In nome del Toscano

Il consorzio per la tutela del Pecorino Toscano DOP

In nome del Pecorino Toscano

Edizioni Oriongraph

“Chi ama mangiar bene mangia anche per la fame di riconoscersi dentro, e i suoi sapori sono i suoi ricordi”

Luca De Filippo 10 PECORINO TOSCANO D.O.P. Sommario

Il Pecorino Toscano

Il nostro Pecorino, il sapore della memoria

1. Storia e tradizioni 2. La transumanza 3. La regione del Pecorino Toscano 4. Il Pecorino Toscano 5. Il consorzio per la tutela del Pecorino Toscano DOP 6. Il Pecorino in cucina

PECORINO TOSCANO D.O.P. 11 Il nostro Pecorino, il sapore della memoria

in dalle origini della civiltà mediterranea, la pastorizia mette saldamente le proprie radici in Italia affiancando il grano, l’olivo e la vite, le coltivazioni F che sono alla base della nostra agricoltura. Non è un caso, quindi, che il pecorino simboleggi l’arte casearia in Italia più che in qualsiasi altro paese del mondo. Lo splendido paesaggio rurale toscano nella complessità delle sue espressioni, dal- l’aspro Appennino all’indomita Maremma, sembra connaturato all’allevamento degli ovini, che le popolazioni locali perpetuano secondo una remota tradizione. Le città fortificate e i castelli, le antiche chiese e i conventi, i borghi rurali e le fat- torie ci ricordano un passato leggendario, un percorso storico turbinoso, in cui alle lotte fra parti avverse faceva da sfondo il confronto tra l’uomo, alla continua ricer- ca dei mezzi per la propria sopravvivenza, e una natura ancora completamente sel- vaggia. Allora, l’allevamento della pecora costituiva una delle fonti di sostentamen- to primarie.

12 PECORINO TOSCANO D.O.P. Questo libro parla di noi, di ciò che siamo stati, di come il nostro presente sia lo specchio delle nostre origini e ci rivela che, in fondo, i sapori di oggi sono i sapori di un tempo.

Un grazie al Consorzio del Pecorino Toscano, in particolare ai suoi produttori, per il loro lavoro quotidiano e per aver saputo portare la memoria dei sapori genuini di un tempo sulle nostre tavole. Gianfranco Gambineri

PECORINO TOSCANO D.O.P. 13 14 PECORINO TOSCANO D.O.P. Storia e tradizioni 1

15 Le origini

Il Mesolitico Da un’opera di apprendimento durata millenni nasce, nel Mesolitico, l'agricoltura. Il mutamento del clima, che diviene simile a quello odierno, induce le comunità nomadi dedite alla raccolta di vegetali e alla caccia a divenire semisedentarie. Le piante sono oggetto delle prime cure: il terreno circostante viene sarchiato e concimato, si interrano i semi per poter disporre, in futuro, di più frutti. In alcune aree mediterranee comincia la raccolta intensiva di cereali selvatici: orzo e avena.

Il Neolitico Con l’avvento del Neolitico, l’economia produttiva si sviluppa e l'alimentazione cambia in maniera sostanziale anche per l’intensificarsi dell'allevamento. In Toscana, importanti notizie sulla vita e le abitudini alimentari dell'epoca ci sono fornite dagli scavi archeologici di un villaggio nei pressi di Pontedera, datato intor- no al 4000 a.C. L'agricoltura era l'attività principale praticata nella piana circostan- te l'insediamento.

16 PECORINO TOSCANO D.O.P. Oltre ad alcuni strumenti, come bastoni da semina e macine in pietra, sono stati rinvenuti numerosi resti di cereali coltivati: grano, orzo, avena, leguminose, e di spe- cie spontanee oggetto di raccolta. L’allevamento del bestiame: ovicaprini, bovini e suini, affiancava l’agricoltura. Uno studio effettuato su ossa animali rinvenute in un sito archeologico del Neolitico, presso Pienza, ha dimostrato che l'animale preferito per l’allevamento era la capra, la cui prevalenza si attenua man mano che si sale verso l'Età del Bronzo.

L’Età del Rame L’Età del Rame vede il perfezionamento delle tecniche agricole grazie all'introduzio- ne dell'aratro a trazione animale e lo sviluppo dell'allevamento. Lo studio di resti fau- nistici testimonia di un’economia basata soprattutto sull'allevamento ovino e bovino e, in secondo luogo, suino, come indicano alcuni insediamenti del primo Eneolitico a Sesto Fiorentino, dove è stata accertata la prevalenza di ovini e caprini.

L'Età del Bronzo Nell'Età del Bronzo la varietà degli alimenti aumenta ulteriormente e si diffonde il consumo dei prodotti della lavorazione del latte, come indica il ritrovamento di strumenti per la produzione casearia: bollitoi e colini.

PECORINO TOSCANO D.O.P. 17 Dagli etruschi al Medio Evo

Gli etruschi Per gli etruschi, questa era la Madre Terra. La macchia mediterranea, su cui domina il pino marittimo, ricca di frutti spontanei e di selvaggina, si allargava verso pianure generose, destinate all’agricoltura e al bestiame domestico; all’interno, le fertili colline, avvolte da viti e ulivi, erano cinte di lunghe file di cipressi. Alla ricchezza della cacciagione, all’ampiezza dei pascoli, alla fertilità del suolo si accompagnavano la pescosità del mare, dei fiumi, dei laghi e la ricchezza di minerali. Esperti nell'estrazione e nella lavorazione del ferro, gli etru- schi si stabilirono in questa terra dove potevano sfruttare le ampie foreste per fon- dere il minerale. Le molte sorgenti termali e i soffioni che irrompevano dal ventre della terra come un alito ardente accrescevano il fascino di una terra opulenta e misteriosa. Gli abitanti dell'Etruria praticavano la pastorizia sulle stesse distese erbo- se che oggi vedono, accanto ai resti di quella antica civiltà, pascolare le pecore dei moderni allevamenti e l'arte della caseificazione, frutto della necessità di conserva- re un alimento dal così alto valore nutritivo come il latte, è senza dubbio contem- poranea alla pastorizia. Gli etruschi usavano cagli vegetali e producevano forme di grandi dimensioni, che potevano sfamare una famiglia per un lungo periodo. Una scena di banchetto a bassorilievo, raffigurata sulle pareti e sui pilastri della

18 PECORINO TOSCANO D.O.P. tomba dei rilievi di Cerveteri, databile tra la fine del IV e l'inizio del III secolo a.C., mostra gli strumenti e i vasi utilizzati durante il pasto e un formaggio.

PECORINO TOSCANO D.O.P. 19 L’epoca romana I prodotti agricoli contribuivano in diversa misura all'alimentazione di tutte le clas- si sociali in epoca romana e anche la popolazione più povera della campagna aveva la possibilità di arricchire la propria alimentazione con il latte e i latticini, soprattut- to di pecora. Varrone parla di caseus bubulus, ovillus, caprinus, ma l’importanza del latte di peco- ra durante l’epoca imperiale è attestata dal fatto che fu il solo tipo di latte di cui Diocleziano fissò il prezzo massimo con un editto. Era apprezzato anche il latte di capra, che veniva considerato molto nutriente, men- tre il latte vaccino non godeva di grandi favori, anzi i romani guardavano con stu- pore o derisione alle popolazioni dell’Europa settentrionale che bevevano latte vac- cino crudo. Per obbligare le pecore a bere e aumentare la produzione del latte, i pastori usa- vano gettare sale nell'erba e nel fieno. La produzione del formaggio avveniva aggiungendo al latte appena munto una sostanza capace di produrre rapidamente la coagulazione: fiori di cardo, latte di fico, latte d'asina o latte coagulato prelevato dallo stomaco di animali vivi. La cagliata veniva salata e aromatizzata secondo il gusto che si voleva ottenere, e pressata entro cesti che permettevano di espellere il siero. Fra i formaggi tipici vi era un formaggio umbro di forma piramidale, mentre dalla città etrusca di Luni, giungeva a Roma un formaggio pregiato di cui Plinio il Vecchio,

20 PECORINO TOSCANO D.O.P. nel libro XI della Naturalis historia, ricorda le forme gigantesche: "Luniensem magni- tudine conspicuum". Vi era poi la melca,una specie di yogurt, ottenuta trattando il latte acido con sostan- ze aromatiche. In epoca romana, quindi, il formaggio assume grandissima importanza per l’alimen- tazione: parte della produzione era consumata fresca, parte veniva invecchiata e conservata. Quando il formaggio era troppo secco, lo si macerava nell'aceto o nel mosto. Il formaggio arricchiva la polenta d'orzo ed era un importante ingrediente di molte pietanze, come una focaccia salata alle erbe, chiamata moretum.

PECORINO TOSCANO D.O.P. 21 Il Medio Evo Nel Medio Evo l'allevamento ovino rappresentava un'attività economica di primo piano ed era sviluppato diffusamente in tutta la penisola, anche se in modo meno esteso rispetto all'allevamento suinicolo. L'Editto di Rotari, nel precisare le multe comminate per il ferimento o l'uccisione dei servi, comprende tra le categorie di lavoratori il pecorario, caprario seu armen- tario, ma con un valore più basso rispetto al porcario e pari a quello di un massa- rio, conduttore di podere, o di un bovulco de sala. Anche in Toscana la pastorizia era praticata ovunque. Risale al Duecento l'episodio leggendario di Giotto che, intento a disegnare su un sasso mentre sorveglia un gregge nel Mugello, viene visto da Cimabue che ne comprende il genio artistico e lo conduce nella propria bottega.

Dal Rinascimento a oggi

Il Rinascimento I documenti più antichi in nostro possesso denominano il pecorino toscano cacio marzolino, in quanto il periodo di inizio della produzione era il mese di marzo. L’umanista Bartolomeo Platina nel trattato De honesta voluptate ac valetudine, pubblicato tra il 1475 e il 1478, celebra il marzolino d'Etruria, alla pari del parmi- giano, come il miglior formaggio d'Italia. E il papa Pio II, Enea Silvio Piccolomini, fer-

22 PECORINO TOSCANO D.O.P. matosi a Chiusuri, accanto alla Val d'Orcia, rimase colpito dalla bontà del cacio che aveva assaggiato in quel luogo e lo elogiò nei Commentari della sua propria vita (1463), dove scrisse: "Venne al monastero cui fu dato il nome di Monte Oliveto, non lontano dal quale si trova il castello di Chiusuri, il cui cacio è reputato fra i migliori in Toscana...". In questo periodo l'allevamento ovino raggiunse in Toscana il maggiore sviluppo, sia per la produzione della lana, che era destinata alle filature già allora presenti in gran numero, sia per la carne degli agnelli, che era particolarmen- te apprezzata. La produzione casearia avveniva diversamente a seconda della strut- tura di produzione: nell'allevamento collaterale al podere il formaggio veniva pro- dotto dal mezzadro in piccole quantità e ripartito col proprietario delle terre; nel- l’allevamento dei grandi armenti la lavorazione era affidata ai pastori. La piccola pro- duzione dava origine a un formaggio destinato al consumo familiare o al commer- cio locale, quella delle greggi era destinata al commercio nelle città.

PECORINO TOSCANO D.O.P. 23 24 PECORINO TOSCANO D.O.P. Per secoli la lavorazione del formaggio non seguì norme codificate, almeno fino al Settecento, a danno della qualità e della tipicità: nelle famiglie contadine una persona soltanto aveva il compito di preparare il formaggio seguendo le regole tramandate di generazione in generazione e affinate dall’esperienza e dalla saggezza popolare.

Il Settecento Verso la fine del Settecento, negli Atti della real società economica di Firenze, vi è una memoria "Sopra i formaggi di Toscana" di Francesco Molinelli. In questo scritto l'autore, dopo aver dichiarato che la Toscana "non cede a veruna Nazione nella bontà e delicatezza dei suoi Caci freschi e secchi", fornisce la descri- zione di alcuni dei più rinomati caci pecorini che si producevano in Toscana:il cacio fresco di Terrinca e della Cappella, i raviggioli di Cortona, di Pisa e della Valle Benedetta sopra Livorno, il cacio delle Crete e il marzolino del Chianti. Del cacio delle Crete di Siena l'autore descrive la lavorazione e i metodi di con- servazione, del marzolino di Lucardo indica la zona di produzione, le caratteristiche dell’allevamento delle pecore e le tecniche di lavorazione del latte e di conserva- zione del formaggio, ricordando che "le fanciulle che hanno bene imparata l'arte di farlo, si acquistavano molta reputazione nel paese, e questa loro abilità facilita il loro accasamento, ed è considerata in conto di dote".

PECORINO TOSCANO D.O.P. 25 L’Ottocento In difesa della pastorizia si erse, nella prima metà dell'Ottocento, la voce autorevole del canonico Ignazio Malenotti, membro della Società Linneana di Parigi e delle prin- cipali accademie d'Italia, allevatore egli stesso, che si propose di incentivarne la prati- ca e di migliorare le tecniche di allevamento e di trasformazione del latte. Ignazio Malenotti pubblicò nel 1832 il Manuale del pecoraio, in cui esponeva i vantaggi eco- nomici e sociali che padroni e contadini avrebbero potuto trarre da una pastorizia più moderna e razionale e trattava delle tecniche di allevamento della pecora. In un capitolo dedicato al cacio pecorino, Malenotti prendeva in considerazione ina- deguatezze e negligenze commesse nell’allevamento delle pecore, nella mungitura e nella trasformazione del latte. Inoltre, indicava il miglior metodo per preparare il cacio pecorino toscano, "quello che si usa quasi in ogni parte della Toscana", testi- moniando così che il pecorino toscano si produceva già allora in tutta la regione e che le tecniche di lavorazione erano relativamente uniformi.

