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l’attualità Così funziona il welfare di Cosa Nostra La ENRICO BELLAVIA e ATTILIO BOLZONI Domenica cultura Papà Stalin e i bambini del Gulag SIEGMUND GINZBERG DOMENICA 25 LUGLIO 2010/Numero 285 di Repubblica Officina Moebius Una minuscola galleria piena di quadri e risate Qui lavora il genio del fumetto Che a Repubblica racconta i suoi sogni e le sue ultime visioni ILLUSTRAZIONE MOEBIUS/ARZAK MARIO SERENELLINI MICHELE SERRA spettacoli PARIGI Audrey, prima sexy in the city ANGELO AQUARO piega i suoi fumetti come partite di calcio: folla-gioca- uando le prime tavole di Moebius arrivarono in Ita- tori, azioni-boati, interazioni mutanti, organiche e or- lia sulle pagine di Alter Linus noi giovani fumettari, gasmiche, che si gonfiano come un pallone, generate convinti che quella non era una vice-arte, ma arte di i sapori da un pallone. «Le mie tavole nascono un po’ così: un Qserie A, ci trovammo di fronte a una prova schiac- Ssaliscendi di turgori e silenzi. Lievitano, fermentano su se stesse: ciante. La prova definitiva. Le figure alate di Moebius, i suoi uma- Terra e mare, la cucina delle Eolie come scatole cinesi, bambole russe, visioni a incastro». «Prolifera- noidi mitologici, galleggiavano nel vuoto come i sogni galleggia- ROBERTO ALAJMO, LICIA GRANELLO e LIDIA RAVERA zioni», «metamorfosi»... parole che arrivano presto incontrando no nel sonno. Moebius. Oggi arrivano subito, in un’estate che gli stuzzica il buo- Apparizioni inedite, sbucate dal nulla. Il mondo di carne e pie- numore e lo sguardo incandescente di mago metropolitano. L’8 tra, di sabbia e cristallo di quegli eroi silenziosi aveva la potenza l’incontro maggio ha compiuto settantadue anni («sono un creativo o un ve- evocativa del cinema unita alla libertà figurativa della grande pit- gliardo?»). Dal 12 ottobre al 13 marzo sarà festeggiato a Parigi con tura. Moebius aveva inventato un mondo mai visto prima: un lus- Giovanni Soldini, paure di un solitario la personale “Moebius transe-forme”, alla Fondation Cartier. so da Creatore. IRENE MARIA SCALISE (segue nelle pagine successive) (segue nelle pagine successive) Repubblica Nazionale 28 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 25 LUGLIO 2010 la copertina Da bambino, a letto con la febbre, viaggiava sfogliando Universi paralleli le incisioni di Doré. Capì così che “non si può far nulla di sensato se non si sfiora il sogno”. Oggi, a settantadue anni, continua ad accompagnarci nei suoi mondi fantastici “È il mio lavoro: ripulisco il mondo dall’ovvietà” MARIO SERENELLINI più in là della percezione corrente: fare scoprire ogni volta la mela, in un modo in cui non è mai sta- (segue dalla copertina) ta vista prima». Già dal ’63, negli album a decine della saga- a FondationCartier nel 1999 gli aveva già dedi- Blueberry, disegnata a partire dalle storie di cato un altro giubileo fantasy, “1 monde réel”: Jean-Michel Charlier («e con gli occhi puntati «Il mio percorso, lungo più di mezzo secolo, sui film di Sergio Leone e sul West crepuscolare sarà documentato dal diario a matita, Inside di Sam Peckinpah!»), l’iperrealismo del tratto Moebius, da opere degli ultimi vent’anni e da s’apre a suggestioni mimetiche, a attrazioni quel che resta dei primi trenta. Sarà la celebra- mutanti eroe-ambiente: s’è parlato per alcune Lzione dell’espandersi, dell’uscire da se stessi, dal proprio sa- tavole di uomo-minerale, uomo-animale. Pur in una grafi- pere, in una tensione, attraverso il processo creativo, a un ca fotografica, lo sconfinato West di Gir fa da test alle im- più alto livello di coscienza, cioè di fuga dalle sottomissio- pennate cosmiche, psichedeliche del parallelo Moebius, zurra donna-gi- ni». E qui le equivalenze col calcio cominciano a vacillare. che si liberano nelle volute mute di Arzach e nei racconti flut- gante emergente dalle acque Ma Moebius, uno e trino, si sdoppia tra stili e pseudonimi — tuanti del Garage hermétique, cioè nella grande stagione an- di Venezia che anticipa l’inquadratura Jean Giraud, Gir... — , si srotola e si rincorre beffardo (come ni Settanta - Ottanta degli Humaoïdes Associés e della rivi- regina di Valzer con Bashir. L’evento manca- il nastro trompe l’oeil dell’astronomo da cui ha preso nome) sta Métal Hurlant, che farà ancora dire a Folon: «I sogni di to è un fantasy con Fellini. Cine-rimpianti, anche nella realtà d’ogni giorno, come adesso, nella minu- Alice ci portano nell’altro lato dello specchio, i voli di Arza- Moebius? L’artista sorride al ricordo della scola galleria invasa dai suoi libri, dai suoi quadri e dalle sue ch nell’altro lato dello spazio». Di nuovo Moebius: «Fonda- proposta ricevuta nel 1979 dal regista che, ab- risate, con cui glossa riflessioni a se stesso inattese, para- mentale, in quel periodo, è stata la grande libertà nella qua- bagliato dalle sue strip dalla «luce fosforica, os- dossali: «A