l’immagine Perpignan, professione reporter La MICHELE SMARGIASSI Domenica cultura Soldi, donne, politica: processo a Dante DOMENICA 17 AGOSTO 2008 di Repubblica SIEGMUND GINZBERG Città futura Ieri Parigi, poi New York, oggi La “metropoli che verrà” sposta di continuo i suoi confini Ecco come FOTO SCIENCE PHOTO LIBRARY / GRAZIA NERI

ETTORE LIVINI GABRIELE ROMAGNOLI spettacoli DUBAI La Swinging London di Battisti e Mogol a città del futuro c’è già. Una foresta di vetro, ac- a città del futuro è come la città ideale: tutti ne CARLO MORETTI ciaio e cemento con le fondamenta ben pian- parlano, ma nessuno la crea. La “città del sole” tate nella sabbia e nell’acqua. Immaginata dal di cui parlava il filosofo Tommaso Campanella figlio di una gloriosa famiglia di beduini arabi ha avuto molteplici tentativi di realizzazione, i sapori mezzoL secolo fa. Cresciuta a tempo di record, strappando almenoL in piccolissima scala (Christiania in Danimarca, dune al deserto, acqua al Golfo Persico, azzurro al cielo. E Arcosanti in Arizona, per esempio), quella dell’avvenire è Salsa di pomodoro, il miracolo rosso diventata oggi con le sue opere faraoniche, le sue torri di Ba- un concetto che si sposta come l’avvenire stesso. Ogni vol- LICIA GRANELLO e MARINO NIOLA bele da vertigine e con il nome di Dubai il palcoscenico del ta che il modello appare identificato, corre in avanti. E cam- più ardito esperimento di urbanistica, architettura e mul- bia continente. Quando dominava l’Europa era nel diveni- ticulturalismo del terzo millennio. All’inizio, quasi cin- re di Parigi, quando il testimone è passato all’America si è le tendenze quant’anni fa, c’erano solo Rashid Bin Saeed Al Maktoum chiamata New York, Chicago, perfino Las Vegas. Ora è la — erede dell’omonima famiglia regnante sul piccolo emi- stagione dell’Asia: tocca a Shanghai, Dubai, ma forse la Safari, uno stile da giungle d’asfalto rato — e un villaggio di pescatori di perle. bussola dovrebbe puntare altrove. JACARANDA CARACCIOLO FALCK e STEFANO MALATESTA (segue nelle pagine successive) (segue nelle pagine successive)

Repubblica Nazionale 36 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 17 AGOSTO 2008 la copertina Dubai – a differenza di quel che molti pensano – non poggia sui proventi Città futura del petrolio ma sul sogno dello sceicco Rashid Bin Saeed Al Maktoum, che mezzo secolo fa immaginò la sua città ideale come un mosaico di commerci, finanza, turismo e la creò dal nulla forzando all’estremo le frontiere dell’architettura e dell’urbanistica

Metropolis nel deserto

ETTORE LIVINI a ripetersi ogni giorno. Le barac- nato nella sua corazza di gru e im- tate un must del business immo- che dei pescatori sono un ricordo palcature — destinato a diventa- biliare da vip. Come la Palm Ju- (segue dalla copertina) da museo. Solo nel 2007 nell’e- re l’edificio più vicino al cielo con meriah, l’arcipelago a forma di mirato sono state effettuate tran- gli oltre ottocento metri. In palma costruito sul mare — gran- n villaggio di pe- sazioni immobiliari per 127 mi- ostentazione e lusso, come per il de come ottocento campi di cal- scatori di perle con liardi di dollari, il doppio dei sol- Burj Al Arab, l’albergo a forma di cio — che ha aggiunto 520 chilo- la sua flottiglia di di necessari secondo la Banca vela costato 650 milioni e diven- metri di coste al patrimonio geo- fragili dhow, ac- Mondiale per ricostruire l’Iraq tato il simbolo dell’emirato, dove grafico del paese. Uno dei pochi campato sulle rive dopo la Guerra del Golfo. Il vec- la suite può costare fino a 28mila artefatti umani visibili dal satelli- di un rigagnolo che chio molo dove una volta dondo- dollari a notte. Nemmeno gli ele- te, coperto di ville esclusive i cui tagliavaU come una vena l’ultimo lavano pigre le nasse è oggi di- menti sono un ostacolo alla vo- prezzi sono cresciuti del seicento lembo di deserto prima del mare. ventato , il quarto porto glia di stupire di chi sta pianifi- per cento dal 2002. Poche case, le reti stese al sole e il più trafficato del mondo, cernie- cando la metropoli del deserto. Un cocktail architettonico che piccolo pontile dove ogni tanto ra vitale del traffico merci tra est Centinaia di navi aspiratrici ri- sintetizza la globalizzazione e i — era un avvenimento — attrac- e ovest. Il posto dello sceicco Ra- succhiano giorno e notte sabbia miti della civiltà dell’immagine. cavano le navi dei commercianti shid è stato preso alla sua morte, dal fondo del Golfo Persico, l’az- Un po’ Manhattan e un po’ Di- sulle rotte tra Oriente e Occiden- nel 1990, dal figlio Mohammed zurro del mare è tagliato dalle sneyland, un buen retiro per pa- te. che nel frattempo ha messo da centinaia di scie ocra di peroni in fuga dall’umidità e in Erano anni in cui il petrolio parte un tesoretto personale questi mostri con l’elica. cerca di un esclusivo villaggio- non era ancora diventato oro ne- di 14 miliardi di dollari. Che poi sputano il loro vacanze dove prendere residen- ro e il Golfo era periferia estrema Le fondamenta della città prezioso carico lungo za, ma anche un paese che aspira del mondo. Eppure nel 1959 il vi- del futuro, contrariamente le coste della città a diventare il nuovo cuore della sionario sceicco, tra lo scettici- ai luoghi comuni, non creando dal nulla i finanza mondiale bagnando il smo dei suoi sudditi pescatori, ha affondano nei proventi del nuovi moli del naso a Wall Street e alla City. Mis- iniziato a pianificare la sua città petrolio. Il Dubai non è il porto e le in- sione in parte già riuscita visto ideale. Ha chiesto un po’ di soldi Kuwait e nemmeno Abu credibili isole che tutte le principali merchant in prestito al vicino Kuwait. Ha Dhabi. Certo, anche nel artificiali bank anglosassoni — a caccia di comprato gru, ruspe e camion. suo sottosuolo dal 1966 già diven- petrodollari — hanno messo su Ha iniziato a dragare il canale, si estrae del greggio. E casa da queste parti, mentre la rafforzandone gli argini e sca- questi soldi non guasta- Halliburton — colosso petrolife- vando il fondo per renderlo navi- no. Ma oggi solo il sei ro e di forniture militari da sem- gabile alle navi. Ha costruito nel per cento del Pil (cre- pre vicino all’amministrazione nulla (e dove nulla arrivava) ma- sciuto a tassi del più Bush — ha addirittura trasferito gazzini e grandi moli. Con un so- venti per cento da inizio qui il suo quartier generale. E del gno preciso: attirare al villaggio millennio) deriva dal- milione e duecentomila abitanti come un magnete il commercio e l’estrazione dell’oro ne- della città, ben l’ottanta per cen- la ricchezza. Certo che con loro ro. Il resto sono servizi to sono espatriati che si sono tra- sarebbero arrivati i soldi per co- portuali, finanza e turi- sferiti qui per lavorare sulle coste struire le case, le scuole e gli smo esattamente come del Golfo. ospedali che sarebbero serviti sognava lo sceicco Ra- La città ideale immaginata da- anche ai suoi concittadini. shid. gli Al Maktoum è governata da un Il sogno oggi è realtà. E la stra- Su queste basi è cre- refraindi fondo: il “vorrei ma non tegia di Rashid Bin Saeed è anco- sciuta in modo un po’ posso” non esiste. I soldi rea- ra la stella polare che guida la tu- magmatico una sorta di lizzano qualsiasi sogno, multuosa crescita della città nata urbanistica dell’impos- anche il più assurdo. Fino dal nulla. Il circolo virtuoso (per sibile. Il limite non esi- a generare bizzarri ora) funziona. Ricchezza chiama ste. In altezza, come per esempi di biotecnolo- ricchezza. Dollari chiamano dol- l’avveniristico Burj Du- gia urbanistica. Come lari. E il miracolo Dubai continua bai — ancora imprigio- le piste da sci tracciate

Repubblica Nazionale DOMENICA 17 AGOSTO 2008 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 37

EMIRATO DEL DUBAI Stato: Emirati Arabi Uniti Popolazione: 1.370.714 abitanti Età media popolazione: 27 anni Capitale: Dubai City Superficie: 3.885 km² Densità: 352,8 abitanti per km² Lingua: arabo (ufficiale), inglese (commerciale)

Strana, nuova, alta... l’avvenire rompe le regole

GABRIELE ROMAGNOLI

(segue dalla copertina)

l problema è che per individuare questo luogo-miraggio si sono spesso seguiti tre criteri architettonici di- scutibili: “famola strana”, “famola nuova”, famola alta”. Futuropoli deve necessariamente essere qualcosa Idi mai visto prima, con edifici dalle forme inedite, strade che si intrecciano su differenti livelli, artifici che creino quel che non era dato in natura. Per questo ora si guarda a Dubai, con le sue torri improbabili, le sue car- reggiate a misura di suv, le isole che non c’erano. Ma Dubai ha un limite: è invivibile nel lungo periodo e una città bisogna pur abitarla perché esista. Se non inventano anche un termostato, oltre alle montagne in scatola, come potrà assumere un aspetto urbano? Non è una società, piuttosto un gioco di. Per essere una novità lo è sicuramente, nasce dal nulla, sorge nel deserto e questa è un’altra prerogativa di Fu- turopoli. Anche Las Vegas è sbocciata in un ambiente simile, poco importa se è nata dal sogno di un gangster anziché da quello di uno sceicco. Il deserto determina molti svantaggi, ma nessun limite. Las Vegas può conti- nuare a moltiplicarsi, è un cruciverba insolubile perché tende all’infinito in un moltiplicarsi di edifici verticali sempre più arditi su un piano dalle illimitate traiettorie orizzontali. Ogni volta che sali sulla terrazza dell’hotel Rio scopri che le luci si sono spinte più lontano, verso l’orizzonte, mangiandosi buio e sabbia. Analogamente, ogni volta che sali sulla vetta dell’hotel sette stelle di Dubai, di fronte alla costa di Jumeira ci sono nuovi atolli, terra d’importazione, sui quali piantare altre torri, perché anche lì il cruciverba non trovi soluzione. Strana, alta e nuova, Futuropoli viene continuamente scavalcata da se stessa. Come doveva sembrare nuova Chicago cinquant’anni fa, con quella giungla di alberi di cristallo e la metropolitana sospesa tipo liana arroto- lata. Che emozione purissima New York, declinata a est da Shanghai. Ma qual è veramente il carattere della città del futuro? L’ultramodernità, la complessità, l’iperrealtà? Può bastarne uno? Tra le città che abbiamo sotto gli occhi quella che funge da indicatore per lo sviluppo può essere davvero una versione esponenziale del model- lo americano, asiatico, europeo? O è saggio accettare l’idea che il futuro e i suoi contenitori siano sincretici? Se così è, il modello esistente è Singapore, dove convivono grattacieli, pagode e palazzi coloniali. Templi hin- du, moschee e chiese. Anelli tangenziali e tranquille strade costiere. Dove con un autobus si possono attraver- sare i continenti, tenendo tutto insieme, perché se il nostro futuro sarà figlio della coesione e non del conflitto è in luoghi così che dovremo abitare. In caso contrario l’umanità non dovrà preoccuparsi dell’urbanesimo, le sarà lieve la terra. FOTO CONTRASTO

BURJ DUBAI BURJ AL ARAB SKI DOME DUBAILAND Ancora in costruzione, È uno degli alberghi Immenso complesso Progetto, in fase Il progetto prevede Progetto del tedesco è stato progettato più lussuosi al mondo, per gli sport invernali, di realizzazione, la creazione di isole Joachim Hauser, da Adam Smith caratterizzato interamente coperto per un gigantesco artificiali disposte che prevede la costruzione Sarà il grattacielo più alto dalla particolare e realizzato con seimila parco ricreativo (sarà in modo da disegnare di un albergo sottomarino del mondo forma a vela tonnellate di vera neve il doppio di Disneyland) un albero di palma a Dubai