Prima di tutto avvertiremo, che noi abbiamo due qualità principali di cacio, quello cioè così detto forte e che pizzica, e l'altro dolce. Si ottiene il primo coagulando, o acca- gliando (quest'ultimo termine è maggiormente in uso tra i nostri campagnoli) il latte col mezzo del caglio, e il secondo col fiore di carciofo selvatico detto presame, e conosciuto dalla più parte dei nostri contadini col vocabolo di presura; pianta origi- naria della Toscana, che nasce spontaneamente e in gran copia nelle maremme di

26 PECORINO TOSCANO D.O.P. Grosseto e di Volterra, trovandosene pure in tutti quei siti, nei quali alligna il carciofo domestico. Non è di recente dato l'uso di questo vegetabile, giacché per averne caci pastosi, delicati e della miglior qualità, vien raccomandato da Columella, da Palladio, da Eliano, e perfino da Berizio tra i geoponici greci, senza contare altri scrittori dell'anti- chità. Il caglio propriamente così nominato si à dal ventricolo degli animali ruminanti di latte, particolarmente dai vitelli, e conservasi saleggiato e seccato dentro il ventri- colo stesso. Conobbero gli antichi varie qualità di caglio, come il latte di fico detto lat- tificio, col quale i Greci facevano il tanto rinomato cacio chiamato Opia; i fiori del Gallio, di cui servonsi generalmente adesso gl'Inglesi per tinger giallo il loro cacio; il seme del Grogo, il sugo dei Mirabolani, impiegato dagl'Indiani nella concia delle pelli e nel fare l'inchiostro; e perfino, al dire di Linneo, i sughi della Pinguicola e del Ros- solis, erbe contate nella categoria delle velenose, si adoprano presso i Lapponi. L'uso peraltro della presura già rammentata è il più vantaggioso, essendo falsissimo che con essa sí abbia minor quantità di cacio, come alcuni asserirono dal loro gabinetti senza essere in grado di distinguer la pecora dalla capra, il grano dalla veccia, la vite dal piop- po: talchè io dico, che quei tali che continuano a farlo col caglio, vendendolo poi ad un prezzo inferiore all'altro accagliato colla presura; altra ragione non possono addur- ne se non quella dettata al solito dall'ignoranza, e dal pregiudizio: si è fatto sempre così, non può farsi niente di meglio. Ora dunque io consiglio qualunque padrone che ami di ricavare dal suo bestiame il maggior frutto possibile, di volere espressamente comandare ai suoi pecorai di far uso unicamente della presura per accagliare il latte,

PECORINO TOSCANO D.O.P. 27 abbandonata affatto e per sempre ogni altra sorta di caglio: e scendendo ad indicar la maniera di far molto cacio e buono, anzi eccellente, dirò, che questa incomincia da pascolar bene le pecore, come ce n'avverte quel dettato dei contadini. Chi vuol buono il caciolino, mandi le pecore nel sermollino, erba graditissima da questi anima- li.Virgilio inoltre confermando questa verità, esso pure ci dice che anche in quell'età si mungevano le pecore per fare il cacio, quantunque in gran pregio si tenesse la lana. Ignazio Malenotti, Manuale del pecoraio

Il Novecento Nel periodo a cavallo tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento si verifica una ripresa dell'allevamento ovino in gran parte della Toscana grazie al costante incremento del prezzo del formaggio pecorino. La pratica della pastorizia si esercitava, allora, in due forme di allevamento diverse per dimensioni e per modello di conduzione. Una era stanziale, tipica delle zone collinari e di quelle centrali della regione, costituita da piccole e piccolissime greggi che potevano soddisfare le proprie necessità alimentari utilizzando i terreni margi- nali, i residui delle colture agricole e le macchie boschive all'interno dell'azienda mezzadrile, per la quale rappresentavano una forma di reddito integrativo; l’altra era caratterizzata da periodici spostamenti di grandi greggi transumanti che dalle aree litoranee della Maremma si portavano sull'Appennino alla ricerca dei pascoli. La crisi dell'allevamento ovino inizia intorno agli anni ‘30, ma si manifesta piena-

28 PECORINO TOSCANO D.O.P. mente nel dopoguerra conducendo a una diminuzione del patrimonio ovino regio- nale e dipende dalle mutate condizioni produttive, dell'occupazione agricola e del mercato: la riduzione del numero dei contadini e dei componenti la famiglia colo- nica e la sostituzione degli ovini con i bovini ne sono le cause principali. Nel 1908, infatti, venivano allevati in Toscana 1.126.000 capi, scesi a circa 1.000.000 nel 1938. Il calo verificatosi in 30 anni fu causato dalla politica autarchica, che incen- tivò la messa a coltura del terreno agrario disponibile e bandì l'allevamento ovino relegandolo in aree marginali. Il collasso avvenne durante la seconda guerra mon- diale e prosegui fino a tutti gli anni ’50, quando si verificarono profonde trasforma- zioni nell’organizzazione produttiva: diminuirono le produzioni delle aziende mez- zadrili, sorsero i primi caseifici e si raggiunse una maggiore uniformità nella lavora- zione del cacio pecorino toscano, fresco e stagionato. Agli inizi degli anni ‘50, l'Ispettorato Agrario Compartimentale per la Toscana del Ministero dell'Agricoltura e Foreste divulgò una pubblicazione intitolata Il formag- gio pecorino, con lo scopo di indicare una tecnica di produzione standard, che descriveva i caratteri generali del pecorino toscano e il metodo di lavorazione del latte.Tuttavia solo a distanza di alcuni lustri, alla fine degli anni ‘60, si verificò la ripre- sa dell'allevamento ovino, mentre la produzione del pecorino toscano iniziava una parabola ascendente e si sviluppava grazie al moltiplicarsi di caseifici industriali in cui le tecniche e gli strumenti di lavorazione offrivano l’uniformità richiesta oggi dal mercato. I dati ufficiali del 1960 parlavano di 500.600 capi allevati su tutto il terri-

PECORINO TOSCANO D.O.P. 29 torio regionale: l'ovinicoltura si era dimezzata in poco più di venti anni. In conco- mitanza con il boom industriale, le campagne della Toscana si spopolarono, i terre- ni agricoli vennero abbandonati. Una delle conseguenze di questo esodo fu la fine della transumanza poiché molte greggi, che all’avvicinarsi dell’inverno si trasferivano in pianura, disponendo di più ampi pascoli, divennero stanziali. In questo periodo entrarono in scena i pastori sardi, richiamati dalla grande disponibilità di terreni, in cui trasferirono la propria attività e le proprie tradizioni riuscendo ad avviare nuove aziende agricole. Grazie alla presenza dei pastori sardi, dagli anni ‘60 l'ovinicoltura in Toscana è stata protagonista di un costante incremento e, oggi, l'allevamento delle pecore è diffuso su tutto il territorio regionale, ma la concentrazione mag- giore si ha nelle province di Siena e Grosseto, dove viene allevato circa il 70% del- l'intero patrimonio ovinicolo.

Oggi Una ricerca effettuata alla fine del secolo scorso indicava in circa 840.000 il nume- ro degli ovini allevati nelle 8184 aziende sparse su tutto il territorio della Toscana. Negli ultimi anni queste cifre si sono ridotte; attualmente il settore conta meno di mezzo milione di capi e vive una situazione di disagio. Gli allevamenti sono in genere medio-piccoli, con circa 200 capi; quelli più grandi possono arrivare a 5000 capi ciascuno. Il comparto è decisamente orientato alla produzione del latte, che viene trasfor-

30 PECORINO TOSCANO D.O.P. mato dai caseifici o direttamente dalle aziende. Al contrario di quanto accade nel settore dei bovini e dei suini, gli ovini allevati nel nostro Paese sono esclusivamente italiani e, se la transumanza è quasi scomparsa, l’al- levamento in stalla non ha mai preso piede, motivo per cui resistono le razze storiche locali, di ottima qualità, le uniche in grado di adattarsi al nostro ambiente naturale. Il passaggio dall’allevamento transumante a quello stanziale, infatti, è stato soltanto parziale.

PECORINO TOSCANO D.O.P. 31 La transumanza Un fenomeno storico

Le ragioni economiche della transumanza

oiché, durante i mesi invernali, gli allevamenti sulle montagne e sulle col- line della Toscana non disponevano di foraggio sufficiente per la soprav- P vivenza degli animali, bovini e ovini venivano condotti ai pascoli del lito- rale tirrenico e soprattutto della Maremma. La conformazione della penisola italiana, attraversata dalla catena montuosa degli Appennini, ha senza dubbio favorito i movimenti migratori di uomini e animali. Per una parte dei suoi abitanti la migrazione periodica dal monte al piano è stata per secoli un'esperienza obbligata. Questo periodico trasferimento di uomini alterava profondamente la vita dei paesi e gli stessi ritmi biologici del concepimento, della nascita e della morte. La transumanza è stata il fenomeno più rilevante di adattamento dell'attività pastorale alle difficili caratteristiche geografiche e climatiche di larga parte dell'a- rea mediterranea poiché sfruttava al meglio due zone pastorali complementari:

32 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 33 1. Principali direttrici della transumanza

Pistoia MUGELLO

Lucca FIRENZE

Pisa PRATO MA CASENTINO Livorno GN O

I. di Gorgona Siena

Montepulciano

I. di Capraia Pienza

Grosseto Isola d’Elba M A Pitigliano RE I. Pianosa M MA Orbetello I. del Giglio

I. di Montecristo

I. di Giannutri

le pianure d’inverno, che inaridivano durante l'estate, i pascoli di montagna d’e- state, che si coprivano di neve durante l'inverno. Il principio su cui si fondava il pastoralismo, di cui la transumanza costituisce un fenomeno storico millenario, era la capacità di utilizzare nel modo migliore le risor- se naturali per l’alimentazione della pecora, l'animale più idoneo a sfruttare econo- micamente grandi spazi di scarso rendimento agricolo. La pecora è infatti buona camminatrice, si ciba di erbe disperse e poco appetite da altri erbivori e sfrutta la capacità di mangiare l'erba quasi raso al suolo anche in pascoli con pendenze del 60%, si rigenera precocemente entrando in età riproduttiva tra i 18 e i 24 mesi, concima il terreno con le deiezioni e ripulisce i coltivi dalla vegetazione avventizia.

34 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 35 36 PECORINO TOSCANO D.O.P. 2. Agnello trasportato sull’asino.

Le correnti della transumanza interessavano tutte le vallate della catena dell'Appennino centro-settentrionale comprese nei territori appartenenti allo Stato della Chiesa, alla Repubblica di Lucca e al Ducato di Modena: dalla fine di set- tembre a maggio si radunavano nei pascoli della Maremma centinaia di migliaia di capi di bestiame, divisi in masserie composte di branchi di circa 300 pecore ciascu- no. Ogni masseria (1500 - 9000 pecore) era affidata a un vergaio, il capo-pastore, e ai suoi sottoposti, pastori e garzoni che accudivano il gregge durante il trasferi- mento e il soggiorno nei pascoli invernali situati nelle valli dei fiumi Ombrone, Albegna, Bruna e Pecora e nella fascia costiera tra Cecina e Capalbio. Il cammino dei pastori verso la Maremma durava una o due settimane e seguiva tragitti consueti, che ricalcavano, probabilmente, tracciati utilizzati dai pastori in epoca antica, affiancati ai lati da due ampie fasce erbose che alimentavano le greg- gi in transito.

PECORINO TOSCANO D.O.P. 37 Gli itinerari erano obbligatori e dovevano essere indicati prima della partenza, all'at- to di richiedere i lasciapassare per i controlli doganali. In alcune località: Massa Marittima, Montepescali, Paganico, Cinigiano e Manciano, venivano effettuati i con- trolli doganali ai quali i vergai dovevano staccare la bolletta di fida, ossia l’impegno al pagamento del pascolo pubblico al momento del rientro nel mese di maggio. Il sistema doganale toscano era stato istituito per la prima volta dalla Repubblica di Siena all'indomani della peste nera. Nel 1353 il Comune di Siena aveva deciso di aprire i suoi possedimenti a pasco- lo nelle pianure e colline maremmane a pastori e mandriani che ne avessero fatto richiesta, dietro il pagamento di una somma di denaro agli ufficiali dei Paschi. Ai pastori veniva garantita una certa sicurezza durante il trasferimento del bestiame e il soggiorno in Maremma e il rifornimento di pane in inverno. La Repubblica di Siena estese così l'area dei pascoli doganali a una vasta superfi- cie comprando, affittando o vincolando pascoli privati in tutta la pianura marem- mana compresa tra il fiume Albegna e il Bruna. Nel 1419 la materia venne disciplinata organicamente attraverso l’emanazione di una legge che affidava alla Dogana dei Paschi del Comune di Siena la gestione di una vastissima superficie territoriale, più di 110.000 ettari, che comprendeva, oltre alle zone costiere, anche le piane paludose dell'Ombrone e degli altri fiumi e una fascia collinare digradante verso il mare da Massa Marittima a Sovana. Il sistema della Dogana dei Paschi regolato dallo Statuto del 1419, riconfermato

38 PECORINO TOSCANO D.O.P. dai Nuovi Statuti del Granduca di Toscana Cosimo I nel 1572 e dai Lorena, rima- se sostanzialmente invariato fino alla fine del Settecento. Le norme statutarie del 1419 regolavano la suddivisione del territorio dedicato al pascolo in modo da disciplinarne l'uso nel tempo e nello spazio ed evitare il sovra- pascolo o danneggiamenti alla copertura erbosa da parte del bestiame. Gli anima- li scendevano in più fasi, da settembre a gennaio, dalle colline, dove erano situati i pascoli assegnati dal Comune di Siena, fino al litorale. Il rapporto tra l'Ufficio della Dogana dei Paschi e i pastori era regolato dal con- tratto di fida, che disciplinava i rapporti economici fra il Comune di Siena e i pro- prietari di bestiame per l'uso dei pascoli, e l'intera vita della comunità di pastori e mandriani, denominata vergaria, che era sottoposta a ufficiali (camarlingo e capo vergaio), con giurisdizione civile e penale, ai quali spettava la sorveglianza sulla comunità dei pastori e il giudizio sulle controversie. Nello stato senese i pascoli erano definiti: di dogana, quelli lasciati in uso a bestia- me di ogni tipo e provenienza, di bandita, quelli che venivano in parte assegnati alle comunità locali e in parte amministrati dall’Uffizio dei Paschi, che annualmen- te li metteva all’incanto tra i proprietari di bestiame. Ed è proprio all’Uffizio dei Paschi, nato in funzione di esattoria, che si fanno risalire le origini del noto istitu- to di credito Monte dei Paschi. Dopo un picco massimo raggiunto nel 1611, le entrate derivanti dalla Dogana dei Paschi iniziarono un lungo declino e raggiunsero il livello più basso nel 1734.

