ANNO CIII - n° 4 - Ottobre - Novembre - Dicembre 2014 Rivista dellaDiocesidiTreviso 2014 Atti ufficialievitapastorale C.C.P. 120311 -Roncade/TV Grafiche Dipro Stampa: luglio 2015 nelmesedi Finito distampare DCB Treviso. n. 46)art.1,comma2e3, (conv. inL.27/02/2004 Postale -D.L.353/2003 Spedizione inAbbonamento Poste Italianes.p.a. DiocesidiTreviso Editore: DICEMBRE NOVEMBRE OTTOBRE n° 4 ANNO CIII

Anno CIII Ottobre - Novembre - Dicembre N. 4 Rivista della Diocesi di Treviso Atti ufficiali e vita pastorale Editore: Diocesi di Treviso, Piazza Duomo 2 - 31100 Treviso Direttore responsabile: Mons. Giuliano Brugnotto, cancelliere vescovile - Stampa: Grafiche Dipro - Roncade/TV Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2 e 3, DCB Treviso

Indice

ATTI DEL SOMMO PONTEFICE Angelus 363 Catechesi settimanali 364 Discorsi 365 Lettere 370 Messaggi 371 Omelie di ottobre, novembre, dicembre 373 Rescritti 374

ATTI DEL SINODO DEI VESCOVI 375

ATTI SANTA SEDE 377

ATTI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA 379

ATTI DEL VESCOVO Omelie 381 Impegni del Vescovo 407

ATTI DELLA VESCOVILE Nomine del clero 417 Nomine di presbiteri religiosi 422 Altre nomine 422 Nomine Consigli parrocchiali per gli Affari Economici 422 Decreto di assegnazione delle somme 8 per mille anno 2014 423 360 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

Copie conformi degli Atti Canonici dell’Anno 2014 426 Rinnovo dell’abbonamento della Rivista della Diocesi di Treviso 426 Sacerdoti defunti 427

DOCUMENTAZIONE Omelia di Mons. Paolo Magnani, Vescovo Emerito di Treviso, in occasione dell’Anniversario della Dedicazione della Cattedrale 429 Omelia di Mons. Paolo Magnani, vescovo emerito di Treviso, in occasione delle esequie di don Sergio Centenaro 432 Intervento di Mons. Cevolotto alla veglia diocesana dei giovani per l’inizio dell’Avvento 435 Omelia di Mons. Paolo Magnani, vescovo emerito di Treviso, in occasione della Solennità dell’Immacolata 438 Verbale della sessione del Consiglio Presbiterale 441

SPECIALE CENTENARIO DELLA MORTE DI SAN PIO X 463 Celebrazione eucaristica del primo Centenario della morte di Pio X presso il parco del Santuario Mariano delle Cendrole in Riese Pio X 465 Saluto di S. E. Gianfranco Agostino Gardin all’inizio della Celebrazione Eucaristica 466 Omelia di Sua Eminenza Card. Pietro Parolin Segretario di Stato nella S. Messa del centenario morte San Pio X alla presenza di circa seimila fedeli 468 Intervista a S. Em. Card. Pietro Parolin pubblicata ne “La Vita del Popolo” edizione speciale distribuita il 23 agosto “Pio X: famiglia e parrocchia le sue radici” 474

Interventi di S. E. Gianfranco Agostino Gardin per l’Anno centenario di San Pio X Lettera ai fedeli della Diocesi per il centenario di Pio X 478 Omelia della Celebrazione eucaristica presso la Basilica vaticana durante il pellegrinaggio diocesano dell’8‑10 settembre 2014 alla presenza di 1600 pellegrini 481

Altri interventi Omelia di S. Em. Card Comastri, Arciprete della Basilica papale di san Pietro e Vicario generale di Sua Santità per la Città del Vaticano, nella celebrazione eucaristica presieduta in Cattedrale nell’apertura dell’anno centenario 486 Indice 361

Omelia di S. E. Mons. Francesco Moraglia, Patriarca di Venezia, nella Celebrazione eucaristica presso la chiesa parrocchiale di Riese Pio X nell’anniversario del battesimo di Giuseppe Melchiorre Sarto (S. Pio X) e nel primo anniversario della dedicazione dell’altare della chiesa 491 Omelia di S. Em. Card. Severo Poletto, Arcivescovo emerito di Torino durante la celebrazione eucaristica nel Duomo di Castelfranco Veneto il 18 settembre 2014, anniversario dell’ordinazione sacerdotale di Giuseppe Sarto 495 Omelia di S. Em. Card. Benamino Stella, Prefetto della Congregazione per il clero, durante il pellegrinaggio‑ritiro del clero diocesano a Riese Pio X 499 Omelia di S. E Mons. Roberto Busti, Vescovo di Mantova, l’8 dicembre 2014, presso il Santuario mariano delle Cendrole (Riese Pio X), a conclusione delle celebrazioni dell’anno centenario nel paese natale del santo 504 Celebrazioni dei vespri nei pellegrinaggi intervicariali a Riese Pio X, Tombolo, Salzano, Cattedrale di Treviso 509

Calendario degli eventi dell’Anno Centenario Eventi celebrativi dell’Anno Centenario 520 Eventi culturali dell’Anno Centenario 523 Eventi musicali dell’Anno Centenario 527

INDICE GENERALE 531

363 Atti del Sommo Pontefice

Angelus n All’Angelus il ricordo della nuova beata suor Demjanovich e l’incoraggiamen‑ to a quanti lavorano per abbattere le barriere architettoniche: “Una bibbia in ogni famiglia” (5 ottobre 2014) in L’Osservatore Romano, 6‑7 ottobre 2014, p. 7. n All’Angelus la preghiera del Papa: “Per le vittime dell’alluvione a Genova” (12 ottobre 2014) in L’Osservatore Romano, 13‑14 ottobre 2014, p. 7. n All’Angelus: “Con l’aiuto di Maria” (19 ottobre 2014) in L’Osservatore Romano, 20‑21 ottobre 2014, p. 11. n All’Angelus il Papa ricorda che la misura della fede è l’amore: “Due volti in uno” (26 ottobre 2014) in L’Osservatore Romano, 27‑28 ottobre 2014, p. 7. n All’Angelus del 1° novembre invita a pregare per Gerusalemme, città santa e cara a ebrei, cristiani e musulmani: “Ultimi per il mondo ma primi in cielo” (1 novembre 2014) in L’Osservatore Romano, 3‑4 novembre 2014, p. 7. n All’Angelus di domenica 2 novembre: “La penultima parola” (2 novembre 2014) in L’Osservatore Romano, 3‑4 novembre 2014, p. 8. n All’Angelus il Papa ricorda il crollo a Berlino del simbolo della divisione tra Est e Ovest: “Ponti, non muri” (9 novembre 2014) in L’Osservatore Romano, 10‑11 novembre 2014, p. 7. n All’Angelus dedicato alla parabola dei talenti Francesco parla del rapporto tra cittadini e immigrati: “No allo scontro” (16 novembre 2014) in L’Osservatore Ro‑ mano, 17‑18 novembre 2014, p. 6. n All’Angelus l’augurio di Francesco al popolo italiano: “Collaborazione e con‑ cordia per il bene comune” (23 novembre 2014) in L’Osservatore Romano, 24‑25 novembre 2014, p. 8. n Il Papa all’Angelus per la solennità dell’Immacolata: “La salvezza non si com‑ pra” (8 dicembre 2014) in L’Osservatore Romano, 9‑10 dicembre 2014, p. 7. 364 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

n All’Angelus la benedizione dei bambinelli per i presepi: “Quando la gioia è di ca‑ sa” (14 dicembre 2014) in L’Osservatore Romano, 15‑16 dicembre 2014, p. 5.

n All’Angelus Francesco ha parlato del sì umile e coraggioso di Maria come mo‑ dello per tutti: “E’ Lui che bussa” (21 dicembre 2014) in L’Osservatore Romano, 22‑23 dicembre 2014, p. 6.

n All’Angelus nella festa di Santo Stefano ricordati i tanti martiri cristiani di oggi: “La libertà religiosa è un diritto inalienabile” (26 dicembre 2014) in L’Osservatore Ro‑ mano, 27‑28 dicembre 2014, p. 7.

n All’Angelus: “Per tutti i nonni del mondo” (28 dicembre 2014) in L’Osservatore Ro‑ mano, 29‑30 dicembre 2014, p. 7.

Catechesi settimanali

n All’udienza generale Papa Francesco parla dei carismi nella Chiesa: “Capaci di amare” (1 ottobre 2014) in L’Osservatore Romano, 2 ottobre 2014, p. 8.

n All’udienza generale il Papa parla del cammino verso l’unità dei cristiani: “Non rassegniamoci alle divi sioni” (8 ottobre 2014) in L’Osservatore Romano, 9 ottobre 2014, p. 8.

n All’udienza generale Papa Francesco parla della Chiesa in attesa dell’incontro fi‑ nale con lo Sposo: “Nella tenda di Dio” (15 ottobre 2014) in L’Osservatore Romano, 16 ottobre 2014, p. 8.

n All’udienza generale Francesco parla del tratto più distintivo e profondo della Chiesa: “Un solo corpo” (22 ottobre 2014) in L’Osservatore Romano, 23 ottobre 2014, p. 8.

n All’udienza generale il rapporto tra la realtà visibile e quella spirituale della Chiesa: “Se il cristiano è motivo di scandalo” (29 ottobre 2014) in L’Osservatore Ro‑ mano, 30 ottobre 2014, p. 8.

n All’udienza generale il Pontefice parla della Santa Madre Chiesa gerarchica: “Uniti nel servizio” (5 novembre 2014) in L’Osservatore Romano, 6 novembre 2014, p. 7.

n All’udienza generale il Pontefice individua le caratteristiche dei ministri della Chiesa: “In ascolto della gente” (12 novembre 2014) in L’Osservatore Romano, 13 no‑ vembre 2014, p. 7. Atti del Sommo Pontefice 365

n All’udienza generale Francesco parla della vocazione alla santità che accomu‑ na tutti i cristiani: “A pic coli passi” (19 novembre 2014) in L’Osservatore Romano, 20 novembre 2014, p. 8. n Il Papa parla della comunione tra la Chiesa celeste e quella in cammino sulla terra: “Ecco la meta” (26 novembre 2014) in L’Osservatore Romano, 27 novembre 2014, p. 8. n All’udienza generale Papa Francesco ripercorre le tappe del pellegrinaggio in Turchia: “I frutti del dialogo” (3 dicembre 2014) in L’Osservatore Romano, 4 di‑ cembre 2014, p. 8. n Papa Francesco avvia un ciclo di riflessioni sul tema della famiglia in vista del‑ l’assemblea del prossimo ottobre: “Vi racconto il Sinodo” (10 dicembre 2014) in L’Osservatore Romano, 11 dicembre 2014, P. 7. n All’udienza generale il Papa indica la normalità della vita a Nazareth come modello per tutte le famiglie: “In periferia il nuovo inizio della storia” (17 di‑ cembre 2014) in L’Osservatore Romano, 18 dicembre 2014, p. 7.

Discorsi n Il saluto ai bambini disabili accolti nelle strutture del beato Luigi Monza: “In preghiera per il Sinodo” (1 ottobre 2014) in L’Osservatore Romano, 2 ottobre 2014, p. 8. n Nel discorso del Papa al patriarca Mar Dhinka IV la preoccupazione per le guerre e le violenze in Medio Oriente: “Sofferenza condivisa” (2 ottobre 2014) in L’Osservatore Romano, 3 ottobre 2014, p. 8. n Alla plenaria di Iustitia et Pax il Pontefice indica la necessità di salvaguardare lo Stato sociale e pro muovere una redistribuzione di ricchezza e sovranità: “Per tutelare il diritto al lavoro” (2 ottobre 2014) in L’Osservatore Romano, 3 ottobre 2014, p. 8. n Il Papa al Consiglio delle Conferenze episcopali del continente: “Come parlare di Dio all’Europa” (3 ottobre 2014) in L’Osservatore Romano, 4 ottobre 2014, p. 8. n Alla Congregazione per il clero il Pontefice ricorda l’importanza del discerni‑ mento vocazionale: “Diamante grezzo” (3 ottobre 2014) in L’Osservatore Romano, 4 ottobre 2014, p. 8. 366 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

n Papa Francesco agli atleti del Comitato italiano paraolimpico: “Superiamo le barriere” (4 ottobre 2014) in L’Osservatore Romano, 5 ottobre 2014, p. 7.

n Veglia di preghiera in piazza San Pietro: “Se manca il vino della gioia” (4 ot‑ tobre 2014) in L’Osservatore Romano, 6‑7 ottobre 2014, p. 6.

n L’invito di Papa Francesco ai padri sinodali in apertura dei lavori: “Parlate chiaro e ascoltate con umiltà” (6 ottobre 2014) in L’Osservatore Romano, 6‑7 otto‑ bre 2014, p. 12.

n Papa Francesco conclude la terza assemblea generale straordinaria del Sinodo dei vescovi dedicata alla famiglia: “Movimento di Spiriti” (18 ottobre 2014) in L’Osservatore Romano, 20‑21 ottobre 2014, p. 5.

n La situazione dei cristiani in Medio Oriente nel discorso del Pontefice: “Ri‑ sposte adeguate a una situazione ingiusta” (20 ottobre 2014) in L’Osservatore Ro‑ mano, 20‑21 ottobre 2014, p. 9.

n All’Associazione internazionale di diritto penale il Papa ribadisce il primato e la dignità della persona umana: “L’ergastolo è una pena di morte nascosta” (23 ottobre 2014) in L’Osservatore Romano, 24 ottobre 2014. pp. 4‑5.

n Francesco inaugura nella sede della Pontificia accademia delle scienze un bu‑ sto in onore di Benedetto XVI: “Spirito grande e potente” (27 ottobre 2014) in L’Osservatore Romano, 27‑28 ottobre 2014, p. 8.

n Papa Francesco incontra i Movimenti popolari: “Terra casa e lavoro, diritti per tutti” (28 ottobre 2014) in L’Osservatore Romano, 29 ottobre 2014, p. 7.

n Udienza a una delegazione della Conferenza internazionale dei vescovi vete‑ rocattolici dell’Unione di Utrecht: “L’unità comincia trasformando il cuore” (30 ottobre 2014) in L’Osservatore Romano, 31 otto bre 2014, p. 8.

n Papa Francesco invita i carismatici a non temere le diversità e a cercare l’uni‑ tà che è opera dello Spirito: “Col ritmo del respiro” (31 ottobre 2014) in L’Osservatore Romano, 1 no‑ vembre 2014, p. 8.

n Le parole di Papa Francesco ai partecipanti al corso organizzato dal tribunale della Rota romana: “Questione di giustizia” (5 novembre 2014) in L’Osservatore Romano, 6 novembre 2014, p. 8. Atti del Sommo Pontefice 367

n Papa Francesco alla delegazione dell’Alleanza evangelica mondiale: “La bel‑ lezza dell’unica tunica” (6 novembre 2014) in L’Osservatore Romano, 7 novembre 2014, p. 7. n Il Papa ai partecipanti al convegno ecumenico di vescovi amici del movimen‑ to dei Focolari: “Sulle vie dell’unita” (7 novembre 2014) in L’Osservatore Romano, 8 novembre 2014, p. 7. n Il Pontefice alla Conferenza italiana superiori maggiori: “Segno di contraddi‑ zione” (7 novembre 2014) in L’Osservatore Romano, 8 novembre 2014, p. 8. n Al Movimento adulti scout cattolici italiani il Papa indica come priorità la fa‑ miglia, il creato e la città: “Fare strada” (8 novembre 2014) in L’Osservatore Ro‑ mano, 9 novembre 2014, p. 7. n Il Pontefice invita le Figlie di Maria Ausiliatrice a uscire verso le tante zone di confine esistenziali e geografiche: “Dai quartieri digitali alla Patagonia” (8 no‑ vembre 2014) in L’Osservatore Romano, 9 novem bre 2014, p. 7. n Il Papa ai commercialisti ed esperti contabili: “Dietro ogni carta c’è un volto” (14 novembre 2014) in L’Osservatore Romano, 15 novembre 2014, p. 8. n Il Papa ricorda che è falsa compassione giustificare aborto, eutanasia e mani‑ polazioni: “Peccati contro Dio” (15 novembre 2014) in L’Osservatore Romano, 16 novembre 2014, p. 8. n Papa Francesco ricorda che i bambini hanno diritto a crescere con un padre e una madre: “La famiglia non è ideologia” (17 novembre 2014) in L’Osservatore Romano, 17‑18 novembre 2014, p. 8. n Alla conferenza internazionale sull’alimentazione il Papa denuncia il para‑ dosso dell’abbondanza e la mancanza di solidarietà: “Dignità e non elemosina” (20 novembre 2014) in L’Osservatore Romano, 21 novembre 2014, p. 8. n Papa Francesco invita a costruire società inclusive, creative e rispettose della dignità di tutti: “Nessuno è straniero” (21 novembre 2014) in L’Osservatore Ro‑ mano, 22 novembre 2014, p. 8. n Papa Francesco invita movimenti e nuove comunità a non ingabbiare lo Spiri‑ to: “La via della pazienza” (22 novembre 2014) in L’Osservatore Romano, 23 no‑ vembre 2014, p. 6. 368 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

n Al convegno missionario italiano il Papa ricorda le sofferenze del Medio Oriente: “Gesù uomo della peri feria” (22 novembre 2014) in L’Osservatore Roma‑ no, 23 novembre 2014, p. 7.

n Sollecitata da papa Francesco con le persone autistiche: “Una rete di sostegno e servizi” (22 novem bre 2014) in L’Osservatore Romano, 23 novembre 2014, p. 8.

n Udienza ai fedeli giunti per la canonizzazione di due religiosi indiani: “A le‑ zione di vangelo” (24 novem bre 2014) in L’Osservatore Romano, 24‑25 novembre 2014, p. 8.

n Durante la visita a Strasburgo il Papa affida ai membri del Parlamento euro‑ peo la missione di prendersi cura della fragilità dei popoli e delle persone: “Tra dignità e trascendenza” (25 novembre 2014) in L’Osservatore Romano, 26 novem‑ bre 2014, pp. 4‑5.

n Al Consiglio d’Europa l’invito a camminare verso il futuro per ritrovare la gio‑ vinezza dello spirito che ha reso grande il continente: “Memoria, coraggio, utopia” (25 novembre 2014) in L’Osservatore Romano, 26 novembre 2014, pp. 4 e 6.

n Papa Francesco alla plenaria della congregazione per i religiosi: “Dove si ver‑ sa il vino nuovo” (27 novembre 2014) in L’Osservatore Romano, 28 novembre 2014, p. 6.

n Al congresso di pastorale delle grandi città Francesco ripropone l’esperienza durante gli anni dell’episcopato a Buenos Aires: “Cantiere aperto” (27 novembre 2014) in L’Osservatore Romano, 28 novem bre 2014, p. 7.

n Alle autorità politiche anche il Papa chiede che musulmani, ebrei e cristiani go‑ dano degli stessi diritti e doveri: “Credenti uniti contro fanatismo e fondamentali‑ smo” (28 novembre 2014) in L’Osservatore Romano, 30 novembre 2014, p. 6.

n Alla Diyanet il Pontefice denuncia la tragica situazione mediorientale e chie‑ de impegno comune: “No alla violenza in nome della religione” (28 novembre 2014) in L’Osservatore Romano, 30 novembre 2014, p. 7.

n Il dramma dei rifugiati nell’incontro conclusivo del viaggio: “Situazione in‑ tollerabile” (30 novembre 2014) in L’Osservatore Romano, 1‑2 dicembre 2014, p. 8.

n Durante la Divina liturgia Francesco ribadisce l’obiettivo della piena unità: “L’unica cosa che la Chiesa e il Papa desiderano” (30 novembre 2014) in L’Os‑ servatore Romano, 1‑2 dicembre 2014, p. 9. Atti del Sommo Pontefice 369

n Il Papa a Bartolomeo durante la preghiera ecumenica: “Fratelli nella speran‑ za” (29 novembre 2014) in L’Osservatore Romano, 1‑2 dicembre 2014, p. 10. n Papa Francesco denuncia le diverse forme di schiavitù moderna: “Crimine di lesa umanità” (2 dicembre 2014) in L’Osservatore Romano, 3 dicembre 2014, p. 8. n Alla Focsiv per la giornata internazionale del volontariato: “Servizio per il protagonismo dei poveri” (4 dicembre 2014) in L’Osservatore Romano, 5 dicembre 2014, p. 8. n Udienza alla Commissione teologica internazionale: “Occhi e orecchi aperti” (5 dicembre 2014) in L’Osservatore Romano, 6 dicembre 2014, p. 8. n Francesco accende l’albero di Natale di Gubbio: “La luce del perdono” (7 di‑ cembre 2014) in L’Osservatore Romano, 9‑10 dicembre 2014, p. 6. n L’invito del Pontefice nella seconda domenica di Avvento: “Lasciatevi conso‑ lare” (7 dicembre 2014) in L’Osservatore Romano, 9‑10 dicembre 2014, p. 7. n Papa Francesco torna a denunciare la difficile situazione dei cristiani in Medio Oriente: “In fuga dalla disumanità” (12 dicembre 2014) in L’Osservatore Romano, 13 dicembre 2014, p. 7. n Udienza a una delegazione dell’Esercito della salvezza: “La porta dell’Ecumeni‑ smo” (12 dicembre 2014) in L’Osservatore Romano, 13 dicembre 2014, p. 7. n All’Unione ciechi: “Il segreto di Lucia” (13 dicembre 2014) in L’Osservatore Ro‑ mano, 14 dicembre 2014, p. 7. n Al Foyer Notre Dame des sans‑abri fondato da Gabriel Rosset: “Davanti al grido dei poveri” (13 dicem bre 2014) in L’Osservatore Romano, 14 dicembre 2014, p. 7. n Udienza di Papa Francesco all’emittente di Tv2000: “Come si deve comunica‑ re” (15 dicembre 2014) in L’Osservatore Romano, 15‑16 dicembre 2014, p. 7. n A una delegazione evangelica luterana tedesca: “Responsabilità ecumenica” (18 dicembre 2014) in L’Osservatore Romano, 19 dicembre 2014, p. 5. n Nell’udienza a tredici nuovi ambasciatori Papa Francesco esalta il «lavoro no‑ bile» del diplomatico: “A piccoli passi” (18 dicembre 2014) in L’Osservatore Ro‑ mano, 19 dicembre 2014, p. 7. 370 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

n Ai ragazzi di Azione cattolica per gli auguri natalizi: “Con Gesù tutto è possi‑ bile” (18 dicembre 2014) in L’Osservatore Romano, 19 dicembre 2014, p. 7.

n Ai dirigenti e agli atleti del Comitato olimpico nazionale italiano: “Oltre le di‑ visioni tra i popoli” (19 dicembre 2014) in L’Osservatore Romano, 20 dicembre 2014, p. 7.

n A fedeli di Verona e Catanzaro per il dono del presepe e dell’albero: “Segni che parlano a tutti” (19 dicembre 2014) in L’Osservatore Romano, 20 dicembre 2014, p. 8.

n Don Oreste Benzi ricordato dal Pontefice nell’udienza alla comunità fondata dal sacerdote romagnolo: “Schiavitù e liberazione” (20 dicembre 2014) in L’Os‑ servatore Romano, 21 dicembre 2014, p. 8.

n Nell’udienza per gli auguri natalizi il Papa paragona la Curia romana a un corpo complesso che cerca di essere più vivo, più santo, più armonioso e più uni‑ to: “Esame di coscienza” (22 dicembre 2014) in L’Osservatore Romano, 22‑23 di‑ cembre 2014, pp. 4‑5.

n Il Papa ai dipendenti vaticani: “Abbiamo bisogno di cura” (22 dicembre 2014) in L’Osservatore Romano, 22‑23 dicembre 2014, p. 6.

n Trasmessi dalla televisione: “Gli auguri del Papa ai coreani” (25 dicembre 2014) in L’Osservatore Romano, 27‑28 dicembre 2014, p. 7.

n Francesco sottolinea l’importanza delle famiglie numerose: “Una speranza per la società” (28 dicem bre 2014) in L’Osservatore Romano, 29‑30 dicembre 2014, p. 7.

n Acceso dal Pontefice il nuovo sistema d’illuminazione del Cristo Redentore: “Le braccia aperte di Rio de Janeiro” (31 dicembre 2014) in L’Osservatore Roma‑ no, 2‑3 gennaio 2015, p. 6.

Lettere

n Per il centenario della fondazione del movimento apostolico: “Il cardinale La‑ jolo inviato del Papa a Schonstatt” (7 settembre 2014) in L’Osservatore Romano, 15 ottobre 2014, p. 7.

n Drammi sociali ed emergenze umanitarie al centro della lettera del Papa al primo ministro australiano in vista del G20: “Cicatrici profonde” (6 novembre 2014) in L’Osservatore Romano, 12 novembre 2014, p. 7. Atti del Sommo Pontefice 371

n In occasione del quinto centenario dell’evangelizzazione del Myanmar: “Il cardinale Gracias inviato del Papa a Yangon” (16 ottobre 2014) in L’Osservatore Romano, 16 novembre 2014, p. 7. n Lettera papale alla plenaria del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani: “Ossigeno ecumenico” (20 novembre 2014) in L’Osservatore Romano, 21 novem‑ bre 2014, p. 7. n Lettera apostolica di Papa Francesco alle religiose e ai religiosi per l’inizio del‑ l’Anno della vita consa crata: “Testimoni della gioia” (21 novembre 2014) in L’Os‑ servatore Romano, 29 novembre 2014, pp. 4 5. n Per il venticinquesimo anniversario della ritrovata libertà della Chiesa greco‑ cattolica: “Il Cardinale Schonborn inviato pontificio in Ucraina” (18 novembre 2014) in L’Osservatore Romano, 30 novembre 2014, p. 7.

Messaggi n Il videomessaggio del Papa per il cinquantesimo di fondazione della Cittadella di Loppiano: “Cultura delle relazioni” in L’Osservatore Romano, 5 ottobre 2014, p. 6. n Messaggio di Papa Francesco per il quinto centenario della nascita di Teresa d’Avila: “Santa camminatrice” (15 ottobre 2014) in L’Osservatore Romano, 16 ot‑ tobre 2014, p. 6. n Papa Francesco agli universitari cattolici italiani: “Studio ricerca e frontiera” (14 ottobre 2014) in L’Osservatore Romano, 18 ottobre 2014, p. 6. n Messaggio di Papa Francesco per la Giornata mondiale dell’alimentazione: “La fame minaccia la pace” (16 ottobre 2014) in L’Osservatore Romano, 18 ottobre 2014, p. 7. n Il Papa su giovani e lavoro: “Fuori dalle sabbie mobili della precarietà” (16 ot‑ tobre 2014) in L’Osservatore Romano, 26 ottobre 2014, p. 7. n In un messaggio ai seminaristi francesi in pellegrinaggio a Lourdes il Pontefi‑ ce indica tre parole chiave per la vita sacerdotale: “Fraternità, preghiera, missio‑ ne” (24 ottobre 2014) in L’Osservatore Romano, 10‑11 novembre 2014, p. 6. n Messaggio di Francesco alla Conferenza episcopale italiana: “Il prete non s’im‑ provvisa” (8 novembre 2014) in L’Osservatore Romano, 12 novembre 2014, p. 7. 372 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

n Messaggio di Papa Francesco per la diciannovesima seduta pubblica delle ac‑ cademie pontificie: “Non stanchiamoci di imparare da Maria” (20 novembre 2014) in L’Osservatore Romano, 21 novembre 2014, p. 4.

n In un videomessaggio il Papa ricorda che la crisi non deve essere un alibi per ignorare il grido dei poveri: “La trappola di Narciso” (20 novembre 2014) in L’Osservatore Romano, 22 novembre 2014, p. 7.

n Messaggio del Papa per il Congresso internazionale di pastorale delle grandi città: “Evangelizzazione creativa” in L’Osservatore Romano, 27 novembre 2014, p. 6.

n Per l’apertura dell’anno della vita consacrata: “Quelli che svegliano il mondo” (30 novembre 2014) in L’Osservatore Romano, 1‑2 dicembre 2014, p. 12.

n In un videomessaggio trasmesso sabato sera: “Fuori dal nido” (29 novembre 2014) in L’Osservatore Romano, 1‑2 dicembre 2014, p. 12.

n Alla conferenza del gruppo Santa Marta: “Insieme per combattere il traffico di esseri umani” (5 dicem bre 2014) in L’Osservatore Romano, 6 dicembre 2014, p. 7.

n Il Papa chiede sostegni e garanzie a difesa dei diritti della famiglia: “Strategia coraggiosa” (2 dicem bre 2014) in L’Osservatore Romano, 6 dicembre 2014, p. 8.

n Papa Francesco affida al cardinale Barbarin un videomessaggio per i cristiani in Iraq: “Canne al vento” (5 dicembre 2014) in L’Osservatore Romano, 7 dicembre 2014, p. 7.

n Messaggio di Papa Francesco alla Conferenza sull’impatto umanitario delle armi atomiche: “La deterrenza nucleare non può essere base della coesistenza pacifica” (7 dicembre 2014) in L’Osservatore Romano, 9‑10 dicembre 2014, p. 2.

n Messaggio di papa Francesco per la prossima giornata mondiale della pace: “Non più schiavi, ma fratelli” (8 dicembre 2014) in L’Osservatore Romano, 11 di‑ cembre 2014, pp. 4‑5.

n Per l’incontro mondiale di Philadelphia 2015: “Il vangelo del matrimonio” (9 dicembre 2014) in L’Osservatore Romano, 11 dicembre 2014, p. 7.

n Papa Francesco sui cambiamenti climatici: “Risposta libera da pressioni” (27 novembre 2014) in L’Osservatore Romano, 12 dicembre 2014, p. 7.

n Al convegno europeo di pastorale giovanile: “Bisogna riscoprire il vangelo” (11 dicembre 2014) in L’Osservatore Romano, 12 dicembre 2014, p. 7. Atti del Sommo Pontefice 373

n Vicinanza e solidarietà di Papa Francesco ai cristiani del Medio oriente: “Non siete soli” (21 dicembre 2014) in L’Osservatore Romano, 24 dicembre 2014, p. 7. n Francesco invita ad accogliere le situazioni più difficili: “Con la tenerezza di Dio” (24 dicembre 2014) in L’Osservatore Romano, 27‑28 dicembre 2014, p. 6. n Messaggio natalizio alla città e al mondo: “Sotto la spada di Erode” (25 di‑ cembre 2014) in L’Osserva tore Romano, 27‑28 dicembre 2014, p. 7. n Messaggio di Papa Francesco per la ventitreesima giornata mondiale del ma‑ lato: “Occhi per il cieco, piedi per lo zoppo” (3 dicembre 2014) in L’Osservatore Romano, 31 dicembre 2014, p. 8.

Omelie n Celebrazione eucaristica inaugurale con i padri sinodali nella basilica vati‑ cana: “Il sogno di Dio” (5 otto bre 2014) in L’Osservatore Romano, 6‑7 ottobre 2014, p. 7. n Ringraziamento per la canonizzazione di Francesco de Laval e Maria della In‑ carnazione: “Memoria dei missionari” (12 ottobre 2014) in L’Osservatore Romano, 13‑14 ottobre 2014, p. 7. n Papa Francesco ha celebrato la Messa per la solennità di Tutti i santi nel cimi‑ tero romano del Verano: “Il creato devastato dall’uomo che si crede Dio” (1 no‑ vembre 2014) in L’Osservatore Romano, 3‑4 novembre 2014, p. 7. n In suffragio dei cardinali e dei vescovi defunti: “Davanti al sepolcro vuoto” (3 novembre 2014) in L’Osservatore Romano, 3‑4 novembre 2014, p. 8. n Nella solennità di Cristo Re il Papa proclama sei nuovi santi e spiega come si realizza il regno di Gesù: “I pastori e i mercenari” (23 novembre 2014) in L’Os‑ servatore Romano, 24‑25 novembre 2014, p. 8. n L’omelia durante la Messa con i fedeli di Istanbul nella cattedrale dello Spiri‑ to Santo: “Ricchezza e Diver sità non devono diventare conflitto” (28 novembre 2014) in L’Osservatore Romano, 1‑2 dicembre 2014, p. 11. n Durante la Messa per la festa della Madonna di Guadalupe il Papa ripropone il messaggio del Magni ficat: “Nello stile di Dio” (12 dicembre 2014) in L’Osser‑ vatore Romano, 14 dicembre 2014, p. 6. 374 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

n Papa Francesco nella parrocchia romana di San Giuseppe all’Aurelio: “Ricet‑ ta per il Natale” (14 dicembre 2014) in L’Osservatore Romano, 15‑16 dicembre 2014, p. 6.

n Il Papa presiede i primi vespri della solennità di Maria Santissima Madre di Dio e il Te Deum di fine anno: “Rinascita morale per una Roma più solidale” (31 dicembre 2014) in L’Osservatore Romano, 2 3 gennaio 2015, p. 6.

Rescritti

n Rescritto sulla rinuncia dei vescovi diocesani e dei titolari di uffici di nomina pontificia (3 novembre 2014) in L’Osservatore Romano, 6 novembre 2014, p. 6.

n Istituito un collegio per l’esame dei ricorsi sui delitti più gravi: “Maggiore ra‑ pidità ed efficienza” (3 novembre 2014) in L’Osservatore Romano, 12 novembre 2014, p. 8. 375 Atti del Sinodo dei Vescovi

n Durante la prima congregazione generale la relazione del Segretario generale: “Collegialità in cammi no” (6 ottobre 2014) in L’Osservatore Romano, 6‑7 ottobre 2014, pp. 8‑9. n Relazione prima della discussione: “Con lo spirito del samaritano” (6 ottobre 2014) in L’Osservatore Romano, 6‑7 ottobre 2014, pp. 10‑12. n La relazione «post disceptationem»: “Con tenerezza di madre e chiarezza di maestra” (13 ottobre 2014). La relazione in L’Osservatore Romano, 13‑14 ottobre 2014, pp. 4‑5. n Presentate all’assemblea del Sinodo dei Vescovi: “Le relazioni dei circoli mi‑ nori” (16 ottobre 2014) in L’Osservatore Romano, 17 ottobre 2014, pp. 4‑7. n Il Messaggio dei padri sinodali alle famiglie cristiane e a quelle di tutto il mon‑ do: “Una casa con la porta sempre aperta” (18 ottobre 2014) in L’Osservatore Ro‑ mano, 19 ottobre 2014, p. 7. n La «relatio synodi» della terza assemblea generale straordinaria del Sinodo dei Vescovi: “Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazio‑ ne” (18 ottobre 2014) in L’Osservatore Romano, 20‑21 ottobre 2014, pp. 6‑8.

377 Atti della Santa Sede

n Messaggio del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso agli indù in oc‑ casione della festa del Deepavali: “Per promuovere la cultura dell’inclusione” in L’Osservatore Romano, 20‑21 ottobre 2014, p. 11. n Congregazione per le Chiese Orientali: “Pontificia praecepta de clero uxora‑ to” (14 giugno 2014) in Acta Apostolicae Sedis, 106 (2014), pp. 496‑499. n Decreto della Penitenzieria apostolica col quale si stabilisce l’opera da com‑ piersi per poter conseguire il dono delle Indulgenze in occasione dell’Anno del‑ la vita consacrata: “Il dono delle indulgenze” (23 novembre 2014) in L’Osservato‑ re Romano, 29 novembre 2014, p. 5. n Congregazione delle cause dei Santi: “Promulgazione di decreti” (6 dicembre 2014) in L’Osservatore Romano, 9‑10 dicembre 2014, p. 6. n Completata la composizione della Commissione per la tutela dei minori. In L’Osservatore Romano, 18 dicembre 2014, p. 6. n Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti: “Direttorio omiletico” (29 giugno 2014) in L’Osservatore Romano, 20 dicembre 2014, p. 7.

379 Atti della Conferenza Episcopale Italiana

n Messaggio della Commissione episcopale CEI per i problemi sociali e il lavo‑ ro, la giustizia e la pace per la 64° Giornata nazionale del Ringraziamento del 9 novembre 2014. In L’Osservatore Romano, 15 ottobre 2014, p. 22. n Prolusione del cardinale presidente Angelo Bagnasco in apertura dell’Assem‑ blea generale della Conferenza episcopale italiana: “Irresponsabile indebolire la famiglia” (10 novembre 2014) in Avvenire, 11 novembre 2014, pp. 6‑7. n Tra i temi del comunicato finale, l’Ostensione della Sindone, la Gmg di Cra‑ covia, l’Anno della vita con sacrata e la preparazione al Convegno ecclesiale na‑ zionale di Firenze: “Il sacerdozio, dono di dio che va sempre ravvivato” (13 no‑ vembre 2014) in Avvenire, 14 novembre 2014, p. 24. n Messaggio inviato dalla CEI ai presbiteri italiani: “I vescovi ai preti: insieme per servire” (13 novembre 2014) in L’Osservatore Romano, 14 novembre 2014, p. 23.

381 Atti del Vescovo

Omelia nella Santa Messa della notte di Natale

n Cattedrale di Treviso, 24 dicembre 2014

L’articolo di fondo di un diffuso quotidiano italiano portava oggi questo ti‑ tolo: Natale, elogio di quello vero. E lo scritto iniziava con questa domanda: «Fino a quando le società europee oseranno ancora chiamare Natale il Natale, e non lo trasformeranno in qualcosa come “Season’s holiday” (Vacanza di stagione), sul modello ormai invalso nei politicamente correttissimi Stati Uniti?». L’autore prendeva poi lo spunto da questo modo di interpretare il Natale per osservare che la libertà religiosa si sta stranamente trasformando nel divieto di qualunque espressione pubblica della religione, giacché questo potrebbe costituire, secondo alcuni, un’offesa per chi religioso non è. Lascio ovviamente da parte questa problematica circa la possibilità di dare vi‑ sibilità al proprio credere, per porre l’attenzione sul “Natale, quello vero”; anche perché noi qui, in questo momento, vorremmo proprio celebrare il vero Natale. Il vero Natale ci è stato descritto dall’evangelista Luca con le poche parole che abbiamo appena ascoltato. Le riprendo: «Mentre si trovavano [Maria e Giu‑ seppe] in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per lo‑ ro non c’era posto nell’alloggio» (Lc 2,6‑7). In meno di tre righe viene raccontato un fatto che, in verità, ha tutta l’aria di appartenere alla normalità. Chissà! Forse sarà capitato ad altre donne di umile condizione, in quell’epoca lontana e in un villaggio di quelle terre, di ritrovarsi a partorire durante la sosta notturna di una carovana, trovando tutte occupate le povere stanze del caravanserraglio. Il fatto è talmente normale ‑ intendo dire: tutt’altro che “divino” ‑ che Luca ha bisogno di aggiungervi subito la scena della rivelazione dell’angelo ai pasto‑ ri: “è nato per voi un Salvatore”. Tra l’altro, non è senza significato il fatto che i primi destinatari di quell’annuncio, e primi ad accogliere quella nascita, siano dei pastori: una categoria di persone che ‑ come osservano gli studiosi dei van‑ geli ‑ «secondo l’opinione comune si trovavano ai gradini più bassi della stima sociale e religiosa» (B. Maggioni). Ma vorrei sottolineare anche la preoccupazione di Luca, espressa nelle ri‑ ghe che introducono il conciso racconto della nascita di Gesù, di contestualizza‑ re storicamente quella nascita. E così questo minuscolo fatto di uno sconosciuto bambino che viene alla luce è collocato all’interno del grandioso evento del ‑ co‑ 382 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

sì dichiarato ‑ “censimento di tutta la terra”, voluto dall’imperatore Cesare Au‑ gusto. Come dire: attenzione, non si tratta di una favola; le favole non si inscri‑ vono in un tempo e luogo precisi e non riferiscono fatti storicamente documen‑ tabili. Luca ci dice insomma: Cristo non è un’idea, non è un mito; egli è annota‑ to nelle anagrafi imperiali, è dentro l’orizzonte dell’umanità. Il Natale ci mette allora di fronte a questo inimmaginabile punto di incon‑ tro tra eternità e storia, tra immensità di Dio e piccolezza umana, tra il Dio della trascendenza («i cieli dei cieli non possono contenerti», ripete più volte l’Antico Testamento: 1Re 8,27; 2Cr 6,18) e la nostra umanità piena di limiti. È il caso di ricordare che in questa, come in ogni altra celebrazione in cui siamo posti di fronte a Dio, noi portiamo tutta la nostra limitatezza. Magari fati‑ chiamo a riconoscerla con schiettezza, e magari non ci piace tanto declinarne le varie manifestazioni: le nostre speranze incerte, timorose di infrangersi; il no‑ stro, spesso, affannoso tentativo di sostenere situazioni umane difficili ‑ nostre o di persone che amiamo –: malattie, delusioni, relazioni complesse o addirittura conflittuali; e poi stanchezze, amarezze, solitudini (viene alla mente un celebre desolato verso del Leopardi: «Che vuol dir questa solitudine immensa? ed io che sono?»); possiamo aggiungere per molti, in questo tempo, anche la difficoltà a sostenere un livello dignitoso di vita a causa della crisi economica, la perdita del lavoro. Non vorrei qui gettare quasi un’ombra cupa sulla nostra vita, né intendo misconoscere il bello e il buono presente in tante nostre giornate. Ma, se ci leg‑ giamo bene dentro, troviamo che nella nostra carne è come inscritta una do‑ manda di salvezza, di riscatto, di risalita dalla precarietà, dalla finitezza, dalla caducità, dalla morte. Ci sentiamo impastati di miseria e assetati di infinito. Ebbene, di questo bambino che nasce gli angeli dicono: «Oggi è nato il Sal‑ vatore». E qui mi piace riprendere le parole di un messaggio natalizio del Beato Paolo VI che ho voluto richiamare quest’anno nel mio augurio alla diocesi: «Udi‑ te ‑ diceva papa Montini ‑, udite, uomini del pensiero, udite, uomini dell’azione! E voi, uomini della fatica, uomini della povertà, della schiavitù e del dolore, udi‑ te: è venuto fra noi e per noi il Salvatore! Credetelo! È venuto il Salvatore del mondo!». Ma poi soggiungeva: «Noi sentiamo, quasi ad interrompere il nostro discorso, lo strepito delle interrogazioni e delle obiezioni, che sorgono da ogni parte del mondo e da ogni spirito: che cosa significa Salvatore? E chi è colui che si arroga tale titolo iperbolico?» (Messaggio Urbi et Orbi del Natale 1971). Paolo VI sembra dire: come può essere salvatore quel neonato? Chi più im‑ potente e fragile di un bambino appena venuto al mondo? Anche l’apparire festo‑ so degli angeli in cielo e la gloria che essi cantano non tolgono nulla alla crudezza e alla, diciamo pure, insignificanza, apparente insignificanza, di quella nascita. Ma qui entriamo nel paradosso dello stile di Dio. Dio viene nel mondo, di‑ viene uno di noi, entrando ‑ come ama dire uno scrittore ‑ dal punto più basso dell’umanità: cioè là dove stanno, o dove soffrono, gli ultimi, i poveri, quelli per Atti del vescovo 383

i quali «non c’è posto nell’alloggio». Deludendo, forse, le attese di molti, le logi‑ che, i criteri di chi pensa che se l’Onnipotente si cala tra noi, poveri mortali, non lo può fare che in maniera stupefacente, incantevole, trionfale, mostrando tutta la sua grandezza. E invece il Figlio di Dio venendo nel mondo, si fa trovare «nel‑ la terra sporca e melmosa della storia», e «là dove l’uomo respira, suda, piange e spera» (F. Lambiasi). Dobbiamo riconoscere, in verità, che i nostri presepi sono spesso rappre‑ sentazioni piuttosto ingenue, e rivestono di dubbia poesia quella nascita avve‑ nuta in luoghi adatti più agli animali che agli uomini. Ho iniziato parlando di «Natale, quello vero». Il Natale vero è questa umi‑ le vicenda di Dio, che porterà questo Bambino, come sappiamo, a morire sulla croce di malfattori. È forse per questo che molti preferiscono sostituirlo con la “vacanza di stagione”? Ma quella paradossale vicenda, divina e umana insieme, ha a che fare con la vicenda dell’ esistenza do ognuno di noi. Permettetemi allora di invitarvi, almeno qui, almeno ora, a gettare uno sguardo non distratto su questo povero Bambino. Perché in quel piccolo fram‑ mento di umanità si concentra, per chi crede, tutta la potenza dell’amore di Dio. 384 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

Omelia nella Santa Messa del giorno di Natale

n Cattedrale di Treviso, 25 dicembre 2014

«Tutta la terra ha veduto la salvezza del nostro Dio». Si direbbe che queste parole con cui abbiamo intercalato le strofe del Salmo responsoriale appaiano ir‑ reali se applicate all’evento umile e nascosto della nascita di Gesù. In effetti chi si pone di fronte al sobrio racconto evangelico della nascita del Signore, avve‑ nuta forse in una grotta, comunque in un misero luogo di pastori e di greggi, co‑ glie il modo sorprendente del venire tra noi del Figlio di Dio. Quel Gesù attraverso il quale, ci ha detto la lettera agli Ebrei, «Dio in que‑ sti giorni ci ha parlato»; quel Figlio ‑ ci ha detto Giovanni, con espressione che il‑ lumina tutto il Nuovo Testamento ‑ che è l’unico a poterci rivelare il Dio che nes‑ suno ha mai visto (Gv 1,18), non viene tra noi come un grande re, ma nasce po‑ vero tra i poveri. E se anche amiamo dire che “tutta la terra ha visto la sua sal‑ vezza”, perché la sua salvezza è davvero offerta a tutta l’umanità, sappiamo che, in verità, questo avviene solo per chi si mette in sintonia con il Figlio di Dio fat‑ tosi servo, per chi riconosce la sconcertante umiltà di Dio. La Liturgia ci fa vivere oggi il mistero che sta al cuore della nostra fede: l’in‑ carnazione del Figlio di Dio. L’Antico Testamento ci attesta che il popolo d’Israele aveva la percezione di una particolare vicinanza di Dio nei suoi confronti. Mosè dice al popolo: «Quale grande nazione ha gli dèi così vicini a sé, come il Signore, nostro Dio, è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo?» (Dt 4,7). Ma il Dio cristiano è il Dio delle sor‑ prese, il Dio che va al di là di ogni attesa. E così oggi comprendiamo che Egli non è solo vicino a noi, proteso verso di noi, ma è addirittura tra noi uno di noi. Pec‑ cato che una sorta di assuefazione alle verità di fede spenga sovente la capacità di stupirci di fronte a questa meraviglia prodotta dal suo amore. L’inizio del grande prologo di Giovanni, una tra le più stupende pagine bi‑ bliche, ci fa prendere coscienza dell’immensa distanza che esiste tra Dio e noi. Di tale distanza ci rendiamo conto se accostiamo le prime battute del testo di Gio‑ vanni e l’espressione che sta al centro di questo grande inno. Infatti siamo posti dapprima dinanzi all’esistenza divina ed eterna del Fi‑ glio, non toccata dai limiti del tempo e dello spazio, del nascere e del morire, del mutare, del cadere e risalire, che caratterizzano la nostra povera condizione umana. Sono parole solenni, che quasi ci portano fuori per qualche momento dall’imprevedibile scorrere della storia in cui siamo immersi; sembrano l’inizio di una imponente sinfonia: «In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Tutto è stato fatto per mezzo di lui… In lui era la vita e la vi‑ ta era la luce degli uomini» (Gv 1,1‑5). Ma Giovanni giunge poi al sorprendente annuncio: il Verbo si è fatto carne, Atti del vescovo 385

è venuto ad abitare in mezzo a noi. Il Dio eterno e immutabile si rinchiude nella “carne”: dunque in un’esistenza segnata da debolezza, precarietà; esposta all’in‑ digenza, alla fragilità; soggetta all’esperienza del timore, del pianto, della solitu‑ dine, della fatica, del desiderare, del sentirsi abbandonato, della morte. La lette‑ ra agli Ebrei parlerà di Gesù dicendo che noi «non abbiamo un sommo sacerdo‑ te che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato» (Eb 4,15). La distanza, enor‑ me, tra il Creatore e la creatura, tra il tre volte Santo e l’umanità peccatrice, è col‑ mata da colui che è venuto nel mondo come uno di noi. Merita di essere ricordato, tra l’altro, il senso originario di quel «venne ad abitare in mezzo a noi». Il testo greco del vangelo suona: «pose la sua tenda in mezzo a noi». Noi, in fondo, siamo tutti dei nomadi; siamo pellegrini che devono conti‑ nuamente smontare e rimettere in piedi la propria tenda; sperimentiamo infatti tante forme di precarietà, di provvisorietà. Non sono nomadi solo i molti co‑ stretti ad emigrare a causa della fame, delle guerre, delle terribili ingiustizie che producono ricchezza a dismisura per alcuni e miseria senza fine per molti. Vi è anche la provvisorietà data dalla salute, dalle relazioni ‑ anche le stesse relazio‑ ni familiari ‑ attraversate da rotture, incomprensioni, dalla fatica ad accogliersi e a volersi bene; vi è la precarietà e l’instabilità delle nostre speranze e delle nostre attese, spesso deluse; e vi è la provvisorietà data dal susseguirsi delle stagioni della vita, dal mutare degli avvenimenti di cui è intessuta l’esistenza. Ebbene, in mezzo a questo popolo in movimento che siamo noi, cercatori di spazi di felicità, di serenità, di dignità, di pace, popolo che incessantemente de‑ ve spostare la propria tenda, il Figlio di Dio pianta la sua tenda e a noi si fa vici‑ no, confondendosi con noi. In mezzo a noi non c’è il suo palazzo, la sua reggia, anche se noi abbiamo voluto onorare la sua gloria con grandi templi: in mezzo a noi c’è la sua umile tenda, che forse non è facile scorgere e distinguere tra le altre. È questa la dis‑ crezione di Dio, il suo porsi accanto a noi con rispetto, senza fare violenza alla nostra libertà, senza minacce e senza blandizie, ma solo proponendoci di acco‑ glierlo facendo appello alla nostra capacità di rispondergli. Secondo quella com‑ movente espressione che il libro dell’Apocalisse mette in bocca al Signore: «Ec‑ co: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3,20). Tutto questo dice che la nostra condizione umana, per quanto povera, per quanto spiritualmente debole e moralmente ferita, per quanto lontana dalla sua bontà, è luogo di incontro con Lui. Proprio perché Lui ha scelto di dimorare tra di noi, è entrato nella nostra storia, il luogo per incontrarlo non è solo ‑ anche se lo è certamente ‑ la Chiesa, la Liturgia, la Parola, la preghiera, ma è anche lo spa‑ zio umano della nostra quotidianità, della vita di ogni giorno. Quella vita fatta di relazioni, di affetti, di lavoro; la vita nella società, nella politica, nell’economia, 386 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

nella scuola, nella festa, nei rapporti con chi ci tende la mano spinto da tante for‑ me di bisogno. Ed è tutta vita bisognosa della sua vicinanza, della sua salvezza, della sua paziente tenerezza, ed è spazio della nostra accoglienza di Lui. Saremo capaci di lasciarci amare da Lui? (lo chiedeva anche il Papa nella Messa natalizia della notte). Sapremo accogliere questo Dio, per noi fatto uomo ‑ anzi, dirà Pao‑ lo, per noi fatto servo, fatto crocifisso –, o ci volgeremo ad altre promesse, ad al‑ tre attese più o meno illusorie? Ci auguriamo buon Natale. Il nostro buon Natale, l’autentico Natale, sia l’aprirsi fiducioso della nostra esistenza al dono del Figlio di Dio, luce venuta nel mondo ad illuminare le nostre tenebre, Fratello che si affianca a noi nel cammi‑ no affascinante ed arduo della nostra fragile esistenza. Atti del vescovo 387