(con gran successo) dentro un salire (più 79 per cento da inizio degli immobili. Gli interminabili mega impianto, il Dubailand Ski 2007). Il regime di esenzione fi- ingorghi quotidiani — calcolano Dome, che crea la neve nel deser- scale attira a getto continuo qui — costano 1,2 miliardi di dol- to. Al quale presto si aggiungerà il aziende, banche e nuovi emi- lari l’anno. Anche l’economia dà Dubai Sunny, dove oltre a skilift e granti verso il Golfo. I cavalli del- qualche colpo a vuoto: c’è un’in- ponti di ghiaccio ci saranno an- la Godolphin, la scuderia degli Al flazione che cresce a due cifre e che numerosi orsi polari. Come Maktoum, vincono negli ippo- un debito arrivato al 42 per cento Chess City, l’erigenda città con le dromi di tutto il mondo. Alle ban- del Pil, tanto che si parla dell’in- torri a forma di pezzi degli scac- chine del porto è stata ormeggia- troduzione di un’Iva del tre-cin- chi. O , il nuovo arci- ta la Queen Elizabeth 2, gloriosa que per cento sui prodotti. Il ri- pelago di isole artificiali in co- nave da crociera e orgoglio della schio più alto però è lo scoppio struzione a forma di planisfero. E marineria inglese, rilevata dall’e- della bolla immobiliare, la colon- ancora stanno nascendo un nuo- mirato e trasformata in hotel gal- na vertebrale dell’economia na- vo aeroporto da 120 milioni di leggiante. E i dollari continuano zionale. Lo spettro è quello di passeggeri l’anno, una copia del a entrare a fiumi nelle casse del- Singapore, dove alla fine degli Big Ben destinata ad abitazioni e l’emirato, che in pochi anni ha anni Novanta, dopo il boom, i uffici, Dubailand, un parco di- acquistato la Peninsular & Orien- prezzi delle case sono crollati vertimenti da 70 miliardi tal, la società dei porti britannici, dell’ottanta per cento. L’agenzia grande 278 chilometri qua- le borse scandinave, il due per governativa, non a caso, sta met- drati, e Hydropolis, il primo cento della Sony, una bella quota tendo le mani avanti e potrebbe albergo subacqueo al dell’Hsbc, di Airbus e della Daim- proporre misure anti-specula- mondo. ler, persino il venti per cento de- zione che impediscano di riven- Troppa roba? Può gli acrobati del Cirque du Soleil. dere un appartamento appena darsi. Vista dall’alto, La città del futuro però, sotto acquistato. atterrando con l’A380 la superficie dorata, comincia a Senza contare il fatto che sulla di superlusso della far emergere anche le prime città del futuro non esiste copyri- Emirates, la compa- contraddizioni. Come i pro- ght. Tanto che i vicini dell’emira- gnia aerea di Dubai, blemi delle centinaia di mi- to hanno appena presen- la città è una specie gliaia di filippini, indiani e tato in pompa magna il progetto di termitaio con torri pakistani chiusi nelle barac- di Al Zorah, una metropoli anco- altissime e gru in pie- che del quartiere industriale ra più esclusiva della rivale (due- no movimento. di Al Quoz, le braccia centomila abitanti) pronta a na- Ma finora il che hanno costruito il scere da zero nel deserto. Altri giocattolo fun- sogno degli Al Maktoum FOTO CORBIS soldi puntati sul riscatto di un ziona. Il turi- in cambio di pochi dol- pezzo di mondo rimasto finora smo è cresciu- lari al giorno. Un’uma- LA CITTÀ DELLE MERAVIGLIE sospeso tra l’Occidente e gli to del 228 per nità nascosta, scesa di Da sinistra in alto, in senso orario: scricchiolii geopolitici del Golfo. cento in un de- recente in sciopero per foto di un interno del Burj Al Arab; A poche decine di chilometri dal cennio. I prez- provare a migliorare le il Burjuman Centre, un luogo rinomato Burj Al Arab ci sono lo stretto di zi delle case sue condizioni di vita. per lo shopping; altre due immagini Hormuz e l’Iran. E tutti qui sanno continuano a Poi c’è il caotico traffi- del Burj Al Arab; un ristorante che i venti di guerra potrebbero co in centro. Qui ci sono del Dubai Mall con visuale in qualsiasi momento far svanire otto macchine ogni die- sul Dubailand Ski Dome; un plastico i sogni degli Al Maktoum. Ma chi ci persone e la pianifica- de “The World Project”, iniziativa ha avuto il coraggio di immagi- zione delle infrastruttu- che prevede la creazione di trecento isole nare, disegnare e costruire un so- re stradali (costano ma artificiali che viste dall’alto hanno la forma gno impossibile come quello di non rendono come un del globo terrestre; una foto Dubai può pure scommettere bel grattacielo) è andata panoramica del distretto di Bada’a che il futuro ci riservi un mondo più a rilento di quella In copertina: veduta aerea di Palm Islands migliore senza guerra.

Repubblica Nazionale 38 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 17 AGOSTO 2008 l’immagine Dal 30 agosto al 14 settembre a Perpignan, sui Pirenei francesi, Professione reporter si svolge l’edizione numero venti di “Visa pour l’image”, l’appuntamento più prestigioso per i fotogiornalisti di tutto il mondo. Un anniversario in tempi di crisi ma – come dice Jean-François Leroy, padre-padrone della kermesse – la crisi è dei media perché “i veri fotografi ci sono ancora”

Il festival delle notizie da vedere PERPIGNAN fotografi esistono ancora». E anche que- decenni. fortuna, ma a quanto pare molto con- MICHELE SMARGIASSI st’anno, come da vent’anni compiuti, ne Vent’anni dopo. Da Dumas in poi, è vincente come patrono dei colleghi. Un ’ennui», la noia, ha trovati abbastanza per riempire di questa la misura temporale che trasfor- festival di fotografia non era la scelta più non la nausea esi- immagini questo borgo medievale ai ma un’avventura in un classico. ovvia per Perpignan. Nessuna vocazio- stenziale di Sartre, piedi dei Pirenei le cui stradine tra qual- Vent’anni dopo, il festival Visa pour l’i- ne locale, se non una blanda coinciden- proprio la noia che che giorno, come ogni anno per una set- mage è sicuramente un classico nel za: lì vicino, nel villaggio di Estagel, nac- «sfianca eL addormenta. Morirà di noia il timana all’inizio di settembre, si affolle- mondo della fotografia: «Sì, d’accordo, que l’astronomo François Arago, che nel fotogiornalismo, teme Jean-François ranno di migliaia di fotografi famosi, hai esposto al MoMA», è la battuta che 1839 fu padrino e garante dell’invenzio- WEST POINT Leroy quando è più sfiduciato. Noia co- aspiranti famosi, e di semplici golosi di circola tra i cacciatori di immagini, «ma ne di Daguerre. E poi sulla fotografia era- Foto grande in alto a destra me quella che lo assale ogni anno, a trat- “notizie da vedere”. Durerà? Certo, non non sei ancora stato invitato a Perpi- no in campo già da anni, e non molto lon- Accademia militare ti, mentre sfoglia le immagini da selezio- è proprio un indizio di ottimismo festeg- gnan...». Vent’anni dopo, il fondatore e tano da lì, i blasonatissimi Rencontres di di West Point, estate 1957 nare per le mostre e i premi speciali del giare il compleanno della maturità con direttore del festival è un D’Artagnan Arles. Ma Arles è un festival di arte foto- Visa 1992, Pierre Boulat Festival di Perpignan, da vent’anni esat- un convegno nel cui titolo ricorre ben tre scamiciato e sorridente che non rinun- grafica: Perpignan scelse la cruda foto- © Pierre Boulat/Cosmos ti il «suo» festival, l’appuntamento inter- volte la parola “crisi”: Crisi del fotogior- cia a tirar di sciabola pur di difendere la grafia dei fatti. Leroy la mette così: «Ad nazionale più pre- nalismo, crisi del giornalismo o crisi del- sua grande famiglia. «C’è una quantità di Arles vanno quelli che le foto le fanno. Da stigioso per i gior- l’informazione? Ma il patriarca Leroy ha persone che giocherellano con la mac- noi, quelli che le prendono». nalisti dell’occhio. già una personale risposta. «Vede que- china fotografica, pigre, senza idee. Poi Cani da riporto della realtà, fotografi Ad agosto l’ufficio sto? È appena arrivato, è il reportage di ci sono i fotografi. Visa è per i fotografi». che scarpinano il mondo per quattro sol- parigino del festival Noël Quidu dal Nepal. È straordinario, Ci vuole un passaporto, per entrarci. Vi- di. «È inconcepibile che reporter come è sommerso da bu- sfogli queste foto poi mi dica: da quanto sa vuol dire appunto “visto”, come dire Paul Fusco, Laurent Van der Stockt, ste gialle con fran- tempo non vede su un magazine una un timbro sul «passaporto per le emo- Stanley Green, Enrico Dagnino debba- cobolli di tutto il storia sul Nepal? Forse non vedrà nep- zioni». Il doganiere è ovviamente lui, Le- no far fatica a pubblicare e spesso perfi- mondo, a pile, a pure questa. La crisi è dei media, non dei roy. Sicuro dei suoi gusti, tecnologica- no a mettere assieme il pranzo e la ce- pacchi, sulle scri- fotografi, ecco la mia risposta. Se tutte le mente un po’ conservatore (ha dato via na!», tuona Leroy. Visa voleva essere la vanie, sulle sedie, mostre che vedrà qui a Perpignan fosse- libera al digitale solo nel 2005). Padre pa- vetrina dei loro talenti. C’è riuscita, se ti- per terra. Almeno ro state pubblicate, lei non mi avrebbe drone, e guai a contraddirlo: è negli an- ri le somme del ventennio: seicento au- quattromila foto neppure fatto la domanda». Perpignan è nali un suo scontro con James Na- tori esposti singolarmente, oltre un mi- sono arrivate an- il magazine che non c’è. È un giornale chtwey, il più credibile erede di Capa, per lione di visitatori, circa diecimila imma- che quest’anno, e senza carta che esce una sola volta al- una banale questione di selezione delle gini presentate ogni edizione, tra mostre lui se l’è guardate l’anno, il rotocalco delle storie che nes- immagini da proiettare. Dittatore asso- tradizionali nei vecchi conventi dei Mi- come sempre tutte, sun altro racconta. Tutto questo, da due luto, dice qualcuno. «Non “qualcuno”: nimes e di Sainte Claire, nella chiesa dei una a una, è un im- lo dico io, Jean-François Leroy! Sono lo Domenicani, e proiezioni notturne nel- GATTO E CARRARMATO pegno onorato ogni estate da vent’anni. Stalin di Visa. Non c’è democrazia, a Per- l’ampia suggestiva arena del Campo Nell’altra pagina, seconda Un impegno non sempre entusiasman- “Visa” vuole essere pignan. Decido io. È la mia visione. E lo Santo. Centinaia di photo-editore titola- dall’alto. Beirut, febbraio 1984 te. Quante fotografie «pulite, sterilizza- sarà finché funziona». ri di agenzie convergono a Perpignan nel Visa 1990, Patrick Chauvel te» che non raccontano più il mondo ma la vetrina dei “cani In effetti, finora ha funzionato. Visa è corso delle giornate riservate ai profes- © Patrick Chauvel/ lo ripetono alla nausea: «Non ne posso uno dei più longevi festival culturali sionisti, si sparpagliano nei caffè all’a- Corbis-Sygma più di tutti questi ritratti, ritratti, e ritrat- da riporto d’Europa. Non ci avrebbe scommesso perto, disponibili a farsi avvicinare da ti di gente che ha in mano ritratti». Il pro- forse neppure il sindaco di Perpignan, esitanti ragazzi con i loro portfolio sotto- blema della povertà urbana? Un po’ di ri- quando nel 1988 lanciò un bando d’idee braccio, a dare giudizi, consigli... Certo, tratti di homeless. La guerra in Iraq? Una della realtà”, talenti per un festival di qualsiasi cosa, giusto Perpignan è il festival dei contatti. Ahi- PRESA DEL REICHSTAG galleria di ritratti di marine. Lo tsunami? per dare alla cittadina franco-catalana noi, un po’ meno dei contratti. I giornali Nell’altra pagina, terza dall’alto Ritratti di sopravvissuti che mostrano ri- che scarpinano un po’ di appeal turistico in più. Jean- apprezzano il festival, scrivono recen- Berlino 1945, tratti di vittime. Where have all the pictu- François Leroy era poco più che un ra- sioni encomiastiche, ma poi non acqui- la presa del Reichstag res gone? dovrebbe cantare oggi Joan il mondo gazzo, un cardiochirurgo mancato, un stano i servizi. C’è da giurare che anche Visa 1995, Yevgenij Khaldei Baez, dove sono finite le fotografie? fotografo d’agenzia (la storica Sipa di quest’anno Leroy dovrà tirarli per la © Yevgenij Khaldei/Soyuz/ A Perpignan, forse. Perché alla fin fine, Göskin Sipahioglu, uno degli invitati giacca: «Elogiate di meno e comprate di Mark Grosset Photographies assicura l’esausto Jean-François, «i veri per quattro soldi speciali al compleanno) di non eccelsa più, per favore».