PECORINO TOSCANO D.O.P. 39 3. La vergheria

Comunque, nei secoli XV e XVI furono molto cospicue le entrate che il Comune di Siena prima e il Granducato di Toscana poi trassero dalla transumanza ovina e bovina. Negli anni dal 1576 al 1586 le entrate provenienti dalla Dogana dei Paschi rap- presentavano il 21% del totale delle rendite dello stato senese, con una media di 26.418 scudi all'anno. Il numero complessivo di animali che trascorsero i mesi invernali nei pascoli della Maremma, nello stesso decennio, si aggirava intorno a 320.000 all'anno, dei quali: 280.000 pecore, 18.000 vacche, 14.000 cavalli, 13.000 porci, 1000 bufale.

40 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 41 La saga di uomini e greggi di Carlo G.Valli

Nell’antichità il pastore, "quello da cui abbiam la dottrina e l’esempio", secondo le parole che Manzoni affida al Cardinal Federigo, veniva visto come una guida, un per- sonaggio emblematico appartenente a un rango sociale di spicco. Pastore di peco- re e agnelli, ma anche "pastore di genti", come cantava Omero, attento conduttore delle greggi affidategli. Al di là d’ogni mito, il pastore sapeva guidare il gregge, difen- derlo da ogni insidia, portarlo al pascolo e all’abbeverata. Il suo lavoro: andare per luoghi isolati, confinarsi sui monti o nelle brughiere "avvol- ti nel silenzio e nella solitudine, – scrive Piero Camporesi – privi di uno dei più nobi- li piaceri della vita, il dialogo e la civile conversazione", non avere un tetto, non dare confidenza alla gente e quasi evitarne il contatto hanno fatto del pastore una figu- ra scostante, introversa, misogina. Non è stata estranea a questa raffigurazione una sorta di conflitto ideologico che, a partire dal XVIII secolo, ha contrapposto il pastore al contadino, il quale, negandogli i pascoli, lo obbligava a portare il gregge a brucare là dove non avrebbe dovuto. La transumanza delle greggi costringeva, secondo un rituale secolare condiviso in ogni parte d’Italia, centinaia di migliaia di pecore a un andirivieni stagionale tra i monti e le vallate alla ricerca di erba fresca. Nei mesi caldi, da metà giugno a otto- bre inoltrato, era la montagna alpina e appenninica, ove la pastorizia rappresentava

42 PECORINO TOSCANO D.O.P. fino a mezzo secolo fa la più rilevante attività economica, a offrire ampie superfici di pascolo e disponibilità di foraggio. In inverno, la Maremma era fra le zone più fre- quentate; destinazione principale la pianura grossetana fra le colline e il mare, ma talvolta anche le fertili e vaste bandite dello Stato dei Presidi e dello Stato di Piombino. Il diritto al pascolo, lo jus pascendi, era consentito a tutti e tutti poteva- no accedere al pascolo comune, che includeva zone riservate allo scopo e terreni coltivati, quando diventavano terre vane, cioè a raccolto avvenuto, che pecore e capre ripulivano di stoppie e radici. La burocrazia dei pascoli a cui sottostava il pastore era complessa e oppressiva. Iniziava prima della discesa in pianura, quando era d’obbligo presentarsi alla doga- na per ritirare la bulletta, il permesso di transumanza, e levare la fida, cioè dichiara- re il numero dei capi di bestiame. Prima del ritorno, a metà settembre, il pastore doveva recarsi agli uffici doganali, mostrare la preventiva denuncia, presentarne un’altra che enumerava con precisione il bestiame e, dietro il pagamento del prez- zo prestabilito, ritirare la bolletta, versare il relativo importo e, in aggiunta, ricono- scere la gabella di passo. Questa prassi si giustificava col fatto che i frutti naturali del terreno spettavano allo stato, anche se il terreno apparteneva a proprietari pubbli- ci o privati, i quali usufruivano solo dei frutti della coltivazione. Negli spazi montani non coltivati sussisteva la facoltà di pascolo, in pianura, dove i campi venivano largamente coltivati, era necessario un accordo fra l’allevatore e l’a- gricoltore. Frequentemente si scambiava l’erba con il letame delle pecore che veni-

PECORINO TOSCANO D.O.P. 43 44 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 45 vano portate a concimare un terreno dopo l’altro, altre volte si lasciavano in cambio formaggio e latte oppure i terreni a pascolo venivano presi in affitto temporaneo. La mena delle pecore durava sette, dieci giorni: pecore, capre, cani, somari, guar- diani e barrocci procedevano lenti in una marcia estenuante di sette, otto chilo- metri al giorno. Accompagnava il branco un piccolo stuolo di uomini che formavano una sorta di famiglia patriarcale organizzata secondo una precisa gerarchia: il pastore, il vergaio, due o tre aiuti, a seconda dell’importanza della mandria e della transumanza, peco- rai subalterni, garzoni con compiti di assistenza, conduzione, mungitura. In coda il biscino o bescino, un ragazzotto di 10 – 14 anni destinato ai lavori più umili: pre- parare il fuoco, procacciare l’acqua, sospingere le pecore verso i mungitori, lavare i secchi dopo la mungitura. Il vergaio era il numero uno della vergheria, cioè dell’insieme di pastori del campo base, di più branchi di bestiame (a volte oltre un migliaio di capi), delle rimesse, dei capanni, dei gabbi: era il responsabile di tutto e talvolta il padrone del gregge o quel- lo che lo aveva in soccida. Pastori e personale potevano ricevere, oltre a vitto e alloggio, un salario: negli anni Trenta ai pecorari spettavano cento lire al mese, una pagnotta, due fuschelle di al giorno, sale, formaggio e una bottiglia d’olio al mese. Facevano parte integrante del gregge due o tre cani: un paio di bastardi che aiuta- vano il pastore facendo attenzione che il branco procedesse senza sparpagliarsi o

46 PECORINO TOSCANO D.O.P. sconfinare. In Toscana l’addetto alla guardia era il bianco e forte maremmano: "alto, di pelo lungo, setoso e candido, simile a un orso bianco; uno di quei cani lussuosi – scriveva Guido Piovene – e preziosi che spesso dimorano, quasi a contrasto, dove è povero l’uomo". Portava un grosso collare fitto di chiodi. Da bravo guardiano compariva puntualmente sul far della sera e montava la guar- dia per tenere lontani lupi e ladroni; all’alba, finito il lavoro, spariva e non si faceva vedere per il resto della giornata. Apparteneva al gruppo anche un castrato, detto menarino, che precedeva il greg- ge e tracciava la strada munito di campanaccio. Gli davano un nome (quello di un gregge di Manciano, qualche decennio fa, si chiamava Volontario, racconta Gianfranco Gambineri, il direttore di un importante caseificio toscano, figlio di pastore), lo coloravano, l’infioravano, l’ornavano di nodi e fiocchi di lana perché si riconoscesse. Il gregge tipico contava 100, 500 e più capi, prevalentemente pecore, ma nel Lazio e nelle regioni meridionali la presenza di capre poteva essere mag- giore, anzi non mancavano greggi di sole capre. La vita dei pastori si svolgeva secondo le stesse, primitive, immutabili liturgie. Ogni mattina all’alba si mungevano le pecore riunite nel mungitoio, una sorta di recinto con una misera copertura al centro, che proteggeva i mungitori dalle intemperie. Terminata la mungitura, mentre le pecore venivano condotte al pascolo, si dava il via alla lavorazione del latte. La sera, al tramonto, se necessario, si rimungevano; ogni giorno tutte venivano munte, controllate e contate.

PECORINO TOSCANO D.O.P. 47 Negli spiazzi stavano al fuoco le grandi caldaie dove si coagula il latte. La ricotta e il cacio spesso andavano al contadino ospitante, altre volte venivano portate dalle donne al mercato. Le bestie si facevano partorire in prossimità del Natale o della Pasqua e si procedeva all’abbacchiatura, che nel gergo laziale signi- ficava la cernita degli agnelli da macellare. Un tempo le pecore si allevavano per un 60% per la produzione della lana, più che per la carne e per il latte. Il merca- to distingueva tra lana sucida e lana saltata, che spuntava un prezzo migliore, otte- nuta facendo saltare le bestie in un torrente. Le pecore si tosavano una volta l’anno, in primavera, talvolta anche in autunno. Nel tempo perso i pastori, racconta Corrado Alvaro: "incidono di cuori fioriti le stecche da busto delle loro promesse spose, cavano dal legno d’ulivo le figurine da mettere nelle conocchie, con lo spiedo arroventato fanno buchi sul piffero di canna". Indossavano vestiti di fustagno ruvido o di velluto, giubbotti di pelle di peco- ra, largo cappello di feltro per proteggersi dal sole e dalla pioggia, ampio mantello, scarponi ferrati e avevano con sé l’immancabile bastone di legno dolce, piegato al fuoco a semicerchio, con cui trattenere le pecore per il collo o una zampa. Il basto- ne veniva approntato durante le ore di guardiania o in quelle serali secondo il gusto proprio, inciso e fregiato con intagli. Rappresentava uno strumento di lavoro e un’insegna di comando. I pastori solitamente si nutrivano di giorno di pane duro, cotto tutto in una volta e fatto durare per mesi, oppure di polenta a fette riscalda- te e abbrustolite su fuochi di ramaglie, accompagnate con i prodotti del latte.

48 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 49 La sera il pasto variava: un po’ di ricotta salata o un po’ di carne alla brace, brodo di vegetali o latte caldo da intingervi pane, polenta, castagne. In rare occasioni capi- tava di mangiare carne di pecora o d’agnello, con le cui interiora fare la pagliatella o da cuocersi sugli schiriones alla maniera sarda. L’acquacotta, la minestra dei pastori maremmani, poco più che acqua, era un cibo ricercato: veniva lasciata bollire lungamente insieme a qualche erba e servita su poco pane raffermo con un filo d’olio. Più spesso toccava accontentarsi dello scottino, una scodella con pane sminuzzato inzuppato nel siero di latte e mischia- to a briciole di ricotta. I pastori si portavano appresso in canestri delle galline che servivano solamente in caso di malattia, tanto che al ritorno quelle che restavano venivano vendute. I pastori erano parsimoniosi, pur se amavano mangiare. Conoscevano l’arte di pre- parare il fuoco con la legna odorosa, di rosolare gli agnelli, di lavorare di spiedo. Da 50 anni almeno la vita dei pastori è profondamente cambiata, sono cambiati l’ambiente, le condizioni e i metodi di lavoro. La transumanza non ha ragione di ripetersi, il gregge è confinato in terreni recintati; l’allevamento è divenuto stan- ziale, dispone di propri terreni o li affitta; la mungitura si è meccanizzata, il latte viene portato alle cooperative e agli stabilimenti privati di trasformazione che lo lavorano in proprio. Il prodotto della pastorizia è tuttora una realtà economica di rilievo, ma dell’antica saga non resta molto più che la memoria e il linguaggio.

50 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 51 52 PECORINO TOSCANO D.O.P. La regione del Pecorino Toscano 2

53 La Toscana

in dagli albori della storia la Toscana fu culla di una civiltà florida e industre quale quella degli Etruschi o Tusci, straordinariamente sviluppata sotto il F profilo economico, sociale e artistico. Conquistata dai Romani, l’Etruria venne organizzata amministrativamente nella VII regione augustea, di cui Florentia era il centro più importante, ma già nel III secolo, sotto Diocleziano, assunse la denominazione di Tuscia.Al disgregarsi dell’impero, concluso il dominio di Odoacre, nella regione si successero i Goti, i Longobardi e i Franchi. L’XI secolo segnò l’inizio del periodo comunale, che vide le principali città: Firenze, Siena, Pisa, Arezzo, Lucca, Pistoia, costituite in stati indipendenti, affrontarsi in aspre contese, ma anche crescere il valore civile e l’importanza economica e culturale della regione. Nel corso del Trecento si consolidò l’egemonia fiorentina, nel Quattrocento l’oligarchia di parte medicea si trasformò in una vera e propria signo- ria e l’ambizione dei Medici ottenne faticosamente, in secoli di intensa attività diplo- matica e di guerre, il risultato di riunire, anche se solo in parte, la Toscana in un unico granducato. L’epoca napoleonica sconvolse l’ordinamento politico della regio-

54 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 55 56 PECORINO TOSCANO D.O.P. ne e nel 1808 la Toscana venne annessa all’impero francese finché il Congresso di Vienna restituì il Granducato di Toscana a Ferdinando III. In epoca risorgimentale la Toscana fu focolaio di liberalismo e di impeto unitario; molti furono i patrioti che si sacrificarono nei moti rivoluzionari e nelle guerre d’in- dipendenza fino all’annessione del Granducato al Regno d’Italia nel 1860.

L’arte Dopo le prime espressioni della civiltà villanoviana, nei secoli VII e VI a.C. le città etrusche raggiunsero, sotto l’influsso della civiltà greca, la pienezza della loro matu- rità, che si manifestò per lungo tempo anche in campo artistico e della quale ci sono state tramandate ricche vestigia. Scarsi, invece, sono i reperti della latinità per- ché ai più importanti insediamenti della repubblica e dell’impero romani si sovrap- posero i centri medievali. L’arte romanica ebbe, tra l’XI e il XII secolo, una fioritura straordinaria che si esplicò prevalentemente nell’architettura dedicata al culto reli- gioso, della quale la Piazza dei Miracoli, a Pisa, è splendida testimone. Della sobria architettura civile, di cui sono simbolo le alte torri e gli austeri palaz- zi del popolo, le documentazioni di maggior significato rimangono a Volterra, Siena e San Gimignano. Per tutto il Trecento si sviluppò l’architettura militare e si moltiplicarono castelli e fortezze. Contemporaneamente fiorì la pittura, che ebbe in Cimabue e in Duccio di Buoninsegna rappresentanti di spicco. L’architettura goti- ca, di cui primi esempi sono le abbazie di San Galgano nel senese e di San Salvatore

PECORINO TOSCANO D.O.P. 57 58 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 59 a Settimo, nei pressi di Firenze, venne promossa dai Cistercensi francesi nel XIII secolo e avrebbe prodotto poi capolavori interpretativi come Santa Maria Novella, Santa Croce e Santa Maria del Fiore a Firenze, quest’ultima affiancata dal campani- le espressione del genio architettonico di Giotto. Nella pittura, lo stesso Giotto seppe superare gli schemi tradizionali e creare uno stile nuovo improntato a una immediata e genuina comunicativa. Nel Quattrocento Firenze assunse un primato artistico pressoché assoluto. Nell’architettura eccelsero Filippo Brunelleschi, Leon Battista Alberti, primo interprete del neoclassicismo; nella scultura si distinsero Lorenzo Ghiberti, Jacopo della Quercia e l’inconfondibile personalità di Donatello, mentre Luca della Robbia e il nipote Andrea seppero animare le proprie terrecot- te di un’espressione mai eguagliata. Nella pittura emerse come innovatore Masaccio, alla cui scuola furono debitori Paolo Uccello, il Beato Angelico, Filippo Lippi. Figure di rilievo indiscutibile furono poi Sandro Botticelli e Piero della Francesca. Nel XVI secolo la Toscana concesse alla storia alcuni dei geni più grandi di ogni tempo, capaci di cimentarsi in ogni campo dell’arte, dell’ingegneria, della scienza: Michelangelo, Raffaello, Leonardo, autori di capolavori che oggi impreziosi- scono le nostre città e i maggiori musei di tutto il mondo. A partire dal XVII secolo, la Toscana perse quell’impeto propulsivo che l’aveva caratterizzata fino allora, ma in epoca moderna non si può dimenticare la corrente dei macchiaioli: Giovanni Fattori, Silvestro Lega,Telemaco Signorini fra tutti, la più importante scuola pittorica italiana dell’Ottocento, che qualcuno mette a confronto con l’impressionismo francese.

