che e sua figlia e la prima moglie deI signor Ponza e che, quest'ultimo essendo pazzo, crede invece che sia la sua seconda moglie; il signor Ponza dice, invece, il contrario, e cioe che la sua prima moglie (figlia della signora Frola) e morta, e che questa sua seconda moglie non ha nessuna relazione di parente la con la signora Frola, la quale e ovviamente pazza:

Ma insomma, ve 10 figurate? c'e da ammattire sul serio tutti quanti a non poter sapere chi tra i due sia il pazzo, se questa signora Frola o questo signor Ponza, suo genero. Cose che càpitano soltanto a Valdana, città disgraziata, calamita di tutti i forestieri eccentrici! Pazza lei 0 pazzo lui; non c'e via di mezzo: uno dei due dev'esser pazzo per forza. Perché si tratta niente mena che di questo... Ma no, e meglio esporre prima con ordine. 18 La gente pettegola e curiosa vorrebbe sapere la verità anche a costo di distruggere l'equilibrio mentale di quei due disgraziati.

"Dall'approfondimento di una novella," dice un critico, "0 meglio di uha semplice traccia (ché altro non pue essere considerata 'La signora Frola e il signor Ponza, suo genero') nasce tra il 1917 e il 1918 la prima gemma in tre atti deI teatro pirandelliano: Cost e (se vi pare)' • ,,19 Pirand.ello stesso la 'considerava originale e eccezionale. In una lettera deI 3 aprile 1917, ne parla al figlio Stefano:

18 Novelle per un anno, IV, p. 314.

19 De Bella, p. 68. 66

Ho quasi finito la commedia in tre atti (parabola, veramente, più che commedia): Cosi è (se vi pare). Ne sono contento. È certo d'una originalità, che grida. Ma non so che esito potrà avere, per l'audacia straordinaria della situazione. 20 Poi, in una lettera deI 18 aprile dello stesso anno, riparla della stessa commedia:

Ho finito la mia parabola in tre atti Cosi è (se vi pare), ~he a giudizio degli amici ~ la miglior cosa che io abbia fatto finora. Credo anch'id cosi •••• E una gran diavoleria, che potrà avere veramente un grandissimo successo. 21

In una terza lettera, Pirandello parla dello straordinario successo che ha avuto la commedia. 22 La novella invece sembra caduta nell'oscurità. La lunghezza maggiore dell'opera teatrale dà a Pirandello la possibilità di svolgere più ampiamente il tema dell'incertezza circa il valore e il significato della realtà. l dubbi della 'gente prendono forma concreta nella rappresentazione: le donne (la moglie deI consigliere Agazzi e sua figlia, la signora Sirelli, la signora Cini e la signora Nenni), pronte a compatire la signora Frola, sono pero avide di spettegolare intorno a questo caso straordinario e determinate a venirne a fondo; il consigliere Agazzi, costernato perché uno sgarbo è stato fatto alla sua casa, è anche lui alla ricerca della verità;

20 Almanacco letterario Bompiani,.p. 42.

21 Almanacco letterario Bompiani, p. 42. 22 In una lettera deI 29 giugno 1917, Pirandello parla deI successo di questa commedia: "Dieci giorni addietro, il 19, fu data a Milano dalla Compagnia Talli la mia parabola in tre atti Cosi è (se vi pare) che ha avùto uno straoràinario successo. Io vi assistevo. Trovai modo di scappare per quattro giorni dalla rete delle commissioni d'esame. Tutti a Milano mi accolsero con moIta festa. Talli dichiaro che in più di 35 anni ài palcoscenico non aveva mai assistito a una prima più stranamente interessante di questa. Non so se t'ho detto che la parabola s'aggira sul valore della realtà." (Almanacco letterario Bompiani, p. 43). il commissario Centuri e il prefetto sono costretti a investigare il caso per soddisfare la curiosità della popolazione:·

Sirelli. Benissimo! E non dicono appunto che uno dei due è pazzo? 0 pazza lei, 0 pazzo lui: di qui non si scappa! Quale dei due? ... Agazzi. E qui la questione!

Laudisi. Prima di tutto, non è vero che 10 dicano entrambi. Lo dice lui, il signor Ponza, di sua suocera. La signora Frola 10 nega, non soltanto per sé, ma anche per lui. Se mai, lui -- dice -­ fu un po' alterato di mente per soverchio amore. Ma ora, sano, sanissimo. Sirelli. Ah dunque tu propendi, come me, verso cio che dice lei, la suocera?

Agazzi. Certo che, stando a cio che dice lei, si puo spiegar tutto benissimo. Laudisi. Ma si puo spiegar tutto ugualmente, stando a cio che dice lui, il genero!

Sirelli. E allora -- pazzo -- nessuno dei due? Ma une dev'essere, perdio!

Laudisi. E chi dei due? Non pot~te dirlo voi, come non pua dirlo nessuno. E non già perché codesti dati di fatto, che andate cercando, siano stati annullati --.dispersi 0 distrutti -- da un accidente qualsiasi -- un incendio, un terremoto no; ma perché li hanno annullati essi in sé, n.ell' animo lorD, volete capirlo? creando lei a lui, 0 lui a lei, un fantasma che ha la stessa consistenza della realtà, dove essi vivono ormai in perfetto accordo, pacificati. E non potrà essere distrutta, questa lorD realtà, da nessun document 0, poiché essi ci respirano dentro, la 68

vedono~ la sentono~ la toccano! Al più~ per voi potrebbe servire il documento~ per levarvi voi una sciocca curiosità. Vi manca, ed eccovi dannati al meraviglioso supplizio draver davanti, accanto~ qua il fantasma e qua la realtà, e di non poter distinguere l'uno dall'altra. .

Agazzi. Filosofia~ caro~ filosofia! Lo vedremo adesso se non sarà possibile! 23 , Il personaggio di Laudisi non c'è nella novella. E una creazione nuova dell'autore~ che se ne serve per approfondire l'intensità problematica della situazione. Non mi sembra infatti che abbia ragione

De Bella~ che considera questo personaggio superfluo:

Ma l'autore stesso~ in qualche tratto~ ha voluto forzare la mano: specie con quel personaggio di Lamberto Laudisi~ talora parassitario, che ci fornisce un commenta esplicito a tutta la vicenda, quando di tale commento non si sarebbe proprio alcun bisogno. L'unico punto debole della commedia sta in quel personaggio '~oluto": ed esse ha tratto in inganno alcuni critici, mandandone in bestia altri (fra cui il Croce)~ solo perché gli si è voluta attribuire troppa importanza. Convinciamoci invece che Laudisi non è un personaggio necessario, che la sua presenza (specie alla fine) è un di piu: e tutto tornerà a posta; la commedia non avrà perso nulla deI suo valore, ~~zi ci avrà guadagnato in semplicità. 24 De Bella sembra perdere di vista un aspetto essenziale deI teatro pirandelliano. Pirandello vuole mostrare la tragedia deI personaggio consapevole della condizione umana e della mancanza di qualunque certezza e Laudisi è proprio questo personaggio:

23 Cosi è (se vi pare) I.i, ~aschere nude, II, 221.

24 De Bella, p. 68. 69

È la ragione~ dunque~ a rivelare all'inconsapevole e relativo dramma delle persone il significato assoluto della tragedia deI personaggio: da una sua posizione come esterna ai fatti, da un suo luogo di ideale didascalia (che materialmente da Pirandello deriverà a tanto teatro moderno; e si pensi solo al più noto dei drammi di T. Wilder, Piccola città), essa annunzia e chiarisce la sua "storica" responsabilità, la sua inevitabile funzione di distruzione de Il 'uomo e della realtà. Ma, ne! far questo,ina\MJertitamente, essa rinw~zia alla sua "esterna" impassibilità~ alla sua estraneità rispetto al dramma: mentre distrugge il tempo convenzionale della rappresentazione realistica,essa stessa precipita nel simbolo che ha suscitato e diventa la più vana di quelle forme, l' elemento esseziale dell 'umano dolore.... E mentre. gli altri, ammutoliti dalla voce della donna velata, torneranno ad amare la loro illusione 0 a scaricare in una accusa di fol lia la loro sconvolta inèredulità, Lamberto Laudisi resterà ad ascoltare per sempre l'eco agghiacciante della sua risata: non riso davvero, ma smorfia tragica di un dolore che 10 coinvolge. 2S

Mi sembra convincente l'opinione di Lo Vecchio Musti:

Mentre nella novella il comico prevale sul drammàtico, e il satirico è appena accennato, nella "paràbola" tutti questi elementi sono -- quantunque ben distinti -- impeccabilmente armonizzati con esemplare maestria. La commedia e tecnicamente perfetta: quant 0 di più teatrale imaginar si possa. Non un personàggio, non una scena, non una battuta in più 0 in meno. Perfino, il coro, esigue al primo atto, viene poi accresciuto per rendere l'idea della rapida propalazione della strana notizia e dell'enorme interesse da essa suscitato. 26

Nella novella, benché non si arrivi alla cos1ddetta verità, non se ne nega nemmeno l'esistenza. La vicenda viene a termine con 10 stesso dilemma con cui si è iniziata, cioè con la curiosità insoddisfatta della gente:

2S De Castris, p. 161.

26 M. Lo Vecchio Musti, L'opera di Luigi Pirandello (Torino, 1939), pp. 173-174. 70

, . . ... e vanno COS1, lnsleme, tra il dispetto aggrondato e 10 stupore e la costernazione della gente che li studia, li squadra, li spia e, niente!, non riesce ancora in nessun modo a comprendere quale sia il pazzo dei due, dove sia il fantasma, dove la realtà. 27

Nell'opera teatrale, invece, la conclusione rappresenta, sul piano intellettuale, une spostamento deciso rispetto all'inizio; la problematica intellettuale rivela un singolare dinamismo. La signora

Ponza stessa è chiamata a testimoniare, e cioè a decidere chi dei due è pazzo, la signora Frola 0 il signor Ponza:

Tutti si scosteranno da una parte e dall'altra per dar passo alla signora Ponza che si farà avanti rigida, in gramaglie, col volte nascosto da un fitto velo nero, impenetrabile.

Signora Ponza (con un parlare lento e spiccato). che cosa? la verità? è solo questa: che io sono, sr, la figlia della signora Frola -- Tutti (con un sospiro di soddisfazione). -- ah! Signora Ponza (subito c. s.). -- e la seconda moglie deI signor Ponza -- Tutti (stupiti e delusi, sommessamente). -- oh! E come? Signora Ponza (subito c. s.). -- 51; e per me nessuna! nessuna!

Il Prefetto. Ah, no, per se, lei, signora: sarà l'una 0 l'altra!

Signora Ponza. Nossignori. Per me, io sono colei che mi si crede.

27 Novelle per un anno, IV, 322. 71

Guarderà attraverso il velo, tutti, per un istante; e si ritirerà. Silenzio.

Laudisi. Ed ecco, 0 signori, come parla la verità! Volgerà attorno uno sguardo di sfida derisoria. Siete contenti?