BAGDAD CONQUISTATA CADUTO IN IRAQ A sinistra in alto Qui sopra. Reno, Stati Uniti, Le truppe americane agosto 2005, arrivo della salma conquistano Bagdad, del tenente James Cathey aprile 2003 Visa 2006, Todd Heisler Visa 2003, Alexandra Boulat © Todd Heisler/ © Alexandra Boulat/VII Rocky Mountains News/Polaris

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L’ottanta per cento dei reportage mo- non è mai cambiato. Sostenuto da qual- Goya della guerra in Corea, che solo que- strati a Visa è inedito, e purtroppo la che sponsor, tenuto in piedi dal munici- st’anno ha accettato di esibire il suo al- maggioranza resta tale. «Il mondo è pie- pio, non paga somme favolose agli invi- bum toccante. no di fotografi con storie straordinarie tati. «Sanno che non mi arricchisco su di Nell’ufficio parigino del festival, le lo- che nessuno pubblica». La missione del loro. Il mio stipendio è pubblico: poco ro straordinarie fotografie sono appese festival è «il diritto di vedere, il dovere di più di quattromila euro al mese. Che è dappertutto, perfino in bagno. Ma solo far vedere», soprattutto quel che meno si poi», ride, «l’altra grande differenza tra perché sono doni firmati degli autori. vede. Ogni anno, dal ‘94 al 2002, il festival Perpignan e Arles...». Li ha reclutati uno «Non comprerei nessuna di queste foto- ha allestito una mostra sulla guerra di- a uno, di persona, anno dopo anno, cor- grafie per appenderla in salotto. Le no- menticata in Cecenia. «Quando chiedia- teggiando con la stessa tenacia i giovani stre foto vivono sulla carta dei giornali». mo ai nostri padri cos’hanno fatto con- promettenti e i mostri sacri. Per convin- Vivono per comunicare, non per mo- tro i lager nazisti, rispondono che non cere un riluttante Alfred Eisenstaedt, per strarsi come oggetti d’arte. Visa è uno sapevano. Quando i nostri figli chiede- quasi quarant’anni la firma di punta di spazio concerned, impegnato. Di de- ranno a noi cos’abbiamo fatto contro i Life, promise di baciargli i piedi al mo- nuncia. «Umanista», preferisce dire Le- massacri in Darfur, non potremo dare la mento dell’arrivo. E lo fece. Per strappa- roy. È l’asilo dei fotografi non-pigri. Di stessa risposta». Nei rari casi in cui la cen- re al riservatissimo Yevgenij Khaldei, il quelli che non accettano di essere em- sura ha prevalso, ha tappato gli obiettivi, fotografo Tass che immortalò la bandie- bedded, cioè, secondo l’etimologia abu- il festival ha scelto di denunciare l’assen- ra rossa sul tetto del Reichstag nel 1945, siva suggerita dal festival, «non accetta- za: grandi schermi neri con la scritta «Al- la sua prima mostra fuori dall’Urss volò no di andare into bed, a letto con il pote- geria». L’etica, ancora quella: mostrare a Mosca con una bottiglia di bordeaux re». Mica facile, nell’epoca delle new war tutto quel che si può. Anche il peggio. «Il sotto il braccio e la determinazione a tor- strettamente sorvegliate. In Iraq perfino mondo, spiacenti, è violento». Ma è sicu- nare solo con un sì. Aveva ragione: fu for- Capa non sarebbe riuscito a fare gran- ro, direttore, che la gente voglia davvero se la serata più memorabile di tutti i ché... «No», insorge Leroy, «Capa avreb- vedere l’orrore del pianeta? «Centoven- vent’anni. Sul palco, davanti a migliaia di be trovato il modo di darci lo stesso delle tottomila spettatori al festival dell’anno persone, Khaldei incontrò Joe Ro- immagini straordinarie. La prova è che scorso, sono venuti per cosa? Il pubblico senthal, il fotografo americano che for- molti ci riescono». vorrebbe vedere, è l’imbuto dei media giò l’icona della Seconda guerra mon- L’album di questi vent’anni è pieno di che è stretto». diale, la bandiera a stelle e strisce sul scatti che fanno saltare sulla sedia. Il gat- Al “piccolo padre” Leroy, i fotografi monte Suribachi a Iwo Jima. Due grandi, to che corre davanti ai cingoli di un tank credono. Il festival si regge da vent’anni due bandiere, due miti: si scambiarono israeliano nel mezzo della battaglia del sulle spalle sue e di un piccolo staff che in pubblico le loro icone, con dedica, ab- Libano (Patrick Chauvel, 1990); il dop- bracciandosi. «Fu un momento com- pio mento fuori ordinanza di una reclu- movente, tutti in piedi, con le lacrime ta di West Point (Pierre Boulat, 1992); il Bilancio ventennale: agli occhi». Poco dopo, Leroy vide quei bimbo di Kabul col suo tesoro trovato fra due ridacchiare tra loro: «Ci siamo resi le macerie, un palo di legno lungo tre seicento autori conto solo adesso che siamo entrambi volte lui (Laurent Van der Stockt, 1995); ebrei. Be’, gliel’abbiamo fatta vedere, a le bare dei soldati americani rimpatria- esposti, diecimila Hitler...». te sotto gli occhi di passeggeri indiffe- Nel tempo, quasi tutti i grandissimi renti (Todd Heisler, 2006)... Se c’è un ri- ancora in vita hanno fatto un’apparizio- schio, nei compleanni, è pensare che immagini a edizione ne a Perpignan. John Phillips, il gigante tutto il meglio è già stato fatto. Program- buono della fotografia, l’anno prima di maticamente, questa edizione da cifra tra mostre morire sollevò di peso il sindaco, lo baciò tonda non cederà all’autocelebrazione: sulle guance ed esclamò: «Lei ha fatto di un bicchiere di champagne al Photo Bar e proiezioni, Perpignan la Salisburgo della fotogra- dell’Hotel Pams sarà più che sufficiente. fia!». Alcuni vengono tutti gli anni senza «E poi storie, tante storie, nient’altro che neppure avere una mostra in program- storie». Fino a quando ci sarà chi sa ve- un milione di visitatori ma, come David Douglas Duncan, il dere, e soprattutto chi vuol vedere.

LEONE DEL PANSHIR LIBERIA IN FIAMME SOLDATO-BAMBINO DOPO CERNOBYL A sinistra. Afghanistan, Qui sopra. La corsa A sinistra. Un soldato-bambino Qui sopra. Gonel, Bielorussia, inquadratura di spalle di un combattente festeggia l’indipendenza in una corsia di ospedale del comandante Massud, nella guerra civile in Liberia, nell’Angola del 1975 una madre piange la morte “il Leone del Panshir” aprile 1996 Visa 1996, Jean-Pierre Laffont della figlia per leucemia Visa 1997, Pascal Maitre Visa 1999, Patrick Robert © Jean-Pierre Laffont/ Visa 2005, Paul Fusco © Pascal Maitre/Cosmos ©Patrick Robert/Corbis-Sygma Corbis-Sygma © Paul Fusco/Magnum Photos

Repubblica Nazionale DOMENICA 17 AGOSTO 2008 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 41 le storie Centotrenta anni fa i reali carabinieri uccidevano con una palla Culti popolari in fronte David Lazzaretti, predicatore visionario a metà strada tra il millenarismo e il socialismo utopico. I suoi seguaci furono perseguitati e dispersi e il Viminale a tutt’oggi li cataloga tra le sette di stampo magico. Ma nei borghi attorno a Arcidosso ancora si riuniscono nel nome del loro “messia”

MASSIMO NOVELLI MONTE AMIATA

uando uccisero David Lazzaretti, l’ex bar- rocciaio venerato quale nuovo Messia e «Cristo in seconda venuta», si estenuava un Qgiorno di piena estate. Lasciata la vicina Grosseto per il gran caldo afoso, molti cittadini si erano trasferiti nei borghi montani dell’Amiata incoronati da secolari castagneti. Paesi come Arcidosso. Qui, il 18 ago- sto del 1878, i carabinieri reali aprirono il fuoco sulla pa- cifica processione dei seguaci di un uomo visionario, po- co più che quarantenne, che annunciava la fine del mon- do, predicava il collettivismo e la messa in comune dei beni, nonché l’era dello Spirito Santo, affermando che «la Repubblica è il Regno di Dio». Colpito da una palla di fu- cile in fronte, il Profeta dell’Amiata cadde davanti al suo popolo. Braccianti, pastori e gente umile che in lui, nel «Santo», riponevano anche la speranza di un riscatto so- ciale: Antonio Gramsci lo avrebbe ben compreso in una nota nei Quaderni del carcere. Alla morte, un omicidio di Stato ante litteram come Roberto Gremmo ha ricostruito in un saggio puntuale (Davide Lazzaretti. Un delitto di Stato, edito da Storia Ri- belle), fecero seguito arresti e persecuzioni degli adepti della Chiesa detta giurisdavidica, ritenuti in buona par- te sovversivi e comunque pericolosi per lo Stato e so- prattutto per la Chiesa cattolica, in particolare in un pe- riodo come quello, caratterizzato dagli attentati anar- chici ma pure dalle prime lotte contadine e operaie. So- no accadute molte cose da quell’agosto di centro- trent’anni fa, tuttavia quassù, fra Arcidosso, dove nacque David, e il Monte Labbro (o Labaro), fra Bagnore e Santa Fiora, il suo nome non si è dissolto nel nulla. Anzi. A di- spetto di chi considera morto e sepolto il suo apostolato messianico, sopravvivono diverse persone che non han- no mai tradito e perduto la fede in Lazzaretti, venata da millenarismo e da schegge di socialismo utopico. È ancora agosto, un pomeriggio di questa estate 2008. Arcidosso ricorda l’assassinio del Cristo dell’Amiata con Il Cristo dell’Amiata Torna il profeta ribelle numerose manifestazioni e con una mostra al Castello to un’apparenza. Non è necessario andare molto lon- LE IMMAGINI fratellanza per tutti, ed il vero socialismo». Aldobrandesco. Sono state promosse dal Comune e dal tano per trovarli. E per scoprire che la comunità reli- Sopra, in senso orario: ritratto di David A Le Macchie, una frazione di Arcidosso, fuori da Centro studi David Lazzaretti, da oltre un ventennio ful- giosa creata dal Profeta dell’Amiata ha saputo, nel cor- Lazzaretti (Fototeca storica David quell’abitato cittadino che all’epoca aveva duramente cro delle iniziative tese a rivalutarne la figura e il movi- so del tempo, difendere e tramandare da una genera- Lazzaretti); e tre dipinti di Giuseppe Corsini: osteggiato David e la sua predicazione, vive la signora mento spirituale, a lungo screditati e accusati, a torto, di zione all’altra una spiritualità spontanea, autentica, e David Lazzaretti gran monarca; il sacerdote Orsola. È una donna di età avanzata, semplice e schiet- ogni sorta di nefandezza. Basti dire che, a tutt’oggi, i giu- un credo di matrice popolare, che aveva indotto un giurisdavidico Filippo Imperiuzzi; ta: «La fede in David? Sicuro che ce l’ho sempre, perché risdavidici vengono incasellati dal ministero degli Inter- giovane Luciano Bianciardi, grossetano, l’autore de l’incontro fatale tra il Cristo dell’Amiata non dovrei averla? Come me c’è tanta altra gente. Ma- ni nella lista delle sette di stampo magico ed esoterico. Vi- La vita agra, a scrivere sull’Avanti!, nel luglio del 1953, e i reali carabinieri (Archivio Giurisdavidico gari non ne fa ostentazione, però è davvero credente». minale a parte, il contesto storico e culturale, il recupero riportando le parole di un adepto, che David «voleva la e Centro Studi David Lazzaretti) Poco più in basso, scendendo a Arcidosso, incontriamo della memoria popolare, almeno nell’Amiata, sono or- Assuntina, figlia di Nazareno Bargagli, uno dei sacer- mai ampiamente salvaguardati. Così come, grazie alla doti della Chiesa giurisdavidica, e Aldo Minucci, un’an- Fondazione del Monte dei Paschi di Siena, sono stati re- ziana coppia di coniugi. Pure loro testimoniano la per- staurati i luoghi di culto sul Monte Labbro, sopra Arci- sistenza della fede: «È stato David a dire che sotto la ce- dosso: dall’eremo alla grotta in cui David dormiva (e do- nere ci sarà sempre una scintilla. Ed è così. Quando, nei ve venivano, e vengono, celebrate le funzioni religiose); giorni di Ferragosto, si sale al Monte Labaro per le no- fino alla torre nuragica da lui fatta costruire a oltre mille stre feste, non ci si va mica per vedere le pietre ma per metri di altitudine, che avrebbe dovuto simboleggiare dire le nostre preghiere. Ci vuole del tempo, lo diceva l’Arca della Nuova Alleanza. anche David. Sta di fatto che le verità affermate dal Fi- «È molto positivo che si occupino di lui, però non gliolo dell’Uomo, che non era Cristo, figlio di Dio, ma vorrei che venisse trasformato in una specie di Ma- lui, si stanno avverando. Guardate la corruzione che c’è donnina che lacrima, per richiamo turistico». È il ti- in giro: be’, David l’aveva profetizzato». more che nutre Anna Innocenti Periccioli, pronipote Orsola. Assuntina, Aldo e Alberto Minucci. E Mauro di David, al quale ha dedicato un libro. E poi, aggiun- Chiappini, il figlio di Turpino Chiappini, che fu l’otta- ge Anna, «sarebbe importante che si attivassero per far vo sacerdote della Chiesa universale giurisdavidica. togliere i giurisdavidici dall’elenco ministeriale delle Quanti altri come loro? Difficile rispondere, impossi- sette». Pier Luigi Marini e Carlo Goretti, rispettiva- bile scomodare i numeri. Carlo Goretti, responsabile mente presidente e responsabile del Centro studi Laz- del Centro studi lazzarettiano, ha una convinzione: zaretti, assicurano che si stanno muovendo per far re- «Penso che per troppi anni sia stato privilegiato princi- stituire ai lazzarettisti la vera connotazione di chiesa. palmente l’aspetto sociale del culto di Lazzaretti, sulla Come non è avvenuto finora. Nei documenti di polizia falsariga delle annotazioni di Gramsci e delle interpre- rintracciati di recente dal citato Gremmo all’Archivio tazioni date via via dai socialisti e dai comunisti. Inve- centrale dello Stato, l’attenzione di questure e prefet- ce la chiave di volta è l’aspetto spirituale». Qual è il se- ture ha una natura prettamente inquisitoria. La que- greto della longevità di questa chiesa che, con buone stura di Roma, per esempio, l’8 dicembre 1953 invita- probabilità. è la più minuscola comunità religiosa di va altre questure italiane a vigilare sulla «setta», al fine montagna del mondo, creata e mantenuta in vita da «di prevenire e reprimere eventuali trasmodanze con- gente del popolo? Forse è sufficiente quanto Turpino trarie alla legalità e all’ordine pubblico», ritenendo Chiappini, muratore e contadino, sostenne in una let- opportuno inoltre «di far intervenire un alienista» alle tera inviata al Centro studi dolciniani nel 1993: «Il Laz- loro riunioni. zaretti fu un semplice, e fu compagno dei semplici, per- Se è indubbio un revival lazzarettiano, sembrano ché parlava di loro lo stesso linguaggio e noi siamo i ni- invece essere assenti i protagonisti reali, gli attori prin- poti e pronipoti di quei grandi vegliardi che continuia- cipali: i seguaci del culto. Tanto da dubitare, secondo mo a conservare quel lievito da lui lanciato che a tem- l’opinione di qualcuno, che esistano ancora. È soltan- po giusto ci verranno fatti tanti pani».