60 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 61 62 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 63 64 PECORINO TOSCANO D.O.P. La Maremma La regio maretima Fra le propaggini orientali dell’Appennino ligure e i rilievi del Lazio si estende una fascia in cui dà forma al paesaggio il continuo alternarsi, incrociarsi e contrapporsi di pianure, rilievi, vallate e promontori, denominata dai romani regio maritima, da cui deriva il nome di Maremma. A differenza di quanto avviene sul versante adria- tico, dove brevi valli perpendicolari allo spartiacque appenninico conducono diret- tamente al mare, l’orografia tosco-laziale presenta un groviglio di rilievi che si frap- pone tra il mare e la catena appenninica. Questo Antiappennino, come è stato chia- mato dai geologi, devia i fiumi (Serchio,Arno, Chiana,Tevere, Liri), riducendoli in val- late longitudinali e scinde la regione in una zona marittima, la Maremma appunto. L’area è caratterizzata quindi dall’alternarsi di pianure, facile preda dell'impaluda- mento: piana di Pisa, di Grosseto, Agro Pontino, e rilievi aspri e complessi, anche se di poco superiori ai 1000 metri, fatta eccezione per le Apuane e l'Amiata, che del mare subiscono direttamente le influenze climatiche. La linea di costa ripete il con- trasto che domina il paesaggio interno: piccoli promontori, da Monte Marcello al Circeo, si alternano a linee sabbiose, che li congiungono, interrotte solo dalle spor- genze dei delta. Da questo territorio emergono,a testimonianza delle tappe fonda- mentali della storia dell’uomo, i capisaldi della rete urbana etrusca, le colonie roma- ne, i castelli feudali, i centri comunali, signorili e principeschi, che si intersecano e si sovrappongono. Alla lettura delle civiltà che hanno dato la propria impronta al ter-

PECORINO TOSCANO D.O.P. 65 ritorio contribuiscono non solo la dovizia dei resti archeologici e monumentali, ma anche le tracce delle attività economiche, che hanno condizionato le collocazioni dei centri storici e l'impianto urbanistico di ciascuno di essi. Nella configurazione del terreno, elemento fondamentale della differenziazione paesaggistica, prevale la contrapposizione fra pianure e rilievi, tra i quali, però, è forte l'integrazione storica e sociale, sollecitata dall'utilizzazione delle risorse, dal commercio, dai flussi temporanei o permanenti delle popolazioni. Queste terre hanno conosciuto, dal tardo Quaternario all'epoca storica, le fasi suc- cessive delle lagune, degli stagni, degli acquitrini.Tutte sono state maremma, mariti- ma, in epoca etrusca e romana, quando la pianura tirrenica, pur ospitando larghe estensioni di paludi e stagni, non era malsana e spopolata. Alle fasi di prosperità si alternarono quelle di decadenza, ma il degrado più grave e più prolungato nel tempo si verificò a partire dalla fine dell’epoca classica e fu favorito da più cause concomitanti: la diffusione del latifondo, il disboscamento, l'impaludamento, l'am- pliamento delle aree malariche, le invasioni e le scorribande, lo spopolamento delle campagne, e, in generale, il venir meno dell'azione di controllo dell'uomo sul terri- torio, che riprenderà solo molto più tardi. Quasi tutti i paesaggi di pianura sono oggi prodotto della bonifica, eseguita in epoche e secondo modalità diverse, frutto di una vasta opera di pianificazione del territorio e dei suoi effetti sull'agricoltura, sulla densità demografica, sull’organiz- zazione urbanistica. Campi, filari, strade, aree industriali, moderni centri hanno

66 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 67 68 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 69 sostituito i latifondi, gli acquitrini, le macchie e le sterpaglie, le greggi e le mandrie ormai confinate in aree marginali.

Te r ra amara È il mare ad aver creato nei millenni la Maremma, quella fascia di colline e valli, di palu- di e macchie, di promontori e spiagge che, tra Cecina e Corneto (l’odierna Tarquinia), Dante Alighieri ricorda più volte nella sua Commedia per la sua asprezza. La Maremma, dopo la sconfitta di Elio Volterrano, ultimo re etrusco, si convertì, nel- l’arco di alcuni secoli, in paludi e boscaglie, tanto che Plinio, nelle Epistole, parla di "gravis et pestilens ora Tuscorum, quae per litus extenditur". La situazione di abbandono peggiorò tra l'800 e il 1200, a causa dell'impaluda- mento di vasti tratti di pianura costiera.Terra malsana segnata per secoli dalla mala- ria e, nel 1527, dalla peste, la Maremma è stata considerata terra di morte. La sua rinascita inizia per merito dei Lorena d'Austria, che avviarono l’opera di bonifica ter- minata solo agli inizi del Novecento. Sotto la reggenza lorenese, la Maremma comin- ciò a esser vista come parte integrante dello stato e a essere rivitalizzata attraverso l’esecuzione di opere idrauliche, il ripopolamento e la messa a coltura delle aree abbandonate. Questa operazione, avviata faticosamente e condotta con molte incertezze e difficoltà, venne abbandonata fino a metà del Settecento, quando fu ripresa dal Granduca Pietro Leopoldo e, con maggior vigore, da Leopoldo II, che nel 1828 inaugurò un programma di bonifica che introduceva importanti lavori di risi-

70 PECORINO TOSCANO D.O.P. stemazione della rete idrografica.Ai ricchi possidenti assenteisti si sostituirono i medi e i piccoli proprietari, stimolati a migliorare l'agricoltura sfruttando le potenzialità del terreno e una nuova rete viaria che diede impulso ai traffici terrestri e marittimi di merci e bestiame. Ma, ancora una volta, la disastrosa situazione ambientale e l’ina- deguatezza degli investimenti rallentarono le riforme. Solo dopo l'unità d'Italia, a partire dal 1905, un’assidua opera di bonifica poté debellare la malaria e condur- re a termine il ripopolamento della zona. Da allora, la Maremma ha ripreso a essere la terra generosa che certamente era stata al tempo degli etruschi, ma ha conservato il fascino di terra indomita e imper- via e quelle tradizioni storiche e culturali, profondamente radicate nei popoli, che vi hanno vissuto per generazioni strappandole faticosamente il sostentamento, accrescendo l’attrattiva di uno dei tratti di costa più belli d'Italia.

Il brigantaggio A causa del decadimento delle condizioni naturali, economiche, sociali, nella Maremma, soprattutto quella grossetana, già in epoca medievale proliferò un feno- meno che, nel tempo, è divenuto leggenda: il brigantaggio. Da allora fino alla fine dell’Ottocento scorrerie di briganti e masnadieri seminarono il terrore tra le popo- lazioni e misero in difficoltà i governi, che dovettero intraprendere lotte spietate contro le bande che infestavano la regione avvantaggiandosi di una situazione ambientale favorevole.

PECORINO TOSCANO D.O.P. 71 I butteri Dalle tele di tanti pittori romantici dell’Ottocento emergono, in perenne movi- mento sullo sfondo di paesaggi solitari, i butteri, allora dominatori incontrastati di quella fascia di steppe alternate a macchie e paludi che coprivano la Maremma fino alle alture di Castiglioncello. Alle prese con i branchi di cavalli selvaggi e le mandrie di buoi maremmani, di anti- chissima origine, tanto da spingere alcuni studiosi a far risalire il loro nome al greco bouV terhw (custodisco i buoi), i butteri del duca Caetani di Sermoneta furono capaci di sfidare e battere, in un’epica competizione avvenuta nel 1890, i cow boy del Far West condotti da Buffalo Bill in persona. Il loro mestiere era parare il bestiame, sorvegliare branchi e mandrie che vivevano allo stato brado, catturarlo, marcarlo a fuoco, domarlo e condurlo alla merca. Compagno inseparabile del buttero il cavallo maremmano. Fiero e paziente, sel- vaggio ed elegante, questo magnifico animale è, assieme al suo cavaliere il protago- nista di un’epoca e di una terra leggendarie.

72 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 73 La Toscana e le zone di produzione

antichissima produzione del formaggio frutto della lavorazione del latte di pecora è testimoniata fin dall’epoca etrusca nell'area denominata L’ Maremma, oggi situata in prevalenza nella regione Toscana. Tradizionalmente il pecorino veniva designato con nomi riferiti alla specifica prove- nienza geografica; in seguito, le caratteristiche, sostanzialmente comuni, hanno sug- gerito la definizione di uno standard produttivo univoco e di una designazione geo- grafica complessiva. La zona di produzione e di stagionatura comprende oggi tutta la Toscana, i comuni umbri di Allerona e Castiglione del Lago e i comuni laziali di Acquapendente, Onano, San Lorenzo Nuovo, Grotte di Castro, Gradoli,Valentano, Farnese, Ischia di Castro, Montefiascone, Bolsena, Capodimonte.

74 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 75 76 PECORINO TOSCANO D.O.P. In Toscana Il territorio della Toscana, pur così caratterizzato nei suoi aspetti multiformi, ha un rapporto univoco con la produzione del pecorino. Ogni zona subisce condizioni geografiche e climatiche specifiche e vanta tradizioni e consuetudini agricole pro- prie, che si sono trasfuse in una industria casearia locale tipica. Firenze, il capoluogo della regione e una delle città più famose di tutta l’Italia, anno- vera nella sua provincia Lucardo, da dove proveniva quello che un tempo era con- siderato il miglior pecorino della Toscana, il marzolino. Dalla zona del Chianti, il pecorino, prodotto in grandi quantità, veniva distribuito ai mercati del capoluogo e finiva sulle tavole dei fiorentini. Un'altra area, segnata da cipressi, olivi e viti, di grande tradizione per la qualità dei suoi prodotti caseari, è quella che da Firenze si congiunge a Siena e da lì, attraverso i ricchi pascoli e i folti boschi delle valli percorse dai fiumi Cecina, Farma e Merse, alla Maremma grossetana. È la Maremma, che oltrepassa i confini del Lazio, la principale zona di produzione del Pecorino Toscano, dove oggi sorgono i moderni caseifici da cui, sfruttando le veloci vie di grande comunicazione, le partite di pecorino raggiungo- no i mercati nel Nord Italia e all'estero. Nella parte meridionale della Maremma, segnata da un lato dall'Ombrone e, dal- l'altro, dalle colline che dall'Amiata digradano verso il mare, nel paesaggio disegna- to dai profili di necropoli e muraglie etrusche, sono incastonate antiche città, vesti- gia di storia e cultura, espressioni d’arte raffinata e unica: Sorano, Pitigliano,

PECORINO TOSCANO D.O.P. 77 78 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 79 80 PECORINO TOSCANO D.O.P. 1. Pecore al pascolo

Manciano, Capalbio, Sovana, Saturnia, Scansano. Anche qui si assaggia un prelibato Pecorino Toscano. Risalendo si raggiunge il monte che domina tutta la Maremma: l'Amiata, per l’abbondanza di pascoli e di acqua atto alla pastorizia e alla produzio- ne del pecorino, a cui provvedono grandi e razionali caseifici, ma anche aziende arti- giane, entrambi, seppur in scale diverse, custodi di tradizioni e qualità. Un proverbio d'uso comune a Pienza faceva riferimento all’Amiata:

Se la montagna mette il cappello, vendi la capra e compra il mantello; se la montagna mette le brache, vendi il mantello e compra le capre a significare che, se in inverno la neve ricopre la parte più alta della montagna, i pascoli sono miseri, se invece la neve imbianca i crinali, l'inverno è agli sgoccioli e chi vuole ricomporre le proprie greggi deve affrettarsi.

PECORINO TOSCANO D.O.P. 81 Scendendo lungo il versante orientale dell'Amiata, ecco le Crete Senesi. Sono cele- bri per le architetture medievali e i monumenti del Rinascimento Pienza, la Valdorcia, Montepulciano e Radicofani. La zona, dove forse la fusione di due anti- che civiltà pastorali, quella senese e quella sarda, ha conseguito i risultati migliori, produce un pecorino di eccellente qualità. Procededendo dalla Valdichiana al Casentino e lungo l'altopiano di Pratomagno, ai bordi di quell'Appennino che offre rigogliose distese d’erba dove, fin dai tempi più remoti, giungevano a pascolare le greggi in transumanza, si incontrano altre aree di antica produzione del pecorino. Ancora più a nord si estende il Mugello, segnato dal corso della Sieve, dal cui paesaggio emergono groppe collinose e più miti ondu- lazioni, prodighe di vigne e di frutteti. Dai rigogliosi pascoli dell'Appennino lucchese e della Garfagnana scendevano le greggi ricche di latte. In queste contrade tanto è radicata e importante sotto il pro- filo sociale e culturale la produzione del pecorino che, ancora oggi, è sopravvissuta l'usanza del gioco della ruzzola, che consiste nel lanciare il più lontano possibile grandi forme di pecorino stagionato facendole rotolare sul terreno. Dalla Garfagnana si raggiunge la Lunigiana, a cui fa da vedetta il massiccio delle Alpi Apuane, bianche di marmo. Nella piana accanto al mare giaceva Luni, città etrusca, rinomata per la prelibatezza delle sue forme di cacio smisurate, che oggi riserva a una ristretta produzione l’antica fama.