Omelia nell’Eucarestia esequiale di don Tarcisio Dal Zotto

n Chiesa arcipretale di Altivole, 6 ottobre 2014

«Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi» (Gv 14,3). Queste parole di Gesù che abbiamo appena acoltato suscitano dentro di noi, in questo mo‑ mento, la fiducia che il nostro don Tarcisio sia là dove è il Signore: sia accolto nella sua gloria, nella pienezza del suo amore. L’Eucarestia che ci vede qui ri‑ uniti e partecipi è implorazione della misericordia di Dio, perché, purificato da ogni colpa, questo nostro fratello sacerdote possa entrare nella vita vera, quella definitiva, quella procurata dalla risurrezione di Cristo. Del resto ogni esistenza umana, particolarmente ogni esistenza segnata dal Battesimo, è una storia di salvezza, destinata ad entrare, dopo l’esperienza della precarietà e della fragilità della sua fase terrena, nello spazio meraviglioso della relazione beatificante con Dio. Anche la vita di don Tarcisio è stata storia di salvezza: iniziata 86 anni or sono e conclusa il 2 ottobre scorso, festa degli Angeli Custodi. E così egli ha rag‑ giunto la mèta: è giunto alla porta del cielo per esservi accolto e amato per l’e‑ ternità. Noi vogliamo pensare che, davanti al Dio che ‑ come ci ha detto il profe‑ ta Isaia ‑ elimina per sempre la morte ed asciuga le lacrime di ogni volto (cf. Is 25,8), don Tarcisio abbia esclamato ‑ per riprendere ancora le parole del profeta –: «Ecco il mio Dio; in lui ho sperato» (Is 25,9); è il Dio che ho cercato, amato, lo‑ dato, annunciato, celebrato, servito. Davanti a Dio egli ha portato, infatti, anche i suoi 61 anni di vita sacerdotale, donati con generosità e fedeltà a questa nostra chiesa di Treviso. Si prendono in mano con commozione i documenti che riguardano don Tarcisio e che attestano la sua vita buona. La prima testimonianza che ci parla di lui è contenuta in una diligente no‑ ta del parroco di Venegazzù, don Sante Brusa, richiesta dal Seminario diocesano per l’ammissione del giovane Tarcisio alla “vestizione clericale”, avvenuta nel 1949, nella data tradizionale per il nostro Seminario, il 19 marzo, solennità di San Giuseppe. Scriveva il parroco: «Come seminarista, nel tempo della sua perma‑ nenza in parrocchia, fu sempre di esemplare condotta, devoto nella pietà, nel‑ l’obbedienza, nella frequenza ai santi sacramenti, nell’osservanza di tutte le nor‑ me prescritte dai superiori..., nella premura dell’insegnamento catechistico e nel‑ lo zelo ad aiutare l’Azione Cattolica». Più sopra il parroco aveva parole sempli‑ ci ma significative sulla famiglia di don Tarcisio: «Famiglia profondamente cri‑ stiana, in seno alla quale, e anche fra i suoi parenti, fiorirono in passato altre vo‑ cazioni allo stato ecclesiastico...». 388 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

Tarcisio, fanciullo, adolescente, giovane, è vissuto dunque in un ambiente in cui si respirava un intenso clima di fede, nel quale fiorivano numerose e ge‑ nerose tutte le vocazioni: da quella matrimoniale e famigliare, origine di tutte le altre successive, tutte uscite dall’acqua del Battesimo, fino a quella di una dedi‑ zione totale al Signore, al servizio del suo popolo. Il 21 giugno 1953 don Tarcisio diventa sacerdote e inizia il suo ministero, se‑ condo un percorso tradizionale per il giovane clero della nostra diocesi, quello cioè di cappellano in parrocchie diverse: dapprima a Montebelluna, poi a Maer‑ ne e a Sant’Ambrogio di Fiera, in Treviso, fino al 1967. In quell’anno viene in‑ viato come vicario cooperatore accanto all’anziano parroco di Fanzolo e nel 1969, con lo stesso incarico, a Selva delle Montello. Il 1° maggio 1971 viene nominato arciprete di questa parrocchia di Altivole, dove rimarrà fino al 30 agosto 2004; ininterrottamente per 33 anni: interamente dedicati a questa comunità che è di‑ venuta la sua famiglia, per la quale si è speso con dedizione. Don Tarcisio, come molti parroci della sua generazione e di quelle prece‑ denti, ha avuto il dono, ma anche la responsabilità, di una lunga permanenza nella stessa parrocchia. Questo gli ha dato modo di radicarsi in un ambiente e in un popolo, per poter conoscere, discernere, progettare; raccogliendo, da una par‑ te, il ricco e condiviso patrimonio della tradizione pastorale e spirituale del no‑ stro presbiterio, e, dall’altra, impegnandosi con i fedeli laici della sua comunità e con i confratelli del vicariato in una riconsiderazione globale del ministero e delle istituzioni parrocchiali. Non dimentichiamo, infatti, che egli ha svolto buo‑ na parte del suo ministero di parroco in quel particolare e provvidenziale tempo che è stato il post‑concilio, stagione che non poteva lasciare nessuno tranquillo nelle proprie assodate consuetudini. Vorrei ricordare due attenzioni particolari espresse da don Tarcisio, nel suo ministero, quasi due ambiti previlegiati, segno di due sue attitudini spirituali. Anzitutto l’attenzione alla Parola di Dio che, da sensibilità personale, è divenu‑ ta un metodo pastorale e strumento di educazione della comunità. La sua predi‑ cazione era fondamentalmente una commento alla Parola ascoltata; e i fedeli, al loro posto nei banchi, non trovavano il consueto foglietto ma il messale, che im‑ paravano ad usare e valorizzare, dando anche al parroco una maggiore libertà nella scelta dei testi possibili, offerti dalla liturgia. La seconda priorità, da tutti segnalata, ė stata l’attenzione alle famiglie bisognose, alle quali riservava gesti concreti di carità e sostegno. Don Tarcisio, com’era nel suo carattere, riservato, timido e diligente, ri‑ spettoso degli orientamenti diocesani, ha attraversato quegli anni offrendo alla comunità un tempo di impegno e di rinnovamento, e iniziando con gli altri par‑ roci del comune di Altivole, don Fabio e don Marcello, un buon lavoro di colla‑ borazione. L’esperienza pastorale di don Tarcisio ad Altivole è stata caratterizzata, a partire dall’anno 2000, anche da una presenza che, seppur discretamente, ha se‑ Atti del vescovo 389

gnato la vita della comunità parrocchiale: l’arrivo di una fraternità di Coopera‑ trici pastorali diocesane, destinate ad animare, in stretta collaborazione con il parroco e con i laici più preparati, la vita della comunità parrocchiale e i diversi servizi che la rendono tale: liturgici, catechistici, formativi, caritativi. Come tutte le relazioni plasmano progressivamente le persone, anche le re‑ lazioni pastorali contribuiscono di solito a dare una fisionomia al sacerdote, lo rendono più capace e disponibile a farsi guida e accompagnatore adeguato alla comunità che è chiamato a servire, pastore per quel particolare gregge; lo aiuta‑ no ad assumere modi nuovi di porsi accanto ai fratelli e sorelle affidati alle sue cure pastorali. Così è stato per don Tarcisio nei suoli lunghi anni di permanenza e di ministero ad Altivole. Nel 2004 don Tarcisio ha concluso il servizio di parroco ad Altivole, ritiran‑ dosi nel suo paese natale di Venegazzù, dove ha continuato ad esercitare il mini‑ stero presbiterale per quanto gli permettevano le sue forze. Ha trascorso gli ulti‑ mi anni in Casa del Clero a Treviso, dove è stato accudito con la consueta cura e delicatezza; e ne voglio ringraziare sentitamente il Direttore e tutto il personale. Noi ora consegniamo questo fratello e questo pastore all’amore del Padre: ricco della sua gioia, la gioia della sua fede e del suo ministero, ma anche delle croci con cui Gesù, negli ultimi anni della vita, ha voluto unire a sé il discepolo, quasi riscrivendo in lui il percorso della propria passione. Ma noi crediamo che mentre ‑ per riprendere le parole di Paolo ‑ l’uomo esteriore si andava disfacen‑ do (cf. 2Cor 4,16), l’uomo interiore si preparava all’incontro decisivo con il Si‑ gnore. Ora la storia di don Tarcisio entra nell’eternità e Gesù mantiene la sua pro‑ messa, espressa nella preghiera rivolta agli apostoli nel Cenacolo prima della sua passione: «Padre voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria» (Gv 17,24). 390 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

Omelia nell’Eucarestia esequiale di don Luigi Favero

n Chiesa arcipretale di Paese, 19 novembre 2014

«Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli» (Lc 12,37). La morte ha visitato il nostro don Luigi nel sonno; ma noi non abbiamo dubbi che egli fosse spiritualmente desto, vigilante, preparato all’incontro deci‑ sivo con il Signore. Aveva da poco superato con gagliardia giovanile, alla bella età di 96 anni, un intervento chirurgico; e dopo un tempo di convalescenza pres‑ so la Casa del Clero di Treviso, era previsto il suo ritorno a casa, qui a Paese. Ma il Signore lo ha voluto nella Sua casa, quella in cui Egli è vita senza fine, immer‑ so nella pienezza del suo amore finalmente contemplato: là dove, come abbiamo ascoltato dalla parola dell’apostolo Giovanni, «noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è» (1Gv 3,2). Noi che abbiamo conosciuto e amato questo sacerdote come un fratello an‑ ziano mite, umile e laborioso, siamo qui a implorare la misericordia e il perdono del Padre perché la sua esistenza, risorta nel Cristo risorto, possa godere della manifestazione definitiva e della visione dolcissima del Dio Amore. Siamo convinti, del resto, che in tutta la sua vita di don Luigi si sia alimen‑ tata a una fede profonda nel Dio che dona la vita eterna. La parole di Giobbe che abbiamo ascoltato potevano certamente risuonare anche sulle labbra di don Lui‑ gi: «Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere! Dopo che questa mia pelle sarà strappata via, (…) vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro» (Gb 19,25‑27). Nel suo testamento spirituale egli ha scritto: «Penso al momento del pas‑ saggio da questo mondo, rinnovo la mia fede nella vita eterna». E il testamento di don Luigi si apre proprio con una professione di fede e un ringraziamento rivolti alla SS.ma Trinità, solenni e commossi, in un latino li‑ turgico che è eco della lunga frequentazione della Liturgia delle Ore, il Brevia‑ rio, di questo sacerdote pio e zelante: Gratias tibi ago, Sanctissima Trinitas pro uni‑ versis beneficiis tuis. Come è bella e commovente questa volontà di riconsegnare alla Trinità, ori‑ gine e mèta di ogni vita, la propria esistenza al momento della sua conclusione: Dio all’inizio, Dio alla fine. E in questo cerchio perfetto di presenza e provvi‑ denza divina don Luigi ha saputo collocare la sua lunga vicenda terrena. Egli era ben cosciente di questo amore del Padre, che genera, avvolge e porta a compi‑ mento la vita di ogni suo figlio, e ne era profondamente riconoscente. Del resto, come potrebbe un cristiano, e soprattutto un sacerdote, giungere ad una sintesi della propria vita al di fuori di questo orizzonte di infinito e gratuito amore? So‑ lo il riferimento al Signore, alla Trinità santa, salva il bilancio della nostra vita e Atti del vescovo 391

ci consegna sereni e fiduciosi al giudizio di Dio. È questo l’atteggiamento spiri‑ tuale con cui don Luigi pensa alla propria morte, quando nel suo testamento scrive ancora: «Accetto la morte quando egli vorrà e come a lui piacerà». E può così affermare dal profondo del cuore: «Fiducioso mi abbandono nel Cuore mi‑ sericordioso di Gesù». Chi ha conosciuto don Luigi comprende allora il segreto di quella sua sere‑ nità spirituale, del suo costante sorriso, della sua incessante disponibilità a ser‑ vire, del suo desiderio di essere utile agli altri, che hanno caratterizzato i suoi 72 anni di sacerdozio. Lo sanno bene quanti lo hanno conosciuto negli ultimi 43 an‑ ni trascorsi qui a Paese, a servizio di questa comunità, accanto agli arcipreti mons. Giovanni Brotto, mons. Livio Buso e don Giuseppe Tosin; accanto ai vari vicari parrocchiali che si sono succeduti e a don Franco Zanon. Lo sanno bene i fedeli che lo hanno visto quotidianamente assiduo al ministero della Confessio‑ ne in questa chiesa. Qui il suo ministero lo ha reso umile dispensatore della misericordia di Dio e anche sapiente e riservato consigliere di tante persone che cercavano luce, con‑ forto, indirizzi sicuri per la loro vita e le loro scelte. I confratelli sacerdoti di que‑ sta parrocchia sono testimoni di come egli abbia continuato a coltivare con gran‑ de diligenza il proprio aggiornamento, anche alla sua veneranda età, così da es‑ sere in grado di dire parole non dettate solamente dal suo buon senso, ma attin‑ te dalla riflessione e dal magistero della Chiesa. E proprio nella confessione, nel dialogo con le singole anime, e nei nume‑ rosi incontri della vita quotidiana, don Luigi ha stretto quella rete di relazioni discrete e importanti che reggono al tempo e che oggi sono testimoniate e bene‑ dette dalla presenza di tanti dei suoi figli spirituali. E forse anche don Luigi, co‑ me ogni prete fedele al proprio ministero, ha sentito di essere “servo inutile”, ma, nello stesso tempo, ha sperimentato di essere mediatore necessario della cu‑ ra amorevole del Pastore buono e misericordioso che è il Signore. Possiamo dire allora che questo momento dell’Eucarestia esequiale, il mo‑ mento in cui una persona viene affidata alla tenerezza di Dio, è anche l’ora sacra e solenne in cui diviene particolarmente viva la comunione dei santi, cioè la vi‑ cinanza profonda di tutti coloro che a questa persona sono stati cari, che gli han‑ no voluto bene. Noi invochiamo per don Luigi questa grazia, questa verità dol‑ cissima che bene esprimono le parole dell’antica antifona esequiale: «Venite in aiuto santi di Dio, accorrete angeli del Signore, prendete in custodia la sua ani‑ ma e conducetela alla presenza dell’Altissimo». La comunione dei santi, in cui don Luigi entra, si affolla di tutte le anime che egli ha incontrato nei suoi diversi passaggi ministeriali: come cappellano a Fossalta Padovana, a Riese Pio X; come parroco, dal 1959 al 1971, a Passarella di San Donà; e, da allora, come collaboratore pastorale a Paese. A don Luigi sono stati assegnati per tanti anni anche compiti amministrati‑ vi, in Seminario e nella Curia diocesana. Noi chiediamo al Signore che lo accol‑ 392 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

ga ‑ per usare le parole di Gesù ‑ quale «amministratore fidato e prudente» (cf. Lc 12,41), come cristiano e sacerdote che ha risposto con dedizione e generosità alla sua vocazione; e lo tratti come quel servo fedele e vigilante, che il Signore stesso ‑ secondo l’immagine di Gesù nel brano evangelico che è stato proclama‑ to ‑ «farà mettere a tavola e passerà a servire» (Lc 12,37). La nostra Chiesa ha tanti motivi di riconoscenza nei confronti di don Luigi. Oggi diventano sincera e commossa preghiera di suffragio. La esprimiamo anche con le parole rivolte alla Vergine Maria con le quali don Luigi chiude il suo testamento spirituale: Maria, Madre mia, fiducia mia; Maria, Madre di grazia e di misericordia, proteggimi dal nemico e accoglimi nell’ora della mia morte. Atti del vescovo 393

Incontro di preghiera nel ricordo dei profughi morti nel Mediterraneo nel naufragio del 3 ottobre 2013

n Treviso, Casa della Carità, 3 ottobre 2014

Il breve brano che abbiamo ascoltato ‑ la chiamata di Abramo (Gen 12,1‑3) ‑ è l’inizio della storia degli ebrei e dei cristiani. Il primo atto di questa storia è una par‑ tenza, un viaggio. È un viaggio carico di speranza, un viaggio sostenuto da una promessa: ti benedirò, renderò grande il tuo nome, da te verrà un grande popolo. In queste parole vi è la speranza di un futuro benedetto da una terra, da una di‑ scendenza, e da una numerosa prosperità: una prosperità e una benedizione che si allarga a tutte le famiglie della terra. Ed il viaggio di Abramo è la risposta ad una chiamata. La vita di ognuno di noi può essere ben raffigurata da un viaggio, un viaggio carico di speranza. Senza speranza, o senza speranze, il cammino della vi‑ ta si fa arduo, perde il suo senso. Senza speranza vengono meno le energie, si ral‑ lenta il passo, fino ad arrestarsi; oppure il viaggio si trasforma in uno smarrimento, un vagare incerto senza meta. La speranza consente di guardare al futuro, di desi‑ derarlo, di interpretarlo come il tempo di una gioia o di una felicità perseguibile, vi‑ tale. La speranza ci fa accettare la limitatezza del presente e ci proietta positiva‑ mente ‑ per riprendere le immagini bibliche ascoltate ‑ verso delle “promesse” che domandano di essere realizzate. Si spera in una vita dignitosa, in un’esistenza fatta di relazioni calde, fedeli, rassicuranti; si sogna di essere al mondo assaporando il gusto di tante cose buone, belle, appaganti. Il viaggiare mossi dalla speranza è un’esperienza o un’aspirazione che ci ac‑ comuna: ci rende davvero un’unica famiglia, al di là delle differenze etniche cultu‑ rali, sociali, religiose. E si è disposti ad andare lasciando qualcosa, anche se questo comporta dei distacchi dolorosi, il recidere dei legami preziosi («Vattene dal tuo paese, dalla tua casa, dalla casa di tuo padre»): Ma sono distacchi giustificati dalla prospettiva di abitare una nuova terra («verso il paese che io ti indicherò»). Tra l’altro, gli studiosi della Bibbia ci dicono che quel «vattene» non indica so‑ lo un movimento fisico o geografico: è un verbo che si potrebbe tradurre anche con «va’ per te; va’ verso di te; va’ in te». Come dire: va’ per il tuo bene (va’ per te), la‑ scia alle spalle il tuo passato, entra in te stesso, nell’intimo della tua coscienza (va’ in te, verso di te): ritrova te stesso, la tua vocazione più autentica. Ci sono anche viaggi interiori, cammini intensi vissuti dentro una storia ap‑ parentemente priva di vicende. Lo sappiamo bene. E anche chi viaggiando sembra cercare solo il pane o un minimo di sopravvivenza dignitosa, in fondo cerca anche se stesso, la propria autenticità, la propria vocazione, liberata da condizioni che gli impediscono di riconoscerla, di assumerla come una vita nuova, diversa, amabile. Noi vorremo che l’umanità intera fosse composta di tanti viaggiatori felici, che 394 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

incontrano terre, relazioni, affetti, esperienze, condizioni nuove e benedette, grazie alle quali si appagano speranze legittime e sorgono speranze ancora più grandi, più belle, più capaci di dichiarare che la vita merita di essere vissuta. E vorremmo che questa esperienza di tutti ci rendesse tutti una grande famiglia. Un testo del Vati‑ cano II recita: «Iddio, che ha cura paterna di tutti, ha voluto che tutti gli uomini for‑ massero una sola famiglia e si trattassero tra loro come fratelli» (Gaudium et spes 24). Noi questa sera ricordiamo qui dei viaggi che si sono drammaticamente in‑ terrotti. Viaggi animati dalla speranza, o forse, più realisticamente, mossi da una di‑ sperazione che tentava di diventare speranza. Nelle sue tradizionali invocazioni la Chiesa cattolica ha cantato per secoli: a pe‑ ste, fame et bello, libera nos, Domine: liberaci, Signore, dalla peste, dalla fame, dalla guerra. All’origine di questi viaggi dalla disperazione alla speranza quasi sempre c’era e c’è la peste (ovvero la precarietà di una vita dalle condizioni assai poco uma‑ ne), la fame, la guerra. Ebbene, tanti di questi viaggi sono finiti tra le onde del Me‑ diterraneo, che sta diventando sempre più un cimitero di persone e di speranze. È stato opportunamente ricordato che questa sera non siamo qui né a denun‑ ciare, né a cercare colpevoli. Siamo qui a ricordare chi ha perso vita e speranza. I 368 che il 3 ottobre di un anno fa sono periti in mare e i molti altri. Potremmo evo‑ care scene strazianti, che anche chi è giunto qui da noi potrebbe raccontarci; po‑ tremmo riprodurre foto impressionanti che documentano le tragedie. Le nostre Caritas di Treviso e Vittorio Veneto (e porto la partecipazione anche del vescovo Pizziolo) hanno scelto semplicemente la sobrietà del ricordo, della ri‑ flessione e della preghiera, senza inutili retoriche. Vogliamo metterci davanti a Dio, almeno noi credenti, e davanti alla nostra co‑ scienza, portando in noi l’evento drammatico di tutte queste vite stroncate. E vo‑ gliamo che questo evento, questi eventi, non ci siano estranei, perché appartengo‑ no all’umanità di cui facciamo parte. Ci lasciano forse senza parole, ci mettono di fronte alla nostra impotenza; ma non ci lascino indifferenti. Chiediamo che non ci lascino indifferenti, che ci rendano capaci di compassione. Il pensiero non può non andare ad alcune domande poste da Papa Francesco nella sua omelia a Lampedusa, l’8 luglio dello scorso anno. Egli chiedeva: «Chi di noi ha pianto per questo fatto e per fatti come questo? Chi ha pianto per la morte di questi fratelli e sorelle? Chi ha pianto per queste persone che erano sulla barca? Per le giovani mamme che portavano i loro bambini? Per questi uomini che desi‑ deravano qualcosa per sostenere le proprie famiglie? Siamo una società che ha di‑ menticato l’esperienza del piangere, del “patire con”: la globalizzazione dell’indif‑ ferenza ci ha tolto la capacità di piangere!». Chiediamo, questa sera, di non perdere la capacità di piangere. Convinti che Dio ha pianto e piange su queste vite derelitte, su queste speranze spezzate, su que‑ sta umanità segnata da così grandi ferite. Atti del vescovo 395

Veglia di preghiera in preparazione alla beatificazione di Paolo VI

n Cattedrale di Treviso, 10 ottobre 2014

Non sempre possiamo o riusciamo a ritrovare nei santi una esemplarità vi‑ cina, praticabile, alla nostra portata: soprattutto se sono santi lontani nel tempo, o se sono lontani dalla nostra vita consueta, come può essere un papa. Eppure Paolo VI, per chi si avvicina alla sua vicenda umana, spirituale ed ecclesiale, sembra offrire un volto affascinante dell’essere cristiano, anche per chi vive una vita “normale”, un volto che smuove dentro desideri di fede intensa e matura, di fedeltà, di adesione a Cristo, di crescita spirituale. A dispetto di quanti dice‑ vano di lui ‑ era un cliché ripetuto nella stampa di quel tempo ‑ che era uomo piuttosto cupo e triste, dalla comunicazione fredda (ma io ricordo una sua ome‑ lia in una parrocchia romana che incantava i presenti). Paolo VI si può raccontare, si può in qualche modo descrivere, ma si deve soprattutto ascoltare. Anche perché non è difficile capire che quanto egli dice proviene dal cuore, da uno scavo dell’esperienza, da una riflessione accurata. È stato quanto mai opportuno dunque, in questa veglia, riprendere testi suoi, in particolare tratti dall’Ecclesiam suam, ma anche da quel testo bellissimo che è il suo Pensiero alla morte. Oltretutto, i suoi testi hanno un linguaggio che, se anche oggi può suonare un po’ aulico, conserva comunque una innegabile pregnanza di contenuti e una particolare originalità ed eleganza letteraria. Dunque, perdo‑ natemi, ma anch’io dovrò riprendere alcuni suoi testi: la loro lucidità e bellezza rende superfluo ogni commento. Di Paolo VI potremmo richiamare aspetti diversi, considerata la vastità del suo insegnamento, ma anche le caratteristiche della sua persona che ne eviden‑ ziano una santità concreta, reale, evangelica. Emergono in particolare, anche da quanto abbiamo ascoltato, soprattutto tre riferimenti: Cristo, la Chiesa, l’uomo. In tutto questo il magistero di Paolo VI è straordinario.

‑ Cristo. Scrive mons. Pasquale Macchi, suo segretario per 24 anni: «Gesù fu da sempre il suo amore vivo, il suo riferimento costante, il suo interesse fonda‑ mentale, la sua passione, la sua specialità, il suo unico Maestro». Ci ha lasciato pagine affascinanti, anche di autentico lirismo. Riprendo, per esempio, le parole di un Angelus del 1972: «In Te, o Cristo, si sciolgono e si compongono le vicende e le controversie umane. Se abbiamo fame, Tu sei, o Cristo, il pane della vita. Se abbiamo sete, Tu, o Cristo, sei la sorgente dell’acqua viva. Tu, o Cristo sei il grande povero, sei il li‑ 396 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

beratore dei ceppi che fanno l’uomo schiavo dell’idolatria della ricchezza e del‑ l’orgoglio. Se abbiamo bisogno di amore, Tu, o Cristo, sei il supremo donatore e susci‑ tatore della carità per gli uomini e fra gli uomini. Se abbiamo bisogno di vita, Tu, o Cristo, sei il principio della vita che non muore» (5 marzo 1972). E poi quella stupenda preghiera, che questa sera stiamo facendo nostra: Tu ci sei necessario, o Cristo. Del resto la sua prima lettera pastorale (in essa di solito un vescovo esprime ciò che sente particolarmente) portava come titolo un’e‑ spressione di S. Ambrogio: Omnia nobis est Christus (Cristo per noi è tutto).

‑ La Chiesa. Non mi soffermo, perché abbiamo ascoltato testi davvero sug‑ gestivi su questo tema.

‑ Ma Paolo VI non può pensare alla Chiesa senza pensare al mondo: essa è nel mondo e per il mondo come lo è stato Gesù. Il mondo vuol dire l’uomo, l’uo‑ mo di questo tempo, con tutto ciò che lo caratterizza. Vorrei allora riprendere un testo davvero straordinario, tratto dal dis‑ corso di chiusura del Vaticano II. È una originalissima interpretazione e lettura del Concilio. Dopo aver ricordato che il Concilio si è occupato dell’uomo e dopo aver de‑ scritto in maniera efficacissima l’uomo moderno nei suoi vari volti, il Papa sog‑ giunge: «L’umanesimo laico profano alla fine è apparso nella terribile statura ed ha, in un certo senso, sfidato il Concilio. La religione del Dio che si è fatto Uomo s’è in‑ contrata con la religione (perché tale è) dell’uomo che si fa Dio. Che cosa è avve‑ nuto? uno scontro, una lotta, un anatema? poteva essere; ma non è avvenuto. L’an‑ tica storia del Samaritano è stata il paradigma della spiritualità del Concilio. Una simpatia immensa lo ha tutto pervaso. La scoperta dei bisogni umani (e tanto mag‑ giori sono, quanto più grande si fa il figlio della terra) ha assorbito l’attenzione del nostro Sinodo. Dategli merito di questo almeno, voi umanisti moderni, rinunciata‑ ri alla trascendenza delle cose supreme, e riconoscerete il nostro nuovo umanesi‑ mo: anche noi, noi più di tutti, siamo i cultori dell’uomo» (7 dicembre 1965). La passione verso l’uomo lo rendeva particolarmente attento ai lontani. A Milano nel 1957 egli indice e attua una grande missione cittadina. Vorrebbe ar‑ rivare a tutti, in particolare ai lontani. Parlando di loro, afferma: «Quanti! Quali vuoti nella comunità dei fratelli! Quale solitudine, talvolta, nella casa di Dio! Quanta pena, quanta attesa per chi ama i lontani come figli lon‑ tani!... Se una voce si potesse far pervenire a voi, figli lontani, la prima sarebbe quella di chiedervi amichevolmente perdono. Sì, noi a voi; prima che noi a Dio. Quando si avvicina un lontano, non si può non sentire un certo rimorso. Perché questo fratello è lontano? Perché non è stato abbastanza amato. Non è stato ab‑ bastanza curato, istruito, introdotto nella gioia della fede. Perché ha giudicato la fede dalle nostre persone, che la predicano, che la rappresentano; e dai nostri di‑ Atti del vescovo 397

fetti ha imparato forse ad avere a noia, a disprezzare, a odiare la religione. Perché ha ascoltato più rimproveri, che ammonimenti ed inviti. Perché ha intravisto, for‑ se, qualche interesse inferiore al nostro ministero, e ne ha patito scandalo. I lontani spesso sono gente male impressionata da noi, ministri della reli‑ gione; e ripudiano la religione, perché la religione coincide per essi con la nostra persona. Sono spesso più esigenti che cattivi. Talora il loro anticlericalismo na‑ sconde uno sdegnato rispetto alle cose sacre, che credono in noi avvilite. Ebbe‑ ne, se è così, fratelli lontani, perdonateci». Ma vorrei aggiungere ancora qualcosa. Grazie ad alcune testimonianze, noi siamo in grado di cogliere alcuni aspetti della vita personale di Paolo VI più na‑ scosti, ma che ci colpiscono. Questo grazie soprattutto a quanto ha lasciato scrit‑ to mons. Pasquale Macchi. Egli racconta: «Ebbi subito la sensazione della grandezza del nuovo arcive‑ scovo, della sua statura morale e spirituale, che rimaneva velata dal comporta‑ mento semplice e accogliente, umile e riservato, ma cordiale ed aperto». E ci fa conoscere alcune cose. Per esempio, la sua semplicità e povertà. «Già quando ini‑ ziò il ministero di Arcivescovo decise di non tenere più denaro con sé, dipen‑ dendo sempre da me, suo segretario e spesso mi ripeteva: “Mi aiuti a essere po‑ vero”. Appena giunto a Milano, volle regolare con i suoi fratelli le disponibilità che ancora aveva per l’eredità dei genitori, e si liberò da ogni proprietà». Questa semplicità e sobrietà si espresse anche nello stile impresso ai para‑ menti liturgici («persero i ricchi pizzi e anche ciò che era ridondante e super‑ fluo»; e poi le croci e gli anelli dei vescovi…). E ancora: «L’arcivescovo ogni venerdì pomeriggio si recava in forma del tutto privata a far visita a infermi o poveri o handicappati: era l’incontro con Ge‑ sù nella persona umiliata e sofferente. Nessuno ne era al corrente: … io lo ac‑ compagnavo in poverissime case al centro o in periferia di Milano, talora in ve‑ ri tuguri o piccole baracche». Mi piace anche ricordare qualcosa che avvenne prima della sua morte. Ci mostra come un santo si prepara alla morte. Mons. Macchi scrive: «Negli ultimi mesi di vita mi manifestò più volte il suo desiderio di chiedere perdono “a quanti egli avesse, offeso, non servito, non abbastanza amato” e di offrirlo a quanti lo desiderassero da lui. Usò ogni mezzo utile: messaggi scritti o per telefono, gesti amichevoli, segni di particolare bene‑ volenza, visite personali». ‑ L’ultima uscita da Castel Gandolfo fu il 1° agosto 1978 (morì il 6): si recò sulla tomba del cardinale Pizzardo in una chiesa alle Frattocchie. «Con voce de‑ bole e un po’ tremolante, che suscitò l’apprensione di quanti erano presenti, ri‑ evocò la figura di quel Cardinale… e ne mise in risalto le benemerenze. Poi con molta fatica scese a pregare nella cripta, inginocchiandosi sulla sua tomba». È noto che il card. Pizzardo lo aveva fatto soffrire non poco durante il suo servizio alla Santa Sede. 398 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

Infine vorrei richiamare la forza che aveva in lui il senso del servizio e del‑ la donazione di sé, unitamente alla convinzione della sua piccolezza di fronte al compito che gli era stato affidato. Sono pagine piene di fede, ma anche toccanti perché piene di umanità. Riferendosi alla sua elezione a Papa annotava: «Come si fa al vespero della vita terrena a salire su questo vertice? È ancora educabile lo spirito, con le sue abitudini acquisite, con la debolezza dei suoi strumenti psico‑fisici?». E in un altro testo: «La mia posizione è unica. Vale a dire che mi costituisce in un’estrema solitudine. Era già grande prima, ora è totale. Dà le vertigini. Co‑ me una statua sopra una guglia, anzi una persona viva, quale io sono… Anche Gesù fu solo sulla Croce… Non devo avere paura, non devo cercare appoggio esteriore che mi esoneri dal mio dovere. E soffrire solo…. Io e Dio ». In un altro testo egli sembra addirittura chiedere al Signore di concludere la sua vita (ed eravamo ancora all’inizio del suo pontificato). Queste espressioni so‑ no affidate al suo Pensiero alla morte: «Più ancora che la stanchezza fisica, pronta a cedere ad ogni momento, il dramma delle mie responsabilità sembra suggerire come soluzione provviden‑ ziale il mio esodo da questo mondo, affinché la Provvidenza possa manifestarsi e trarre la Chiesa a migliori fortune. La Provvidenza ha, sì, tanti modi d’interve‑ nire nel gioco formidabile delle circostanze, che stringono la mia pochezza; ma quello della mia chiamata all’altra vita pare ovvio, perché altri subentri più vali‑ do e non vincolato dalle presenti difficoltà. Sono servo inutile». E il giorno della conclusione del Concilio Paolo VI annotava: «”Mi ami? Pasci i miei agnelli... Quando sarai vecchio...” [è il cap. 21 del vangelo di Giovanni]. La tentazione della vecchiaia: riposare, godere finalmente la vita, almeno al suo tramonto, dopo d’aver imparato a conoscerla. Ma per un servitore, un servitore di Cristo, non c’è questo riposo. Tanto meno per me, “ser‑ vo dei servi di Dio”. “Amò fino alla fine”. Ma dove le forze? Dove la chiarezza di giudizio? Dove il gusto d’agire? E poi: altri certamente farebbe meglio di me; e allora? “Mostrami le tue vie, o Signore”. Agli uomini nulla più chiedere, tutto dare. Forse il Signore mi ha chiamato e mi tiene a questo servizio non tanto per‑ ché io vi abbia qualche attitudine, o affinché io governi e salvi la Chiesa dalle sue presenti difficoltà, ma perché io soffra qualche cosa per la Chiesa, e sia chiaro che Egli, non altri, la guida e la salva». Questa è santità e noi siamo felici che essa sia finalmente riconosciuta dalla Chiesa. Da questa santità penso che tutti noi possiamo attingere. E intanto ren‑ diamo grazie al Signore per aver donato questo Papa alla Chiesa, in tempi in cui essa aveva particolarmente bisogno della sua sapienza e della sua santità. Atti del vescovo 399

Incontro con gli Amministratori locali della Diocesi di Treviso

n Treviso, Vescovado, 18 dicembre 2014

Saluto con deferenza e rispetto, ma anche con sincera cordialità tutti Voi, che avete accolto anche quest’anno l’invito a ritrovarci qui, per scambiarci gli au‑ guri in occasione del Santo Natale e del nuovo Anno. Esprimo la mia viva gratitudine per essere qui. Preferirei essere io a vi‑ sitare Voi e a rendere omaggio a ciò che rappresentate e a quanto operate nei luo‑ ghi del vostro impegno quotidiano. Anche per fugare ogni sia pur lontana par‑ venza ‑ diciamo così ‑ di “convocazione” dei politici e degli amministratori da parte del vescovo; il quale è solo il pastore di questa Comunità cristiana trevi‑ giana (tra l’altro non coincidente con la comunità civile della Provincia), e tale è percepito solo da quanti, in nome della loro fede, si riconoscono membri di que‑ sta chiesa diocesana. Mi permetto, rispettando la tradizione, di offrire qualche spunto di rifles‑ sione, ponendomi di fronte al Vostro compito delicato ed esigente. 1. Una prima considerazione. Il vostro compito di fare politica, già di per sé laborioso, è reso ulteriormente difficile dal clima e dalle espressioni di accen‑ tuata e preoccupante antipolitica che caratterizzano questo nostro tempo. La sfi‑ ducia e il distacco che non pochi cittadini vivono nei confronti delle istituzioni pubbliche vi costringono a tentare quotidianamente di rinsaldare un rapporto, che continua invece ‑ si direbbe ‑ a scucirsi e ad allargarsi. “Politica” è una nobi‑ le parola, che dice un compito alto, ma rischia di non essere più riconosciuta ta‑ le, e anzi vituperata, perché identificata con una “casta” o addirittura con la se‑ te di profitto. Quasi un’attività da cui guardarsi! Il paradosso è che tutto spingerebbe, in questo momento, alla riscoperta e alla valorizzazione della politica, cioè ad una più intensa e sapiente capacità di ordinare la vita sociale secondo un principio di bene comune, proprio per le sue attuali allarmanti storture e per i gravi fattori di smarrimento che coinvolgono la vita di tante, tantissime persone. Pensiamo a quanto la struttura economica e del lavoro lasci in molti, in troppi, un senso cupo di insicurezza, con drammi sociali che si moltiplicano an‑ che nelle famiglie apparentemente tranquille della nostra Diocesi. Pensiamo al‑ l’aumento drammatico delle disuguaglianze e al venir meno di precedenti tute‑ le, unitamente allo strapotere finanziario che crea, e distrugge, ricchezza per po‑ chi nella speculazione dell’immediato e a svantaggio dei più; provocando degli esclusi, i quali, come afferma papa Francesco, non sono solo “sfruttati” ma di‑ ventano “rifiuti, “avanzi” (Evangelii gaudium 53). Pensiamo ‑ come scrive un no‑ stro conterraneo, mons. Mario Toso ‑ ad una politica che spesso «si è trasforma‑ 400 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

ta in uno strumento di lotta per un potere asservito a interessi individuali e set‑ toriali, in uno strumento di conquista di spazi più che di gestione di processi» (M. TOSO, Riappropriarsi della democrazia, Libreria Editrice Vaticana 2014, p. 12). Pensiamo ancora al consumo accelerato di beni ambientali non riproducibili. Pensiamo alla difficoltà per tanti nostri giovani di accedere ad un lavoro sul qua‑ le costruire il loro futuro. E pensiamo ancora al forte deperimento dell’etica pubblica: abbiamo pe‑ santemente intaccato in questi anni il nostro capitale di bene sociale, cioè quei beni di natura spirituale e morale che ispirano e reggono il sistema normativo e i comportamenti delle istituzioni e della convivenza civile. Come non pensare che all’origine della sfiducia verso la politica e la pubblica amministrazione vi sia anche la ben nota diffusione di scandali dalle dimensioni inquietanti, presente anche nel nostro Veneto? E così alla sensazione della scarsa efficienza degli ap‑ parati pubblici si aggiunge la sensazione di una ignobile immoralità che affiora con frequenza allarmante. E dispiace che sovente tutto questo getti un’ombra di pesante discredito an‑ che sulle persone ‑ amo pensare davvero numerose ‑ che gestiscono la cosa pub‑ blica con cristallina onestà e con profondo senso civico. Come pure dispiace ve‑ dere allontanarsi dalla politica i giovani: troppo pochi sembrano tra di essi colo‑ ro che sanno appassionarsi alle problematiche sociali, sentendosi animati da un sano desiderio di impegno nella costruzione della società. Assistiamo così, di conseguenza, ad una crisi della democrazia. Non entro nell’analisi di questo fenomeno, che certo meriterebbe un’analisi ben più attenta e approfondita di quanto non appartenga alla mia competenza. Certo è che quando all’impotenza e al discredito della politica e delle istituzioni, alle paure del futuro e al venir meno di un benessere precedentemente raggiunto, si ag‑ giunge anche la difficoltà di tenere collegati i governanti e i governati, gli esiti possono divenire drammatici. Una situazione così seria dovrebbe perciò non tanto produrre la rassegna‑ zione di un pessimismo vano, o un’indignazione rancorosa e sterile, ma essere di sprone per tutti all’assunzione di responsabilità: per riconciliare la politica con la gente; perché il distacco tra la vita politica e i reali bisogni dei cittadini non eroda in profondità la sostanza della nostra democrazia, magari aprendo la stra‑ da ad un facile populismo che trascina gli arrabbiati e incanta gli sprovveduti.

2. Anche perché ‑ ed è questa una seconda considerazione ‑ senza la buona politica, la società non progredisce. Una società che non abbia alla sua base regole condivise, accettate e rispet‑ tate, che non coniughi promozione dei diritti e adempimento dei doveri, che sia priva di ordinamenti che tutelino le libertà e gli spazi di partecipazione alle de‑ cisioni che riguardano tutti, è una società incapace di realizzare il bene comune. In un Comune, come in uno Stato, la buona politica si alimenta della partecipa‑ Atti del vescovo 401

zione e della fiducia dei cittadini. Senza di queste, cade la democrazia come spa‑ zio di libertà: allora si diviene sudditi, non cittadini. Voi amministratori sperimentate ogni giorno situazioni di nuove povertà, di solitudini, ansie e domande insoddisfatte di senso del vivere nei nostri paesi; incontrate giovani alla ricerca di lavoro che non trovano, incerti e disorientati ri‑ spetto al personale progetto di vita; imprenditori oberati da obblighi e impegni, e impossibilitati a dirvi se la loro azienda continuerà nel prossimo mese; lavora‑ tori che vivono nell’ansia di quel che potrà accadere domani nel loro posto di la‑ voro, o che, se non più giovani, sono nella trepidazione e nella fatica di doversi riciclare alla ricerca, solitamente ardua, di una nuova occupazione; famiglie che all’instabilità affettiva e strutturale sempre più diffusa, associano anche quella di ristrettezze economiche. A fronte di ciò, come cittadini e come responsabili del bene comune, o ci ta‑ citiamo in quella che papa Francesco ha chiamato “globalizzazione dell’indiffe‑ renza”, nascondendo temporaneamente i reali problemi e rinviandone la solu‑ zione, o avvertiamo tutti nella mente e nell’animo l’urgenza di un cambiamento, e non certo di facciata ma che vada in profondità.

3. Pongo allora la domanda (è il terzo pensiero): con quale animo possiamo risalire la china? Non mi sogno neppure di offrire risposte autorevoli, ma oso tentare qualche riflessione che riguarda prevalentemente, per così dire, l’atteg‑ giamento interiore. Nell’architrave della sala di un municipio presente nella nostra diocesi ho let‑ to questa scritta latina: «Animus in audiendo benignus, che potremmo tradurre: l’a‑ nimo dell’amministratore e del politico sia disposto sempre al bene autentico ed esclusivo della persona, di qualunque persona che viene a lui per farsi ascoltare, per parlargli, per chiedere consiglio e aiuto, per ottenere una risposta. Lo fa, colui che si presenta, per la sua dignità, perché ne ha diritto, e perché in quel luogo Voi siete a servizio del suo bene, del bene di ciascuna persona. E per ognuna di queste persone vi occorrono pazienza, ascolto, fatica, impegno, “compassione”. Perché il sindaco è sindaco di tutti i cittadini, anche di chi ha votato per altri. E nel portale della sala consiliare del medesimo municipio, dove il con‑ fronto dialettico può assumere toni vigorosi e concitati, e dove si adottano deci‑ sioni per l’intera comunità, ho trovato scritto: «Animus in consulendo liber» (cioè: l’animo sia libero nel discutere e nel decidere). La libertà interiore da pregiudi‑ zi, favoritismi, ricatti, rancori, pressioni è indispensabile per agire con un senso alto di responsabilità, con un senso autentico delle istituzioni e con un necessa‑ rio distacco dal potere. Se così fosse, non sarebbero accaduti gli scandali emersi in questi mesi! E ciò vale per il Consiglio comunale, per il Consiglio provinciale, quello regionale e il Parlamento, perché solo con tale animo libero Voi sarete in grado di porvi al servizio vero dell’uomo, capaci di immettere nelle vostre po‑ polazioni una fruttuosa coesione sociale, di unire energie e risorse anche oltre il 402 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

confine del vostro Comune, collaborando anche con i vicini nelle forme ammi‑ nistrative oggi rese possibili. C’è un forte bisogno oggi di personalità di riferimento che parlino e agisca‑ no in nome di ciò che davvero vale, con libertà e disinteresse, oltre il pragmati‑ smo e il vantaggio personale. E i cittadini intuiscono e apprezzano quando tutto questo avviene, anche se non lo manifestano sempre con il consenso immediato. Ai sindaci e agli amministratori comunali vorrei dire: nei vostri Comuni le per‑ sone e le famiglie hanno la possibilità di riscoprire il valore delle relazioni, del buon vicinato e della solidarietà, dei diritti e dei doveri; in essi avviene ‑ do‑ vrebbe avvenire ‑ quella che potremmo chiamare la “nascita alla vita democrati‑ ca”, la crescita della responsabilità come cittadini. Nei vostri Comuni si possono promuovere le energie e le sensibilità tipiche della singola comunità. Penso a va‑ rie definizioni date del municipio: culla della democrazia, casa comune, casa di vetro! Gli Amministratori comunali sono come i sensori che per primi percepisco‑ no i veri problemi dei cittadini. Il servizio reso dall’Amministratore può indur‑ re a vincere gli egoismi e le chiusure delle persone e dei gruppi, anche quelle dei campanili, o dei movimenti associativi. Egli ha una responsabilità di incidenza importante, può divenire testimone del servizio nella trasparenza e nella legali‑ tà, operando con prudenza e coraggio, con concretezza e lungimiranza: facendo sperimentare la democrazia ai cittadini, valorizzando i diritti e i doveri di citta‑ dinanza, consentendo ai cittadini di conoscere e di documentarsi, di ottenere le ragioni dei sì e dei no, stimolando e rispettando la ricchezza delle tante associa‑ zioni, perché in esse si realizzano la partecipazione vera e la sussidiarietà. La coesione sociale tra gruppi, generazioni, popolazioni diverse, principale obiettivo di chi amministra, si incontra anche con la questione dei mutamenti sociali in atto anche nei paesi della diocesi, a seguito dell’imponente fenomeno immigratorio. L’integrazione sociale dei nuovi arrivati, questione da affrontare con coraggio e avvedutezza, è il punto di arrivo di un processo lungo e impe‑ gnativo, fatto di accoglienza, di conoscenze reciproche, di acquisizione sia dei di‑ ritti che dei doveri, di esperienze vissute in comune nella fruizione delle oppor‑ tunità e nel rispetto delle regole, di esercizio della cittadinanza attiva, di inclu‑ sione piena nella vita comunitaria. Senza rinunciare alle nostre caratteristiche culturali, spirituali, religiose; anzi, obbligati a viverle con maggiore convinzione, aperti alla conoscenza, al dialogo e alla convivenza rispettosa e arricchente con le famiglie di altre culture e tradizioni. Vorrei anche suggerirvi ‑ ma ne accenno appena ‑ due investimenti. Anzitutto investire sui giovani: investire risorse progettuali, umane, finan‑ ziarie per la formazione, l’istruzione, la cultura dei giovani. E poi investire per le famiglie. È ampiamente maturo il tempo per porre al centro dei programmi politici e amministrativi dei Comuni, come della comuni‑ tà regionale e nazionale, la famiglia, che è la struttura antropologica al centro del ciclone demolitorio nell’Occidente secolarizzato. Indebolita e deformata da fe‑ Atti del vescovo 403

nomeni nuovi, che pretendono di avere pieno riconoscimento nel costume e nel‑ la giurisdizione, e resa fragile dalla crisi demografica, essa tuttavia si conferma da parte di tutti, anche dei giovani, la cellula sociale capace di “tenere” nei tem‑ pi delle crisi economiche e di quelle morali.