Repubblica Nazionale 42 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 17 AGOSTO 2008 CULTURA*

Processo Dantea

LA CARRIERA POLITICA A Firenze, fra il 1295 e il 1296, Dante è membro del Consiglio del Popolo, del gruppo dei “Savi” e del Consiglio dei Cento. Nel 1300 è nominato priore. Spesso il suo partito, i Guelfi Bianchi, lo usa come ambasciatore

L’ANTEFATTO Dante cerca in ogni modo di contrasatare le ingerenze del Papa nella politica di Firenze. Ma nel 1301, su richiesta di Bonifacio VIII, arriva in città con il suo esercito Carlo di Valois. I Guelfi Neri tornano al potere

IL PRIMO PROCESSO Diventa podestà di Firenze Cante Gabrielli. Mentre è in ambasciata dal Papa, a Roma, Dante è accusato di “baratteria”. Il 27 gennaio 1302, poiché non si presenta al processo, è condannato a pagare 5000 fiorini

LA CONDANNA ALL’ESILIO Dante non torna a Firenze per discolparsi, temendo la cattura In contumacia, il primo marzo 1302, la condanna a suo carico è trasformata in esilio, pena il rogo e la distruzione delle sue case

IL SECONDO PROCESSO Il 6 novembre 1315 la pena ( “ taglio della testa dalle spalle”) è estesa a tutti i discendenti di Dante (nel 1400 cadrà il bando contro di loro). Il poeta muore di malaria a Ravenna il 14 settembre 1321 e non rivede più Firenze

LA RIABILITAZIONE Il 16 aprile 1966 Dante viene assolto in un “processo” messo in scena ad Arezzo. Il 30 maggio 2008 due consiglieri comunali fiorentini del centro- destra chiedono la sua riabilitazione come cittadino “eccellente”

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ILLUSTRAZIONI Le illustrazioni Due sentenze, nel 1302 e nel 1315 di Lorenzo Mattotti sono tratte da La Divina Commedia-Inferno Accuse di “baratterie, illeciti lucri, Edizioni Nuages 1999 inique estorsioni”, e ancora “frode, falsità, dolo, malizia...” La condanna fu l’esilio, per evitare di essere bruciato o decapitato Ma quando, poco tempo fa, nel consiglio comunale di Firenze è piovuta la proposta del colpo di spugna retroattivo, le polemiche si sono subito riaccese Segno che nell’eterna Italia SIEGMUND GINZBERG col fondersi con gli ex nemici giurati della Chiesa. E perse, per- ché finì col trovarsi contro il Papa, e questa è da sempre la cosa a legge non è sempre uguale per tutti. C’è un italia- dei Guelfi e dei Ghibellini peggiore che possa capitare ad un partito cattolico. no così famoso da poter essere considerato ormai al Nel momento in cui gli intentarono il processo, Dante non si di sopra della giustizia. Era in odore di essersi arric- la questione merita di essere trovava nemmeno a Firenze, ma in missione ufficiale a Roma chito con le speculazioni sui terreni. Correva voce presso Bonifacio VIII. Forse si era montato la testa, se prestiamo che avesse fatto carriera grazie all’appoggio di una fede a Boccaccio si credeva ormai insostituibile e prima di ac- setta segreta di iniziati, una specie di P2. In politica analizzata con attenzione, come cettare la missione avrebbe detto: «Se io vo, chi rimane? E se io Lera entrato carico di debiti. Era di dominio pubblico che, pur rimango, chi va?». Ma quel papa era un osso duro. Narra il Com- avendo moglie e figli, continuasse a correre dietro a uno stuolo avvenne quarant’anni fa ad Arezzo, pagni, cronista politico d’eccezione, anche se forse un po’ fan- di belle donne. Anzi, era lui a vantarsene. Non si era mai presen- tasista, che prima cercò di blandire e convincere gli ambascia- tato ad alcuno dei processi a suo carico. Era stato più volte con- dove pubblica accusa e difesa tori fiorentini bianchi: «Li ebbe soli in camera e disse loro in se- dannato per corruzione, compravendita di magistrati ed espo- greto: “Perché siete voi così ostinati? Umiliatevi a me; e io vi di- nenti politici, per l’abuso a fini personali della sua alta carica di si scontrarono su colpevolezza co in verità che io non ho altra intenzione che di vostra pace”». governo e dei fondi pubblici. Ma nessun procuratore, nessun Poi li mandò a quel paese, facendo in modo che a Firenze il go- giudice oserebbe più incriminarlo o condannarlo, anche se le o innocenza del sommo poeta verno passasse ai neri. accuse si rivelassero vere. Si fa semmai a gara, quasi tutti d’ac- Pare che Bonifacio ce l’avesse in particolare con Dante prio- cordo, a riabilitarlo. A nicchiare restano ormai solo l’estrema si- re, di cui non dimenticava un pungente «Nihil fiat» alle sue ri- nistra, i verdi, e pochi altri, e per giunta in base ad argomenta- finché i giudici si pronunciarono chieste; e con l’avvocato Lapo Saltarelli, il quale a suo tempo ave- zioni che sembrano fatte apposta per essere incomprensibili ai va accusato tre banchieri fiorentini di voler vendere la Toscana più e irritanti per tutti. per la piena assoluzione al Papa, facendoli condannare ad una multa salatissima, non- Parliamo di Dante Alighieri, condannato, assieme ad altri, per ché al taglio della lingua se non pagavano. Dante comunque non aver commesso, quando erano al governo, «per sé e per altri ba- doveva avere grande stima per il suo compagno d’esilio se poi ratterie, illeciti lucri, inique estorsioni in denaro o altre cose»; nel Paradiso farà accostare dal suo avo Cacciaguida, quali esem- per aver «ricevuto denaro o promessa di denaro o altri vantaggi pi di decadenza, il giurista moralizzante «Lapo Saltarello» e la per qualche nuova elezione»; «per aver commesso, essi o qual- «Chianghella», la quale pare fosse una vedova di facili costumi. cuno di essi, o fatto commettere i predetti reati dando, promet- «Doveva essere uno di quei giuristi che volevano proni ai loro vo- tendo o pagando somme o cose o facendo scritte sui libri di qual- leri e ai loro interessi i magistrati; più retori che ragionatori an- che impresa, durante il loro pubblico ufficio o dopo di esso»; che quando si occupavano di questioni politiche», ipotizza Bar- «per aver riscosso dalla Camera… somme maggiori e diverse da gellini nella sua Vita di Dante, pubblicata in prima edizione in quelle previste negli stanziamenti»; per «aver commesso o fatto tempi non sospetti. commettere frodi o baratterie di denaro o cose in danno dello Nel processo di Arezzo, l’accusa era affidata ad Antonio Bel- Stato»; per «aver fatto spendere denari» per fini impropri di po- locchi, il quale, pur tributando ogni omaggio possibile all’im- litica estera; per «aver ottenuto denari o cose da privati o da en- putato, non mancò di far notare che era un tipo difficile, uno «an- ti con la minaccia di concussioni di immobili o con la minaccia goloso, amaro, violento, dal linguaggio tagliente», uno «alquan- di danni»; per «aver commesso o fatto commettere frode, falsità, to presuntuoso e schifo e disdegnoso», insomma uno che le an- dolo, malizia, baratteria e alta estorsione», al fine di mettere in tipatie se le cercava, e tirò in ballo pure le sue passioni extraco- difficoltà e dividere l’opposizione, far eleggere rappresentanti niugali, da Beatrice a Lisetta, Fioretta, Gentucca, La Casentine- «tutti di un solo partito», frustrare gli sforzi di pacificazione e col- se, Bianca, Giovanna, la Contessa, e così via. L’asse della sua laborazione istituzionale tra i partiti avversi. Così dice la sen- requisitoria fu che, alla luce delle leggi allora vigenti a Firenze, la tenza depositata il 27 gennaio 1302, emessa dal «nobile e poten- condanna potrebbe non essere così infondata, specie la secon- I soldi, le donne, la malapolitica

te Cavaliere Messer Cante dei Gabrielli da Gubbio, onorevole ca lettura» della Divina commedia. A fine 1400 sarebbe caduto il da quella del 1315, visto che da fuoriuscito Dante continuava a Potestà della Città di Firenze», registrata, come tutte le altre con- bando contro i discendenti. È di qualche settimana fa la propo- fare furibonda opposizione. danne concernenti «famiglie ribelli», nel “Libro del Chiodo” sta al Consiglio comunale di Firenze di riabilitare solennemen- E si potrebbe aggiungere che gli andò ancora bene che non lo conservato nell’Archivio di Stato, così chiamato da un chiodo te l’«exul immeritus», l’esiliato a torto, attribuendo il Fiorino accusassero di terrorismo e di associazione a delinquere di infisso nella tavoletta della rilegatura. Fa un certo senso leggere d’oro all’ultimo dei discendenti, il ventunesimo pronipote, il stampo mafioso. Se fosse vera anche solo una parte delle tesi di che la sentenza inizia con la formula «In nome di Dio, amen», al- conte Pieralvise di Serego Alighieri. Finita tra le polemiche per- Giovanni Pascoli e di Luigi Valli, per cui il linguaggio dei “Fede- lora consueta quanto oggi è il «Bismillah» islamico. ché proposta dal centro-destra, mentre dall’estrema sinistra e li d’amore”, cioè delle poesie che si scambiavano Dante e i suoi Se vi fossero delle prove allegate a questo po’ po’ di accuse, e tra i verdi c’era chi avrebbe voluto «celebrare con il poeta esule amici, sarebbe il linguaggio segreto di una setta sovversiva anti- quali, se ci sia stato dibattimento o meno, non lo sappiamo, per- tutti gli esuli del mondo, i migranti e le loro idee contro i poteri papista, mezza Al Qaeda mezza P2, è già tanto che non lo abbia- ché tutti gli atti originali del processo furono distrutti in un tu- dittatoriali», attribuire, giacché ci si era, il fiorino «anche a Savo- no mandato al rogo per eresia prima ancora che per baratteria. multo popolare di quarant’anni dopo. La base, secondo lo stes- narola»; chi cavillava sul fatto che «il poeta aveva accettato l’esi- Un cardinale fece in tempo a ordinare che fosse mandato al ro- so dispositivo della sentenza, è la «fama publica referente», cioè lio e quindi conclusa la sua relazione con Firenze»; e chi prote- go il suo De Monarchia. il fatto che di questi illeciti se ne parlava dappertutto, tanto che stava che «i suoi eredi non hanno alcun merito a chiamarsi Ali- La linea accusatoria fece cilecca. Tra i giudici c’era anche il fu- era scontato che gli imputati li avessero commessi (e dire che ghieri». In fiorentino al momento non mi viene, ma i veneziani turo presidente della Repubblica Giovanni Leone, cui dispiac- non c’erano ancora né stampa né tv). Dante risulta «reo confes- dicono: peggio il tacon del buso. Almeno qualcuno l’avesse que che «il pubblico ministero, con la intemperanza che hanno so», perché il non presentarsi al processo equivaleva ad ammet- messa in modo che poteva anche avere un senso: non creare un avuto sempre tutti i pubblici ministeri in tutti i secoli, abbia vo- tere i crimini (mentre presentarsi equivaleva a finire sotto tor- precedente di assoluzione senza processo, di esonero per pre- luto entrare nella vita privata di Dante e parlarci delle sue vicen- tura e sul rogo). Il 10 marzo fu ratificata la condanna all’esilio di scrizione, o di ingiudicabilità permanente causa apoteosi. de personalissime». Vi vedeva una manifestazione di «quella tutti gli imputati, «ritenuti confessi a causa della loro contuma- A differenza del caso degli improcessabili dei nostri tempi, in legge per la quale in ogni civiltà, in ogni tempo, in ogni battaglia cia», pena l’«essere bruciato col fuoco finché muoia» se veniva- verità un processo a Dante c’è già stato, e con tutti i crismi: testi- politica, si cerca anche di demolire moralmente il proprio av- no presi. Un’altra sentenza del 6 novembre 1315, cioè di quasi monianze, accusa, difesa, giudici di tutto rispetto. Fu celebrato versario». Altri avevano testimoniato che, malgrado le apparen- quindici anni dopo, estendeva la condanna ad avere «tagliata la il 16 aprile 1966 nella Basilica di San Francesco in Arezzo. Stan- ze in contrario, Dante si era staccato dagli estremisti del suo testa dalle spalle, così che muoiano», a «Dante Alighieri e figli», do agli esimi studiosi chiamati a deporre, le traversie giudiziarie campo, la «compagnia malvagia e scempia», si era adoperato si- nel frattempo cresciuti, «e ciascuno delle dette famiglie e con- di Dante avrebbero a che vedere col fatto che nei sei anni prece- no al limite del possibile per essere “perdonato”, per una ripre- sorterie, dai settant’anni in giù e dai quindici anni in su», in denti l’esilio era “entrato in campo” in politica. Si fosse limitato sa del dialogo con i Neri, e per questo era stato respinto come tra- quanto «ribelli». a dedicarsi agli affari o alla poesia, forse se la sarebbe cavata. Il ditore sia dai Guelfi Bianchi che dai Ghibellini, e costretto a far Firenze avrebbe fatto ammenda solo oltre mezzo secolo do- dantista Piero Bargellini, che all’epoca era sindaco di Firenze, «parte per sé stesso». Ça va sans dire che la sentenza di Arezzo fu po, nel 1373, con una «provisione» che introduceva la «pubbli- portò una brillantissima “testimonianza” sulle maldicenze, i di piena e unanime assoluzione. chiacchiericci delle male lingue, il tagliar i panni addosso al prossimo, che all’epoca non potevano mancare a Firenze, spe- cie nel sestiere di San Pier Maggiore, non a caso chiamato il Se- sto dello scandalo. Non sarebbe corretto insinuare che Dante SOTTO L’ALTO PATRONATO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA fosse entrato in politica per far soldi, ma è certo che ne spese pa- recchi per entrare in politica. «Dante ha una speciale abilità nel Chiesa Diocesi di Parma di San Giovanni Main Sponsor È on-line contrarre debiti, o meglio prestiti con garanzia del suocero, del Comune di Parma Provincia di Parma cognato e ipoteca sul patrimonio paterno. Ho fatto il conto. Al momento in cui si è dato alla politica, egli aveva un debito di 831 Edizioni il nuovo sito! fiorini d’oro — l’equivalente di cinque milioni di euro di oggi. In- vece di pensare a qualche fonte di guadagno sicuro, si è andato Dedalo a cacciare nei guai, tra Donateschi e Cerchieschi, tra Neri e Bian- chi, entrando ora in questo o quel consiglio, finché non è riusci- to a essere priore della Signoria. Sarà, ma nessuno mi leva dalla www.edizionidedalo.it testa che, assillato dai creditori, non abbia “intrallazzato” in Co- mune… Come si sa, le cariche sono come le ciliegie, e dopo il priorato venne a Dante Alighieri, medico “scioperato”, cioè di- soccupato, la nomina d’Ufficiale sopra vie, ponti e piazze della città: un incarico nel quale le baratterie e gli illeciti guadagni so- no anche più facili. È vero che la popolazione aveva da lungo tempo presentata una petizione per il proseguimento di via San Registrati... Procolo verso l’Africo, ma è anche vero che quella strada avreb- be attraversato, e quindi anche valorizzato, i terreni posseduti dalla famiglia Alighieri verso Sant’Ambrogio». scoprirai Che ci siano stati o non anche traffici e interessi economici, la cosa del tutto evidente è che nelle disgrazie giudiziarie di Dante CORREGGIO interessanti contò il fatto che si era schierato con uno dei due partiti, anzi per essere più precisi, con una delle due correnti di partito che si Galleria Nazionale Camera di San Paolo 20 settembre 2008 offerte! sbranavano tra di loro: i Guelfi Bianchi di Vieri De’ Cerchi, anzi- Cattedrale ché i Neri di Corso Donati, coi quali pure era imparentato per PARMA Chiesa di San Giovanni 25 gennaio 2009 parte di moglie. Cacciati dai Neri, i Bianchi non avrebbero esi- Prenota su www.mostracorreggioparma.it o telefona al 199 199 111 tato ad allearsi coi Ghibellini contro i cugini Guelfi. C’erano in- Catalogo della mostra edito da Skira - www.skira.net somma due partiti cattolici in guerra tra loro, uno dei quali finì ILLUSTRAZIONI © 1999 LORENZO MATTOTTI