82 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 83 84 PECORINO TOSCANO D.O.P. Come nasce il Pecorino 3

85 Il nome

a parola cacio deriva dal latino caseus, da cui caseolus: . Con l’av- vento dei secoli bui del Medio Evo il volgare prese il sopravvento e il ter- L mine latino divenne cacieolo, quindi caciolo e, abbreviato, cieolo o ciolo, che indicavano sia il prodotto che il produttore.

La parola formaggio trae invece le sue origini, dal greco ϕορµος, il paniere di vimini nel quale i greci antichi ponevano il latte cagliato, che ne prendeva la forma.

86 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 87 Le origini

I cibi più antichi sono cibi conservati.

uelle che oggi consideriamo specialità gastronomiche, come il pro- sciutto, lo speck, le acciughe salate, lo stoccafisso, sono in realtà la Q testimonianza più antica della disperata lotta dell'uomo per la sopravvivenza. In questa prospettiva il formaggio, uno tra i primi espedienti dell’uo- mo per la conservazione dei cibi, occupa un posto importantissimo. Il latte è un alimento facilmente deperibile: alle alte temperature si guasta velo- cemente, a quelle più basse gela e si scompone. L'uomo preistorico vedeva così scomparire giorno dopo giorno la possibilità di usare un alimento dall’alto valo- re nutritivo. Una leggenda narra che dei pastori armeni, mescolando del latte con un ramo di fico, l’abbiano visto cagliare, scoprendo per primi l’arte di fare il formaggio. Vero o falso che sia, il formaggio nacque per caso e non può essere ricondotto a un’unica origine, come molte delle scoperte che hanno segnato l’evolversi della

88 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 89 1. Formatura manuale

civiltà dell'uomo. Poté accadere che un uomo preistorico, un giorno, trovandosi nella necessità di trasportare una certa quantità di latte, riempisse un otre ricava- to dallo stomaco di una pecora; dopo qualche ora di viaggio, a contatto con rima- sugli di caglio, il latte, scaldatosi sotto i raggi del sole, si era trasformato in cagliata subendo la modificazione dei suoi componenti: la caseina, la proteina del latte, soli- difica e raggruma parte del grasso separandosi dal siero, composto da acqua e lat- tosio, lo zucchero del latte. L’ignaro scopritore, dopo un primo momento di sor- presa, avrà assaggiato quello strano intruglio e, trovatolo gradevole, avrà perfezio- nato la tecnica di produzione. Da allora, uno dei cibi quotidiani di tutte le popolazioni del mondo è stato una cagliata messa a colare entro dei canestri. La necessità di preservare per più tempo il prodotto ha portato alla salatura, che insaporisce e contribuisce a disidratare il formaggio.

90 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 91 92 PECORINO TOSCANO D.O.P. Preparare il formaggio fu una delle prime attività umane per la conservazione del cibo. È quanto ci tramanda Omero nel libro IX dell’Odissea.

Venne, pascendo la sua greggia, e in collo pondo non lieve di risecca selva che la cena cocessegli, portando. Davanti all'antro gittò il carco, e tale levossene un romor, che sbigottiti nel più interno di quel ci ritraemmo. Ei dentro mise le feconde madri, e gl'irchi a cielo aperto, ed i montoni nella corte lasciò. Poscia una vasta sollevò in alto ponderosa pietra, che ventidue da quattro ruote e forti carri di loco non avriano smossa, e l'ingresso acciecò della spelonca. Fatto, le agnelle, assiso, e le belanti capre mugnea, tutto serbando il rito, e a questa i parti mettea sotto, e a quella. Mezzo il candido latte insieme strinse, e su i canestri d'intrecciato vinco collocollo ammontato; e l'altro mezzo, che dovea della cena esser bevanda, il ricevero i pastorecci vasi.

Omero, Odissea, libro IX Traduzione di Ippolito Pindemonte

PECORINO TOSCANO D.O.P. 93 94 PECORINO TOSCANO D.O.P. 2. Salatura a mano

Un antico metodo di preparazione del cacio pecorino Se la pastorizia ha origini remote in Toscana, lo stesso si può dire del formaggio prodotto con il latte di pecora. Nella Val d'Orcia la massima cura veniva dedicata già nella coltivazione e nella pre- parazione della presura, l'unico caglio apprezzato. L’orto era recintato affinché gli animali non lo danneggiassero e quando, in giugno, le infiorescenze si aprivano mostrando i capolini color viola, a luna dura (calante), i fiori venivano tagliati poco al di sotto del calice e fatti essiccare in un ambiente asciutto. Quando erano essic- cati, i flosculi venivano separati, unti con olio d'oliva e raccolti insieme a delle cro- ste di pane in recipienti di argilla che sarebbero stati aperti solo al momento della cagliatura. A metà inverno, la massaia cominciava a fare le prime cagliate. Di matti- na, prelevava dal coccio un pizzico di presura, la immergeva nel latte, la strofinava e la comprimeva fino a quando tutto il succo non fosse passato nel latte.

PECORINO TOSCANO D.O.P. 95 Per togliere i residui di presura, il latte veniva filtrato con un panno, in genere di canapa. Il recipiente, che non doveva essere metallico, ma di coccio o di smalto, veniva coperto con dei panni e posto accanto al focolare, mai a diretto contatto con il fuoco. A distanza di un'ora il latte cagliava; la massaia si sedeva con il reci- piente fra le ginocchia e incominciava la cova: lentamente e diligentemente racco- glieva sul fondo del recipiente con le palme delle mani la massa caseosa appena rotta. Quando la massa caseosa era compatta, veniva posta nelle cassine o fascere e pressata con le mani perché perdesse il siero residuo. Quindi, la cassina con il cacio veniva custodita nella caciaia, realizzata con tavole o canne ricoperte di tela bianca all’interno della stanza più fresca della casa, dove veniva salata e fatta asciugare per qualche giorno. La ricotta veniva immediatamente ricavata dal siero rimasto dopo la cagliatura, arricchito con un bicchiere di latte intero e riscaldato a bagnomaria. "I contadini - ricorda Augusto De Bellis, che ha descritto la preparazione del cacio pecorino in Val d'Orcia - usavano mangiare la ricotta in diversi modi di cui il più apprezzato era quello di spezzare delle croste di pane con le mani in un piatto o scodella, bagnarlo con una mestolata di siero e quindi ricoprirlo con uno strato di ricotta calda (la briciolatura). Questa è una ricetta che i contadini rimpiangono tanto sinceramente. Quella ricotta, infatti, aveva di diverso il fatto di provenire da un latte in cui v'era tutto l'aroma delle erbe dei sodi ed il profumo della presura adoperata."

96 PECORINO TOSCANO D.O.P. La produzione del pecorino avveniva fino a metà giugno, prima che il caldo fosse eccessivo e diminuisse la produzione di latte. Allora, per non perdere il poco latte raccolto, le cagliate venivano destinate alla produzione dei raviggioli. La procedura era identica fino alla cagliatura del latte; a quel punto, la massa di cacio non veniva rotta, ma prelevata a strati con un mestolo e posta a scolare sopra delle foglie di fico o di felci, di cui assumeva la forma, o sopra giunchi intrecciati. Per questo, i raveggioli, in Val d'Orcia e in tutta la Toscana meridionale, venivano detti giuncate. La stagionatura del pecorino veniva effettuata nelle caciaie, dove le forme di cacio venivano rivoltate tutte le mattine. Le forme destinate alla stagionatura venivano lavate di frequente con siero o acqua tiepida per evitare il formarsi di muffe. Questa operazione cessava quando il cacio era scamosciato, quindi pronto per la prima untata con morca d'olio di oliva. Foglie di noce o, altrimenti, di vite o di fico veniva- no disposte tra le tavole e le forme. Il colore naturale che la forma prendeva a sta- gionatura ultimata era quello nocciola; la pratica di cospargere di cenere o conser- va le forme non era praticata anticamente, ma è stata introdotta nel dopoguerra. I metodi di stagionatura erano differenti da podere a podere. Una consuetudine era quella di rivestire di foglie di noce le forme untate, perché assumessero l’aroma del tannino, ma anche di foglie d'alloro o di vinacce, e di riporle in fresche cantine sca- vate nel tufo all’interno degli ziri.

PECORINO TOSCANO D.O.P. 97 Tradizione antica, metodo moderno

Metodo moderno…

l latte ovino proveniente dalla regione Toscana o dagli altri territori compresi nel disciplinare: i comuni di Allerona e Castiglione del Lago in Umbria, di I Acquapendente, Onano, San Lorenzo Nuovo, Grotte di Castro, Gradoli, Valentano, Farnese, Ischia di Castro, Montefiascone, Bolsena e Capodimonte nel Lazio, deve essere lavorato a una temperatura compresa tra i 33 e i 38 °C con aggiunta di caglio di pecora per ottenere la coagulazione del latte entro 20 - 25 minuti. Il latte può essere utilizzato crudo o subire un trattamento termico fino alla pastorizzazione e può essere inoculato con colture di fermenti lattici autoctoni, naturali o selezionati. Durante la lavorazione si provvede alla rottura della cagliata fino a che i grumi abbiano raggiunto le dimensioni di una nocciola per il formaggio a pasta tenera e di un chicco di granoturco per quello a pasta semidura. Il proce- dimento, che una volta era eseguito manualmente con strumenti quali lo spino e la fiaccola, oggi è, in quasi tutti i caseifici, meccanico.

98 PECORINO TOSCANO D.O.P. 99 PECORINO TOSCANO D.O.P. 100 PECORINO TOSCANO D.O.P. 1. Aggiunta dal caglio

La cagliata, a sua volta, può essere riscaldata a 40 - 42 °C per 10 - 15 minuti, un procedimento, detto di semicottura. Dopo la rottura e l'eventuale semicottura, la cagliata viene messa in apposite forme per lo sgrondo del siero. Lo spurgo o sine- resi viene effettuato tramite pressatura manuale oppure con stufatura a vapore. La salatura è effettuata in salamoia al 17 - 19% di cloruro di sodio, pari a 15 - 17 gradi Baumé. La permanenza, riferita a chilogrammo di peso, è di almeno otto ore per il pecori- no a pasta tenera e di almeno 12 - 14 ore per il pecorino a pasta semidura. La sala- tura può essere eseguita anche con aggiunta diretta di sale. Il tempo di permanen- za maggiore è riservato al formaggio a pasta semidura. Il Pecorino Toscano può essere trattato esternamente con un antimuffa e deve maturare in idonee celle a una temperatura di 5 - 12 °C con umidità relativa del

PECORINO TOSCANO D.O.P. 101 2. Rottura della cagliata

75 - 90%. Il periodo di maturazione è di almeno 20 giorni per il tipo a pasta tene- ra e non deve essere inferiore a quattro mesi per il tipo a pasta semidura. La forma del prodotto finito è cilindrica a facce piane, di diametro variabile tra 15 e 22 cm; lo scalzo è leggermente convesso, di altezza compresa tra 7 e 11 cm. In ogni caso lo scalzo non deve mai superare la metà del diametro. Il peso delle forme varia da 0,75 a 3,50 kg. Il colore della crosta è giallo con varie tonalità; in particola- re, caratteristica è quella giallo carico per il tipo a pasta tenera. La pasta è bianco paglierino nel pecorino tenero e paglierino in quello duro. All'atto della distribuzione al consumo, il formaggio Pecorino Toscano deve recare il contrassegno identificativo della DOP,che viene apposto sullo scalzo della forma, a inchiostro sul formaggio a pasta tenera, a caldo sul formaggio a pasta semidura. Nel caso delle porzioni preconfezionate la marchiatura viene effettuata sulla con- fezione, purché avvenga in zona di origine.

102 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 103 104 PECORINO TOSCANO D.O.P. 3. Formatura

… Tradizione antica

Plinio il Vecchio, nella sua monumentale Naturalis historia, accenna alla produzione del pecorino in Toscana. Molti secoli più tardi, nel Medioevo, i pellegrini che, alla ricerca di indulgenze, per- correvano la via Francigena per raggiungere Roma Caput mundi incrociavano le greggi sparse nei campi e si rifornivano nelle contrade toccate da questa via di for- maggio, cibo umile, ma gustoso e nutriente, con cui rifocillarsi durante l’intermina- bile e faticoso cammino. Già agli inizi dell’Ottocento il canonico Ignazio Malenotti indicava: "nella più scru- polosa nettezza degli utensili, nel farlo quando il latte è fresco, nel separarlo più che si può dal suero, nel bene stagionarlo" le principali avvertenze per ottenere un otti- mo cacio pecorino.

PECORINO TOSCANO D.O.P. 105 106 PECORINO TOSCANO D.O.P. 4. Ribaltamento delle forme

Oggi vengono riproposti alcuni degli antichi trattamenti per la conservazione delle forme che, in virtù delle moderne tecnologie, non avrebbero ragion d’essere, ma che influiscono sensibilmente sul risultato finale in quanto attribuiscono al gusto del formaggio particolari sfumature che il consumatore più attento sa apprezzare rico- noscendone il maggior valore al momento dell’acquisto. È così, ad esempio, per la consuetudine di avvolgere con foglie di noce le forme affinché facciano proprio il gradevole aroma del tannino. Ricorda ancora Ignazio Malenotti che fin dall’antichità si usava la fumigazione. "I moderni caciaioli poi insegnano non pochi metodi, come di accomodarlo in mezzo al carbon pesto; d'imbozzimarlo con olio ed aceto, o con morchia di olio mescolata con cenere e anche con farina di castagne; di ricoprirlo con feccia di vino, ovvero involgerlo in uno straccio di tela inzuppato nell'aceto; di tenerlo in queste maniere imbrattato in un orcio di terra coll'avvertenza di farvelo ruzzolare una

PECORINO TOSCANO D.O.P. 107 108 PECORINO TOSCANO D.O.P. 5. Salatura a mano

volta al giorno. Io peraltro che posso asserire di avere sperimentati tutti questi metodi, e vari altri ancora, dirò a quelli che desiderano conservarlo per più anni, non solamente morbido, quasi privo di corteccia e buono, ma farli anche sicura- mente acquistare un notabile miglior sapore; che quando il cacio è al grado di esser unto perché convenientemente prosciugato, e che le forme sono ben salde, lo infondano in un vaso di olio d'uliva buono, e ve lo ritengano da esso ricoperto fino al momento che di mano in mano vorranno gustarne." Quindi, nonostante l’evolversi delle tecnologie e il mutare delle abitudini alimenta- ri, il pecorino ha mantenuto il valore delle tradizioni che ha legato a sé, sia in rife- rimento alla produzione e alla conservazione che al consumo. Nei secoli scorsi il pecorino ha rappresentato, nella consuetudine gastronomica della cucina popolare, un importante companatico, uno dei pochi ai quali i ceti meno abbienti avessero accesso.

