Misure Critiche Rivista Semestrale Di Letteratura
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misure critiche Rivista semestrale di letteratura Nuova Serie ANNO XVI numero 1-2 2017 La Fenice CASA EDITRICE Fondatore GIOACCHINO PAPARELLI Direttore SEBASTIANO MARTELLI Comitato scientifico EPIFANIO AJELLO - ANGELO CARDILLO - IRENE CHIRICO - DOMENICA FALARDO EMILIO GIORDANO - ROSA GIULIO - ALBERTO GRANESE - EMMA GRIMALDI ANTONIA LEZZA - SEBASTIANO MARTELLI - MILENA MONTANILE - LUIGI MONTELLA LAURA PAOLINO - ANTONIO PIETROPAOLI - LUIGI REINA - GIORGIO SICA - ROSA TROIANO Redazione FEDERICA CAIAZZO - EMANUELA FERRAUTO [email protected] Segreteria di Redazione ANTONIO ELEFANTE [email protected] Direzione e Redazione Dipartimento di Studi Umanistici - Sezione Italianistica Università degli Studi di Salerno Via Giovanni Paolo II, 132 84084 Fisciano (SA) Amministrazione “La Fenice” Casa Editrice Via Porta Elina, 23 Tel. 089 226486 84121 Salerno Responsabile POMPEO ONESTI La Rivista si avvale di un Comitato di referee anonimi cui i testi vengono sottoposti per un preliminare vaglio scientifico. Questo fascicolo della rivista è pubblicato con un contributo del Dipartimento di Studi Umanistici - Sezione di Italianistica dell'Università degli Studi di Salerno Versamenti: C.C. P. 55967046 intestato a “La Fenice” di Onesti Simona Emma & C. s.a.s.; Bonifico bancario IT75P07601152000000055967046 a “La Fenice” di Onesti Simona Emma & C. s.a.s. - 84100 Salerno - Abbonamento Annuo 51,64 - estero 80,00 - Prezzo di un fascicolo 25,82 - Numeri doppi 51,64 Autorizzazione del tribunale di Salerno n. 366 del 28 - 12 - 1971 Pubblicazione semestrale, spedizione in abbonamento postale gruppo IV MISURE CRITICHE Nuova Serie ANNO XVI, n. 1-2 Gennaio – Dicembre 2017 Saggi DOMENICA FALARDO, Sulle Rime di Paolo Pacello pag. 5 MIRELLA MASIERI, I Capitoli erotici di Giovanni Francesco Bini » 30 MORENO SAVORETTI, «El morire è una favola». Il motivo della finta morte tra novella e commedia nel Cinquecento » 46 FIAMMETTA D’ANGELO, Topica e canone delle arti nel Parnaso di Giulio Cesare Cortese » 65 ROSARIO PELLEGRINO, Le Lettere «romane» di Charles de Brosses » 101 ELEONORA RIMOLO, La Lydia de «L’ultimo figlio de’ poeti eolii» nel carteggio Carducci-Piva » 118 ANNUNZIATA ACANFORA, Correzioni e aggiunte alla biografia di Vincenzo Cammarano » 137 TONI MARINO, Il paratesto e il sistema della letteratura. Il caso di Lalla Romano » 175 ARIELE D’AMBROSIO, POC. Per una prassi di Poesia Orale Secondaria Contemporanea » 195 Interventi ALEssIA JOHANNA MINGRONE, L’amica geniale di Elena Ferrante: questioni di genere » 244 FRANCO VITELLI, Ricordo di Alessandro Leogrande » 254 Note e Rassegne ALBERTO GRANESE, La Storia del romanzo italiano di Gino Tellini » 258 Recensioni: A. Babbone, F. D’Astore, E. Giordano, A. Granese, S. Martelli, E. Rimolo » 266 LIBRI RICEVUTI » 294 Saggi DOMENICA FALARDO SULLE RIME DI PAOLO PACELLO Figura di spicco nel mondo culturale napoletano della seconda metà del Cinquecento, Giulio Cortese1 compone un sonetto in occasione della morte di Paolo Pacello testimoniandone la portata e la peculiarità dell’esperienza letteraria: Questa è l’urna funebre, che raccoglie d’Apollo e di Minerva il pregio estinto cui ferno a gara trionfar avinto de le più verdi et honorate foglie. Queste son le famose e ricche spoglie di chi si scorge in mille inchiostri pinto utile e dolce e de’ suoi raggi cinto sovra ogni stella hormai splende e s’estoglie. Dà carmi al sacro cener’ e rinfiora l’obietto de gli allori, e de l’olive tu, cui fa Palla e Febo a l’arti essempio. 