3. Un terzo punto. Che cosa ha da offrirvi la Chiesa? Vi offre il suo tesoro che è il Vangelo, e poi la Dottrina sociale cristiana, che tenta di esserne media‑ zione per l’organizzazione della vita sociale. La Dottrina sociale della Chiesa non è un prontuario di soluzioni predefini‑ te, né i vescovi hanno le competenze per indicare le ricette più efficaci per i temi sociali, economici o politici. Gesù Cristo non ha proposto una dottrina di ordine politico ed economico, ma ha annunciato e reso possibile un ordine spirituale e morale che è presupposto per un retto ordine sociale. Pertanto la Dottrina socia‑ le può offrire indicazioni forti che aiutino a definire meglio le finalità dell’agire politico, a individuare e a difendere i valori di fondo dell’uomo e della società, a stabilire dei retti criteri di comportamento e alcuni obiettivi permanenti a favo‑ re del bene comune. Anche se, certo, non è facile per i cristiani, come qualcuno ha detto, navi‑ gare nel mondo di Machiavelli con la bussola di San Francesco. Né basta rifu‑ giarsi nelle nobili ma comode dichiarazioni di principio e neppure vivere di la‑ mentele e di anatemi. La fede non è eterea, ma si sviluppa e viene testimoniata nella vita concreta quotidiana e modella la qualità del vivere. Come cristiani sia‑ mo chiamati a inserirci nelle dinamiche della vita della comunità locale e di quel‑ la nazionale e internazionale, a operare a fianco di persone con le quali convive‑ re e dialogare nella lealtà, anche nella fatica, e a cercare con esse punti di vici‑ nanza, non guardando al bagaglio ideologico e culturale di ciascuno, ma pun‑ tando a ritrovarsi su un progetto di uomo e di società da costruire per il futuro. Per fare ciò occorre essere cristiani professionalmente validi, politicamente preparati, che agiscono nel rispetto di laicità e pluralismo. La testimonianza per‑ sonale è ammirevole e può suscitare rispetto e stima, ma deve diventare “azio‑ ne‑insieme” per il bene comune: questa è la politica. Può darsi che agli uomini della politica e della pubblica amministrazione noi cittadini chiediamo troppo. Permettetemi di dire però che avvertiamo l’ur‑ genza di una classe dirigente che si assuma la responsabilità di ciò che dice e fa e ne renda conto, rinunciando alla corsa a far divenire diritti gli interessi e le con‑ venienze di ciascuno; che ritorni a distinguere nella propria coscienza le catego‑ rie del lecito e dell’illecito, dei doveri, delle responsabilità; che riprenda a parla‑ re, ma nei fatti, di bene comune, di solidarietà e di sussidiarietà. Vi chiediamo di dimostrarci che la buona politica è possibile, che non cor‑ risponde a verità la generalizzazione del giudizio negativo su politici e ammini‑ stratori, che meritate apprezzamento perché siete capaci di un servizio disinte‑ ressato ed efficace a favore di tutti i cittadini delle vostre comunità, soprattutto 404 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

dei più emarginati. Vi chiediamo di confermare il pensiero del beato Paolo VI, quando affermava che «la Politica è una maniera esigente di vivere l’impegno cristiano al servizio degli altri». E, infine, consentitemi una raccomandazione che ‑ se mi è lecito ‑ definirei fraterna. Nella frenesia di un impegno che può talvolta rischiare di divenire to‑ talizzante, non rinunciate a trovare per voi i tempi non solo delle buone relazio‑ ni umane, a cominciare da quelle familiari, ma anche i tempi delle pause e del si‑ lenzio, per una serena, ma approfondita verifica di ciò che fate, di come lo fate e per chi lo fate. Magari, per chi è credente, mettendovi anche davanti al Vangelo. Potranno essere soste preziose. A tutti Voi, ai vostri cari, ai vostri collaboratori, alle vostre Comunità, l’au‑ gurio di un Natale particolarmente lieto e sereno, e illuminato dalla luce del Ver‑ bo incarnato, e di un nuovo anno, probabilmente non privo di fatiche, ma ‑ lo speriamo fortemente ‑ anche fecondo di frutti. Atti del vescovo 405

Messaggio alla Diocesi per il Natale 2014, pubblicato su “La Vita del Popolo”

Fratelli e Sorelle, la Liturgia cristiana ci fa dono, ancora una volta, della me‑ moria del Natale del Signore. L’augurio di “buon Natale” viene spontaneo sulla bocca di tutti, anche in chi non ha particolare familiarità con la persona di Gesù. E davvero è una consuetudine che merita di essere conservata, anche solo per quel poco di reciproca attenzione, di simpatia, di fratellanza che riesce ad espri‑ mere tra noi. Ne abbiamo bisogno. Ma io mi rivolgo anzitutto, con questo semplice messaggio, a voi, miei fra‑ telli cristiani di questa nostra chiesa trevigiana; e non posso perciò non ricordare che il Natale non è un’incantevole fiaba, non è una specie di evanescente poesia, e neppure soltanto l’occasione di esprimere qualche buon sentimento. È l’inizio della concreta vicenda del Figlio di Dio venuto tra noi ‑ uomo tra gli uomini, po‑ vero tra i poveri ‑ per rivelarci che la nostra esistenza è oggetto di un amore inat‑ teso e senza misura. Gesù ne ha parlato così: «Dio ha tanto amato il mondo da da‑ re il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui» (Gv 3,16‑17). Grazie al Figlio venuto tra noi, dunque, nessuno di quanti lo accolgono va perduto e il mondo intero è salvato. I nostri auguri di “buon Natale” forse non raggiungono questa verità, non esprimono la particolare gioia della salvezza che ci è donata. Posso invitarvi a immettere questa gioia e questa verità nei vostri au‑ guri? Come se dicessero: gioisco con te, perché anche tu sei amato e salvato, e de‑ sidero che questa salvezza si compia per te nella misura più piena. Natale come coscienza della propria salvezza! Riusciremo a viverlo con questo spirito? Il mio pensiero va, a due mesi dalla sua beatificazione, ai mes‑ saggi natalizi di quel grande cristiano che è stato Paolo VI. Egli sapeva colloca‑ re, con fine sapienza e con la passione dell’apostolo, l’evento del Natale nel con‑ testo di un mondo che sembra aprirsi con fatica all’accoglienza del Salvatore. Vorrei perciò, tra le tante, scegliere ed ascoltare con voi alcune espressioni ‑ forse un po’ auliche ma certo assai efficaci ‑ del suo messaggio natalizio del 1971. «Udite ‑ invitava Paolo VI –, udite, uomini del pensiero, udite, uomini del‑ l’azione! E voi, uomini della fatica, uomini della povertà, della schiavitù e del do‑ lore, udite: è venuto fra noi e per noi il Salvatore! Credetelo! È venuto il Salva‑ tore del mondo! Noi sentiamo, quasi ad interrompere il nostro discorso, lo stre‑ pito delle interrogazioni e delle obiezioni, che sorgono da ogni parte del mondo e da ogni spirito: Che cosa significa Salvatore? E chi è colui che si arroga tale ti‑ tolo iperbolico? E come può mai venire dal presepio di Betleem un uomo, un es‑ sere così prodigioso che sappia svelare i segreti della nostra esistenza, che possa guarire la serie senza fine dei nostri malanni, che abbia virtù di fare in se stesso 406 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

la sintesi d’ogni nostra vicenda, e soddisfare alla fine le nostre insaziabili spe‑ ranze? Chi è? È sogno? È mito? Oh, non può essere! Così risponde la folla uma‑ na all’annuncio della salvezza? Anzi, oggi più che mai insorge ed incalza e di‑ chiara: non abbiamo bisogno di codesta salvezza, non conosciamo cotesto Sal‑ vatore, non lo vogliamo riconoscere! (cfr. Lc 19, 14). Non è così che si atteggia il nostro odierno radicale secolarismo? (…) Fratelli tutti! È venuto il Cristo, oggi nostro Salvatore, domani nostro Giudice. Non lo respingiamo! Non lo ignoria‑ mo! Come i pastori, dopo l’annuncio, diciamo a noi stessi: andiamo a vedere di che cosa si tratta (cfr. Lc 2, 15). Apriamo a Lui, Cristo, la porta della nostra co‑ scienza, della nostra vita personale, familiare, sociale. Egli non viene per toglie‑ re, ma per dare! Non viene per ingombrare la stanza della nostra libertà, della nostra attività, della nostra umanità. Viene piuttosto per illuminarla, per allar‑ garla, per allietarla questa stanza della nostra vita che, a ben guardarla, ha pro‑ prio bisogno, sotto ogni aspetto, di questo misterioso piccolo Ospite, Gesù». Vogliamo aprirci a questo «misterioso piccolo Ospite», a quest’Uomo che ha la capacità di «fare in se stesso la sintesi d’ogni nostra vicenda». Sapendo che sono molti anche oggi, anche tra noi, coloro che Paolo VI definiva «uomini del‑ la fatica, uomini della povertà, della schiavitù e del dolore». Vorremmo che la bella notizia del Salvatore raggiungesse soprattutto costoro; e che questo avve‑ nisse, prima di tutto, grazie alla nostra solidarietà, al nostro “uscire” verso di lo‑ ro, al nostro piegarci sulle loro ferite, al nostro saper asciugare, con dolcezza fra‑ terna, le loro lacrime. A tutti voi un augurio cordialissimo di un Natale accolto nella fede e vissu‑ to nella preghiera. Senza dimenticare che la salvezza di Dio passa anche attra‑ verso i nostri gesti di un amore umile e concreto. Atti del vescovo 407

Impegni del Vescovo

Ottobre 2014

Mercoledì 1° ottobre Ore 20.30 Musano: Presiede la Celebrazione eucaristica in occasione della Visita Pastorale.

Giovedì 2 ottobre Ore 20.30 Signoressa: Presiede la Celebrazione eucaristica in occasione del‑ la Visita Pastorale.

Venerdì 3 ottobre Ore 20.30 Casa della Carità: presiede l’incontro di preghiera “Una speranza, un unico popolo. La forza della Speranza permette di attraversa‑ re ogni difficoltà”.

Sabato 4 ottobre Ore 15.00 Signoressa: Partecipa all’Assemblea della Collaborazione Pastora‑ le di Trevignano. Ore 18.30 Trevignano: Presiede la Celebrazione eucaristica in occasione del‑ la Visita Pastorale.

Domenica 5 ottobre Ore 9.30 Camposampiero: Presiede la Celebrazione eucaristica con il Rito di Ingresso del nuovo parroco. Ore 18.00 Montebelluna: Presiede la Celebrazione eucaristica con il Rito di Ingresso del nuovo parroco.

Lunedì 6 ottobre Ore 20.30 Collegio San Pio X: Partecipa alla terza serata della Settimana So‑ ciale dei cattolici trevigiani.

Martedì 7 ottobre Ore 20.30 Collegio San Pio X: Partecipa alla quarta serata della Settimana Sociale dei cattolici trevigiani.

Mercoledì 8 ottobre Ore 20.30 Ciano del Montello: Presiede la Celebrazione di apertura della Vi‑ sita Pastorale nella Collaborazione di Cornuda. 408 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

Giovedì 9 ottobre Ore 9.00 Montebelluna: Partecipa alla congrega dei presbiteri del vicariato di Montebelluna. Ore 20.30 Onigo: Presiede la Celebrazione Eucaristica in occasione della Visi‑ ta Pastorale.

Venerdì 10 ottobre Ore 20.45 Cattedrale: Presiede la Veglia promossa dall’Azione Cattolica dioce‑ sana in preparazione alla beatificazione di Paolo VI.

Sabato 11 ottobre Ore 9.00 Monselice: Partecipa al convegno dalla vita consacrata del Trive‑ neto. Ore 16.00 Cattedrale: Presiede la Celebrazione eucaristica con i seminaristi del Triveneto.

Domenica 12 ottobre Ore 9.30 Covolo: Presiede la Celebrazione eucaristica in occasione della Visi‑ ta Pastorale. Ore 11.30 Crocetta del Montello: Presiede la Celebrazione eucaristica in occa‑ sione della Visita Pastorale. Ore 18.00 Spinea: Presiede la Celebrazione eucaristica con il Rito di Ingresso del nuovo parroco.

Lunedì 13 ottobre Ore 18.30 Casa Toniolo: Presiede il Consiglio Pastorale Diocesano.

Mercoledì 15 ottobre Ore 20.30 Nogarè: Presiede la Celebrazione eucaristica in occasione della Visi‑ ta Pastorale.

Giovedì 16 ottobre Ore 9.00 Seminario: Partecipa all’incontro dei presbiteri anziani della Dio‑ cesi. Ore 20.30 Ciano: Presiede la Celebrazione eucaristica in occasione della Visita Pastorale.

Venerdì 17 ottobre Ore 9.30 Zelarino: Presiede la Commissione della Conferenza Episcopale Tri‑ veneta per la Vita Consacrata. Ore 20.30 Vedelago: Presiede l’incontro di preghiera per l’inizio di ministero dei parroci della futura Collaborazione di Vedelago. Atti del vescovo 409

Sabato 18 ottobre Ore 15.00 Cornuda: Partecipa all’Assemblea della Collaborazione pastorale di Cornuda. Ore 20.30 San Donà Duomo: Presiede la Veglia missionaria Diocesana.

Domenica 19 ottobre Ore 9.30 Pederobba: Presiede la Celebrazione eucaristica in occasione della Visita Pastorale. Ore 11.30 Cornuda: Presiede la Celebrazione eucaristica in occasione della Vi‑ sita Pastorale. Ore 19.00 Cattedrale: Presiede la Celebrazione eucaristica in occasione del V centenario della nascita di Santa Teresa di Gesù.

Lunedì 20 ottobre Ore 15.30 Crespano del Grappa: Partecipa all’incontro di formazione per i pre‑ sbiteri del II quinquennio di ordinazione.

Martedì 21 ottobre Ore 9.00 Crespano del Grappa: Partecipa all’incontro per i parroci di prima nomina. Ore 18.30 Seminario: Presiede la Celebrazione eucaristica nella festa di San Pio X, patrono del Seminario diocesano.

Mercoledì 22 ottobre Ore 20.30 Montebelluna: Presiede la Celebrazione di apertura della Visita Pa‑ storale nella Collaborazione di Montebelluna.

Giovedì 23 ottobre Ore 20.30 Guarda: Presiede la Celebrazione eucaristica in occasione della Visi‑ ta Pastorale.

Venerdì 24 ottobre Ore 15.30 Vescovado: Presiede il Consiglio del Vescovo. Ore 20.45 San Nicolò: Partecipa al Concerto in occasione della chiusura del centenario di San Pio X.

Sabato 25 ottobre Ore 18.30 Caonada: Presiede la Celebrazione eucaristica in occasione della Vi‑ sita Pastorale.

Domenica 26 ottobre Ore 9.00 Caerano: Presiede la Celebrazione eucaristica in occasione della Vi‑ sita Pastorale. 410 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

Ore 11.00 Montebelluna: Presiede la Celebrazione eucaristica in occasione del‑ la Visita Pastorale.

Lunedì 27 ottobre Ore 9.00 Zelarino: Partecipa all’assemblea della Conferenza Episcopale Tri‑ veneta. Ore 15.30 Crespano del Grappa: Presiede l’incontro residenziale del Consiglio Presbiterale.

Martedì 28 ottobre Ore 9.00 Crespano del Grappa: Presiede l’incontro residenziale del Consiglio Presbiterale.

Mercoledì 29 ottobre Ore 17.00 Montebelluna: Incontra i rappresentanti del mondo della Scuola del vicariato di Montebelluna in occasione della Visita Pastorale. Ore 20.45 Casa Toniolo: Incontra i direttori degli Uffici pastorali diocesani.

Giovedì 30 ottobre Ore 9.00 Santa Giustina bellunese: Partecipa alla giornata di Formazione per il clero diocesano di Belluno.

Novembre 2014

Sabato 1° novembre Ore 9.00 Contea: Presiede la Celebrazione eucaristica in occasione della Visi‑ ta Pastorale. Ore 11.00 San Gaetano: Presiede la Celebrazione eucaristica in occasione della Visita Pastorale.

Domenica 2 novembre Ore 10.30 Cattedrale: Presiede la Celebrazione eucaristica per i Vescovi defun‑ ti. Ore 15.00 Cimitero Maggiore: Presiede la Celebrazione eucaristica per i fedeli defunti.

Dal 3 al 6 novembre Crespano del Grappa: Partecipa alla settimana residenziale di for‑ mazione del clero diocesano (Vicariato Urbano). Atti del vescovo 411

Venerdì 7 novembre Ore 9.15 Vescovado: Presiede il Collegio dei Consultori. Ore 18.00 Vescovado: Presiede la Giunta del Consiglio Pastorale Diocesano.

Sabato 8 novembre Ore 15.30 Caerano: Partecipa all’ Assemblea della Collaborazione Pastorale di Montebelluna.

Domenica 9 novembre Ore 10.00 Biadene: Presiede la Celebrazione eucaristica in occasione della Vi‑ sita Pastorale. Ore 15.30 San Nicolò: Presiede la Celebrazione del rinnovo del mandato per tutti i ministri straordinari della Santa Comunione della Diocesi.

Dal 10 al 13 novembre Assisi: Partecipa all’Assemblea generale straordinaria della CEI.

Venerdì 14 novembre Ore 20.30 Breda di Piave: Presiede la Celebrazione di apertura della Visita Pa‑ storale nella Collaborazione di Breda ‑ Maserada.

Sabato 15 novembre Ore 15.00 Maserada: Partecipa all’ Assemblea della Collaborazione Pastorale di Breda ‑ Maserada. Ore 18.30 Maserada: Presiede la Celebrazione eucaristica in occasione della Visita Pastorale.

Domenica 16 novembre Ore 9.30 San Bartolomeo: Presiede la Celebrazione eucaristica in occasione della Visita Pastorale. Ore 11.15 Varago: Presiede la Celebrazione eucaristica in occasione della Visi‑ ta Pastorale.

Lunedì 17 novembre Ore 15.30 Vescovado: Riunisce la Presidenza del Consiglio Presbiterale dioce‑ sano. Ore 20.30 Candelù: Presiede la Celebrazione eucaristica in occasione della Vi‑ sita Pastorale.

Martedì 18 novembre Ore 20.30 Saletto: Presiede la Celebrazione eucaristica in occasione della Visi‑ ta Pastorale. 412 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

Mercoledì 19 novembre Ore 20.30 Pero: Presiede la Celebrazione eucaristica in occasione della Visita Pastorale.

Giovedì 20 novembre Ore 9.15 Fontane: Partecipa alla congrega dei presbiteri del Vicariato di Spresiano. Ore 18.00 Seminario: Partecipa alla prolusione dell’anno accademico di STI, ISSR e SFT. Ore 20.30 Breda di Piave: Presiede la Celebrazione eucaristica in occasione della Visita Pastorale.

Sabato 22 novembre Ore 9.30 Villorba: Incontra gli operatori nell’ambito della disabilità del vica‑ riato di Spresiano in occasione della Visita Pastorale.

Domenica 23 novembre Roma: Partecipa alla Canonizzazione di Mons. Giovanni Antonio Farina.

Dal 24 al 28 novembre Roma: Partecipa alla Congregazione per gli Istituti di Vita Consa‑ crata e le Società di Vita Apostolica.

Dal 29 al 30 novembre Roma: Partecipa alle celebrazioni di apertura dell’Anno della Vita Consacrata.

Dicembre 2014

Lunedì 1° dicembre Ore 9.15 Vescovado: Presiede l’incontro dei Vicari Foranei. Ore 18.30 Casa Toniolo: Presiede il Consiglio Pastorale Diocesano. Ore 20.30 Seminario: Partecipa al Convegno su San Giovanni Farina, “un Ve‑ scovo santo nella sua Chiesa”.

Mercoledì 3 dicembre Ore 9.30 Santa Bona: Visita i detenuti dell’Istituto Penale Minorile. Ore 15.30 Vescovado: Presiede il Collegio dei Consultori. Ore 20.30 Carbonera: Presiede la Celebrazione di apertura della Visita Pasto‑ rale nella Collaborazione pastorale di Carbonera. Atti del vescovo 413

Giovedì 4 dicembre Ore 9.00 Seminario: Partecipa alla giornata di aggiornamento per il clero. Ore 16.00 Vescovado: Presiede il Consiglio Diocesano per gli Affari Economici. Ore 20.30 Pezzan: Presiede la Celebrazione eucaristica in occasione della Vi‑ sita Pastorale.

Venerdì 5 dicembre Ore 9.15 Vescovado: Presiede il Consiglio del Vescovo. Ore 18.00 Santa Bona: Presiede la Celebrazione dei Vespri con la comunità del‑ le Cooperatrici Pastorali Diocesane.

Sabato 6 dicembre Ore 15.00 Vascon: Partecipa all’Assemblea della Collaborazione pastorale di Carbonera.

Domenica 7 dicembre Ore 9.15 San Giacomo di Musastrelle: Presiede la Celebrazione eucaristica in occasione della Visita Pastorale. Ore 11.00 Carbonera: Presiede la Celebrazione eucaristica in occasione della Visita Pastorale.

Lunedì 8 dicembre Ore 9.15 Mignagola: Presiede la Celebrazione eucaristica in occasione della Visita Pastorale. Ore 11.00 Vascon: Presiede la Celebrazione eucaristica in occasione della Visi‑ ta Pastorale. Ore 18.30 Paese: Presiede la Celebrazione eucaristica con il rito di ammissione agli ordini sacri di 8 giovani del Seminario Vescovile Diocesano.

Mercoledì 10 dicembre Ore 9.15 Vescovado: Presiede il Collegio dei Consultori. Ore 20.30 Catena: Presiede la Celebrazione di apertura della Visita Pastorale nella Collaborazione di Villorba.

Giovedì 11 dicembre Ore 20.30 Casa Toniolo: Incontra i direttori degli Uffici Pastorali diocesani.

Venerdì 12 dicembre Ore 20.30 Villorba: Presiede la Celebrazione eucaristica in occasione della Vi‑ sita Pastorale.

Sabato 13 dicembre Ore 15.30 Villorba: Partecipa all’Assemblea della Collaborazione Pastorale di Villorba. 414 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

Domenica 14 dicembre Ore 9.00 Lancenigo: Presiede la Celebrazione eucaristica in occasione della Visita Pastorale. Ore 11.00 Fontane: Presiede la Celebrazione eucaristica in occasione della Vi‑ sita Pastorale.

Lunedì 15 dicembre Ore 15.15 Seminario: Presiede il Consiglio Presbiterale. Ore 20.30 Casa Toniolo: Incontra la consulta delle Aggregazioni laicali.

Martedì 16 dicembre Ore 20.30 Catena: Presiede la Celebrazione eucaristica in occasione della Visi‑ ta Pastorale.

Mercoledì 17 dicembre Ore 18.00 Vescovado: Presiede la giunta del Consiglio Pastorale Diocesano.

Giovedì 18 dicembre Ore 18.00 Vescovado: Riceve gli amministratori locali della Diocesi per lo scambio degli auguri natalizi.

Venerdì 19 dicembre Ore 11.45 Vescovado: Incontra i direttori degli Uffici Diocesani e il personale di Curia e Casa Toniolo per lo scambio degli auguri natalizi. Ore 15.30 Vescovado: presiede il Consiglio del Vescovo.

Sabato 20 dicembre Ore 9.00 Treviso: Incontra gli ospiti e il personale delle Case di riposo della Cit‑ tà per lo scambio degli auguri natalizi.

Domenica 21 dicembre Ore 10.00 Castelfranco: Presiede l’Eucarestia con gli ospiti e gli operatori del Centro Altantis.

Martedì 23 dicembre Ore 9.30 San Nicolò: Presiede la Celebrazione eucaristica con gli studenti e i docenti del Collegio Pio X.

Mercoledì 24 dicembre Ore 23.00 Cattedrale: Presiede la Santa Messa “in nocte”. Atti del vescovo 415

Giovedì 25 dicembre Ore 9.00 Casa Circondariale di Treviso: Presiede la Celebrazione eucaristica con i detenuti. Ore 10.30 Cattedrale: Presiede il solenne Pontificale nel giorno del Natale di nostro Signore Gesù Cristo. Ore 17.00 Cattedrale: Presiede il Solenne Canto dei Vespri del giorno di Natale.

Venerdì 26 dicembre Ore 18.30 Treviso: Incontra la Comunità dei Sacerdoti Oblati e celebra con lo‑ ro i Vespri con il rinnovo delle promesse.

Sabato 27 dicembre Ore 18.00 Castelfranco, Duomo: Presiede la Celebrazione eucaristica con la Pro‑ fessione perpetua di una religiosa delle Discepole del Vangelo.

Domenica 28 dicembre Ore 08.30 Maserada: Presiede la Celebrazione Eucaristica con le ospiti e il perso‑ nale della casa di riposo delle Suore Dorotee.

Mercoledì 31 dicembre Ore 18.00 Cattedrale: Presiede la Celebrazione eucaristica con il Solenne canto del “Te Deum”.

417 Atti della Curia Vescovile

Nomine del clero

Mons. GIUSEPPE RIZZO con decr. vesc. prot. n. 1834/14/PG, in data 1 ottobre 2014, è stato nominato membro del Consiglio Pastorale Diocesano.

Don FABIO BERGAMIN con decr. vesc. prot. n. 1774/14/PG, in data 3 ottobre 2014, è stato nominato Parroco in solidum di Preganziol e Sambughè.

Don DANIELE VETTOR con decr. vesc. prot. n. 1776/14/PG, in data 3 ottobre 2014, è stato nominato Parroco di Poggiana e Vallà.

Don BERNARDO MARCONATO con decr. vesc. prot. n. 1779/14/PG, in data 3 ottobre 2014, è stato nominato Parroco di Sant’Agnese di Treviso.

Don CLAUDIO BOSA con decr. vesc. prot. n. 1780/14/PG, in data 3 ottobre 2014, è stato nominato Parroco di Camposampiero.

Don MAURO FEDATO con decr. vesc. prot. n. 1781/14/PG, in data 3 ottobre 2014, è stato nominato Parroco di Santa Bona e dell’Immacolata di Treviso.

Don ANTONIO GENOVESE con decr. vesc. prot. n. 1782/14/PG, in data 4 ottobre 2014, è stato nominato Parroco di Montebelluna e di Busta Contea.

Don ENRICO PRETE con decr. vesc. prot. n. 1783/14/PG, in data 4 ottobre 2014, è stato nominato Parroco di Loria.

Don PAOLO GIACOMAZZO con decr. vesc. prot. n. 1936/14/PG, in data 5 ottobre 2014, è stato nominato Coordinatore della Collaborazione pastorale di Santa Bona.

Don ELIO GIROTTO con decr. vesc. prot. n. 1794/14/PG, in data 6 ottobre 2014, è stato nominato Amministratore di Campocroce di Mogliano.

Don FLAVIO GOBBO con decr. vesc. prot. n. 1800/14/PG, in data 6 ottobre 2014, è stato nominato Parroco di Spinea.

Don EDOARDO CESTARO con decr. vesc. prot. n. 1801/14/PG, in data 6 ottobre 2014, è stato nominato Parroco di San Carlo di Mogliano e Zerman. 418 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

Don GRAZIANO SANTOLIN con decr. vesc. prot. n. 1803/14/PG, in data 6 ottobre 2014, è stato nominato Parroco di Postioma e Porcellengo.

Don ROBERTO CAVALLI con decr. vesc. prot. n. 1862/14/PG, in data 15 ottobre 2014, è stato nominato Collaboratore pastorale a Silea.

Don MARIO DALLE FRATTE con decr. vesc. prot. n. 1863/14/PG, in data 5 ottobre 2014, è stato nominato Collaboratore pastorale a Camposampiero.

Don CARLO VELLUDO con decr. vesc. prot. n. 1978/14/PG, in data 10 ottobre 2014, è stato nominato Vicario Urbano.

Don MARCELLO MIELE con decr. vesc. prot. n. 1934/14/PG, in data 12 ottobre 2014, è stato nominato Coordinatore della Collaborazione Pastorale di Spinea.

Don ANTONIO CUSINATO con decr. vesc. prot. n. 1885/14/PG, in data 15 ottobre 2014, è stato nominato Parroco in solidum moderatore di Albaredo, Fossalunga e Vedelago.

Don IVAN FELTRACCO con decr. vesc. prot. n. 1895/14/PG, in data 15 ottobre 2014, è stato nominato Parroco di Barcon e Fanzolo.

Don MORENO DE VECCHI con decr. vesc. prot. n. 1895/14/PG, in data 15 ottobre 2014, è stato nominato Parroco di Casacorba e Cavasagra.

Don ANTONIO MARTIGNAGO con decr. vesc. prot. n. 1914/14/PG, in data 15 ottobre 2014, è stato nominato Parroco in solidum di Albaredo, Fossalunga e Vedelago.

Don FLAVIO GALLINA con decr. vesc. prot. n. 1924/14/PG, in data 18 ottobre 2014, è stato nominato Parroco di Bavaria, Nervesa e Santa Croce del Montello.

Don NARCISO BERNARDIS con decr. vesc. prot. n. 1926/14/PG, in data 18 ottobre 2014, è stato nominato Parroco di Giavera e Santi Angeli del Montello.

Don MARCO CARLETTO con decr. vesc. prot. n. 1927/14/PG, in data 18 ottobre 2014, è stato nominato Parroco di Lancenigo.

Don MASSIMO GALLINA con decr. vesc. prot. n. 1928/14/PG, in data 18 ottobre 2014, è stato nominato Parroco di Cappella di Scorzè.

Don ROBERTO STRADIOTTO con decr. vesc. prot. n. 1930/14/PG, in data 18 ottobre 2014, è stato nominato Amministratore parrocchiale di Sant’Ambrogio di Grion. Atti della Curia Vescovile 419

Don MICHELE PESTRIN con decr. vesc. prot. n. 1979/14/PG, in data 24 ottobre 2014, è stato nominato Coordinatore della Collaborazione Pastorale di Musile di Piave.

Don CARLO PARISOTTO con decr. vesc. prot. n. 1627/14/PG, in data 25 ottobre 2014, è stato nominato Collaboratore pastorale a Cappella di Scorzè.

Don DIONISIO ROSSI con decr. vesc. prot. n. 2016/14/PG, in data 1 novembre 2014, è stato nominato Assistente spirituale dell’O.A.M.I. (Opera Assistenza Malati Impediti).

Don FRANCESCO FILIPPUTTI con decr. vesc. prot. n. 2079/14/PG, in data 1 novem‑ bre 2014, è stato nominato Vicario parrocchiale di Arcade, Camalò, Povegliano e Santandrà.

Don GIANFRANCO MARTON con decr. vesc. prot. n. 2114/14/PG, in data 1 novem‑ bre 2014, è stato nominato Collaboratore pastorale di Sant’Ambrogio di Fiera.

Don ALESSANDRO BELLEZZA con decr. vesc. prot. n. 2115/14/PG, in data 1 novem‑ bre 2014, è stato nominato Collaboratore pastorale per la Cattedrale.

Don GIOVANNI GIUFFRIDA con decr. vesc. prot. n. 2116/14/PG, in data 1 novembre 2014, è stato nominato Collaboratore pastorale di Trebaseleghe e Sant’Ambrogio di Grion.

Don STEFANO DIDONÈ con decr. vesc. prot. n. 2136/14/PG, in data 1 novembre 2014, è stato nominato Collaboratore pastorale di Trebaseleghe e Sant’Ambrogio di Grion.

Don BORTOLO GASTALDELLO con decr. vesc. prot. n. 2137/14/PG, in data 1 novem‑ bre 2014, è stato nominato Collaboratore pastorale di Castello di Godego.

Don ALESSANDRO DUSSIN con decr. vesc. prot. n. 2138/14/PG, in data 1 novembre 2014, è stato nominato Collaboratore pastorale di Castello di Godego e Riese Pio X.

Don DONATO PAVONE con decr. vesc. prot. n. 2139/14/PG, in data 1 novembre 2014, è stato nominato Collaboratore pastorale di Cavriè e San Biagio di Callalta.

Don CLETO BEDIN con decr. vesc. prot. n. 2143/14/PG, in data 1 novembre 2014, è stato nominato Collaboratore pastorale di Bavaria, Nervesa e Santa Croce del Montello.

Don TIZIANO ROSSETTO con decr. vesc. prot. n. 2144/14/PG, in data 1 novembre 2014, è stato nominato Collaboratore pastorale di Castagnole. 420 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

Don PRIMO ZANATTA con decr. vesc. prot. n. 2145/14/PG, in data 1 novembre 2014, è stato nominato Collaboratore pastorale di Musile di Piave.

Don CHIDI EKEPENDU UZOMAKA con decr. vesc. prot. n. 2148/14/PG, in data 1 no‑ vembre 2014, è stato nominato Collaboratore pastorale di Noventa di Piave.

Don ERALDO MODOLO con decr. vesc. prot. n. 2149/14/PG, in data 1 novembre 2014, è stato nominato Collaboratore pastorale di San Giuseppe di San Donà.

Don MAURO MONTAGNER con decr. vesc. prot. n. 2150/14/PG, in data 1 novembre 2014, è stato nominato Collaboratore pastorale di Breda di Piave e Saletto.

Don FABIO FRANCHETTO con decr. vesc. prot. n. 2151/14/PG, in data 1 novembre 2014, è stato nominato Collaboratore pastorale di Catena e Lancenigo.

Don DAVIDE FRASSETTO con decr. vesc. prot. n. 2152/14/PG, in data 1 novembre 2014, è stato nominato Collaboratore pastorale di Villorba.

Don DIOGENES PINEDO ECHAVEZ con decr. vesc. prot. n. 2207/14/PG, in data 1 no‑ vembre 2014, è stato nominato Collaboratore pastorale di Spinea.

Don FRANCO ZOGGIA con decr. vesc. prot. n. 2235/14/PG, in data 1 novembre 2014, è stato nominato Assistente ecclesiastico dell’A.G.E.S.C.I. della Zona di Ca‑ stelfranco.

Don FILIPPO FACCHIN con decr. vesc. prot. n. 2021/14/PG, in data 4 novembre 2014, è stato nominato Parroco di Robegano.

Don RAFFAELE CODEN con decr. vesc. prot. n. 2024/14/PG, in data 4 novembre 2014, è stato nominato Parroco di Mignagola.

Don ABRAMO PIETROBON con decr. vesc. prot. n. 2033/14/PG, in data 11 novembre 2014, è stato nominato Parroco di Musestre e Ca’ Tron.

Don VIRGILIO SOTTANA con decr. vesc. prot. n. 2140/14/PG, in data 16 novembre 2014, è stato nominato Collaboratore pastorale di Musestre e Ca’ Tron.

Mons. ARDUINO BELTRAME con decr. vesc. prot. n. 2230/14/PG, in data 21 novem‑ bre 2014, è stato nominato Consulente ecclesiastico dell’Unione Diocesana Ad‑ detti al culto/Sacristi. Atti della Curia Vescovile 421

Don ADRIANO CEVOLOTTO con decr. vesc. prot. n. 2132/14/PG, in data 21 novem‑ bre 2014, è stato nominato Presidente del Consiglio di Amministrazione dell’O‑ pera San Pio X e con decr. vesc. prot. n. 2133/14/PG è stato nominato membro del consiglio di amministrazione della Fondazione “Casa del Clero” con l’incarico di Presidente.

Mons. PAOLO CARGNIN con decr. vesc. prot. n. 2237/14/PG, in data 3 dicembre 2014, è stato nominato Vicario foraneo del vicariato di Noale.

Don ROBERTO MACCATROZZO con decr. vesc. prot. n. 2312/14/PG, in data 10 di‑ cembre 2014, è stato nominato anche Parroco di Sant’Antonino in Treviso.

Mons. FERRUCCIO LUCIO BONOMO con decr. vesc. prot. n. 2323/14/PG, in data 15 dicembre 2014, è stato nominato Rettore del “Collegio vescovile Pio X”.

Mons. FERRUCCIO LUCIO BONOMO con decr. vesc. prot. n. 2323/14/PG, in data 15 dicembre 2014, è stato nominato membro del Consiglio di Amministrazione dell’ “Opera Missionarie della Carità”.

Don ADRIANO FARDIN con decr. vesc. prot. n. 2323/14/PG, in data 15 dicembre 2014, è stato nominato membro del Consiglio di Amministrazione dell’ “Opera Missionarie della Carità”.

Mons. FERRUCCIO LUCIO BONOMO con decr. vesc. prot. n. 2371/14/PG, in data 24 dicembre 2014, è stato rattificata la nomina a Presidente del Consiglio di Ammi‑ nistrazione dell’“Opera Missionarie della Carità”.

Mons. GIUSEPPE RIZZO con decr. vesc. prot. n. 2420/14/PG, in data 31 dicembre 2014, è stato confermato nell’incarico di Presidente del Capitolo della Cattedrale.

Mons. STEFANO CHIOATTO con decr. vesc. prot. n. 2421/14/PG, in data 31 dicem‑ bre 2014, è stato confermato nell’incarico di Vice Presidente del Capitolo della Cattedrale. 422 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

Nomine di presbiteri religiosi

Padre MAURIZIO ZORZI con decr. vesc. prot. n. 1797/14/PG, in data 6 ottobre 2014, è stato nominato Amministratore parrocchiale di Sant’Elena di Silea.

Padre ALVISE MARCHESINI con decr. vesc. prot. n. 1985/14/PG, in data 6 ottobre 2014, è stato nominato Vicario parrocchiale di Cendon e Sant’Elena di Silea.

Padre LUIGI LAZZARATO con decr. vesc. prot. n. 1989/14/PG, in data 6 ottobre 2014, è stato nominato Collaboratore pastorale nella Collaborazione di Castel‑ franco Veneto.

Altre nomine

Con decr. vesc. prot. n. 2107/14/PG, in data 21 novembre 2014, è stato costituito il Comitato per il VII Centenario della morte del Beato Enrico da Bolzano: AN‑ DREA BELLIENI, GIAMPAOLO CAGNIN, mons. STEFANO CHIOATTO, don LINO CUSINA‑ TO, mons. GIORGIO MARCUZZO, GIANDOMENICO MAZZOCATO, mons. MARIO SALVIA‑ TO, IVANO SARTOR, don LUCA VIALETTO.

CRIVELLER SERGIO con decr. vesc. prot. n. 1784/14/PG, in data 2 ottobre 2014 è sta‑ to confermato per un ulteriore anno come Amministratore della Fondazione “Opera missionarie della Carità”

Nomine Consigli parrocchiali per gli Affari Economici

Parrocchia di RONCADELLE, con decr. vesc. prot. n. 2017/14/PG, in data 31 otto‑ bre 2014.

Parrocchia di NEGRISIA, con decr. vesc. prot. n. 2263/14/PG, in data 6 dicembre 2014.

Parrocchia di ORMELLE, con decr. vesc. prot. n. 2265/14/PG, in data 6 dicembre 2014.

Parrocchia di FOSSALTA DI PIAVE, con decr. vesc. prot. n. 2359/14/PG, in data 20 dicembre 2014. Atti della Curia Vescovile 423

Decreto di assegnazione delle somme 8 per mille anno 2014

n Prot. n. 2281/14/PG

Vista la determinazione approvata dalla XLV Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana (Collevalenza 9‑12 novembre 1998); Considerati i criteri programmatici ai quali intende ispirarsi nell’anno pa‑ storale 2014 per l’utilizzo delle somme derivanti dall’otto per mille dell’IRPEF; Tenuta presente la programmazione diocesana riguardante nel corrente an‑ no priorità pastorali e urgenze di solidarietà; Sentiti, per quanto di rispettiva competenza, l’incaricato del Servizio dioce‑ sano per la promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica e il diretto‑ re della Caritas diocesana; Udito il parere del Collegio dei Consultori nella seduta del 03 dicembre 2014 e del Consiglio Diocesano per gli Affari Economici nella seduta del 04 di‑ cembre 2014

D I S P O N E

Le somme derivati dall’otto per mille dell’IRPEF ex art. 47 della legge 222/1985 ricevute nell’anno 2014 dalla Conferenza Episcopale Italiana “Per esigenze di culto e pastorale” sono così assegnate:

ESERCIZIO DEL CULTO: 1. Nuovi complessi parrocchiali euro 80.000,00 2. Conservazione o restauro edifici di culto già esistenti o altri beni culturali ecclesiastici euro 305.000,00

B. ESERCIZIO E CURA DELLE ANIME: 1. Curia diocesana, uffici Pastorale ed attività euro 440.000,00 2. Manutenzione straordinaria di case canoniche e/o locali di ministero pastorale euro 55.000,00

C. FORMAZIONE DEL CLERO: 1. Seminario diocesano euro 200.000,00 E. CATECHESI ED EDUCAZIONE CRISTIANA: 424 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

1. Oratori e patronati per ragazzi e giovani euro 60.000,00 2. Associazioni ecclesiali (per la formazione di membri) euro 40.000,00 3. Scuole materne parrocchiali euro 90.000,00

CONTRIBUTO AL SERVIZIO DIOCESANO PER LA PROMOZIONE DEL SOSTEGNO ECONOMICO ALLA CHIESA euro 3.000,00

H. SOMME IMPEGNATE PER INIZIATIVE PLURIENNALI: 1. Fondo diocesano di garanzia euro 207.186,06

II. Le somme derivanti dall’otto per mille dell’IRPEF ex art. 47 della legge 222/1985 ricevute nell’anno 2014 dalla Conferenza Episcopale Italiana “Per in‑ terventi caritativi” sono così assegnate:

DISTRIBUZIONE A PERSONE BISOGNOSE: 1. Da parte della Diocesi euro 520.000,00 2. Da parte delle parrocchie euro 50.000,00 2. Da parte di altri enti ecclesiastici euro 200.000,00

B. OPERE CARITATIVE DIOCESANE: 1. In favore di extracomunitari euro 60.000,00 2. In favore di anziani euro 50.000,00 3. In favore di altri bisognosi euro 50.000,00

C. OPERE CARITATIVE PARROCCHIALI 1. In favore di altri bisognosi euro 75.000,00 2. In favore di altri bisognosi (Ass. Soc. San Vincenzo) euro 20.000,00

D. OPERE CARITATIVE DI ALTRI ENTI ECCLESIASTICI: 1. Assistenza infanzia e famiglie povere euro 120.000,00

E. ALTRE ASSEGNAZIONI: 1. Scuola di formazione professionale euro 70.000,00 Atti della Curia Vescovile 425

2. Operatori di strada euro 25.000,00

F. SOMME IMPEGNATE PER INIZIATIVE PLURIENNALI: 1. Somme impegnate per iniziative pluriennali euro 2.474,30

Le disposizioni del presente provvedimento saranno trasmesse alla Segreteria Generale della Conferenza Episcopale Italiana attraverso i prospetti di rendi‑ contazione predisposti secondo le indicazioni della C.E.I..

Treviso, 10 dicembre 2014

✠ GIANFRANCO AGOSTINO GARDIN OFM Conv. Arcivescovo‑Vescovo di Treviso

mons. GIULIANO BRUGNOTTO Cancelliere Vescovile 426 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

Copie conformi degli Atti Canonici dell’Anno 2014

I Rev.di Parroci e Rettori di Chiese autonome della diocesi a norma del can. 535 del Codice di Diritto Canonico hanno l’obbligo di compilare (per sé o per alium) entro il mese di marzo del 2015 la trascrizione riassuntiva degli Atti canonici di Battesimo, Cresima, Matrimoni e Morti dell’anno 2014, secondo i moduli forniti dalla portineria della Curia Vescovile. Nel caso di omissione degli anni prece‑ denti rimane per i Parroci e i Rettori il dovere di coscienza di completare le an‑ nate mancanti per rispondere all’utilità pastorale delle predette copie in caso di necessità.

Rinnovo dell’abbonamento alla Rivista della Diocesi di Treviso

Per l’abbonamento annuale alla RIVISTA DELLA DIOCESI DI TREVISO per l’anno 2015 l’importo è di € 60,00 (sessanta/00), che viene addebitato dall’ufficio Cassa della Curia Vescovile a tutte le Parrocchie. Per gli abbonamenti individuali delle persone, degli Istituti e Case religiose e di altri Enti, è stabilita la somma di € 30,00 (trenta/00), l’importo va versato alla Cas‑ sa della Curia, specificando se si tratta di rinnovo o di primo abbonamento. Do‑ po il mese di maggio del nuovo anno, qualora non si fosse provveduto al rinno‑ vo, l’abbonamento individuale verrà sospeso. Atti della Curia Vescovile 427

Sacerdoti defunti

DON TARCISIO DAL ZOTTO, nato a Venegazzù di Volpago del Montello (TV) il 21 settembre 1928, viene ordinato sacerdote nella chiesa si S. Nicolò in Trevi‑ so il 21 giugno 1953 da S. E. mons. Antonio Mantiero, vescovo di Treviso. Svolge il ministero di vicario parrocchiale in diverse parrocchie: dal settembre del 1953 nella parrocchia di Montebelluna, dal settembre del 1957 nella par‑ rocchia di Maerne, dal settembre del 1960 nella parrocchia di Fiera, dal set‑ tembre del 1967 nella parrocchia di Fanzolo e dal giugno del 1969 nella par‑ rocchia di Selva del Montello. Il 1 maggio 1971 viene nominato parroco di Al‑ tivole dove rimane fino alla sua rinuncia accettata il 30 agosto 2004. Si ritira presso una sua abitazione privata a Venegazzù fino ad aprile del 2009, quan‑ do viene accolto presso la Casa del Clero dove muore il 2 ottobre 2014. La ce‑ lebrazione esequiale, presieduta dal vescovo Gianfranco Agostino Gardin, si tiene nella chiesa arcipretale di Altivole il 6 ottobre 2014. La salma viene tu‑ mulata nel cimitero di Venegazzù.

Mons. LUIGI FAVERO, nato a Signoressa (TV) il 1 giugno 1918, viene ordinato sacerdote nella chiesa di S. Nicolò in Treviso il 5 luglio 1942 da S. E. mons. An‑ tonio Mantiero. Nell’agosto 1942 è nominato assistente nell’amministrazione del Seminario diocesano, dal luglio 1953 è vicario adiutor nella parrocchia di Fossalta Padovana e dal settembre 1957 è cappellano a Riese Pio X. Nel settembre del 1959 viene nominato parroco a Passarella di San Donà di Piave, dove rimane fino al 31 gennaio 1971 quando rinuncia all’ufficio di par‑ roco. Dal 1971 risiede presso Casa Quaglia nella parrocchia di Paese dove pre‑ sta collaborazione pastorale. Nel 1971 viene nominato aiuto in Ufficio cassa della Curia diocesana e il 15 ottobre 1985 è nominato direttore dell’Ufficio cas‑ sa, il 31 dicembre 1999 conclude il servizio in Curia, in questi anni è anche in‑ caricato per l’assicurazione per il clero e delegato della FACI diocesana. Il 1 novembre 1988 è nominato Canonico onorario del Capitolo della Catte‑ drale e il 4 novembre 1991 è nominato canonico residenziale fino al novembre 2001, da questa data è nominato nuovamente canonico onorario. Dal 1992 al 2008 svolge l’incarico di consulente ecclesiastico dell’Associazione Professio‑ nale Italiana Collaboratrici Familiari (API – COLF). A seguito di un interven‑ to chirurgico viene accolto presso la Casa del Clero dove muore nel sonno il 16 novembre 2014. La celebrazione esequiale, presieduta dal vescovo Gian‑ franco Agostino Gardin, si tiene nella chiesa arcipretale di Paese il 19 novem‑ bre 2014. La salma viene tumulata nel cimitero di Signoressa.