PECORINO TOSCANO D.O.P. 109 6. Stagionatura

Componente basilare della cucina povera, il pecorino era anche, sul desco delle case signorili toscane, l'alimento destinato a coronare un pasto di molte portate. Il pecorino si mangiava con il pane, le verdure, la frutta accompagnandolo, se pos- sibile, con un bicchiere di vino rosso e, anche ai giorni nostri,la tradizione più sem- plice si è conservata nelle abitudini di degustazione del Pecorino Toscano e, anzi, si è nobilitata. A metà dell’Ottocento il Pecorino Toscano era già un formaggio con un’identità specifica, preparato secondo precise procedure tecniche. Nel 1986 (allora il Consorzio di Tutela raggruppava 20 produttori) è stata conferi- ta la D.O. e nel 1996 la Denominazione di Origine Protetta. Oggi i moderni caseifici, come le aziende artigiane più vicine alla tradizione, a volte appartate in scenari che conservano ancora non solo l'aspetto, ma anche i ritmi e gli stili di un mondo che si va perdendo, sono in grado di produrre formaggi di gran-

110 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 111 112 PECORINO TOSCANO D.O.P. 7. Stagionatura

de qualità. Rispetto ad altri formaggi italiani ricavati dal latte di pecora, il Pecorino Toscano ha sapore più mite, più armonico, mentre, a confronto con i formaggi prodotti con latte vaccino o misto, ha sapore più pronunciato, ma senza eccessi, e si stacca in modo deciso dai tanti caci e caciotte. Delicatezza e temperamento sono le caratteristiche, quasi antitetiche, che, fonden- dosi in maniera equilibrata, definiscono quel capolavoro del gusto che è il Pecorino Toscano.

PECORINO TOSCANO D.O.P. 113 La ricotta di latte di pecora

l nome ricotta significa cotta due volte perché il grasso e le proteine che costi- tuiscono questo prodotto caseario vengono sottoposti a due successivi trat- I tamenti termici: prima del latte, durante la lavorazione del formaggio, poi del siero residuo, per la produzione della ricotta. Esistono diversi tipi di ricotta, che presentano caratteristiche diverse a seconda delle proprietà del latte, del tipo di formaggio da cui deriva e delle diverse zone di produzione. La produzione della ricotta si basa sulla coagulazione e la precipitazione delle albu- mine per mezzo del calore.

114 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 115 Produzione della ricotta:

Il siero, ottenuto durante il processo di produzione del Pecorino Toscano dalla parte liquida che residua dopo la formatura e l’immissione negli stampi della caglia- ta, viene lavorato in vasche riscaldate alla temperatura di 60 - 70 °C. In genere viene aggiunto latte intero ed eventualmente crema di latte in percentuali com- prese tra il 5 e il 20% rispetto al volume del siero. In seguito, quando la tempera- tura raggiunge 80 - 90 °C, viene aggiunto siero acido o acido lattico, allo scopo di abbassare il pH. Nella fase successiva, le sieroproteine precipitano portando con se aria e vapore e coagulano in un aggregato gelatinoso che affiora dalla vasca di lavorazione; a que- sto punto il riscaldamento viene sospeso e la ricotta viene lasciata affiorare per circa 5 minuti, poi viene prelevata con dei mestoli forati e messa nelle fuscelle per eliminare la parte liquida. La ricotta viene fatta asciugare in locali freschi e successi- vamente avviata agli impianti di confezionamento e distribuzione. Dal siero di pecora si ottiene una produzione di ricotta del 7 - 8% e il prodotto finito è un impasto morbido di colore bianco marcato e di sapore delicato.

116 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 117 118 PECORINO TOSCANO D.O.P. Denominazione di origine protetta D.O.P. 4

119 Il consorzio per la tutela del Pecorino Toscano DOP

ltre che il contributo al mantenimento delle nostre più antiche tra- dizioni alimentari e all’economia della regione, alle aziende pastora- O li vanno riconosciuti i meriti sociali derivanti dallo sfruttamento di territori marginali, altrimenti destinati a un progressivo abbandono e al depaupera- mento delle risorse naturali. A partire da metà dell'Ottocento, come attestano alcune registrazioni dei prezzi presso le antiche Camere di Commercio, risulta che il Pecorino Toscano aveva rag- giunto una certa uniformità, sia riguardo ai processi di lavorazione, sia alle caratte- ristiche del prodotto distribuito nei mercati. Da questo periodo si può quindi fare riferimento alla denominazione di Pecorino Toscano per identificare il formaggio che, fresco e stagionato, più tardi otterrà il riconoscimento della denominazione di origine.

120 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 121 122 PECORINO TOSCANO D.O.P. 1. Marchio a fuoco

Le caratteristiche del pecorino toscano Le caratteristiche del Pecorino Toscano derivano sia dalle condizioni ambientali in cui avviene l’allevamento delle pecore, sia dai processi produttivi che con l’aiuto delle più moderne tecnologie, ma nel rispetto di una tradizione secolare, riescono a realizzare un formaggio d’eccellenza. L'elemento fondamentale è naturalmente il latte, esclusivamente di pecora, prodotto da greggi allevate nel territorio definito dal DPR che riconosce la denominazione di origine del Pecorino Toscano, conferi- ta con il riconoscimento della denominazione di origine protetta. Le pecore appartengono a diverse razze autoctone: appenninica, sopravvissana e massese o importate successivamente: comisana e sarda. La produzione di latte annua oscilla tra i 60 litri, nelle razze meno produttive, a tripli- ce attitudine: carne, latte e lana, e i 150 nelle razze selezionate ad attitudine lattifera. I pascoli toscani sono ricchi di essenze che conferiscono particolari qualità al latte destinato alla trasformazione casearia e, in ogni zona, insieme alle specie comuni, crescono erbe caratteristiche del luogo.

PECORINO TOSCANO D.O.P. 123 DOP: un attestato di qualità Il D.P.R. 17.5.86 riconosce la Denominazione di Origine del formaggio Pecorino Toscano, al quale nel 1996 è stata riconosciuta la Denominazione di Origine Protetta dall’Unione Europea. Il Disciplinare è stato rivisto di recente allo scopo di definire meglio il processo produttivo, identificare maggiomente il prodotto e garantire ulteriormente la tutela del consumatore. Il D.M. 23.7.04 ha concretizzato lo sforzo del Consorzio di tutela per evitare interpretazioni arbitrarie e fornire al consumatore la certezza che il Pecorino Toscano DOP corrisponda in tutto e per tutto al Disciplinare di produzione.

Disciplinare di produzione del Pecorino Toscano DOP Art. 1 - La denominazione di origine del formaggio "Pecorino Toscano" è riservata al prodotto avente i requisiti fissati con il presente disciplinare con riguardo ai metodi di lavorazione ed alle caratteristiche organolettiche e merceologiche deri- vanti dalla zona di produzione delimitata nel successivo art. 3. Art. 2 - La denominazione di origine "Pecorino Toscano" è riservata al formaggio avente le seguenti caratteristiche: -formaggio a pasta tenera o a pasta semi dura, prodotto esclusivamente con latte di pecora intero proveniente dalla zona di produzione; - l’alimentazione base del bestiame ovino deve essere costituita da foraggi verdi o affienati derivati dai pascoli naturali della zona con eventuali integrazioni di fieno

124 PECORINO TOSCANO D.O.P. e di mangimi semplici concentrati. Il latte deve essere coagulato ad una temperatura compresa tra i 33 e i 38 °C con aggiunta di caglio di vitello onde ottenere la coagulazione del latte entro 20 - 25 minuti. Il latte può essere utilizzato crudo o può subire un trattamento termico fino alla pastorizzazione e può essere inoculato con colture di fermenti lattici autocto- ni, naturali o selezionati. Presso il Consorzio di tutela incaricato alla vigilanza è con- servata la ceppoteca dei fermenti selezionati dal latte ovino della zona delimitata, accompagnata dalle schede della caratterizzazione dei singoli ceppi.Tale ceppoteca potrà essere aggiornata periodicamente attraverso nuove ricerche validate dal Consorzio di tutela e trasmesse al Ministero competente. Il formaggio deve essere prodotto con una tecnologia caratteristica e nella lavora- zione si provvede alla rottura della cagliata fino a che i grumi abbiano raggiunto le dimensioni di una nocciola per il formaggio a pasta tenera e di un chicco di grano- turco per quello a pasta semidura. Per la preparazione di quest'ultimo la cagliata potrà altresì essere sottoposta ad un trattamento termico (cottura) a 40 - 42 °C per 10 - 15 minuti. Dopo la rottura e l'eventuale cottura, la cagliata viene messa in apposite forme per lo sgrondo del siero. Lo spurgo o sineresi viene effettuata tramite pressatura manuale oppure con stufatura a vapore. La salatura è effettuata in salamoia al 17 - 19% di cloruro di sodio, pari a 15 - 17 gradi Baumé. La permanenza, riferita a kg di peso, è di almeno otto ore per il pecorino a pasta

PECORINO TOSCANO D.O.P. 125 126 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 127 tenera e di almeno 12 – 14 ore per il pecorino a pasta semidura. La salatura può essere eseguita anche con aggiunta diretta di sale. Il tempo di permanenza maggiore è riservato al formaggio a pasta semidura. Il "Pecorino Toscano" può essere trattato esternamente con un antimuffa e deve essere maturato in idonee celle ad una temperatura di 5 – 12 °C con umidità rela- tiva del 75 – 90%. Il periodo di maturazione è di almeno 20 giorni per il tipo a pasta tenera e deve essere non inferiore a quattro mesi per il tipo a pasta semidura. È usato come formaggio da tavola o da grattugia. Presenta le seguenti caratteristiche: - forma cilindrica a facce piane con scalzo leggermente convesso; - dimensioni: diametro delle facce da 15 a 22 centimetri, altezza dello scalzo da 7 a 11 centimetri con variazioni in più o in meno in entrambe le caratteristiche in rapporto alle condizioni tecniche di produzione, fermo restando che lo scalzo non deve mai superare la metà del diametro. Gli scalzi più elevati rispetto al diametro, saranno preferiti nelle forme a pasta semidura; - peso da 0,75 a 3,50 kg.; - confezione esterna: crosta di colore giallo con varie tonalità fino al giallo carico nel tipo a pasta tenera; il colore della crosta può eventualmente dipendere dai trattamenti subiti; - colore della pasta: di colore bianco leggermente paglierino per il tipo a pasta tene-

128 PECORINO TOSCANO D.O.P. ra,di colore leggermente paglierino o paglierino per il tipo a pasta semi dura; - struttura della pasta: pasta a struttura compatta e tenace al taglio per il tipo a pasta semidura, con eventuale minuta occhiatura non regolarmente distribuita; - sapore: fragrante, accentuato caratteristico delle particolari procedure di pro- duzione; - grasso sulla sostanza secca: per il prodotto a pasta semidura non inferiore al 40% e per il prodotto a pasta tenera non inferiore al 45%. Art. 3 - La zona di origine del latte e di produzione e di stagionatura del formag- gio di cui sopra comprende l'intero territorio della regione Toscana, l’intero terri- torio dei comuni di Allerona e Castiglione del Lago ricadenti nella regione Umbria e l’intero territorio dei comuni di Acquapendente, Onano, San Lorenzo Nuovo, Grotte di Castro, Gradoli, Valentano, Farnese, Ischia di Castro, Montefiascone, Bolsena e Capodimonte ricadenti nella regione Lazio. Art. 4 - Il formaggio Pecorino Toscano deve recare apposto all’atto della sua immis- sione al consumo il contrassegno di cui all’articolo 5, a garanzia della rispondenza del disciplinare. Tale marchio viene apposto sullo scalzo della forma, ad inchiostro sul formag- gio a pasta tenera ed a caldo sul formaggio a pasta semidura. Sulle porzioni pre- confezionate la marchiatura viene effettuata sulla confezione, purché avvenga in zona di origine. Il Pecorino Toscano porzionato può essere confezionato fuori dalla zona di origine e deve riportare il logo del caseificio o dello stagionatore.

PECORINO TOSCANO D.O.P. 129 I confezionatori devono comunque stipulare una convenzione con il Consorzio di tutela incaricato della vigilanza, il cui testo, proposto dal Consorzio di tutela, viene autorizzato dal Ministero competente. La sigla riportata sotto il logo identifica il produttore/stagionatore/porzionatore il cui prodotto è certificato dall’organismo di controllo e che provvede all’immissio- ne in commercio del Pecorino Toscano. Sulle forme o sulle confezioni di Pecorino Toscano è presente una etichetta, auto- rizzata dal Consorzio di tutela incaricato della vigilanza, con le seguenti caratteristi- che minime: - la scritta Pecorino Toscano D.O.P. o Pecorino Toscano D.O.P. stagionato deve essere quella con maggior rilievo ed evidenza di tutte le altre riportate in eti- chetta sia in termini di dimensioni che di caratteri che di posizione. - il marchio a colori, come da articolo 5, deve essere riportato una o più volte, nelle dimensioni minime di 15 mm

Art. 5 - Marchio da apporre sulle forme Marchio da apporre sulle etichette o sulle confezioni di porzionato

50 mm 15 mm

130 PECORINO TOSCANO D.O.P. DOP: un impegno per la tutela La Denominazione di Origine Protetta è un riconoscimento che viene attribuito a quegli alimenti le cui peculiari caratteristiche qualitative dipendono essenzialmente o esclusivamente dal territorio in cui sono prodotti. L’ambiente geografico com- prende sia i fattori naturali, quali il clima e le caratteristiche ambientali, sia i fattori umani, tra cui le modalità di produzione e l’abilità artigiana che consentono di ottenere un prodotto inimitabile al di fuori dell’area di origine. Per poter fregiare un prodotto della Denominazione di Origine Protetta si devono rispettare con scrupolo le rigide norme che disciplinano la produzione. La conformità alle rego- le è garantita dalla vigilanza del Consorzio di Tutela che opera in sintonia con l’Istituto Centrale Repressione Frodi. L'Unione Europea ha riconosciuto la DOP al formaggio pecorino toscano nel giu- gno 1996.