Scoppierà a ridere. Ah! ah! ah! ah! 28

L'apparizione della signora Ponza mostra quanto sia inutile la

ricerca di una verità assoluta. La problematica dell'apparenza e

della realtà trova qui la sua formulazione più radicale. Non soltanto non è facile distinguere l'apparenza dalla realtà, non soltanto non

è possibile conoscere la verità, ma la conclusione è che la verità, la verità assoluta non esiste e non esiste nemmeno la distinzione fra apparenza e realtà. Pirandello ha trovato qui un nuovo elemento

essenziale al suo stile drammatico, una nuova formula per la conclusione dei suoi drammi. All'ambiguità borghese tipica della conclusione di

certe novelle e anche di qualche dramma (Tutto per bene) e al colpo di scena, alla teatralità dei primi drammi, si sostituisce ora una

conclusione drammatica a sorpresa in cui l'ambiguità non è più un

vizio psicologico e sociale ma un'affermazione intellettuale circa

il significato della verità.

,v (TT 28 Cos! è (se vi !II...... "" \._ ... , 259-261). 72

Uno studio, sia pure rapido, della produzione teatrale di

Pirandello nel periodo di cui ci stiamo occupando mostra chiaramente, a mio avviso, la connessione fra '10 sviluppo della sua attività teatrale e l'approfondimento della sua problematica intellettuale. Nelle novelle e nelle opere teatrali che rimangono più aderenti aIle novelle da cui derivano, questa problematica è assente 0 formulata con minore decisione e nettezza. Ad eccezione di Liolà tutti gli svolgimenti drammatici che vanno al di là dello spunto narrativo consistono in un approfondimento problematico. Cosl è

(se vi pare) rappresenta l'espressione più avanzata e più decisa della problematica pirandelliana ed è allo stesso tempo l'opera teatrale più riuscita, almeno finora. Queste considerazioni sono confermate dall'analisi di tre drammi che non hanno nessun precedente narrativo: All'uscita

(mistero profano), un atto unico pubblicato il 1 novembre 1916 nella Nuova antologia e rappresentato soltanto il 29 settembre 1922;

L'innesto, rappresentato il 29 gennaio 1919; e Cecè atto unico rappresentato il 10 luglio 1920.

All'uscita è un atto molto originale in cui vediamo le apparenze di quattro pers one dopo la morte: dell!Uomo grasso, deI Filosofo, della Donna uccisa e deI Bambino dalla melagrana. Il filosofo seguita a ragionare come se fosse in vita: 73

L'uomo grasso. No, per carità: fatene a meno. Che consolazione volete che mi dia codesto postumo esercizio della vostra ragione?

Il filosofo. Postumo? Ma che postumo! 10 séguito a ragionare, come voi a esser grasso, caro mio. E per il solo fatto che io e voi siamo ancora qui, séguito a vedere in me e in voi due vane forme della ragione. Non ve ne sentite consolare?

L'uomo grasso. Se sapeste come sono mortificato!

Il filosofo. Perché voi forse, pover'uomo, vi figuraste in vita di vederle e toccarle come cose vere, codeste forme; mentre erano soltanto illusioni necessarie deI vostro essere, come deI mio, che per consistere in qualche modo, capite? avevano bisogno Ce l'hanno tuttora) di crea~e .a se stessi un'apparenza. 29 In sostanza, il filosofo dice che gli uomini vivi consistono nelle lorD immaginazioni e nei lorD desideri e nel tentativo di dare una realtà a queste immaginazioni e a questi desideri:

Il filosofo .... Come casa di Dio è senza dubbio infinitamente piu grande e piu ricco il mondo, che una chiesa; incomparabilmente piu nobile e prezioso d'ogni altare, 10 spirito dell'uomo in adorazione deI mistero divino. Ma questa è la sorte di tutti i sentimenti che si vogliono costruire una casa: si rimpiccioliscono, per forza, e d!ventano anche un poco puerili, per la lorD vanità. E la sorte stes sa di quell'infinito che è in noi, quando per alcun tempo si finisce in quest'apparenza che si chiama uomo, labile forma su questo volubile granello di terra perduto nei cieli.

29 All'uscita, Maschere nude, IV, 330. 74

L'uomo grasso. Ma dunque io e voi e tutti quelli che escono da quella porta là che cosa siamo ora, si pua sapere? Apparenze d'apparenze?

Il filosofo. No, perche? La stessa apparenza, ma con questo divario: che quella che ci davano gli altri è là, nella fossa; e quella che ci davamo noi è qua, ancora per poco, in voi e in me. Noi ne siamo, insomma, la vanita ancora per poco superstite. Un'ultima ombra d'illusione persiste anche in noie Ci piace ancor tanto ritenere la nostra vana parvenza, che dobbiamo ancora aspettare, per liberarcene, ch'essa a poco a poco si diradi e dilegui. 30

Quando il desiderio è soddisfatto 0 vien meno, vien meno anche l'uomo, che di questo desiderio ha fatto la ragione della sua esistenza. Ed, infatti, l'Uomo grasso quando vedrà piangere per la prima volta sua moglie; la moglie (la Donna uccisa) quando avrà avuto vicina una bambina; il bimbo quando avrà mangiato la melagrana. Solo rimane il filosofo perche non ha avuto ne immaginazioni ne desideri, ma soltanto pensieri: Ho paura ch'io solo restera sempre qua, segùitando a ragionare. 31

L'uomo è prigioniero delle forme e il filosofo ragiona intorno a

30 All'uscita (IV, 331-332). 31 All'uscita (IV, 338). 75

questa condizione tragica dell'umanità. 32

Nell'Innesto si racconta il caso strano di una donna

(sposata da sette anni ma sterile) che attende un bambino, figlio di une sconosciuto che l'ha violentata, e vuole che il marito 10 accetti come il prodotto dell'amore di lei per lui. All'inizio, il marito non vuole nemmeno vederla, benché non abbia avuto nessuna colpa:

Giorgio. E appunto questa è per me la crudeltà! Che ci sia l'offesa pifi brutale, senza esserci la colpa! Per me è peggio! Peggio, S2! Ci fosse la colpa, sarebbe offeso l'onore; potrei vendicarmi! È offeso invece l'amore! E non intendi che niente è piu crudele per il mie amore, che quest'obbligo che gli è fatto, di avere pietà. 33 Giorgio, vuole, dunque, abbandonare la moglie, ma vedendola è subito vinto dal suo amore per lei.

32 "Di fronte alla sofferenza ingenua e istintiva dell'Uomo grasso (e poi della Donna, e deI bimbo), che è -- nella situazione eccezionale dei morti ancora per un attimo legati aIle non godute gioie della lare giornata -- la sofferenza deI rimpianto, la nostalgia ingenua di chi contempla con struggimento le rose che non seppe cogliere, sta il Filosofo che spiega la vera natura deI lorD dolore. Essa è nel vivere, nella necessità di dare forma alla propria ansia di essere, nell'esigenza di consistere in qualche modo, di dar 'casa' ai nostri sentimenti, apparente realtà ai desideri, nel bisogno di incarnarsi nella relatività delle parti. Vivere dunque significa costringersi in forme, dare realtà illusoria alla realtà interna, all'essere che, per esistere, deve tradirsi; e soffrire inconsolabilmente la propria assoluta impossibilità." (De Castris, pp. 159-160).

33 L'innesto 1. i~, Maschere nude, II, 439. 76

Una spiegazione che dà un contadino dell'innesto di una pianta sull'altra suggerisce a Laura il ragionamento di cui essa si

servirà per convincere Giorgio: Filippo .... Questo è l'innesto a occhio chiuso, che si fa d'agosto. Perche c'è poi quello a occhio aperto, che si fa di maggio, quando la gemma puo subito sbocciare.

Laura (con infinita tristezza). Ma la pianta? Filippo. Ah, la pianta, per se, bisogna che sia in succhio, signora! Questo, sempre. Che se non è in succhio, l'innesto non lega!

Laura. In succhio? Non capisco. Filippo. Eh, S1, in succhio. Vuol dire ... come sarebbe? .. in amore, ecco! Che voglia ... che voglia il frutto che per se non puo dare!

Laura (interessandosi vivamente). L'amore di farlo suo, questo frutto? deI suo amore?

Filippo. Delle sue rad ici che debbono nutrirlo; dei suoi rami che debbono portarlo. Laura. Del suo amore, deI suo amore! Senza saper piu nul la, senza piU nessun ricordo donde quella gemma le sia venuta, la fa sua, la fa deI suo amore?

Filippo. Ecco, cos!! cos!! 34 Il tentativo di Laura di convincere il marito con questo ragionamento

fallisce. Laura. Ah, una follia, si! Esperai che t'avessi sollevato con me nell'ardore di essa, qua, in mezzo aIle piante che pure la sanno, questa mia stessa follia! 0 che tu almeno me 10 chiedessi, come si chiede a una povera folle un sacrifizio che essa non sa ... della sua stessa vita ...

34 L'innesto II.i (II, 448). L '. 77

1

e chi sa! avresti forse ottenuto quello che volevi. Perché non puoi credere ch'io volessi salvare in me chi ancora non sento e non conosco. 10 l'amore volevo salvare! cancellare una sventura brutale, non brutalmente come tu vorresti ••. Giorgio. Ma come? come, in nome di Dio? Laura. Posso dirti come, se tu non l'intendi?

Giorgio. Accettando la tua follia?

Laura (con un grido di tutta l'anima). :si! Tutta me stessa! Perché tu vedessi tutta me stessa tua, nel figlio tuo: tue perché di tutto il mio amore per te! Ecco, questo! questo volevo! 35

Non riuscendo a convincere il marito,minaccia di lasciarlo. Il

marito, allora, cede al suo desiderio per non perderla:

Giorgio. Non posso! Ma non voglio perdere il tue amore!

Laura (con impeto di passione). Ma a questo solo tu devi credere! Giorgio. Come credere? A che?

Laura (c. s.). Ma a cio che io ho voluto, con tutta me stessa, per te, e che devi volere anche tu! È mai possibile che tu non ci creda?

Lo abbraccia, 10 scuote.

Giorgio. si, si •.• Nel tuo amore, credo.

35 L'innesto III.iv (II, 474-475).

Î 78

Laura (quasi delirando). E dunque, che vuoi di piu, se credi nel mie amore? In me non c'è altro! Sei tu in me, e non c'è altro! Non c'è piu altro! Non senti? Giorgio. si, si .•• Laura (raggiante, felice). Ah, ecco! il mie amore! Ha vinto! Ha vinto! Il mie amore! 36

Un'opera chiaramente secondaria, scritta da Pirandello senza troppo impegno, è Cecè, un atto unico. Pure anche in questo casa non manca un accenno problematico:

Ma cos! conosciuto da tutti, dimmi un po' -- chi posso veramente conoscere io? Ridi, ah? Eppure, caro mio, se mi ci fisso, ammattisco. Ma dimmi un po': non è uno strazio pensare, che tu vivi sparpigliato in centomila? In centomila che ti conoscono e che tu non conosci? che sanno tutto di te, e che tu non sai neppure come si chiamino? a cui ti tocca sorridere, batter la spalla, dir caro! carissimo! stando sempre cost a mezz'aria, senza mostrarlo, fingendo anzi sempre di ricordarti, d'interessarti? E dentro intanto, ti domandi: chi sarà costui? come mi conoscerà costui? Chi saro io per costui?" Perché mi ammetterai che noi non siamo mica sempre gli stessi! Secondo gli umori, secondo i momenti, secondo le relazioni, ora siamo d'un modo, ora d'un altro; allegri con uno, tristi con un altro; serii con questo, burloni con quello ... 37 Mi sembra chiaro, dunque, che il crescente interesse di Pirandello per il teatro vada di pari passo con 10 sviluppo deI suo

"problematismo."