Don SERGIO CENTENARO, nato a Spinea il 26 luglio 1924, viene ordinato sacer‑ dote nella chiesa del Seminario di Treviso il 29 giugno 1951 da S. E. mons. An‑ tonio Mantiero. Nell’agosto del 1951 è inviato come vicario parrocchiale a Sal‑ 428 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

zano, nel novembre del 1954 è vicario parrocchiale a San Donà di Piave e nel ottobre del 1955 a Meolo. Dal 1956 presta il suo ministero presso la Pro Civi‑ tate di Assisi. Nel maggio del 1972 ritorna in diocesi risiedendo a Spinea, e nel luglio del 1974 è nominato parroco a Campocroce di Mirano. Nell’aprile del 1975, dopo la rinuncia a parroco di Campocroce, è nominato parroco a S. An‑ drea oltre il Muson dove presta servizio fino al maggio del 1979 quando è tra‑ sferito come parroco a Barcon di Vedelago. Dopo la rinuncia a parroco nel 1985, risiedendo a Spinea, continua il suo ministero dedicandosi alla cura dei pellegrinaggi, legato alla famiglia religiosa dei Paolini. Nel novembre del 2009 è accolto presso la Casa del Clero dove muore il 25 novembre 2014. La cele‑ brazione esequiale, presieduta dal vescovo emerito S. E. Paolo Magnani, si tie‑ ne nella chiesa arcipretale di Maerne il 28 novembre 2014. La salma viene tu‑ mulata nel cimitero di Maerne. 429 Documentazione

Omelia di Mons. Paolo Magnani, Vescovo Emerito di Treviso, in occasione dell’Anniversario della Dedicazione della Cattedrale

n Cattedrale di Treviso, 14 novembre 2014

Fratelli e sorelle, vi saluto e sono contento di celebrare con voi la so‑ lennità della dedicazione della cattedrale di Treviso. Questa concelebrazione è dimostrativa del suo carattere diocesano per la partecipazione dei sacerdo‑ ti che operano a servizio del vescovo negli Uffici della curia o in altri ambiti. La vostra presenza, di religiose e laici, è per me un dono, lo dico a tutti e in particolare a voi laici presenti nel centro diocesi impegnati in ufficio, al ser‑ vizio della pastorale diocesana. La vostra presenza mi dice che siete ascolta‑ tori della Parola di Dio, oggi, con una competenza più specifica e con una percezione di ciò che è la diocesi reale di Treviso, e non solo quella ideale. Questa percezione voi la sentite per il contatto con le parrocchie. Inizio con una breve ripresentazione della Parola di Dio. Da essa ap‑ prendiamo che la cattedrale non è un edificio vuoto, non è un edificio civile, come fosse un teatro. No! È un edificio religioso. La cattedrale è la dimora di Dio non per isolare Dio ma è la dimora di Dio per gli uomini. È segno e me‑ tafora della reale dimora di Dio e profezia dell’incarnazione. Nella seconda lettura, presa della lettera di Pietro, apprendiamo che esiste un’altra dimora, che è singolare e plurale. E mi spiego: noi cristiani, noi battezzati, realizziamo uno spazio, vivo, vitale, intelligente, operoso, nel quale siamo credenti, popolo Santo e Sacerdoti. Questo è un tempio corpo‑ reo e spirituale, è custode dello Spirito Santo. Noi, altari viventi, siamo luo‑ go in cui Cristo ci associa all’offerta del suo sacerdozio. La terza lettura raggiunge teologicamente e pastoralmente la pienezza del senso della cattedrale. L’annuncio viene dato dal portale con il meravi‑ glioso rilievo del Cristo Redentore seduto in trono. Lì risuona la parola di Gesù: “Io sono la porta”. La cattedrale è il luogo dove Cristo annuncia la pa‑ rola, presiede la liturgia e accompagna la sua Chiesa verso la Gerusalemme celeste. La cattedrale è l’annuncio in forme strutturali e armoniche della re‑ galità di Cristo, ieri oggi e sempre. Quando nel 1805, sotto Napoleone, si tol‑ 430 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

se il portale della cattedrale, è come se l’avessero svestita del suo significato cristologico, quasi a ridurla in spazio funzionale liturgico e pastorale. Nel 2005 il vescovo mons. Mazzocato ha ridato, con la nuova collocazione del portale, tutta la sua dignità e la sua essenzialità, quale voce che grida nella città: “Tu sei il Cristo, Figlio del Dio vivo”. Questo è quanto abbiamo appreso della Parola di Dio. E vado oltre con una proposta di ulteriore spiegazione della cattedrale. E mi servo di due ca‑ tegorie: lo spazio e il tempo. Parlo della nostra Cattedrale, della sua esisten‑ za, della sua superficie, voluta e creata per essere cattedrale. Non dimenti‑ chiamo che spazio e tempo fanno parte della creazione del mondo. Quando entriamo in cattedrale, lasciamo altri spazi, altre superfici: la‑ sciamo una strada, lasciamo una piazza; lasciamo persino il nostro luogo di lavoro. Ma cos’è la cattedrale come spazio religioso cristiano? I templi paga‑ ni, per lo più, non avevano spazi estesi. Erano templi con l’ara del sacrificio. Non erano spazi per un’assemblea. Invece la cattedrale è spazio esteso per raccogliere persone. La catte‑ drale è uno spazio di trascendenza e occorre scoprirla con l’idea spaziale, per conoscerla, interpretarla e viverla. Questa cattedrale è il grande spazio dell’assemblea e dell’azione litur‑ gica: per l’altare c’è uno spazio riservato; per l’ambone c’è uno spazio. Anche per la Cattedra c’è uno spazio. C’è poi uno spazio per le reliquie, per le de‑ vozioni; c’è lo spazio per la Cripta, come grande reliquiario di san Liberale e soprattutto c’è uno spazio per l’assemblea. Per vivere e gustare la cattedrale liturgica, occorre fare una lettura spirituale dello spazio. Allora veniamo a capire tutti i significati che sono contenuti nel suo ambito; significati che van‑ no oltre la misura della sua estensione, e dicono la grande qualità spirituale ed ecclesiale di questo luogo. Per amare la cattedrale, occorre frequentarla, esserne intelligenti cono‑ scitori della sua spazialità e anche percepirla nel tempo e col tempo. La cattedrale di Treviso è molto importante perché ci dice come scorre il tempo della diocesi. La vita della cattedrale è la storia della diocesi. È significante il momento in cui il nuovo Vescovo fa l’ingresso in Dio‑ cesi: e questo avviene nella cattedrale. Vogliamo dare un pensiero alla pa‑ storale dei Sacramenti? Ebbene la cattedrale te lo spiega nella celebrazione della Messa Crismale. Vuoi ricordarti dell’ordinazione di nuovi preti? La cattedrale diventa ogni anno evento delle ordinazioni di nuovi sacerdoti. E così dico dei nuo‑ vi catecumeni che diventano cristiani e dicono: noi siamo nati cristiani nel‑ la cattedrale. Qui il vescovo esprime la sua significanza pastorale più qua‑ lificata. Ed inoltre la cattedrale è pure celebrazione di incontri di parroc‑ chie, del loro essere parrocchie di diocesi. Essa vede anche l’avvio delle col‑ laborazioni pastorali. Documentazione 431

La vita annuale della nostra diocesi passa notevolmente dalla Catte‑ drale. Essa ne fa la storia. Se lo spazio ci chiede intelligenza per scoprire la cattedrale, il tempo della cattedrale, in quanto tempo della vita della diocesi, ci chiede di frequentare la cattedrale, come momento per incontrarci, per co‑ noscerci, per fare comunione concreta e personalizzata. E cioè andare oltre alla connotazione numerica e geografica. La Cattedrale è un momento forte di essere e di sentirci Chiesa. 432 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

Omelia di Mons. Paolo Magnani, vescovo emerito di Treviso, in occasione delle esequie di don Sergio Centenaro n Maerne, 28 novembre 2014

Sacerdoti, fedeli, siamo venuti in questa chiesa di Maerne per parteci‑ pare alle esequie di don Sergio Centenaro, morto nell’anno novantesimo del‑ la sua età. Con voi ci sono anch’io vescovo emerito di Treviso, per incarico del vescovo diocesano mons. Gianfranco Agostino Gardin. Non avrei mai pensato di esserci in questa liturgia esequiale di don Centenaro, ma sono fe‑ lice di esserci per pregare con voi per don Sergio e per ricordare questo buon sacerdote, che ho potuto conoscere e apprezzare fino negli ultimi anni, quan‑ do lo incontravo nelle mie visite in Casa del Clero, dove era assistito con cu‑ re assidue e premurose. Nella guida della diocesi, accanto al suo nome, c’è questa laconica no‑ tizia: “Già parroco di Barcon”. Nota canonicamente corretta, ma pastoralmen‑ te inadeguata, perché don Sergio è passato da Barcon come parroco, ma poi è andato oltre, direi che ha preso il largo. La sua vita iniziava a Spinea, appunto, novant’anni fa; a ventun anni, dopo aver conseguito un diploma di specializzazione in tecnica e arte del ve‑ tro, ed aver lavorato a Murano, entra in Seminario a Treviso. Ordinato sa‑ cerdote nel 1951 da mons. Mantiero, ha svolto il suo servizio come cappella‑ no a Salzano, a san Donà e a Meolo. Nel 1956 è a servizio della Pro Civitate Cristiana ad Assisi fino al 1972, quando rientra in diocesi e diventa arciprete di Campocroce di Mirano, poi parroco di Sant’Andrea Oltre il Muson, e nel 1979 di Barcon, fino al 1985, quando rinuncia e si inserisce nella Compagnia dei Paolini. Se queste sono state le tappe della sua vita, la Parola di Dio appena proclamata, ci svela alcuni tratti della figura di don Sergio. Dalla prima lettura, presa dal libro della Sapienza, voglio sottolineare l’espressione: “I giusti Dio li ha saggiati nel crogiuolo e li ha graditi come un olo‑ causto”. Ebbene, il sacrificio così detto “olocausto” dice la totalità dell’offerta a Dio, e la totalità del gradimento di Dio. La vita di don Sergio è stata un “olocausto?”. Penso agli ultimi anni della sua esistenza sacerdotale, quando cominciò a non essere più attivo; allora divenne un prete di olocausto perché il suo cor‑ po patì una totale decadenza fisica ed egli la seppe tramutare in offerta vi‑ vendo intensamente una vita di preghiera, intriso di spiritualità mariana, nel‑ la cappella della Casa del Clero e anche fuori. E questo fino a quando l’olo‑ causto venne fisicamente consumato. Ricordo questo ultimo tratto della sua Documentazione 433 esistenza, che però illumina e interpreta tutta la sua esistenza sacerdotale: dal‑ la parrocchia alla Pro Civitate e poi alla famiglia dei Paolini, significò per lui il passaggio da una parte, al tutto, dal parziale pastorale, quasi ad un tutto. La seconda lettura ci comunica il messaggio di Giovanni, che io tradu‑ co al singolare: “Don Centenaro è passato dalla morte alla vita perché ha amato i fratelli”. Sì, tanto amore e tanti fratelli. I conoscenti, gli amici di don Sergio sono molti, sono centinaia e forse migliaia. Per tutti questi ha dato la vita, vi‑ ta che è tempo, parola, attività, cuore. E la terza lettura biblica con i discepoli di Emmaus, è un racconto di strada, di cammino in compagnia del Risorto, di discepoli in crisi, viandanti, e camminatori. Mi si consenta l’applicazione di questa immagine a don Ser‑ gio, perché del cammino, della strada, dei viaggi, lui ha saputo essere testi‑ mone di Cristo per gli altri, a sostegno della loro fede. Don Sergio ci offre l’immagine di un sacerdote diocesano, proteso ad un impegno pastorale che va al di là della comune e specifica figura del par‑ roco. La parrocchia, pastoralmente, ed anche canonicamente, è un recinto, anche se è chiamata a vivere in rete con altri territori parrocchiali. La condi‑ zione del parroco è per sua natura stanziale, e se non fosse reale, sarebbe in contraddizione con il suo ministero. Don Sergio invece si sentiva missionario, e questa sua tendenza mis‑ sionaria la confermava anche il vescovo Mistrorigo nella lettera con la quale accettava le sue dimissioni da Barcon. Don Sergio è missionario, prima con la sua adesione alla Pro Civitate di Assisi, dove predicava le missioni nelle parrocchie, e chi lo ha conosciuto gli attribuisce doti pastorali di vero predicatore, con modalità anche accatti‑ vanti; missionario, poi, nel suo inserimento nella compagnia di san Paolo, a servizio dei pellegrinaggi, con lo scopo di avvicinare il maggior numero di persone alla fede. Potrebbe sembrare ovvio dire che don Sergio è stato il prete dei pelle‑ grinaggi, invece non lo è, se si rimane fedeli alla connotazione pastorale di questa attività, e i pellegrinaggi Paolini hanno contribuito ad offrire una pro‑ posta di evangelizzazione e di crescita cristiana per tanta gente. C’è il pelle‑ grinaggio allo stato puro, c’è un pellegrinaggio inquinato dalla supremazia turistica. I pullman, i treni, gli aerei dei pellegrinaggi sono stati per don Ser‑ gio le sue Chiese, le sue assemblee di catechesi, di preghiera e di formazione allo stile di vita cristiana, più sobri e meno alberghieri: Terra Santa, Lourdes, Fatima, sono stati per lui gli spazi missionari che lo videro vivace, e fervoro‑ so per la proposta evangelica. La diocesi di Treviso lo ha conosciuto, ed apprezzato, nel pellegrinag‑ gio dei preti giovani ai santuari francesi nel 1997. In quella circostanza io l’ho percepito come il maestro dei pellegrinaggi, non semplicemente guida meti‑ colosa, ma anche offerta di Vangelo, di stile di vita, di devozione. 434 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

Don Centenaro aprì quel pellegrinaggio con un’introduzione sul te‑ ma: “Storia e senso del pellegrinaggio”; tenne poi l’omelia a Nevers sulla fi‑ gura di santa Bernadette. Quello fu un vero pellegrinaggio di intensa spi‑ ritualità con l’incontro di figure ed eventi significativi: penso ad Annecy con la figura di san Francesco di Sales, penso a Lisieux e a santa Teresina, a Paray‑le‑Monial con santa Margherita Maria Alacoque, a Nevers con santa Bernadette, ad Ars col santo Curato d’Ars, e Lione con il Pradò e Pa‑ dre Chevrier. Questo pellegrinaggio fu anche una scuola di preghiera, fu più che un corso di Esercizi Spirituali. Don Sergio era impregnato poi, di profonda devozione mariana, e fin‑ ché poté recitò ogni giorno tre rosari. Forse a Treviso molti sacerdoti si chie‑ deranno: “Chi è don Centenaro?” L’ha descritto con brevi tratti il Direttore del‑ l’Avvenire due giorni fa con un necrologio: “Don Sergio Centenaro, splendida figura di sacerdote. Maestro itinerante nel pellegrinaggio della vita”. Ora don Ser‑ gio ha concluso il suo pellegrinaggio terreno e il suo corpo è qui nella bara che ci sta davanti, ma la sua anima è nelle mani di Dio. Io ve l’ho fatto conoscere senza glorificarlo. Sant’Agostino diceva che Gesù lava i piedi degli Apostoli, e ai loro successori, perché nel loro andare sulle strade in mezzo alla gente si sono sporcati, cioè hanno compiuto anche peccati. È vero, e ve lo dice un vescovo emerito, che avanzato di età, accu‑ mula più peccati che meriti. Anche per don Sergio che ha camminato tanto sulle strade del mondo è necessario che Gesù gli lavi i piedi con l’acqua del‑ la misericordia. Allora siamo qui per invocare tutto questo, e per noi altro tempo per la nostra conversione. E tu don Sergio intercedi preso il Padre perché il nostro pellegrinaggio terreno ci conduca ad incontrare ogni giorno il Cristo Risorto. Così sia. Documentazione 435

Intervento di Mons. Cevolotto alla Veglia diocesana dei giovani per l’inizio dell’Avvento n Tempio di San Nicolò ‑ Treviso, 29 novembre 2014

Vi porto il saluto di mons. Vescovo che è a Roma per l’apertura del‑ l’anno della Vita consacrata. Un evento che avrà anche per noi stasera un’e‑ co al termine di questa veglia. Sono felice di essere tra voi a presiedere questo appuntamento a cui, a dir il vero, mancavo da diversi anni, ma verso il quale conservo un ricordo di forte esperienza di chiesa.

Il segno dell’Alleanza

Stasera si è composto in mezzo a noi l’arcobaleno: strisce di colori unite tra loro formano uno dei primi segni dell’Alleanza tra il cielo e la terra (Gen 9,1‑17). Stasera in mezzo a noi ha preso forma un segno dell’Alleanza! Ogni colore da solo non riesce a trasmettere l’intensità della gioia dell’arco‑ baleno. E’ proprio la somma dei sette colori il segno che apre il cuore. La‑ sciamoci interpellare dal segno che c’è davanti ai nostri occhi: ogni colore corrisponde ad un’esperienza di gioia, che conosciamo perché ci appartiene. Se cuciamo questi scampoli di vita possiamo cogliere un’alleanza, con Colui che è all’origine della mia esistenza. Ed essa è garanzia di un futuro. Quando il cuore dell’uomo non concepisce che progetti di male (Gen 6,5), il diluvio, che produce morte e distruzione sulla terra, è la rivolta della creazione verso se stessa. Il cuore dell’uomo ha rotto l’armonia del creato. So‑ pravvivono Noè e i suoi figli, con i quali Jahvè rifonda la relazione degli ini‑ zi della creazione. In quel momento l’arcobaleno stende un ponte tra il cielo e la terra, rinnovando l’alleanza tra Dio e gli uomini. C’è un nuovo Patto che Dio stabilisce perché prevalga sulla creazione un futuro di speranza e di pa‑ ce. Ma la pagina della Genesi ricorda che esso è per Dio stesso un richiamo al suo impegno verso ogni essere vivente. Nonostante tutto non lo abbando‑ nerà più a se stesso! Noi viviamo di alleanze e ne creiamo fin da piccoli: l’alleanza origina‑ ria con papà e mamma (garantita da loro!), con i fratelli, con gli amici, con i compagni di scuola (che chiedono reciproco impegno)… conosciamo le al‑ leanze tra generazioni, quelle educative. Sappiamo dell’importanza delle al‑ leanze tra popoli e nazioni e dei Patti che le regolano. Potremmo dire che l’al‑ leanza per eccellenza è l’amore tra un uomo e una donna, fondata sulla pro‑ messa che l’altro/a rende viva, e che vive di una promessa reciproca di fedel‑ tà: “ci sarò per‑sempre”. Infatti l’alleanza fa dire l’uno all’altra: “conta su di me!”. 436 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

Tante forme di alleanza che rinviano a quella Nuova ed Eterna che Gesù è venuto ad inaugurare. Dall’alto della croce. Ecco ciò che unisce defi‑ nitivamente cielo e terra: il Crocifisso. E’ per questo amore dato una volta per sempre che l’Alleanza può durare. Perché è Lui che ne è garante! Anche stasera il Signore rinnova la sua Alleanza. Proviamo a far risuo‑ nare come rivolta a ciascuno di noi la Parola che Dio che ci ha rivolto attra‑ verso Isaia: “… tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e io ti amo”.

La bellezza dell’esperienza di Alleanza

“Che bello!”. E’ l’espressione che esce dalle nostre labbra di fronte a ciò che ci riscalda il cuore: sentirsi chiamati per nome, sapersi amati, stimati; essere perdonati e riuscire a perdonare; nel bel mezzo di una festa: “Che bel‑ lo!”. Quando ci accorgiamo di aver costruito qualcosa di nuovo. Leggendo la gioia negli occhi di colui sul quale ci siamo chinati. Quando abbiamo intra‑ visto la nostra vocazione e finalmente si è aperta una strada su cui cammi‑ nare. Quando abbiamo fatto l’esperienza del Signore vivo accanto a noi…. “Che bello!” Anche noi abbiamo accarezzato il desiderio di fermare il tempo, di far durare per sempre quell’attimo… di assaporare la vicinanza di quella perso‑ na di cui ci siamo innamorati/e. Sul monte della Trasfigurazione Pietro l’a‑ veva chiesto a Gesù: “E’ troppo bello… restiamo qui! Facciamo tre tende”. Era ‘strabello’, così da non essere preoccupato di sé stesso. In quel momento non era di peso né il sole del giorno né la temperatura della notte. Aveva toc‑ cato il cielo con un dito.

L’Alleanza rivela un mistero

E’ nelle pieghe di questo desiderio (di catturare l’istante di gioia) che si nasconde il segreto custodito dalla gioia: gli attimi di gioia che abbiamo ap‑ pena evocato sono fessure di vita. Di pienezza… quei momenti sono gonfi di gioia. Sono assaggi di qualcosa di troppo grande per essere racchiuso in qualsiasi esperienza umana… Eppure ognuna di esse racchiude la Gioia ve‑ ra. Sono il segno dell’Alleanza che il Signore ha fatto con ogni essere viven‑ te: ha assicurato la pienezza della vita. Non è un inganno, come qualcuno è giunto a dire: il Signore ci fa in‑ travedere la gioia ma non ce la lascia vivere. Attraverso le diverse esperien‑ ze Egli ci istruisce: c’è una promessa di compimento. Nessuna esperienza esaurisce la gioia (come nessun colore da solo è l’arcobaleno), ma ognuna è partecipazione della Vita, ci introduce all’Amore. Documentazione 437

Le gocce di gioia e il mare della Vita

Ci possiamo/dobbiamo chiedere: perché certe situazioni, certi momen‑ ti suscitano in noi vera gioia? Quando questo accade? S. Ignazio di Loyola aveva colto la differenza tra l’entusiasmo che gli suscitava la lettura di av‑ venture di cavalieri intrepidi e il sentimento che invece nasceva dall’accosta‑ re la vita di Gesù e dei santi. La differenza non era sul sentimento provato e la sua intensità, ma piuttosto sulla sua durata. Aveva colto (cioè aveva fatto discernimento) sulla diversa qualità del sentimento di gioia: uno era piacere intenso ma passeggero, che imponeva, appena sfumato, nuove forti sensa‑ zioni, l’altro (la lettura della vita di Gesù e dei santi) una gioia che permane‑ va e che neppure il passare del tempo riusciva a rubargliela, lascando il po‑ sto alla tristezza. Ecco il compito che ci viene affidato: di discernere la vera gioia. Essa dura perché parte dal nostro essere più profondo: è come se venisse toccata la corda del nostro essere, del desiderio più profondo che ci abita. Il deside‑ rio che riassume la nostra identità. Se Dio, che è Amore, ci ha fatti a sua immagine e somiglianza, ogni volta che l’amore ci raggiunge noi vibriamo di gioia incontenibile, perché è raggiunto l’elemento più profondo del nostro essere. Chi incontra il volto umano dell’Amore (Gesù di Nazareth) non può non vibrare, fa esperienza profonda di gioia. E la vocazione all’amore gioioso diventa concreta. Possiamo comprendere perché sia possibile gioire anche quando ci possono essere delle tribolazioni: mi hanno sempre colpito le persone che sul letto della malattia o della morte trasmettono serenità, pace, gioia. Ho capito che essa nasce da dentro e non dipende dalle condizioni in cui ci troviamo. Trasmetti gioia perché sei custodito dall’amore. Sai di essere in mani sicure. Abbiamo iniziato stasera il tempo dell’Avvento. Che cosa chiedere e vi‑ vere se non questa invocazione che da sempre la Chiesa innalza: Maràna tha! Vieni Signore Gesù. Maràna tha! Perché tu sei la nostra gioia. Maràna tha! Perché tu sei Colui che ci riscatta dalla tristezza. Maràna tha! Vieni! Perché tu sei la Vita. 438 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

Omelia di Mons. Paolo Magnani, vescovo emerito di Treviso, in occasione della Solennità dell’Immacolata.

n Cattedrale di Treviso, 8 dicembre 2014

Cari sacerdoti, carissimi fedeli, oggi la liturgia pone al centro la Beata Vergine Maria; è Dio stesso che la porta al centro e non ai margini. Porla ai margini significherebbe porre ai margini il Dio operatore di meraviglie. Maria è una grande meraviglia di Dio, infatti Lui stesso l’ha salutata così: “Ti saluto Maria, piena di grazia”. Come dopo la creazione, Dio vide che tutto era buono, così dopo la “creazione” di Maria, vide che tutto era più che buono: Maria era la donna piena di grazia, cioè piena della bellezza e della bontà di Dio. Oggi tutto questo si fa Liturgia: cioè si fa ascolto, si fa lode, si fa rin‑ graziamento, fino a farsi Eucaristia in cui il Cristo ci dice: “Ecco vostra madre”, ed è quasi limitativo parlarne in negativo, cioè dire che “Maria, per grazia di Dio è stata esente dal peccato originale”.

Peccato originale e l’Immacolata

Ma questo peccato quando lo abbiamo commesso? E’ realtà pesante, ma è una realtà ereditata. Lo possiamo descrivere per esperienza: il peccato originale è la contraddizione che mina il profondo del‑ la nostra anima. Noi siamo chiamati al dialogo d’amore con Dio, ma c’è in noi qualcosa di oscuro e di ribelle che ci spinge a rifiutarlo, facendo di noi stessi il termine di ogni amore. Questa tendenza, la Chiesa la chiama “pecca‑ to originale”. E Maria, dal primo momento della sua esistenza umana, è stata esentata da questa contraddizione, diventando immediatamente Santuario della Santissima Trinità, in vista dell’incarnazione del Figlio. Dunque l’Immacolata è il trionfo dell’umanità, è novità che oggi si chiama antropologica, cioè è realtà più che umana e umanizzante, perché crea la relazione di ogni uomo con Dio, fino a volerlo suo figlio. Così siamo entrati in modo cosciente nel mistero dell’Immacolata, ma non basta, dob‑ biamo confrontarci.

L’affresco dell’Immacolata

A questo confronto ci interpella l’affresco con la Vergine Immacolata che orna il catino absidale di questa cattedrale. Esso ci invita a vedere, a con‑ templare e a riflettere. Documentazione 439

Su in alto, attorno al catino è però impossibile accendere candele. Vi di‑ co: accendiamo nel nostro cuore una candela mariana. L’affresco ci rappresenta la Vergine nella gloria, con evidenti segni del‑ la Vergine di Lourdes. Ella calpesta il serpente, simbolo del maligno; ai suoi fianchi sono inginocchiati Adamo ed Eva, vale a dire tutta l’umanità. I due sono lì in venerazione, in contemplazione, sono l’umanità che soffre, che supplica e che spera, spera tutto da Maria. La Madonna è circondata da do‑ dici piccole teste di angioletti, quasi come un riflesso paradisiaco.

Cattedrale mariana

Che la cattedrale di Treviso si chiuda con un affresco mariano non è ca‑ suale, infatti si chiude come struttura, mentre si apre ad un orizzonte maria‑ no: Maria non chiude, ma apre. In questo momento, sono lieto di dirvi che questo affresco mariano è stato dipinto nel 1914, dal pittore Antonio Beni, che è conosciuto e studiato dai cultori di Arte Sacra. E questo non è solo cronaca ma evento mariano si‑ gnificativo. Cento anni fa l’Immacolata ha fatto il suo ingresso in questa cattedra‑ le, dove già esisteva la Cappella Maggiore che il vescovo Zanetto, costruì, e dedicò all’Immacolata, tra il 1482 e il 1505. L’attuale affresco del Beni è stato eseguito nel 60mo anniversario della definizione del dogma dell’Immacolata e, nella sua collocazione, è strategi‑ camente strutturale alla cattedrale stessa e le conferisce una connotazione Mariana, come il Redentore del portale le conferisce una connotazione Cri‑ stologica. E mentre si chiude l’anno centenario della morte di San Pio X, vi invi‑ to ad aprire per un giorno un altro centenario, questa volta mariano. Entrate tutti in questo comitato spirituale, con fede, con devozione, memori dell’in‑ gresso dell’Immacolata in questa cattedrale, e diciamo grazie al Beato vesco‑ vo Longhin che ne è l’artefice. Pochi sanno che la cattedrale di Treviso è la casa dell’Immacolata. L’af‑ fresco che chiude, per così dire, tutta la cattedrale si trova, appunto, nel cati‑ no dell’abside, che è meno luminoso di tutto lo spazio dell’abside stessa. An‑ che per questo motivo, la pietà dei fedeli si dirige invece verso un altro alta‑ re, più luminoso, dove è esposta la statua della Madonna, ma venerata con il nome di “Ausiliatrice”, che si celebra il 24 maggio; l’Immacolata sembra troppo lontana, per i fedeli che si trovano nell’ampia navata centrale. Eppu‑ re essa la riempie di dolce e consolante maternità. Alzate gli occhi, guardate al catino dell’abside, e ascoltate la voce che da lì giunge: “La vostra redenzione è vicina”. Mentre dal portale il Redentore sembra dire: “Ecco la vostra Madre”. 440 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

Alla fine però scendiamo in basso, scendiamo in questo spazio che è la cat‑tedrale per un confronto, non biblico, teologico, liturgico, artistico, certa‑ mente tutte cose belle, ma confrontiamoci spiritualmente con l’Immacolata.

L’Azione Cattolica e l’Immacolata

Concludo ricordando che, nella nostra diocesi, oggi c’è un rito, sempli‑ ce ma notevole, ed è la consegna delle tessere ai laici dell’Azione Cattolica. È un gesto che quasi ripete le promesse sacerdotali del Giovedì Santo. L’Azione Cattolica, nel concreto, è il convenire di laici che sentono il dovere di una peculiare responsabilità, proprio come battezzati, e come tali, fuori delle sacrestie e fuori anche da una stato clericale, essi ripetono il “sì” di Maria, quello dell’annunciazione. L’Azione Cattolica non fa spettacolo, non è protagonista di visibilità, è pre‑senza di ragazzi, di giovani, di uomini e di donne che mostrano un cri‑ stianesimo parrocchiale e diocesano, cercano di essere testimoni, impegnati in famiglia, nella scuola, nella professione. Spiritualmente sono come sacer‑ doti per consacrare le cose temporali, la storia, il lavoro e la cultura. Con il loro “sì” esprimono un dovere: rimanere nella Chiesa, con i preti e con i ve‑ scovi, con una spiritualità battesimale e laicale. Essi hanno capito che i dirit‑ ti dei laici dobbiamo pensarli come sorgente di doveri e di responsabilità. Quanto ai vescovi e ai preti, la vicinanza, la condivisione e la prossi‑ mità dei laici di Azione Cattolica arricchisce la loro sensibilità pastorale; vi parlo della mia esperienza. Io oggi prego per l’Azione Cattolica Trevigiana e voi fate lo stesso. Documentazione 441

Verbale della sessione del Consiglio Presbiterale

n del 27 e 28 ottobre 2014

VERBALE PRIMA SEDUTA

Lunedì 27 ottobre 2014, alle ore 15.15 presso il ‘Centro di spiritualità e cultura don Paolo Chiavacci’ di Crespano del Grappa, alla presenza del ve‑ scovo di Treviso S.Ecc. Gianfranco Agostino Gardin, si è riunito il Consiglio Presbiterale Diocesano. Il VICARIO GENERALE, che modera l’incontro, presenta il contenuto del‑ la cartellina. Il Vescovo saluta i presenti e ricorda che il Consiglio Presbiterale Dioce‑ sano è uno strumento pensato affinché sia composto prevalentemente di preti eletti e perciò espressione del presbiterio. I vicari Foranei, membri di diritto, so‑ no anch’essi risultato di votazioni. Alcuni sacerdoti, tuttavia, sono stati nomi‑ nati dal Vescovo perché sia meglio rappresentata la fascia giovane e anziana. Il Consiglio Presbiterale deve prendersi cura della Chiesa diocesana, affidata al vescovo con il suo presbiterio. Ne deriva che, in una sede come questa, ognuno non è rappresentante di una porzione di Chiesa ma deve sen‑ tire la responsabilità di avere a cuore tutta la Chiesa. Stiamo riconoscendo sempre più il valore del presbiterio secondo quanto aveva già messo in luce la CEI negli orientamenti sulla formazione dei presbiteri. Il presbitero è, infatti, membro di un presbiterio e in virtù di ciò gli viene affidata una porzione di Chiesa. Di qui derivano alcune solleci‑ tazioni alla formazione iniziale: il seminarista deve via via rendersi conto che entra a far parte di un presbiterio come nuova famiglia a cui lo lega il sacra‑ mento dell’ordine. La cura del presbiterio è affidata al Consiglio Presbitera‑ le e chiede particolare attenzione in relazione al cammino di costituzione del‑ le Collaborazioni Pastorali. L’impegno di un sacerdote membro del Consiglio Presbiterale consiste in poche riunioni, da considerare però in tutta la loro importanza. Il Vesco‑ vo auspica che le attività del Consiglio Presbiterale siano più incisive sulla vita del presbiterio e della Chiesa, anche delineando opportune e più preci‑ se metodologie di lavoro, per giungere a scelte e orientamenti che lascino il segno. Ci saranno anche riunioni nelle quali si tratterà principalmente di ri‑ cevere informazioni e su di esse scambiare pareri o esprimere sensibilità. Il lavoro di ascolto, approfondimento e confronto, oltre alla conviviali‑ tà e alla preghiera condivisa, contribuirà a creare o a rafforzare un clima di presbiterio. Il Vescovo raccomanda pertanto la partecipazione di tutti, salvo impedimenti gravi. Era triste, infatti, soprattutto in qualche momento con‑ 442 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

clusivo dei lavori, trovarsi in pochi, proprio mentre si trattava di orientarsi verso alcune scelte. Il VICARIO GENERALE, dopo aver accennato alla metodologia seguita dal precedente Consiglio Presbiterale nell’individuare i punti su cui consigliare una prosecuzione del lavoro da parte del nuovo Consiglio Presbiterale, dà lettura del documento (v. all. 1), con lo scopo di capire il lavoro fatto dal pre‑ cedente Consiglio e di proseguire la riflessione in un’ottica di continuità. Terminata la lettura il icario dà inizio al dibattito, con lo scopo di rac‑ cogliere tematiche e approfondimenti da mettere in calendario per il prossi‑ mo tempo, con particolare attenzione ai tempi e al metodo di lavoro in Con‑ siglio Presbiterale.

Riportiamo, nell’ordine, i temi espressi da un singolo sacerdote e, a se‑ guire, quelli su cui si è registrata la convergenza di più membri del Consiglio Presbiterale.

Missione DON RICCARDO ZANCHIN, a fronte della scelta da parte di diocesi vicine di richiamare i missionari Fidei Donum, ritiene necessario affrontare il tema della missione ad gentes per rimotivarci sul senso e sul valore evangelico di inviare ancora sacerdoti in missione proprio mentre stiamo attraversiamo una situazione di difficoltà nella nostra Chiesa anche a causa del calo delle vocazioni sacerdotali.

Diaconato permanente DON FABIO FRANCHETTO chiede un confronto per verificare come e in che misura la nostra diocesi prevede il futuro del diaconato permanente, so‑ prattutto in relazione all’impegno nella proposta da fare a nuovi aspiranti.

Immigrati DON CHIDI EKPENDU segnala come problematica e bisognosa di chiarez‑ za, anche normativa, la prassi adottata da molti parroci quando un immi‑ grato si rivolge loro per chiedere i sacramenti. Spesso, infatti, i parroci con‑ cedono i sacramenti senza conoscere bene la realtà degli immigrati, magari non cattolici. Chiede pertanto una linea di azione presa dal CP e comunicata a tutti i preti in modo che ci sia uniformità e chiarezza.

Gestione Beni DON CARLO VELLUDO chiede che l’ufficio amministrativo sia più pre‑ sente nel verificare bilanci, scelte, mutui e debiti delle parrocchie, per evita‑ re spiacevoli sorprese e inconvenienti al momento dell’avvicendamento dei parroci. Assieme ad altri preti, ritiene utile allargare il confronto anche alla Documentazione 443

gestione dei beni personali. DON RICCARDO ZANCHIN propone di affrontare la questione dell’uso dei beni e delle strutture che nelle parrocchie sono vuote e inutilizzate come ad esempio certe canoniche.

Padrini DON LIVIO BUSO esprime il disagio dei parroci sulla questione dei pa‑ drini nelle celebrazioni dei battesimi e delle cresime e chiede di parlarne per giungere a ridefinire degli orientamenti comuni.

Vocazioni Tre sacerdoti esprimono grande preoccupazione guardando alla situa‑ zione di crisi dei seminari delle diocesi confinanti. Chiedono di mettere a te‑ ma, per un tempo adeguato, l’animazione vocazionale, a partire da una con‑ divisione fraterna del modo in cui i preti vivono la loro vocazione ed espri‑ mono il loro agire pastorale, in un contesto, come quello delle Collaborazio‑ ni Pastorali, che non sempre facilita la cura delle vocazioni e che rischia di trasformarci in funzionari. L’obiettivo potrebbe essere quello di sostenerci nell’animazione voca‑ zionale in spirito di comunione, considerando che è impegno di ogni sacer‑ dote condurre i fedeli a scoprire la propria vocazione, non solo sacerdotale ma anche matrimoniale, oggi in particolare crisi.

Sinodo sulla Famiglia Più sacerdoti (4) propongono di prendere in esame la relatio synodi e di mettere in atto occasioni di discernimento sui punti nodali, in rapporto al‑ l’evangelizzazione e alle questioni di carattere antropologico.

Questione dell’identità, della vita e del ministero del prete Diversi sacerdoti (10) convergono nell’invocare un approfondimento e un dialogo sull’identità del prete nel mutato contesto pastorale che provoca ad un cambio di mentalità e di modi di vivere e a ridefinire ruoli e priorità. A tale scopo si chiede di dedicare, anche in più sedute, il tempo necessario ad un approfondimento serio e ad un ascolto fraterno e costruttivo in cui i preti possano trovare sostegno e orientamenti. Alcuni auspicano che la riflessione sull’identità del prete muova dal‑ l’esigenza di una nuova evangelizzazione all’interno di una rinnovata spin‑ ta missionaria, contro il rischio di difendere l’esistente o di pensare soltanto a come sopravvivere di fronte alla complessità, che si rischia di percepire prevalentemente come minaccia. In tal senso segnalano come utile e interes‑ sante coinvolgere nella riflessione figure laiche che, dalla loro prospettiva, ci aiutino a cogliere e a riconoscere aspetti della figura e della vita del prete che forse da soli non riusciamo a mettere a fuoco. 444 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

Alcuni osservano che, il processo di assunzione delle nuove condizio‑ ni di vita e di ministero, è, per molti sacerdoti, fonte di disagio profondo e spesso non dichiarato, in quanto coinvolge e sollecita in modo problematico gli equilibri affettivi e, di conseguenza, la dimensione del celibato e la dedi‑ zione alla comunità. Risulta pertanto necessario mettere a punto concrete forme di accompagnamento dei preti soprattutto nel momento in cui assu‑ mono la guida di più parrocchie, o si avviano a vivere e a collaborare con al‑ tri preti, o sono chiamati ad entrare in un rapporto nuovo di corresponsabi‑ lità con i ministeri laicali. Particolare attenzione andrà riservata ai preti al momento dell’avvicendamento, che risulta spesso motivo di crisi, e soprat‑ tutto a quei confratelli che lasciano il ministero di parroco, in modo da valo‑ rizzarne i carismi e le qualità. A margine, DON CARLO VELLUDO chiede di rimotivarci sui ritiri vicaria‑ li, riprendendo in mano anche la regola di vita.

Laici Alcuni sacerdoti (4) chiedono di mettersi in ascolto dell’attuale realtà pa‑ storale per discernere quale tipo di ministerialità laicale viene richiesta dalle collaborazioni, quali possibilità di valorizzazione e in quali forme di corre‑ sponsabilità con i preti. Di conseguenza si tratterà di mettere a tema i luoghi e le forme per la formazione e l’accompagnamento dei laici ad assumere da un lato ministeri ecclesiali per l’evangelizzazione, dall’altro, competenze tecnico‑ economico‑operative per svolgere un servizio con capacità e responsabilità che sgravi i preti da questioni non radicali che però occupano tempo. Su questo tema i preti chiedono di individuare linee e orientamenti altri‑ menti il cammino delle collaborazioni rischia di rimane incompiuto e sterile.

Azione Cattolica Secondo due sacerdoti l’Azione Cattolica sta soffrendo nelle collabo‑ razioni pastorali e, per diversi fattori, fatica ad esprimere la sua autorevolez‑ za, anche per la fatica dei preti a comprendere il suo carisma e la sua natura.

Nuova evangelizzazione Diversi sacerdoti (6) chiedono di prendere in esame alcuni metodi e cammini di nuova evangelizzazione che, anche nella nostra Diocesi, hanno visto qualche tentativo di sperimentazione. L’approfondimento e il confron‑ to dovrebbe permetterci di valutare il grado di ecclesialità delle proposte per scegliere, eventualmente, di allargare la sperimentazione. L’occasione po‑ trebbe rivelarsi propizia per verificare la nostra capacità di assumere uno sti‑ le missionario in linea con il profilo di ‘Chiesa in uscita’, a cui ci richiama pa‑ pa Francesco, e, insieme, per verificare la capacità evangelizzatrice degli at‑ tuali itinerari rivolti a ragazzi, giovani e adulti. Documentazione 445

Collaborazioni Pastorali Abbastanza ricorrente è stata la proposta di mettere a fuoco il rap‑ porto tra il vicariato, le parrocchie, e le Collaborazioni Pastorali, giun‑ gendo poi a individuare delle linee condivise che tentino di equilibrare e armonizzare i diversi soggetti in campo ponendoli in un fecondo rappor‑ to di interrelazione. L’urgenza si fa crescente mano a mano che le Colla‑ borazioni assumono la capacità di decidere orientamenti al loro interno a prescindere dal vicariato, generando così differenze di prassi a volte mol‑ to problematiche e che andrebbero ricondotte a maggiore unitarietà e co‑ munione. In questo contesto sarà opportuno ripensare l’identità della parroc‑ chia che il sinodo del 2000 aveva messo a tema come ‘centro di vita spiri‑ tuale per la missione’. Alcuni preti rilevano un senso di disorientamento e invocano un ac‑ compagnamento maggiore nella costituzione e nello sviluppo delle Colla‑ borazioni attraverso momenti di scambio, di verifica periodica e di pro‑ gettazione, anche tenendo vivo lo sforzo di indagare e interpretare i nodi culturali di oggi (gender, assenza delle donne quarantenni dalla vita ec‑ clesiale e dai processi di trasmissione della fede).

Consiglio Presbiterale Diversi sacerdoti desiderano mettere a tema il lavoro in Consiglio Presbiterale per i seguenti aspetti: Serve innanzitutto capire meglio il senso e l’importanza del Consi‑ glio Presbiterale nel governo della diocesi. Tale senso dovrà essere reso più evidente dalla determinazione, sol‑ lecitata da buona parte dei presenti (10), di giungere a formulare delle proposizioni al termine dei lavori, che raccolgano gli orientamenti emersi e che possano anche risultare vincolanti in Diocesi, quando siano fatte pro‑ prie dal Vescovo e proposte con la sua autorità. Sulla scorta dell’esperienza vissuta nel precedente consiglio, senza giungere a precisare il processo decisionale, può crescere la percezione di un lavoro interessante ma senza effetti che, a lungo andare può alimenta‑ re nei membri una certa disaffezione. Alcuni sacerdoti direttori di uffici diocesani, chiedono di individua‑ re una relazione di collegamento tra il Consiglio Presbiterale e l’assem‑ blea dei direttori degli uffici di Pastorale. Si tratta infatti di due organismi pastorali che vanno armonizzati affinché seguano ed insieme rendano pra‑ ticabile un orientamento di fondo. Altri, soprattutto parroci, pur riconoscendo che il numero di membri del CP consente di raccogliere una sensibilità abbastanza fedele e comple‑ ta, chiedono di mettere a punto un metodo che, per il discernimento su al‑ 446 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

cune questioni, preveda il coinvolgimento delle congreghe o dei sacer‑ doti in collaborazione, in favore di un più diffuso lavoro di approfondi‑ mento dei temi, di una maggiore condivisione degli eventuali orienta‑ menti e di una maggiore fecondità nella recezione. Si cita come esempio positivo in questo senso la stesura della regola di vita per il clero e la de‑ cisione di avviare le Collaborazioni Pastorali in Diocesi. Il Vicario Generale riassume le aree tematiche emerse dal dibattito as‑ sicurando che la presidenza avrà cura di prenderle in esame e ordinarle. Propone all’assemblea di valutare l’impostazione delle sedute resi‑ denziali. Ricorda la prassi adottata fino ad ora. Si notava come, dalle 16.30 in poi, cominciavano a sciamare i membri del CP. Nell’ultima parte si cer‑ cava di raccogliere il lavoro e di prendere orientamenti ma ci si trovava con il CP dimezzato. Propone di iniziare il lunedì mattina e di concludere con il pranzo del martedì, in modo da occupare solo un pomeriggio. Per i vicari si valuterà se fermarsi in continuità nel dopo pranzo, magari tra le 14.30 e le 17.00. Chiede su questo un orientamento. Si vota per alzata di mano con il seguente esito: 29 favorevoli, 10 astenuti, 1 contrario. 2 preti sono assenti Viene approvata pertanto la proposta del Vicario

Il Vicario chiede poi un orientamento sulla diffusione del lavoro del CP nella forma di una riconsegna al presbiterio. Tutti i presbiteri intervenuti, ritengono quella della comunicazione una questione centrale. In passato la comunicazione è stata difettosa, affi‑ data perlopiù alla pubblicazione dei verbali sulla rivista della diocesi. I sa‑ cerdoti concordano sulla necessità di informare i preti del lavoro del CP e di dare la percezione che gli organismi stanno facendo un cammino e che riflettono sul bene della diocesi. La proposta che emerge, in analogia alla prassi del CP italiano, è quella di redigere un comunicato a fine sessione e di pubblicarlo in Vita del Popolo con un linguaggio e una forma che aiutino a riconsegnare co‑ me significativo ciò che è stato elaborato.

Il Vicario assicura che la presidenza si impegnerà a raccogliere le proposte e a rilanciarle la volta successiva.

Il Vescovo precisa e ricorda che ci sono anche dei temi obbligati ed il tempo è poco. I temi che hanno bisogno di condivisione nei gruppi si possono portare solo negli incontri residenziali e sono solo due all’anno. Bisognerà operare una scelta sapendo che qualche incontro sarà oc‑ cupato da temi effetto di urgenze. Documentazione 447

Alle ore 17.30 il Vicario Generale dà inizio alle operazioni di voto per eleggere i tre presbiteri moderatori nel Consiglio Presbiterale. Sono presenti n. 39 presbiteri. Presiede il Vescovo mons. Gianfranco Agostino Gardin. Svolgono funzione di scrutatori i rev.di don Giovanni Giuffrida e don Fabio Franchetto.

PER L’ELEZIONE DEL PRIMO NOMINATIVO: La prima votazione per il primo nominativo ha avuto come esito n. 8 voti per don Giovanni Giuffrida n. 5 voti per don Luca Pizzato n. 3 voti per don Samuele Facci n. 3 voti per don Antonio Guidolin n. 3 voti per don Artemio Favaro n. 3 voti per don Massimo Gallina n. 2 voti per don Giuliano Brugnotto n. 2 voti per don Claudio Bosa n. 1 voto per don Francesco Pesce n. 1 voto per don Angelo Visentin n. 1 voto per don Fabio Franchetto n. 1 voto per don Roberto Stradiotto n. 1 voto per don Massimo Lazzari n. 1 voto per don Livio Buso n. 1 voto per don Donato Pavone n. 1 voto per don Giovanni Kirscnher n. 2 voti nulli Pertanto si procede ad una nuova votazione. La seconda votazione per il primo nominativo ha avuto come esito n. 27 voti per don Giovanni Giuffrida n. 7 voti per don Luca Pizzato n. 2 voti per don Samuele Facci n. 1 voto per don Giovanni Kirschner n. 1 voto per don Massimo Gallina n. 1 voto per don Artemio Favaro Pertanto risulta eletto don Giovanni Giuffrida

PER L’ELEZIONE DEL SECONDO NOMINATIVO: La prima votazione per il secondo nominativo, ha avuto come esito n. 18 voti per don Luca Pizzato n. 6 voti per don Giuliano Brugnotto n. 5 voti per don Giovanni kirschner n. 4 voti per don Samuele Facci 448 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

n. 1 voto per don Giancarlo Pivato n. 1 voto per don Artemio Favaro n. 1 voto per don Claudio Bosa n. 1 voto per don Massimo Gallina n. 1 voto per don Rolando Nigris n. 1 voto per don Francesco Pesce Pertanto si procede ad una nuova votazione. La seconda votazione per il secondo nominativo ha avuto come esito n. 24 voti per don Luca Pizzato n. 5 voti per don Samuele Facci n. 5 voti per don Giovanni Kirschner n. 3 voti per don Giuliano Brugnotto n. 1 voto per don Artemio Favaro n. 1 voto per don Maurizio De Pieri Pertanto risulta eletto don Luca Pizzato PER L’ELEZIONE DEL TERZO NOMINATIVO: La prima votazione per il terzo nominativo, ha avuto come esito n. 15 voti per don Giovanni Kirschner n. 13 voti per don Samuele Facci n. 4 voti per don Massimo Galllina n. 3 voti per don Claudio Bosa n. 1 voto per don Giuliano Brugnotto n. 1 voto per don Giacomo Lorenzon n. 1 voto per don Artemio Favaro n. 1 voto per don Riccardo Zanchin Pertanto si procede ad una nuova votazione. La seconda votazione per il terzo nominativo ha avuto come esito n. 23 voti per don Giovanni Kirschner n. 11 voti per don Samuele Facci n. 2 voti per don Massimo Gallina n. 1 voto per don Claudio Bosa n. 1 voto per don Carlo Velludo n. 1 voto per don Riccardo Zanchin Pertanto risulta eletto don Giovanni Kirschner

In conclusione la terna di eletti risulta così composta: don Giovanni Giuffrida don Luca Pizzato don Giovanni Kirschner

La seduta si conclude alle ore 18.36. Documentazione 449

VERBALE SECONDA SEDUTA

Martedì 28 ottobre alle ore 9.00 il Vescovo introduce la relazione di don Donato Pavone dal titolo: ‘La vita e il ministero del prete in un tempo di repentini e sostanziali cambiamenti’, collocando la scelta del tema in conti‑ nuità con il lavoro di preparazione dell’assemblea straordinaria della CEI del 10‑11 novembre 2014 sulla vita e la formazione permanente dei presbiteri. La commissione preparatoria, della quale il Vescovo è membro, ha vo‑ luto collocare la riflessione nell’orizzonte di una riforma del clero in risposta ad un contesto ecclesiale in rapida evoluzione. La prospettiva emersa nell’incontro di preparazione ha impegnato i ve‑ scovi a chiedersi che cosa fare per aiutare i preti a prendersi cura della pro‑ pria identità presbiterale, anche pensando adeguate proposte di formazione permanente. Il Vescovo legge alcune righe della bozza dell’instrumentum laboris che riportano in sintesi uno sguardo sull’attuale situazione del clero italiano: Numerose ricerche e riflessioni di teologiche oltre che discorsi ricorrenti, con‑ statano un’evoluzione di molti aspetti della figura prete. Le cause sono molteplici, il risultato drammatico.(…) Si deve concludere che si impone un’interpretazione teo‑ logica del momento presente come una rinnovata chiamata alla santità e a rinnova‑ re le forme di vita presbiterali per portare a compimento l’evoluzione in atto secondo lo Spirito del Signore, per giungere a rendere lieta ed evangelica la vita del prete.

L’intento della commissione preparatoria era quello di realizzare un’indagine nelle Diocesi italiane per raccogliere idee e indicazioni tra il cle‑ ro. Ma tale raccolta di pareri è stata avviata in un tempo breve e pastoral‑ mente carico come quello natalizio e con domande non facili. Nemmeno il lavoro nei Consigli Presbiterali diocesani è stato possibile nel tempo estivo tra giugno e settembre. Per quanto riguarda la nostra dio‑ cesi, il Vescovo ha pertanto chiesto a don Donato di fare un lavoro di lettura sintetica della situazione dei preti diocesani sulla base della traccia per l’a‑ scolto dei presbiteri messa a punto dalla commissione e che toccava diversi aspetti tra i quali i seguenti: Per una chiesa in uscita missionaria: Come sostenere il presbitero nel passaggio da una pastorale in cura d’anime ad un contesto di primo annun‑ cio? E’ presente nei preti una retta coscienza della natura e missione del sa‑ cerdote? Sulla comunione tra i presbiteri. Il presbiterio è percepito e vissuto co‑ me luogo di comunione per vivere la carità pastorale? Nel presbiterio viene coltivata la spiritualità di comunione? Sulla radicalità evangelica. L’obbedienza viene vissuta come occasio‑ ne e mezzo per fare la volontà del padre? Il celibato viene vissuto come una 450 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

grazia? La povertà aiuta a coltivare una preferenza per i poveri? Sull’esercizio comunitario del ministero presbiterale: Si chiede una valutazione delle esperienze esistenti di forme collegiali di esercizio del mi‑ nistero. Sulla vita dei presbiteri. E’ avvertita l’esigenza di una riforma della vi‑ ta del clero in modo che sia evangelica, attraente e provocante? Quali aiuti fornire ai sacerdoti per superare le eventuali situazione di crisi e guarire da gravi patologie?

Don Donato ha dato una risposta ampia e articolata, frutto di riflessio‑ ne accurata, che è parso interessante riprendere in Consiglio Presbiterale at‑ traverso una rielaborazione delle principali tematiche emerse. Vedremo quale uso fare di ciò che emergerà dalla nostre riflessioni.