PECORINO TOSCANO D.O.P. 131 132 PECORINO TOSCANO D.O.P. Conoscere il Pecorino 5

133 Dalla produzione al consumo

ispetto agli altri formaggi pecorini, quello toscano ha un sapore più “gen- tile” grazie al latte utilizzato, prodotto da pecore che si sono alimenta- R te in pascoli ricchi di erbe profumate, e del tradizionale metodo di pro- duzione. Il Pecorino Toscano viene custodito in apposite cantine o celle frigorifere a una temperatura di 5 - 12 °C e a un’umidità del 75 - 90% finché raggiunge la maturazione prevista dal protocollo, quindi viene prelevato e distribuito nei mer- cati italiani ed esteri. Le forme che presentano difetti: screpolature, gonfiori, concavità, vengono tolte dalle celle e vendute come scarti senza, naturalmente, potersi fregiare del marchio di origine del Pecorino Toscano. Il Pecorino Toscano è consumato generalmente come formaggio da tavola; raggiunte stagionature avanzate può essere utilizzato come formaggio da grattugiare.

134 PECORINO TOSCANO D.O.P. Bologna

Ravenna

Pontremoli EMILIA ROMAGNA

Aulla Forlì Carrara

La Spezia Massa Bagni di Lucca Pistoia Lucca Prato FIRENZE Pisa Empoli Poppi Urbino

Livorno Arezzo S. Gimignano Poggibonsi I. di Gorgona Volterra Siena MARCHE Cecina Cortona Castagneto Carducci Montepulciano Perugia

I. di Capraia Massa Montalcino Marittima Piombino Follonica Portoferraio Grosseto Isola d’Elba UMBRIA Pitigliano Valentano I. Pianosa

Orbetello Viterbo I. del Giglio

I. di Montecristo LAZIO I. di Giannutri

PECORINO TOSCANO D.O.P. 135 Come si consuma

el 1719, durante un banchetto che si svolgeva a Siena in occasione delle feste di Carnevale, venne proposto per la prima volta l'abbi- N namento di cacio pecorino e confettura. Oggi si può accompagnare il pecorino stagionato con miele, marmellata, frutti caramellati, quello fresco con frutta e verdure di stagione, classiche le pere, le noci e le fave.

Come si cucina Grattugiato, il Pecorino Toscano secco viene usato come condimento per la ribol- lita, un piatto della tradizione toscana, e sulle paste asciutte, ma viene impiegato anche come ingrediente di molte altre pietanze: dagli antipasti ai primi, dai secondi ai dolci.

136 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 137 Abbinamenti con il vino

referendo la Toscana anche nella scelta dei vini, con il Pecorino Toscano a pasta tenera si abbinano vini bianchi, quali il Bianco di Pitigliano,il P Monteregio o il Montecucco, mentre con il Pecorino Toscano stagionato si preferiscono vini rossi, quali, immancabile, il Chianti Classico, il Morellino di Scansano, e, per stagionature superiori a otto mesi, il Brunello di Montalcino.

138 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 139 Come si conserva

er poter garantire le migliori condizioni di conservazione e assaporarne il gusto in tutta la sua pienezza anche a distanza di tempo, il Pecorino P Toscano non dovrebbe essere conservato in frigorifero, ma in un luogo fresco e asciutto, che riproduca le condizioni di temperatura e umidità delle canti- ne o delle celle frigorifere in cui è stato stagionato. Se ciò non fosse possibile, bisogna avere l'accortezza di riporlo nel comparto meno freddo del frigorifero, avvolto nella carta paglia o in un canovaccio di cotone.

140 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 141 142 PECORINO TOSCANO D.O.P. La cucina e il Pecorino Toscano 6

143 La cucina Maremmana e il Pecorino Toscano D.O.P.

molteplici aspetti della Maremma si riflettono chiaramente nella sua gastro- nomia, che sa rispettare la tradizione e onorare i prodotti di quella stessa terra I che una volta non concedeva ai suoi abitanti di vivere oltre i vent’anni. Da una terra di cacciatori vengono gustose ricette a base di cinghiale, lepre e fagiano, ma anche di pesce, dal sapore delicato e prepotente al tempo stesso; poi, ancora, le zuppe e le bruschette, un inno a celebrare l’olio d’oliva, gli innumerevoli formag- gi e gli aristocratici vini. Parlare della cucina maremmana è come divertirsi a svuotare una cornucopia senza fine. Sapori forti evocano ricordi lontani, volti rugosi di gente determinata, urla di butteri, scalpiccio di cavalli, paludi, una terra malsana e inospitale che, come per magia, si è trasformata in dolce e potente terra felice, generosa e incredibilmente ospitale, come i suoi abitanti. Le tradizioni culinarie affondano le proprie radici in una cultura contadina che ha avuto come punto di riferimento il lavoro nei campi e la casa.

144 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 145 Nella cucina delle case coloniche, in cui non mancavano un grande camino e la tavola di legno, si svolgeva gran parte della vita familiare: oltre alla preparazione e alla consumazione dei pasti, il lavoro domestico, il rito della lavorazione del maiale, l’ozio accanto al fuoco. Nelle vecchie case la vita non è più quella di ieri, ma tra queste colline, care al Carducci, è ancora possibile gustare i sapori di antiche tradizioni locali. E ci vengono in mente le parole di Mario, un vecchio contadino castagnetano:

"Questa terra è come un bicchiere di buon Sassicaia che va sorseggiato senza fret- ta e senza paura di arrivare al fondo; tanto il secondo sarà più buono del primo, il terzo meglio del secondo e cosi via." Come dire: da queste parti non ci si viene mai una volta sola; ci si ritorna sempre ed è sempre più bello.

146 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 147 Le ricette con il Pecorino Toscano D.O.P.

primi

secondi

antipasti

148 PECORINO TOSCANO D.O.P. contorni

minestre

dolci

PECORINO TOSCANO D.O.P. 149 Insalata composta

al Pecorino Toscano antipasto freddo

Ingredienti per sei persone: Procedimento:

Ingredienti per l’insalata: 1. Lavare le patate ed i fagiolini e spun- Patate 600 gr tare quest’ultimi. Fagiolini 400 gr Bollire separatamente patate e fagiolini. Pomodori rossi 500 gr 2. Pelare le patate e tagliarle a dischi di Olive nere n. 25 3 mm di spessore. Tagliare le uova a Uova sode n. 2 dischi, tagliare i pomodori a spicchi e Filetti d’acciuga n. 12 snocciolare le olive. Tonno sott’olio 250 gr 3. Condire le patate, i fagiolini e i pomo- Pecorino Toscano 150 gr dori con la salsa vinaigrette (1 parte di Vinaigrette 125 ml aceto, 3 di olio extravergine di oliva e sale); aggiungere il tonno. 4. Disporre con gusto le verdure su piatto singolo o su piatto di portata o insalatiera e guarnire con i filetti d’ac- ciuga e Pecorino Toscano semistagiona- to a cubetti.

NB: A piacere si possono aggiungere delle cipolle tagliate ad anelli, delle olive verdi e del basilico.

150 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 151 Tortelli

Maremmani primo piatto

Già gli Etruschi preparavano con acqua e farina di grano saraceno, delle sfoglie dalle quali ritagliavano strisce di pasta. La pasta iniziò ad essere presente sulle tavole italiane a partire dal tardo Rinascimento, molto lentamente. La sua origine risale al Trecento nelle varie cucine italiane, ma era molto costosa, più della carne.

Ingredienti per sei persone: Procedimento:

Ingredienti per la pasta: 1. Disporre la farina a fontana, aggiun- Semola di grano duro 400 gr gere le uova, il sale e l’acqua ed impa- Uova n. 4 stare. Lasciar riposare per 30 min. prima Sale q.b. di stendere. Acqua q.b. 2. Cuocere gli spinaci in poca acqua leg- germente salata, strizzarli e tritarli gros- Per la farcia: solanamente, unirli alla ricotta e al resto Ricotta 300 gr degli ingredienti. Spinaci 300 gr 3.Tritare la cipolla, il sedano e la carota. Pecorino Toscano 50 gr Soffriggerli in casseruola, aggiungere i Noce moscata q.b. funghi e le carni precedentemente Uova n. 1 macinate. Sfumare con il vino ed Sale q.b. aggiungere il concentrato di pomodoro. Aggiustare di sale ed unirvi i pomodori Ingredienti per il ragù di cinghiale: pelati. Portare a cottura a fiamma Cipolla 100 gr medio bassa. Carota 50 gr 4. Stendere la pasta dandogli la forma Sedano 50 gr classica del tortello a farcirla. Cuocere i Olio 50 gr tortelli in acqua salata e saltarli in padel- Funghi secchi 20 gr la con il sugo del cinghiale. Polpa di cinghiale 200 gr 5. Cospargere di Pecorino Toscano e Carne di maiale 150 gr servire. Vino 100 gr Concentrato di pomodoro 80 gr Pomodori pelati 300 gr Sale q.b.

152 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 153 Tagliatelle Tricolori all’anatra

e Formaggio Pecorino Toscano primo piatto

Ingredienti per sei persone: Procedimento:

Ingredienti per il sugo: 1.Tagliate a dadini il sedano, le carote e Pomodori pelati le cipolle e fate imbiondire nell’olio con 120 gr le erbe aromatiche. Olio extravergine di oliva 30 gr 2. Aggiungetevi la polpa di anatra, fatela Polpa di anatra 400 gr rosolare, bagnate con vino rosso. Una Sedano 40 gr volta evaporato il vino aggiungete i Carote 40 gr pomodori pelati, insaporite con sale e Cipolle 40 gr pepe e completate la cottura aggiun- Brodo 180 gr gendo il brodo. Vino rosso 120 ml 3. Cuocete le tagliatelle e saltatele in Prezzemolo 20 gr padella dopo averle cosparse di Pecorino Toscano grattuggiato 80 gr Pecorino Toscano. Alloro q.b. Salvia q.b. sale e pepe q.b. Pasta all’uovo tricolore

154 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 155 Gnocchi di Borragine

al Pecorino Toscano primo piatto

Ingredienti per sei persone: Procedimento:

Ingredienti per gli gnocchi: 1. Lessate la borragine in poca acqua Foglie di borragine 1 Kg salata, strizzatela e tritatela finemente. 2. Uova n. 3 Fatela insaporire con una noce di burro, Pecorino Toscano grattuggiato 100 gr mettetela in una terrina con la farina, le Farina 100 gr uova, il Pecorino Toscano e il pangratta- Pangrattato 50 gr to. Amalgamate bene il composto, e se Latte q.b. risultasse troppo duro aggiungete un Burro 50 gr pò di latte. Salvia n. 3 foglie 3. Formate degli gnocchetti e tuffateli in sale e pepe q.b. abbondante acqua salata. 4. Condite con Pecorino Toscano e burro fuso aromatizzato con salvia.

156 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 157 Ciaffagnoni

ai funghi primo piatto

Il termine sta per frittella o frittatina, i francesi la chiamano crepes. Ma non ci deve ingannare l’accostamento, perché il primato dell’invenzione di questo piatto spetterebbe a Manciano, dove già nel ‘400, le donne friggevano i ciaffagnoni dopo aver impastato farina, uova, acqua e sale in una padella appena unta di lardo. Prendono anche il nome di fregnacce , cioè sciocchezze, se vengono riempiti, arrotolati e piega- ti ad involtino. Ingredienti per sei persone: 2. Scaldare bene una padella piccola, appena unta con l’olio, versare un Ingredienti per il composto ai funghi: mestolo di composto e far cuocere, Porcini freschi tagliati a lamelle 350 gr rigirare delicatamente e far prendere Cipolla tritata 100 gr colore anche dall’altra parte. Vino bianco 100 gr Prezzemolo 30 gr Ingredienti per il composto ai funghi: Farina 80 gr 1. Far rosolare in una casseruola la Noce moscata q.b. cipolla tritata, aggiungere i porcini taglia- Latte 300 gr ti a lamelle e sfumare con il vino bian- Burro 80 gr co, a cottura ultimata spolverare con prezzemolo tritato. Ingredienti per la pasta dei ciaffagnoni: 2. Fare una besciamella con burro, fari- Farina tipo 00 200 gr na, latte, noce moscata ad un pizzico di Acqua q.b. sale. Unire al composto i funghi. Uova n. 3 Olio extravergine di oliva q.b. Assemblaggio: Pecorino Toscano grattuggiato q.b. 1. farcire il “ciaffagnone” con il composto Sale q.b. ai porcini e piegare in quattro. Gratinare in forno a 200 °C con burro e Pecorino Procedimento per la pasta: Toscano in una pirofila imburrata e ser- 1. Sbattere le uova, aggiungere la farina vire. e il pizzico di sale, mescolare incorpo- rando l’acqua fino ad ottenere un impa- sto che deve avere una consistenza liquida. Far riposare per circa 30 min. in frigorifero.

158 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 159 Acquacotta

di Scansano minestra speciale

<>.

Dell’acquacotta esistono diverse varianti a seconda della zona, ma identica è la presenza del pane, meglio se raffermo, messo abbrustolito sul fondo della scodella prima di versarvi la minestra. Quella autentica era preparata solo col pane, cipolla, forse pomodoro e soprattutto acqua. L’acquacotta è la zuppa più primitiva, la più povera, era il mangiare dei but- teri, dei carbonai, dei banditi, dei pastori che con gli armenti transumavano dall’Aretino alla piana, dalla piana all’Amiata.

Ingredienti per sei persone: Procedimento:

Ingredienti per la minestra: 1.Tagliare finemente la cipolla, il sedano, Cipolla rossa e bianca 1 Kg le carote e la bietola. In casseruola far Sedano 150 gr soffriggere su fondo d’olio la cipolla, il Carote 150 gr sedano e le carote. Olio d’oliva 100 gr 2. Aggiungere la bietola ad insaporire Pomodoro 100 gr con sale e peperoncino. aggiungere i Pane raffermo 400 gr pomodori e a fuoco basso far ridurre Bietole 300 gr della metà, allungare quindi con il brodo Uova n. 6 e portare a cottura. Sale q.b. 3. Cuocere le uova in camicia. adagiare Peperoncino q.b. le fette di pane precedentemente gri- Pecorino Toscano 100 gr gliate in terrina e coprirle con la prepa- Brodo 1000 gr razione ottenuta precedentemente, cospargere con il Pecorino Toscano grattuggiato e far gratinare in forno.

Servire con foglie di basilico e olio extravergine di oliva.

