Lorenza Di Francesco, L'uomo, La Macchina, Gli Spazi
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Lorenza Di Francesco L'uomo, la macchina, gli spazi. La rappresentazione del lavoro nei documentari del Free Cinema inglese (1956-1959) 5.VIII Quaderni Fondazione Marco Biagi 2015 Saggi Quaderni Fondazione Marco Biagi ISSN 2239-6985 Registrazione presso il Tribunale di Modena n. 2031 del 03/05/2011 COMITATO DI DIREZIONE TINDARA ADDABBO, FRANCESCO BASENGHI (DIRETTORE RESPONSABILE), TOMMASO M. FABBRI COMITATO SCIENTIFICO MARINA ORLANDI BIAGI (PRESIDENTE), TINDARA ADDABBO, EDOARDO ALES, FRANCESCO BASENGHI, SUSAN BISOM-RAPP, JANICE BELLACE, ROGER BLANPAIN, TOMMASO M. FABBRI, LUIGI E. GOLZIO, CSILLA KOLLONAY, ALAN C. NEAL, JACQUES ROJOT, YASUO SUWA, TIZIANO TREU, MANFRED WEISS COMITATO DI REDAZIONE YLENIA CURZI, ALBERTO RUSSO, OLGA RYMKEVICH, IACOPO SENATORI, CARLOTTA SERRA SEGRETERIA DI REDAZIONE Fondazione Marco Biagi, Università di Modena e Reggio Emilia Largo Marco Biagi 10, 41121 Modena Tel. +39 059 2056031; Fax. +39 059 2056068 E-mail: [email protected] Sito Internet: www.fmb.unimore.it REFERAGGIO I Quaderni della Fondazione Marco Biagi adottano un sistema double blind peer review per il referaggio dei contributi. Si prega di citare la pubblicazione con la seguente sigla, a seconda della esatta collocazione del contributo: QFMB Saggi QFMB Ricerche L'UOMO, LA MACCHINA, GLI SPAZI. LA RAPPRESENTAZIONE DEL LAVORO NEI DOCUMENTARI DEL FREE CINEMA INGLESE (1956-1959) Lorenza Di Francesco – Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia SOMMARIO: 1. Introduzione 2. Il 1956 in Gran Bretagna 3. I giovani e il lavoro secondo il Free Cinema 4. Analisi filmica 4.1. Wakefield Exspress: i titoli di testa. L'immersione nella pratica di costruzione di un quotidiano 4.2. O Dreamland: l'incipit. Il lavoro come demarcatore dei ruoli sociali 4.3. Momma Don't Allow: la sequenza dell'intrusione dell'upper class. Le classi sociali si incontrano attraverso lo svago 4.4. Enginemen: il corpo del film. La macchina prima dell'uomo 4.5. Every Day Except Christmas: la scena finale. La "porosità" lavorativa e umana 1. Introduzione Il documentario non deve essere – sicuramente non ha bisogno di essere – sinonimo di noia. Dovrebbe essere una delle forme contemporanee più eccitanti e stimolanti. Dopotutto il cinema iniziò con il documentario […] ma ben presto il cinema fu catturato dal dramma, e, con effettivamente poche eccezioni di rilievo, gli artisti hanno preferito il romanzo all'esplorazione e all'interpretazione del materiale vivo e "attuale". Tuttavia pensate a come può essere ricca, fantastica, sorprendente e piena di significato la vita "reale" Lindsay Anderson 1957 Novecentocinquantaquattro... novecento-schifosissimi-cinquantacinque... ancora pochi e poi basta per questa settimana. Quattordici sterline e tre scellini per farne mille al giorno di questi affari, naturale che ho sempre mal di schiena, fortuna che ho quasi finito. Fra poco mi faccio una fumata. É cretino lavorare come un mulo senza fermarsi mai. Mille potrei farli in mezza giornata, se gli dessi dentro, ma quelli quando possono ti tagliano subito la paga, quindi vadano all'inferno. Soprattutto, "non farsi sfruttare": è la regola numero uno Tratto da Sabato sera, domenica mattina (Saturday Night and Sunday Morning, regia di Karel Reisz, 1960) QUADERNI FONDAZIONE MARCO BIAGI SEZIONE SAGGI, N. 5.VIII/2015 5-8 