sei-sette anni, mi sentivo già calamitare verso due le operavamo: ci eravamo dati obiettivi precisi ma senza li- sidrica, perpetua, proveniente dai limbi sola- poli d’attrazione: la storia dell’arte, con la sua sacralità so- mitazioni, non avevamo da rispettare ortodossie com’era ri», gli aveva reso omaggio tre anni prima nel vrana, la solennità di cattedrale, e i fumetti, all’epoca Topo- avvenuto tra i surrealisti. Era sufficiente disegnare. Ci riuni- Casanova col personaggio di Moebius (lui ri- lino e Tintin. C’erano due voci in lotta dentro di me: una mi vamo, prima di ogni numero: ma poi, ognuno per sé. Dopo cambierà ritraendo Fellini e Sutherland nel suo spronava ai media, l’altra al mondo più vasto e aleatorio del- il colpo di pagaia, la pagaille, il caos. Ciascuno sprofondava Casanova del 1998): «Il disegno non è, in sé, un l’arte. Mi sono trovato, fin da bambino, davanti alla neces- nei suoi personali abissi, rassicurato dall’idea che il gruppo passaporto naturale per la scrittura o il cinema. sità d’una scelta tra fumetto e pittura. Già allora l’arte m’ap- degli Humanoïdes (oltre a me, Philippe Druillet, Bernard Lo sento se mai più vicino alla danza, alla musica. pariva una vetta lontana, mi sentivo escluso dalla cattedra- Farkas e Jean-Pierre Dionnet) formasse un’identità colletti- Ho scelto di essere autore di fumetti, un Don Chi- le. Il fumetto aveva un’aria più accogliente, invitante, come va da cui, una volta costituita, divenisse naturale scivolar via, sciotte dell’arte, conquistandomi le mie Dulcinee: una sorgente fresca. Per me è stato il dito puntato su un eclissarsi, sparire». come Il Paradiso, illustrato nel 1999 per la milane- cammino possibile, già ricco di tracce sicure: il richiamo di È, quella, l’epoca degli incontri e degli scambi più creati- se Nuages, dove ho potuto finalmente lavorare sul- una voce materna. Invece che in una chiesona severa, giu- vi e mediatici: Ridley Scott, per cui cura il design di Alien e le spalle di Doré, il più infantile degli artisti, il più dicante, mi pareva d’entrare in un capannone, che sa di fu- Blade Runner, la Disney (Tron), René Laloux (il cartoon Les danzatore, sciogliendomi in uno spazio tra fanta- mo e di birra: dove anche un cattivo ragazzo (i nostri genito- maîtres du temps) e soprattutto Alejandro Jodorowski (suo scienza e metafisica, con in più quel tocco d’animi- ri disapprovavano i fumetti) avrebbe ricevuto un riconosci- collaboratore per le strisce Les yeux du chat e il comico-mi- smo che ha Dante. L’unico cruccio è il lavoro fatto in mento». stico Incal), con cui realizza lo story board di Dune, poi “di- fretta, col rischio della superficialità. Rembrandt la- I suoi primi maestri appartengono però all’arte, non alle smesso” e assorbito nel film di David Lynch. Il guardingo vorava seriamente su un disegno: anche Koons, anche strip: Piranesi, William Blake, Gustave Doré... «Doré mi ha magnetismo tavole-schermo segna il cambio di millennio, Picasso. Al confronto, mi sento uno che insegue Topo- subito sconvolto. Come, poi, Steinberg, un grande. Ho tra- continuando con Il quinto elemento di Luc Besson e Blue- lino, sempre di corsa». scorso un’infanzia pregna d’incisioni dell’Ottocento. Negli berry di Jan Kounen, fino a proliferare, occultamente, in film anni Trenta - Quaranta circolavano in famiglia libroni illu- recenti: le magrittiane © RIPRODUZIONE RISERVATA strati, ricevuti in regalo a ogni promozione: erano cronache stalattiti celesti di di viaggio intorno al mondo, mirabilmente illustrate da star Avatar o l’az- dell’incisione. Una cosa buona creata dal colonialismo! — scoppia a ridere Moebius — . Tra gli illustratori ho impara- to presto a distinguere Doré, di gran lunga superiore a tutti. Di solito, mi immergevo in queste pagine quand’ero a letto con la febbre, per la malattia infantile di turno. Erano tutte letture febbricitanti». È stata questa la sua prima fanta- scienza? Hanno forse cominciato così, nelle trasparenze del dormiveglia, a prendere corpo i suoi mondi paral- leli, allucinatori? «È da lì che è nato il personaggio del Major Grubert, col suo bravo casco coloniale, che racconta storie fantastiche. È modellato su quei reporter che alle mie febbri comunicavano erranze metafisiche, molto vaghe ma molto ben argomentate: rituali esotici, decapitazioni, canni- balismi. Più il soggetto era orribile e più appa- riva meraviglioso. Attraverso quelle crona- che visionarie, il mondo occidentale mi si ri- velava un’oasi civilizzata, mentre mi ad- dentravo in quegli universi di magica, inge- gnosa barbarie, resi più affascinanti dall’idea di una loro sparizione imminente, darwiniana: il fatto di ridurli a descrizione evocativa, a mitologia, era un modo di estinguerli, di consegnarli a un paradiso perduto». Il mistero, l’oscuro tradotto in disegno particolareggiato, implacabilmente esatto, è la caratteristica, anzi il “pro- gramma” del suo stile.