Interviene don Donato esponendo la relazione, di cui si allega il testo integrale, secondo il seguente schema: Una preziosa opportunità Alcuni nodi problematici Una singolare forma di solitudine La condizione “esposta” del prete diocesano Una complessità che crea tensione Una pastorale in divenire Una questione d’identità Appelli e “conversioni” Dalle resistenze di alcuni al coinvolgimento di tutti Verso una più autentica “soggettività ecclesiale” Verso il “noi presbiterale” La comunione presbiterale Diverse forme di vita comune Dalla vita comune alla ministerialità condivisa Conclusione

Dopo la pausa, sulle 11.15 inizia il lavoro nei gruppi. Documentazione 451

VERBALE TERZA SEDUTA

Martedì 28 ottobre 2014, alle ore 15.15, presso la Casa don Paolo Chia‑ vacci di Crespano del Grappa, nel corso della prima sessione del Consiglio Presbiterale, il VICARIO GENERALE apre la terza seduta e dà avvio alle opera‑ zioni di voto per l’elezione di due presbiteri rappresentanti del Consiglio Presbiterale in Commissione per la Formazione Permanente del Clero. Sono presenti n. 39 presbiteri. Presiede il Vescovo mons. Gianfranco Agostino Gardin; moderatore è il Vicario Generale, DON ADRIANO CEVOLOTTO Svolgono funzione di scrutatori i rev.di don FABIO FRANCHETTO e don GIOVANNI GIUFFRIDA. PER L’ELEZIONE DEL PRIMO NOMINATIVO: La prima votazione per il primo nominativo ha avuto come esito n. 10 voti per don Claudio Bosa n. 9 voti per don Samuele Facci n. 4 voti per don Massimo Gallina n. 4 voti per don Paolo Carnio n. 3 voti per don Rolando Nigris n. 2 voti per don Livio Buso n. 1 voto per don Adriano Fardin n. 1 voto per don Angelo Visentin n. 1 voto per don Fabio Franchetto n. 1 voto per don Massimo Lazzari n. 1 voto per don Cleto Bedin n. 1 voto per don Bruno Baratto n. 1 voto Nullo Si procede pertanto ad una nuova votazione La seconda votazione per il primo nominativo ha avuto come esito n. 23 voti per don Claudio Bosa n. 9 voti per don Samuele Facci n. 4 voti per don Massimo Gallina n. 1 voto per don Edy Savietto n. 1 voto per don Paolo Carnio n. 1 voto per don Cleto Bedin Pertanto risulta eletto don Claudio Bosa PER L’ELEZIONE DEL SECONDO NOMINATIVO: La prima votazione per il secondo nominativo ha avuto come esito n. 16 voti per don Samuele Facci n. 8 voti per don Massimo Gallina n. 5 voti per don Bruno Baratto n. 3 voti per don Edy Savietto 452 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

n. 2 voti per don Paolo Carnio n. 1 voti per don Livio Buso n. 1 voto per don Francesco Pesce n. 1 voto per don Massimo De Lazzari n. 1 voto per don Angelo Visentin n. 1 voto per don Rolando Nigris Pertanto si procede ad una nuova votazione. La seconda votazione per il secondo nominativo, ha avuto come esito n. 16 voti per don Samuele Facci n. 15 voti per don Massimo Gallina n. 7 voti per don Bruno Baratto n. 1 voto per don Edy Savietto Pertanto si procede ad una nuova votazione. La terza votazione per il secondo nominativo ha avuto come esito n. 21 voti per don Massimo Gallina n. 15 voti per don Samuele Facci n. 3 voti per don Bruno Baratto Pertanto risulta eletto don Massimo Gallina

In conclusione la coppia di eletti risulta così composta: don Claudio Bosa don Massimo Gallina

Alle ore 15.40, terminate le operazioni di voto e proclamati gli eletti, i segretari dei gruppi che hanno lavorato sulle domande proposte da don Do‑ nato presentano la sintesi degli interventi.

SULLA PRIMA DOMANDA

Il momento ecclesiale e personale che stiamo vivendo è segnato da repentini e sostanziali cambiamenti. E’ reale la percezione che in questo tempo è offerta una preziosa opportunità? Quanto al tempo che stiamo vivendo, sembra che, a livello di riflessio‑ ne teorica, sia un’opportunità. La comprensione reale tuttavia è differente: si fatica a vivere i cambiamenti come occasioni per una Chiesa più autentica; le Collaborazioni sono percepite perlopiù come il modo per ovviare alla man‑ canza di clero. E’ diffusa inoltre, tra i preti, la percezione di una fatica ad affrontare il tema dell’identità in un tempo complesso, segnato da malessere e sconten‑ tezza. In un tempo di transizione non è per tutti facile cogliere un’opportu‑ nità. La tentazione, infatti, è quella di chiudersi e di lasciarsi raffreddare il Documentazione 453 cuore dalla disillusione, per mettersi al riparo dalla sofferenza. La croce, in‑ vece, esiste anche per noi e fa parte del tempo che viviamo che è e rimane Kairòs, occasione da cogliere adesso, prima che passi. Ma per giungere ad una tale certezza serve coltivare uno sguardo cre‑ dente, dentro il rapporto vivo con Gesù nella preghiera e nel ministero. Al‑ lora può emergere, anche nelle attuali condizioni, il senso di un’opportunità e la possibilità di leggere le vicende umane e i nodi culturali come segni por‑ tatori di domande preziose e profetiche. Tale visione appare credibile perché, nell’incarnazione, Dio ha scelto di parlare e agire nella storia dove il Risorto è già all’opera. La richiesta è che, il tema dell’identità del prete in rapporto alle attuali condizioni ecclesiali, venga assunto dal Consiglio Presbiterale e sviluppato al‑ meno per il corso di quest’anno, con un metodo che eviti la dispersione su molti fronti tematici e consenta di giungere a proposizioni e orientamenti.

SULLA SECONDA DOMANDA

Ci ritroviamo nei nodi problematici proposti? Quali sono i più rile‑ vanti? Ce ne sono altri che meritano di essere evidenziati? La descrizione dei nodi proposta da don Donato è parsa vera ed effi‑ cace, soprattutto quando problematizza il rapporto tra identità del sacerdo‑ te e ruolo. Ci si chiede se in un tempo definito liquido, anche l’identità del sacerdote non rischi di diventare liquida o di essere liquidata. Nei sacerdoti c’è consapevolezza, mai acquisita del tutto e sempre da coltivare nella fede, che la propria identità è fondata su una base solida: il sì detto da Cristo al Padre. Ma c’è anche la convinzione che una parte dipenda da noi, chiamati oggi a rivelare in forme sempre nuove l’identità sacerdota‑ le che, nella sua essenza, rimane invariata. Altro nodo è quello della solitudine del prete che si trova a vivere sem‑ pre più una condizione di ‘orfananza’, in tutti quei contesti e situazioni in cui si sente ‘di nessuno’. Oltre che a responsabilità e a scelte dei singoli, tale con‑ dizione va attribuita ad un atteggiamento individualista sempre più diffuso anche tra i preti e nelle Collaborazioni Pastorali, soprattutto laddove la vita comune non si è data delle regole e dei momenti di verifica periodica, la cui assenza rende molto difficile la fraternità tra sacerdoti e la collaborazione. Anche tra loro i preti, potranno vivere relazioni adulte accettando di giocarsi con la propria umanità, tenendo lontane mormorazioni, invidie e si‑ lenzi per quieto vivere. In ordine alla rielaborazione dell’identità del prete, è molto sentita la necessità che si esprima in modo più efficace la paternità del Vescovo, ad esempio nell’ascolto dei preti o attraverso l’accompagnamento nei passaggi 454 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

della vita e del ministero. Questo può essere fatto direttamente dal Vescovo o attraverso altri preti suoi collaboratori. Da molte parti emerge, come rivelativa di nodo problematico, la sen‑ sazione di essere preti gestori e non pastori, prestatori di servizi religiosi. Tutti auspicano di poter vivere gli impegni e le incombenze, legati alle ri‑ chieste della gente e del sistema, non solo come doveri professionali, spesso aridi e pesanti, ma come occasioni pastorali di incontro. Ma il ritmo è eleva‑ to e si rischia di far diventare questioni pressanti le urgenze, tralasciando, inizialmente con sofferenza e poi con rassegnazione, le priorità evangeliche. In questo modo, la fede del prete è messa in discussione, il Signore fatica a ritrovare la centralità e si impoverisce la vita spirituale e l’interiorità. Ci si chiede se non stia qui il motivo che rende poco attraente agli occhi dei gio‑ vani la vita del sacerdote.

SULLA TERZA DOMANDA

Perché questo nostro tempo sia vissuto come tempo favorevole, è ne‑ cessario che vi si riconoscano degli appelli e che la risposta ad essi sia ac‑ compagnata da vere e proprie conversioni: quali sono gli appelli che vi ri‑ conosciamo? Quali conversioni sono maggiormente patite e perché? I sacerdoti coinvolti nei lavori di gruppo riconoscono particolarmente insistenti alcuni appelli: Il primo appello è riferito alla qualità spirituale dell’agire pastorale. In un tempo così complesso da decifrare, in un contesto destrutturato o ‘liqui‑ do’, alcuni avvertono l’appello a far sì che le scelte personali e quelle legate all’agire pastorale, prendano forma da un discernimento spirituale, persona‑ le e comunitario, che muova da un ascolto approfondito della parola di Dio, e non sia dettato soltanto dalla pressione delle emergenze o dalla sofferenza di vedere deboli frutti, tendenza tipica di questo momento ecclesiale. Di conseguenza molti si chiedono se vi sia reale accordo tra i preti su‑ gli orizzonti ultimi dell’agire pastorale e sentono l’esigenza di mettere a te‑ ma, in un contesto di discernimento, tra preti e con i laici, gli obiettivi di fon‑ do e il metodo per individuarli e perseguirli, aiutandoci a tenere vivo uno sguardo sapiente, aperto al mondo come possibilità. Secondo la crescita nell’umiltà, necessaria a vivere e a lavorare insie‑ me, e il senso di responsabilità che chiede di decidersi e di fare delle scelte. L’appello, che molti riconoscono come pressante, è quello ad assumersi del‑ le responsabilità, caratteristica tipica di una Chiesa adulta, evitando di far rimbalzare i problemi, ed esponendosi con la responsabilità propria del mi‑ nistero e del ruolo che nella Chiesa a ciascuno è dato di vivere. Serve pa‑ zienza e perseveranza, perché si stanno mettendo in atto forme iniziali di Documentazione 455

Chiesa che molti preti di oggi non vedranno realizzate nella forma più pie‑ na. Ma in questo modo sarà possibile creare condizioni favorevoli al vange‑ lo nella Chiesa futura e per i preti di domani. Una spinta più convinta nella formazione e nel rapporto di correspon‑ sabilità con i laici, che faccia uscire i preti da una certa autoreferenzialità. Dentro una condizione di ‘orfananza’ del prete, giunge l’appello a circon‑ darci di alleati, amici, fratelli e sorelle che si prendono cura di noi e noi di lo‑ ro, attraverso una vera vicinanza umana, con l’accompagnamento nel di‑ scernimento e con una formazione alla fede adulta, tentando così di coltiva‑ re e far crescere la passione per l’annuncio del Vangelo e l’atteggiamento di uscita in chiave missionaria. Appello ad uno stile ecclesiale di maggiore comunione che renda visi‑ bile l’azione di un ‘noi’, di un corpo che ci precede e ci supera, nel quale ope‑ rare insieme per una sinfonia di carismi. In particolare giunge pressante l’appello a cogliere l’opportunità della vita comunitaria, ad impegnarsi per renderla evangelica, per non subirla o viverla al ribasso. Una rinnovata attenzione a poveri e ultimi.

SULLA QUARTA DOMANDA

Se la formazione permanente è lasciarsi plasmare dalla vita e dal mi‑ nistero nella nostra identità di credenti, quali prospettive nuove e atten‑ zioni suggerisce l’analisi avviata, per aiutare a maturare gli atteggiamenti spirituali e pastorali in questo tempo di cambiamento? Alcuni sacerdoti chiedono alla Formazione permanente del Clero di of‑ frire occasioni per crescere in fraternità adulta, maturando insieme ed of‑ frendo ai preti indicazioni sulle forme pratiche di vita fraterna che aiutino a vivere il ‘noi’ presbiterale. Sarà importante, oltre alla condivisione dei problemi e delle fatiche, ac‑ costare la testimonianza di chi sta positivamente ripensando la sua identità presbiterale. Nel contesto tracciato, sarebbe interessante per alcuni, studiare nuove forme di presidenza della comunità in vista della corresponsabilità e imma‑ ginare per le Collaborazioni altre forme di vita presbiterale e di cura pasto‑ rale oltre a quella classica del parroco e cappellano. Un sacerdote sostiene che, se dovesse presentarsi per qualche motivo un tempo di crisi di identità o di demotivazione, può essere utile prevedere, in modo meno straordinario, la possibilità di un anno sabbatico, come tem‑ po buono per ritrovarsi e ripartire. Un gruppo chiede alla formazione permanente di aiutare i preti a indi‑ 456 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

viduare condizioni e strumenti affinché sia possibile vivere il tempo attuale come preziosa opportunità. Tra le condizioni da curare attraverso la forma‑ zione permanente c’è la capacità di vivere nello Spirito le attuali condizioni, in modo che non venga compromesso il primato della grazia. Uno strumen‑ to da riprendere potrebbe essere la ‘regola di vita’.

* * *

Terminata l’esposizione delle sintesi da parte dei segretari dei cinque gruppi di lavoro, seguono interventi liberi. Il Vicario invita già ad indivi‑ duare elementi di convergenza in vista della formulazione di proposizioni, come da più parti richiesto, per poter tracciare un futuro cammino. Tutti i preti intervenuti, a fronte della percezione di un disagio laten‑ te, chiedono che il tema dell’identità del prete in un contesto di transizione sia oggetto di riflessione e approfondimento in Consiglio Presbiterale per tutto l’anno, con l’obiettivo di incidere positivamente sulla vita dei preti, in‑ terpellata particolarmente dall’appello a collaborare con i confratelli e con i laici. Concordano ugualmente sulla necessità di giungere, al termine del percorso, a qualche determinazione, da esprimere nella forma delle propo‑ sizioni o degli orientamenti, soprattutto per quel che riguarda la vita comu‑ ne dei preti e la formazione permanente (ritiri, settimane residenziali) Sottolineature diverse riguardano lo stile ed il metodo di lavoro. Una preoccupazione di molti è quella che il Consiglio Presbiterale non diventi un gruppo chiuso e che, di conseguenza, il lavoro svolto al suo in‑ terno, pur qualificato e approfondito, non rimanga senza ricadute sul pre‑ sbiterio, e resti dunque sterile. Viene presentata da molti la questione di come coinvolgere tutto il presbiterio, soprattutto in vista di orientamenti che siano sentiti come pro‑ pri e non come ‘calati dall’alto’. Alcuni sacerdoti vedrebbero positivo, in ordine agli stessi obiettivi, il coinvolgimento delle congreghe già in fase di preparazione dello strumen‑ to di lavoro su cui i consiglieri si impegneranno, in modo che integri fin dal‑ l’inizio eventuali contributi o sottolineature. Altri limiterebbero la possibili‑ tà di contribuire allo strumento di lavoro ai soli membri del Consiglio. IL VICARIO GENERALE ritiene la proposta laboriosa, anche se l’invio di contributi potrebbe essere facilitato dalla comunicazione elettronica. Per la‑ sciare più tempo di confronto in consiglio si potrebbe inviare prima il ma‑ teriale e chiedere ai consiglieri di lavorare a casa per preparare un interven‑ to scritto, pur sapendo che è difficile e che pochi sono abituati a fare questo. DON LIVIO BUSO richiama la distinzione tra Consiglio Presbiterale e Formazione permanente: il primo chiamato a consigliare e fornire pareri al Documentazione 457

Vescovo, la seconda a servizio dei sacerdoti, per sostenerli nell’esercizio del ministero e nel vivere la propria identità sacerdotale. Ne deriva che, a fronte di una tematica così importante e vasta, al Con‑ siglio Presbiterale spetta il compito di individuare aspetti concreti e piste di lavoro su cui poi tornare con il presbiterio nel contesto della formazione per‑ manente, chiedendo alla Commissione di strutturare gli strumenti di cui si è dotata, secondo l’intenzionalità espressa dal Consiglio Presbiterale stesso. (DON PAOLO CARNIO). Diversi preti (6) sentono l’esigenza di una lettura sapienziale ‑ mossa e istruita, cioè, dalla fede ‑ dei nodi che DON DONATO PAVONE evidenziava nella sua relazione, per giungere a cogliere attraverso quali appelli lo Spirito interpella la nostra Chiesa e in che termini la fede del sacerdote viene solle‑ citata o messa alla prova. Secondo il VICARIO GENERALE, serve attrezzarci ed esercitarci insieme sul versante spirituale, per recuperare le ragioni più profonde della fede che ci sostengono nelle scelte e negli orientamenti. E’ importante aver davanti le ragioni per cui stiamo faticando, scorgendovi il profilo della croce di Cristo. In caso contrario il rischio ‑ aggiungono altri ‑ è quello di finire a ra‑ gionare attorno alla convenienza pastorale, allo stesso modo dei funzionari statali che, per ragioni interne, vengono spostati da una sede ad un’altra. DON GIOVANNI KIRSCHNER suggerisce di procedere ad una lettura della realtà del prete oggi a partire dall’ascolto della Bibbia e con categorie spi‑ rituali e ecclesiologiche e non solo con categorie attinte alle varie sapienze umane. Propone ad esempio di meditare il ministero di Paolo a Corinto. Se il tempo che stiamo vivendo è un Kairos, allora esso va riconosciuto e accol‑ to nella fede. Una chiave di lettura che pareva feconda a più di qualcuno (3) è data dal rapporto intrinseco tra paternità, figliolanza e fraternità, dimensioni che si esprimono in diversi modi e a diversi livelli nella vita del prete e defini‑ scono il profilo della sua identità. DON DONATO metteva in guardia da due rischi opposti: il primo, che la lettura spirituale perda il contatto con la realtà e diventi spiritualistica. Il se‑ condo, al contrario, di raccogliere e maneggiare i dati e le analisi senza inter‑ pretarli nella fede, tratteggiando così una realtà arida e priva di appelli evan‑ gelici, povera cioè di profezia. Una buona analisi spirituale deve portare i preti a discernere che cosa Dio chiede da noi in questa situazione. Questo procedimento è capace di aprirci al futuro, di tracciare piste nuove lungo cui camminare in vista di de‑ cisioni anche strutturali, che vadano ad incidere nella realtà, perché di que‑ ste abbiamo bisogno. Il VICARIO mette in luce che la comunione presbiterale richiede la vita comune e la guida pastorale plurale. Mentre sulla prima siamo attrezzati da 458 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

una prassi consolidata, la seconda si presenta come nuova e va a toccare di‑ namiche profonde dell’identità del prete, strutturali, psichiche, chiedendo capacità di spogliarsi di un certo modo di vivere il ruolo. La capacità di ri‑ formularsi su nuove forme e modi di essere pastore va ad incidere sulla buo‑ na riuscita dei progetti o delle scelte. A tale livello, ritiene necessario riflette‑ re con il Consiglio Presbiterale. Può essere utile, secondo DON GIOVANNI GIUFFRIDA, vedere se ci sono già delle elaborazioni in altre diocesi che abbiano affrontato le fatiche in or‑ dine alla fede nella cultura attuale. Per alcuni sacerdoti è opportuno trovare forme di coinvolgimento dei laici nella riflessione sui presbiteri, per renderci conto di come ci vedono e capire quale tipo di prete vorrebbero alla luce delle nuove prospettive eccle‑ siali e della nuova evangelizzazione. Altri, pur ritenendo corretta la prospettiva, ritengono prematuro un ta‑ le passaggio. Dalla condivisione in assemblea emergono alcuni appelli e sollecita‑ zioni al percorso di Formazione permanente: Per DON MARIO SALVIATO La formazione dovrebbe stimolarci a scendere ad un livello più profondo di condivisione in cui si creino le condizioni perché il prete dica sé stesso in un contesto di fraternità. Spesso noi parliamo degli al‑ tri, di programmi e problematiche ma fatichiamo a parlare di noi, della nostra vita e della nostra fede, delle fatiche e delle delusioni e di come le affrontiamo. Per DON RICCARDO ZANCHIN questa impostazione, che peraltro caratte‑ rizzava già le schede preparate per gli incontri in congrega negli ultimi tre anni, se confermata e accolta può favorire un lavoro sulla fraternità, può sti‑ molare i preti a volersi più bene e a superare atteggiamenti di diffidenza e competizione, con una ricaduta positiva nell’esercizio delle collaborazioni. Strumento privilegiati in questo senso sono i Ritiri mensili che posso‑ no essere strutturati in modo da offrire metodo e strumenti di discernimen‑ to spirituale, che aiutino i preti a diventare capaci di cogliere gli attuali fran‑ genti come opportunità, ed orientarsi a sagge e innovative scelte pastorali. Quando si stanno attraversando processi forti, quello che sostiene è la chiave di lettura dei processi e la forza della relazione con Dio e tra i preti. DON GIUSEPPE RIZZO ricorda che l’assemblea straordinaria della CEI produrrà dei testi su cui poi tenere aperto il confronto.

Il VESCOVO ringrazia don Donato per l’importante contributo da tutti apprezzato. Raccoglie poi alcune sottolineature che, negli interventi, sono ri‑ sultate ricorrenti. Rileva che la maggioranza chiede di sostare sul tema mediante un cammino sistematico e non occasionale, chiedendo insieme una definizione più precisa del metodo di lavoro. Documentazione 459

Ricorda però che la consistenza del CP è di 4 riunioni nelle quali an‑ dranno affrontate anche questioni economiche che non possiamo ignorare o tenere in sospeso. Mette in guardia dal rischio che il CP diventi un club isolato dalla dio‑ cesi e invita pertanto ad individuare forme di comunicazione per far passa‑ re i contenuti alla diocesi e al presbiterio. Fa notare inoltre che sono importanti e necessari sia gli spazi istituzio‑ nali sia quelli non istituzionali, particolarmente favorevoli allo sviluppo del‑ la fraternità, che nasce quando si ha la capacità e il coraggio del dirsi, e del dirsi nella fede. Riporta come positiva l’esperienza dell’istituto san Luca, che ha orga‑ nizzato delle settimane in cui ai preti é stato chiesto di dirsi, con effetto posi‑ tivo anche a livello metodologico, e con riflessi nella comunione presbiterale. Ritiene interessante ispirarsi a tale esperienza in modo da incidere sul‑ la vita più efficacemente di quanto non avvenga con incontri sporadici. A fronte della sensazione che il Consiglio Presbiterale discuta a lungo senza produrre nulla di concreto, il Vescovo pensa che, se si vuole che un te‑ ma come il nostro abbia ad incidere sulla vita dei preti, bisogna sostarvi se‑ riamente e per un tempo prolungato, senza la fretta di giungere a proposizio‑ ni che, senza un adeguato coinvolgimento del clero, resterebbero sulla carta. Ciò che è stato detto domanderebbe un lavoro di segreteria perché la presidenza fa fatica ad incastrare gli impegni e non riesce da sola a prepara‑ re strumenti efficaci che guidino il lavoro. Bisognerà allargare la presidenza coinvolgendo la commissione per la FP. Il Vescovo raccoglie anche la sollecitazione a strutturare i prossimi cammini di Formazione Permanente a partire dai temi emersi attorno all’i‑ dentità del prete, tentando di affrontarli in modo più sistematico, anche nel‑ le settimane residenziali. L’aggiornamento teologico, che solitamente caratterizzava le settimane residenziali, appartiene alla responsabilità del singolo prete che deve sentir‑ si impegnato a portarlo avanti. Il Vescovo ringrazia tutti per il contributo e invita il consiglio a trova‑ re il modo perché l’identità del prete sia assunta, con tutto ciò che è chiesto al prete, a partire dalla fede. Questo lavoro, dice il Vescovo, potrebbe impe‑ gnare questa diocesi per un po’ di anni.

DON ADRIANO FARDIN, economo della diocesi, aggiorna il Consiglio sul‑ lo stato dei lavori per l’edificazione della Casa Marina di Bibione, premet‑ tendo brevi cenni al percorso che ha portato allo stato attuale: Dopo la vendita della casa marina ‘Stella Maris’ di Jesolo, utilizzando una parte dei proventi derivanti dall’alienazione della stessa, si è acquisita una casa a Bibione in località Pineta, di proprietà delle Suore Maestre di San‑ 460 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

ta Dorotea di Venezia. L’attività fino ad ora è stata gestita dalla cooperativa ‘Servire’ nel tempo estivo mentre in inverno la casa non era utilizzata. Il Ve‑ scovo ha coinvolto il Consiglio Presbiterale nella determinazione di una scel‑ ta tra l’opzione del restauro della casa esistente e l’opzione della demolizio‑ ne e ricostruzione. Il Consiglio si espresse per costruire ex novo. Ci siamo trovati ad ottenere un risultato straordinario dalla vendita di ‘Stella Maris’ poco prima del tracollo economico dovuto alla crisi del 2008: 16milioni 500 mila euro. Si trattava di salvaguardare il patrimonio realizza‑ to, attraverso una capitalizzazione. Abbiamo pertanto acquistato un immo‑ bile particolare a Roma per 9milioni di euro, che ora frutta una rendita an‑ nua di 400 mila euro. Ad oggi la diocesi non potrebbe utilizzare le risorse fi‑ nanziare senza rischio. I costi finali ammontano in 4 milioni per l’acquisto dell’immobile dalle Suore Dorotee a cui si aggiungono 7 milioni per la costruzione della nuova struttura, a cui però va sottratta la quota derivante dal recupero dell’iva. Avviato il progetto e demolita la casa esistente, nella primavera 2013 si è dato avvio alla costruzione secondo le indicazioni fornite dal Consiglio Presbi‑ terale che raccomandava di connotare in senso pastorale la struttura e di offri‑ re spazi e caratteristiche adeguate ad ospitare famiglie con disabili e relative at‑ tività, in particolare le settimane integrate. Il Consiglio Presbiterale indicava an‑ che di strutturare la casa in modo da allargare l’offerta ad incontri legati alla for‑ mazione di preti e laici, Ritiri spirituali, uscite di gruppi e parrocchie. Prevede 60 camere, utilizzabili da singoli come nei corsi di esercizi. Le ca‑ mere sono suddivisa in due tipologie: una classica con camere da 2‑3 posti; un’altra secondo la tipologia dei family hotel, con attenzioni necessarie ad ospi‑ tare una famiglia con figli vivendo insieme. Il potenziale è di 210 posti letto. E’ stata prevista una chiesa che ha possibilità di essere ampliata verso due sale riunioni, separate da pareti mobili, fino a 200 posti. Ci sono poi sale conferenze e sale per gruppi. Il contesto geografico è interessante, con molto verde, immerso nella pineta, di cui una parte è in concessione demaniale. Lo spazio risulta più ab‑ bondante e qualificato di quello di pertinenza della Casa di Jesolo. L’investimento non è da poco ma la struttura è facilmente collocabile sul mercato, qualora un giorno la Diocesi volesse alienarla. Attualmente lo stato di lavori è molto avanzato e si sta procedendo con impianti e allestimenti interni. L’apertura avverrebbe nel mese di maggio 2015. Per quanto riguarda la gestione, non sarà più affidata alla Cooperativa Servire ma sarà la diocesi a gestire attraverso una società creata ad hoc: la ‘ Srl’, strumento adeguato, ai fini della trasparenza, per ge‑ stire attività di carattere commerciale. Per la direzione della casa è stato confermato il direttore. Documentazione 461

Con la Cooperativa Servire rimarrà un rapporto di collaborazione e l’appalto di alcuni servizi. Non è una casa lussuosa ma bella, in quanto vogliamo mantenere un’accessibilità popolare, offrendo ulteriori possibilità di sviluppo.

Alcuni preti presentano le loro considerazioni: DON MASSIMO GALLINA ritiene la distanza utile e favorevole alle espe‑ rienze residenziali ai fini di un effettivo stacco dagli ambienti e dagli impe‑ gni consueti. DON MARCO PIOVESAN invita a pubblicizzare bene l’apertura e le offer‑ te di ospitalità e servizi. DON MAURIZIO DE PIERI pone il problema della gestione di due case per la diocesi, Bibione e Crespano e chiede come si intende procedere. DON ADRIANO FARDIN risponde che la sfida è quella di avviare un’attività dove ci non rimettiamo. Il rapporto con Crespano è da costruire in un’ottica di si‑ nergia più che di concorrenza.

Il Vescovo conclude la sessione affermando che non abbiamo perso tempo e che anche il tema dell’economia ci deve responsabilizzare. Il Consi‑ glio Pastorale sarà coinvolto in scelte impegnative. L’indicazione di lavorare a lungo sul tema oggetto di dibattito e di esprimere un orientamento ci dice che la diocesi ha bisogno del Consiglio Presbiterale. Non è dunque un organo funzionale solo a scelte di tipo opera‑ tivo ma ad una condivisione del cammino e della responsabilità nel servizio alla Chiesa e al presbiterio.

Don Tiziano Rossetto Segretario

463 Speciale Centenario della morte di San Pio X

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Celebrazione eucaristica del primo Centenario della morte di Pio X presso il parco del Santuario Mariano delle Cendrole in Riese Pio X

n Invito del Vescovo Gianfranco Agostino Gardin alla celebrazione del Centenario della morte di Pio X pubblicato su “La Vita del Popolo”

Carissimi fedeli della Diocesi di Treviso, la ricorrenza del primo Centenario della morte del Papa San Pio X ha il suo momento culminante nella Celebrazione eucaristica che avrà luogo presso il Santuario della Madonna delle Cendrole, a Riese Pio X, sabato 23 agosto, alle ore 20.00. Come è noto, l’Eucarestia sarà presieduta dal più autorevole collaborato‑ re del Papa, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato di Sua Santità. San Pio X ci è caro per molte ragioni, non solo perché è figlio di questa terra e di questa chiesa trevigiana. Ma noi sappiamo che nel suo ministero di succes‑ sore di Pietro egli ha portato la fede, la sapienza cristiana, le intuizioni pastora‑ li, le sollecitazioni apostoliche maturate nella sua esperienza di prete di questa Diocesi. Come afferma giustamente lo stesso cardinale Parolin nell’intervista ri‑ lasciata a La vita del popolo, Pio X «ha mantenuto per tutta la vita i lineamenti del‑ l’umile e laborioso prete delle nostre Diocesi venete di fine ‘800». Sentiamo dunque il bisogno di esprimere il nostro grazie al Signore, che ha scelto tra la nostra gente questo suo Servo e lo ha donato alla Chiesa universale e al mondo intero. Lo faremo nella Celebrazione eucaristica del 23 agosto con animo commosso e con il desiderio di crescere in quella fede che ha guidato Giu‑ seppe Sarto sulle strade della santità e del servizio apostolico. Vi attendo dunque numerosi alla Celebrazione del 23 agosto e invoco su di voi la benedizione del Signore. 466 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

Saluto di S. E. Gianfranco Agostino Gardin all’inizio della Celebrazione Eucaristica

Eminenza Reverendissima, desidero esprimerLe la più viva gratitudine di tutta la Chiesa trevigiana per aver accolto l’invito a presiedere questa Eucarestia, che rappresenta il momento culminante delle celebrazioni che ricordano il primo Cen‑ tenario della morte del santo Papa Pio X. Consideriamo significativo il fatto che qui, a Riese Pio X, sia proprio il primo Collaboratore del Papa, il Cardinale Segretario di Stato, a fare con noi memoria di Giuseppe Sarto, cristiano e prete trevigiano, divenuto Successore di Pietro. Oltre‑ tutto, ci piace ricordare che Vostra Eminenza ha radici non lontane da questo luo‑ go, essendo il Suo paese natale a poco più di una ventina di chilometri in linea d’a‑ ria da Riese Pio X. Mi permetta, Eminenza, di esprimere il grazie sincero anche ai Vescovi qui presenti, tutti legati, per la loro origine o per il loro ministero, a questa diocesi. E grazie anche a tutte le persone qui convenute, in particolare alle illustri Auto‑ rità civili e militari; ai molti che si sono fatti pellegrini a questo Santuario della Madonna delle Cendrole, tanto amato da Giuseppe Sarto. Un saluto speciale va alla delegazioni venuta dalla diocesi di Mantova. Grazie alla parrocchia e al co‑ mune di Riese Pio X che ci hanno accolti con molta disponibilità e con un consi‑ derevole impegno organizzativo. Ci piace anche ricordare che Vostra Eminenza è tornata solo qualche giorno fa dalla Corea, dove ha accompagnato il Sano Padre in una visita fitta di appunta‑ menti e ‑ possiamo immaginare ‑ ricca di esperienze vissute a contatto con una Chiesa giovane e vivace. Lei, del resto, per il servizio che da anni svolge per la Se‑ Speciale Centenario della morte di San Pio X 467

de Apostolica, vive in maniera particolarmente intensa la dimensione universale della Chiesa. E, allora, forse anche Vostra Eminenza guarda con un certo stupore alla figura di questo umile prete trevigiano, il quale, fino al giorno in cui divenne Papa, tra‑ scorse tutta la sua vita in Veneto, eccetto una decina d’anni come Vescovo della vi‑ cina Mantova. Si sarebbe detto ben lontano dal possedere attitudini e conoscenze necessarie per governare la Chiesa universale. In realtà ‑ come annota il suo più ac‑ creditato biografo ‑ sorprende non poco il fatto che egli seppe agire da pastore del‑ la Chiesa cattolica con una grande energia e con un piglio riformatore. Viene da dire che anche la piccola e umile esperienza del cappellano di Tombo‑ lo e del parroco di Salzano ha portato frutto. Chissà: forse non meno dell’esperien‑ za maturata al centro della diocesi trevigiana, a Mantova e a Venezia. In Giuseppe Sarto vi erano certamente doti umane non comuni. Ma in lui ha agito soprattutto la Grazia del Signore accolta da un autentico credente; da un cristiano, un prete, un vescovo, che aveva incontrato davvero Gesù Cristo; da un pastore che ha saputo spendersi totalmente per gli altri, specie i più poveri, co‑ me sappiamo da moltissime testimonianze, e che ha amato sinceramente e fe‑ delmente la Chiesa. Perciò, se è giusto commemorare Pio X come il personaggio più illustre di que‑ sta nostra Chiesa, noi oggi vogliamo ricordare e celebrare soprattutto la santità di Giuseppe Sarto: quella santità che ha le radici nel suo battesimo, e che ha trovato alimento nel contesto della sua famiglia, della sua parrocchia, della sua diocesi. Ci aiuti, questo nostro santo fratello e padre, a ritrovare le radici, il desiderio, le condizioni anche della nostra santità. 468 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

Omelia di Sua Eminenza Cardinale Pietro Parolin Segretario di Stato nella S. Messa del centenario morte San Pio X alla presenza di circa seimila fedeli

n Parco del Santuario mariano delle Cendrole Riese Pio X, 23 agosto 2014

Letture bibliche: Ez. 34, 11‑16; Sal. 22; 1 Ts. 2, 2b‑8; Gv. 21,15‑17

Eccellenza Rev.ma Mons. Gianfranco Agostino Gardin, Vescovo di Treviso, Eccellenze Rev.me,

Illustri Autorità civili e militari, Cari sacerdoti, religiosi e religiose, Cari fratelli e sorelle nel Signore, Sono molto lieto di trovarmi con voi in quest’umile santuario delle Cendrole, a celebrare il centenario della nascita al cielo di San Pio X ed anche il 60° della sua ele‑ vazione alla gloria degli altari. Qui, alle Cendrole, dove sorge la casa di Maria che fu la più cara al santo Pontefice; qui dove egli, fin da bambino, imparò a confidare alla Madre di Dio i sentimenti più intimi del cuore e ad ascoltare la chiamata del suo Figlio. Con Maria vogliamo ringraziare il Signore di aver donato all’umanità e alla Chiesa il nostro amato San Pio X, sacerdote, Vescovo e Papa, che ebbe un solo e grande progetto nella sua vita e nel suo ministero: “Fare di Cristo il cuore del mon‑ do” (Ef. 1,10). Abbiamo sentito nella prima lettura le consolanti parole che Dio rivolge al suo popolo attraverso il profeta Ezechiele: “Io stesso cercherò le mie pecore … le radunerò dai luoghi dove erano state disperse nei giorni nuvolosi e di caligine … le ricondurrò nella loro terra … le condurrò in ottime pasture e là si adageranno su fertili pascoli … io le farò riposare”. Sono espressioni di grande conforto, di fiducia, di sicurezza e di speran‑ za. In un tempo di profonda aridità spirituale per Israele e di prospettive per nulla rassicuranti sul suo futuro, Dio lo invita a confidare totalmente nella sua azione. Oggi queste parole si dirigono a noi. Nonostante i turbini della storia e “la valle oscura” di cui parla il Salmo responsoriale, saremo da lui stesso difesi, nutriti, cura‑ ti e condotti ai pascoli ubertosi della vita serena. Il Pastore d’Israele continua, infat‑ ti, a guidare anche oggi il suo popolo, attraverso pastori che ‑ come dice Paolo ‑ so‑ no “amorevoli in mezzo a voi come una madre che ha cura dei propri figli”. Mi è spontaneo applicare a Pio X questa espressione dell’Apostolo. Dio dona al suo popolo pastori “amorevoli come una madre”. E attribuirgli anche l’espressione di Geremia: “Vi darò pastori secondo il mio cuore” (Ger. 3,15). Tale fu Pio X, pastore se‑ condo il cuore di Dio, pastore umile anche se energico, fedele, distaccato da sé, ani‑ mato da viscere di misericordia, proteso alle necessità umane e spirituali del greg‑ Speciale Centenario della morte di San Pio X 469

ge di Dio. Pastore che ricalcò nella sua persona e nei suoi gesti le sembianze del Buon Pastore annunciato dai Profeti e realizzato da Gesù. Egli “fu per loro pastore dal cuore integro e li guidò con mano sapiente” (Sal. 77, 72).

1. Contesto storico e annuncio di fede

Pio X visse in un’epoca che poneva numerosi interrogativi alla Chiesa sul pro‑ prio futuro, sulla sua azione pastorale, perfino sulla sua stessa sopravvivenza nel mondo. Era un mondo, quello in cui visse Pio X, che si stava evolvendo, ma i cui segni emergenti costituivano preoccupazione per i Pastori della Chiesa, perché, al di là di ogni confortante traguardo, si intravvedeva l’avvio di quel fenomeno della secolarizzazione delle società, che gradualmente avrebbe permeato il nuovo secolo e lo avrebbe di passo in passo condotto ad una sempre più marcata distanza dei comportamenti dai riferimenti religiosi, dalla fede della Chiesa, da Dio stesso: “Chi non scorge ‑ osservò Pio X nella sua prima enciclica ‑ che la società umana, più che nel‑ le passate età, si trova ora in preda ad un malessere gravissimo e profondo, che crescendo ogni di più e corrodendola sino all’intimo, la trae alla rovina? Voi comprendete, Venerabili fratelli, quale sia questo morbo: l’allontanamento e l’apostasia da Dio”1. L’esperienza del XX secolo confermerà poi chiaramente che, sradicato Dio dalla scena del mondo, perdono rilevanza la dignità umana, il rispetto della vita, la giu‑ stizia sociale, l’equa partecipazione ai beni della terra, il coraggio della pace, la stes‑ sa democrazia e laicità dello Stato.

2. La scelta di Pio X: Cristo è l’unico salvatore

Come buon Pastore, Pio X corse audace e generoso in difesa del gregge a lui af‑ fidato, richiamando la Chiesa del suo tempo a ricentrarsi su Cristo, a ritrovare solo in Lui le sue più profonde energie di vita, ad attingere da lui quell’ansia di annun‑ cio evangelico e di carità sconfinata, che spinsero lo stesso Cristo a dare la vita per gli uomini. A nessun altro scopo egli volle dedicato il suo ministero petrino, accet‑ tato con palese sofferenza e disistima di sé e solo confidando nella grazia di Dio, se non a rendere presente Cristo nel mondo: “Proclamiamo ‑ dichiarò ‑ di non avere, nel pontificato, altro programma, se non questo appunto di ‘restaurare ogni cosa in Cristo’, co‑ sicché sia ‘tutto in tutti Cristo’”. E continuava: “Gli interessi di Dio sono gli interessi No‑ stri, per i quali siamo risoluti a spendere tutte le nostre forze e la vita stessa”2.

1 PIO X, E supremi apostolatus, 4 ottobre 1903, in Enchiridion delle encicliche, 4, Brescia, Edizioni Dehoniane, 1998, p. 21, n. 2. 2 Ivi, pp. 21‑23, n. 3. 470 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

Per questo egli non volle indossare i panni del regnante depauperato; non coltivò nostalgie temporalistiche; accettò di perdere, come nel caso della Francia, appoggi umani, privilegi, ricchezze, garanzie terrene. Dimesse an‑ che le vesti dell’ecclesiastico ottocentesco, spesso erudito o sistemato nella Chiesa ma distaccato dal suo gregge, egli si gloriò della consunta talare del parroco, che cerca i suoi fedeli, che si intrattiene con loro a condividere an‑ gosce e pesi quotidiani della vita, che alimenta la sua gente con il catechismo e il Pane di vita offerto fin alla più tenera età; che sostiene, ammonisce e in‑ dirizza; che sa promuovere iniziative sociali, educative e perfino sportive, pur di accrescere le convinzioni interiori della sua gente e la gioia di appar‑ tenere alla Chiesa. Fu con questa lungimiranza spirituale e pastorale che l’umile sacerdote tre‑ vigiano, divenuto Pontefice, costituì con la sua persona un autentico spartiac‑ que nella visione del sacerdozio e nell’esercizio pastorale del ministero sacro e invitò la Chiesa non certo all’autoreferenzialità, all’isolamento e alla chiu‑ sura in sé stessa, bensì la spronò ad una “somma alacrità”, alla “magnifica im‑ presa”, cioè a qualificare tutta la propria azione sul primato di Cristo e della sua parola3.

3 Ibidem, n. 4. Speciale Centenario della morte di San Pio X 471

Questo appello del Santo Pontefice che stasera onoriamo, è di estrema urgen‑ za anche per la Chiesa di oggi, come ci richiama costantemente Papa Francesco. Anche noi siamo chiamati a qualificare radicalmente la nostra presenza nel mon‑ do. Cioè ad immergerci in Cristo come supremo valore della vita; a sceglierlo e testimoniarlo nei nostri comportamenti; a spenderci perché solo Lui sia annun‑ ciato e divenga il vero Signore della storia. E’ questa la nostra vocazione più ve‑ ra, che dal battesimo deve distendersi in tutta la nostra esistenza. Infatti se Cri‑ sto è annunciato, l’uomo è valorizzato nelle sue più profonde dimensioni. Se Cri‑ sto è seguito, la società umana diventa famiglia e comunità in cui regna la pace e la concordia. Se Cristo è amato, ogni persona trova in lui il senso gioioso della propria esistenza, trova orientamento nelle difficoltà e luce nelle oscurità che la travagliano. Se la parola di Cristo è ricevuta nel nostro cuore ed egli abita sacra‑ mentalmente in noi, ciascuno dei suoi discepoli sarà capace di manifestare nel mondo, anzi di anticipare, la comunione definitiva e gioiosa con Dio. Con le pri‑ me parole dell’Evangelii Gaudium diremmo: “La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia” (n. 1). La scelta di Pio X, dunque, di porre Cristo a fondamento di ogni azione della Chiesa, fu e rimane estremamente moderna, scelta intrinsecamente missionaria, scelta anticipatrice di tanti eventi e riflessioni della Chiesa del XX secolo.

3. La santità di Pio X

Abbiamo ascoltato nel Vangelo di questa sera la domanda di Gesù a Pie‑ tro: “Mi ami tu più di costoro?”. San Giovanni Paolo II, nell’omelia tenuta nella sua memorabile visita qui a Riese il 15 giugno 1985, sottolineò che Gesù rivolse anche a Giuseppe Sarto questa stessa domanda di amore e la risposta vocazio‑ nale del giovane Giuseppe, generosa e totale, “ebbe il suo inizio qui, a Riese, tra i vostri avi” e fu una risposta piena di donazione a Cristo, che lo portò non solo al pontificato, ma alla santità: “Tu sai tutto, tu sai che io ti amo”4. Capiamo meglio allora perché Pio X fra le priorità del suo pontificato abbia chiesto ai pastori della Chiesa la santità della vita, una vita completamente ri‑ volta a Cristo e alla sua chiamata, poiché ‑ disse ‑ “Gesù non ci annoverò tra i suoi servi, ma tra i suoi amici”. La santità di vita come condizione indispensabile per la credibilità del ministero sacro; la santità come specificità del sacerdozio ministe‑ riale; la santità come autentico e totale il suo amore per il Signore. E l’amore esi‑

4GIOVANNI PAOLO II, Omelia tenuta a Riese, il 15 giugno 1985, in AAS, LXXVIII (1986), pp. 247‑252. 472 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

ge convinzioni, scelte, priorità, donazione, intensità di cuore, sacrificio, rinuncia a sé stessi, umiltà nel riconoscerci limitati dinanzi all’Amore che si offre per l’u‑ manità. Anche per noi, sacerdoti di oggi, è questo il punto nodale dove verificare la qualità della nostra sequela di Cristo. Faccio mie, perciò, le parole che Be‑ nedetto XVI, raccogliendo il grande insegnamento espresso da Pio X, pronun‑ ciò a Castel Gandolfo: “Solo se siamo innamorati del Signore, saremo capaci di por‑ tare gli uomini a Dio ed aprirli al Suo amore misericordioso e così aprire il mondo al‑ la misericordia di Dio”5.

4. Il buon pastore cerca le sue pecore

Il primato spirituale nella vita del prete, non lo distacca dal mondo. Anzi, lo radica in maniera ancor più significativa nella storia e nella comunità! L’amore di Pietro per Gesù è la condizione del mandato affidatogli dal Signore, “Pasci le mie pecorelle!”. L’amore totale del pastore a Cristo ricade nella chiesa come ca‑ rità pastorale. E Pio X fu un vigoroso esempio di carità apostolica! Non è agiografia devo‑ zionale la sua premura per gli ammalati, per i colpiti dal colera quand’era parroco di Salzano, la sua assistenza agli agonizzanti, la delicate incombenze prestate al suo vescovo infermo, mons. Zinelli, il suo privarsi del cibo nella pentola, le continue elemosine ai poveri che bussavano alla sua casa, ecc. Ne so‑ no testimonianza le centinaia e centinaia di lettere che bambini, operai, donne di casa, suore, parroci, missionari, seminaristi, emigranti gli inviarono lungo il suo pontificato e da tutto il mondo. Una carità che nasceva da un cuore sensibile e tenero per i bisognosi, lui nato e cresciuto in una famiglia e in una parrocchia povera. Una carità fatta di elemosina; di preghiera sincera per le persone che gli affidavano le proprie angustie; di incoraggiamento e di speranza che sapeva infondere a quanti restavano senza lavoro o erano condannati ai margini della storia, senza mezzi per tirare avanti le numerose famiglie, o colpiti da calamità naturali e disastri climatici, o costretti ad emigrare. Papa Pio X fu sentito in tut‑ ta la Chiesa come l’uomo dalla inesauribile carità umana e sacerdotale. Un Papa che sarebbe corso perfino in Calabria per consolare le vittime del disastroso terremoto del 1908 e che riservò a quegli infelici fiumi di beneficenze, tanto da rispondere ad un Vescovo che egli avrebbe preso in considerazione la ricostru‑ zione delle chiese, “quando si sarà provveduto all’urgenza dei malati e dei senza tetto

5BENEDETTO XVI, Il segno indelebile di S. Pio X nella storia della Chiesa, in Insegnamenti di Benedetto XVI, vol. VI (2010), 2 (luglio‑dicembre), Città del Vaticano, Libreria Editri‑ ce Vaticana, 2011, pp. 104‑106. Speciale Centenario della morte di San Pio X 473

e dei senza pane” e nascostamente manteneva di tasca propria 600 ragazzi orfa‑ ni ai quali provvide un tetto ed un lavoro6. Sono inesauribili le testimonianze sulla carità di Pio X. Questa fu la carità che egli impersonò e riversò sulla Chie‑ sa come pastore, esempio vivente di amore paterno e premuroso, consolante e fermo, benefico e altruista ! Con una vita personale e pastorale ispirata solo al Buon Pastore, Pio X spri‑ gionò nella Chiesa una nuova atmosfera, un clima di vita interiore ardente e infiammata, appunto “un balsamo, un profumo”, alla cui fragranza si corrobo‑ rarono i cuori degli umili e dei semplici, dei bambini che corsero gioiosi alla mensa eucaristica; dei ragazzi che appresero con appassionata memoria il suo catechismo; dei giovani di Azione cattolica; dei lavoratori che si sentirono sem‑ pre più capiti dai Pastori della Chiesa. E così alla sua morte, che il mondo con‑ siderò un supremo atto di amore da lui offerto per salvare i suoi figli dal massa‑ cro della guerra, si attribuirono subito a lui, le parole del Vangelo: “Il buon Pa‑ storedalavitaperilsuogregge” (Gv. 10.14). Fu il culmine e la pienezza del suo ‘amoris officium’. Per l’intercessione amorosa di Pio X e mentre ringraziamo Dio per aver‑ cene fatto dono e cerchiamo di fare nostri i suoi esempi e i suoi insegna‑ menti, rivolgiamo anche noi a Maria la nostra preghiera. Affidiamole il cammi‑ no delle nostre famiglie e delle comunità ecclesiali, i nostri Pastori e l’amato Pa‑ pa Francesco, gli sforzi degli uomini di buona volontà per la pace, i malati e i po‑ veri del mondo, i bambini e i giovani: “Madre gloriosa di Dio, vergine sempre Maria, Mostrati Madre per tutti. Dolce regina del cielo…donaci giorni di pace, veglia sul nostro cammino, fa che vediamo il tuo Figlio, pieni di gioia nel cielo”.

Amen.

