PIC Interreg III B Archimed CY.RO.N.MED CYcle ROute Network of MEDiterranean

Le attrattive turistico/ambientali delle ciclovie campane documento a cura di Rosaria Serino - ISVE

CICLOPISTA DEL SOLE e VIA DEI TRE MARI

VIA DEI BORBONI

VIA DEI PELLEGRINI

Ottobre 2007

La CICLOPISTA DEL SOLE e la VIA DEI TRE MARI

Sessa Aurunca

Di notevole bellezza sono i pavimenti in maioliche della chiesa barocca di Ferdinando Sanfelice, una chiesa facente parte di S. Agostino, il più grande complesso conventuale costruito nel borgo inferiore. Mentre nel borgo inferiore c’è il complesso conventuale di S. Agostino, nel borgo superiore c’è la costruzione architettonica artistica del Duomo, un edificio di elevata importanza, costruito in stile romanico, più tardi restaurato nel XVIII secolo. La costruzione ha un portico a tre navate edificato nel corso del 300 con dei pilastri con accanto delle colonne molto antiche. L’archivolto della bassa mediana reca bassorilievi con la vita di S. Pietro; mentre il retrostante portale centrale è racchiuso tra due possenti leoni, il quale usa come architrave un materiale di puro stile romano. Nella parte interna del Duomo troviamo numerose decorazioni risalenti al 1200 come un pavimento musivo, un pergamo, mosaici come il coevo e candelabri pasquali. Tutte queste opere sono dell’artista e maestro Pellegrino, mentre le numerose tele presenti nella Cappella del Sacramento sono di Luca Giordano. L’unico elemento architettonico che non è del 1200 è la cripta che risale intorno al 1100. Il Castello Ducale a pianta quadrata come le sue due torri, ricorda, con l’articolazione della cinta muraria difensiva, lo stile normanno – svevo, mentre nel cortile sono presenti delle bifore risalenti al 400, sicuramente costruite in stile catalano. La Chiesa dell’Annunziata fu costruita nel 400 nel borgo superiore dell’abitato poiché in passato fu centro di numerosi scambi commerciali grazie alla presenza di case di mercanti ebrei. Questo edificio di culto fu costruito nel quartiere commerciale grazie all’arte della conceria, mentre nel XVIII secolo fu restaurato e modificato per opera di Domenico Antonio Vaccaio. Nel secondo altare destro c’è un importante tela di Antonio Sarnelli che rappresenta la città disegnata su tela, mentre Sebastiano Conca ha rappresentato l’annunciazione sull’altare maggiore. Un piccolo abitato (m 612, ab. 3897) situato alle pendici di un vulcano che ha smesso la sua attività da ormai molto tempo. Presso dei castagneti del parco regionale della Roccamonfina e Foce Garigliano, l’abitato è fonte di interesse turistico per la tranquillità del paesaggio e per la buona cucina locale dove si possono trovare le sorgenti di Rocca Terme dove c’è la possibilità di potersi usufruire dell’acqua oligominerale di questi impianti.

Cellole

Oltre al caratteristico centro storico, a Cellole possiamo ammirare: la Basilica di san Marco, di origini antichissime, è molto conosciuta perché al suo interno si conserva una preziosa immagine della Vergine di Costantinopoli; Chiesa di san Marco e san Vito, sorge sui resti dell'antica chiesa di santa Lucia, ed è stata edificata a metà del XX secolo. A Cellole si può visitare inoltre la frazione di Baia Domizia, una delle più celebri località marittime di tutta la Campania.

Mondragone

Da vedere : il Santuario di S.Maria Incaldana, iniziato nel XIV secolo ma terminato solamente molti secoli dopo, conserva al suo interno numerose opere di artisti locali;

- la Chiesa di San Michele extra Moenia, originaria del XIII secolo e così chiamata perché eretta fuori dal circuito murario, richiama nelle architetture linee romanico-gotiche;

- la Cappella del Carmine, fu edificata nel XVIII secolo e conserva al suo interno una preziosa statua della Madonna del Carmine, molto venerata dalla popolazione;

- i ruderi del Castello (O Rocca), antica fortificazione edificata nel X-XI secolo su un colle dal quale si domina tutta la città;

- il Palazzo Tarcagnota, fu costruito nel XVIII secolo ed è uno dei più importanti palazzi nobiliari di tutta Mondragone;

- la Torre del Paladino, eretta su un antico mausoleo di epoca romana.