36 L'innesto III.v (II,477).

37 Cecè, Maschere nude, III, 419. IV LA QUESTIONE DEL TEATRO NEGLI SCRITTI CRITICI

DI PIRANDELLO E NEI SEI PERSONAGGI

Di tutte le commedie scritte da Pirandello prima dei Sei personaggi in cerca d'autore, abbiamo visto che soltanto quattro (La ragione degli altri, All'uscita, L'innesto e Cecè) non sono trascrizioni di un'opera precedente. È opportuno dunque esaminare qui la questione della validità della trascrizione come espressione artistica. In un articolo deI 1899, "L'azione parlata," Pirandello osserva che gli argomenti trattati dal teatro contemporaneo, sono in genere più adatti a novelle e romanzi che a drammi: Intendo: il dialogo drammatico. Stimo opportuno richiamare alla mente dei lettori questa bella definizione non mia, considerando come quasi tuttala produzione drammatica contemporanea abbia fondo più che altro narrativo, tratti cioè argomenti più da novella 0 da romanzo, che da dramma; e male, necessariamente: prima, perché una favola d'indole narrativa, in generale, mal si lascia ridurre e adattare al congegno delle scene; poi, per il soverchio e, secondo me, malinteso rigore della tecnica moderna, vero letto di Procuste, 80

la quale tutto quel congegno uniformemente restringe e ammiserisce. 1

Ma, ci di ce Pirandello, 10 stesso Shakespeare ha ricavato alcuni suoi drammi da novelle:

ToIse, e vero, anche 10 Shakespeare l'argomento d'alcuni drammi da novelle italiane; ma quaI drammaturgo mise in azione p1U di lui, dal principio alla fine, una favola, nulla mai sacrificando aIle esigenze sciocche d'una tecnica solo esteriormente rigorosa? 2 , E possibile ricavare con successo opere drammatiche da opere narrative se vengono abolite la narrazione e la descrizione, e se si dà ai personaggi possibilità di agire e di parlare a modo loro. Ora, questo e possibile ad una sola condizione:

••. che si trovi cioe la parola che sia l'azione stessa parlata, la parola viva che muova, l'espressione immediata, connaturata con l'azione, la frase unica, che non puo esser che quella~ propria a quel dato personaggio in quella data situazione: parole, espressioni,frasi che non s'inventano, ma che nascono, quando l'autore si sia veramente immedesimato con la sua creatura fino a sentirla com'essa si sente, a volerla com'essa si vuole. 3 Pirandello dunque sottolinea la diversità della narrativa dal teatro ma non esclude la possibilità delle trascrizioni. Si potrebbe forse applicare aIle trascrizioni quel che si dice in genere delle traduzioni, che sono belle e infedeli,oppure fedeli ma brutte:

1 Il Marzocco, 7 maggio 1899, ora in Saggi, poesie e scritti varii, a cura di M. Lo Vecchio Must~ (Milano, 1960), p. 981.

2 Saggi, poesie e scritti varii, p. 981.

3 Saggi, poesie e scritti varii, pp. 981-982. 81

è come trapiantare un albero generato da un altro terreno, fiorito sotto altro clima, in un terreno che non è più il suc: sotto il nuovo clima perderà il suc verde e isuoi fiori; per il verde, per le foglie intendiamo le parole native e per fiori quelle grazie particolari della lingua, quell'armonia essenziale di essa, inimitabili. Le parole di una lingua hanno per il popolo che la parla un valore che va oltre il senso, per dir COS1, materiale di esse, e che è dato da tante cose che sfuggono all'esame più sottile, poiché veramente sono, come l'anima, impalpahili: ogni lingua ispira un particolare sentimento di sé e val ore ha finanche la forma grafica delle parole. 4

Se un'opera teatrale è una trascrizione pedissequa di un'oper~ narrativa, sarà un'opera piatta e senza interesse perché l'autore, avendo dette tutto quello che aveva da dire nell'opera narrativa,

4 "I1lustratori, attori e traduttori," Nuova Antologia, 16 gennaio 1908, ora in Saggi, poesie e scritti varii, p. 218. Dunque una traduzione, per il solo fatto che a scritta in un'altra lingua, è già molto diversa dall'originale. Questo pero non significa necessariamente che una traduzione sia per forza peggiore dell'originale. Anzi, in certi casi, puo essere migliore: "COS1 anche una traduzione puo esser migliore dell'originale; ma allora l'originale diventa la traduzione, in quanto che il traduttore ha preso come materia bruta l'originale e l'ha ricreata con la propria fantasia: tal quale come l'attore ha preso il dramma come un canovaccio qualsiasi e vi ha infuso la vita su la scena." (pp. 221-222). Insomma, Pirandello dice che nel caso che una traduzione sia fedele aIl 'originale è sempre peggiore, perché un'espressione propria ad una lingua, e dunque ad un popolo, si riduce male ad un'altra. Se la traduzione invece è una vera opera d'arte, benché sia mena fedele aIl 'originale, sarebbe indubbiamente superiore alla traduzione esatta, e potrebbe anche qualche volta essere superiore aIl 'originale. 82

non pue aggiungere niente di nuovo, ma pue soltanto peggiorare il

livello artistico dell'opera originaria. L'opera teatrale pue

rappresentare un miglioramento soltanto se l'autore non ha sviluppato ampiamente l'intreccio e i caratteri nell'opera narrativa -- cioè

se quest'ultima non è un'opera artisticamente riuscita. Come si è già visto,5 se ne potrebbe ricavare la conclusione paradossale che tanto più scialba è l'opera narrativa, tante più efficace potrà

riuscire la trascrizione drammatica. Ma più prudentemente, lasciando

da parte i paradossi, diremo che una buona trascrizione drammatica

presuppone una completa rielaborazione dell'opera narrativa. Questo

conferma quanto abbiamo detto nei capitoli precedenti a proposito delle

trascrizioni di Pirandello. Egli è pronto a sacrificare i particolari, a cambiare radicalmente la fine, a lasciare fuori certi personaggi, ad

aggiungerne altri, e perfino a cambiare quasi tutto (come nel casa

di Liolà), e riesce cos! trascrivendo, a creare un teatro, che è

valido proprio perché sostanzialmente diverse dalla narrativa. Le

novelle meno riuscite ("Pensaci, Giacomino!," '·'La·.verità," "Certi

obblighi," "La signora Frola e il signor Ponza, suo genero," "Tirocinio," "Non è una cosa seria," "Quando s'è capito il giuoco," "Tutto per bene," "La veglia" e Stefano Giogli, uno e due") danno luogo spesso

5 Si veda sopra,pp. 50-51.

,lit. 83

ai drammi migliori. E invece nel casa di ~ovelle particolarmente riuscite come "La morsa," "Lum!e di Siclia," "Il dovere deI medico,"

"La giara,"La patente," "L'uomo, la bestia e la virtù," le trascrizioni venendo a mancare l'originalità della prima concezione, perdono la freschezza iniziale e cadono nella banalità.

La radicale rielaborazione presupposta dalle trascrizioni diminuisce l'apparente dipendenza deI teatro di Pirandello dalla sua narrativa. Ma c'è di più. Sandro D'Arnico che ha studiato attentamente le lettere di Pirandello richiama opportunamente l'attenzione sul fatto che Pirandello,·giâ·da. giovane, scriveva per il teatro:

In queste lettere è la testimonianza dell'attrazione irresistibile che questo mezzo di espressione esercito sullo scrittore sin dai primi anni. l suoi scritti teatrali giovanili non ci sono stati conservati: pero dalle lettere risulta che Pirandello scriveva per il teatro anche a vent'anni. Mi limito a elencare alcuni titoli di commedie che Pirandello cita nelle sue lettere. In una lettera deI novembre 1886, Pirandello dice di aver scritto una commedia dal titolo Gli uccelli dell'alto, in cui ha usato un singolare espediente scenico, che non puô non farci pensare a Ciascuno a suo modo 0 a Questa sera si recita a soggetto._.Dice che in questa commedia costringe gli spettatori deI teatro a far da attori, trasportando l'azione dal palcoscenico alla platea, che in questo modo viene ad assumere l'aspetto deI cora della tragedia antica. Un altro titolo che appare nelle lettere da Roma deI 1887 è La gente allegra, commedia in cinque atti che il giovane scrittore si ripromette di far rappresentare al Valle dalla compagnia di Cesare Rossi. E aggiunge: il titolo con vi inganni: è quanto di più triste si puo immaginare sotto l'apparenza deI riso. Un altro titolo di questo stesso periodo è Le popolane, anch'essa data a Cesare Rossi e alla Glech, prima donna di questa compagnia. 84

Un altro titolo ancora che appare nelle lettere deI 1891 e deI 1893 è Provando la commedia, scene drammatiche. 6

Il problema della genesi deI teatro di Pirandello si pone dunque

in termini nuovi. Non si tratta tanto di spiegare la trasformazione di Pirandello da narratore in drammaturgo quanto di spiegare il ritardo dell'opera teatrale di Pirandello, e cioè perché egli abbia atteso tanto a lungo a dedicarsi apertamente e sistematicamente al teatro. Dalla testimonianza di amici, veniamo a sapere che Pirandello sembra considerare il teatro cos a indegna di lui:

La sua resistenza al teatro datava da lungo tempo ed era tanto più forte quanto gli vibrava dentro, in segreto, una forte tensione in sense contrario. Alcuni fra coloro che gli furono vicini nei due decenni intorno al Novecento, come Lucio D'Ambra, Ugo Fleres, Mario Corsi ed altri, ci riferiscono, nelle lare memorie di un suo contegno, nei riguardi deI teatro, che ha l'artificiosità di una posa. Come se Pirandello, contro il teatro, tenesse a ostentare indifferenza, quasi per fatto personale. Gli amici di quel tempo, Giustino Ferri, Fleres, D'Ambra e soprattutto Boutet, Martoglio, erano critici drammatici militanti 0 autori e direttori di teatro, e sempre, nei caffè e nelle riunioni casalinghe, si accendevano fra lare polemiche discussioni su opere e autori teatrali. Quando cio avveniva, ricorda Lucio D'Ambra, "Pirandello radunava le carte da giuoco tutte davanti a se e, affatto estraneo ai nostri discorsi e aIle nostre passioni, cominciava tranquillo un solitario di Napoleone. Ed erano i grandi giorni deI teatro contemporaneo .... Pirandello, sordo, non levava gli occhi grigi e la barba bionda dalle carte. L'esito d'un solitario l'interessava più di quello di mille commedie cont"emporanee •.. ". E amava ripetere: "Il teatro non m'interessa". Diceva di fermarsi ai Greci, a qualche spagnolo, a Shakespeare, di giungere tutt'al più a Molière e a Goldoni. "Dopo Goldoni - racconta sempre Lucio D'Ambra buio fitto per lui ... E parlava di teatro come di fatti che non 10

