Le Fornaci Ceramiche Di San Giovanni Alla Vena (Pisa). Dispersione Della Storia Di Una Comunità Di Vasai Premessa
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Marco Milanese – Irene Trombetta – Luisa Tampone LE FORNACI CERAMICHE DI SAN GIOVANNI ALLA VENA (PISA). DISPERSIONE DELLA STORIA DI UNA COMUNITÀ DI VASAI PREMESSA Le indagini estensive e intensive condotte sistematicamente dalla Cattedra di Archeologia Medievale dell’Università di Pisa sul territorio di S. Giovanni alla Vena a partire dall’autunno 20021, hanno permesso di avviare un articolato progetto di ricerca diretto da uno degli scriventi (M.M.) e notevolmente incrementato l’interesse storico e archeologico per questa località ai piedi del Monte Pisano, non lontana dal paese di Vicopisano, sede dell’omonimo comune di cui S. Giovanni alla Vena fa parte territorialmente. Si tratta di un borgo con una profonda vocazione e specializzazione nella produzione di manufatti ceramici, ben nota alla memoria storica, orale e materiale del borgo, e a tutt’oggi, anche se sulla via del lento declino, attività di alcuni abitanti del luogo. La sua fortuna nei secoli è da ricondursi alla posizione strategica lungo il fiume Arno, il quale ha determinato la disponibilità locale dell’argilla, nonché la via più rapida per il commercio dei manufatti, i quali imbarcati sui navicelli raggiungevano Pisa e il porto di Livorno. Il centro rientra nella cosiddetta koinè produttiva che riunisce tutti i centri del Valdarno Inferiore specializzatisi a partire dal XVI secolo in una produzione ceramica imperniata sul monolinguismo dell’ingobbio2. Almeno fino agli anni ’60 del XX secolo, epoca che segna lo spegnersi di molte imprese artigianali che non sono riuscite a reggere la rivoluzione imposta dall’introduzione della plastica, si calcola la presenza di circa sei fornaci da ceramica attive nel centro di S. Giovanni alla Vena, le cui strutture, se pure in disuso, sono sopravvissute fino ad oggi in maniera più o meno fedele all’impianto originario, mostrando in tal modo tutto il loro interesse storico e archeologico. La specificità di un’economia basata sulla produzione ceramica è generalmente ricono- sciuta, anche a livello “internazionale” (come dimostrano contesti archeologi in un areale estremamente dilatato, in cui è esplicita la testimonianza di esportazioni di manufatti prodotti localmente, quale è il caso dei rinomati catini schizzati in verde di XIX-XX secolo), per un arco cronologico che va dal tardo Ottocento e si spinge fino alla metà del XX secolo circa, ma che non manca, ancora oggi, di avere una pur minima risonanza a livello locale. Si tratta, dunque, di un prezioso patrimonio sociale, economico e culturale che va ine- vitabilmente incontro ad una quotidiana erosione, dovuta sia allo stato di abbandono in cui versano gli impianti artigianali, sia, purtroppo, alla distruzione di essi per ignoranza o per interesse economico. Le stesse fonti orali, rappresentate per lo più da anziani abitanti del borgo, che ancora oggi possono darci testimonianze importanti sulla quotidianità di una attività, quella ceramica, che forniva il sostentamento all’intera comunità, le stesse fonti orali, quindi, sono soggette a questa lenta dispersione ed erosione inconsapevole. 1 Il borgo è stato oggetto di ricognizioni intensive in occasione del Corso di Formazione Professionale del Fondo Sociale Europeo di “Esperto di Archeologia della Produzione”. Parte dei risultati è stato oggetto di tesi di laurea discusse tra il 2004 e il 2008 nell’ambito della Cattedra di Archeologia Medievale dell’Università di Pisa, diretta dal Prof. Marco Milanese (TAMPONE 2003; TROMBETTA 2004). Il centro produttivo di San Giovanni alla Vena rientra anche nella ricerca dottorale della scrivente (I.T.) discussa nel 2009 presso l’Università degli Studi dell’Aquila (TROMBETTA 2009). 2 MILANESE 1994; MILANESE 2004; MILANESE 2006. – 159 – Ricognizioni archeologiche sistematiche, realizzate a partire dall’autunno 2002 nel centro di S. Giovanni alla Vena, hanno permesso una prima valutazione della consistenza e del poten- ziale informativo del patrimonio materiale ancora disponibile: si tratta di fornaci ed ambienti produttivi che testimoniano ancora, dopo decenni di stato di abbandono, la complessità del processo produttivo e la specificità delle singole fasi di esso. Un altro aspetto della produzione ceramica attiva nel borgo è documentato nei nume- rosi scarti di produzione che facilmente si rinvengono nei terrazzamenti agricoli, negli orti, e reimpiegati nelle strutture murarie. Alcuni esempi di essi risalenti a produzioni locali di XVII secolo, ancor meglio delle strutture in sé, testimoniano l’antichità della vocazione ceramica della comunità. Per alcuni impianti produttivi, in particolare per la ex-Fornace Ceccarelli (fornace da mattoni), per la ex-Fornace Nesti e più recentemente la ex-fornace Carmignani, non è stato possibile fermare le già approvate concessioni di demolizione con conseguente riconversione in strutture ad uso abitativo. Fonti materiali e fonti orali, perciò, in quanto fonti non rinnovabili, risultano essere in un pericoloso stato di rischio e di emergenza, in cui è auspicabile una mirata strategia di interventi, che permettano di combattere la loro dispersione, nel tentativo di conservarne la memoria, e di valorizzare quell’aspetto socio-economico in cui il popolo di S. Giovanni alla Vena ha sempre trovato il suo motivo di identità. 