6DIEGUEZ A., E lo chiamavano Papa di provincia, in ‘L’Osservatore Romano’, 17 luglio 2014, p. 4. 474 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

Intervista a S. Em. Card. Pietro Parolin pubblicata ne “La Vita del Popolo” edizione speciale distribuita il 23 agosto. “Pio X: famiglia e parrocchia le sue radici”

n Dall’inserto uscito con “La Vita del Popolo” del 10 agosto 2014

E’ ormai partito il conto alla rovescia per il grande appuntamento diocesano di sabato 23 agosto al santuario mariano delle Cendrole, a Riese Pio X. La celebrazio‑ ne eucaristica nel centenario della morte di papa Sarto si annuncia molto parteci‑ pata da famiglie, gruppi parrocchiali, sacerdoti, religiosi e laici che desiderano rac‑ cogliersi attorno alla Parola e all’Eucaristia facendo memoria e rendendo grazie per la vita e la santità del pontefice trevigiano. A presiedere la solenne concelebrazione sarà il Segretario di Stato di Sua Santi‑ tà, il cardinale Pietro Parolin, che ha accettato l’invito del nostro Vescovo. Lo abbiamo raggiunto nei giorni scorsi e gli abbiamo chiesto di rileggere, per i nostri lettori, la figura di Pio X.

Eminenza, quali sono i tratti caratteristici che la colpiscono di questo pontefi‑ ce trevigiano?

Ritorno con piacere a Riese Pio X, paese natale di San Pio X, che nel passato ho visitato in più occasioni perché attratto fin dalla mia infanzia dalla figura di questo Pontefice, il quale ha mantenuto per tutta la vita i lineamenti dell’umile e laborioso prete delle nostre Diocesi venete di fine ‘800: la modestia e la bonomia; la battuta spontanea e benevola; la preparazione e lo studio teologico e giuridico che coltivò con assiduità, anche da parroco; la profonda fedeltà alla Chiesa e ai Pastori; la ca‑ pacità di essere guida di anime con la confessione, la predicazione e la direzione spirituale; la sincera condivisione delle misere condizioni di vita di gran parte del popolo a lui affidato; il senso concreto e realista (il buon senso!) delle cose e delle situazioni, e delle soluzioni da adottare. Mi piace ricordare lo stupore e l’entusia‑ smo dei romani nei primi anni del suo pontificato, quando videro il Papa accoglie‑ re tutti in Vaticano per spiegare il catechismo o il vangelo della domenica.

Quali aspetti del suo ministero e delle sue scelte pastorali sono ancora di at‑ tualità?

Molte dimensioni del ministero di Pio X sono valide ancor oggi. Si tratta di di‑ mensioni che appartengono alla vita della Chiesa di ieri e di oggi, ma che in Pio X assumono particolare rilievo per la sensibilità sacerdotale ardente e l’animo pasto‑ rale che lo caratterizzavano. Fra queste ricordo la liturgia; poi il catechismo per pic‑ coli e adulti, come luogo di conoscenza delle verità della fede e di maturazione del‑ Speciale Centenario della morte di San Pio X 475

le convinzioni interiori dei battezzati e della vita cristiana. Oggi questo aspetto è si‑ curamente divenuto un’urgenza per le nostre comunità. Altre scelte pastorali di Pio X che mantengono intatta la loro attualità mi sembrano la precisa teologia cui ispi‑ rare la proposta cristiana e la testimonianza evangelica; la creatività nell’annuncio della fede e nella pratica dell’amore fraterno; la comunione con i Pastori della Chie‑ sa; la partecipazione dei fedeli alle associazioni ecclesiali (si veda, ad esempio, la grande riforma dell’Azione cattolica da lui voluta); l’esemplare sollecitudine per i poveri e i diseredati.

In quale misura le radici venete di san Pio X possono aver inciso nel suo pon‑ tificato?

Pio X divenne papa, come è noto, dopo aver percorso i vari gradi del ministero sacerdotale. Ciò diede spessore “pratico” e, appunto, pastorale alla sua attività. Da buon veneto, poi, intelligente e di animo sensibile com’era, entrava bonariamente nei nuovi ambienti in cui era chiamato ad inserirsi, cogliendone tuttavia subito le opportunità e, d’altra parte, i limiti che impedivano i progressi e apportando solu‑ zioni celeri e opportune. Credo che due, in particolare, siano state le esperienze “ve‑ nete” che influirono su Pio X: la famiglia e la parrocchia… certo famiglia e parroc‑ chia come erano strutturate alla metà dell’800. In famiglia Giuseppe Sarto imparò il calore delle relazioni, il senso della responsabilità, del dovere quotidiano e del sa‑ crificio, l’attaccamento alla fede cattolica e alla Madonna, il rispetto coscienzioso, ma anche libero, verso l’autorità… La parrocchia fu l’altra vigorosa radice veneta che Pio X portò al soglio di Pietro: da qui, dunque, la sua insistenza sulla santità dei 476 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

vescovi e dei preti e sui loro doveri nella cura delle anime; sul catechismo, che nel Veneto era ormai da secoli entrato a far parte del patrimonio parrocchiale; sull’ar‑ ticolazione delle parrocchie, in specie per quanto concerne l’apostolato dei laici, la valorizzazione della donna, la viva attenzione all’emigrazione.

Pio X è sempre stato un santo molto amato e venerato: per quale motivo a suo avviso le persone lo sentono così vicino?

I fedeli hanno un particolare “fiuto” nei confronti dei Pastori. Avvertono subito se essi sono dotati di una umanità ricca, di un cuore aperto alle loro necessità e di un genuino interessamento per il loro bene. Pio X fu subito amato e venerato per queste caratteristiche, che toccarono rapidamente le fibre più personali dei fedeli. La causa di beatificazione, apertasi a soli nove anni dalla sua morte e già da diver‑ so tempo richiesta da varie parti, sancì quell’adesione interiore verso di lui che tan‑ ti fedeli gli avevano riservato. Umili e semplici di cuore furono tra i suoi devoti più fervorosi. Ma anche molti sacerdoti, che si formarono nei Seminari prima e dopo la guerra mondiale, si ispirarono al suo modello sacerdotale. Penso che anche ciò spie‑ ghi la larga diffusione che ebbe il culto di Pio X nel mondo.

Ritiene che quest’anno di studi, convegni, iniziative sia stato importante per riscoprire e delineare in modo più corretto la figura e l’opera di san Pio X?

Da diversi anni prolificano studi, volumi e convegni su Pio X. E tutti molto utili per la conoscenza di lui e della sua epoca. L’ultima iniziativa risale solo a qualche settimana fa, in occasione della presentazione della rinnovata biogra‑ fia del prof. Gianpaolo Romanato a Roma. Qui non è possibile evidenziare le tante e variegate prospettive messe in luce dagli studiosi. Ma ad un aspetto penso doveroso accennare: che la figura di Pio X non è più vincolata al solo problema del modernismo. Anzi! E’ piuttosto sulla ventata “pastorale” da lui introdotta nella Chiesa del primo ‘900 che si sta concentrando l’attenzione. Questo è estremamente positivo. Perché Pio X effettivamente fu un pastore, un parroco anche da Pontefice, un riformatore, un creativo, un uomo che accolse i fedeli e allargò le braccia per abbracciare tutti (e così lo si volle rappresenta‑ re nella statua nella Basilica di San Pietro), un sacerdote consapevole della grandezza del ministero sacro e totalmente consacrato al bene dei fedeli, so‑ prattutto di quelli più umili e poveri.

Alcuni storici sottolineano delle caratteristiche che, nonostante la lunga di‑ stanza temporale, accomunano papa Francesco a papa Sarto, dalla modestia delle origini alla pastoralità, dalla mancanza di un percorso all’interno della Curia alla libertà con cui interpretano il pontificato, fino alla creazione di una propria segreteria. Lei è d’accordo, vede altri punti di “somiglianza”? Speciale Centenario della morte di San Pio X 477

Certamente. E’ indubbio che corrano molte somiglianze fra Pio X e Papa Fran‑ cesco, perché, fra l’altro, entrambi sono accomunati da una simile provenienza, cioè dal ministero diretto esercitato in una Diocesi, tra sacerdoti e fedeli. Del resto, non dimentichiamo che pure Pio X fu subito simpaticamente avvicinato alla figura di Pio IX, al quale tra l’altro assomigliava anche fisicamente. Pure nello stile del servizio di Papa Francesco si possono ravvisare aspetti co‑ muni con Pio X, come lei ricordava. Però, ciò che deve starci maggiormente a cuo‑ re non è tanto la somiglianza personale dei Pontefici fra loro, quanto il fatto che il Papa, ogni Papa, ha ricevuto da Cristo il mandato di pascere il suo gregge ed è chia‑ mato a rivivere in se stesso la figura e i sentimenti del Buon Pastore e di spendersi nella custodia e per la crescita della Chiesa che il Signore gli ha affidato. Le sensi‑ bilità e i modi possono essere diversi, ma il Papa, che si chiami Pietro, Pio, Clemente o con qualsiasi altro nome, che sia italiano o non‑italiano, deve risvegliare sempre nel cuore dei cattolici un profondo affetto e un grande senso di comunione con lui. Sono convinto che Papa Pio X e Papa Francesco ci possono ispirare una profonda gioia di appartenere a Cristo e alla Chiesa, una sincera adesione al Vangelo da te‑ stimoniare in qualsiasi ambiente di vita e una fervorosa ansia missionaria . Desidera rivolgere un saluto e un augurio alla Diocesi di Treviso?

Ci ritroveremo a Riese il 23 agosto prossimo, dopo il mio ritorno dal viaggio in Corea, in cui accompagnerò il Papa ad incontrare quella giovane Chiesa dell’Estre‑ mo Oriente. Confesso di pensare che Treviso è privilegiata per aver dato i natali a Pio X ed aver goduto del suo ministero parrocchiale per lunghi anni. San Giovan‑ ni XXIII, nel discorso del 7 novembre 1954 tenuto in duomo a Treviso in occasione della prima festa del nuovo santo Pio X, invitò i trevigiani ad essere fieri, perché “fi‑ lii sanctorum sumus”, siamo figli di santi (Tob, 8,5). In questa terra, infatti, non so‑ no pochi i discepoli di Cristo giunti agli altari e solo per ricordare i più recenti, men‑ ziono, con Pio X, il beato vescovo Longhin, i miei vicentini santa Bertilla e il pros‑ simo santo vescovo Farina, e poi il beato Toniolo e tanti altri Servi di Dio che qui abitarono o passarono… Disse allora il card. Roncalli: “Come tali voi di Treviso, avete contratto delle responsabilità distinte… C’è in questa nobile porzione della Marca tanto bene, tanto bene, che merita riconoscimento ed incoraggiamento”. Io credo che i trevigiani debbano giustamente essere fieri di Pio X, ma nello stesso tempo preoccuparsi di far crescere ovunque il “tanto bene” di cui parlava san Gio‑ vanni XXIII e che oggi non è affatto venuto meno, anche se forse è meno immedia‑ tamente visibile. La Treviso cristiana, la Chiesa trevigiana può dare anche oggi al mondo tanto bene. Può offrire una fede cristiana coerente e gioiosa, la carità gene‑ rosa, il volontariato e l’accoglienza dei più poveri, l’impegno apostolico e missio‑ nario, ecc. Auguro perciò ai Trevigiani, ai sacerdoti, ai consacrati e ai laici, che l’in‑ tercessione di San Pio X faccia sprigionare dal loro cuore ancora tante energie di be‑ ne per tutti. (Alessandra Cecchin) 478 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

Interventi di S. E. Gianfranco Agostino Gardin per l’Anno centenario di San Pio X

Lettera ai fedeli della Diocesi per il centenario di Pio X

Carissimi fratelli e sorelle, il 20 agosto del 1914 concludeva la sua esistenza terrena San Pio X, Giuseppe Sarto, della nostra diocesi trevigiana, finora primo ed unico Papa canonizzato del XX secolo. Ci apprestiamo dunque a celebrare il Centenario della sua morte. Vogliamo che la sua doverosa memoria aiuti la nostra chiesa diocesana, che lo venera co‑ me il suo figlio più insigne, a riconoscere la vocazione alla santità come la chia‑ mata che tutti ci accomuna. La sua vita ha ancora molto da insegnarci. E tutti noi desideriamo che questo grande Pastore, con la forza della sua fede e della sua dedizione alla Chiesa, torni idealmente vivo in mezzo a noi per insegnarci ed aiutarci ad essere consapevoli del dono grande della fede, capaci di riconoscere il primato di Dio, pietre vive di una Chiesa sempre pronta a rinnovarsi per essere fedele al suo Signore e Maestro. Le celebrazioni del Centenario si apriranno in Cattedrale il 12 giugno prossi‑ mo, con la presenza del Cardinale Angelo Comastri, e si concluderanno nel set‑ tembre del 2014 con un pellegrinaggio alla sua tomba a San Pietro in Vaticano. Le diverse iniziative programmate per questo evento sono già state fatte cono‑ scere e verranno ulteriormente divulgate. Nel corso del Centenario sarà motivo di gioia recarci pellegrini, fisicamente o almeno idealmente, nei luoghi della nostra diocesi che sono stati teatro della sua vita e del suo ministero. A Riese anzitutto, dove impareremo, nella casa natale, nella chiesa parroc‑ chiale, nel santuario mariano delle Cendrole, la semplicità della sua famiglia, del suo paese cristiano; torneremo alle fonti della sua fede e della sua devozione a Maria. Comprenderemo come in questa piccola Nazareth il piccolo Giuseppe, come avvenne per Gesù, cresceva in età e grazia, raccogliendo nel suo cuore il tesoro della tradizione di fede, di laboriosità, di onestà, che veniva consegnata anche a lui. Lo incontreremo poi a Tombolo, dove, dopo l’intermezzo costituito dagli an‑ ni di seminario a Padova e l’ordinazione sacerdotale avvenuta nel duomo di Ca‑ stelfranco Veneto, lo ritroviamo, come cappellano e ormai uomo, anche se giova‑ ne di età; ricco di un’esperienza di studio, ma soprattutto di una scuola di uma‑ nità che viene da lontano, dalla sua famiglia e dalla frequentazione del Vangelo e dei Padri della Chiesa. Un prete pronto per il ministero, con il valore aggiunto di una giovinezza che si dona senza misura e stupisce e suggerisce di imitarlo. A Salzano lo ritroveremo come zelantissimo parroco di una grande comunità, Speciale Centenario della morte di San Pio X 479

di antica tradizione cristiana, di fede salda e operosa. Lì coglieremo il dono di sa‑ per mettere insieme ciò che è ideale, come necessario orizzonte di vita, e ciò che è concreto, ciò che tocca, conforta, sostiene la vita della sua gente. Salzano con‑ divideva allora, con tutto il Veneto, una situazione diffusa di povertà, con estre‑ mi di miseria che toglievano a tante persone, soprattutto ai giovani, motivi di speranza e inducevano i vizi dei poveri, soprattutto l’alcolismo. Bisognerebbe sostare a lungo a Salzano, ritrovare la sua energia, il dialogo in‑ traprendente con chi poteva intervenire, come l’industriale Romanin Jacur, ad elevare il livello di vita della sua gente; anche gli “eccessi” della sua carità, che lo spingeva perfino a cedere la pentola che era sul fuoco a chi aveva fame. Ma a Salzano i suoi parrocchiani conobbero un prete che faceva loro conoscere Dio, anche mediante una catechesi innovativa, e lo mostrava con la sua vita. La successiva meta sarà Treviso, dove il sacerdote Giuseppe Sarto fu cancel‑ liere e direttore spirituale in seminario. Quando da Papa interverrà sul Codice di Di‑ ritto Canonico, riformandolo e, ancor più profondamente, sulla vita dei semina‑ ri, egli metterà a frutto esperienze e convinzioni maturate in questi nove anni ca‑ richi di responsabilità; così come in tutte le attenzioni pastorali che caratterizza‑ no il suo pontificato emergerà la sua esperienza di prete tra la gente. A Treviso egli sperimentò da vicino il significato del governo di una Chiesa: comprese che bisognava rendere attente le persone, i futuri sacerdoti, alla nuo‑ va realtà che tumultuosamente maturava: l’unità d’Italia, la terza guerra d’Indi‑ pendenza, i moti popolari, il presentarsi di ideologie totalitarie. I santi veri esco‑ no dagli schemi devoti che noi talora costruiamo attorno ad essi, scendono sul terreno della storia, leggono i fatti con la sapienza di Dio, indicano con sicurez‑ za la direzione giusta. Questo egli fece con i futuri sacerdoti e con i confratelli del seminario e della diocesi. Dio lo preparava a compiti più alti. Per questo il suo sguardo si era fatto via via più acuto, e la sua anima maturava una carità pastorale che alla fine sarà chiamata a contenere il mondo intero. Così nel 1885 la diocesi di Treviso lo con‑ segna prima a Mantova, poi a Venezia, poi alla cura della Chiesa universale co‑ me Sommo Pontefice. San Pio X è di tutti, ma è soprattutto nostro. E un santo, è una “gloria”, nella misura in cui diventa in noi motivo di aspirazione alla santità, in profonda co‑ munione con lui, esempio di quelle virtù cristiane che egli eroicamente praticò e che oggi vengono ricordate e riproposte a noi a cento anni dalla sua morte. Immaginando l’anno di San Pio X, mi piacerebbe che tutti i fedeli della dioce‑ si trovassero motivo per rivolgersi a lui non solo come intercessore, ma anche co‑ me ispiratore di qualche santa novità da realizzare nella vita personale e, ancor più impegnativamente, nella vita delle comunità cristiane e della diocesi. Da qui inizia il programma che coinvolgerà i fanciulli, gli adolescenti, i giovani, le fa‑ miglie, le associazioni laicali e i presbiteri. Sarà bello riscoprire in Pio X anche un lato umano, attraente: il suo senso del‑ 480 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

l’umorismo, la sua allegria, la familiarità donata, anche da Papa, a tutti coloro che gli erano stati compagni di viaggio nelle diverse tappe. Solo i grandi santi non si camuffano mai: sanno essere se stessi, proprio mentre salgono il monte della santità che li fa così lontani da noi, eppure sempre nostri fratelli. Penso all’entusiasmo della nostra Chiesa quando, nel 1903, il cardinale Giu‑ seppe Sarto fu chiamato al supremo pontificato col nome di Pio X. Il figlio più il‑ lustre testimoniava di fronte al mondo che questa Chiesa era viva e feconda, era aperta già allora sul mondo, con i suoi missionari. Questa Chiesa continua ad essere viva e si raccoglie oggi, con venerazione, davanti al suo figlio più illustre, e con lui venera i suoi santi noti e sconosciuti, il volto amabile e convincente di questo popolo di Dio che cammina qui sulla ter‑ ra, ma ha i suoi padri e le sue madri in cielo e viene da essi incoraggiata nella fe‑ deltà al Vangelo. Questo noi chiediamo in particolare a San Pio X nell’anno che, con amore e gratitudine, dedichiamo a lui.

Treviso, 12 maggio 2013 Speciale Centenario della morte di San Pio X 481

Omelia della Celebrazione eucaristica presso la Basilica vaticana durante il pellegrinaggio diocesano dell’8-10 settembre 2014 alla presenza di 1600 pellegrini

n Basilica di San Pietro in Vaticano, 9 settembre 2014

Carissimi fratelli e sorelle, siamo qui, e siamo numerosi, come pellegrini alla tomba di San Pio X, figlio della nostra terra e della nostra Chiesa trevigiana. Dopo la solenne celebrazione del primo centenario della sua morte, presieduta dal Car‑ dinale Segretario di Stato, è certamente questo l’appuntamento più importante e significativo del Centenario. Ma vogliamo anche ricordare che siamo qui nel centro della Chiesa, presso la tomba di Pietro, presso la sede del Successore di Pietro, il Papa, che domani avre‑ mo la gioia di incontrare e di ascoltare. Qui ci viene spontaneo riaffermare il no‑ stro amore e la nostra fedeltà alla Chiesa, madre, maestra e custode della nostra fe‑ de, spazio irrinunciabile della nostra sequela di Gesù. Qui vogliamo dire anche il nostro amore e la nostra fedeltà al Papa, e sentire che tra i nostri doveri di membri della Chiesa vi è anche quello di sostenere il suo impegnativo e gravoso ministero con la nostra preghiera. A proposito di gravoso ministero del Papa, il pensiero va ‑ permettetemi questo ricordo, qui, non lontani dalla Cappella Sistina ‑ ai momenti in cui il cardinale Giu‑ seppe Sarto, nei primi giorni di agosto del 1903, partecipava ad un conclave in cui ad ogni scrutinio vedeva crescere i suoi voti. Sappiamo ‑ poiché il conclave non era ancora coperto da quella segretezza che sarà poi lo stesso Pio X a decretare ‑ che di fronte al profilarsi sempre più evidente della sua elezione egli reagiva con sgo‑ mento, implorando i cardinali di non pensare a lui. Il Cardinal Gibbson, di Filadel‑ fia, raccontò che dopo ogni votazione il povero cardinale Sarto prendeva la parola «per supplicare il Sacro Collegio che desistesse dall’idea di eleggerlo: tutte le volte ‑ riferì ‑ gli tremava la voce, gli si accendeva il viso, e gli scendevano lacrime dagli occhi. Cercava di volta in volta di documentare più minutamente che mai i titoli che sembravano mancargli per il papato». Due giorni dopo l’elezione Pio X, scrivendo all’amico vescovo di Padova, confiderà che stava «bagnando di lacrime questa pri‑ ma lettera, che scrivo dal Calvario in cui mi ha voluto il Signore». Ma si racconta anche che ciò che convinse il cardinale Sarto a dire il suo soffer‑ to “accetto” fu l’intervento di un confratello cardinale, il quale gli faceva presente che un suo no sarebbe stato un atto di disobbedienza allo Spirito Santo e alla Chie‑ sa. E così, ancora una volta, di fronte ad un nuovo e più pesante, pesantissimo, compito di responsabilità, che lui percepiva come una croce e non certo come una desiderabile promozione, il credente, il figlio che amava la madre Chiesa, il disce‑ polo di Gesù, pronunciava il suo sì. 482 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

Era il suo amore a Cristo, del quale voleva essere fedele ministro, era il suo amore alla Chiesa, che aveva da sempre servito con dedizione totale, che preva‑ levano su tutto. Un amore più grande, più profondo, più decisivo di ogni timo‑ re, o di ogni pensiero o aspirazione umana, ben lontana, del resto, dal suo ani‑ mo. Era la sua santità, che proprio nell’esercizio del ministero di Successore di Pietro ‑ come osservano i suoi biografi ‑ si sarebbe manifestata in tutta la ric‑ chezza dei suoi doni, nella sua docilità allo Spirito, nella sua capacità di consu‑ marsi per gli altri, di donarsi totalmente. Fa impressione, per esempio, leggere nella sua biografia gli estenuanti ritmi di lavoro della sua giornata di prete, di vescovo, di papa: ore di lavoro rubate al sonno, non alla preghiera. Egli era tut‑ to per il suo Signore e per il suo gregge. Il Cardinale Parolin ha ben delineato, nella celebrazione di Riese, la figura del pastore che fu Giuseppe Sarto, dicendo che egli «si gloriò della consunta talare del parroco, che cerca i suoi fedeli, che si intrattiene con loro a condividere an‑ gosce e pesi quotidiani della vita, che alimenta la sua gente con il catechismo e il Pane di vita offerto fin alla più tenera età; che sostiene, ammonisce, indirizza; che sa promuovere iniziative sociali, educative e perfino sportive, pur di accre‑ scere le convinzioni interiori della sua gente e la gioia di appartenere alla Chie‑ sa» (Omelia a Riese Pio X, 23 agosto 2014). Le parole con cui Paolo tratteggia ai Tessalonicesi il suo ministero e il suo animo di apostolo ‑ le abbiamo ascoltate nella seconda lettura ‑ si possono ben applicare al nostro Santo: «Mai abbiamo avuto intenzioni di cupidigia… E nep‑ pure abbiamo cercato la gloria umana… Invece siamo stati amorevoli in mez‑ zo a voi, come una madre che ha cura dei propri figli. Così, affezionati a voi, avremmo desiderato trasmettervi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stes‑ sa vita» (1Tes 2,5‑8). San Pio X ci ricorda dunque che ciò che rappresenta il significato profondo e ciò che costituisce l’impegno più decisivo della nostra esistenza è il “sì” alla chia‑ mata che proviene dal nostro Battesimo, il “sì” alle ulteriori vocazioni ricevute, o alle condizioni particolari di vita in cui siamo chiamati a immettere, praticare e testimoniare il Vangelo. Certamente non mancò, in quel 1903, chi temeva che quel prete di campagna, dall’esperienza ecclesiale piuttosto circoscritta, avrebbe mostrato tutti i suoi li‑ miti nel condurre la Chiesa presente nella varietà delle culture e delle nazioni; o sarebbe stato intimorito dalla complessità e molteplicità dei problemi della Chie‑ sa universale, o dalle impegnative relazioni con i grandi della terra, e forse an‑ che con le grandi personalità della Chiesa. Ma quel prete di campagna, guidato soprattutto dal suo istinto evangelico e dal suo spirito di pastore che si prende cura con passione delle sue pecore ‑ se‑ condo le belle immagini che ci ha offerto il profeta Ezechiele nella prima lettura (Ez 34,11‑16) ‑ seppe governare la Chiesa con coraggio e con determinazione, ol‑ tre che con amore. Speciale Centenario della morte di San Pio X 483

La sua obbedienza allo Spirito che guidava il suo ministero si scorge, tra l’al‑ tro, nelle riforme che egli seppe introdurre nella vita ecclesiale, portando al ver‑ tice della Chiesa l’esperienza di quel “vissuto quotidiano” delle parrocchie e del‑ le diocesi e di quel contatto con i fedeli che faceva parte della sua storia perso‑ nale. Un celebre storico della chiesa ebbe ad affermare di lui che fu «il più gran‑ de riformatore della vita interna della Chiesa dopo il Concilio di Trento» (R. Au‑ bert): con buona pace di chi vuole fare di san Pio X una sorta di simbolo del tra‑ dizionalismo. Non è certo questo il momento e il luogo di rievocare le varie riforme messe in atto o avviate dal Papa trevigiano. Ricorderò solo, nel campo liturgico, l’allar‑ gamento dell’accesso alla Comunione eucaristica: sia perché aperta ai bambini, sia perché resa frequente. Vera benedizione, che ha segnato la vita e la storia spi‑ rituale di tanti cristiani che hanno potuto godere di questo dono. In tutto ciò il Santo Papa ci aiuta a capire che la docilità allo Spirito e il desi‑ derio di avvicinare la chiesa al suo modello che è Cristo ci rendono aperti al nuo‑ vo che sempre scaturisce dal Vangelo. Lo ha ricordato anche qualche giorno fa Papa Francesco, invitando a non aver paura dei cambiamenti nella Chiesa, quan‑ do rappresentano quegli “otri nuovi “necessari per contenere il “vino nuovo” che è Gesù e il suo messaggio (cfr. Mt 9,17). E non vogliamo dimenticare che noi ci troviamo qui nella grande aula di quel Concilio ecumenico Vaticano II, che è stato una grande stagione di obbedienza allo Spirito, mediata dal discernimento dei pastori. E forse si può dire che, sen‑ 484 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

za alcune linee impresse da Papa Pio X alla vita della Chiesa, il Concilio non sa‑ rebbe arrivato a maturare alcune sue decisioni. Del resto, anche da cappellano e da parroco, nella nostra Diocesi, il giovane prete Giuseppe Sarto seppe prendere iniziative nuove e creare nuovi strumenti pastorali: pensiamo solo al catechismo da lui pensato ed elaborato quando era parroco a Salzano. Potremmo chiederci: come agirebbe il sacerdote Giuseppe Sarto se si trovas‑ se nel nostro attuale contesto ecclesiale, di fronte al nostro impegno di ripensare strutture pastorali, nell’attuare la cura delle parrocchie, nell’attenzione alle nuo‑ ve problematiche sociali (pensiamo alla sua generosissima attenzione ai poveri, fatta non solo di carità spicciola)? Con quale spirito di autentico pastore, con quale vivacità e intraprendenza assumerebbe, per esempio, l’impegno della creazione e dello sviluppo delle Collaborazioni pastorali, che stiamo cercando di attuare nella nostra Chiesa perché sia una Chiesa viva, missionaria, capace di di‑ re e di vivere il Vangelo nell’oggi? Noi avvertiamo che questo santo Pastore ci sollecita a camminare con fiducia sulla strada di un impegno evangelico ed ecclesiale aperto, intenso, capace di rinnovarsi, attingendo sempre dalla luce della Parola e dall’insegnamento della Chiesa maestra. Speciale Centenario della morte di San Pio X 485

Ma prima di concludere vorrei ribadire ciò che sta al cuore della persona e della vita di Giuseppe Sarto. È in fondo la ragione per cui noi siamo qui. È la sua santità. Noi siamo qui a venerare e a pregare il santo: il cristiano, il prete, il ve‑ scovo, il papa che ha saputo compiere un vero e concreto cammino di santità. La triplice domanda che abbiamo sentito rivolgere a Pietro da Gesù nel van‑ gelo di Giovanni ‑ «Mi ami tu?» (Gv 21,15‑18) ‑ ha senza dubbio un significato particolare, perché la risposta ‑ «Lo sai che ti voglio bene» ‑ garantisce la condi‑ zione essenziale per lo svolgimento della sua missione di pastore universale. Ma si tratta di una risposta con cui tutti noi dobbiamo confrontarci. Anche noi dob‑ biamo poter dire con tutta sincerità: Signore, tu lo sai che ‑ nonostante tutto, non‑ ostante le mie fragilità, i miei dubbi, le mie inerzie spirituali ‑ io ti voglio bene. Qui sta la radice di ogni santità, anche quella più nascosta e quotidiana. Alla fine della celebrazione ci recheremo in processione alla cappella in cui è custodita la salma di san Pio X. Per la nostra Chiesa diocesana, per la Chiesa uni‑ versale, per ciascuno di noi, chiediamo il dono di una più intensa relazione, di un più vivo amore a Cristo. Chiediamo il dono di farci ogni giorno suoi autenti‑ ci discepoli. 486 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

Altri interventi

Omelia del S. Em. Card. Comastri, Arciprete della Basilica papale di san Pietro e Vicario generale di Sua Santità per la Città del Vaticano, nella celebrazione Eucaristica di apertura dell’anno Centenario

n Cattedrale di Treviso, 12 giugno 2013

Inizio

San Pio X è stato soprattutto un parroco: i primi 18 anni del suo sacerdozio li spese totalmente in parrocchia: prima a Tombolo e poi a Salzano. E’ stato un par‑ roco, che è diventato Vescovo e poi Cardinale e poi Papa. Ma ha conservato sem‑ pre lo spirito del parroco, cioè lo spirito del pastore che ama il gregge del Signo‑ re e si preoccupa soltanto di guidarlo nella via del Signore. In San Pio X era qua‑ si assente la venatura del diplomatico o del politico e anche dell’intellettuale: egli voleva semplicemente portare Gesù alle anime e le anime a Gesù. Oggi, forse, abbiamo un po’ nascosto la semplicità del Vangelo in tante gabbie costruite dal nostro saccente protagonismo, che talvolta ostacola l’unico vero e legittimo pro‑ tagonista della salvezza: Gesù! Chiediamo la semplicità e l’umiltà del cuore per essere servi del Vangelo e non padroni.

Omelia

Nel 1970 ebbi un lungo colloquio con Madre Teresa di Calcutta. Due anni pri‑ ma, nell’estate del 1968, era stata pubblicata l’enciclica “Humanae Vitae” del Pa‑ pa Paolo VI. Un testo che, per la prima volta nella storia della Chiesa, aveva su‑ scitato un’ondata di reazioni e di precisazioni, talvolta, anche di contestazioni. Il fatto mi turbò e fece nascere dentro di me il bisogno di chiedere a Madre Teresa che cosa provasse di fronte ad un simile terremoto ecclesiale. Le dissi: “Madre, quanto è accaduto mi fa star male interiormente e genera dentro di me un po’ di paura. Non ha l’impressione che qualcosa, non voglio dire la Chiesa, si stia sgre‑ tolando?”. La Madre mi guardò con un po’ di stupore e poi mi disse: “Non avere paura! Il mare è agitato in superficie, ma in profondità è calmo. Dio tiene in mano le re‑ dini della Chiesa: talvolta sembra che le lasci un po’ lente, ma ‑ stai tranquillo! ‑ non le cede a nessuno. È una garanzia che ci ha lasciato Gesù e noi dobbiamo fi‑ Speciale Centenario della morte di San Pio X 487

darci di Lui ciecamente”. Poi aggiunse: “Tu conosci l’episodio degli apostoli che stavano sulla barca di notte: il mare era scosso da una violenta tempesta ... e Ge‑ sù non era con loro. Dovette essere un’esperienza terribile, perché le tempeste fanno sempre pau‑ ra. Ma, alle prime luci dell’alba, quando gli apostoli erano stremati per la fatica, Gesù andò loro incontro camminando sulle acque: Dio può fare anche questo senza alcuna fatica! Gli apostoli ‑ tu lo sai ‑ inizialmente provarono spavento, perché pensavano che fosse un fantasma: come vedi non è sempre facile ricono‑ scere Dio, quando ci viene incontro! Intervenne Pietro e disse: ‘Signore, se sei tu, comanda ch’io venga da te camminando sull’acqua’. La richiesta era un po’ sin‑ golare e quasi azzardata, ma Gesù volle ascoltare la richiesta di Pietro e gli dis‑ se: ‘Vieni pure!’. Immagino ‑ continuò Madre Teresa ‑ che Pietro, essendo pesca‑ tore e conoscendo bene le insidie del mare, mise un piede sull’acqua e verificò che non affondasse. Sentendo che il mare era diventato prodigiosamente solido, appoggiò anche il secondo piede sull’acqua, tenendo però le mani aggrappate al‑ la sponda della barca. Poi, preso dall’euforia, cominciò a camminare provando un’emozione che non aveva mai provato: Pietro, infatti sapeva bene che nel ma‑ re si affonda! Ma ecco l’ora della prova: il mare improvvisamente si agita, di‑ venta aggressivo e Pietro sente che i suoi piedi vacillano e sprofondano nell’a‑ bisso. Pietro ha paura: la barca gli sembra lontana e Gesù non gli sembra vicino. Forse si chiede: perché Gesù mi ha fatto questo? Ma, dalla profondità della sua anima buona esce un’invocazione, una preghiera accorata: 488 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

‘Signore, salvami!’. E, in quel momento, Pietro sentì con immensa gioia la mano sicura di Gesù, che lo tirava fuori dall’acqua insidiosa, mentre amabil‑ mente gli diceva: ‘Uomo di poca fede, perché hai dubitato?”‘. Qui Madre Teresa si interruppe. Io ascoltavo il racconto dell’episodio evan‑ gelico e mi sembrava di rivivere quella scena, le cui sfumature erano leggibili nell’atteggiamento del volto di Madre Teresa. Ma la conclusione qual era? Fu Madre Teresa a tirare le somme e disse: “Vedi, quando Pietro camminava sul‑ l’acqua del mare non rappresentava la Chiesa. La Chiesa infatti non ha il pote‑ re di sfuggire le tempeste e di camminarci sopra: questo può farlo soltanto Dio! Pietro rappresentava la Chiesa quando affondava nell’acqua agitata: questo, se ci fai caso, è accaduto più volte nella storia della Chiesa. Ma Pietro, soprattut‑ to rappresenta la Chiesa quando grida: ‘Signore, salvami!’. E Gesù lo tira fuo‑ ri dal pericolo e, con lui, salva l’intera Chiesa”. Rimasi sbalordito di fronte a questa lettura del brano evangelico e, da quel momento, ogni volta che si pre‑ senta una bufera nella Chiesa (e accade spesso!) ripenso alle parole di Madre Teresa: “Pietro rappresenta la Chiesa quando grida: ‘Signore, salvami!’. E Ge‑ sù lo tira fuori dal pericolo e, con lui, salva l’intera Chiesa “. San Pio X ha vissuto la stessa esperienza in mezzo alle turbolenze del suo tempo. Molti, allora, non avevano ancora evangelicamente digerito la fine del potere temporale del Papa e sognavano forme di rivincita. San Pio X fu libero dalla tentazione della ricerca del potere e dell’alleanza con gli uomini del po‑ tere: da uomo di Dio quale era, sapeva bene che la paglia di Betlemme e il le‑ gno della Croce sono le vere manifestazioni dell’onnipotenza di Dio e sono la via che la Chiesa è chiamata a seguire in obbedienza al Divino Maestro. Altri, ai tempi di San Pio X, pensavano di riconquistare rilevanza e visibi‑ lità nella società attraverso una “conversione” alla cultura illuminista e, in particolare, attraverso una esagerata invasione del razionalismo in tutta la tra‑ ma del dogma cattolico. San Pio X temette che la “religione della ragione” prendesse il sopravvento sulla “religione della fede” e sentì il dovere di di‑ fendere il “depositum fidei”. Egli ben conosceva le raccomandazioni che l’A‑ postolo Paolo aveva lasciato al discepolo Timoteo e ai discepoli di ogni tem‑ po: “Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù, che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento. Verrà giorno, infatti, in cui non si soppor‑ terà più la sana dottrina, ma, pur di udire qualcosa, gli uomini si circonde‑ ranno dei maestri secondo i propri capricci, rifiutando di dare ascolto alla ve‑ rità per perdersi dietro alle favole. Tu però vigila attentamente, sopporta le sofferenze, compi la tua opera di annunciatore del Vangelo, adempi il tuo mi‑ nistero” (2 Tm 4,1‑5). In queste raccomandazioni accorate dell’Apostolo Paolo io ci riconosco l’an‑ sia del cuore di San Pio X e la ragione profonda dei provvedimenti che egli si Speciale Centenario della morte di San Pio X 489

sentì in dovere di prendere nel suo tempo. Ma l’espressione più bella del Pon‑ tificato di San Pio X è stata la sua sensibilità pastorale. Egli fu un catechista eccezionale: letteralmente godeva nello spezzare il pa‑ ne della Parola di Dio, perché la sua anima era abitata dal fuoco dell’amore per Gesù. Come l’Apostolo Paolo, egli poteva ripetere: “Per me non è un van‑ to predicare il Vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il Vangelo!” (1 Cor 9, 16). Il suo celebre “catechismo” nacque dalla sensibilità del pastore: evidente‑ mente è un testo datato, tuttavia l’ispirazione e l’intenzione restano valide più che mai. E ci pone una domanda: noi sentiamo, come San Pio X, la passione per l’annuncio del Vangelo? Questa passione ci brucia nel cuore? Egli, da vero “parroco del mondo”, avvertì anche la necessità di rendere più vive e più partecipate tutte le espressioni del culto: sicuramente la riforma litur‑ gica che è venuta attraverso il Concilio Vaticano Il, era in germe nel cuore di San Pio X e nella sua sensibilità di pastore. Avvertì la necessità di promuovere una seria ricerca biblica ed istituì il Pontificio Istituto Biblico. È un particolare che non va dimenticato. Disciplinò la Musica Sacra e promosse la prima redazione del Codice di Diritto Canonico. Giustamente lo storico Roger Aubert ha osser‑ vato: “Pio X è stato il più grande riformatore della vita interna della Chiesa do‑ po il Concilio di Trento”. Ma la sorgente nascosta di tutte le espressioni del suo Pontificato va cercata nella santità: cioè, nella sua anima semplice e povera, nella quale Gesù aveva il primato indiscusso. Mi sembra che per lui valgano le parole che ho trovato nel “Diario spirituale” del Papa Giovanni XXIII, suo successore a Venezia. Scrive Angelo Giuseppe Roncalli: “Gesù mi ha tolto dalla campagna sin da piccino, con affetto di madre amorosa mi ha provveduto di tutto il necessario. Non avevo pane e me l’ha procurato, non avevo di che vestirmi e mi vestì, non avevo libri per studiare e pensò anche a quelli. Talora mi dimenticavo di Lui ed Egli mi richiamò sempre con dolcezza; mi raffreddavo nel suo affetto ed egli mi scaldò al suo seno, alla fiamma che arde perennemente nel suo cuore”. Non ci riconoscete S. Pio X in queste confidenze? Continua Angelo Giuseppe Roncalli: Gesù, che io vi possa amare con l’amo‑ re di Pietro, con l’entusiasmo di Paolo e dei vostri martiri; alla carità s’aggiunga l’umiltà, il basso sentire di me medesimo, il disprezzo delle cose del mondo. E poi fate di me quel che volete: un apostolo, un martire, o Signore. Intanto, la co‑ sa importante è che io non mi vergogni mai della mia povertà, anzi me ne com‑ piaccia grandemente, come fanno i signori del mondo dei loro casati illustri, dei loro titoli di nobiltà, delle loro livree. Mi debbo convincere che senza l’amore speciale che Gesù mi ha mostrato, io sarei nulla più che un povero contadino, il più rozzo, il più ignorante e forse il più cattivo fra quanti contadini ci possano essere”. Questi sentimenti del Beato Giovanni XXIII danno voce anche ai senti‑ menti di San Pio X. 490 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

Recuperiamo anche noi questa sensibilità e ricordiamoci che “apostolo” vuoi dire “inviato”. E, pertanto, il primo dovere dell’apostolo sta nel vivere in comu‑ nione piena con Colui che l’ha inviato. Se manca la comunione con Cristo, noi siamo tralci secchi e improduttivi. Rappresentiamo soltanto noi stessi e non più il Signore. Ma se siamo uniti a Cristo, tutti i nostri gesti manderanno luce e sa‑ ranno una calamita che attira le anime al Signore. La continua riforma della Chiesa può partire soltanto da questa premessa e, forse oggi è questa la premessa che dobbiamo tutti riscoprire e recuperare. San Pio X, con la sua intercessione, ci aiuti a percorrere il solco nel quale ci hanno preceduto i Santi. Ora tocca a noi: preghiamo gli uni per gli altri per non essere la delusione di Dio. Speciale Centenario della morte di San Pio X 491

Omelia di S. E. Mons. Francesco Moraglia, Patriarca di Venezia, nella celebrazione Eucaristica presso la chiesa parrocchiale di Riese Pio X nell’anniversario del battesimo di Giuseppe Melchiorre Sarto (S. Pio X) e nel primo anniversario della dedicazione dell’altare della chiesa

n Riese Pio X, 3 giugno 2014

Carissimi, siamo qui a Riese per ricordare, nell’anno centenario della morte, un umile figlio di questa nostra terra veneta: Giuseppe Melchiorre Sarto, che il Signo‑ re ‑ in un periodo difficile ‑ volle alla guida della sua Chiesa. Eccellenza, a Lei va il mio grazie per l’invito che mi consente di celebrare ‑ pro‑ prio oggi 3 giugno, data anniversaria del battesimo ‑ la santissima eucaristia nella parrocchia che diede i natali a San Pio X; il battesimo fu amministrato dal cappel‑ lano don Pier Paolo Pellizzari. Si è colti da emozione ogni qual volta si visitano i luoghi in cui i santi ‑ che so‑ no uomini e donne, come noi ‑ hanno vissuto e, soprattutto, hanno mosso i loro pri‑ mi passi. Anche la santità ha un suo divenire e germoglia in un preciso contesto umano e sociale. Lentamente viene alla luce tra case, vie, antiche pievi, campi ma, soprattutto, in un contesto umano fatto di comunità ecclesiale, convivenze sociali e civili e in cui hanno grande importanza la fede, le tradizioni, la storia locale, la cul‑ tura; tutti elementi che esprimono l’animo di un popolo. Anche per Giuseppe Melchiorre Sarto, detto Bepi, i primi riferimenti furono la famiglia e la comunità parrocchiale, il paese di Riese con la sua storia e le sue tra‑ dizioni. In tal modo la santità ‑ che è l’opera della grazia di Dio ‑ si “afferma” an‑ cora sconosciuta agli uomini ma già ben nota a Dio in un contesto concreto, reale, quotidiano. Proprio questa sensazione si avverte qui a Riese e nella parrocchia di san Matteo in cui il futuro papa divenne cristiano, ricevendo il santo battesimo il 3 giugno del 1835 e dove, poi, ricevette la prima comunione ‑ il 6 aprile 1846 ‑ e, infi‑ ne, celebrò la prima messa il 19 settembre 1858. Bepi era solito recarsi al vicino san‑ tuario mariano delle Cendrole di cui sempre mantenne un ricordo vivissimo anche da papa. Questi, quindi, gli spazi che videro gli inizi del futuro pontefice; era il Ve‑ neto austroungarico della prima metà dell’800. Desidero, ora, soffermarmi su quegli anni per sottolineare l’importanza degli ambienti che lo plasmarono come uomo e prete. La famiglia Sarto era originaria del Padovano (proveniva da Este) e, oltre a papà Giovanni Battista e mamma Marghe‑ rita, era formata da Bepi ed altri nove figli tra fratelli e sorelle. Era una famiglia di condizioni modeste ma non povera, almeno fino a quando fu in vita il capofamiglia; alla sua morte, avvenuta improvvisamente all’età di ses‑ 492 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

sant’anni, le cose cambiarono radicalmente e per Bepi, il figlio maggiore di soli di‑ ciassette anni, per mamma Margherita e per i numerosi figli, iniziò un periodo di gravi difficoltà economiche. Il padre, Giovanni Battista, viene ricordato dalle figlie Maria e Anna come un “buon cristiano” ma quando Bepi manifestò l’intenzione d’entrare in Seminario, il padre si mostrò per nulla propenso all’idea. Anzi, fu decisamente contrario poiché riteneva che il primogenito rappresentasse un aiuto necessario alla famiglia. La de‑ cisione di Bepi, per il padre, non fu mai qualcosa di scontato e d’indolore. Da quanto afferma la sorella Lucia, sappiamo della decisa opposizione pater‑ na che non approvava l’entrata del figlio in Seminario e, addirittura, non voleva frequentasse la parrocchia; la scelta di Bepi non fu per nulla facile e causò ten‑ sioni domestiche. Per quanto riguarda la figura del padre non si danno ricordi particolari neppu‑ re per gli anni del ginnasio in cui Bepi, due volte alla settimana, usufruiva di un passaggio sul calesse del padre che andava a Castelfranco per recapitare la posta. La mamma, al contrario, svolse un ruolo essenziale tanto che quando Bepi, di‑ ventato vescovo, si presentò alla donna, ormai anziana, e le mostrò l’anello episco‑ pale, ella le mostrò la fede nuziale dicendo: “Se io non avessi questo anello al dito, tu non avresti il tuo”. Margherita era una donna forte, laboriosa e intelligente a cui non difettava il co‑ raggio, che mostrò pienamente in occasione della morte del coniuge. A proposito della scelta del figlio ‑ entrare in seminario ‑, ella era di tutt’altro av‑ viso rispetto al marito e fu un validissimo appoggio per il figlio che sempre inco‑ raggiò e, concretamente, aiutò, rendendogli di fatto possibile rispondere alla voca‑ zione sacerdotale. Alla morte del papà, ovviamente, le difficoltà economiche si moltiplicarono. E le pressioni dei parenti, perché lasciasse il Seminario, furono molto forti e reiterate. Fra l’altro, alla morte del genitore, Bepi aveva la possibilità di subentrargli nel‑ l’ufficio di cursore comunale e ciò voleva dire uno stipendio certo. L’occasione era allettante: infatti, le bocche da sfamare in casa erano dieci, considerando gli otto fra‑ telli rimasti (il più grande dei quali aveva appena quindici anni, il più piccolo era appena nato), la mamma e Bepi. Ora, nonostante la giovanissima età, Bepi ‑ solo diciassettenne ‑ non mutò deci‑ sione e resistette alle pressioni dei parenti e compaesani. Il ruolo della mamma, in questo frangente fu, lo ripetiamo, decisiva. Gli anni che vanno dalla prima infanzia alla prima adolescenza richiedono pre‑ senze, riferimenti, guide particolari. E Bepi poté avere come riferimento importan‑ te oltre alla famiglia ‑ essenzialmente la mamma ‑ anche la parrocchia con la sua vi‑ ta comunitaria, i suoi momenti formativi cristiani e di socializzazione umana ‑ ca‑ techesi e celebrazioni liturgiche, soprattutto la domenica ‑ ma poté contare anche su amicizie nate proprio nel contesto parrocchiale; significativi furono, per la forma‑ zione del futuro papa, i preti della parrocchia e decisivi risultarono gli incontri con Speciale Centenario della morte di San Pio X 493

il parroco don Tito Fusarini e il cappellano don Luigi Orazio che lasciarono un pro‑ fondo segno nella persona di Bepi, plasmandone l’animo. In tale contesto non va sottovalutato il ruolo degli abitanti di Riese; la loro sto‑ ria era segnata dall’ambiente contadino. Essi possedevano, quindi, una fede con‑ creta e vissuta da cui derivava una grande saggezza, espressiva della sapienza del Vangelo. La devozione mariana, profondamente radicata in questi territori, dispiegò nel‑ l’animo del giovane Bepi un grande influsso; si recava spessissimo alla pieve della Madonna delle Cendrole, da cui erano nate le altre chiese parrocchiali del territo‑ rio. Possiamo dire che, proprio ai piedi della Madonna, si manifestò e sviluppò la sua chiamata al sacerdozio. Alla formazione del figlio del cursore di Riese concorsero queste differenti real‑ tà: Va ricordato anche che la parrocchia di san Matteo era una delle più vivaci del‑ la diocesi; qui la fede era davvero vissuta e la comunità cristiana era viva e pulsan‑ te. Si caratterizzava per le “… ‘devozioni che germinano tra le famiglie’, vantava il pri‑ mato di avere una percentuale molto bassa di inconfessi (cioè coloro che non si accostavano ai sacramenti neppure per la Pasqua: poco più dell’1%), e si segnalava per la grande pietà religiosa: a Riese la rete delle confraternite www.museosanpiox.it). Don Tito Fusarini era il parroco, che subito comprese come in Bepi ci fossero qualità d’intelletto e di cuore e propensione alle cose di Dio. In tal modo, oltre allo studio del catechismo, si adoperò affinché quel chierichetto così promettente po‑ tesse continuare gli studi; il primo insegnante di latino fu un altro sacerdote, don Luigi Orazio. Qualcosa del genere si ripeterà ‑ mezzo secolo più tardi ‑ ad un paio 494 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

di centinaia di chilometri da Riese, nella campagna di Bergamo ‑ a Brusicchio di Sotto il Monte ‑ con Angelo Giuseppe Roncalli, il futuro Giovanni XXIII. Un altro sacerdote che influì su Bepi fu il cappellano della parrocchia, don Pie‑ tro Jacuzzi, un sacerdote di valore che, in seguito, sarà rettore del Seminario vesco‑ vile e, infine, Vicario generale della diocesi di Treviso, uomo di grande spiritualità sacerdotale. Viene sottolineato, in proposito, l’influsso che, in modo particolare, il parroco don Fusarini e il cappellano don Jacuzzi ebbero sul giovane Sarto il quale ebbe in essi dei modelli, degli ideali a cui sempre guardò. Lo stesso don Tito Fusarini, attraverso le conoscenze legate agli studi che aveva compiuto a Padova, verrà a sapere che i patriarchi di Venezia avevano diritto a bor‑ se di studio per seminaristi che fossero poveri e meritevoli; pensò, allora, a questa strada per venire incontro alla difficile situazione economica del chierico Sarto crea‑ tasi dopo la morte del papà. In quel tempo era patriarca di Venezia il cardinale Jacopo Monico ‑ originario di Riese ‑ e lo zio del futuro papa, Angelo Sarto, ne era il cameriere personale; attra‑ verso don Tito, quindi, per Bepi fu possibile essere accolto come borsista presso il Seminario di Padova e, così, coronare il suo sogno. Comprendiamo, dunque, quanto fu significativa per Giuseppe Sarto la vita del‑ la comunità di Riese e della parrocchia con i momenti della liturgia, della catechesi e le figure di riferimento, il parroco e il cappellano. Figura insostituibile ‑ lo sottolineo, anche pensando all’oggi ‑ è quella del prete che in parrocchia, con il sostegno della grazia del Signore, esercita un ministero che accompagna, fa crescere e aiuta a vedere quanto ad uno sguardo profano sfugge. Così è logico domandarsi: avremmo avuto un santo papa come Pio X senza mamma Margherita? Senza un parroco attento e vicino alla sua gente, come don Ti‑ to Fusarini, o un cappellano come don Pietro Jacuzzi sarebbe maturata la santità sa‑ cerdotale di Pio X? E, ancora, senza il paese di Riese ‑ la sua storia, la sua cultura, le sue tradizioni ‑ e senza l’esistenza cristiana concretamente vissuta nella parrocchia di San Matteo avremmo avuto una guida coraggiosa e ferma per la santa Chiesa di Dio come pa‑ pa Sarto? Certamente, la vocazione è e rimane dono esclusivo di Dio, ricco di misericor‑ dia, ma non dimentichiamo che Dio in modo ordinario ‑ ossia, quasi sempre ‑ si ser‑ ve di presenze vive e reali e ci rivolge la parola attraverso la voce di uomini e don‑ ne che ci pone accanto. Questo è il modo in cui Dio si rende presente e questo è il modo in cui Dio si è reso presente nella vita di Giuseppe Melchiorre Sarto, detto Bepi, figlio di Riese che, per la Chiesa, è il santo papa Pio X. Speciale Centenario della morte di San Pio X 495