Repubblica Nazionale 44 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 17 AGOSTO 2008

Era l’inizio del 1966, la capitale inglese era il centro di una rivoluzione musicale e culturale che presto avrebbe SPETTACOLI contagiato tutto il mondo. Lucio Battisti e Giulio Rapetti – non ancora coppia vincente della canzone italiana – ci andarono per ascoltare e farsi ascoltare. Il fotografo che documentò il viaggio ora ha allestito una mostra di immagini inedite al Cet di Toscolano Battisti prima di Battisti alla scoperta del futuro

quasi dieci anni dalla morte di Lucio Battisti, avvenuta il 9 set- tembre del 1998, un servizio fotografico realizzato nel 1966 Adal fotografo milanese Ferruccio D’Apice ci restituisce aspet- ti inediti della vita del grande cantautore. Nel viaggio a Londra in- sieme a Mogol, pochi mesi dopo l’inizio della loro collaborazione, Battisti realizza un doppio obiettivo: mette piede nel paese da cui provengono gli artisti che più lo ispirano in quegli anni, dai Cream ai Led Zeppelin, da Donovan ai Beatles; e incontra gli Hollies di Graham Nash, il gruppo di cui, insieme ai Campioni di Roby Mata- no, Battisti ha appena inciso alcune cover che usciranno nell’estate 1966. Agli Hollies, nella settimana londinese, Battisti farà ascoltare Non prego per me, che Nash e soci interpreteranno a Sanremo nel 1967. Le foto che pubblichiamo, insieme ad altre anch’esse inedite che D’Apice scattò a Battisti tra il 1965 e il 1972, sono ora esposte al Cet di Toscolano, la scuola che Mogol gestisce in Umbria e che si occu- pa della crescita e del lancio di nuovi artisti. D’Apice le ha donate a Mogol: «Ho deciso di regalare dopo quarant’anni il mio patrimonio artistico a Giulio Rapetti Mogol come riconoscimento per quella sta- gione trascorsa insieme», spiega. «L’esposizione al Cet permetterà ai tanti fan di Mogol e Battisti di vedere le più suggestive e, credo, più significative immagini del loro straordinario sodalizio artistico». Quando partono per Londra, Mogol e Battisti non hanno ancora scritto il loro primo grande successo. Mogol è già un autore affer- mato, ha quasi trent’anni, le sue canzoni hanno già vinto tre volte Sanremo; inoltre traduce e adatta in italiano le canzoni dei più gran- di artisti internazionali, a cominciare da Bob Dylan. Battisti, che ha ventitré anni, ha alle spalle l’attività concertistica con i Campioni e ora muove i suoi primi passi nella discografia milanese sotto l’ala protettrice di Mogol, che in lui ha intuito grandi potenzialità. Colpisce, nelle foto di Londra, l’aspetto giovanile di Battisti, col- piscono i suoi capelli corti, che di lì a poco diventeranno un cespu- glio di ricci quasi afro, immagine coerente con le aspirazioni inter- nazionali del suo stile musicale. Sono passati pochi mesi da quando Battisti è arrivato a Milano da Roma in cerca di fortuna: «Me lo pre- sentò Mogol, mi chiese di ospitarlo un paio di giorni a casa mia in at- tesa di sistemazione» racconta D’Apice, che non perse occasione per fotografarlo con la sua Leika «luce-finestra e sempre con la chitar- ra». Quell’anno, il 1966, è anche l’anno in cui Battisti si convince che può cantare le sue canzoni: incide Dolce di giorno e Per una lira, ma è solo nel 1967, con il successo di 29 settembrescritta per l’Equipe 84, che la coppia più importante della canzone italiana coglierà il segno propizio per uno straordinario futuro artistico. (c.m.)

CARLO MORETTI na settimana a Londra al- l’inizio del 1966 avrebbe cambiato la vita di chiun- que, figurarsi quella di due artisti ventenni e sensibili come Mogol e Battisti. NonU si assiste a una rivoluzione culturale senza subirne le conseguenze e la Swin- ging London dei Beatles e delle ragazze in minigonna era un vortice di tendenze e di stili che di lì a poco si sarebbero proietta- ti nei quattro angoli del mondo. Da Car- naby Street a Kings Road era un susse- sono un’idea del fotografo Ferruccio guirsi di sollecitazioni, di suoni e di im- D’Apice, uno scherzo, fu lui a dirci di at- magini che facevano letteralmente a pu- traversare la strada e a spingerci di fronte gni con la cornice, ancora legata al vec- a quel portone per scattare la foto. Ma ciò chio mondo degli uomini in completo Mogol. Quei giorni magici che quel servizio fotografico rappresenta grigio e bombetta, dei taxi con le portiere bene, secondo me, è sia il nostro smalto, controvento e degli scenografici cambi la nostra curiosità viva, sia lo smalto della della guardia a Buckingham Palace. città, evidente in quegli scatti. Lucio era In estate Mogol avrebbe compiuto interessato alla musica, era informato di trent’anni, Battisti ne aveva ventitré. Lu- tutto, ma anch’io potevo contare su fre- cio aveva appena deciso di mettersi a tra Beatles e Mary Quant quentazioni importanti: ero amico di Pe- cantare in proprio ma le vendite del 45 gi- ter, Paul and Mary, di John Phillips dei ri con Dolce di giornoe Per una liraerano Mamas and Papas; e soprattutto di Albert state modeste, il grande successo com- sendo le edizioni dei Beatles prima del lo- «Sì, passeggiavamo in una via del cen- Grossman, il manager di Bob Dylan, che merciale arrivò solo l’anno successivo ro successo mondiale e io e Lucio en- “Avevo da fare tro e io a un certo punto mi ricordai che proprio in quei giorni mi propose di in- quando insieme firmarono 29 settembre trammo nel suo giro. Alloggiavamo in un avevo un appuntamento con qualcuno, contrarlo a Londra». per l’Equipe 84. In quei sette giorni Mogol club esclusivo in cui ci aveva introdotto e lasciai Lucio forse un editore, non ricordo bene... Era Incontrò anche Dylan? e Battisti avrebbero incontrato Dick Ja- lui: si chiamava “Elephant club”, aveva mattina, lui mi disse: “Resto a girare da «Grossman mi aveva già chiesto la tra- mes, il boss della Northern Songs editrice poche stanze, un bar, una sala da gioco; queste parti, quando hai finito mi trovi duzione e l’adattamento per l’Italia di di- dei Beatles. Poi c’era da far ascoltare Non un posto decisamente di lusso ma spen- ad aspettarmi qui”. Sono rimasto fuori per tutta la gior- verse canzoni di Dylan: La risposta è ca- prego per meagli Hollies di Graham Nash, devamo pochissimo e ci trattavano bene. nata e mi sono dimenticato di Lucio. duta nel ventoda Blowin’ in the Wind, in- che avrebbero portato la canzone al Fe- Ci siamo fatti l’idea che ci trattassero così in strada. Quando Quando in taxi sono tornato in quella via, terpretata da Luigi Tenco; Mister Tambu- stival di Sanremo nel ‘67, in coppia con perché ci volevano attirare nella sala da preoccupato di trovarlo arrabbiato, lo rinoda Mr. Tambourine Man, interpreta- Mino Reitano. Lo stesso anno della par- gioco, dove non andammo mai». tornai stava cercavo avanti e indietro e non lo trova- ta da Don Backy; Come una pietra che ro- tecipazione di Sonny and Cher, di Gene Oltre che negli uffici della Northern vo... Fino a che lui non è uscito da un an- tola da Like a Rolling Stone, interpretata Pitney, di Marianne Faithfull; e del suici- Songs, dove passavate la maggior parte mangiando, ospite drone e mi ha detto “Giulio, vieni, vieni da Gianni Pettenati. Ora voleva che co- dio di Luigi Tenco. del tempo, dove andavate? qua”. Era lì dentro, tutto contento che noscessi Dylan, anche perché si era crea- Mogol, cosa ricorda di quel viaggio a «Passeggiavamo molto. Andavamo a dei portinai mangiava con la famiglia dei portinai, e to un problema per la traduzione di Bal- Londra? Kings Road e a Brompton Road a vedere ha fatto sedere a mangiare anche me. Era lad of a Thin Man: Dylan sosteneva che «Ci aveva invitato Dick James, che era le vetrine dei negozi di Mary Quant con le un suo tratto questa umanità, questa ca- non c’era la versione del suo testo. A Dy- amico di mio padre Mariano, editore alla minigonne e le scarpe con la zeppa, ri- di un palazzo: pacità di comunicare e socializzare. lan a Londra avevano dato un apparta- Ricordi, e era venuto diverse volte da noi cordo una cena tutti insieme in un risto- “Ahò, a Giulio, viè, mettete a sede...”, Lu- mento molto lussuoso al Mayfair, anche in Italia. James non faceva parte dell’edi- rante cinese. Ma l’episodio più curioso “Ahò, Giulio, vié, cio era incredibile». se nel seminterrato, forse perché lui e il toria classica, era un personaggio brillan- avvenne un giorno che mi dimenticai Lu- Londra sarà stata piena di stimoli, an- suo gruppo non avevano propriamente il te, un editore aggressivo, da battaglia. cio in una strada di Londra». mettete a sede...” che di tentazioni. look sofisticato degli altri clienti dell’ho- Aveva fatto il colpo della sua vita acqui- Se lo dimenticò? «Quelle foto di fronte al club “Playboy” tel. Entrando in quell’appartamento en-