6 S. D'Amico, pp. 276-277. 85

1

riguardavano, e indegni di persone serie". Certo, dopo l'incidente, che si è riferito, con l'Ando, Pirandello non dimostro, nei fatti, alcun desiderio di accostarsi al teatro, e nei suoi articoli di giornale, nei suoi saggi scritti fino al 1915, non cita autori deI teatro moderno: solo Ibsen, e non certo favorevolmente ("Che vuole da noi questo norvegese?"). A Rosso di San Secondo diceva: "Il teatro è l'arte della scopa", assimilandolo a una pittura sommaria a grossolane pennellate. Mentre la prosa gli avrebbe offerto possibilità di più esatta penetrazione nella verità, e il libro, nel silenzio della lettura, una molteplice complessità di restituzione. 7 Queste riserve di Pirandello nei confronti al teatro risultano

chiaramente dalle lettere al lettere al figlio Stefano. In queste

lettere parla deI suo interesse per il teatro come una parentesi

nella sua attività di narratore:

Ho già finito e consegnato la commedia Il berretto a sonagli e ora, sempre per Musco, scrivo Liolà in tre atti; scrivero poi, se non me ne passa la voglia 'U cuccu e chiudero questa parentesi teatrale per rimettermi al mio più naturale lavoro di narratore. Non 50 perche, ho una grand'ansia di sbrigarmi. 8

Si tratta di una lettera deI 18 agosto 1916. In una lettera deI 18

aprile 1917, ritorna sullo stesso punto, quasi sorpreso 0 dispiaciuto

che la "parentesi" non si sia ancora chiusa:

Ora, attendero a fin ire Il piacere dell'onestà. Come vedi, la parentesi drammatica non si chiude ancora. 9

Ed è certo singolare, ma non sorprendente, che Pirandello inizialmente

abbia pensato ai Sei personaggi, la sua più grande opera teatrale, come

ad un romanzo. Ne parla in una lettera deI 23 luglio 1917:

7 Giudice, pp. 305-306. Si veda anche la nota 4, pp. 306-307.

8 Almanacco letterario Bompiani, 1938, p. 38.

9 Almanacco letterario Bompiani, p. 43. 86

Ma ho già la testa piena di nuove cose! Tante novelle •.. E una stranezza COS1 triste: Sei personaggi in cerca d'autore: romanzo da fare. Forse tu intendi. Sei personaggi, presi in un dramma terribile, che mi vengono appresso, per esser composti i~ un romanzo, un'ossessione, e io che non voglio saperne, e io che dico lorD che è inutile e che non m'importa di lorD e che non m'importa più di nulla, e lorD che mi mostrano tutte le lorD piaghe e io che li caccio via ... -- e cosl alla fine il romanzo da fare verrà fuori fatto. 10

Ora corne si spiega questa ripugnanza di Pirandello nei confronti deI teatro? Sarà opportuno a questo punto esaminare gli scritti di Pirandello intorno al teatro per vedere se è possibile ricavare una risposta a questa domanda. In un articolo deI 1890,

"La menzogna deI sentimento nell'arte," vediamo quanta importanza Pirandello attribuisca già allora al teatro e allo stesso tempo, quanto egli sia critico, diffidente, nei riguardi deI teatro

contemporaneo:

E da che siamo sulla scena, restiamoci. Certo, nessun popolo plU che il Greco ha goduto di quell'armonia interiore derivante dall'esatta concezione della vita e dell'uomo. È appunto quest'armonia -- sia dette di passaggio -- che ora manca a noi, a causa delle nostre condizioni morali e sociali, e pero non abbiamo ancora un teatro, e checche si faccia e si dica, difficilmente l'avremo. l Greci che l'ebbero, ebbero anche un teatro glorioso, perche poterono serenamente contemplare ogni errore, cui deve sempre fatalmente seguire una catastrofe. Noi sentiamo troppo, soffriamo troppo: la nostra vita ê per se stes sa drammatica, pero non possiamo aver la serenità di concepire il dramma, da che noi stessi vi siamo irnpigliati. Il

10 Almanacco letterario Bompiani, p. 43.

Il Vita Nuova, II, n. 26 e n. 27, 29 giugno e 6 luglio 1890, ora in Saggi, poesie e scritti varii, p. 844. 87

1

A questa spiegazione di carattere generale della mancanza di un

grande teatro contemporaneo segue alcuni anni dopo (1899),

nell'articolo già citato, "L'azione parlata," un'analisi più

minuta, intesa a mettere in evidenza le caratteristiche negative

deI metodo dei drammaturghi contemporaneî:

Concepito il fatto, pensano ai personaggi, cercano i più idonei a dimostrarlo: saran tre 0 cinque 0 dieci; e tra lorD distribuiscon le parti, a chi piu, a chi meno, tenendo talvolta anche presente l'attore che dovrà poi ra.ppresentare quella data parte e lasciandosi infelicemente ispirare e suggerire dalle virtuosità di esso, secondo i ruoli. Cosi si fa. E nessuno pensa, 0 vuol pensare, che dovrebbe farsi proprio al contrario; che l'arte è la vita e non un ragionamento; che partire da un'idea astratta 0 suggerita da un fatto 0 da una considerazione più 0 meno filosofica, e poi dedurne, mediante il freddo ragionamento e 10 studio, le imagini che le possano servir da simbolo, è la morte stes sa dell'arte. Non il dramma fa le persone; ma queste, il dramma. E prima d'ogni altro dunque bisogna aver le persone: vive, libere, operanti. Con esse e in esse nascerà l'idea deI dramma, il primo germe dove staran racchiusi il destino e la forma; ché in ogni germe già freme l'essere vivente, e nella ghianda c'è la quercia con tutti i suoi rami. 12

Interessante è anche quclche Pirandello osserva, in questo stesso

articolo, a proposito dello stile drammatico: Quando noi diciamo stile drammatico, intendiamo comunemente uno stile rapido, vivace, incisivo, appassionato; ma,parlando in ispecie dell'arte deI teatro, il sense di questa parola stile dovremmo estenderlo molto, anzi forse intendere altrimenti la parola. Giacché 10 stile, l'intima personalità di une scrittore drammatico non dovrebbe affatto apparire nel dialogo, nel linguaggio delle persone deI dramma, bens1 nello spirito della favola, nell'architettura

12 Saggi, poesie e scritti varii, p. 982. Si veda anche p. 214.

1 88

di essa, nella condotta, nei mezzi di cui egli si sia valse per 10 svolgimento. Che se egli ha creato veramente caratteri, se ha messe su la scena uomini e non manichini, ciascuno di essi avrà un particolar modo d'esprimersi, per cui, alla lettura, un lavoro drarnrnatico dovrebbe risultare corne scritto da tanti e non dal suo autore, corne composto, per questa parte, dai singoli personaggi, nel fuoco dell'azione, e non dal suo autore. 13

Nel saggio "Illustratori, attori e traduttori" '(1908),

Pirandello discute la relazione fra l'opera d'arte e la sua esecuzione, e cioè la questione della tecnica: Il fenomeno piu elementare che si trova in fondo all'esecuzione d'ogni opera d'arte è questo: un'irnmagine (cioè quella specie di es sere immateriale e pur vivente, che l'artista ha concepito e sviluppato corr l'attività creatrice dello spirito) un'immagine, che tende a divenire -- corne abbiamo dette -- il movimento che la effettui, la renda reale, all'esterno, fuori dell'artista. L'esecuzione bisogna che balzi viva dalla concezione e soltanto -per virtu di essa, per un movimento non provocato industriosamente, ma libero, cioè promosso dall'immagine stessa, che vuol liberarsi, tradursi in realtà e vivere. Si tratta di creare, abbiamo detto, una realtà che, come l'immagine~ sia a un tempo materiale e spirituale, un'apparenza che sia l'immagine ma divenuta sensibile. Al complesso delle immagini organate nella concezione artistica dovrà rispondere per cio un complesso di movimenti organati, combinati secondo gli stessi rapporti e tendenti a creare un'apparenza che, senza alterare i caratteri proprii dell'immagine, senz'infrangere minimamente l'armonia affatto spirituale di essa, la faccia entrare nel mondo reale. Nell'esecuzione si dovrebbero dunque trovarè tutti i caratteri della concezione. Puo avvenir questo nell'arte drammatica? 14

Pirandello risponde di no, perché vede un ostacolo nell'attore, che, per quanto possa essere eccellente, s'intromette fra la concezione

13 Saggi, poesie e scritti varii, pp. 982-983.

14 Saggi, poesie e scritti varii, pp. 214-215. 89

deI dramma e la sua rappresentazione:

Sempre, purtroppo, tra l'autore drammatico e la sua creatura, nella materialità della rappresentazione, s'introduce necessariamente un terzo elemento imprescindibile: l'attore. 15

L'immagine originale -- cioè l'essenza dell'opera d'arte -- non puo

essere mai ricreata perfettamente:

Non sarà piû la stessa. Sarà magari un'immagine approssimativa, pitl 0 meno somigliante; ma la stessa, no. Quel dato personaggio su la scena dirà le stesse parole deI dramma scritto, ma non sarà mai quello deI poeta, perché l'attore l'ha ricreato in sé, e sua è l'espressione quand'anche non siano sue le parole; sua la voce, suo il corpo, suo il gesto. 16

Per Pirandello, l'opera d'arte non è "come la natura, senz'ordine

(almeno apparente), ed irta di contradizioni, ma quasi un piccolo mondo in cui tutti gli elementi si tengono a vicenda e a vicenda

cooperano.":

In questo senso appunto l'artista idealizza. Non già che egli rappresenti tipi 0 dipinga idee; sernplifica e concentra. L'idea che egli ha dei suoi personaggi, il sentimento che spira da essi evocano le immagini espressive, le aggruppano e le combinano. l particolari inutili spariscono; tutto cio che è imposto dalla logica vivente deI carattere è riunito, concentrato nell'unità d'un essere meno reale e tuttavia piti vero. 17

. .. 15 Saggi, poesie e scritti varl1, p. 215. E ovvia l'importanza di quest'ultima osservazione soprattutto se si tiene conto dei Sei personaggi. A distanza di più di due decenni Pirandello ha portato sulla scena un dramma in fieri, che viene composto li per li dagli stessi personaggi.

16 Saggi, poesie e scritti varii, p. 216.

17 Saggi, poesie e scritti varii, pp. 217-218. 90

L'attore va in senso inverso all'artista. Egli rende mena vero il mondo creato dall'autore, attribuisce a quel mondo una realtà ambigua trasportando l'azione in un luogo fittizio, sul palcoscenico:

L'attore insomma dà una consistenza artefatta, in un ambiente posticcio, illusorio, a persone e ad azioni che hanno già avuto una espressione di vita sup"eriore a11e contingenze materiali e che vivono già nell'idealità essenziale caratteristica della poesia, cioè in una realtà superiore. 18

E ancora:

Altro è il dramma, opera d'arte già espressa e vivente nella sua idealità essenziale e caratteristica; altro è la rappresentazione scenica di essa, copia p1U 0 mena somigliante che vive in una realtà materiale e pur fittizia e illusoria. 19

C'è dunque una differenza assoluta, inevitabile, fra l'opera teatrale e la sua rappresentazione.