febbraio 1956. Al National Film Theatre di Londra viene proiettato, per la prima volta, un programma composto da tre cortometraggi, presentato al pubblico con il titolo Free Cinema 1. La serata, anche grazie al supporto della rivista Sight and Sound, a un "manifesto" poetico e d'intenti distribuito al pubblico e alla notorietà del principale artefice dell'evento, Lindsay Anderson (già critico, regista e scrittore) riscuote un buon successo di pubblico e critica. Al Free Cinema 1 seguiranno così altre due programmi: il Free Cinema 3, proiettato dal 25 al 29 maggio del '57 e il Free Cinema 6: the last Free Cinema, proiettato dal 18 al 22 marzo del 1959.1 La parabola del Free Cinema come movimento cinematografico è tutta qui, in soli tre anni, ma l'impatto è notevole: esso, infatti, lasciando da parte la rigidità istituzionale della tradizione documentaristica iniziata con John Grierson negli anni Trenta, si concentra sulla working class inglese e sulla quotidianità con tutta la libertà e l'affetto possibili.2 E lo fa utilizzando mezzi poco costosi: cineprese a mano, pellicola substandard (il 16mm), il bianco e nero. Si tratta perciò di immagini risalenti al secolo scorso, non perfette, anzi "vacillanti" e sgranate. Perché allora soffermarsi – oggi – su di esse? Per almeno tre motivi. Innanzitutto, perché si tratta di documenti che ci dicono qualcosa di un sistema di valori e modelli che proprio in quegli anni stava precipitando. In secondo luogo, ma il fenomeno è strettamente correlato al primo, perché queste immagini delineano le nuove spinte creative che in quel periodo erano sorte non solo in Gran Bretagna ma in tutta Europa. Infine, ma forse è il motivo principale, perché in anni così delicati, di transizione, il cinema fu davvero sentito e utilizzato come strumento per diffondere le proprie idee, come ebbe modo di scrivere lo stesso Anderson: i nostri ideali – morali, sociali e poetici – vanno difesi, con intelligenza e passione; e anche con intransigenza […] il cinema non è avulso da tutto questo; e non è qualcosa da denigrare o da trattare con condiscendenza. È un mezzo espressivo significativo e vitale e quelli di noi che decidono di occuparsene si 1 Le proiezioni che si tennero a Londra in quell'arco di anni e inserite nel programma del Free Cinema furono in realtà sei: Free Cinema 1 (5-8 febbraio 1956), Free Cinema 2 (9-12 settembre 1956), Free Cinema 3: look at Britain! (25-29 maggio 1957), Free Cinema 4: Polish Voices, (3-6 settembre 1958) Free Cinema 5: French Renewal (7-9 settembre 1958), Free Cinema 6: the last Free Cinema (18-22 marzo 1959). In questa sede, analizzeremo solo i programmi "inglesi" – il primo, il terzo e il sesto – ossia quelli normalmente considerati quando si parla del movimento. Non ci occuperemo pertanto dei tre programmi "stranieri" né dei lungometraggi finzionali di Anderson, Reisz e altri girati nei primi anni Sessanta e conosciuti con l'appellativo di British New Wave. La seconda citazione, in apertura del presente contributo, mostra tuttavia come l'attenzione al lavoro, e al mondo dei giovani lavoratori, non si esaurì nel passaggio dal cortometraggio documentario al film di finzione, ma anzi si ispessì sommando allo sguardo "libero" che caratterizzò il Free Cinema, uno sguardo demistificante sulla società. 