Omelia di S. Em. Card. Severino Poletto, Arcivescovo emerito di Torino durante la Celebrazione Eucaristica nel Duomo di Castelfranco Veneto il 18 settembre 2014, anniversario dell’ordinazione sacerdotale di Giuseppe Sarto

n Castelfranco Duomo, 18 settembre 2014

Premessa

Sono riconoscente al vostro Vescovo, Mons. Gardin, per la delicata bontà che mi ha dimostrato nell’invitarmi, come figlio di questa sempre a me cara Chie‑ sa trevigiana e poi emigrato in Piemonte a Casale Monferrato con la mia fa‑ miglia, a celebrare l’Eucaristia in rendimento di grazie, perché qui in questo grandioso duomo di Castelfranco, l’allora Vescovo di Treviso, il beato e prossi‑ mo santo Mons. Giovanni Antonio Farina ordinava sacerdote il giovane Giusep‑ pe Sarto il 18 settembre 1858. Quest’anno, non solo Treviso, ma tutta la Chiesa uni‑ versale ricorda con diversi eventi il centenario della morte di San Pio X° e den‑ tro a queste celebrazioni si colloca anche questo nostro incontro di preghiera. Non intendo riassumere qui per voi la vita e l’attività di San Pio X°, ma vorrei riuscire a leggere “in filigrana” tutto il suo ministero fino al Sommo Pontificato sotto la cifra interpretativa del suo sentirsi, in ogni responsabilità che gli veniva affidata, sempre e “soprattutto prete!”. È stata questa coscienza della sua vocazione al sacerdozio, sentito e vissuto come “dono” di Dio e non suo merito, che ha ispi‑ rato ogni sua azione spirituale e pastorale in ogni situazione di vita, da cappella‑ no di Tombolo fino al Papato. Tra l’altro ho letto che San Pio X° è l’unico Papa del‑ la storia che da giovane abbia svolto il ministero di cappellano e poi di parroco per ben nove anni nella Parrocchia di Salzano. Vi posso confidare che io stesso nell’occasione del 50° di ordinazione sacer‑ dotale, scrissi una Lettera pastorale ai fedeli dell’Arcidiocesi di Torino, di cui ero Pastore, intitolata proprio così: “Soprattutto prete”, dove raccontavo la storia della mia vocazione e sottolineavo che quanto in seguito mi fu chiesto dal Signore, fi‑ no alla responsabilità di vescovo e cardinale, non è stato altro che lo sviluppo di quella radice e sorgente del dono che avevo ricevuto dal Signore nel lontano 29 giugno 1957, quando a Casale Monferrato il Vescovo Mons. Giuseppe Angrisani mi ordinò sacerdote. Anche lo stesso Papa Francesco al Direttore del Corriere della se‑ ra, Ferruccio De Bortoli, che in questi giorni pubblicò un volumetto contenente la sua intervista al Papa, volendo offrire una sua spiegazione dello stile particolare col quale svolge il suo ministero di Pontefice, disse: “Faccio il prete, mi piace”. 496 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

1. Il prete Giuseppe Sarto

È da questo duomo di Castelfranco che cominciò, con l’Ordinazione presbiterale, tutto il cammino spirituale e pastorale di Giuseppe Sarto e fu per la grazia del sacramento dell’Ordine, ricevuta poi in pienezza con l’Or‑ dinazione episcopale, che si sviluppò e crebbe di giorno in giorno il suo cammino di santità. Pio X° è un Papa santo, perché prima fu un prete santo. Lo si comprende da quanto, già Parroco a Salzano, scrive in una lettera a un gio‑ vane di Tombolo che sta per diventare prete rivelando così come egli stesso in‑ terpretava e viveva la sua missione di prete: “ Comincerai a battere la via del Calvario, unica per arrivare al Tabor, e fin da quel dì conoscerai che la vita del prete è vita di sacrificio”. Non era pessimismo il suo, ma realismo, perché queste parole di Gesù erano ben impresse nel suo animo: “Se qualcuno vuol venir die‑ tro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita la perderà, ma chi perderà la sua vita per causa mia la troverà” (Mt 16, 24‑26). Fin da subito gli fu chiesto di svolgere il ministero di Cappellano a Tombolo, che era una comunità molto povera, collocata nella miserabile cam‑ pagna veneta di allora. Non era quindi un luogo di prestigio, d’altra parte il nostro santo non era prete per la carriera. Ma il suo entusiasmo non diminuì mai, anche quando doveva costatare una “squallida miseria” in tante famiglie per cui doveva inoltrare domande di sussidio da parte del Comune per tante famiglie bisognose. Quando poi, dopo nove anni, partecipò al concorso per essere nominato parroco lo fece su esplicito desiderio del suo vescovo che gli assegnò la parrocchia di Salzano. Lì la sua preoccupazione più grande fu da subito l’impegno di offrire ai suoi fedeli una valida formazione religiosa. Fu a Salza‑ no che il Santo scrisse su un quaderno, con domande e risposte, il suo primo catechismo che poi da Papa fece elaborare da esperti e lo pubblicò, prima per la diocesi di Roma, ma poi divenne per anni un testo fondamentale per tutta la Chiesa. La sua missione di prete non si fermò a Salzano, ma, nominato Can‑ celliere vescovile e soprattutto Direttore spirituale del Seminario diocesa‑ no, ebbe modo di trasmettere ai futuri preti il meglio della sua spirituale ric‑ chezza interiore: ogni giorno dettava la meditazione, ogni settimana una con‑ ferenza formativa, ogni mese guidava il ritiro spirituale e sempre era disponi‑ bile per le confessioni e la direzione spirituale. Il lavoro di Curia, come Can‑ celliere, gli stava stretto. Scrisse ad un confratello: «Se sapessi quanto volentieri verrei a far da prete almeno qualche giorno, consacrandomi al ministero delle anime, per il quale soltanto mi pareva di essere nato; invece de‑ vo annoiarmi tutti i giorni con queste carte....». Ecco come emerge sempre il suo sentirsi “soprattutto prete” anche se presto lo avrebbero atteso compiti ben più grandi, ma da lui mai assolutamente cercati. Speciale Centenario della morte di San Pio X 497

2. Vescovo, cardinale e Papa, ma sempre prete

Nominato Vescovo di Mantova dovette assumere una più grande e marcata re‑ sponsabilità di governo. Ma da quel momento, come in seguito da Patriarca di Ve‑ nezia e poi soprattutto da Sommo Pontefice le sue preoccupazioni maggiori furo‑ no i Seminari e l’attenzione e la vicinanza ai preti, affinché fossero fedeli alla loro vocazione e all’altezza dei loro compiti, richiesti dalla situazione religiosa del mo‑ mento, che non era delle migliori. La concezione altissima che aveva del sacerdo‑ zio lo portava ad essere, come vescovo, un giudice severo nel discernimento sulla qualità della vocazione dei suoi seminaristi. Sapeva che da preti li attendeva un compito non sempre facile. Anche allora, come oggi, la frequenza alla Messa festi‑ va, termometro della fede di una comunità, non era così consolante. In una sua let‑ tera ad un confratello vescovo confidava una situazione vissuta personalmente da lui in una parrocchia di Mantova: «S’immagini che in una Parrocchia di 3000 ani‑ me alla Messa del Vescovo, giorni fa, vi erano quaranta donne, delle quali otto han‑ no fatto la comunione...e il Parroco voleva persuadermi che il paese non era poi tan‑ to pessimo quanto io mi figuravo». Da Sommo Pontefice la sua responsabilità divenne universale, su tutta la Chiesa, e pur consapevole del compito gravoso non si scoraggiò, ma, confidando nella grazia del Signore, si mise subito all’opera e non ci fu campo di azione della missione della Chiesa in cui non sia intervenuto a riformare e rinnovare. ‑ Come non ricordare la sua riforma liturgica con attenzione particolare alla mu‑ sica da eseguire nelle celebrazioni liturgiche, coadiuvato in questo da Mons. Lorenzo Perosi, che egli stesso aveva nominato direttore della Cappella Sisti‑ na? ‑ Come non essere riconoscenti a questo nostro grande Papa per aver riavvici‑ nato i fedeli alla Santissima Eucaristia, raccomandando la comunione an‑ che quotidiana ed anticipando per i fanciulli la possibilità di accedere alla co‑ munione fin dall’età di sette anni? ‑ Sarebbero tante le cose da ricordare. Ci limitiamo a nominarne alcune tra le più importanti: la pubblicazione del suo Catechismo, che fu la base per mol‑ ti di noi della nostra prima formazione cristiana, la preparazione del codi‑ ce di Diritto canonico, la condanna del modernismo e la riforma della Curia Romana. Ma furono i Seminari e i preti ad impegnare la sua attenzione per realizzare una formazione spirituale e culturale e uno stile di vita coerente ed edificante. Ne fa fe‑ de la sua esortazione apostolica “Haerent animo” del 1908, scritta tutta di suo pugno nell’occasione del cinquantesimo anniversario della sua ordinazione sacerdotale. Ai suoi preti Pio X° non chiedeva poco, chiedeva semplicemente la santità come lui stesso la sentiva e la viveva. Tra l’altro scriveva: “Il sacerdote è un uomo crocifisso al mondo, per il quale il mondo è crocifisso; indefesso nella preghiera e nel‑ la meditazione deve condurre la sua vita in una sfera superiore a quella umana...” 498 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

3. La Parola di Dio

Quanto abbiamo detto finora di San Pio X° nel ricordare la sua Ordinazione sa‑ cerdotale trova la sua conferma e la sua spiegazione nel messaggio che oggi ci ha dato la Parola di Dio, che è stata proclamata. San Paolo scrive ai Tessalonicesi che nella grazia di Dio ha trovato la forza di an‑ nunciare loro il Vangelo, anche i mezzo a molte lotte. Anche San Pio X° ha avuto le sue battaglie da affrontare sia da Vescovo che da Papa. Ma, come San Paolo, non ha cercato di piacere agli uomini, ma a Dio. Non ha cercato la gloria umana, ma in tutto ha voluto che la sua esistenza fosse ispirata all’amore di Cristo e al compi‑ to di annunciare il Vangelo fino a consumare la vita. Non dimentichiamo che San Pio X° morì pochi giorni dopo l’inizio della prima guerra mondiale e tutto ci fa pensare che questa sua morte sia stata la sua personale offerta sacrificale al Signo‑ re per ottenere il dono di quella pace che gli uomini avevano infranto provocando quell’“inutile strage” di cui parlerà il suo successore. La pagina evangelica ci rivela l’esame vero che Gesù Cristo, attraverso i cardi‑ nali, ha fatto della sua idoneità a reggere la Chiesa universale. Mi piace immagina‑ re che nel suo cuore in quella circostanza abbia sentito risuonare la stessa doman‑ da che Gesù rivolse a Pietro: «Mi ami tu più di costoro?». La sua risposta certamente è stata positiva: «Certo, Signore, Tu sai che ti voglio bene». E allora: «Pasci il mio greg‑ ge». La vera condizione per svolgere in modo efficace la funzione di Pastore, dal più umile e piccolo tra i preti fino al Papa, è quella di amare Gesù Cristo in modo tota‑ le ed esclusivo. Questo ha fatto San Pio X° e questo è il vero motivo per cui la sua santità ha ricevuto anche ufficialmente il sigillo della Chiesa, che lo ha proclamato Santo con l’autorità di Cristo stesso.

Conclusione

Non ci resta che implorare una speciale protezione da parte di Pio X°, chieden‑ dogli di invocare per noi dalla Vergine Maria, da lui tanto venerata nel Santuario di Cendrole, un aiuto particolare affinché anche ai nostri giorni nella Chiesa di Tre‑ viso non si interrompa quel flusso di santità che promana da questo Santo Ponte‑ fice, in modo che anche noi, con la nostra testimonianza di fede, possiamo aiutare tutti a vivere con l’obiettivo che il nostro Santo si era prefissato: “Ricapitolare tut‑ te le cose in Cristo”. Speciale Centenario della morte di San Pio X 499

Omelia di S. Em. Cardinale Beniamino Stella, Prefetto della Congregazione per il clero, nella celebrazione Eucaristica del pellegrinaggio-ritiro del clero diocesano a Riese Pio X

n Riese Pio X, 29 settembre 2014

Sono davvero lieto di essere tra voi, per condividere questa giornata di riti‑ ro, di preghiera e di riflessione, che vede riuniti i sacerdoti delle diocesi di Tre‑ viso. Sono vivamente grato a S.E. Mons. Gardin di avermi invitato, per vivere con voi questo momento d’incontro fraterno, nel ricordo del Papa San Pio X. Quest’anno ricorre il centesimo anniversario della morte del Santo Pontefi‑ ce, nato qui a Riese, quindi vorrei riprendere due temi cari al suo Magistero, la fraternità sacerdotale e la Santa Eucaristia; si tratta di un ideale percorso a ri‑ troso, a partire dalla nostra missione di evangelizzazione, passando per ciò che la rende possibile e maggiormente credibile, cioè la comunione fraterna, sino ad arrivare alla sua unica fonte, l’Eucaristia. È noto che Pio X diede al suo ministero una direzione chiara, esplicitata nel suo motto episcopale, instaurare omnia in Christo, vissuto in chiave missionaria, secondo le parole dell’apostolo Paolo, «mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno» (1Cor 9, 22), facendo sì che “Cristo sia tutto e in tutti”. In effetti, il ministero dei presbiteri è ordinato all’attuazione dell’invio in missione da parte di Gesù. Si tratta di un movimento, di un dinamismo, di uno slancio della Chiesa intera, che S. Giovanni Paolo II e Benedetto XVI han‑ no chiamato nuova evangelizzazione e che, con la sua spiccata sensibilità per i poveri e gli ultimi, Papa Francesco ha ripreso, parlando di uscita della Chiesa verso le periferie. Scorrendo le pagine del Vangelo, colpisce come Gesù stesso abbia associato la missione alla comunione fraterna tra coloro che la attuano. In Marco, ad esempio, l’istituzione dei Dodici ha lo scopo di radunarli in un collegio, per sta‑ re con lui e per essere inviati a predicare (Mc 3,14). Più avanti, lo stesso Marco racconta che Gesù inviò i Dodici in missione “due a due” (Mc 6,7), così come se‑ condo Luca avvenne anche per i 72 discepoli (Lc 10, 1). Di conseguenza, anche la prima comunità cristiana si è caratterizzata e se‑ gnalata per la comunione tra i suoi membri. Negli Atti degli Apostoli si dice che i cristiani «erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nel‑ lo spezzare il pane e nelle preghiere» (At 2,42), precisando poi che la moltitudine dei credenti aveva «un cuore solo e un’anima sola» e che «fra loro tutto era comune» (At 4,32). Tale comunione si esprimeva anche nell’evangelizzazione, essendo la missione spesso affidata a piccoli gruppi di persone, come mostrano i viaggi dell’apostolo Paolo. 500 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

Perché Gesù ha desiderato che comunione e missione fossero ordinariamente congiunte? Lo ha spiegato lui stesso nel corso dell’Ultima Cena; la comunione è fonte della missione e condizione per la sua efficacia, in quanto testimonianza del‑ la potenza della carità fraterna, che nasce dall’amore che unisce il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Ci è nota questa esortazione di Gesù ai discepoli, divenuta pre‑ ghiera: «Come il Padre ha amato me, anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore… Que‑ sto è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi…» (Gv 15, 9.17). Tale “comandamento nuovo” ha un risvolto missionario esplicito, in quanto Gesù pregò per l’unità dei discepoli, «perché il mondo creda» (Gv 17, 21). La comunione quindi è essenziale per la vita ordinaria, della Chiesa e di ogni presbitero, e in modo particolare, quella tra i sacerdoti, che si fonda su una real‑ tà sacramentale, in quanto, con l’ordinazione sacerdotale, siamo tutti configura‑ ti a Cristo, unico Sacerdote e Capo della Chiesa. Con i Vescovi di cui sono colla‑ boratori, i presbiteri sono una cosa sola in Cristo. Come si può far sì che questa esigenza del nostro essere sacerdoti sia concre‑ ta e visibile? Certo, essa si manifesta innanzitutto nella collaborazione pastorale, agendo come membri di un unico presbiterio, aiutandoci a vicenda, cercando in‑ sieme i modi per annunciare il Vangelo oggi, sin nelle più remote periferie. Un tale orizzonte e intento di fondo non dovrebbe mai mancare nelle nostre pro‑ grammazioni pastorali. Tuttavia, occorre essere attenti a non considerare la comunione solo come una forma strutturata di collaborazione; essa si fonda sul sacramento dell’Ordine e genera una vera “fraternità sacramentale” (Presbyterorum Ordinis, n. 8). Occorre pertanto che l’unità si manifesti nella quotidianità e che la fraternità sacerdotale penetri ogni dimensione del nostro “essere”, non limitandosi a costituire una modalità del nostro “fare”. Occorre unire le nostre forze per coltivare insieme, e meglio, il campo del Signore, ma è necessario unire anche le nostre vite, per sen‑ tirci una vera “famiglia sacerdotale”, dove i giovani collaborano con gli anziani e i sani aiutano i malati. L’essere celibi è una vocazione speciale da parte del Signore, ma non ci deve portare a diventare “solitari” o, peggio, “individualisti”. La possiamo coltivare dentro quegli spazi di solitudine e di perseverante capacità di stare alla presen‑ za del Signore nel raccoglimento. Intorno a noi, infatti, c’è tanto movimento e chiasso, tanto parlare, di persone, di giornali, di radio e televisione, di Internet.. Ma noi, con misura e disciplina sacerdotale dobbiamo dire: “…io devo prendermi un po’ di silenzio per la mia anima; mi stacco da voi per unirmi al mio Dio», come dis‑ se il caro Papa Luciani, del quale oggi ricorre l’anniversario della morte, nel suo discorso al Clero romano (7 settembre 1978). La vocazione al celibato non può non permetterci, nell’equilibrio e nella di‑ sciplina degli affetti, di vivere e di sviluppare nel quotidiano ministero una serie di relazioni: con il Signore, con i confratelli e con i fedeli, e tra questi con gli ami‑ ci e con la nostra famiglia; esse sono come le tre gambe di un tavolino, che si bi‑ Speciale Centenario della morte di San Pio X 501

lanciano a vicenda, se adeguatamente coltivate, e giovano al nostro equilibrio personale e spirituale, nonché alla nostra efficacia ministeriale. Consolidati così nella nostra vocazione personale, esistono varie modalità per tradurre in pratica con i confratelli la fraternità sacramentale. La prima consiste nell’incontrarsi spontaneamente, soprattutto per condividere la Parola di Dio e pregare insieme, ma anche per condividere soddisfazioni e fatiche, magari a ta‑ vola, durante i pasti, che rendono più facile e immediata la condivisione, giova‑ ni e anziani insieme. Come in ogni famiglia, infatti, anche tra noi sacerdoti ci sono quegli anziani, per cui il Santo Padre ha varie volte espresso la sua sollecitudine; la fraternità che ci unisce non è legata all’età, pertanto è bene che essa si traduca anche nel‑ l’accogliere i confratelli anziani, che hanno dato tanto alla loro Chiesa e che pos‑ sono costituire un “tesoro” di esperienza pastorale e spirituale. Anche la direzione spirituale tra preti è un’altra forma squisita della fraterni‑ tà sacerdotale. Ogni sacerdote mette a servizio del fratello la propria grazia sa‑ cerdotale per sostenerlo, aiutarlo a crescere nella sua dedizione a Cristo e alla Chiesa. Si tratta di un ministero fondamentale, sia tra noi sacerdoti, che da offri‑ re ai fedeli. È auspicabile che in tale fraternità trovi posto anche un frequente ri‑ corso al ministero della riconciliazione, per donarsi a vicenda la misericordia di Dio. La misericordia, ovviamente, non deve mai mancare anche nei rapporti quotidiani tra sacerdoti, attraverso un perdono reciproco e profondo, senza stra‑ scichi di risentimento, che permetta di andare oltre gli screzi e le incomprensio‑ ni, inevitabili anche nelle migliori famiglie. 502 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

Le varie forme di fraternità sacerdotale, vissute con differente intensità, tro‑ vano il loro pieno compimento nella vita comune, della quale Pio X affermava che produce «copiosi frutti» (nell’esortazione al clero Haerent animo, in occasione del suo 50° anniversario di sacerdozio, 4 agosto 1908, n. 36). Essa è esigente, per‑ ché la serenità e la fecondità di ogni vita comune dipendono dalla carità. E sap‑ piamo quanto impegno richiede la carità autentica, la quale però è un sostegno immenso, che favorisce lo sviluppo armonioso della personalità, arricchisce la vita spirituale e diviene fonte di testimonianza per i fedeli, secondo il pensiero del Santo Pontefice di Riese. In questa “famiglia sacerdotale”, in cui la fraternità tra i presbiteri, comunque si realizzi, è accompagnata e favorita dalla paternità del Vescovo, la spiritualità diocesana è il comune denominatore, che modella e unisce tutti i sacerdoti posti al servizio di una determinata Chiesa particolare. La definizione dell’essenza e delle coordinate di tale spiritualità è il risultato di un sapiente equilibrio tra la vi‑ ta pastorale (caratterizzata dalle attività, dal prodigarsi con generosità e spirito di sacrificio per il bene dei fratelli) e la vita spirituale (che esige raccoglimento, intimità con Cristo, disciplina e fedeltà nella preghiera, come condizioni irri‑ nunciabili per salvaguardare la propria identità sacerdotale). Ciò non toglie che tale imprescindibile carisma diocesano possa convivere con altri, suscitati dall’azione dello Spirito, in merito ai quali l’autorità della Chiesa si è espressa favorevolmente. In tale contesto vorrei fare un accenno alle associazioni sacerdotali, sorte intorno a diversi carismi, che rafforzano e sosten‑ gono il ministero dei preti che operano in una diocesi. Nella summenzionata esortazione al clero, esse sono annoverate da Pio X tra i “sussidi della Grazia” (XV), a disposizione dei sacerdoti. La fraternità sacerdotale però non è semplicemente il frutto del nostro uma‑ no impegnarci, né una generica “fratellanza”; essa nasce da un sacramento, quel‑ lo dell’Ordine, e si alimenta e si consolida tramite un altro sacramento, la San‑ tissima Eucaristia, al quale grande attenzione ha prestato il Santo Pontefice di Ri‑ ese. Pio X ha voluto manifestare la fede nella potenza e nella fecondità dell’azio‑ ne della Grazia, incoraggiando la comunione frequente e quotidiana (decreto Sa‑ cra Tridentina Synodus, del 20 dicembre 1905) e permettendo ai fanciulli di rice‑ vere il Corpo di Cristo già a sette anni (decreto Quam singulari, del 10 agosto 1910), attuando anche in questo modo il proposito espresso dal suo già ricorda‑ to motto episcopale. Ogni volta che un sacerdote celebra l’Eucarestia con il Popolo di Dio affida‑ togli egli rende presente Cristo, Verbo di Dio, permette alla luce della Rivelazio‑ ne di penetrare il cuore dei fedeli, di far loro contemplare il mistero di Dio e la vocazione dell’uomo. Ogni volta che un sacerdote celebra l’Eucarestia, la Mise‑ ricordia infinita di Dio scaturisce dalla Croce di Cristo e si diffonde nel mondo, bussa alla porta di ogni cuore ‑ anche e soprattutto di quelli più chiusi e ostili ‑ penetra e trasforma quelli che si lasciano toccare dalla grazia di Dio, fa sorgere i Speciale Centenario della morte di San Pio X 503

santi e i profeti, di cui il mondo ha bisogno per l’attuazione del disegno d’amo‑ re di Dio. La Chiesa, che è un mistero di comunione e di missione, trova il suo centro vitale nella comunione per eccellenza, che è l’Eucarestia. La missione stes‑ sa della Chiesa, quindi quella di tutti noi sacerdoti, scaturisce dall’Eucarestia e ad essa ritorna. Quindi, carissimi sacerdoti, non celebrate mai l’Eucarestia come se fosse una funzione a voi esterna, un mero rito. La profondità della vostra preghiera, insie‑ me al vostro zelo di pastori, che radunano la comunità e la guidano verso il Si‑ gnore, vi porteranno ad essere una sola cosa con Gesù, affinché l’Eucarestia sia davvero la fonte e il culmine della vostra fede personale, della vostra vita sacer‑ dotale, della vostra fecondità pastorale. La vostra devozione eucaristica sarà un esempio e uno stimolo per l’amore dei fedeli per il Santissimo. Fu Pio X ad aver beatificato il santo Curato d’Ars, il quale ‑ come è noto ‑ fondò la sua azione pa‑ storale e missionaria su una preghiera quotidiana e prolungata davanti al taber‑ nacolo. Per l’intercessione e i meriti di S.Pio X, chiediamo al Signore di essere ri‑ scaldati dall’amore di Cristo nell’Eucarestia, perché con esso possiamo “conta‑ giare” i fedeli che ci sono affidati. 504 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

Omelia di S. E. Mons. Roberto Busti, Vescovo di Mantova, l’8 dicembre 2014 presso il Santuario mariano delle Cendrole (Riese Pio X), a conclusione delle celebrazioni dell’anno centenario nel paese natale del Santo

n Riese, Santuario delle Cendrole , 8 dicembre 2014

Amici carissimi! Ringrazio anzitutto l’arciprete Giorgio Piva che ha avuto la bontà di invitarmi. Grazie anche alle Autorità civili qui presenti e grazie a tutti, sacerdoti religiosi e religiose convenuti a celebrare questa Festa so‑ lenne della nostra Madre Santissima, a chiusura delle celebrazioni nel centena‑ rio della morte di S. Pio X, proprio nel Santuario della Madonna delle Cendròle, luogo a lui carissimo colmo dei suoi ricordi, dove, penso, la sua vocazione ebbe modo di sorgere e consolidarsi. Non vi nascondo che mi resta qualche preoccupazione nel cuore. Quante persone di grande levatura hanno commemorato prima di me il Santo Papa Pio X, illustrandone l’impegno, le doti, l’eredità spirituale e l’insegnamento che ci ha lasciato! Non ultimo il cardinale Pietro Parolin che ha messo in pie‑ na luce il “solo grande progetto della sua vita e del suo ministero: “Fare di Cri‑ sto il cuore del mondo”. Io cercherò di aggiungere qualcosa riguardante i nove anni del suo episcopato mantovano (1884‑1893), finora poco esplorati: limite che ci pare superato con l’av‑ venuta, recente edizione di un ponderoso volume frutto della collaborazione di molti studiosi che ne hanno fatto emergere, in modo qualche volta inaspettato, la figura e l’opera, talvolta purtroppo descritta attraverso schemi pregiudiziali. D’altra parte i tempi che Giuseppe Sarto ha attraversato sia da Vescovo, che da Patriarca di Venezia e infine da Sommo Pontefice, non sono stati per nulla facili per la Chiesa e per il mondo, dentro un passaggio particolarmente spinoso in l’Italia, per i rivolgimenti sociali in atto e la situazione di contrapposizione tra il Vaticano e lo Stato italiano. Tuttavia, proprio a partire dalla grande devozione di San Pio X alla Madonna, credo sia nostro primo dovere meditare con attenzione le letture proposte dalla li‑ turgia. Ho trovato una frase pronunciata da don Giuseppe Sarto, ancora giovanis‑ simo sacerdote, in un panegirico della beata Vergine della salute a Castelfranco Veneto. E’ scritta nel linguaggio un po’ ampolloso dell’epoca, ma si potrebbe rendere così: ”Solo grazie a Maria Gesù è venuto in terra a rialzarci quando eravamo perduti, a conso‑ larci quando eravamo afflitti, perché solo in braccio a lei egli diviene il Dio dei miserabili e degli infermi, il consolatore dei tribolati e dei peccatori”: parole che esprimono con pre‑ cisione il mistero della salvezza e i suoi protagonisti! Speciale Centenario della morte di San Pio X 505

Forse queste letture non sono riuscite a toccare particolarmente il nostro ani‑ mo: sembrano voler incidere maggiormente sulla fantasia. Il paradiso terrestre con il giudizio della colpa commessa da Adamo ed Eva all’inizio della storia del‑ l’umanità; il brano non semplice della lettera di Paolo ai cristiani di Efeso, con i termini particolari di adozione e predestinazione; e infine la scena dell’Annuncia‑ zione che richiama ai nostri occhi splendide immagini pittoriche di ogni tempo; ma il mistero rimane. Avrete notato che il personaggio che ha più spazio sulla scena è l’angelo Ga‑ briele: Dio è la nostra forza, significa il suo nome, ed è appunto il volto di Dio che de‑ ve attirare la nostra attenzione. Gabriele infatti interviene ben tre volte. La prima: “Entrando da lei disse: rallegrati, piena di grazia, il Signore è con te”. Quando recitiamo Rosario diciamo ave Maria: un semplice saluto com’era nel la‑ tino. Ma in realtà c’è di più: è l’invito a rallegrarsi, a essere felice, colma di gioia, perché Dio sta compiendo in lei ciò che l’antico popolo d’Israele ha desiderato per millenni. Di solito, quando un angelo compare ad un uomo, le prime parole che pronuncia sono per tranquillizzare: non temere, non avere paura; la vicinanza di Dio suscita sempre timore. Qui no! C’è solo gioia, perché Maria è stata e con‑ tinua a essere colmata di grazia da parte di Dio. E’ difficile spiegare bene questa parola: interi libri di teologi hanno cercato di farlo. E’ comunque un dono gra‑ tuito e indescrivibile della pienezza dell’amore di Dio che opera, costruisce e ga‑ rantisce il vero bene della persona; la quale lo accoglie, lasciandosi guidare do‑ ve questo amore la conduce. Ebbene, in Maria c’è stata sempre e soltanto grazia! 506 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

La vicenda di Adamo ed Eva, ci svela il simbolo dell’umanità di ogni tempo. Da una parte Dio, alla ricerca delle sue creature più belle e somiglianti a lui, al‑ le quali ha affidato l’intero universo, quasi per capire il motivo per cui si sono al‑ lontanate da lui. Dall’altra la confessione di un allontanamento che cerca solo scuse, per appioppare la colpa agli altri: la donna che mi hai messo al fianco; il ser‑ pente che mi ha ingannata… Tuttavia la vera condanna definitiva non è per Ada‑ mo ed Eva, ma per il serpente, costretto per sempre a strisciare per terra: cioè per il male che continuerà a tentare l’uomo a non fidarsi di Dio, ma finirà per per‑ dere definitivamente, perché una donna ti schiaccerà la testa. Ecco la donna della promessa: il Signore è con te, Maria di Nazareth! Ecco il secondo intervento di Gabriele, non temere, Maria. La chiama per no‑ me, perché è Dio che la conosce per nome e la colma di grazia fin da quando el‑ la ha preso carne nel grembo di sua madre Anna. Il disegno è quello di donare al suo popolo il Messia tanto atteso e lo vuole portare a termine in lei: concepirai un figlio e lo chiamerai Gesù, cioè il Signore salva. È naturale perciò che nel cuore di Maria si intreccino tanti pensieri: come avverrà questo? È il terzo intervento dell’Angelo. “Lo Spirito Santo scenderà su di te”. La potenza creatrice di Dio darà finalmente un corpo umano al suo Figlio: è lui il vero Adamo, colui al quale Dio ha pensato da sempre come modello dell’uomo che, credendo nel suo disegno d’amore, sa affidarsi a lui fino in fondo, anche al cospetto della morte. In quel momento le potenze del male subiranno la definitiva sconfitta. Il centro di questo racconto è perciò Dio! Ma tutto questo riguarda Maria: e noi? Solo spettatori di un mistero? No, di‑ ce San Paolo, perché “in Gesù fatto nostro fratello, Dio ha scelto anche noi prima del‑ la creazione del mondo per essere anche noi santi e immacolati nella carità”. Il dise‑ gno che sta all’origine della creazione può compiersi anche in noi, colmati dalla grazia, cioè dall’amore inesauribile e totale di Dio con lo Spirito di Gesù Risorto. Ci vuole la nostra risposta! Credo si possa comprendere meglio allora il motto del Vescovo Sarto, diven‑ tato Papa: ”Fare di Cristo il cuore del mondo”, “Instaurare omnia in Christo!”. E mi pare molto significativo che il cammino al termine di questo Cente‑ nario sia quello di riscoprire la comune vocazione alla santità a partire dal Battesimo e dai sacramenti, che ritmano e nutrono la vita cristiana di ogni giorno. In fondo, l’intenzione espressa dal suo motto riesce a tradurre, pur nei limiti della nostra umanità, la risposta di Maria fin sotto la croce: “Avvenga di me secondo la tua parola”. Ora mi risulta più facile descrivere, sia pure in modo molto sintetico, l’impe‑ gno del Vescovo Sarto nei nove anni di episcopato mantovano. La situazione generale e quella trovata in diocesi era davvero molto difficile. La Chiesa mantovana era diversa da quelle venete di cui egli aveva esperienza. C’era una grande penuria di sacerdoti, e in più profonde divisioni tra il clero. Il suo predecessore era quasi fuggito sentendosi inadatto e l’anticlericalismo di ra‑ Speciale Centenario della morte di San Pio X 507

dici socialiste aveva molta forza. La stessa società civile stava attraversando una forte crisi, in particolare economica, che spingeva i contadini a forme molto ra‑ dicali di protesta. La sua prospettiva di Chiesa, maturata nell’esperienza veneta, era quella che prevarrà praticamente fino al concilio Vaticano II. Le sue priorità furono quindi soprattutto religiose, nello sforzo quotidiano e indefesso di risol‑ levare la diocesi dalle gravi condizioni in cui si trovava. Monsignor Sarto orientò così le sue scelte pastorali in alcune direzioni ben precise: il Seminario e la formazione dei futuri sacerdoti; la visita pastorale alle parrocchie, il sinodo diocesano, l’attenzione verso il culto della Madonna e la ve‑ nerazione dei santi, ma soprattutto la carità nei confronti dei poveri. In seminario ci andava molto spesso, interessandosi degli studi e degli stessi alunni, insegnando talvolta lui stesso e tracciando per loro precise regole di com‑ portamento. Questo portò anche a un notevole incremento di vocazioni e di or‑ dinazioni, cadute prima a livelli preoccupanti. Tra il 1885 e il 1889 il Vescovo si reca in tutte le parrocchie mantovane, nes‑ suna esclusa: segno di una prossimità concreta nei confronti della gente che lo aveva molto caro. Proprio dalla visione concreta delle parrocchie, annuncia un sinodo che, secondo le usanze di allora, convoca unicamente gli ecclesiastici e in pochi giorni di settembre 1888, giunge ad emanare le costituzioni in ordine a tut‑ te le espressioni della vita religiosa. Un impegno del tutto particolare riservò alle celebrazioni del terzo centena‑ rio della morte di S. Luigi Gonzaga, risiedendo a Castiglione delle Stiviere qua‑ si un anno intero. Ma insieme ha valorizzato il culto dei santi della Chiesa man‑ tovana promuovendo anche la devozione al Preziosissimo Sangue, la cui insigne reliquia antichissima è conservata nella basilica di Sant’Andrea. Tutte premure che avevano lo scopo di consolidare la fede; non si possono di‑ menticare le raccomandazioni che rivolgeva ai sacerdoti perché impartissero un’a‑ deguata istruzione religiosa (noi lo chiamiamo catechismo) ai fanciulli e agli adul‑ ti: preoccupazione che sfocerà poi nel Catechismo che ha preso poi il suo nome. Ma c’è un ultimo aspetto da considerare, a mio parere quello più importante e più efficace: la sua carità nei confronti dei poveri. Egli, che forse aveva sotto‑ valutato la “lezione” sociale della “Rerum novarum” di Leone XIII, si mostra in‑ vece di una inarrivabile generosità e attenzione verso tutte le persone in diffi‑ coltà: atteggiamento che ha segnato la sua vita intera. Lo ha magistralmente illustrato il Cardinale Segretario di Stato nella Messa solenne del centenario: “Una carità che nasceva da un cuore sensibile e tenero per i bisognosi, lui nato e cresciuto in una famiglia e in una parrocchia povera. Pio X fu sentito in tutta la Chiesa come l’uomo dalla inesauribile carità umana e sacerdotale”. Infatti, quando fu eletto al soglio pontificio, alcuni dei suoi avversari manto‑ vani, i socialisti, lo riconobbero senza nascondimenti: “Come uomo, a Pio X fac‑ ciamo tanto di cappello” (la Provincia di Mantova, 5 agosto 1903). 508 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

Questo centenario ci lascia sicuramente tante eredità: una però potrebbe rias‑ sumerle tutte, perché da lui vissuta in pienezza: la vocazione alla santità. Essa è come la lampada da porre sul candelabro perché faccia luce a tutti quelli che so‑ no nella casa. “Tanto la santità l’ha tenuto distante dal mondo ‑ afferma Pio X nella beatificazione di Battista Spagnoli ‑ che gli effetti di essa si riflettessero sul mondo; si‑ mile a una lampada che, collocata a una grande altezza, spande tutto intorno i suoi rag‑ gi e della sua luce ogni cosa rischiara”. Così l’invocazione alla sua intercessione diventa per le nostre Chiese propo‑ sito di imitazione delle sue grandi virtù. Speciale Centenario della morte di San Pio X 509

Celebrazioni dei vespri nei pellegrinaggi intervicariali a Riese Pio X, Tombolo, Salzano, Cattedrale di Treviso

n Quaresima 2014, omelia di d. Stefano Chioatto

«Un uomo, un pontefice, un santo di tale elevatezza difficilmente troverà lo storico che sappia abbracciare tutta insieme la sua figura, e in pari tempo i suoi molteplici aspetti» (Pio XII, 3 giugno 1951 discorso alla beatificazione di Pio X)1.

Un santo della nostra terra

Perché ricordare una figura che ci sembra già abbastanza lontana nel tempo e forse anche dalla ns. attuale sensibilità? Soffermarci per noi su Pio X, raccogliendo sua eredità pastorale e spirituale è per noi doveroso per molti motivi. Anzitutto è un santo della nostra Chiesa. Qui si è formato come cristiano per i primi 15 anni della sua vita, qui ha impa‑ rato a credere a pregare, a partecipare alla vita parrocchiale, a scoprire la propria vocazione sacerdotale identificandosi con le figure dei preti che aveva conosciuto; qui ha imparato a coltivare una sana ed equilibrata devozione mariana, qui fin da piccolo avrà desiderato ardentemente di partecipare alla mensa eucaristica. Qui è tornato appena ordinato prete e nella nostra diocesi ha svolto i primi 26 anni del suo ministero sacerdotale, quelli che lo hanno strutturato nel suo profi‑ lo pastorale in un percorso lineare e normale di un curricolo di pastore d’anime, senza privilegi, preferenze particolari, cordate. Sul campo ha imparato cosa si‑ gnifica essere vero pastore di anime, facendo il buon parroco di campagna. Qui è stato direttore spirituale del Seminario dal 1775 al 1884, formando una generazione di seminaristi, ad un profilo alto della vocazione sacerdotale. Nel suo primo incontro con i seminaristi così esordiva:

«Cari chierici, voi credete ch’io sia un padre spirituale di quelli che, per lunga esperienza, per la vasta e profonda dottrina ascetica e teologica, per la bella esposizione dei pensieri, possono dirigervi, consigliarvi, inoltrarvi, con tutta sicurezza, per la via per la quale, con l’aiuto del Si‑ gnore, v’incamminate; ma io (lasciatemi che ve lo dica schiettamente) non ho nulla o quasi nulla di tutto questo; io non sono che un povero parroco di campagna, venuto qui per volere di Dio; e poiché il Signo‑ re ha voluto così, così bisogna che vi adattiate anche ad ascoltare la pa‑

1 Cfr. Discorsi e radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, 13, Tredicesimo anno di pontificato: 2 marzo 1951‑1 marzo 1952, Tip. poliglotta Vaticana, Città del Vaticano 1952, p. 132. 510 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

rola d’un povero parroco di campagna, e di compatire, se essa non è, quale dovrebbe essere, all’altezza di questo posto che a me, indegno ed incapace, hanno voluto affidare i superiori»2.

Qui ha imparato la difficile arte del governo pastorale, nel ruolo di cancel‑ liere, svolgendo di fatto quello di vicario generale, trattando le questioni e i pro‑ blemi del clero e delle diocesi, sperimentando che pur essendo necessaria non è sufficiente la dedizione personale dei preti: occorrono strumenti e strutture at‑ traverso le quali la missione della Chiesa, che è quella dell’evangelizzazione, può essere svolta in maniera più ordinata ed efficace. Più che teorizzare e discu‑ tere è necessario intravedere modalità pratiche e tempestive per mettere mano alle situazioni. Proprio qui inizia a maturare l’esigenza di una riforma pastorale, che poi porterà a compimento nel suo pontificato. Pio X è un santo della nostra terra, ne ha assunto le caratteristiche: potremmo anche dire che è la santità della nostra Chiesa di Treviso che lo ha nutrito e che ha potuto esprimere in lui un frutto maturo, nella tradizione del clero veneto e trevi‑ giano di quel tempo. In Pio X cogliamo bene i tratti della sua provenienza veneta; è l’edizione meglio riuscita, fino a raggiungere i livelli della santità, di un parroco veneto della seconda metà dell’‘800: nella semplicità ed umiltà del tratto, nella la‑ boriosità instancabile, nella fedeltà alla cura della propria vita spirituale. Così si esprimeva Giovanni Paolo II nella sua visita a Riese il 15 giugno 1985:

«Non stentiamo certo a credere che egli, più che un fiore nel deserto, è il ricamo più luminoso nel tessuto di una Chiesa locale. Non solo qui, ma qui certamente s’è forgiato un tipo di prete che, vivendo in comunione continua con Dio, rimane in mezzo ai suoi fratelli e ne diviene padre, consigliere e amico, grazie alla genuinità della fede e di quell’umanesi‑ mo popolare, in cui l’incontro tra natura e grazia diventa novità della storia. Se la terra trevigiana è stata una delle culle del movimento catto‑ lico italiano e se in essa presero vita, nel corso dell’ultimo secolo, espe‑ rienze sociali di grande valore propulsivo nel campo della solidarietà e della cooperazione, come in quello dell’apostolato sociale, lo si deve, a una certa qualità del clero dalla tempra forte: educatori e pionieri, testi‑ moni e trascinatori sulle virtù dell’essere prima che nello zelo del fare. Preti umili ed eroici, attaccatissimi alle loro comunità, suscitatori gene‑ rosi e inarrestabili di protagonisti nella vocazione laicale»3.

2 A. MARCHESAN, Papa Pio X nella sua vita e nella sua parola: studio storico, Benziger & C., Einsiedeln 1905, p. 186. 3 Cfr. Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII, 1, 1985 (gennaio‑giugno), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1985, p. 1820. Speciale Centenario della morte di San Pio X 511

La spiritualità sacerdotale di Pio X

La santità di Sarto è quella tipica della sua vocazione: una santità pastorale: Pio X è stato un pastore secondo il cuore di Dio: in cui possiamo riconoscere que‑ sti tratti: 1) L’esigenza della santità: la consapevolezza che la vita cristiana è vita di santità non di mediocrità, il cui orizzonte è quello della totalità del dono di sé co‑ me risposta alla totalità del dono di grazia che c’è stato con la chiamata battesi‑ male, che si è specificato ancor più con la chiamata sacerdotale.

«Ognuno sa che Egli (il sacerdote) è sale e luce principalmente per l’uf‑ ficio che ha di distribuire il pane della verità cristiana; ma un tale inse‑ gnamento non approda a nulla, se il sacerdote non consacra con l’e‑ sempio le cose insegnate con la parola. Cristo, forma viva del sacerdo‑ te, insegnò prima con l’esempio e poi con le parole. L’altezza della vo‑ cazione esige la santità. Noi esercitiamo l’ufficio sacerdotale non già a nostro nome, ma nel no‑ me di Gesù. “Così”, dice l’Apostolo, “ognuno consideri noi come mi‑ nistri di Cristo e dispensatori dei misteri di Dio” (1 Cor 4,1); “siamo davvero adunque ambasciatori di Cristo “(2 Cor 5,20). Proprio per questo motivo Cristo ci ha inseriti non nel numero dei suoi servi, ma degli amici: “Non vi chiamerò già più servi... Ma vi ho chiamati amici, perché tutto quello che ho udito dal Padre mio, l’ho fatto conoscere a voi... “(Gv 15,16). È quindi nostro compito rappresentare la persona di Cristo e di condurre la missione da lui affidataci in maniera che ci sia dato di raggiungere il fine, che Egli ha di mira. […] Siamo tenuti, come amici, a nutrire i medesimi sentimenti, che sono in Cristo Gesù .[…] Ma più come suoi ministri nel santo sacrificio, dobbiamo avere la me‑ desima disposizione di animo, con la quale Egli sull’altare della croce si offrì vittima immacolata a Dio»4.

2) La normalità. Il suo è stato un percorso assolutamente normale, comune, ordinario, che la storia avrebbe ignorato se non fosse divenuto papa. Chi l’a‑ vrebbe detto quando era cappellano a Salzano o parroco a Tombolo che quel pre‑ te sarebbe diventato papa? Da questo punto di vista è stato molto importante l’ambiente della sua prima formazione: quello della famiglia e quello della par‑ rocchia, nei quali ha conosciuto i modelli di vita cristiana e di vita sacerdotale che lo hanno accompagnato per il resto della vita.

4 PIUS PP. X, esortazione al Clero cattolico «Haerent animo», 4 agosto 1908, in Pii X P.M. Acta, IV, pp. 237‑274, nn. 3‑4. 512 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

Non fa nulla di eccezionale all’esterno ma compie con eccezionale fedeltà e assiduità i suoi doveri quotidiani. Quando celebra non attira su di sé l’attenzio‑ ne, non offre nulla di spettacolare che soddisfi la curiosità sensazionalistica. La formazione nel ministero non mira ad un approfondimento di tematiche di tipo culturale o teologico. Studia molto, conosce bene i padri della Chiesa e gli autori spirituali a lui contemporanei; ma non studia per diventare uno speciali‑ sta, per pubblicare, studia ciò che gli serve per il ministero. Lo studio, è finaliz‑ zato soprattutto alla predicazione ordinaria e straordinaria e alla preparazione degli incontri di catechismo per fanciulli ed adulti. Normali sono anche i mezzi con i quali coltiva la propria vita spirituale.