Ne11'articolo "Teatro siciliano?" (1909), Pirandello insiste sul punto che egli non è contro l'arte drammatica in se ma, contro

"il mondo posticcio e convenzionale deI palcoscenico":

18 Saggi, poesie e scritti var11, p. 218. Si veda anche "Teatro siciliano?," Rivista popolare di politica, lettere e scienze sociali, 31 gennaio 1909, ora in Saggi, poesie e scritti varii, p. 1165 e "Teatro e .letteratura~" Il Messagero della Domenica, ora in Saggi, poesie e scritti varii, pp. 988- 989.

19 Saggi, poesie e scritti varii, p. 224. 91

Premetto ch'io son nemico non dell'arte drammatica, bensf di quel mondo posticcio e convenzionale deI palcoscenico, in cui l'opera d'arte drammatica è purtroppo, inevitabilmente, destinata a perdere tanto della sua verità ideale e superiore, quanto più acquista di realtà materiale, a un tempo, e fittizia. 20 Lo scopo principale di quest'articolo è di chiarire le ragioni per le quali une scrittore compone in dialetto, e i meriti e i difetti deI teatro dialettale in genere e più specificamente di quello siciliano:

Dra, perché uno scrittore si servirà di un mezzo di comunicazione cos! limitato, quando l'attività creatrice ch'egli dovrà impiegare sarà pure la stes sa? Per varie ragioni, che limitano tutta la produzione dialettale corne conoscenza, perché sono appunto ragioni di conoscenza, della parola e della c~sa rappresentata: 0 il poeta non ha la conoscenza deI mezzo di comunicazione più esteso che sarebbe la 1ingua; oppure, avendone la conoscenza, stima che non saprebbe adoperar1a con que1la vivezza, cioè con que1la natività opportuna che è condizione prima e imprescindibile dell'arte; 0 la nature dei suoi sentimenti e delle sue irnmagini è ta1mente radicata nella terra, di cui egli si fa voce, che gli parrebbe disadatto 0 incoerente un altro mezzo di comunicazione che non fosse l'espressione dialettale; 0 la cosa da rappresentare è ta1mente locale che non potrebbe trovare espressione oltre i limiti della conoscenza della cosa stessa. 21

Pirandello conclude che il teatro dialetta1e pue essere gustato soltanto entro i confini deI dialetto e, di conseguenza, è d'interesse molto 1imitato:

20 Saggi, poesie e scritti varii, p. 1165.

21 Saggi, poesie e scritti varii, p. 1167. 92

Una letteratura dialettale, in somma, è fatta per restare entTo i confini deI dialetto. Se ne esce, potrà esser gustata soltanto da coloro che di quel dato dialetto han conoscenza e conoscenza di quei particolari usi, di quei particolari costumi, in una parola, di quella particolar vita che il dialetto esprime. 22

Nell'articolo "Teatro e letteratura" (1918), Pirandello s'impegna a difendere il teatro come forma autentica di letteratura e di arte. Polemizza contro i "professionisti deI teatro" che sostengono che il teatro non è letteratura.

l signori autori drammatici, professionisti deI teatro, scrivono male, non solo perché non sanno 0 non si sono mai curati di scriver bene, ma perché credono in coscienza che 10 scriver bene a teatro, sia da letterati, e che bisogni invece scrivere in quel certo modo parlato come scrivon loro; che non sappia di letteratura, perché i personaggi dei lorD drammi e delle loro commedie -- dicono -- non essendo letterati, non possono parlare sulla scene come tali, cioè bene; debbono parlar come si parla, senza letteratura. Cos! dicendo, non sospettano neppur lontanamente ch'essi confondono 10 scriver bene con 10 scriver bello, 0 piuttosto, non vedono di cadere in questo errore: che scriver bene signific~i scriver belle; e non pensano che 10 scriver bello di certi falsi letterati è, di fronte all'estimativa estetica, per un eccesso contrario, 10 stesso vizio deI lorD scriver male: letteratura che non è arte, yale a dire cattiva letteratura tanto quella di chi scrive bello, quanto quella di chi scrive male, e condannabile percio come tale, anche se essi non vogliono passar per letterati. 23

22 Saggi, poesie e scritti varii, p. 1168.

23 Saggi, poesie e scritti varii,pp. 985-986. 93

"Teatro nuovo e teatro vecchio" (l'argomento di una

conferenza tenuta da Pirandello nel 1922) si apre con una metafora

di occhi e di occhiali, e cioè di artisti e di imitatori. La storia

deI teatro sembra essere una serie di imitazioni incoraggiate dalla

gente colta paurosa dell'originalità:

Ho goduto molto leggendo di recente uno scritto di Clive Bell contro codesta gente colta e perbene. Qua e là -- egli dice un uomo di potente ingegno puo riuscire a forzaro le porte; ma la gente colta non ama l'originalità finché non ne abbia perduto almeno l'apparenza .... Bisogna insomma liberare l'artista e anche il pubblico dall'influenza dell'opinione dei colti. E la liberazione non sarà completa finché quelli che han già imparato a disprezzare l'opinione dei piccoli borghesi non imparino anche a trascurare la disapprovazione della gente che è costretta dalle sue limitate capacità emotive a considerare l'arte come unD svago elegante. 24

La "pura" critica letteraria peggiora ancora di più la situazione

deI teatro, ritenendo che non sia degno d'interesse. Anche quando ne parla, non fa mai menzione della tecnica teatrale, cosa appunto

impura: .. E pacifico per tutti che per opera di teatro debba intendersi ne piÛ né mena che un'opera d'arte; e che solo a questo patto valga la pena di parlarne •... Sarà giusto, senza dubbio, per tanti rispetti; ma scusatemi se vi faccio osservare che pur da quel mestiere quando un estro improvviso 10 investa e nobiliti, anche lasciandolo per tanta parte mestiere, tante belle e grandi commedie sono venute fuori. E allora? 25

24 Comoedia, 1 gennaio 1923, ora in Saggi, poesie e scritti varii, pp. 228-229.

25 Saggi, poesie e scritti varii, p. 231. 94

l problemi che vengono agitati in una grande opera drammatica resteranno sempre eterni:

Ma i problemi rappresentati in una nuova opera d'arte, no. Restano e resteranno sempre cosl come sono stati fissati: problemi della vita. La lorD irriducibilità consiste nella lorD espressione, in quanto è rappresentazione .... E quei problemi sono, in quella forma, e saranno sempre, per tutti, problemi della vita. Vivono dunque cost per la forma, per l'espressione. Possono vivere cosî perche la loro espressione è raggiunta, compiuta. La forma perfetta li ha staccati interamente, essi vivi, e concreti, cioè fluidi e indistinti, dal tempo e dallo spazio, e li ha fissati per sempre, li ha raccolti in se, lei che è immarcescibile, quasi imbalsamati vivi. 26

Da questo esame delle opinioni di Pirandello sul teatro,

scopriamo che le ragioni della sua riluttanza a scrivere per esso

si possono ricondurre agli inconvenienti tipici deI teatro, 0 meglig

a quelli che egl; considera tali, all'interferenza inevitabile ma

innoportuna degl~ attori e alla maniera diffusa fra i drammaturghi

di adattare 1 personaggi a delle idee drammatiche astratte. Per

Pirandello la creazione di un'opera d'arte deve rispondere a

un'esigenza sorta dall'intimo dell'artista; solo cos{ l'opera potrà

avere vita propria:

Cos! un artista, vivendo, accoglie in se tanti germi della vita, e non puo mai dire come e perche, a un certo momento, uno di questi germi vitali gli si inserisca nella fantasia per divenire anch'esso una creatura viva in un piano di vita superiore alla volubile esistenza quotidiana. 27

26 Saggi, poesie e scritti varii, pp. 235-236.

27 Maschere nude, I, 14. 95

Ma ancora più importante è tener conto che l'atteggiamento polemico di Pirandello e la sua preoccupazione crescente per le deficienze deI teatro non sono soltanto di natura astratta ma anche di natura pratica; e cioè che egli si domanda soprattutto di trovare come rinnovare il teatro ed evitare gli inconvenienti accennati:

Eppure, malgrado questi grossi ostacoli, Pirandello sentiva che l'unica via attraverso la quale l'immagine si poteva porre come vita "di per se" gli veniva offerta dal teatro. Dopo aver distrutto l'unità d'intuizione ed espressione, egli cerca adesso di riedificarla oggettivamente, su basi più vere. Ricerca tecnica dunque, ma che si pone sopratutto come sincero bisogno spirituale. Accostarsi alla vita, quanto più immediatamente si poteva, era una delle più vigorose urgenze deI mondo pirandelliano, poiche l'unico modo di essere eterna (come dirà poi il dottor Hinkfuss) è per l'arte quello di porsi come vita, coincidendo con essa. La possibilità, di realizzare questo sogno poteva essere offerto soltanto dal teatro. 28

L'opera nella quale la critica al teatro tradizionale e l'aspirazione ad un teatro nuovo trovano insieme la loro realizzazione è i Sei personaggi in cerca d'autore.

l Sei personaggi in cerca d'autore, rappresentati il 10 maggio

1921, sono ricavati dalle novelle "La tl'agedia di un personaggio"

(1911) e "Co11oqui coi personaggi l e II'' (1915). Nella prima novella, Pirandello racconta come egli sia solito di' dare udienza

28 G. Sinicropi, "Arte e vit a nelle opere di Lujgi Pirandello," Italica, XXXVIII (1961), 274. 96

ai suoi personaggi e qualche volta anche a quelli degli altri. Un certo dottor Fileno, personaggio non riuscito dell'ipotetico romanzo di un ipotetico autore, si rivolge a Pirandello per essere ricreato nella sua vera essenza; ma Pirandello non vuole saperne di lui.

Il personaggio tenta di convincerlo, raccontandogli la sua sventura, quella cioè di esser caduto nelle mani di un'autore che non l'ha capito:

Nessuno pua sapere meglio di lei, che noi siamo esseri vivi, piu vivi di quelli che respirano e vestono panni; forse meno reali, ma piu veri! Si nasce alla vita in tanti modi, caro signore; e lei sa bene che la natura si serve dello strumento della fantasia umana per proseguire la sua opera di creazione. E chi nasce merce quest'attività creatrice che ha sede nello spirito dell'uomo, è ordinato·· da natura a una vita di gran lunga superiore a quella di chi nasce dal grembo mortale d'una donna. Chi nasce personaggio, chi ha la ventura di nascere personaggio vivo, pua infischiarsi anche della morte. Non muore piu.! Morrà l'uomo, 10 scrittore, strumento naturale della creazione; la creatura non muore piu! E per vivere eterna, non ha mica bisogno di straordinarie doti 0 di compiere prodigi. Mi dica lei chi era Sancho Panza! Mi dica lei chi era Don Abbondio! Eppure vivono eterni perche - vivi germi - ebbero la ventura di trovare una matrice feconda, una fantasia che li seppe allevare e nutrire per l'eternità. 29

Il dottor Fileno è condannato a un martirio eterno da cui Pirandello, rifiutandolo, non 10 riscatta.