1 Di origine modenese o napoletana, Giulio Cortese, uomo di vasta cultura molto attivo nell’ambito delle accademie napoletane, nacque intorno al 1530 e fu un sacerdote particolarmente attento alle questioni teologiche; autore di testi in versi e in prosa, si occupò di teoria poetica. Credendo nell’uso sociale del codice poetico e rifuggendo dall’“artificio” fine a se stesso, dallo svuotamento semantico della parola e dalla vacuità letteraria, nei suoi trattati considera la poesia prevalentemente strumento scientifico di co- noscenza del reale e veicolo del «concetto» grazie alle capacità figurative dell’«elocuzione». Rime et prose […] (Napoli, Cacchi, 1592) è il titolo di un volume che raccoglie le sue opere più importanti (cfr. L. BOLZONI, Le prose letterarie di Giulio Cortese: una fonte della giovanile “Poetica” campanelliana, in «Giornale storico della letteratura italiana», 1971, CXLVIII, pp. 316-326; G. FERRONI, A. QUONDAM, La “locuzione artificiosa”. Teoria ed esperienza della lirica a Napoli nell’età del Manierismo, Roma, Bulzoni, 1973, pp. 178-197, 414-422; L. BOLZONI, Note su Giulio Cortese. Per uno studio delle Accademie napoletane di fine ’500, in «Rassegna della letteratura italiana», 1973, LVII, pp. 475-499; A. QUONDAM, La parola nel labirinto. Società e scrittura del Manierismo a Napoli, Bari, Laterza, 1975, pp. 100- 107; per ulteriori notizie biobibliografiche su Giulio Cortese cfr. ad vocem, N. PENNISI, 5 in Dizionario Biografico degli Italiani (DBI), XXIX, 1983). DOMENICA FALARDO Già ch’a Pacelli in ciel l’eccelse e dive Muse fan balli e canti, in terra honora il sasso, che dovrebbe esser un tempio2. A parte gli scarni riferimenti contenuti in qualche opera di caratte- re storico3, per una ricostruzione del profilo di Paolo Pacello, poeta e oratore meridionale, nato ad Aversa nel 1537 o nel 15384 e trasferitosi a 2 G. CORTESE, Rime et prose, cit., p. 30. Nella trascrizione dei testi a stampa antichi ho seguito criteri conservativi limitandomi a distinguere la u dalla v, a regolarizzare i segni diacritici e ad intervenire sulla punteggiatura al fine della chiarezza degli enunciati. 3 Cfr. S. MAZZELLA, Descrittione del Regno di Napoli […], Napoli, Giovan Battista Cappelli, 1586, p. 21; G. PARENTE, Origini e vicende ecclesiastiche della città di Aversa, con documenti editi e inediti, Napoli, Tipografia di Gaetano Cardamone, 1858, II, pp. 201, 625-626; P. A. SUMMONTE, Historia della città e Regno di Napoli […], Napoli, Raffaello Gessari, 1748, I, pp. 19, 43. 4 Paolo Pacello è autore di testi in versi e in prosa in massima parte inediti. Un’orazione scritta per il vescovo di Aversa Giorgio Manzuolo è l’unica opera da lui direttamente pubblicata: Oratione di Paolo Pacelli [sic!] d’Aversa, nella quale si rallegra a nome pubblico con l’Illustriss. et Reverendiss. Monsignor Conte Giorgio Manzuolo da Bologna creato Vescovo d’Aversa, In Napoli, Appresso Giovan Battista Cappelli, MDLXXXIII (cfr. N. TOPPI, Bibliotheca napoletana et apparato a gli huomini illustri in lettere di Napoli e del Regno […], Napoli, Bulifon, 1678, p. 236; G. B. TAFURI, Istoria degli scrittori nati nel Regno di Napoli, Napoli, Severini, 1753, III, p. 