Castel Volturno

La caratteristica del Castello e dell’adiacente Borgo S. Castrese, situato nel centro storico di Castel Volturno, è quella del sito adagiato sull’ultima ansa disegnata dal fiume Volturno prima di sfociare nel mar Tirreno, in contrasto con le consuetudini medioevali, che preferivano innalzare i borghi fortificati su alture inaccessibili.

La fondazione di un fortilizio o quanto meno di un luogo fortificato alla foce del Volturno risale, secondo i documenti storici, alla fine del IX inizio X sec, allorquando i castaldi longobardi della nuova Capua, rifondata ne 856 sulle rovine dell’antico porto romano di Casilino, ebbero bisogno, per difendersi dalle incursioni - soprattutto saracene - che arrivavano via mare risalendo a forza di braccia la corrente del fiume, di un avamposto militare strategico che bloccasse l’ingresso dei navigli nemici alla foce. La prima fabbrica del castello di Volturno fu certamente opera del vescovo longobardo Radiperto, fu, infatti lui, secondo il carme sepolcrale che chiudeva la sua tomba, a innalzare sul veloce scorrere del fiume un’alta torre (Extulit altifluam pracelso culmine turrim) e a cingere di mura (moenibus arcem) il borgo fortificato. Il castello fu eretto su un’arcata superstite dell’antico ponte romano fatto costruire dall’imperatore Domiziano nel 95 d.C., e che si snodava in un viadotto sorretto da pilae, che si susseguivano per un lungo tratto sulla sponda opposta del fiume.

L’antica costruzione dovette essere di forma oblunga, perpendicolare all’andamento del fiume e in asse con l’antico tracciato della via Domiziana. Adiacente alla torre dovette svilupparsi ad est il borgo murato di S. Castrese. Nel 904 il piccolo complesso fortificato era governato dal castaldo Gaideri; nel 982 erano conti di Volturno e Patria i fratelli Guaiferio detto Alo e Guaiferi figli di Wiferi; nel 988 conti di Volturno erano i fratelli Daoferi e Daoferio; agli inizi dell’anno 1000 conte di Volturno era Doferi, successivamente, il possesso del forte, fu assegnato, dai Normanni di Aversa a Guaferi.

Con l’incoronazione di Ruggero II a re di Sicilia (1130), Castello a mare del Volturno fu tolto a Ugone conte di Boiano, che lo aveva occupato. Nel 1206 l’imperatore Federico II di Svevia donò il Castello del Volturno alla mensa Arcivescovile di Capua, mentre durante il regno della regina Giovanna II d’Angiò (1414-1435) il castello fu recuperato dalle mani del de Sconnito grazie all’aiuto di Filippo Barile e rientrò a far parte dei beni della corona e come tale fu assegnato da Alfonso I d’Aragona (1435-1458) alla figlia Eleonora, che lo portò in dote al marito Marino di Marzano duca di Sessa e quando questi, nel 1460, si ribellò al cognato Ferrante o Ferdinando I re di Napoli (1459-1494), il castello fu costretto a subire un lungo assedio.

Il Castello e il vasto tenimento di Castel Volturno, furono tenuti in signoria dai capuani. Il Castello e il Borgo murato di S. Castrese hanno conservato attraverso i secoli sia i limiti urbani che l’impianto viario originari; sono parte dell’arco del ponte domizianeo del I sec. d.C. e le grossa mura perimetrali, costruite con i basoli di roccia leucitica prelevate dall’antica via Domiziana e con i blocchi di travertino e tufo proveniente dallo spoglio di edifici della colonia romana di Volturnum. Sia l’impianto delle stradine (vico I, II, III, IV, V e VI) tutte perpendicolari alla piazzetta principale (Largo S. Castrese) a modello dei castra romana e che doveva costituire la piazza d’armi del forte.

I documenti storici attestano attraverso i secoli l’esistenza di un castrum, di una torre, di un castello e di un borgo fortificato alla foce del fiume Volturno fin da epoche molto antiche, ma non hanno tramandato le modifiche e le trasformazioni cui esso, attraverso il tempo, è andato incontro a causa delle intemperie, degli eventi sismici o bellici o della mano dell’uomo. In un’antica raffigurazione pittorica, conservata nella Chiesa Arcivescovile di Capua, oggi scomparsa, era raffigurato come una “Rocca cinta di mura”, con la scritta CASTRUM MARIS DE / VOLTURNO QUOD EST DE / MAIOR ECC. CAPUANA.