Nei "Colloqui coi personaggi l," sembra cne Pirandello racconti i casi di un personaggio da lui rifiutato, ma, in realtà, parla della

29 Novelle per un anno, l, 701-702. 97

propria angoscia e dei conflitti della propria anima. Si strugge a

causa dell'incomprensione della gente di fronte alla guerra (la prima

guerra mondiale) e si rattrista per la propria incapacità di rendersi utile. Il personaggio con cui parla tenta di convincerlo che i fatti non contano, che non lasciano nessuna traccia e non cambiano nulla.

Tutto è labile:

Che vuole che cambi? Che contano i fatti? Per enormi che siano, sempre fatti sono. Passano. Passano, con gli individui che non sono riusciti a superarli. La vita resta, con gli stessi bisogni, con le stes se passioni, per gli stessi istinti, uguale sempre, come se non fosse mai nulla: ostinazione brtlta e quasi cieca, che fa pena .... Lei si agita, in questo momento; freme; s'arrabbia contro chi non sente come lei, contro chi non si muove; vorrebbe gridare, far capaci tutti gli altri deI suo stesso sentimento. Ma se gli altri non 10 hanno? Lei s'irnmaginerà che tutto sia perduto; e sarà magari tutto perduto per lei .•. Fino a quando? L~i non vorrà mica morire per questo ..•. Di tanta vita ch'entra in lei per i sensi aperti, non fa conto. E poi si lagna; di che? di quella miseria di pensiero, di quel desiderio insoddisfatto, d'un caso contrario già passato. E intanto tutto il bene della vita le sfugge! Ma non è vero. Sfugge alla sua coscienza, non a quel profonde oscuro se stesso, dove - senza saperlo - lei vive davvero e assapora il gusto della vita, ineffabile, che è quelle che la tiene e che le fa accettare tutte le contrarietà, tutte le condizioni che il pensiero stima più misere e intollerabili. Questo veramente, è cio che conta. Immagini che tutto questo scompiglio sia finito, compiuto la strage. Si farà la storia, domani, dei guadagni e delle perdite, delle vittorie e delle sconfitte. Speriamo che la giustizia trionfi ... Cio che realmente importa è qualche cosa d'infinitamente piu picolo e d'infinitamente piu grande: un pianto, un riso, a cui lei, 0 se non lei qualche altro, avrà saputo dar vit a fuori deI tempo, cioè superando la realtà transitoria di questa sua passione d'oggi; un pianto, un riso non importa se di questa 0 d'altra guerra, poiché tutte le guerre su per giù sono le stesse; e quel pianto sarà uno, quel riso sarà uno. 30

30 Novelle per un anno, IV, 562-563. 98

Tutti questi ragionamenti non aiutano Pirandello, il quale non si lagna tanto della guerra con un alleato nemico e odioso, ma soprattutto della partenza deI figlio per la guerra e deI sacrificio della giovane generazione, a cui è toccata battersi per riscattare le colpe dei padri. Il solo rifugio che gli rimane dalla sua rabbia e dall'inutilità di questa stessa rabbia sta nel parlare coi suoi personaggi:

Con chi potevo io veramente comunicare, se non con loro, in un momento come quello? E mi accostai a quell'angolo, e mi forzai a discernerle a una a una, quelle ombre nate dalla mia passione, per mettermi a parlare pian piano con esse. 31

Nei "Colloqui coi personaggi II,'' cio che più preoccupa

Pirandello è la perdita deI sense della propria realtà, soprattutto adesso che è morta la madre:

, 10 piango perché tu, Mamma,, tu non puoi pi~ dare a me una realtà. E caduto a me~ alla mia rea1ta, un sostegno~ un conforto. Quando tu stavi seduta 1aggiu in quel tue cantuccio, io dicevo: - "Se Ella da lontano mi pens~, io sono vivo per lei". - E questo mi sosteneva, mi confortava .... F questo, è questo, che io, ora~ non sono piJ vivo, e non sara piu vivo per te mai piu! •.. Tu sei e sarai per sempre la Mamma mia; ma io? io, fig1io, fui e non sono piu, non sara piu..• 32

Il dramma, com'è noto, presenta la vicenda di sei personaggi, rifiutati dal loro autore, che cercano l'occasione per poter realizzare la loro tragedia e dunque sé stessi. Questa loro tragedia rientra

31 Novelle per un anno, IV, 564.

32 Nove11e per un anno, IV, 571. 99

negli schemi banali deI teatro borghese, ma è, in realtà, poco più che un pretesto per permettere a Pirandello di rappresentare il suo processo creativo, il suo atteggiamento di fronte all'arte e alla vita e le sue idee intorno al teatro. 33

... 33 E proprio questo che ha indisposto B. Croce: "E il dramma che si svolge è appunto di questa vita negata a creature della fantasia, un dramma nel quale egli si propone di raffigurare, nientemento, il divenire dell'opera artistica. I sei personaggi non realizzati si presentano, non chiamati, sulla scena, .di un teatro, al momento di un concerto, e chiedono la loro vita al capocomico e agli attori; e tra questi ed essi s'impegnano contrasti, perché i personaggi, nel corso delle prove, dichiarano di volta in volta gli attori inadeguati a rendere la loro tragedia, giacché es si sono una realtà che cangia e l'arte di quelli è realtà fissata; e da cio nascerebbe la tragedia artistica, sovrapposta alla tragedia reale. Ma sussiste cotesta tragedia dell'arte? ha un senso?" (La letteratura della nuova Italia, Bari, 1945, p. 361). Croce risponde di no. La risposta di Croce è per 10 meno discutibile. Ma, quale che sia la validità artistica di una simile "tragedia dell'arte" (è questo che Croce ha in mente), la sua validità ideologica ai fini di una ricostruzione della genesi deI teatro di Pirandello ci sembra incontestabile ed è appunto questo il problema di cui ci stiamo occupando. In ogni caso, i sei personaggi non si presentano sulla scena al momento di un concerto, come dice Croce, ma quando gli attori si accingono a provare una commedia di Pirandello, Il giuoco delle parti. A. Janner interpreta il significato deI dramma il modo deI tutto diverso e, a mie avviso. poco convincente: "Affiora un dramma familiare singolare e cattivante: si comprende subito che il pezzo, per singolare che sia, attiri e leghi ora anche l'attenzione deI pubblico. Ma cosl, l'attenzione scivola dalla commedia che offre l'autore, verso il dramma incompleto, ma assai più presente, che vivono i "personaggi". E non 50 se questa attenzione avrà poi l'occasione di essere ricondotta al problema principale, che è quello della commedia. Poiché il dramma, anche se solo accennato, (infatti fu rifiutato, e quindi è incompleto) è tuttavia appassionante per i misteriosi personaggi, per la scabrosità della situazione a cui continuamente si allude, con sfrontato cinismo da parte della Figliastra, con mortificate spiegazioni da parte deI Padre, con muti, desolati gesti da parte degli altri personaggi." (p. 310). 100

Pirandello non hascritto né concepito i Sei personaggi da pn mese all'altro, ma solo dopo averci pensato per alcuni anni.

Un critico ha brevemente indicato le tappe dell'elaborazione deI dramma:

Le tappe di questa commedia si possono cosî riassumere: 1910: la vicenda; 1911: un personaggio che cerca wl:~ltro autore; 1917: la possibilità di applicare alla vicenda dei sei personaggi il dramma deI dottore Fileno; nel 1921: la commedia; nel 1924: la Prefazione alla commedia. Il cielo apertosi nel 1910 si è finalmente concluso. 34

Nella "Prefazione," scritta nel 1924 (tre anni dopo il dramma), si trovano le ragioni di questa lenta maturazione:

Dra bisogna sapere che a me non è mai bastato rappresentare una figura d'uomo 0 di donna, per quanto speciale e caratteristica, per il solo gusto di rappresentarla; narrare una particolar vicenda, gaia 0 triste, per il solo gusto di narrarla; descrivere un paesaggio per il solo gusto di descriverlo. Ci sono certi scrittori (e non pochi) che hanno questo gusto, e, paghi, non cercano altro. Sono scrittori di natura più propriamente storica. Ma ve ne sono altri che, oltre questo gusto, sentono un piû profondo bisogno spirituale, per cui non ammettono figure, vicende, paesaggi che non s'imbevano, per cost dire, d'un particolar senso della vita, e non acquistino con esso un valore universale. Sono scrittori di natura piû propriamente filosofica. 10 ho la disgrazia d'appartenere a questi ultimi. 35

Ma la "Prefazione" è particolarmente importante per intravvedere il

34 M. Musa, "1 'Sei personaggi' ," Belfagor, XVI (1961),49. 35 Maschere nude, l, 14. 101

ragionamento seguito da Pirandello nella creazione deI drarnma: 36

o perché -- mi dissi -- non rappresento questo novissimo caso d'un autore che si rifiuta di far vivere alcuni suoi personaggi, nati V1V1 nella sua fantasia, e il caso di questi personaggi che, avendo ormai infusa in lorD la vita, non si rassegnano a restare esclusi dal mondo dell'arte? Essi si sono già staccati da me; vivono per conto lorD; hanno acquistato voce e movimento; sono dunque già divenuti di per sé stessi, in questa lotta che han dovuto sostenere con me per la lorD vita, personaggi drammatici, personaggi che possono da soli muoversi e parlare; vedono già sé stessi corne tali; hanno imparato a àifendersi da me; sapranno ancora difendersi dagli altri. E allora, ecco, lasciamoli andare dove son soliti d'andare i personaggi drammatici per aver vita: su un palcoscenico. E stiarno a vedere che cosa ne avverrà. --37

Pero, Pirandello stesso ammette che quei sei esprimono l'angoscia di lui, i travagli deI suo spirito:

Senza volerlo, senza saperlo, nella ressa dell'animo esagitato, ciascun d'essi, per difendersi dalle accuse dell'altro, esprime corne

36 M. Musa non esagera l'importanza della "Prefazione": "Pirandello, nel 1924, aggiunse alla commedia Sei personaggi in cerca d'autore, scritta tre anni prima, una "Prefazione". Fu concepita in spirito polemico corne autodifesa e autodefinizione di contro alla critica, e, in parte al pubblico, che si rifiutavano di capire. Ma a distanza di più di trent'anni assume per il critico un'importanza capitale: è senza dubbio una chiave per penetrare nel non facile mondo pirandelliano, ed è un aiuto sicuro all'interpretazione non solo della commedia cui fu preposta, ma di gran parte deI teatro di Pirandello." ("1 'Sei personaggi'," p. 44).

37 Maschere nude, l, 16. 102

sua viva passione e suo tormento quelli che per tanti anni sono stati i travagli deI mie spirito; l'inganno della comprensione reciproca fondato irrimediabilmente sulla vuota astrazione delle parole; la molteplice personalità d'ognuno secondo tutte le possibilità d'essere che si trovano in ciascuno di noi; e infine il tragico conflitto immanente tra la vita che di continuo si muove e cambia e la forma che la fissa, immutabile. 38

Ma passiamo ora all'analisi deI dramma. Pirandello porta subito la questione sul piano della dialettica dell'apparenza e della realtà:

Il capocomico (alzandosi e squadrandolo). Ah st? Le sembra un mestiere da pazzi, il nostro?

Il padre. Eh, far parer vero quelle che non è; senza bisogno, signore: per giuoco ... Non è lorD ufficio dar vita sulla scena a personaggi fantasticati?