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trai nel suo mondo: Dylan aveva deciso di relle Mathieu”. Abbiamo parlato molto di Townshend disse: “Wait a minute”, e filmare ogni istante della sua giornata, poesia, mi disse: “Sai chi mi piace? Mi pia- quando tornò c’era un codazzo degli im- c’era una ragazza con l’asta del microfo- ce un autore italiano, il Belli”. Sulla tradu- IL FOTOGRAFO piegati delle edizioni, tutti molto giovani, no e il regista Alan Pennebaker che girava zione mi disse: “Hai ragione, se non lo ca- Ferruccio D’Apice (foto a cui chiese di ascoltare, e mentre Lucio quello che diventerà il documentario Eat pisci non puoi tradurre il testo di Ballad of a destra) è nato a Milano cantava lui leggeva la versione in inglese the document. Dopo un’anticamera di a Thin Man, ma il fatto è che non lo capi- settantasei anni fa da un foglio... Disse: “È fantastica”. Era un mezz’ora dissi che me ne volevo andare, sco neanche io”. Poi si alzò e stracciò la Ha conosciuto Mogol nome mondiale, io e Lucio ne fummo Dylan di là continuava a suonare la chi- pagina musicale della canzone, disse nel 1958. Nel maggio ’65 davvero molto contenti. E poi quel ri- tarra, ma si interruppe, mi venne incon- “forget it, so chi sei, apprezzo il tuo lavo- Mogol gli chiese di ospitare scontro mi ha convinto che, quando i ma- tro, fu molto gentile. Mi raccontò che era ro, traduci queste altre canzoni”, e mi mi- Battisti appena giunto nager americani dei Beatles proposero a stato in Italia quando non era ancora no- se in braccio un mazzo di fogli che aveva a Milano: fino al ’72 resterà Lucio di fare un giro di concerti in Ameri- to, ma nessuno lo caricava su con l’auto- lì. Io uscii con questo fascio di canzoni, il suo fotografo di fiducia ca, lo fecero perché avevano capito le sue stop e per questo pensava che da noi non però da allora non scrissi più versioni ita- Le foto di queste pagine ro.Avevamo appena inciso l’lp Emozioni, potenzialità. Lucio rispose di no, e quan- c’era molta cordialità. Era anche preoc- liane di testi di altri. Pensai che aveva pie- sono state scattate a Londra e incontrammo Pete Townshend degli do me lo riferì mi disse che il motivo era cupato perché qualche giorno dopo namente ragione: io non traducevo, nel ’66. In quelle centrali Who per caso negli uffici di un editore. Lu- che chiedevano troppo: quel 25 per cento avrebbe debuttato all’Olympia di Parigi. ascoltavo la musica e scrivevo testi miei». qui sopra, gli incontri cio lo aveva riconosciuto, me lo indicò. Gli per lui non era giusto. Ma io gli dissi, ti re- Mi chiese cosa ne pensassi e io gli dissi Tornaste altre volte a Londra con Bat- con Dick James e gli Hollies facemmo ascoltare Emozioni, io pensavo sta il 75 per cento di tutto il mondo! Non “non è adatto a te, non è il tuo pubblico. È tisti? che fosse lenta per i canoni anglosassoni, riuscii a fargli cambiare idea: la realtà è che convenzionale, è adatto a Edith Piaf, a Mi- «Credo fosse nel ‘70, anzi ne sono sicu- che non gli sarebbe piaciuta. E invece abbiamo perso un treno».

Quando caldo e fatica ti buttano giù, scegli la forza del numero uno

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i sapori Sono i giorni della raccolta e della preparazione Conserve per la protagonista dei cento sughi che trasformano pasta, riso, carne, pesce, pane e pizza in una festa per occhi e palato. Ma, tra recupero di qualità autoctone e nuovi ibridi, anche un mondo legato alle tradizioni come quello della passata sta acquistando nuovi colori

l tempodel miracolo rosso. Più che la rivoluzione, poté la maturazio- ne dei pomodori “da salsa” di cui in questi giorni comincia la raccolta. È lei, densa, polposa, coloratissi- ma, la protagonista dei cento sughi Iche in un attimo trasformano pasta, riso, carne, pesce, uova, ma anche il semplice pane, in una festa per occhi e palato. Una storia cominciata due secoli fa, quando lo chef francese Nicolas Appert imbottigliò la prima passata di pomodoro, per poi sbollentarla, codificando il processo nel suo Art de conserver... Un’innovazione che gli valse il premio messo in palio da Napoleone in persona, angustiato dalla ridotta conservazione delle derrate ali- mentari militari. L’idea attraversò la Manica: nel 1814 Pe- ter Durant produsse le prime conserve in latta e stagno per la Reale Marina Inglese. Mezzo secolo più tardi, il torinese France- sco Cirio («Come natura crea, Cirio con- serva») presentava i primi “cibi in scatola” alla Grande Esposizione Universale di Pa- rigi: il successo fu tale, che nel giro di pochi mesi passata di pomodori e piselli in ac- qua di cottura vennero richiesti da tutto il mondo, arrivando fino alla lontanissima Sydney. Altrettanto meritevole, l’intuizio- ne di un ufficiale della Marina Sarda, Sta- nislao Soleri, che per primo mise a punto il concentrato. Certo, l’estate è tempo perfetto per i su- ghi a crudo: basta trovare una manciata di pomodori maturi — requisito indispensa- bile, altrimenti l’acidità copre tutto il resto — tuffarli per qualche istante nell’acqua bollente per sbucciarli facilmente senza cuocerli, spremerli delicatamente (con- servando acqua di vegetazione e semi, ve- ri giacimenti di vitamina C, con cui tirare la pasta nella rifinitura) e tagliarli a pezzet- toni, aggiungendo basilico e un giro di ex- travergine. Semplicemente irresistibile. Ma la passata di pomodoro ha una fun- zione ben più ampia, essendo madre di tutti i sughi rossi: impossibile prescindere da qualche cucchiaiata, che sia fatta al mo-

Andrea Camilleri Pina, la cammarera, ‘‘è un’ottima cuoca, mi creda Oggi ha preparato pasta alla Norma, sa, quella con le milinzane fritte e la ricotta salata Gesù! fece Montalbano assettandosi

Da Il ladro di merendine

mento, estratta dall’armadio delle con- serve casalinghe o comprata. Di più: se abitualmente i nutrizionisti predicano il consumo di frutta e verdura crude per pre- servare l’integrità delle vitamine termola- bili, il pomodoro fa eccezione. Per meglio assorbire il licopene — sostanza ipoglice- mica e potente anti-cancro — di cui i po- modori sono ricchi come null’altro in na- Salsa tura, infatti, occorre il passe-partout del calore, che rompe le pareti cellulari libe- al randone cinque volte il contenuto a cru- do. Altra indicazione, aggiungere un poco d’olio, perché il licopene è liposolubile: ovvero, dà il meglio di sé in compagnia di un grasso. Il tutto, naturalmente, a patto di utilizzare pomodori coltivati in campo aperto e senza pesticidi. L’altro filone di ricerca riguarda il recu- pero di varietà antiche e autoctone — quelle per cui vale la pena annusare un Pomodoro pomodoro! — a fronte delle cinquemila tipologie oggi in commercio, di cui la maggior parte ibride e standardizzate. Così sono tornati sul mercato i pomodori Un miracolo rosso gialli, discendenti di quelli portati in Eu- ropa dai conquistadores spagnoli, a lun- go ignorati dalle cucine di vecchio e nuo- vo mondo. Nuovissimo, invece, il “Sun Black” — nato da incroci rigorosamente buono, sano, versatile non-ogm grazie a un progetto interuni- versitario coordinato dalla Scuola Supe- riore Sant’Anna di Pisa — con polpa ros- LICIA GRANELLO sa, gusto tradizionale, ma buccia viola- cea-nera, ricchissima di antociani, i prìn- cipi degli antiossidanti. Se saper fare la passata non vi basta più, l’11 settembre il grande Chicco Cerea, chef bi-stellato dello splendido Relais “Da Vittorio”, a pochi chilometri da Bergamo, organizza un corso monotematico dedi- cato ai sughi rossi. Dall’arrabbiataalla bo- scaiola, le declinazioni della salsa di po- modoro non avranno più segreti. Nella prova finale, guai a chi scuoce la pasta.

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Basilico Concentrato Checca Gazpacho Ragù Per la ricetta-madre, pomodori Il soccorso rosso per sughi Condimento estivo per amanti Un mix andaluso tra panzanella A Bologna la carne di vitello San Marzano ben maturi, lavati anemici si ottiene prolungando dell’aglio, lavorato con sale e pappa al pomodoro si rosola nel soffritto e pancetta, (senza asciugarli), incisi e fatti la cottura del sugo-base e un filo d’olio, mescolato I pomodori maturi e sbucciati poi vino, brodo e concentrato appassire a fuoco basso per asciugarlo fino a densità con i pomodori (tuffati un attimo si frullano con pane raffermo Nel rraù napoletano, carne con cipolla e odori. Eliminare voluta. In alternativa, scolare in acqua bollente per sbucciarli ammollato, peperoni gialli di vitello e costine di maiale le bucce col passaverdura l’acqua di vegetazione (farne facilmente), privati d’acqua e verdi, cetriolo, extravergine, rosolano con la cipolla. Sfumato e ridurre in breve sul fuoco gelatine), asciugare in forno e semi, tagliati a filetti. Volendo, aceto, sale. Far riposare in frigo, il vino rosso, si aggiunge con sale, extravergine e basilico a 160° e passare al setaccio mozzarella, pepe, basilico diluendo con acqua e ghiaccio la passata e si lascia pippiare

Valledolmo (Pa) Gragnano (Na) Cavriago (Re) Appoggiata a quasi Nella capitale Nelle campagne itinerari 800 metri all’incrocio mondiale della pasta reggiane, è rinomato delle province artigianale splende anche per un cimitero di Palermo, Agrigento, anche la produzione napoleonico Caltanissetta – parco dei pomodori e un busto di Lenin delle Madonie – è zona Diverse le varietà Una bella fattoria vocata per le produzioni e le metodiche di quaranta ettari, agricole. I pomodori agricole, dai giardini impostata su base siccagni, derivati da aridocoltura, sono lavorati di San Marzano ai ciliegini di collina, fino alle biodinamica, lavora i pomodori locali, da una cooperativa biologica coltivazioni “senz’acqua”, concentrati di sapore trasformandoli in conserve e sott’oli Antonella Ricci gestisce con la famiglia DOVE DORMIRE DOVE DORMIRE DOVE DORMIRE ANTICA MASSERIA FONTANAMURATA CASA SCOLA DREAMS&COFFEE B&B “Al Fornello Contrada Fontanamurata Via Fornace 1 Via Rossa, 56 da Ricci”, ristorante Località Sclafani Bagni Località Borgo Castello Tel. 0522-576221 Tel. 0921-542018 Tel. 081-5392198 Camera doppia da 48 euro, ricavato da un trullo Camera doppia da 80 euro, colazione inclusa Camera doppia da 80 euro, colazione inclusa colazione inclusa sulle colline DOVE MANGIARE DOVE MANGIARE DOVE MANGIARE brindisine POMIERI (con camere) SAN NICOLA CA’ MATILDE (con camere) Contrada Pomieri, Petralia Sottana Via San Nicola dei Miri 21, Loc. Valle dei Mulini Via della Polita 14, Rubbianino della Val d’Itria Tel. 0921-649998 Tel. 081-8795770 Tel. 0522-889560 Tra i suoi piatti, le creste Sempre aperto, menù da 25 euro Chiuso lunedì, menù da 30 euro Chiuso a pranzo (tranne dom.), menù da 40 euro di gallo con pancetta DOVE COMPRARE DOVE COMPRARE DOVE COMPRARE COOPERATIVA RINASCITA GERARDO DI NOLA FATTORIA LA COLLINA croccante e passata Via Cadorna 91 Via San Sebastiano 63 Via Teggi 38 di pomodoro Tel. 333-8017693 Tel. 081-8743652 Tel. 0522-308609