3) La semplicità. Sarto è sempre rimasto fedele a se stesso anche da papa. “Ri‑ maneva sempre eguale a se stesso, sempre semplice, affabile, accessibile a tutti” (Pio XII, discorso alla beatificazione di Pio X, 1951)5. Uomo del popolo, rifugge le formalità, il protocollo. Anche da papa continua non di rado a parlare in dialetto veneto. Ha una capacità immediata di porsi in re‑ lazione con gli altri. I numerosi aneddoti che si raccontano su di lui confermano questo tratto e hanno attirato subito su questa figura la simpatia della gente sem‑ plice. Si intrattiene familiarmente con le persone semplici, è facile alla battuta; a Tombolo gioca a bocce con i suoi parrocchiani, ma non lo fa per essere popolare. Per lui semplicità era sinonimo di essenzialità: ricondurre tutto a ciò che è realmente essenziale: compiere la volontà di Dio: tutto il resto non conta: il pre‑ stigio personale, il successo, la stima degli altri, la consuetudine. Per lui semplicità è sinonimo di umiltà ed obbedienza, le virtù passive che ri‑ chiama nella Haerent animo6:

«C’è chi crede, anzi chiaramente professa, che il merito del sacerdote consista semplicemente nel sacrificarsi tutto al bene degli altri; per cui trascura quasi del tutto quelle virtù, che mirano al perfezionamento in‑ dividuale (le così dette virtù passive), dicono che si deve porre ogni impegno per conseguire ed esercitare quelle virtù che chiamano attive. Questa è dottrina indubbiamente fallace e rovinosa… Cristo è maestro ed esemplare di ogni forma di santità, al cui esempio è necessario che si modellino tutti quanti vogliono essere accolti nel regno dei cieli... Quindi agli uomini di tutti i tempi è rivolta quella parola: “Imparate da me, che son mite e umile di cuore” (Mt 11,29); in ogni tempo Cristo ci si presenta “obbediente sino alla morte” (Fil 2,8).

5 Cfr. Discorsi e radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, 13, Tredicesimo anno di pontificato: 2 marzo 1951‑1 marzo 1952, Tip. poliglotta Vaticana, Città del Vaticano 1952, p. 129. 6 Cfr. Haerent animo, 8. Speciale Centenario della morte di San Pio X 513

Pio X fu umile figlio della nostra terra: umile deriva da humus, terra. Quando in conclave gli occhi si puntano su di lui esclamò piangendo: “Sono indegno, sono incapace, dimenticatemi”. Per lui semplicità era sinonimo di povertà. “Sono nato povero, sono vissuto po‑ vero, desidero morire povero” scriveva nel suo testamento. Era passato dalla po‑ vertà vissuta come condizione alla povertà vissuta come scelta evangelica, pri‑ vandosi anche del necessario per aiutare i poveri.

«Da Cappellano a Tombolo nella sua prima comunità si dedicava spes‑ so ad opere di carità, trascurandosi nelle vesti e rinunciando anche a necessità vitali. Dei suoi magri guadagni non investiva alcunché: i te‑ stimoni ai processi canonici assicurano coralmente l’esercizio costante della carità materiale da parte del loro cappellano. Era sicuro che la Provvidenza lo avrebbe sempre sorretto e guidato, e donava quello che aveva, giungendo a contrarre debiti per onorare i quali cominciò a co‑ noscere la via dei Monti di Pietà di Cittadella e di Castelfranco Veneto (Treviso), dove impegnava il suo orologio d’argento. Come a Tombo‑ lo, anche a Salzano esercitò la carità e si affidò alla Provvidenza: conti‑ nuò a perfezionare il comportamento quotidiano che aveva già ampia‑ mente collaudato a Tombolo, perché donava biancheria personale, i ci‑ bi che le sorelle cucinavano, la legna, il grano, le scarpe»7.

4) La profonda unione con Dio, che non faceva trasparire, ma era il sostegno di tutto. «Senza la vita interiore qualsiasi attività, per quanto preziosa, si svilisce in azione quasi meccanica, né può avere l’efficacia propria di una operazione vi‑ tale» (Pio XII, discorso alla canonizzazione, 29 maggio 1954)8. Il Sarto aveva una profonda cura per la propria vita spirituale e la possiamo riconoscere non tanto da una sua dottrina spirituale, quanto dalle testimonianze al processo di canonizzazione e anche da come ce la presenta nella Haerent ani‑ mo, l’esortazione proposta al clero cattolico in occasione del suo 50° di sacerdo‑ zio, la prima che un papa ha dedicato ai preti. Tale unione si nutriva con: ‑ la preghiera. «Non vi è dubbio che tra la preghiera e la santità intercorre tale relazione che l’una non può sussistere senza l’altra»9. «Il sacerdote più di tutti gli altri deve obbedire al precetto di Cristo: “Si deve sempre pre‑ gare”(Lc 18,1); “Siate perseveranti nell’orazione vegliando in essa, e nei

7 Cfr. Q. BORTOLATO, Vita di San Pio X, http://www.museosanpiox.it/sanpiox/pio_x2.html, consultato il 3 giugno 2015. 8 Discorsi e radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, 13, Sedicesimo anno di pontificato: 2 mar‑ zo 1954‑1 marzo 1955, Tip. poliglotta Vaticana, Città del Vaticano 1955, pp. 31‑37. 9 Cfr. Haerent animo, 13. 514 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

rendimenti di grazie” (Col 4,2); “Orate sine intermissione” (1 Ts 5,17). E quante occasioni si offrono di elevarsi a Dio ad un’anima desiderosa del‑ la propria santificazione non meno che della salute degli altri! Le angustie interiori, la forza e insistenza delle tentazioni, la povertà di virtù, la pic‑ colezza e sterilità delle nostre fatiche, i difetti e le negligenze frequenti»10. ‑ la meditazione «purifica la sorgente da cui nasce, cioè l’intelletto. Poi re‑ gola gli affetti, indirizza gli atti, corregge i difetti, riforma i costumi, eleva e ordina la vita: in una parola conferisce la scienza delle divine e delle umane cose. La meditazione chiarisce le cose confuse, colma le lacune del‑ la mente, rannoda le idee sparse, scruta i segreti, investiga la verità, esa‑ mina il verosimile, mette a nudo la finzione e la menzogna»11, ‑ meditazione soprattutto delle sacre Scritture (lettura spirituale), ‑ l’esame di coscienza quotidiano, ‑ la confessione frequente, ‑ la pratica del ritiro mensile e degli esercizi spirituali, ‑ la visita quotidiana al SS.mo, ‑ una spiritualità eucaristica: «Servire come sacerdote il mistero della Euca‑ ristia e adempiere il comando del Signore “Fate questo per mio ricordo” (Lc. 22, 19), fu la sua via. Dal giorno della sacra ordinazione fino alla mor‑ te da Pontefice, egli non conobbe altro possibile sentiero per giungere al‑ l’eroico amore di Dio e al generoso contraccambio verso il Redentore del mondo, il quale per mezzo della Eucaristia «quasi effuse le ricchezze del divino suo amore verso gli uomini» (Pio XII, 1954)12. In San Pio X infatti l’essere Padre, Pastore e Maestro si fonda nell’Eucaristia, autentico fulcro dell’azione pastorale e magisteriale. Nell’azione eucaristica, infatti, il sa‑ cerdote in persona Christi ripropone il sacrificio del Buon Pastore che si of‑ frì «al suo divin Padre per noi, sacerdote e vittima al tempo stesso13». Tutto ciò gli consente una grande libertà interiore che non si lascia condizio‑ nare da interessi, convenienze, relazioni. «San Pio X fu libero dalla tentazione della ricerca del potere e dell’alleanza con gli uomini del potere: da uomo di Dio quale era, sapeva bene che la paglia di Betlemme e il legno della Croce sono le vere manifestazioni dell’onnipotenza di Dio e sono la via che la Chiesa è chia‑ mata a seguire in obbedienza al Divino Maestro14»15.

10 Cfr. Haerent animo, 14. 11 Cfr. Haerent animo, 15. 12 Discorsi e radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, 13, pp. 35‑37. 13 Cfr. Atti del XIX congresso eucaristico celebrato nell’agosto 1897 in Venezia e notizie della mostra d’arte sacra, Tip. Patr., Venezia 1898, p. 402 14 Cfr. Omelia del Card. Angelo Scola pronunciata nel Duomo di Castelfranco Veneto l’8 settembre 2008, in occasione del 150° anniversario di ordinazione sacerdotale di Pio X; Speciale Centenario della morte di San Pio X 515

5) La pastoralità La sua vicenda rimane unica nella storia del pontificato, contrassegnata da un impegno pastorale a tutto campo, vissuto sempre con una dedizione incondiziona‑ ta, identificando sempre il suo sacerdozio, nei diversi ruoli che man mano fu chia‑ mato ad assumere, con un impegno pastorale diretto, concreto, pratico, attento al‑ le esigenze che emergevano e pronto ad individuare in breve le soluzioni, che po‑ tevano porre rimedio alle situazioni.

a) La dedizione incondizionata di sé, attraverso una grande capacità di lavoro e di sacrificio, per cui giunge a sacrificare cibo e riposo. «A Tombolo la sua quotidianità era caratterizzata da un’attività freneti‑ ca: dormiva poco, era impegnato ed onnipresente, sostituiva il parroco durante gli attacchi della malattia. Era detto «moto perpetuo» per la sua incessante attività in parrocchia e fuori. Sempre a contatto diretto con la popolazione di giorno, alla sera dava lezioni di canto corale e si rendeva disponibile per insegnare a leggere e a scrivere agli analfabeti, molto nu‑ merosi a quel tempo. Studiava, alla fine della sua giornata, le opere di San Tommaso, la Sacra Scrittura, il diritto canonico. Si coricava e dormiva per quattro ore. Era ritenuto da tutti un santo ed una perla di prete. Ancor più da giovane parroco a Salzano, l’impegno maggiore fu quello della ca‑ techesi degli adulti e dei fanciulli. Come molti parroci veneti dell’Otto‑ cento, si trovò investito della responsabilità di dirigere le scuole del co‑ mune: fu infatti eletto direttore nel 1868 e sopraintendente nel 1869; tra l’altro durante la sua cura parrocchiale fu aperta la sezione femminile della scuola comunale, perché in precedenza, durante il governo austria‑ co, per le donne non era prevista alcuna istruzione. Il suo pensiero mira‑ va anche all’alfabetizzazione degli adulti, per la cui istruzione si adoperò durante le ore serali16».

b) l’abnegazione di sé. Nella Haerent animo Pio X condanna «l’agire a solo sco‑ po di turpe lucro, l’ingolfarsi negli affari mondani, l’aspirare ai primi gradi e dis‑ prezzare i più umili, l’eccessiva preoccupazione di piacere agli uomini, il porre la fiducia del proprio successo nella umana destrezza della parola (propria capacità comunicativa, n.d.r.): tutte queste cose derivano dalla negligenza del precetto di

http://www.webdiocesi.chiesacattolica.it/pls/cci_dioc_new/bd_edit_doc_dioc.edit_do‑ cumento?p_id=919599&id_pagina=&rifi=&rifp=&vis=3, consultato il 1° giugno 2015. 15 Cfr. Omelia del Card. Angelo Comastri in occasione dell’apertura del Centenario di San Pio X in Diocesi di Treviso n 12 giugno 2013 in Rivista della Diocesi di Treviso, 102 (2013), pp. 185‑188. 16 Cfr. Q. BORTOLATO, Vita di San Pio X. 516 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

Cristo e dal respingere la condizione, che egli ci pose: “Se qualcuno vuole veni‑ re dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuo‑ le salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. (Mt 16,25)”17.

c) una finalità chiara. Il progetto pastorale, maturatosi nel percorso di Giusep‑ pe Sarto è sintetizzato nel motto “Instaurare omnia in Christo” che con determina‑ zione il papa cominciò ad attuare subito dopo la sua elezione. In un mondo che si sta sempre più allontanando da Dio, come dimostrano sia le correnti ideologiche e culturali, sia le legislazioni degli stati un tempo cristiani, è necessario che la Chiesa reagisca, impegnandosi in una duplice battaglia da attuarsi contemporaneamente: una repressiva, contro i nemici interni, i “modernisti” appunto, che, cercando un dialogo con il mondo moderno, rischiano di assumerne le categorie e di vanificare lo specifico cristiano, e una riformatrice, che mettendo fine ad inerzie, abusi, dis‑ funzioni, convogli tutte le energie alla realizzazione delle missione pastorale affi‑ data alla Chiesa dal Signore.

6) La difesa della genuinità della fede «La sua massima aspirazione e preoccupazione: la genuinità, la limpi‑ dezza, la trasparenza della fede in tutto il popolo di Dio. Altri, ai tem‑ pi di San Pio X, pensavano di riconquistare rilevanza e visibilità nella società attraverso una “conversione” alla cultura illuminista e, in par‑ ticolare, attraverso una esagerata invasione del razionalismo in tutta la trama del dogma cattolico. San Pio X temette che la “religione della ra‑ gione” prendesse il sopravvento sulla “religione della fede” e sentì il dovere di difendere il “depositum fidei”. Egli ben conosceva le racco‑ mandazioni che l’Apostolo Paolo aveva lasciato al discepolo Timoteo e ai discepoli di ogni tempo: “Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Ge‑ sù, che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non op‑ portuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e inse‑ gnamento. Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, pur di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno dei maestri secondo i propri capricci, rifiutando di dare ascolto alla verità per perdersi dietro alle favole. Tu però vigila attentamente, sopporta le sofferenze, compi la tua opera di annunciatore del Vangelo, adempi il tuo ministero” (2Tm 4,1‑5)»18.

17 Cfr. Haerent animo, 9. 18 Cfr. Omelia del Card. Angelo Comastri, p. 186. Speciale Centenario della morte di San Pio X 517

7) La formazione del clero e dei laici Per raggiungere l’obiettivo di una riforma pastorale è anzitutto necessario partire da una adeguata formazione del clero, teologica, spirituale e pastorale: di qui le visite apostoliche e la riforma dei seminari, l’istituzione del Pontificio Isti‑ tuto Biblico, per una corretta conoscenza ed interpretazione del testo sacro e l’av‑ vio della nuova traduzione ufficiale latina dai testi originali (neovulgata). Il compito principale di un clero ben preparato è la formazione dei laici, an‑ zitutto attraverso un’adeguata catechesi ai fanciulli e agli adulti: di qui i catechi‑ smi del 1905 e del 1912; quindi ‑ attraverso una vita sacramentale che alimenti fin da piccoli una relazione confidenziale profonda con il Signore e che superi gli ostacoli, il distacco e i timori del giansenismo: di qui le disposizioni sulla comunione fre‑ quente, su quella agli infermi e l’anticipo della prima comunione all’età della ragione; ‑ attraverso una liturgia che ponga al centro il mistero di Cristo, favorisca la partecipazione attiva dei fedeli ai divini misteri, recuperi per quanto ri‑ guarda il canto i tesori della tradizione, ma insieme sappia offrire una nuova produzione, adeguata al culto: di qui la riforma della musica sacra, del calendario e del breviario; ‑ attraverso una riorganizzazione dell’associazionismo laicale che miri alla sua formazione spirituale e all’apostolato in stretta collaborazione con la gerarchia: di qui la riforma da cui si svilupperà l’Azione Cattolica. Un lai‑ cato ben formato darà il suo contributo nei vari ambiti della vita civile e politica per una trasformazione in senso cristiano della società. Anche la vita interna della Chiesa nella sua struttura e nelle sue procedu‑ re ha bisogno di riforme che permettano di migliorarne il funzionamento: di qui la riorganizzazione della curia romana e il poderoso progetto del Codice di Diritto Canonico. ‑ Una metodologia conseguente: quella di Pio X è una pastorale ordinata, organizzata, intelligente, tempestiva, che parte dalla situazione e guarda avanti: ecco perché in breve tempo nel corso del pontificato riesce a pro‑ durre un così grande numero di riforme nei campi più diversi. ‑ La cura per le diverse dimensioni della pastorale, senza trascurarne al‑ cuna. ‑ I poveri sono la grande passione del suo cuore. Per aiutarli si priva del ne‑ cessario e mette a rischio la sua vita (colera a Salzano) in un’instancabile opera di assistenza morale e materiale, favorendo la messa in opere di ini‑ ziative che possano migliorare la loro condizione.

Potremmo anche dire che la santità di Pio X è una santità non solo pastorale ma anche papale. Non solo perché è il primo papa dopo San Pio V ad essere pro‑ clamato santo, ma perché inserisce pienamente il tratto della pastoralità, così co‑ 518 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

me la intendiamo oggi, nel profilo di un papa. Per questo in conclave era stato scelto e preferito a quanti avevano una visione più “politica” del governo della Chiesa universale. Ad eccezione di Pio XII, tutti gli altri dopo di lui sono stati ar‑ civescovi residenziali. Più di qualcuno ha avuto modo di notare molte somiglianze tra papa France‑ sco e san Pio X. Gianpaolo Romanato nell’Osservatore Romano del 21 agosto 2013 scriveva:

«Ad avvicinare i due pontefici sono le umili origini, la provenienza pe‑ riferica rispetto a Roma, l’estraneità all’ambiente curiale, l’insofferenza per il trionfalismo ecclesiastico, il tratto diretto e immediato, lo stile di vita sobrio e dimesso, l’interpretazione più pastorale che magisteriale del ruolo petrino. Anche allora l’elezione d’un uomo che era stato parroco per quasi un ventennio, veniva dal popolo, conosceva solo le periferie della Chiesa e riusciva a far sentire a suo agio qualsiasi interlocutore, fu una novità che sconvolse le placide abitudini vaticane e affascinò i contemporanei»19.

Entrambi hanno un’idea molto chiara di un nesso inscindibile tra due ele‑ menti affinché la missione evangelizzatrice della Chiesa possa essere efficace: la necessità di una riforma dei suoi membri, che possiamo meglio chiamare con‑ versione (la radicalità e l’autenticità della testimonianza evangelica) e la riforma delle sue strutture. Certamente l’azione pastorale di Pio X ha dato un’impronta che sa segnato la spiritualità cattolica e la vita della Chiesa fino al Vaticano II, indicando che una riconquista cristiana della società non poteva più avvenire battendo la strada de‑ gli appoggi dei regimi politici, ma piuttosto di una qualificazione spirituale di clero e laicato. Diceva Giovanni Paolo II nel corso della sua visita a Riese il 15 giugno 1985:

«Non solo cronologicamente egli chiude un’epoca e ne apre un’altra, e poi è quella che ci avrebbe condotti al Concilio Ecumenico Vaticano II, e alla caratteristica fondamentale e imprescindibile di esso, la pastora‑ lità. Cioè, quel modo singolare e originale di valutare ogni situazione, che è proprio della Chiesa, in continuazione dell’opera del Buon Pa‑ store, secondo la quale nulla dell’uomo le è estraneo o indifferente, ma tutto le interessa sul piano esclusivo del servizio»20.

19 G. ROMANATO, «L’unico parroco che divenne papa: Pio X tra storia e aneddotica» in L’Osservatore Romano, 153, n. 189, 21 agosto 2013, pp. 3‑4. 20 Cfr. Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII, 1, 1985, pp. 1818‑1819. Speciale Centenario della morte di San Pio X 519

Papa Benedetto XVI il 18 agosto 2010, rievocando la figura del suo predeces‑ sore sintetizzava così il suo profilo spirituale: «San Pio X insegna a noi tutti che alla base della nostra azione apostolica, nei vari campi in cui operiamo, ci deve essere sempre un’intima unione personale con Cristo, da coltivare e accrescere giorno dopo giorno. Questo è il nucleo di tutto il suo insegnamento, di tutto il suo impegno pastorale. Solo se siamo innamorati del Signore, saremo capaci di portare gli uomini a Dio ed aprirli al Suo amore misericordioso, e così aprire il mondo alla misericordia di Dio»21.

21 Cfr. Insegnamenti di Benedetto XVI, VI, 2, 2010 (Luglio‑Dicembre), Libreria Editrice Va‑ ticana, Città del Vaticano, 2011, p. 106. 520 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

Calendario degli eventi dell’Anno Centenario

Eventi celebrativi

COMITATO DIOCESANO ‑ PARROCCHIA DI RIESE Domenica 21 ottobre 2012 S. Messa presieduta da S. E. R. cardinale RENATO RAFFAELE MARTINO e concelebrata dai mons. Marco Frisina e Giorgio Piva. A seguire recita dell’Angelus e a seguire presentazione ed esecuzione in prima mondiale dell’inno a s. Pio X, composto in preparazione del Centenario della sua morte (20 agosto 1914) da mons. Marco Frisina.

VESCOVO DI TREVISO ‑ COMITATO DIOCESANO Domenica 12 maggio 2013: Lettera di S. E. MONS. GIANFRANCO AGOSTINIO GARDIN in occasione del Centenario della morte di San Pio X.

COMITATO DIOCESANO Mercoledì 12 giugno 2013 ore 20.30: Apertura del Centenario in Cattedrale con la Celebrazione Eucaristica presieduta dal Signor Cardinale ANGELO CO‑ MASTRI Arciprete della Basilica papale di San Pietro e Vicario generale di Sua Santità per la Città del Vaticano.

COMITATO DIOCESANO ‑ PARROCCHIA DI RIESE PIO X e collaborazione del COMUNE DI RIESE PIO X, FONDAZIONE “GIUSEPPE SARTO”, PROLOCO RIESE PIO X Mercoledì 21 agosto 2013: a Riese Pio X, celebrazione Eucaristica nella So‑ lennità di S. Pio X presieduta dal S.E. Mons. Corrado Pizziolo vescovo di Vit‑ torio Veneto, segue la tradizionale processione alle fiaccole lungo le vie del paese con la proiezione di immagini che rappresentano la vita di San Pio X.

COMITATO DIOCESANO ‑FIUDAC Mercoledì 16 ottobre 2013 a Riese. Pellegrinaggio nazionale dei sacristi e ad‑ detti al culto.

COMITATO DIOCESANO ‑ PARROCCHIA RIESE PIO X Domenica 9 marzo 2014, I domenica di Quaresima, ore 15.30: Chiesa parroc‑ chiale Riese Pio X Pellegrinaggio per le parrocchie dei vicariati di Castel‑ franco Veneto, Nervesa e Montebelluna. Celebrazione dei vespri con predi‑ cazione di Mons. Stefano Chioatto sulla figura di San Pio X e venerazione del‑ la reliquia. Possibilità di visita alla Casa natale, al Museo della parrocchia e al Museo della Fondazione Giuseppe Sarto. Speciale Centenario della morte di San Pio X 521

COMITATO DIOCESANO ‑ PARROCCHIA DI TOMBOLO Domenica 16 marzo 2014, II domenica di Quaresima, ore 15.30: Chiesa parroc‑ chiale di Tombolo: Pellegrinaggio per le parrocchie dei vicariati di Godego, Asolo e Camposampiero. Celebrazione dei vespri con predicazione di Mons. Stefano Chioatto sulla figura di San Pio X e venerazione della reliquia. Possibi‑ lità di visita al Museo della parrocchia.

COMITATO DIOCESANO ‑ PARROCCHIA DI SALZANO Domenica 23 marzo 2014, III domenica di Quaresima, ore 15,30: Chiesa par‑ rocchiale di Salzano, Pellegrinaggio per le parrocchie dei vicariati di Mirano, Noale e Mogliano Veneto. Celebrazione dei vespri con predicazione di Mons. Stefano Chioatto sulla figura di San Pio X e venerazione della reliquia. Possibi‑ lità di visita al Museo della parrocchia.

COMITATO DIOCESANO ‑ CATTEDRALE DI TREVISO Domenica 30 marzo 2014, IV domenica di Quaresima, chiesa Cattedrale di Treviso ore 15.30: Pellegrinaggio per le parrocchie dei vicariati di Urbano, Pae‑ se, Spresiano, Monastier, San Donà di Piave. Celebrazione dei vespri con pre‑ dicazione di Mons. Stefano Chioatto sulla figura di San Pio X e venerazione del‑ la reliquia. Possibilità di visita in Seminario nella Cappella S. Curato d’Ars.

COMITATO DIOCESANO ‑ SEMINARIO VESCOVILE Giovedì 1° maggio 2014: Convegno diocesano chierichetti e ancelle dedicato al‑ la figura di Papa Sarto e premiazione del Concorso.

PARROCCHIA DI RIESE ‑ ORDINE EQUESTRE DEL SANTO SEPOLCRO DI GERUSALEMME Domenica 18 maggio 2014 Riese Pio X Incontro Spirituale dell’Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme (Sezione Veneto) nel Centenario della morte di San Pio X.

COMITATO DIOCESANO ‑ SEMINARIO VESCOVILE DI TREVISO Lunedì 2 giugno 2014: Santuario delle Cendrole a Riese Pio X, Giornata eu‑ caristica per i fanciulli che hanno ricevuto per la prima volta la Comunione.

COMITATO DIOCESANO ‑ PARROCCHIA RIESE PIO X Martedì 3 giugno 2014: Visita a alla Casa natale e celebrazione Eucaristica nel‑ la chiesa parrocchiale di Riese Pio X del patriarca di Venezia S.E. Francesco Mo‑ raglia nel giorno del battesimo di san Pio X.

COMITATO DIOCESANO Notte tra il 19 e 20 agosto: Adorazione eucaristica a Riese, Treviso (Monastero della Visitazione), Salzano, San Donà (Piccolo Rifugio), Ciano del Montello. 522 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

COMITATO DIOCESANO Sabato 23 agosto 2014: ore 20.00, Celebrazione Eucaristica nella solennità di San Pio X presieduta dal Segretario di Stato Sua Eminenza il Cardinale Pietro Parolin presso il parco del Santuario delle Cendrole a Riese Pio X. Dalle ore 18.30 pellegrinaggio a piedi dalla chiesa di Riese al Santuario lungo il “cu‑ riotto” percorso abitualmente da Giuseppe Sarto per raggiungere il Santuario Mariano. Alla celebrazione hanno partecipato otto vescovi, centocinquanta sacerdoti, cento ministranti e circa seimila fedeli.

PARROCCHIA SALZANO Domenica 24 agosto 2014 Celebrazione eucaristica con il vescovo Gian‑ franco Agostino Gardin. Nella stessa giornata annullo speciale delle Poste Italiane.

COMITATO DIOCESANO ‑ UFFICIO DIOCESANO PELLEGRINAGGI 8‑ 10 Settembre 2014: Pellegrinaggio diocesano a Roma, con udienza del Pa‑ pa e solenne Celebrazione Eucaristica presso la tomba di San Pio X nella Ba‑ silica Vaticana presieduta da S.E. Mons. Gianfranco Agostino Gardin arcive‑ scovo‑vescovo di Treviso. Il pellegrinaggio ha coinvolto 1.600 pellegrini.

COMITATO DIOCESANO ‑ PARROCCHIA DI CASTELFRANCO Giovedì 18 settembre ore 19, presso il Duomo di Castelfranco Veneto, cele‑ brazione Eucaristica presieduta dal cardinale SEVERINO POLETTO, arcivescovo emerito di Torino, nell’anniversario dell’ordinazione sacerdotale di San Pio X avvenuta per le mani del Beato Giovanni Antonio Farina.

COMITATO DIOCESANO Lunedì 29 settembre ore 9, presso la Chiesa parrocchiale di Riese Pio X, pel‑ legrinaggio dei sacerdoti della Diocesi di Treviso e celebrazione Eucaristica presieduta da S. Em. il cardinale BENIAMINO STELLA, prefetto della Congrega‑ zione per il clero.

COMITATO DIOCESANO ‑ PARROCCHIA DI RIESE Lunedì 8 dicembre, presso la parrocchia di Riese preghiera con MONS. ROBER‑ TO BUSTI, vescovo di Mantova, cui è seguita la premiazione del PROGETTO AU‑ RORA e la Celebraione Eucaristica presso il Santuario delle Cendrole, a con‑ clusione del Centenario a Riese. Speciale Centenario della morte di San Pio X 523

Eventi culturali

COMITATO DIOCESANO Giovedì 3 Maggio 2012: Lancio del Progetto Aurora per scuole e università.

COMITATO DIOCESANO Martedì 21 agosto 2012: Nascita della Fondazione Centro Studi San Pio X con sede nella Biblioteca diocesana a lui intitolata, sita presso il Seminario Ve‑ scovile in Piazzetta Benedetto XI ‑ Treviso.

COMITATO DIOCESANO ‑ PARROCCHIA DI RIESE PIO X e collaborazione del COMUNE DI RIESE PIO X, FONDAZIONE “GIUSEPPE SARTO”, PROLOCO RIESE PIO X Mercoledì 21 agosto 2013: a Riese Pio X, Presentazione della Mappa del pel‑ legrino distribuita in tutta la Diocesi.

COMITATO DIOCESANO Venerdì 21 settembre 2012: apertura del sito www.centenariopiox.it con con‑ ferenza stampa presieduta dal Vescovo.

COMITATO DIOCESANO Settembre 2013: diffusione di due pubblicazioni su Pio X per l’utilizzo pastorale: Per ragazzi nella collana “Testimoni della fede”. Per giovani e adulti nella collana “I santi in tasca”.

COMITATO DIOCESANO Giovedì 24 ottobre a Treviso ‑ Venerdì 25 ottobre 2013 a Venezia: Convegno Internazionale di Studi dal titolo Riforma del cattolicesimo? Le attività e le scelte di Pio X. Docenti e ricercatori: JUAN JAVIER FLORES ARCAS, GIANPAOLO ROMANATO, GIU‑ SEPPE BIANCARDI, MARCO IMPAGLIAZZO, MIROSLAW LENART, UMBERTO CASTAGNI‑ NO BERLINGHERI, EMILIO FRANZINA, CARLO FANTAPPIÉ, GIORGIO FELICIANI, CHIA‑ RA MINELLI, GIANNI LA BELLA, BRUNA FREGNI, PAOLO MAGNANI, STEFANO DEL SANTO, MICHAEL DUBIAGA, STEFANO CHIOATTO, GIULIANO BRUGNOTTO, IVANO SARTOR, QUIRINO BORTOLATO, MAURILIO GUASCO, LUCIO BONORA, LINO CUSINA‑ TO, EDMONDO LANCIAROTTA, ANDREAS GOTTSMAN, MAREK STORY, MILTON COR‑ REA, BRUNO FABIO PIGHIN, ALEJANDRO MARIO DIEGUEZ, DANIELE FREGONESE, GAETANO ZITO, FABIO TONIZZI, GIUSEPPE ADRIANO ROSSI.

COMITATO DIOCESANO ‑ AZIONE CATTOLICA TREVIGIANA Sabato 9 novembre 2013: Convegno di studio su La spiritualità laicale nel ‘900: da Papa Pio X al Concilio Vaticano II. Interventi di STEFANO CHIOATTO e PAOLA BIGNARDI. Sede: Auditorium San Pio X ‑ Treviso. 524 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

COMITATO DIOCESANO ‑ UFFICIO LITURGICO DIOCESANO Sabato 23 novembre 2013: Convegno su La riforma liturgica e musicale di Papa Pio X. Sede: Auditorium San Pio X ‑ Treviso. Con intervallo musicale e pre‑ miazione del Concorso di composizione di Musica per la liturgia. Interventi di mons. Stefano Chioatto, prof.ssa Anna Maria Calapaj Burlini, prof. Anto‑ nio Lovato.

COMITATO DIOCESANO ‑ PARROCCHIA DI RIESE PIO X Domenica 8 dicembre 2013: Apertura Casa di accoglienza Margherita a Ri‑ ese Pio X. La casa di accoglienza offre ospitalità e accoglienza ai pellegrini. Sono presenti le Sorelle Discepole del Vangelo.

PARROCCHIA SALZANO Gennaio ‑ maggio 2014: Concorso di pittura Giuseppe Sarto. Premiazione il 31 maggio 2014.

PARROCCHIA SALZANO Marzo ‑ aprile 2014: Laboratori sulla figura di Giuseppe Sarto con le classi dell’istituto comprensivo di Salzano.

COMITATO DIOCESANO ‑ IRC Marzo 2014: Serie di Incontri di formazione rivolti agli Insegnanti di Religio‑ ne cattolica nel territorio diocesano.

COMITATO DIOCESANO ‑ UFFICIO DI PASTORALE SOCIALE E DEL LAVORO Venerdì 21 Marzo 2014: Lancio del programma convegnistico per operatori del mondo del lavoro e dell’impresa dal titolo Comunità di lavoro e impresa: te‑ stimonianze e prospettive. Tavola rotonda e proposte; intervengono: Nicola To‑ gnana, Presidente della Camera di Commercio, Industria, Agricoltura e Arti‑ gianato; Gianfranco Agostino Gardin, Arcivescovo‑Vescovo di Treviso ; Fre‑ diano Bof, Università degli Studi di Udine; Alessandro Vardanega, Presiden‑ te Unindustria Treviso; Fiorenzo Fantinel, Presidente di Comunità Sinistra Piave. Sede: Camera di Commercio di Treviso.

COMITATO DIOCESANO Martedì 8 aprile 2014. Presentazione della copertina dell’elenco telefonico Sì, con l’immagine di Pio X scelta per il Centenario, presso il Seminario Vesco‑ vile di Treviso.

COMITATO DIOCESANO ‑ UFFICIO DI PASTORALE SOCIALE E DEL LAVORO Mercoledì 9 aprile 2014: Comunità di lavoro e impresa: le attese delle nuove gene‑ razioni. Sede: Auditorium santa Croce, piazza della Dogana 4 Treviso. Speciale Centenario della morte di San Pio X 525

COMITATO DIOCESANO Giovedì 15 maggio 2014: Pubblicazione e presentazione della Nuova biogra‑ fia di Pio X. Alle radici del cattolicesimo contemporaneo redatta dal Prof. Roma‑ nato dell’Università di Padova. Sede: salone dell’Episcopio di Treviso.

COMITATO DIOCESANO ‑ UFFICIO DI PASTORALE SOCIALE E DEL LAVORO Venerdì 23 maggio2014: Montebelluna, Comunità di lavoro e impresa: l’econo‑ mia civile. Nel medesimo contesto di una triplice iniziativa nei giorni 23 ‑ 24 dal titolo Il Montebellunese: una comunità di lavoro e impegno civile, tra storia e rappresentazione con in coinvolgimento del Comune di Montebelluna, Museo dello scarpone, ISTRESCO. Sabato 24 maggio 2014: Montebelluna. C’era una volta… la città del lavoro. Ri‑ cerche e testimonianze sulla storia di un distretto industriale.

PARROCCHIA SALZANO Sabato 31 maggio: rappresentazione teatrale su Giuseppe Sarto.

COMITATO DIOCESANO ‑ UFFICIO DI PASTORALE SOCIALE E DEL LAVORO Venerdì 6 giugno 2014: Conegliano, Comunità di lavoro e impresa: la responsa‑ bilità sociale dell’impresa.

PARROCCHIA E COMUNE DI SALZANO Venerdì 6 giugno 2014 presso la Filanda Romanin Jacur. Pio X: il parroco che è diventato Papa. Relatori: QUIRINO BORTOLATO, GIANPAOLO ROMANATO.

COMITATO DIOCESANO ‑ UNIONE GIURISTI CATTOLICI SEZIONE DI TREVISO Lunedì 9 giugno: Convegno per giuristi dal titolo Il sistema codificatorio mo‑ derno tra passato e futuro, presso l’Aula magna della sede di Treviso dell’U‑ niversità degli Studi di Padova.

PARROCCHIA E COMUNE DI SALZANO Venerdì 13 giugno 2014 presso la Filanda Romanin Jacur. Fratello, amico o nemico? Relatore: ENZO PACE.

PARROCCHIA E COMUNE DI SALZANO Venerdì 20 giugno 2014 presso la Filanda Romanin Jacur. La politica come servizio alla collettività. Relatore: ROSY BINDI.

COMITATO DIOCESANO ‑ UFFICIO DI PASTORALE SOCIALE E DEL LAVORO Giovedì 26 giugno 2014 a Oderzo, convegno Comunità di lavoro e impresa: il ruolo sociale del lavoro. 526 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

PARROCCHIA E COMUNE DI SALZANO Venerdì 27 giugno 2014 presso la Filanda Romanin Jacur. I cittadini e le po‑ vertà. Nuovi orizzonti di coscienza civica e di impegno. Relatore: MARCO IM‑ PAGLIAZZO.

PARROCCHIA E COMUNE DI SALZANO Venerdì 3 luglio 2014 presso la Filanda Romanin Jacur. Trasmettere la fede ai giovani. Relatore: DON FLAVIO DALLA VECCHIA.

COMITATO DIOCESANO ‑ UFFICIO DI PASTORALE SOCIALE E DEL LAVORO Giovedì 10 luglio 2014 a Castelfranco convegno Comunità di lavoro e impresa: la partecipazione del lavoratore nella gestione dell’impresa.

COMITATO DIOCESANO Giovedì 21 agosto 2014: emissione francobollo commemorativo di san Pio X nel Centenario della scomparsa con l’immagine scelta dal Comitato diocesano.

COMITATO DIOCESANO ‑ PARROCCHIA DI RIESE Lunedì 8 dicembre, presso la parrocchia di Riese MONS. ROBERTO BUSTI, ve‑ scovo di Mantova ha premiato le scuole che hanno partecipato al PROGETTO AURORA.

COMITATO DIOCESANO ‑ ASSOCIAZIONE ASTROFILI TREVIGIANI Venerdì 12 dicembre 2014 presso il Collegio Pio X TV, San Pio X costruttore di meridiane, con interventi di Samuele prof. Bisetto : San Pio X a 100 anni dal‑ la scomparsa; Elsa prof.ssa Stocco: San Pio X costruttore di meridiane. Speciale Centenario della morte di San Pio X 527

Eventi musicali

COMITATO DIOCESANO – UFFICIO LITURGICO DIOCESANO 30 settembre 2013: Notifica e avvio della premiazione del Concorso di compo‑ sizione di Musica per la Liturgia con il patrocinio dell’Ufficio Liturgico Nazio‑ nale e l’Associazione Italiana Santa Cecilia.

COMITATO DIOCESANO ‑ UFFICIO LITURGICO DIOCESANO Sabato 23 novembre 2013: Convegno su La riforma liturgica e musicale di Papa Pio X. Sede: Auditorium San Pio X ‑ Treviso. Con intervallo musicale e pre‑ miazione del Concorso di composizione di Musica per la liturgia.

COMITATO DIOCESANO ‑ PARROCCHIA SALZANO ‑ PARROCCHIA RIESE PIO X ‑ PARROC‑ CHIA TOMBOLO Sabato 14 dicembre 2013: Concerto spirituale dei cori di Salzano, Riese Pio X e Tombolo a Salzano.

PARROCCHIA SALZANO Sabato 4 gennaio 2014: Concerto della Bucarest Philarmonic Orchestra nella chiesa parrocchiale di Salzano.

PARROCCHIA SALZANO Lunedì 6 gennaio 2014: Concerto dell’Epifania e Rappresentazione teatrale su Pio X a Salzano.

COMITATO DIOCESANO ‑ PARROCCHIA DI TOMBOLO Sabato 15 marzo 2014 ore 20.45: Concerto spirituale nella Chiesa arcipretale di Tombolo con canto gregoriano e improvvisazione organistica. Titolo: Il canto gregoriano. L’antico canto modello ispiratore della musica sacra. A cura della Schola gregoriana di Venezia diretta dal Maestro Lanfranco Menga con improv‑ visazioni organistiche del Maestro Stefano Rattini.

COMITATO DIOCESANO ‑ PARROCCHIA DI SALZANO Sabato 22 marzo 2014 ore 20.45: Concerto spirituale nella Chiesa arcipretale di Salzano per coro femminile e organo. Titolo: Il movimento ceciliano e il re‑ pertorio corale e organistico. Coro Magnificat di Santa Maria di Sala (VE) diret‑ to dal Maestro Roberta Bortolozzo; all’organo il Maestro Giovanni Feltrin.

COMITATO DIOCESANO ‑ CATTEDRALE SONORA Sabato 29 marzo 2014 ore 20.30: Concerto spirituale nella Chiesa Cattedrale di Treviso per organo e orchestra. Titolo: La riforma della musica sacra di Papa 528 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

Pio X nell’ambiente musicale italiano dell’epoca. Orchestra Regionale Filarmonia Veneta diretta dal Maestro Marco Titotto; organista Maestro Giovanni Feltrin.

COMITATO DIOCESANO ‑ PARROCCHIA DI CASTELFRANCO DUOMO Sabato 5 aprile 2014 ore 20.30: Concerto spirituale nel Duomo di Castelfran‑ co Veneto per soli coro e pianoforte. Titolo: Stabat Mater di Licinio Refice. Co‑ ro Filarmonico Veneto diretto da Valentino Miserachs Grau; al pianoforte Giovanni Valle.

COMITATO DIOCESANO ‑ PARROCCHIA DI RIESE PIO X Domenica 6 aprile 2014 a Vedelago. Festival dei ragazzi “ Premio San Pio X”. Rassegna di cori giovanili che svolgono servizio liturgico.

COMITATO DIOCESANO ‑ PARROCCHIA TOMBOLO ‑ RIESE PIO X ‑ SALZANO Sabato 10 maggio 2014: Concerto spirituale dei cori di Salzano, Riese Pio X e Tombolo nella chiesa parrocchiale di Tombolo.

COMITATO DIOCESANO Sabato 24 maggio 2014 nel tempio di san Nicolò, Concerto del Coro Filarmo‑ nico Trevigiano Sante Zanon.

COMITATO DIOCESANO ‑ PARROCCHIA RIESE PIO X ‑ TOMBOLO ‑ SALZANO Lunedì 2 giugno 2014: Concerto spirituale dei cori di Salzano, Riese Pio X e Tombolo nella Chiesa parrocchiale di Riese.

PARROCCHIA SALZANO Domenica 15 giugno 2014 presso la Filanda Romanin Jacur. Concerto del Co‑ ro La Filanda.

COMITATO DIOCESANO ‑ PARROCCHIA DI RIESE PIO X Giovedì 21 agosto 2014: ore 21.00, Concerto del gruppo The Sun. Iniziativa rivolta ai giovani presso il parco del santuario delle Cendrole.

COMITATO DIOCESANO Venerdì 24 ottobre 2014: Treviso, Tempio di San Nicolò, esecuzione dell’O‑ ratorio La Risurrezione di Cristo di Lorenzo Perosi a conclusione delle celebra‑ zioni del Centenario.

COMITATO DIOCESANO ‑ DIOCESI DI MANTOVA ‑ PARROCCHIE DI RIESE PIO X Sabato 22 Novembre 2014 nella Cattedrale di Mantova Concerto spirituale nel centenario della morte di San Pio X del Coro della Collaborazione Pa‑ storale di Riese diretto dal Maestro Paolo Gasparin e accompagnato all’orga‑ no dal Maestro Daniele Carretta.

531 Indice generale

ATTI DEL SOMMO PONTEFICE Angelus 5 Catechesi settimanali 6 Discorsi 7 Lettere 9 Messaggi 9 Motu proprio 10 Omelie di gennaio, febbraio, marzo 10

Angelus 133 Regina Caeli 133 Catechesi settimanali 134 Discorsi 135 Lettere 139 Messaggi 140 Omelie di aprile, maggio, giugno 141

Angelus 229 Catechesi settimanali 230 Discorsi 231 Lettere 233 Messaggi 234 Motu proprio 235 Omelie di luglio, agosto, settembre 235

Angelus 363 Catechesi settimanali 364 Discorsi 365 Lettere 370 Messaggi 371 Omelie di ottobre, novembre, dicembre 373 Rescritti 374

ATTI DEL SINODO DEI VESCOVI 375 532 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

ATTI SANTA SEDE 13 ATTI SANTA SEDE 143 ATTI SANTA SEDE 237 ATTI SANTA SEDE 377

ATTI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA 15 ATTI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA 145 ATTI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA 239 ATTI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA 379

ATTI DEL VESCOVO Omelie 17 Impegni del Vescovo 26 Omelie 147 Impegni del Vescovo 191

Omelie 241 Interventi 249 Impegni del Vescovo 253

Omelie 381 Impegni del Vescovo 407

ATTI DELLA CURIA VESCOVILE Nomine del clero 35 Nomine dei presbiteri religiosi 37 Nomine dei presbiteri extradiocesani 37 Altre nomine 37 Nomine Consiglio Parrocchiali per gli Affari Economici 37 Statuto Consiglio presbiterale della Diocesi di Treviso 39 Sacerdoti defunti 45

Ordinazioni diaconali 199 Ordinazioni presbiterali 199 Nomine del clero 200 Nomine Consiglio Parrocchiali per gli Affari Economici 201 Collaborazioni Pastoralie Consigli delle collaborazioni Pastorali 202 Sacerdoti defunti 206 Indice generale 533

Nomine del clero 257 Nomine di presbiteri religiosi 260 Altre nomine 260 Decreto di sopressione Ufficio Diocesano Pellegrinaggi 261 Nomine del clero 417 Nomine di presbiteri religiosi 422 Altre nomine 422 Nomine Consigli parrocchiali per gli Affari Economici 422 Decreto di assegnazione delle somme 8 per mille anno 2014 423 Copie conformi degli Atti Canonici dell’Anno 2014 426 Rinnovo dell’abbonamento della Rivista della Diocesi di Treviso 426 Sacerdoti defunti 427

DOCUMENTAZIONE Omelia di mons. Paolo Magnani, Vescovo emerito di Treviso, tenuta nella cattedrale di Treviso, in occasione del 25° anniversario 47 Intervento di mons. Paolo magnani, Vescovo emerito di Treviso, in occasione della Benedizione Ospedale di Montebelluna 45 Verbale ed Atti del Consiglio presbiterale del 10‑11 marzo 2014 50

Omelia tenuta dal Patriarca di Venezia mons. Francesco Moraglia nell’anniversario del battesimo di Giuseppe Melchiorre Sarto (S.Pio X) e nel primo anniversario della dedicazione dell’altare della chiesa 207 Omelia di mons. Paolo Magnani vescovo emerito di Treviso, in occasione della festa del Patrono della Città e della Diocesi diTreviso, San Liberale 211 Omelia di mons. Paolo Magnani, Vescovo Emerito di Treviso, in occasione della memoria del Beato Andrea Giacinto Longhin 214 Omelia di mons. Paolo Magnani, Vescovo Emerito di Treviso, in occasione della festa di San Basilide martire, Patrono della polizia penitenziaria 217 Verbale Consiglio presbiterale 12 maggio 2014 219

Promulgazione degli Orientamenti per il catecumenato dei fanciulli e degli adolescenti in Diocesi di Treviso 263 Orientamenti per il catecumenato dei fanciulli e degli adolescenti in Diocesi di Treviso 264

Omelia di Mons. Paolo Magnani, Vescovo Emerito di Treviso, in occasione dell’Anniversario della Dedicazione della Cattedrale 429 534 Rivista della Diocesi di Treviso/Anno CIII (2014) N. 4

Omelia di Mons. Paolo Magnani, vescovo emerito di Treviso, in occasione delle esequie di don Sergio Centenaro 432 Intervento di Mons. Cevolotto alla veglia diocesana dei giovani per l’inizio dell’Avvento 435 Omelia di Mons. Paolo Magnani, vescovo emerito di Treviso, in occasione della Solennità dell’Immacolata 438 Verbale della sessione del Consiglio Presbiterale 441

ARCHIVIO STORICO Dal Movimento cattolico all’Azione cattolica nella diocesi di Treviso L’unione donne 65

Dal Movimento cattolico all’Azione cattolica nella diocesi di Treviso 283

SPECIALE CENTENARIO DELLA MORTE DI SAN PIO X 463 Celebrazione eucaristica del primo Centenario della morte di Pio X presso il parco del Santuario Mariano delle Cendrole in Riese Pio X 465 Saluto di S. E. Gianfranco Agostino Gardin all’inizio della Celebrazione Eucaristica 466 Omelia di Sua Eminenza Card. Pietro Parolin Segretario di Stato nella S. Messa del centenario morte San Pio X alla presenza di circa seimila fedeli 468 Intervista a S. Em. Card. Pietro Parolin pubblicata ne “La Vita del Popolo” edizione speciale distribuita il 23 agosto “Pio X: famiglia e parrocchia le sue radici” 474

Interventi di S. E. Gianfranco Agostino Gardin per l’Anno centenario di San Pio X Lettera ai fedeli della Diocesi per il centenario di Pio X 478 Omelia della Celebrazione eucaristica presso la Basilica vaticana durante il pellegrinaggio diocesano dell’8‑10 settembre 2014 alla presenza di 1600 pellegrini 481

Altri interventi Omelia di S. Em. Card Comastri, Arciprete della Basilica papale di san Pietro e Vicario generale di Sua Santità per la Città del Vaticano, nella celebrazione eucaristica presieduta in Cattedrale nell’apertura dell’anno centenario 486 Indice generale 535

Omelia di S. E. Mons. Francesco Moraglia, Patriarca di Venezia, nella Celebrazione eucaristica presso la chiesa parrocchiale di Riese Pio X nell’anniversario del battesimo di Giuseppe Melchiorre Sarto (S. Pio X) e nel primo anniversario della dedicazione dell’altare della chiesa 491 Omelia di S. Em. Card. Severo Poletto, Arcivescovo emerito di Torino durante la celebrazione eucaristica nel Duomo di Castelfranco Veneto il 18 settembre 2014, anniversario dell’ordinazione sacerdotale di Giuseppe Sarto 495 Omelia di S. Em. Card. Benamino Stella, Prefetto della Congregazione per il clero, durante il pellegrinaggio‑ritiro del clero diocesano a Riese Pio X 499 Omelia di S. E Mons. Roberto Busti, Vescovo di Mantova, l’8 dicembre 2014, presso il Santuario mariano delle Cendrole (Riese Pio X), a conclusione delle celebrazioni dell’anno centenario nel paese natale del santo 504 Celebrazioni dei vespri nei pellegrinaggi intervicariali a Riese Pio X, Tombolo, Salzano, Cattedrale di Treviso 509

Calendario degli eventi dell’Anno Centenario Eventi celebrativi dell’Anno Centenario 520 Eventi culturali dell’Anno Centenario 523 Eventi musicali dell’Anno Centenario 527

INDICE GENERALE 531

ANNO CIII - n° 4 - Ottobre - Novembre - Dicembre 2014Rivista dellaDiocesidiTreviso

2014 Atti ufficialievitapastorale C.C.P. 120311 -Roncade/TV Grafiche Dipro Stampa: luglio 2015 nelmesedi Finito distampare DCB Treviso. n. 46)art.1,comma2e3, (conv. inL.27/02/2004 Postale -D.L.353/2003 Spedizione inAbbonamento Poste Italianes.p.a. DiocesidiTreviso Editore: DICEMBRE NOVEMBRE OTTOBRE n° 4 ANNO CIII