Il capocomico (subito, facendosi voce dello sdegno crescente dei suoi Attori). Ma io la pre go di credere che la professione deI comico, caro signore, è una nobilissima professione! Se oggi come oggi i signori commediografi nuovi ci dànno da rappresentare stol ide commedie e fantocci invece di uomini, sappia che è nostro vanto aver dato vita -- qua, su queste tavole -- a opere immortali!

Gli Attori, soddisfatti, approveranno e applaudiranno il lorD Capocomico.

Il padre (interrompendo e incalzando con foga). Ecco! benissimo! a esseri vivi, più vivi di quelli che respirano e vestono panni! Meno reali, forse; ma più veri! Siamo dello stessissimo parere! 39

38 Maschere nude, l,li.

39 Maschere nude, l, 37-38. 103

Dietro il discorso deI Padre c'è la fede assoluta di Pirandello

nella superiorità dell'arte sopra la vita, cioè della forma, che

fissa la vita, sopra il fluire continuo e l'incertezza di

quest'ultima. A ragione il De Castris osserva che, in questo

contrasto fra la vita e la forma, sono coinvolti non solo i

personaggi e gli attori ma anche gli spettatori: , E un caso, dunque, anche questo, ma, a differenza degli altri, già come casa carico di quel sense eterno, di quel significato universale che noi riconoscemmo come legge permanente deI teatro di Pirandello e contenuto simbolico deI mito deI personaggio senza autore: cioè esplicito anelito dell'esistente, della creatura deietta nella relatività della vita, alla sua liberazione assoluta, il dramma deI non-poter-essere che vuole­ essere. Ed è il casa anzi, unico come l'eccezione, in cui esemplarmente si condensa tutto l'intimo meccanismo della rappresentazione pirandelliana, quello in cui la condizione disperata dell'esistere come molteplice fluire e prigione relativa dell'essere si fa dramma umano senza tradirsi e nascondersi nei colori deI relativo, nelle occasioni finite della commedia borghese. E la tragedia scenica coincide con essa, è la sua non mediata proiezione, testimonianza senza reale principio e senza finale catarsi. Personaggi, attori e spettatori ne fanno parte all'unisono, coinvolti: i primi come corifei autentici, i secondi come antitesi mascherale, gli ultimi come sintesi, ribelli e rassegnati alla demistificazione della lare convenzionale protesta. 40

Il valore della realtà, come noi la conc~piamo, è apertamente contestato:

40 De Castris, p. 180. 104

Il padre (con dignità, ma senza alterigia). Un personaggio, signore, pue sempre domandare a un uomo chi è. Perche un personaggio ha veramente una vita sua, segnata di caratteri suoi, per cui è sempre "qualcuno". Mentre un uomo -- non dico lei, adesso -- un uomo COSl in genere, pue non esser "nessuno".

Il capocomico. Già! Ma lei 10 domanda a me, che sono il Direttore! il Capocomico! Ha capito? Il padre (quasi in sordina, con melliflua umiltà). Soltanto per sapere, signore, se veramente lei com'è adesso, si vede •.• come vede per esempio, a distanza di tempo, quel che lei era una volta, con tutte le illusioni che allora si faceva; con tutte le cose, dentro e intorno a lei, comme allora le parevano -- ed erano, erano realmente per lei! -- Ebbene, signore: ripensando a quelle illusioni che adesso lei non si fa piu; a tutte quelle cose che ora non le "sembrano" piu come per lei "erano" un tempo; non si sente mancare, non dico queste tavole di palcoscenico, ma il terreno sotte 1 piedi, argomentando che ugualmente "questo" come lei ora si sente, tutta la sua realtà d'vggi cost com'è, è destinata a parerle illusione domani?

Il capocomico (senza aver ben capito, nell'intontimento della speciosa argomentazione). Ebbene? E che vuol concludere con questo?

Il padre. Oh, niente, signore. Farle vedere che se noi (indicherà di nuovo se e gli altri Personaggi) oltre la illusione, non abbiamo altra realtà, è bene che anche lei diffidi della realtà sua, di questa che lei oggi respira e tocca in se, perche come quella di ieri -- è destinata a scoprirlesi illusione domani. 105

Il capocomico (risolvendosi a prenderla in riso). Ah, benissimo! E dica per giunta che lei, con codesta commedia che viene a rappresentarmi qua, è piu vero e reale di me!

Il padre (con la massima serietà). Ma questo senza dubbio, signore! 41

Dunque la realtà dell'arte è più vera della realtà comune perche non cambia. La questione, pero, è più complessa di quel che potrebbe sembrare da questo dialogo fra il Padre e il Capocomico.

Se è vero infatti che i personaggi in quanto tali sono più reali degli uomini vivi, è anche vero che i sei personaggi sono stati rifiutati dall'autore ed essi, quindi, non hanno raggiunto quella realtà fissa, immutabile, alla quale soltanto i personaggi realizzati hanno diritto. È questo il punto sottolineato da

De Castris:

Ma rappresenta invece il dramma della vita, l'aspirazione a trascendere le forme relative nell'assolutà realtà della Forma. Questa è la tragedia dei sei personaggi: non avere realtà certa, immutabile, essere stati creati da un Dio sconosciuto in una parte relativa che, ripetendosi all'infinito, li annega nel mutevole. La loro verità tragica, quella che preliminarmente li innalza al di sopra degli attori -- dei quali misurano la svagata incoscienza -- è proprio nel lorD insuperabile tormento di creature esistenziali, nate dall'Essere e impossibilitate a tornarvi, sorte nella Fantasia e rifiutate nell'attimo della realizzazione creativa: in questo lorD patire un destino che non è il silenzioso destino delle cose, ma il destino eroico e paradossale delle creature divine, portatrici dell'eterno nel mondo delle apparenze e sofferenti per quella scintilla che inutilmente portano in se. 42

41 Maschere nude, l, 94-95.

42 De Castris, pp. 182-183. 106

Non è il caso pero qui di insistere su tutta la vicenda dei Sei personaggi e sul suo significato, perché cio non risolverebbe il nostro problema. Cerchiamo di vedere piuttosto che cosa c'è in questo dramma che 10 differenzia dagli altri. Sembrerebbe che Pirandello non faccia altro che seguire la stessa idea che si riscontra in modo evidente nella maggior parte dei drammi che abbiamo esaminati nei capitoli precedenti. L'esempio più ovvio è costituito da COSl è (se vi pare), dove il personaggio della donna velata nascedalla convinzione che non esiste una verità assoluta, e la sua presenza sulla scena serve cosî a distruggere la distinzione fra apparenza e realtà. Questo è in sostanza anche il tema dei

Sei personaggi. Non si pua, dunque, parlare di un ulteriore svolgimento della "filosofia" di Pirandello in questo dramma. Le osservazioni di Tecchi in proposito mi sembrano inconfutabili:

Movimento e forma: opposizione tra vita e arte. Ma opposizione anche nel sene stesso della vitae L'opera di Pirandello dà l'immagine di un carosello dove le stes se concezioni sempre ritornano, corrono e trascorrono sullo sfondo di una cupa voragine; 0 piuttosto di un labirinto, dove le vie e i viottoli e gli incroci e i ritorni si rassomigliano, ma dove manca una via: quella dell'uscita. Ferrea logica e ferrea fedeltà, nonostante il movimento e la labilità, poiché per Pirandello la vita stessa è cosi: un labirinto senza uscita. 43

43 Tecchi, pp. 62-63. 107

La vera differenza rispetto aIle commedie precedenti è nel fatto che, nei Sei personaggi, Pirandello porta la sua polemica contro il teatro proprio sul palcoscenico, nel teatro. Lo svolgimento riguarda, non la "filosofia" di Pirandello, ma il suo atteggiamento nei confronti deI teatro, il progressivo accentuarsi degli aspetti contrastanti di questo atteggiamento, la sua ambivalenza, la sua ambiguità.

Ritroviamo tutte le critiche rivolte da Pirandello al teatro tradizionale negli articoli che abbiamo discussi. Prima di tutto, fra l'autore e la sua opera c'è chi 10 rappresenta, cioè l'attore che, interpretando la parte come gli pare, cambia per forza il significato dell'opera (idea che risale,come abbiamo visto, al saggio "Illustratori, attori e traduttori"):

Il capocomico. -- oh, insomma! Qua lei, come lei, non pue essere! Qua c'è l'attore che 10 rappresenta; e basta!

Il padre. Ho capito, signore. Ma ora forse indovino anche perché il nostro autore, che ci vide vivi cos!, non voIle poi comporci per la scena. Non voglio fare offesa ai suoi attori. Dio me ne guardi! Ma penso che a 108

vedermi adesso rappresentato ... -- non 50 da chi •.• 44

Per di più, bisogna rispettare le esigenze deI teatro sopra ogni altra esigenza, anche a costa di sacrificare la verità:

La figliastra. Ma no, signore! Guardi: quand'io gli dissi che bisognava che non pensassi d'esser vestita cosl, sa come mi rispose lui? "Ah, va bene! E togliamolo via subito, allora, codesto vestitino!"

Il capocomico. Bello! Benissimo! Per far saltare cost tutto il teatro?

La figliastra. Ma è la verità!

44 Maschere nude, l, 68. Musa osserva: "1 limiti che la forma drammatica impone alla rappresentazione sono accettati dal Padre e dalla Figlia con riluttanza, ma tuttavia accettati proprio per quella pienezza di desiderio d'esprimersi che sottolinea ogni lare gesto, ogni lare parola. Il teatro non puo rappl'esentare in pieno il dramma che l'autore ha vissuto fantasticamente in relazione ai suoi personaggi. Oltre alla consueta difficoltà di tradurre in parole,il concetto, fra l'autore e i suoi personaggi si inseriscono gli attori. Essi che "hanno forma" e non "sono forma", sono costretti ad interpretare un personaggio: e mai -- siano pur bravissimi -­ sapranno cogliere la verità deI personaggio, quale l'autore l'aveva conosciuta. Questo problema impostato per la prima volta nei Sei personaggi diverrà centro poetico e problematico fondamentale di Questa sera si recita a soggetto (1929). Per ora Pirandello puntualizza il problema della forma drammatica. Per rappresentare il dramma umano dei personaggi Pirandello avrebbe dovuto far si che la forma drammatica superasse i suoi limiti e che si adeguasse a tale dramma." ("1 'Sei personaggi' ," p. 55). 109

Il capocomico. Ma che verità, mi faccia il piacere! Qua siamo a teatro! La verità, fino a un certo punto! 45

~ più avanti, il Capocomico afferma di nuovo l'importanza di queste esigenze teatrali:

Eh già! Ma d'altra parte, capiranno, non possiamo mica appendere i cartellini 0 cambiar di scena a vista, tre 0 quattro volte per Atto! 46

Il sentimento più profondo di Pirandello contro il teatro, ce 10 rivela la Figliastra:

Ma che! Se egli stesso m'ha voluto cost!