237). Le rime pacelliane sono tràdite dai seguenti mano- scritti vergati da mani diverse: XIII D 37, XIII D 30, XV E 48 della Biblioteca Nazionale di Napoli e Pal. 648 della Biblioteca Palatina di Parma. Il corpus del manoscritto XIII D 37, composto da 134 carte, sul dorso del quale si legge «Rime e Prose», è costituito da due membri, come si rileva dalla numerazione che dopo la c. 110v ricomincia da 1 e dalla diversa qualità della carta tra le due sezioni. Assunto come testo di base nel presente lavoro, essendo il più ricco di componimenti (alcuni dei quali non scritti da Pacello ma a lui indirizzati) e, probabilmente, il più antico, tale manoscritto, vergato presumibilmente nel XVI secolo exeunte, contiene testi in versi, una lettera e alcune orazioni non trascritte negli altri testimoni, ma non reca qualche testo riportato in questi ultimi. Inoltre, alcuni componimenti di Pacello sono presenti nei seguenti manoscritti miscellanei: XXVIII 2 19 e XXVIII 1 10 della Biblioteca Oratoriana dei Girolamini e Brancacciano II A 10 della Biblioteca Nazionale di Napoli. Tra le raccolte di rime a stampa che recano testi pacelliani: Rime di Diversi Eccellenti Autori in morte della Illustrissima Signora D. Hippolita Gonzaga (Napoli, Gio. Maria Scotto, 1564), pp. 1, 30, 87, 88; Rime et versi in lode della Illustrissima et Eccellentissima Signora Donna Giovanna Castriota Carafa […] raccolti da D. Scipione de’ Monti (Vico Equense, Cacchi, 1585), pp. 119, 120, 161, 162; Rime et prose di Giulio Cortese, cit., p. 51; Rime di Ascanio Pignatelli (Napoli, Giovan Tomaso Todino, 1593), p. 84; Raccolta di Rime di poeti napoletani non più ancora stampate e dedicate all’Illu- strissimo ed Eccellentissimo Sig. D. Paolo di Sangro […] (Napoli, Stamperia di Domenico Antonio Parrino, 1701), pp. 173-197 (le pagine 196 e 197 contengono testi indirizzati 6 a Pacello); Rime de’ più illustri poeti italiani scelte dall’abate Antonini (Parigi, Musier, 1732), Sulle Rime di Paolo Pacello Napoli dove visse da «prete letterato» ed ebbe contatti con importanti intellettuali, una fonte determinante è offerta da Angelo Borzelli il quale dichiara: «La vita di Pacello è tutta da tessere, se più fortunato ricercatore vi si vorrà provare. Io, ad altro mostrando, mi son fermato a tempo per non impiegar oltre fatica in una ricerca negativa»5. Così Angelo Borzelli si esprime sulla produzione in versi dell’autore che definisce «Giano dalla doppia sembianza»6: Le poesie del Pacello, quelle che, raccolte da altri alla men peggio, sono giunte insino a noi, o cantano d’amore, o muovono dall’ira per riprendere e rispondere ai suoi nemici, o fan la satira particolare di uomini e di fatti pubblici, le quali ultime, è ben dirlo presto, avrebbero un grandissimo valore morale se non fossero precedute o seguite da lodi date a piene mani e in palese a chi di nascosto si bollò di vile e di infame e sempre si coprì di ridicolo7. Se da un lato, infatti, sostenendone peraltro la paternità in un periodo in cui molti autori pubblicavano testi satirici in forma anonima, Pacello attacca aspramente l’incapacità, l’avidità e la corruzione di nobili, eccle- siastici e funzionari italiani e spagnoli esprimendo liberamente «il pensier suo in versi»8, talvolta dall’altro, ricevuto l’incarico di una difesa d’ufficio, in qualità di oratore pubblicamente li difende e sostiene di fronte a Filippo II.