L’irresistibile tsunami della pummarola

MARINO NIOLA

n principio era il bianco. Il candore del burro, il perlaceo del lardo, l’ambrato dei fondi di carminio opalescente dell’Amatriciana allo smalto scintillante dei chitarrini coi pallottini cottura esaurivano lo spettro cromatico dei sughi. Poi Colombo tornò dalle Americhe — leggasi polpettine — abruzzesi, dal marezzato chiaroscuro di besciamella e conserva dei Icon il pomodoro. E la cucina scoprì il suo nuovo mondo. Anche se in verità quella rossa pasticci emiliani al cupo scarlatto delle pappardelle alla lepre toscane, dalla porpora vellu- è stata una rivoluzione lenta perché il pomodoro è stato considerato a lungo un ornamen- tata della puttanesca ai toni incendiari dell’arrabbiata, dal barocco amaranto dei sicilianis- to più che un condimento. E perfino a Napoli i maccheroni si mangiavano in bicromia: bian- simi spaghetti alla Norma, al tiziano brunito dei bigoli in salsa veneziani. Fino al profondo co del cacio, nero del pepe. Finché nel 1839 grazie al ricettario di Ippolito Cavalcanti, ari- rosso del ragù napoletano, pasto totemico di tutti i vesuviani, di nascita e di elezione. stocratico gourmet partenopeo, i vermicelli co’ le pommadore fanno il loro ingresso trion- Se ogni contrada d’Italia ha il suo tono di rosso, all’estero trionfa il total red. I bastimenti fale nella storia della gastronomia. Comincia così l’irresistibile ascesa che ha fatto della to- che trasportavano oltreoceano i nostri paisà hanno portato ai quattro angoli del mondo il mato sauce il simbolo planetario del mangiare all’italiana. profumo struggente di una nostalgia che sa di pummarola. Nei cortili della Brooklyn anni Un’onda impetuosa, rossa come le camicie dei garibaldini, risale la penisola dal sud ver- Venti l’odore delle conserve si spandeva fino all’Upper East Side come un richiamo stagio- so il nord e unifica l’Italia dei sapori partendo da Pachino. E San Marzano diventa il nuovo nale della madre lontana. Un’epopea consacrata dal cinema. Nei pizza moovies come nei patrono del Bel Paese da mangiare. È il controcanto maccheronico del Risorgimento. Col capolavori di Scorsese e Coppola gli spietati goodfellas di Cosa Nostra si struggono davanti Sud che conquista il Nord. Così se in economia nasce la questione meridionale a tavola a un pezzetto di pane pucciato nel tomato. Mentre i padrini piangono come vitelli alle pri- scoppia la questione settentrionale. L’alternativa fra sugo rosso e sugo bianco, fra pomo- me note di Ridi pagliaccio. Rimpianto e belcanto. Così strettamente associati alla salsa di doro e burro fuso riassume l’opposizione tra le due anime alimentari dello stato unitario. pomodoro da trasformare personaggi come Enrico Caruso in testimonial planetari del gu- Una linea gotica del gusto destinata ad essere sommersa dalla marea crescente delle salse, sto italiano. Il celebre pianista Arthur Rubinstein raccontava che ogni volta che il tenore en- delle passate, delle conserve, dei pelati. Travolta dal compatto tsunami del triplo concen- trava in un ristorante di New York tutti i presenti sospendevano il pasto per spiare il suo mo- trato. do di mangiare gli spaghetti. Finché una sera il grande Enrico perse la pazienza, gettò via la In effetti i sughi rossi e bianchi si integrano a poco a poco dando vita a degli strepitosi sin- forchetta e si mise a mangiare i vermicelli con le mani macchiandosi di rosso faccia camicia cretismi, a compromessi di ogni colore. Perché le nostre cucine regionali adottano tutte il e cravatta. Con un gesto da miseria e nobiltà. In questa indisciplinata, vulcanica leggerezza pomodoro. Ma tutte lo adattano. E ciascuna lo intona nel suo mood. Nella patria del tra- c’è la chiave di un modo di vivere e di mangiare che ha conquistato il mondo. Un way of life sformismo il rosso si stempera così in una tavolozza cromatica dalle mille sfumature. Dal in salsa italiana.

Matriciana Puttanesca Pesto rosso Norma Torna il giallo Guanciale a dadini per il soffritto Sciogliere nel soffritto di aglio Appetitoso sugo a freddo, fatto Le melanzane, affettate, fatte Il nome, pomo d’oro, con peperoncino (cipolla e peperoncino qualche alice tagliando e mescolando spurgare con sale grosso, un tempo battezzava il colore, a piacere). Quando il grasso dissalata. Poi, pomodori pelati una varietà di aromi e verdure: sciacquate, asciugate, vanno un bel giallo dorato, poi via via diventa trasparente, poco vino a pezzi, olive snocciolate sedano, peperoncino, basilico, fritte in extravergine abbondante arrossato da incroci. Due bianco. Quando è croccante, e capperi, cuocendo a fuoco finocchietto, capperi dissalati, e tagliate a listarelle (alcune, varietà campane – pomodoro si toglie per far spazio vivace. Variante con pezzetti menta, olive, pomodori secchi, intere, decorano il piatto) del piennolo e San Marzano, ai pomodori un poco spremuti di tonno sott’olio. Alla fine, extravergine, concentrato, pinoli, Unire salsa di pomodoro, entrambe in versione gialla – Poi, pepe nero e pecorino poco prezzemolo tritato mandorle, uvetta e origano basilico e ricotta salata sono state da poco recuperate

Repubblica Nazionale 48 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 17 AGOSTO 2008 le tendenze Camicie di lino bianco e gilet multitasche, shorts di tela Revival estivi kaki e sandali di cuoio minimalisti, gonne alla caviglia e ricami di perline Masai. Quarant’anni dopo la prima rilettura ad opera di Yves Saint Laurent, gli stilisti ripropongono questa linea di abbigliamento aggressiva e sexy che rimanda alle atmosfere de “La mia Africa”

CUSCINO LEOPARDATO Anche in casa si respira profumo d’Africa con l'accessorio giusto Come il cuscino a stampa leopardo della serie Arnica Di Armani casa Uno stile da giungle d’asfalto

JACARANDA CARACCIOLO FALCK ell’estate del 1968, quando l’allora giovane stilista marocchino Yves Saint Laurent creò un miniabito- sahariana per la patinata modella Ve- rushka in partenza per l’Africa, non si BAULE-LETTO aspettava certo che la sua reinterpre- Per i primi esploratori Ntazione di quel classico dell’abbigliamento colonia- Louis Vuitton realizzò le sarebbe entrata a far parte della storia della moda. nel 1868 un baule-letto, Invece la foto della statuaria contessa-modella che capace di racchiudere GIOIELLI ETNICI brandina e materasso: Un’idea per una serata speciale? imbraccia un fucile con indosso il microabito di tela il Brazza trunk. Che Le polsiere dorate firmate Emporio Armani, beige e un grande cappello di paglia, scattata per Vo- ancora oggi si può che si ispirano ai gioielli tradizionali africani gue Francia, fece il giro del mondo. Suscitando nel- le donne dell’epoca gran clamore. E soprattutto il ordinare nei laboratori desiderio di imitare alla perfezione quello stile ag- Vuitton di Asnières gressivo ma al tempo stesso sexy. Tanto che, l’anno successivo, Saint Laurent decise di lanciare un’inte- ra collezione centrata sul tema sahariana. E per pro- muoverla si presentò, insieme alle sue storiche mu- se, Betty Catroux e Loulou de la Falaise, all’apertura della sua boutique londinese indossando tre versio- ni diverse della classica giacca con cintura in vita. Da allora sono passati esattamente quarant’anni. Eppure, ciclicamente, stagione dopo stagione, il co- siddetto safari style, ovvero quell’insieme di capi d’abbigliamento che richiamano i vestiti usati dagli inglesi nelle colonie, torna a far parlare di sé. A volte POCHETTE STILE MASAI il revival è da attribuirsi all’uscita di un film di suc- Richiama i tradizionali cesso. Come accadde nel 1986 quando gli abiti dise- motivi Masai il disegno gnati dalla costumista italiana Milena Canonero per della pochette Meryl Streep, alias Karen Blixen nel colossal di Sid- da sera di Fendi. In pelle ney Pollack La mia Africa, fecero girare la testa agli marrone, beige e rossa stilisti del mondo. Che cominciarono a mandare in con chiusura frontale passerella candide camicie di lino bianco e gilet mul- titasche, sandali di cuoio ultra minimalisti e shorts stretti in vita e svasati in fondo che tanto sarebbero piaciuti alla grande scrittrice danese. In altri casi, in- vece, è semplicemente la nostalgia per i colori e i sa- pori del continente nero a far riaffiorare nelle colle- zioni dei grandi della moda le nuances del deserto e le cinture di cuoio, i ricami di perline Masai e la rafia, gli shorts di tela kaki e le gonne alla caviglia. Rivisita- ti e corretti a seconda del gusto del momento. Come è accaduto quest’estate. Da Dolce & Gab- bana a Versace, da Diane Fürstenberg a Marc Jacobs, da Giorgio Armani a Oscar de la Renta infatti, non c’è designer che non abbia ceduto al fascino dello stile safari. Il motivo? Sarà a causa delle temperature sempre più elevate che stanno trasformano le nostre città in vere e proprie giungle d’asfalto. O forse, sem- PER VIAGGIATORI ESPERTI plicemente, perché in un momento di crisi globale Si chiama Billy bag nel quale viaggiare in terre lontane è diventato sem- la nuova borsa da giorno pre più difficile, chi compra un abito cerca una sor- firmata dallo stilista ta di evasione dal quotidiano. Ma una cosa è certa: Alberto Annibali chi decide di vestirsi coloniale quest’estate ha solo Realizzata in pelle invecchiata, l’imbarazzo della scelta. Tra le sahariane bianco è dotata di cinturini frontali cangianti di Versace e i cargo shorts di Burberry, i ve- stiti di seta beige di Trussardi da portare con la cin- tura di cuoio stretta in vita e i bikini zebrati di Benet- ton, le pochette di pitone colorato di Fendi e i panta- PITONE AI PIEDI loni di lino bianco di Dockers. Pelle, pitone e rafia Capi diversi da indossare insieme per un total look gli ingredienti oppure separati per aggiungere solo un tocco di eso- dei sandali tismo al classico abbigliamento da città. Già perché di Pollini lo stile safari in voga quest’anno non è più conside- Con tacco alto rato un look eccentrico. Ma solo una delle tante de- bianco, clinazioni del vestire moderno. Così che la tanto de- si indossano cantata sahariana si possa indossare con noncha- con nonchalance lance sopra i pantaloni da ufficio e gli shorts in tela in città e al mare color kaki diventino un must da sera se abbinati ai sandali d’oro. Per un vero safari urbano.

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COWBOY ALL’EQUATORE BIKINI ZEBRATO Sembra uscito dal set Versione safari de La mia Africa il cappello perfino in spiaggia da cowboy in paglia e cuoio o bordo-piscina Nei negozi Marlboro classics con il bikini a stampa zebra firmato United colors of Benetton

BORSA D’AUTORE CHIFFON DA SERA SAHARIANA A METÀ L’artista giapponese Si abbina Per metà Takashi Murakami al turbante una classica torna a collaborare in tinta sahariana, con Louis Vuitton e ai sandali per metà per una nuova stampa: d’oro il vestitino un mini trench: Monogramouflage da sera è il nuovo modello Da utilizzare per tutti di Blumarine di giacca-safari i tipi di bagagli In chiffon ultra chic Come la borsa Keepall a stampa etnica firmato Marlboro classics

CAFTANO PIPISTRELLO Stampa animalier sui toni del marrone per il micro-caftano United colors of Benetton Con maniche a pipistrello e coulisse in vita

ESPLORATORI URBANI Ideali per una giornata di safari urbano i sandali Gigi di Roger Viver. Suola dorata e infradito di cuoio intrecciato

ZAINO IN SPALLA In partenza per un viaggio esotico? Non dimenticate lo zaino cilindrico di Giorgio Armani. In juta con profili di cuoio stampa cocco Parabola della sahariana COLOR AVORIO Si ispirano ai modelli in auge negli anni Settanta gli occhiali da sole di Roger Vivier. Realizzati in acetato color avorio dall’epoca coloniale ai suv

STEFANO MALATESTA sbitt. Ma Mussolini stravedeva per Franchetti e aveva fatto in modo di cancellare fascisticamente il primato a sahariana fece la sua comparsa ufficiale tra i te- di Nesbitt dai libri di storia in favore del suo protetto. nenti e i capitani meharisti negli anni Venti, in Un uso smodato della sahariana bianca o avorio lo Luna Libia ancora lontana dall’essere conquista- fecero le camicie nere, che si presentavano indifferen- ta, quando a Roma qualcuno già si era rassegnato alla temente a Tripoli di Libia o a Venezia alla mostra cine- catastrofe delle truppe italiane che stavano per essere matografica con la sahariana di seta bianca, forse pen- ributtate in mare. I meharisti la portavano come giac- sando che fosse un’eccellente variazione, in chiave ca fuori ordinanza sopra dei bellissimi calzoni stretti marziale, dello smoking bianco che allora celebrava i lungo il polpaccio, che si allargavano spropositata- suoi trionfi al cinema e nelle cene al golf dell’Acqua- mente sulle cosce, come le gambe delle donne migiur- santa, indossato da Galeazzo Ciano, presunto erede, tine, considerate le più belle dell’Africa insieme con le per poco o pochissimo tempo, di Mussolini. Quando ci peuls. fu l’attentato a Graziani — un vero criminale di guerra La sahariana incontrò subito un successo trionfale, che in Libia aveva fatto bombardare le popolazioni curiosamente contraddittorio, perché si adattava so- inermi del Fezzan, intese come donne e bambini, e era prattutto agli uomini molto alti e schiacciava ancora stato nominato da poco viceré d’Etiopia — furono le più a terra i piccolotti. Tutto sommato, dipendeva mol- camicie nere in sahariana a tirare fuori le pistole e ad to dalla personalità di chi la portava. Indossata da un ammazzare indiscriminatamente tutti i notabili del uomo come Amedeo Guillett, che si era dato alla mac- posto che trovarono a tiro, in una delle più ignobili stra- chia dopo la resa ignominiosa degli italiani in Africa gi che la storia coloniale ricordi. Orientale e che all’alba si scaraventava giù per le colli- Anche Italo Balbo, governatore della Libia, uno dei ne caricando all’arma bianca gli accampamenti ingle- pochi uomini decenti che il fascismo abbia mai offer- si con le sue “Bande Amhara a cavallo”, questa giacca to, adorava la sahariana esibita quasi in ogni occasio- pratica e nello stesso tempo elegante prendeva un ne: quando andava nei weekend a Ghadames o nel de- aspetto di nobile coraggio. Mentre appariva ridicolis- serto libico dell’Ubari, accompagnato da signore rico- sima sopra le spalle di quel comandante dell’oasi di Cu- perte da lino bianco; e durante le cerimonie ufficiali a fra scappato ai primi colpi di fucile sparati dalle truppe Tripoli, circondato dagli spettacolari Zaptié a cavallo, speciali franco-inglesi guidate dal capitano Massu, poi nel ruolo del capitano di ventura rinascimentale, ge- generale ai tempi di De Gaulle. Prima della fuga aveva nere Giannettaccio, che avrebbe risollevato l’Africa del fatto in tempo a mandare a Roma il seguente, glorioso nord ai suoi antichi splendori d’epoca romana. telegramma: «Chiamo in extremis. Lunga vita all’Italia, Dopo la Seconda guerra mondiale la sahariana al Re Imperatore, al Duce. Roma ti abbraccio». scomparve, per riapparire molto più tardi come giacca Gli italiani dell’epoca avevano visto la sahariana in da portare al volante dei gipponi, allora all’inizio della cartolina, al cinema nel film Lo squadrone biancodi Ge- loro spettacolare ascesa nel mondo automobilistico nina, e a Roma durante la sfilata delle truppe coloniali come feticcio irrinunciabile di qualsiasi scalata socia- lungo via dell’Impero, con i meharisti vincitori della ga- le. Ho ancora impressa la scena davanti a una scuola ra di applausi. Uno che la portava molto bene, fino a far- privata a poche centinaia di metri dalla casa dove abi- ne quasi una divisa, era Leopoldo Franchetti, un baro- tavo. Malamente parcheggiati davanti all’entrata, ne duro e piantagrane che veniva da una famiglia pro- quattro o cinque di questi gipponi avevano alla guida prietaria della Ca’ d’Oro a Venezia, in fama di africani- gentili signore che fino a pochi giorni prima giravano sta, accreditato della prima traversata della Dancalia: solo in Seicento e ora le vedevi aggrappate al volante co- un infernale, caldissimo bassopiano africano, dove la me i domatori alle criniere dei cavalli selvatici nei rodei temperatura poteva arrivare fino a sessanta gradi, po- americani, tenendo su di giri il motore e sgasando co- polato da nerissimi afridi con i capelli lanosi che ma- me alla partenza a Indianapolis. E dopo aver afferrato i neggiavano terrificanti zagaglie e avevano la non sim- pargoletti per la collottola e averli gettati al sicuro nei patica abitudine di castrare i prigionieri di guerra. In posti dietro, erano ripartite di slancio, mettendosi in realtà il primo ad attraversare il bassopiano era stato un gara tra loro. Tutte le gentili signore indossavano la distinto signore anglo-italiano che si chiamava Ne- sahariana.