Verrà presso al Capocomico per dirgli come in

10 credo che fu piuttosto, per avvilimento o per sdegno deI teatro, cos{ come il pubblico solitamente 10 vede e 10 vuole ... 47

La preoccupazione crescente di Pirandello sembra che sia per le

deficienze e le limitazioni deI teatro, caduto nelle mani degli

imitatori, adulatori delle convenzioni e deI "buon gusto". Ma

questa sua ripugnanza per la tecnica ormai s~perata deI teatro

tradizionale gli permette, per cosf dire, di dare sfogo

positivamente alla sua ira, componendo un'opera in cui, nell'atto stesso di esporre le sue idee intorno al teatro, crea un teatro

45 Maschere nude, l, 84.

46 Maschere nude, l, 92.

47 Maschere nude, l, 97. 110

nuovo, ,rivoluzionando la tecnica deI teatro tradizionale. 48

48 Secondo 1. Siciliano, si tratta soltanto di una trovata: "Al modesto lettore puo sembrare che il Pir;:lnd~llo sia ricorso, pel teatro, al vecchio meccanismo allegorico 0 al ripiego di poeti antichi e romanzieri moderni che ad un certo punto, in sogno 0 ad occhi aperti, si mettevano a chiacchierare con la propria Musa, con le creature della lorD fantasia 0 con i personaggi deI lorD romanzo. Questo procedimento, trasportato sulla scena, non manca di assumere la novità el' interesse di una vera trovata." (Il teatro di Luigi Pirandello, ovvero dei fasti dell'art.f~o, Torino, 1929, p. 23). Ma non mi sembra che il giudizio di Siciliano sia convincente. Il dramma dei Sei personaggi è veramente rivoluzionario, specialmente se viene visto nel contesto della storia deI teatro. Anccra meno convincente è il giudizio di F. Puglisi che preferisce la nove Ua al dranuna: "quaI è il nucleo vitale della commedia? Que 11 0 stesso che stava a fondamento della Tragedia di un personaggio. Mentr'esso pero nella novella riusciva, chiuso com'era nella sua membrana,ad alimentarsi dei suoi pochi succhi e ad attestare una sua presenza di vita, nella commedia, costretto come viene ad essere a dar forza e movimento non ad une ma a sei personaggi, a nutrirli tutti con le esigue risorse deI .suo. p:rot()plê-.~.ma~ .. n..on per quaI che minuto, s ibbene per l' intero spettacolo di una serata, finisce col non bastare a nessuno. Sono giuochi di scena allora -- la madre che vuole e non vuole salire sul palco, madama Pace che non è presente e poi giunge di colpo, il siparietto che non c'è e si deve trovare. il cappel lino che occorre alla figliastra e la prima Attrice non le vuole prestare -- sono giuochi di luce, di riflettori che s'accendono e si spengono, di movimenti a rotazione -- deI capocomico che scende e sale dalla platea, degli attori che si prestano e non si prestano alla rappresentazione, un complesso di surrogati, che dovrebbero costituire l'altro tessuto dell'elemento dranunatico e che, invece, mirano solo a riempire i vuoti della creazione artistica, a distrarre, ad abbagliar~ 10 spettatore in modo da non fargli vedere di quanta poca energia siano dotati i vari personaggi e di quanta debolezza si correda, pertanto, l'azione che ne viene fuori." (L'arte di Luigi Pirandello, Messina-Firenze; 1958, pp. 167-168). 111

Le didascalie occupano un posto di primaria importanza nel capolavoro pirandelliano. Gia la prima annuncia le intenzioni innovatraici di Pirandello:

La commedia non ha atti né scene. La rappresentazione sara interrotta una prima volta, senza che il sipario s'abbassi, allorché il Direttore-Capocomico e il capo dei personaggi si ritireranno per concertar 10 scenario e gli Attori sgombreranno il palcoscenico; una seconda volta, allorché per isbaglio il Macchinista buttera giù il sipario. 49

Le indicazioni contenute nelle didascalie, che sono minuziose per tut ta la commedia, non ome'i;tono nessun dettaglio e non lasciano 50 niente al casa né all'arbitrio e aIle cattive abitudini degli attori.

Esse sono tecnic~mente 10 strumento più efficace di cui Pirandello si serve per realizzare il suo teatro in polemica col teatro degli altri. Questa polemica positiva nei confronti deI teatro costituisce il tema più originale, la novita essenziale dei Sei personaggi. Il segreto delle origini deI teatro di Pirandello, 0 meglio ancora, se mi si permet ta di dir COS1, della sua genesi ritardata, è, dunque, chiaramente espresso in quest'opera, con la quale Pirandello entra definitivamente nel suo ruolo di autore teatrale.

49 Maschere nude, l, 28.

50 N. De Bella riconosce l'importanza delle didascalie e deI controllo che, per mezzo di esse, l'autore esercita sull'interpretazione scenica della sua opera: "Il teatro dei nos tri giorni (sia dette di sfuggita), per mana di registi tanto tecnicamente preparati quanto poco sensibili, ha preso l'abitudine di non tener conta assai spesso delle indicazioni dell'attore. Ma se c'è un drammaturgo che rifiuta le cosiddette libere interpretazioni, questi è Pirandello:". (p. 106). B l B L l 0 G R A FIA

Questa ovviamente non è, e non vuole essere, una bibliografia pirandelliana. Le indicazioni bibliografiche che seguono riguardano soltanto il problema delle origini deI teatro di Pirandello.

Almanacco letterario Bompiani. Milano, 1938.

L'almanacco deI 1938 è dedicato a Pirandello. Particolarmente interessanti le lettere al figlio Stefano~nelle quali parla della sua attività di drammaturgo, pp. 35-45.

Angioletti, G. B. Luigi Pirandello narratore e drammaturgo. Torino, 1962.

Apollonio, M. Storia deI teatro italiano. 2 voll. Firenze, 1954.

Baccolo, L. "Pirandello: storia e favola," Ponte, XVIII (1962), 63-71. Bastaire, J. "Pirandello ou la dérision baroque," Esprit, XXVI (1958), 976-984.

Blanquat, J .. "D'une jarre à un moulin à vent," Revue de littérature comparée, XL (1966), 294-302. 113 t

BOFse11ino, N. "Pirandello," Enciclopedia dello spettacolo. Firenze, 1954-1962, VIII, 153-154.

Cambon, G. ed. Pirandello. Princeton, 1967.

Si veda il saggio di U. Leo, "Pirandello between fiction and drama," pp. 83-90.

Croce, B. "Luigi Pirandello," La critica, XXXIII (1935), 20-33, ora ne1 vol. VI de La letteratura della Nuova Italia, 4a ed., Bari, 1967, pp. 354-373.

D'Arnico, Sandro. "Lettere ai famigliari di Luigi Pirandello," Terzo Programma, No.3 (settembre-dicembre 1962), pp. 273-312.

Si veda a pp. 276-277 per l'attrazione giovani1e di Pirandello per il teatro, per le opere teatrali scritte ma non conservate. e per la datazione della Morsa e della Ragione degli altri.

D'Arnico, Silvio. Storia deI teatro drammatico. 4 voll. 4a ed. Milano, 1950.

Si veda in particolare vol. IV, 191-198.

De Bella, N. Narrativa e teatro nell'arte di Luigi Pirandello. Messina-Firenze, 1962.

De Castris, A. L. "Ragione ideologica e proiezione drammatica deI 'personaggio senza autore'," Convivium, XXX (1962), 175-185.

Storia di Pirandello. Bari, 1962.

De Co11alto, O. "Introduzione a una interpretazione scenografica dei teatro pirandelliano," Letteratura, XXVIII (1964), 201-206. Di Pietro, A. Pirandello. 2a ed. Milano, 1950.

Si veda in particolare il capitolo "Da11 'umorismo a11'ermetismo e le radici deI teatro pirandelliano," pp. 85-102. 114

Durnur, G. Pirandello dramaturge. Paris, 1955. Fergusson, F. The Idea of a theater. Princeton, 1949.

Si veda "Action as theatrica1: Six Characters in search for an Author," pp. 186-193.

Ferrante, L. Pirandello. Firenze, 1958.

Si vedano i capitoli seguenti : "L'umorismo," pp. 71-74, "Le maschere nude," pp. 75-182,"L'eredità di Pirandello," pp. 183-191, "La messa i~~scena," pp. 205-221. ,- Giudice, G. Pirandello. Torino, 1963.

Gramsci, A. Letteratura e vit a nazionale. Torino, 1950.

Si veda il capitolo "Cronache teatrali (dall' Avanti, , 1916- 1920)": "pensaci, Giacomino," pp. 281-283, "Liolà," pp. 283-284, "Cosi è (se vi pare)," pp. 299-300, "Il piacere de11'onestà," pp. 307-308, "A' berritta con li ciancianeddi," pp. 313-315, "Il giuoco delle parti," pp. 345-346, "L'innesto," pp. 351-352, "La ragione degli altri," pp. 374-375, "Come prima, meglio di prima," pp. 379-380, "Tutto per bene," p. 381.

Guglie1minetti, M. Struttura e sintassi deI romanzo italiano deI primo novecento. 2a ed. Mi1ano, 1967.

Si veda "Il soliloquio di Pirandello," pp. 67-120.

Janner, A. Luigi Pirandello. Firenze, 1948.

Lauretano, B. "Pirandello, l'incomunicabilità e il dia10go," Cultura, II (1964), 660-664.

Lo Vecchio Musti, M. L'opera di Luigi Pirandello. Torino, 1939.

E utile soprattutto per la crono10gia delle opere di Pirandello, pp. 265-270. 115

Lugnani, L. "Genesi ed evoluzione deI personaggio pirandelliano," Belfagor,XXI (1966), 269-296.

Musa, M. "1 'Sei personaggi'," Belfagor, XVI (1961), 44-63.

Nardelli, F. V. Vita segreta di Pirandello. Roma, 1962.

Petronio, G. Pirandello novelliere e la crisi deI realismo. Lucca, 1950.

Puglisi, F. L'arte di Luigi Pirandello. Messina-Firenze, 1958.

Si veda il capitolo VII, "Arte e arttficio nel teatro di Pirandello," pp. 159-179.

Pirandello e la sua lingua. Bologna, 1962.

Si veda il capitolo VII, "La prosa di Pirandello dalla narrativa al teatro," pp. 133-156.

Salinari, C. Miti e coscienza deI decadentismo italiano. 2a ed. Milano, 1962.

Si veda il saggio dedicato a Pirandello, "La coscienza della crisi," pp. 249-284.

Siciliano, 1. Il teatro di Pirandello, ovvero dei fasti dell'arttficio. Torino, 1929.

Sinicropi, G. "Arte e vita nelle opere di Luigi Pirandello," Italica, XXXVIII (1961), 265-295.

Starkie, W. Luigi Pirandello. 3a ed. Berkeley-L.A., 1965.

Tecchi, B. Officina segreta. Caltanissetta-Roma, 1957.

Si veda "Pirandello, dalle forme narrative al teatro," pp. 59-73.

Terracini, B. Analisi stilistica. Milano, 1966.

Si veda il capitolo su Pirandello, pp. 283-395. INDICE

Premessa ii l Il prob1ema critico 1

II Prime opere teatra1i (1892-1916) 27

III Il teatro di Pirandello da1 1916 al 1921 52 IV La questione deI teatro neg1i scritti critici di Pirandello e nei Sei personaggi 79

Bibliografia 112