1. RICERCHE ARCHIVISTICHE Le ricerche condotte presso l’Archivio Storico Pisano (ASP) e l’Archivio Storico Comunale di Vicopisano (ASCVP) si sono svolte allo scopo di ricostruire, anche se solo parzialmente, la storia e lo sviluppo degli impianti produttivi ceramici a S. Giovanni alla Vena. Allo stato attuale delle conoscenze, la più antica citazione di un ceramista a San Giovanni alla Vena sembra essere quella di Enrichetto (o Arrighetto) di Chele, broccaio sangiovannese trasferitosi a Pisa nel 13843. Questa notizia, come le successive relative a Matteo di Angelo di Simone, alias Bigio, tegamaio nel 1478, e quella di Giovanni del maestro Iacopo orciolaio di Vicopisano nel 14814, confermano la presenza nel borgo di una attività ceramica, plausibilmente volta alla produzione di Maiolica Arcaica o di semplice vasellame privo di rivestimento, ma scarsamente evidenziata su base archeologica. Successive tracce dell’attività di ceramisti a S. Giovanni alla Vena si trovano in documenti della seconda metà del 1500 conservati presso l’Archivio Storico di Vicopisano5. Il primo risale al 1559 e riguarda una relazione relativa ad un’alluvione causata dall’Arno e alla stima dei danni subiti dai vari centri del Vicariato di Vicopisano; in essa si parla anche dei danni che i ceramisti di S. Giovanni alla Vena hanno subito, in particolare per “una grande quantità di legname per fornace” che l’acqua ha portato via. Un documento datato 1561-15626 registra l’attività di 18 pentolai, attestando una pro- duzione volta alla manifattura di pentolame da cottura; è pure plausibile, essendo il numero elevato, che all’interno del termine siano stati confusi anche i produttori di stoviglie che già a quell’epoca dovevano aver avviato una produzione di vasellame da mensa; infatti, un altro documento degli stessi anni7 menziona tra gli iscritti a San Giovanni alla Vena alla lista degli 3 TONGIORGI 1979b, pp. 59-60. 4 TONGIORGI 1979a, p. 19. 5 Ringrazio sentitamente l’archivista Filippo Mori per la consulenza e l’aiuto prestatomi, nonché per avermi con- cesso la trascrizione, in sede di Tesi di Dottorato, di alcuni documenti già da lui individuati, ma rimasti inediti. 6 ASCVP, Atti civili, Filza n. 053, 1561-1562. 7 ASCVP, Atti civili, Filza n. 085, 1561-1562. – 160 – “Artieri et Matricole di Arte di Grascia, Fabbricanti et Speziali” 8 stovigliai, appartenenti alla categoria degli speziali. Ancora da un documento del 15628, in cui si menziona un elenco di «maestri di vasella, cioè brocche, pignatti et tegami», si evince la presenza a S. Giovanni di un’attività ceramica altamente specializzata in manufatti da fuoco e da mensa. In una carta del 15789 il Provveditorato alle Arti di Firenze richiede una «descritione di tutte e tre le sorte di d.i artieri», ovvero «artieri di grascia, fabbricanti e speziali» presenti nella Podesteria di Vicopisano; a San Giovanni alla Vena gli stovigliai sono 29 (se ne elencano tutti i nomi), sottoposti all’arte degli speziali. Nel resto della Podesteria non risultano altri ceramisti attivi. Nello stesso anno, un documento10 elenca tutte le fornaci da ceramica attive a San Giovanni alla Vena, con il nome del proprietario, la localizzazione e la specializzazione (per lo più da stoviglie). La localizzazione ricalca grosso modo l’area di dispersione ricostruibile attraverso i contemporanei estimi. Dallo spoglio degli Estimi del Catasto di Fiumi e Fossi conservati presso l’Archivio Storico di di Pisa, per l’anno 155611 sono censite nel centro di S. Giovanni almeno otto fornaci (variamente da pignatte, vasella, brocche, stoviglie) concentrate principalmente nella porzione ovest del borgo, in luogo detto «Civoli» (l’attuale Cevoli) e «Strada» (i due microtoponimi sono contigui, come risulta dalla descrizione delle confinanze relative ad alcune fornaci ivi localizzate) e ad est, in luogo detto «al Poggio». In particolare si nota la specializzazione dei singoli ceramisti nella produzione di determinate classi funzionali ceramiche, caratterizzazione che spesso viene rispecchiata dagli epiteti che accompagnano i nomi dei proprietari delle fornaci, come «Francesco di Bastiano pignattaio» o «Agostino di Mariano tegamaio». Di quest’ultimo viene, inoltre, specificato che la fornace che possiede, gli è stata data in livello dall’Arcivescovado di Pisa, nota