Repubblica Nazionale 50 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 17 AGOSTO 2008 l’incontro Storie di famiglia Il suicidio della madre, l’abbandono della casa del padre, il nome cancellato per sceglierne uno che in ebraico vuol dire “forza”. È stato un lungo viaggio - andata e ritorno dall’amore al dolore - quello Amos Oz dello scrittore israeliano Che in un pomeriggio d’estate incontra i lettori in una libreria della periferia romana e affronta il tema della solitudine, “la sola sostanza che, quando si moltiplica, in realtà diminuisce” Perché “nella vita l’arte più grande è quella di avvicinarsi agli altri”

CARLOTTA MISMETTI CAPUA quella. Oz la guarda dal finestrino, dice: Di questa ferita Oz non aveva mai par- televisione. E se vedo un politico che non quello che i suoi lettori sono venuti a dire «Ci andrò, grazie. Torno in settembre a lato né col padre, né con la moglie, né con dice nulla, perché non dicono mai nulla, a lui, di persona. ROMA Roma, per vacanza, e porto con me i miei i figli, prima di metterlo per iscritto, a ses- io penso: le pietre del deserto ridono di Cominciano le domande. Una signora nipoti». santatré anni, in un libro letto da milioni tutto questo». Nell’immenso deserto, con un ventaglio ne fa una lunghissima, a caldo, ma Amos Oz è un uo- Ora che si è accorto che dai finestrini si di persone. Ci vuole la giusta distanza, però, oltre alle pietre c’è la luce. «È una lu- sul rapporto tra scrittura e solitudine, che mo del deserto. È abituato al- vede tanta Roma, Oz guarda tutto e quan- con le parole amore e dolore. Oz l’ha tro- ce gentile», ricorda Oz, sempre con gli oc- nessuno in sala capisce, tranne Oz. E lui l’aria che scotta. Però aria sec- do vede i Fori dice al tassista: «Ma questo vata ora la giusta distanza: la tranquillità chi lontani. «È una luce piena di colori, decide di rispondere da uomo, non da ca, e Roma invece è umida co- taxi è un vero viaggio». Il tassista non ri- non lo sa. Ci parla di come la cerca ogni che somiglia a una musica». scrittore: «Nel mio caso è un’abitudine, Fme una vaporiera. Oz, che non lo sa che sponde, un po’ perché sente parlare in- giorno, questa distanza, e di quello che Oggi quarantacinque minuti sono in- ce l’ho fin da bambino, ma oggi ho impa- Roma è umida, si presenta all’appunta- glese, un po’ perché capisce che non è vede dalla finestra della sua casa ad Arad: vece la distanza tra il Colosseo e la libre- rato a confrontarla con quella altrui. La mento vestito per l’appunto come un uo- aria di chiacchiere sul governo o sulle «Vivo ai bordi della città, proprio dove co- ria di periferia, e lo scrittore a un certo solitudine è l’unica sostanza dell’univer- mo del deserto, tutto coperto: giacca di strisce blu. Ma Oz conosce la psicologia mincia il deserto. La mattina, appena punto sembra avere fretta di arrivare. so che, quando si moltiplica, in realtà di- lana, pantaloni indistruttibili e scarpe del tassista, perché è la stessa in tutto il sveglio, apro la finestra e guardo fuori. Si Mentre il tassista parcheggia davanti alla minuisce». E, sempre parlando di solitu- comode. Come se oggi si camminasse mondo. E racconta allora dei tassisti vede un piccolo giardino di pietre, un ci- libreria, Oz fa una domanda che rivela dine, risponde a un’altra domanda e di- molto. Invece oggi si va in taxi. Un pome- israeliani: «Ognuno si sente primo mini- presso. Allora mi faccio il caffè, e verso le che tipo di fretta sia la sua: «Che genere di ce: «L’arte dell’incontro si impara da riggio a Roma, in taxi. Da un capo all’altro stro», scherza. «Appena salgo, immedia- cinque e mezza mi incammino nel de- persone viene in una libreria così lonta- bambini, ma non smettiamo mai di im- della città, per raggiungere una libreria di tamente, intraprendono grandi discus- serto. Ogni giorno cammino quaranta- na, alle sei di sera di un lunedì d’estate?». parare. Io, ora che ho quasi settant’anni, quartiere, fuori dal centro, dove Oz pre- sioni con me. Politiche ma anche lettera- cinque minuti ad andare e quarantacin- Così capiamo che a questi lettori Oz tiene ho imparato a guardare le persone con senta il suo nuovo romanzo. rie. Perché in Israele i tassisti sono buoni que a tornare. Quando torno accendo la moltissimo. Li descrive anche nella pri- ironia e compassione. E quando le guar- Amos Oz è professore, insegna lettera- lettori. E allora mi dicono che quel perso- ma pagina del suo nuovo romanzo, La vi- do, anche nel politico della tv, io vedo il tura all’Università Ben Gurion del Negev naggio avrebbe dovuto dire la certa cosa, ta fa rima con la morte. Una pagina di so- bambino che c’è in fondo. L’arte di avvi- in Israele; ma oggi è venuto a incontrare e quell’altro non doveva fare quello che le domande: tutte quelle che gli fanno i cinarsi agli altri è l’arte più grande della un tipo diverso di studenti, i suoi lettori. ha fatto, e mi propongono finali diversi Ogni giorno all’alba giornalisti, i critici, i lettori: «Ti interessa vita». Oz scrive per loro, e per se stesso. E per per le mie storie. Sulla politica, invece, influenzare i tuoi lettori?». «Cosa si prova Si fa un grande silenzio nel pubblico spiegare perché scrive cita una massima per lo più si infuriano. Mi sentono parla- esco da casa a essere uno scrittore di successo?». «Scri- come se ognuno stesse pensando agli al- del poeta inglese William Wordsworth: re in tv, e mi dicono di tutto. Non hanno vi a penna o su una tastiera?». «Ti consi- tri “suoi”. Fino a quando un bambino «Art is emotion recollected in tranquil- nessun riguardo, né per la fama né per e mi incammino deri uno scrittore militante e, se sì, mili- scende dalla seggiola, alza il dito per dire lity». L’arte è emozione ricordata nella l’autorità. Sono molto egualitari i tassisti tante su che fronte?». Il brano si chiude una cosa e dice questo: «Io ho letto la sua tranquillità. E l’ha trovata questa tran- israeliani». con la domanda più ricorrente che uno fiaba D’un tratto nel folto del bosco, quel- quillità, Mister Oz? «Non lo so, davvero Passiamo davanti al Colosseo, Oz tor- nel deserto scrittore come Oz si sente ripetere, e che la che parla del villaggio dove sono scom- non lo so», dice mentre sale sul taxi. I suoi na a parlare del viaggio con i nipoti e dice lui ironicamente riporta così: «Vuoi spie- parsi gli animali. Volevo dirle che legger- romanzi sono molto amati in Italia, e tra- che come prima cosa li porterà qui, gli C’è una luce gentile, garci per favore, in breve e con parole tue, la mi ha aiutato ad avvicinarmi ai miei dotti in tutto il mondo. «Perfino in Alba- farà vedere quel che resta del grande an- che cosa esattamente volevi dire nel tuo compagni di classe. Prima avevo paura». nia», dice Oz. Pare molto contento di fiteatro. «E accanto al Colosseo l’Arco di una luce ultimo romanzo?». E si siede, con i suoi occhialini esagonali questa cosa dell’Albania. Tito: dirò loro che quell’arco è stato co- Per spiegarlo, ancora una volta, con e tutto il coraggio dei suoi undici anni. Oz Il taxi segue la marea delle macchine, struito per celebrare la distruzione di Ge- parole sue, Amos Oz ha preso un taxi da risponde: «Di tutte le cose che ho sentito dal finestrino si vede il Tevere e i platani rusalemme. E che oggi Gerusalemme è piena di colori Arad a Gerusalemme, un aereo da Geru- oggi questa è quella che davvero tocca il che lo abbracciano, l’Ara Pacis di Meier e ancora in piedi, milioni di persone parla- salemme a Roma, e ora scende dal taxi ro- mio cuore». Quando si alza sembra una dietro quella cupola poggiata a terra no l’ebraico e nessuno parla più il latino». che somiglia mano ed entra nella libreria trotterellan- pianta che è stata appena innaffiata. Do- chiamata Mausoleo di Augusto, che l’im- Nelle sue parole questa cosa della distru- do, come camminasse su una sabbia che po aver firmato ogni copia con la parola peratore aveva scelto come tomba per sé zione del Tempio pare un evento del no- a una musica scotta. Tutto per incontrare questi suoi «shalom», l’impenetrabile Oz sorride, va dopo aver visto, ad Alessandria, la tomba stro tempo, non un fatto accaduto nel 70 lettori e le loro assurde domande. La pri- via salutando tutti con la mano e fa “ciao- di Alessandro Magno. Tonda, anche dopo Cristo. Ci viene da pensare che la di- ma è una ragazza di nome Alice, che gli ha ciao” mentre sale sul suo taxi. struzione del Tempio di Gerusalemme, portato in dono dei peperoncini dalla Ca-

raffigurata proprio nei bassorilievi del- labria, e lo aspetta in piedi, vicino alla l’Arco di Tito, è ancora ricordata ogni an- porta. Quando lui la ringrazia e mette il no nella festa ebraica della Tisha B’av, e barattolo in borsa, la ragazza si rende così non commentiamo. conto che i suoi peperoncini sott’olio Ma parliamo del suo cognome: Oz. non passeranno il check-in israeliano Scelto a sedici anni, quando lascia la casa ma quello che è venuta a chiedergli glie- del padre Amos e va a vivere in un kib- lo chiede lo stesso: «Io non ho capito una butz, dove resterà trent’anni e dove sce- cosa del suo libro. Quando lei scrive che ‘‘ glie il cognome Oz e abbandona quello di bisogna levigare il dolore. E gettare più di Klausner. «All’epoca non avevo altra un’ombra soltanto. È un’espressione scelta che questo nome. “Oz” in ebraico della sua lingua, questa dell’ombra?», significa due cose: forza e coraggio. E ave- chiede la ragazza dei peperoncini. Oz di- vo bisogno di molti “oz”, per fare quello ce di no: «L’ho inventata io. Vuol dire da- che feci», ricorda stringendo gli occhi co- re più di un significato alle cose». sì forte che quasi li chiude. Quello che fe- La ragazza Alice si siede e la presenta- ce — lasciare la casa del padre e comin- zione comincia. Oz legge un brano del ciare il suo viaggio dall’amore al dolore, suo ultimo romanzo, nella sua lingua, andata e ritorno — Amos Oz lo racconta davanti al suo popolo sparso per il mon- nelle seicentoventisette pagine di Una do. Quando parla nella sua lingua, Amos storia di amore e di tenebra, il suo libro più Oz sembra un fiume pietroso, dove qual- amato. Una biografia del sogno della na- che volta l’acqua canta e qualche volta scita dello stato di Israele, e una biografia sbatte. Quando la presentazione è finita, della sua famiglia: colta, complicata, e fe- e i relatori hanno parlato, e Oz ha detto rita da un incancellabile dolore: il suicido quello che aveva da dire sul suo nuovo ro- di sua madre Fania, quando Amos ha tre- manzo «scritto con un sorriso triste», dici anni. chiosa, allora viene il tempo di ascoltare FOTO GRAZIA NERI ‘‘ Repubblica Nazionale