160 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 161 Ribollita

alla maremmana minestra speciale

Nella cucina di un tempo, i piatti pur semplici non mancavano di sapori. La Ribollita si chiamava anche “zuppa del giorno dopo” rimasta da parte “avanzata” dalla precedente “desina”. La massaia lo raccoglieva in un tegame, poi aggiunge- va l’olio, quello “bono” e insaporiva col pecorino.

Ingredienti per sei persone: Procedimento:

Ingredienti per la ribollita: 1. Mettere a bagno i fagioli per almeno Fagioli secchi 50 gr 12 ore. Preparare un fondo tagliando a Cavolo nero 100 gr pezzettini il sedano,la cipolla e il porro, Patate 30 gr metterli in una casseruola con dell’olio Passata di pomodoro 20 gr e farli rosolare a fuoco vivo. Cipolla 30 gr 2. Tagliare il cavolo nero a julienne e la Sedano 30 gr carota a cubetti, aggiungerli al fondo Carote 30 gr rosolato e farli cuocere a fuoco basso Porri 30 gr infine aggiungere il pomodoro passato. Pane raffermo 2 fette sottili Cuocere i fagioli con aglio e salvia, pas- Salvia n. 2 foglie sarli al passatutto ed aggiungerli alle Aglio n. 1 spicchio verdure cotte e far bollire a fuoco Pecorino Toscano grattuggiato 150 gr basso per almeno 30 min. 3.Tostare le fette di pane e disporle in una pirofila, ricoprire con la zuppa e il Pecorino Toscano, far bollire di nuovo.

162 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 163 Acquacotta

del buttero Minestra speciale

Nella Maremma prima e durante la bonifica, la popolazione provvisoria non aveva grandi comodità e si arran- giava cucinando solo la sera e nemmeno tutte le sere, quindi bisognava inventare una minestra che avesse sapore e <> per più sere. Le donne impararono dai propri mariti e ne provarono le molteplici varianti, aggiungendo- vi gli ingredienti che secondo le stagione offrivano gli orti. Inoltre l’acquacotta era un piatto che, dati i tempi in cui non era concesso di sprecare nulla, aveva anche la funzione di far utilizzare tutto il pane che veniva fatto in casa una volta alla settimana e che perciò diventava duro.

Ingredienti per sei persone: Procedimento:

Ingredienti per la minestra: 1. Tagliare la cipolla ed il sedano. In una Cipolla rossa e bianca 400 gr casseruola fare un soffritto su fondo d’o- Sedano 200 gr lio con la cipolla ed il sedano, il pepe- Carote 200 gr roncino ed alcune foglie di basilico e Olio d’oliva 80 gr lasciar appassire. Pomodoro 100 gr 2. Aggiungere i pomodori e l’ac- Pane raffermo 6 fettine qua. Salare e lasciare cuocere per Basilico 1 mazzetto circa un’ora. Uova n. 6 3. Servire in terrine con sopra le uova Sale q.b. in camicia, ottenute cuocendole per 3 Peperoncino q.b. min. in acqua acidula senza il guscio. Pecorino Toscano 100 gr 4. Cospargere con scaglie di Pecorino To scano stagionato e decorare con una foglia di basilico e fette di pane raffer- mo, messo sui bordi o sul fondo della terrina.

164 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 165 Involtini di Maremmana

al Pecorino Toscano secondo piatto

Ingredienti per sei persone: Procedimento:

Ingredienti per gli involtini: 1. Battere le fettine tra due fogli d pelli- Manzo cola con l’aiuto di un batticarne. (noce tagliata a fettine) 600 gr 2. Salare e pepare la superficie ed Pinoli 50 gr aggiungervi i pinoli, la pancetta, l’uvetta Uvetta 50 gr e il Pecorino Toscano tagliato a dadini. Pane grattuggiato 100 gr 3. Piegare i lati da parte ed arrotolare la Pancetta tagliata a cubetti 100 gr fettina su se stessa stando ben attenti a Pecorino Toscano 150 gr stringere bene, fermarla con due stec- Olio extravergine di oliva 50 gr chini incrociati. Sale e pepe q.b. 4. Impanare con pane grattuggiato e dorare in padella. Servire con patate alla ghiotta (patate tagliate a spicchi e aromatizzate con rosmarino, salvia e aglio tritati cotte al forno).

166 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 167 Nodini di vitello

al Pecorino Toscano secondo piatto

Ingredienti per sei persone: Procedimento:

Ingredienti per i nodini: 1. Sbattere le uova in una terrina, Nodini di vitello n.6 (1200 gr) immergervi i nodini per qualche minu- Uova n. 3 to, salare e pepare. Pecorino Toscano a scaglie 100 gr 2. Sciogliere il burro in una padella: Brodo vegetale q.b. rosolarvi i nodini a fuoco vivo, bagnare Burro 60 gr con un ramaiolo di brodo e unire il Sale e pepe q.b. Pecorino Toscano. Cuocere a fuoco moderato finchè il formaggio non si sarà sciolto.

168 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 169 Cimette di Cavolfiore

al Pecorino Toscano contorno

Ingredienti per sei persone: Procedimento:

Ingredienti: 1. Pulire e lavare il cavolfiore, dividerlo Cavolfiori n. 1 in cimette. Aglio n. 2 spicchi 2. Lessare le cimette e scolarle ancora Pecorino Toscano grattuggiato 200 gr al dente, conservando un bicchiere di Olio extravergine di oliva 50 gr acqua di cottura. sale q.b. 3. Soffriggere l’aglio, aggiungere il cavolo e l’acqua di cottura. 4. Cospargere con il Pecorino Toscano grattuggiato e cuocere finchè l’acqua di cottura non sarà evaporata.

170 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 171 Cardi

al Pecorino Toscano contorno

Ingredienti per sei persone: Procedimento:

Ingredienti: 1. Pulire i cardi, pelarli e tagliarli in pezzi non troppo lunghi, metterli in acqua Cardi 1 Kg acidulata con succo di limone per circa Burro 100 gr un’ora, poi lessarli. Pecorino Toscano grattuggiato 100 gr 2. Imburrare una teglia e sistemarvi uno Limone n. 1 strato di cardi, spolverizzarli con in Sale q.b. Pecorino Toscano grattuggiato ed irro- rarli con il burro fuso. Fare un secondo strato di cardi, pecori- no e burro, continuando così fino ad esaurimento degli ingredienti. 3. Infornare a 180°C per 30 min.

172 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 173 Sformato di borlotti nani

al Pecorino Toscano contorno

I legumi erano insieme ai cereali alla base dell’alimentazione dei popoli italici in età antica. Essi venivano macinati o triturati grossolanamente per ottenere farine per pappe o focacce, oppure venivano consumati in zuppe, bolliti o stu- fati. Allora si mangiavano fagioli di una specie autoctona del Mediterraneo: il fagiolo dall’occhio o dòlico, con una picco- la macchia nera al punto di inserzione del funicolo embrionale. Nei tempi passati fagioli e ceci costituivano proteine indispensabili e così vicino al fuoco bolliva sempre il pignatto, messo dapprima a fuoco vivo. Questo tipo di cottura richiedeva molto tempo, ma i legumi cotti in tal modo si gustavano interi anche nel loro sapore. La sera prima natu- ralmente si mettevano a mollo nell’acqua e poi in una pentola di coccio con spicchi d’aglio interi e con la buccia e sal- via, i fagiolo, mentre per i ceci si aggiungeva ramerino.

La leggenda narra che un tempo i giovani di Magliano erano soliti recarsi nel pomeriggio della domenica, a giocare a bocce in uno spiazzo tra gli olivi in prossimità di un vecchio muro, nel quale si trovava una nicchia con una Madonnina di coccio. Una volta un giovane che stava perdendo, scagliò una boccia contro l’immagine della Madonna distruggendola e bestem- miò. Il giovane si ravvide e chiese perdono. Un compagno disse: <>. E l’olivo fece i fagioli e dai paesi vicini tutti accorsero a vedere la pianta miracolosa.

Ingredienti per sei persone: Procedimento:

Ingredienti: 1. Cuocere i fagioli borlotti in poca Borlotti freschi 800 gr acqua salata, scolarli, tritarli ed unirli ad Latte 300 gr una salsa crema densa ottenuta con il Panna 300 gr latte, la panna, la farina e 100 gr di Burro 100 gr burro. Lasciare raffreddare ed unire le Pangrattato 100 gr uova, il Pecorino Toscano e la noce Farina 80 gr moscata. Pecorino 80 gr 2. Dressare quindi negli stampi prece- Uova n. 2 dentemente imburrati e cosparsi con il Sale q.b. pangrattato. Noce moscata q.b. 3. Cuocere gli sformati a bagnomaria in forno a 170°C fino a doratura.

Prima di sformare lasciar riposare a temperatura ambiente per almeno 10 min.

174 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 175 Dolcetti

al Pecorino Toscano fresco dolci

I dolcetti in Maremma sono prodotti da forno: biscotti, focacce e pani dolci profumati d’arancio e di limone con ricotta fresca, miele o “acqua melata”.

Ingredienti per sei persone: Procedimento:

Ingredienti: 1. Disporre a fontana 300 gr di Pecorino Toscano fresco 260 gr semola, mettere al centro un pizzico Ricotta 120 gr di sale, il burro ammorbidito a pez- Zucchero 120 gr zetti e qualche cucchiaio di acqua tie- Semola 400 gr pida. Impastate gli ingredienti fino ad Uova n. 2 ottenere un impasto morbido e, se Burro 40 gr necessario, aggiungete altra acqua. 2. Grattuggiate il Pecorino Toscano e Zafferano un pizzico la scorza di arancia e di limone, rac- Limone n. 1 coglieteli in una terrina, aggiungete la Arancia n. 1 ricotta, le uova, lo zucchero, la semo- Sale q.b. la avanzata e lavorate fino ad ottene- re un impasto omogeneo. 3. Stendete la pasta in una sfoglia sot- tile e con un tagliapasta dentellato di 10 cm di diametro ritagliate dei dischi. Distribuite al centro di ciascuno di essi un cucchiaio di ripieno, ripiegate verso l’alto il bordo della pasta e piz- zicatelo in cinque punti.

Infornate a 160°C per 15 min. Fate freddare e servite accompa- gnandoli con del miele di acacia.

176 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 177 Mousse di ricotta ai frutti di bosco e miele,

con cialda al Pecorino Toscano dolci

Ingredienti per sei persone: Procedimento:

Ingredienti per la mousse: 1. Passare al setaccio la ricotta ed unire Panna 300 gr lo zucchero. Zucchero per la ricotta 300 gr 2.A parte scaldare il liquore con la can- Ricotta di pecora 800 gr nella e far sciogliere la gelatina; allegge- Miele q.b. rire la ricotta con la panna montata ed Frutti di bosco 500 gr incorporare la gelatina. Gelatina 15 gr 3.Versare il composto negli stampi e far Liquore aromatico 50 gr riposare per 2 ore in frigorifero. Arancia e limone q.b. 4. Nel frattempo fare uno sciroppo con Zucchero per la salsa 150 gr acqua, zucchero ed aromi; aggiungere i Cannella q.b. frutti di bosco e frullare il tutto. Bucce caramellate di agrumi q.b. 5. Passare allo chinoise; dressare la mousse su piatto decorato con la salsa Ingredienti per la cialda: e guarnire con il miele, bucce di agrumi Panna 50 gr caramellati e cialda al Pecorino Toscano. Zucchero a velo 50 gr Burro 50 gr Procedimento per le cialde: Pecorino Toscano 50 gr 1. Montare il burro e aggiungere tutti gli Farina 50 gr altri ingredienti. Su teglia riscaldata formare delle cialdi- ne ed infornare a 200°C.

178 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 179 Torta salata

al Pecorino Toscano dolci

Ingredienti per sei persone: Procedimento:

Ingredienti per la pasta brisè: 1. Amalgamare il burro con la farina, farina 250 gr aggiungere le uova, il sale e lo zucchero. burro 125 gr far riposare in frigo per circa trenta min. uova n. 1 2. Stendere la pasta brisèe ad uno spes- zucchero 10 gr sore di 3-4 mm, foderarvi una tortiera sale q.b. e bucherellare con una forchetta. 3. Tagliare la pancetta a listarelle, sbian- Ingredienti per la farcia: chirla in acqua bollente, farla asciugare Pecorino Toscano grattuggiato 180 gr in padella senza seccarla e disporre infi- Pancetta affumicata 120 gr ne sul fondo della tortiera. Uova n. 2 4. Mettere a bollire il latte e la panna Uova (solo tuorlo) n. 1 con un pizzico di noce moscata, sbatte- Latte 240 ml re le uova e il tuorlo con sale e pepe, Panna 120 ml aggiungere il latte ed il Pecorino Noce moscata q.b. Toscano grattuggiato amalgamando Sale e pepe q.b. bene. Versare nella tortiera ed infornare a 180°C. per 30 min.

180 PECORINO TOSCANO D.O.P. PECORINO TOSCANO D.O.P. 181 Un particolare ringraziamento a chi ci ha aiutato nella realizzazione di quest’opera: - Daniele Galluzzi, titolare dell’azienda agricola Casale Pozzuolo -Istituto Professionale di Stato Luigi Einaudi di Grosseto – indirizzo alberghiero – per la collaborazione nella realizzazione delle ricette. - Alexander srl per la fornitura dei coltelli per il taglio del ”Cacio”. - Gli eredi del sig. Settimio Gambineri per le attrezzature storiche per l’ambientazione delle foto. - A tutti i fotografi professionisti e non, che hanno gentilmente concesso l’utilizzo delle foto storiche e paesaggistiche.

182 PECORINO TOSCANO D.O.P. © Copyright 2006 Oriongraph®

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Testi: Alfredo Spanò di Carlo G.Valli “La saga di uomini e greggi”

Foto di copertina: Marco Bravi, Alessandro Chiarini, Lorenzo Lessi. Foto interne: Marco Bravi, Cristian Ambrosio, Mauro Pieroni, Alessandro Chiarini, Carlo Bonazza. Foto storiche: Adolfo Nenci

Stampato nel mese di Aprile 2006

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PECORINO TOSCANO D.O.P. 183 Questo volume è stato stampato, nel mese di aprile 2006, da Fotolitografia Faltracco (Verona) per conto dello studio Oriongraph (Verona) La carta utilizzata è la patinata opaca da 135 g Garda Art della Cartiera Garda per l’interno patinata opaca da 170 g Garda Art della Cartiera Garda per la sovracoperta I caratteri tipografici impiegati sono GillSans Light e il GoudySans SCEF Book