2 Come vedremo a proposito del film più famoso del movimento: Every Day Except Christmas. LORENZA DI FRANCESCO L'UOMO, LA MACCHINA, GLI SPAZI. LA RAPPRESENTAZIONE DEL LAVORO NEI DOCUMENTARI DEL FREE CINEMA INGLESE (1956-1959) assumono automaticamente la responsabilità di essere altrettanto forti e vitali3 In questa sede, abbiamo scelto di concentrarci solo su alcuni di questi cortometraggi e, all'interno di essi, solo di alcune scene o inquadrature, costruendo così una sorta di "macchina" snella ma efficace nel mostrare come la rappresentazione dei luoghi di lavoro interagisca, influenzandole, con la rappresentazione delle persone (i lavoratori) e delle cose (le macchine) presenti in quei luoghi. Si tratta, quindi, di una prospettiva sociosemiotica che considera la spazialità un «linguaggio a tutti gli effetti […] uno dei modi principali con cui la società si rappresenta, si dà a vedere come realtà significante» (Marrone 2001: 292). Per fare questo parleremo di narrazioni e discorsi,4 soglie e limiti,5 in grado di produrre effetti di realtà6. Tale "macchina" sarà composta dai titoli di testa di Wakefield Express, dalla scena iniziale di O Dreamland, da una scena centrale di Momma don't Allow e una di Enginemen, e dall'epilogo di Every Day Except Christmas. Individueremo pertanto cinque tipi di rappresentazione del lavoro: rispettivamente, la compenetrazione di lavoro e vita; il lavoro come "prigione" sociale; il lavoro contiguo alla vita sociale; la superiorità, sul lavoro, della macchina rispetto all'uomo; il lavoro come luogo di creazione e consolidamento di affetti e valori. 2. Il 1956 in Gran Bretagna Ma cosa vuol dire vivere in Gran Bretagna negli anni Cinquanta? Il 1956 è sicuramente l'anno cardine di quel periodo, l'anno dello «sconforto» (Martini 2004: 8) che sancisce il definitivo collasso dell'Impero Britannico. Nel dicembre del '56 infatti, avviene la sconfitta di Gran Bretagna assieme a Francia e Israele contro la repubblica egiziana di Nasser 3 ANDERSON, L., 1956, "Stand Up! Stand Up!", in Sight and Sound n.2; trad. it. 1991, MARTINI, E. (a cura di), Free Cinema e dintorni, Torino, EDT. 4 La semiotica, studio dei fenomeni di senso, considera ogni significato circolante nella società attraverso delle narrazioni (concatenamenti di eventi o, più semplicemente, storie). Ogni narrazione diventa concreta quando viene esplicitata da qualcuno o qualcosa, ossia quando è contenuta in un discorso (politico, sociale o, come nel nostro caso, cinematografico). 5 Soglie e limiti – materiali o astratti – intesi come cambiamento, discontinuità, quindi momenti di creazione di significato. Nello specifico, la soglia indicherà via via l'accesso a un nuovo spazio, la trasformazione, l'incontro con l'altro; il limite, al contrario, l'impossibilità di un varco, la permanenza, la distanza dall'altro. 6 Secondo l'approccio semiotico, la realtà non è qualcosa di oggettivo e concreto bensì il prodotto di un discorso. Pertanto, in semiotica non esiste un'unica e sola realtà ma tanti effetti di realtà o «impressioni di realtà», quanti sono i discorsi stessi. V. GREIMAS, A., J., COURTÉS, J., 1979, "Sémiotique figurative e sémiotique plastique", in Actes sémiotiques. Documents, 60; trad. it. FABBRI P. (a cura di), 2007, Semiotica. Dizionario ragionato della teoria del linguaggio, Mondadori, Milano, ad vocem effetto di realtà. QUADERNI FONDAZIONE MARCO BIAGI SEZIONE SAGGI, N. 5.VIII/2015 nell'impedire la nazionalizzazione del canale di Suez. La storica potenza è così costretta al ridimensionamento.