Nel corso dei secoli le strutture murarie del Castello e del Borgo fortificato di S. Castrese hanno subito profonde modifiche, alla primitiva torre e mura, fatte costruire dal vescovo longobardo Radiperto, coniugando, evidentemente come era costume per le fortificazioni del IX e X sec., legno, prelevato della vicina selva Gallinaria, e muratura, il cui materiale proveniva dalla spoliazione della via Domiziana e dalla colonia romana di Volturnum, fu sostituito, nel corso del XII sec., un fortilizio in muratura con mura e mastio, che diventò la chiave di difesa dell’intero borgo fortificato. La primitiva torre longobarda, probabilmente in legno e circondata da una palizzata e da un semplice fossato, lasciò il posto ad un più massiccio mastio con un borgo attorniato da mura e fossati pieni d’acqua. L’avvento delle armi da fuoco, che distrussero l’antica cinta muraria durante l’assedio del 1460, portò ad un ulteriore modifica. Il Castello e il borgo dovettero essere difesi da un doppia cinta di mura, in parte

ancora esistente e da diverse torri e posti di guardia fortificati con un maggior rafforzamento del mastio, che assunse la forma di un vero e proprio bastione nel XVII secolo, quando le coste campane ripresero ad essere oggetto delle incursioni piratesche, per cui si dovette provvedere a rafforzare le porte e le mura, che furono dotate di feritoie per gli archibugieri, le colubrine e le bombarde. Tanto il castello quanto l’edilizia presente all’interno del borgo fortificato di S. Castrese è stato fortemente rimaneggiato attraverso il tempo, tanto che è difficile, senza il sostegno di un apposito scavo archeologico o lo studio dei vari strati sovrapposti di muratura, ascriverne, ad un periodo preciso piuttosto che ad un altro, le varie trasformazioni e sovrapposizioni stratigrafiche. Le attuali costruzioni esistenti, ad una prima ricognizione visiva, non vanno al di là del Sei-Settecento. Il solo Castello ha la forma quadrata delle torri difensive seicentesche del periodo vicereale, sul lato esterno di Piazza Castello; di antica fattura la rampa di accesso lastricata in opus spicatum, sulla cui sommità si erge un portone di più recente costruzione, che introduce nel cortile interno del mastio, che è ricavato quasi certamente nel camminamento della ronda della doppia cinta muraria. Sul lato opposto, in via Fratelli Daoferi e Daoferio sono ancora visibili un barbacane e nel muro due strette feritoie simmetriche, attraverso le quali, forse doveva scivolare la catena che azionava il ponte levatorio, che pure doveva esserci, se il Castello, come testimoniano le fonti, era circondato da fossati pieni d’acqua, in parte probabilmente ricavata dai bracci dal vecchio porto romano. Il Castello all’interno, a causa dei rimaneggiamenti Otto-Novecenteschi, ha perso la sua caratteristica natura difensiva. Il portone di acceso a Largo S. Castrese non deve essere più antico del Seicento, per la forma tozza e per l’assenza delle scalanature della saracinesca. L’attuale Torre dell’orologio in Piazzetta Radiperto, originaria torre posta a guardia della porta, non deve essere più antica del Settecento nella sua parte alta, in quanto solo dal 1757 è attesto, nei conti comunali, il pagamento dell’onorario all’orologista. Le facciate delle abitazioni interne al borgo S. Castrese non vanno al di là del XVIII-XX secolo per i continui rimaneggiamenti e stravolgimenti subito. Esse sono costruite in pietra e seguono tutte lo steso schema, per lo più sono costituite da due vani unici sovrapposti non comunicanti, l’accesso ai piani superiori avviene mediante una scala esterna in muratura. Lo schema strutturale presenta mura portanti, in comune i laterali, isolati i frontali e solai con travi in legno.

La Cappella di san Castrese

Situata al centro del lato sinistro di Largo S. Castrese, nel Borgo murato del Castello, si trova la cappella dedicata al santo patrono del paese San Castrese. La cappella costituita da un solo vano è inserita in un edificio composto da un piano terra e un primo piano. Il piano terra è composto da tre vani, nel primo è situata la scala, che conduce al primo piano composto di tre stanze, sotto alla quale vi è un pozzo, la seconda funge da sagrestia, nella terza è situata la cappella vera e propria. Per accedere direttamente alla cappella bisogna salire due gradini, attraversare un portone di ingresso, sormontato da una piccola finestra ovale inserita in un triangolo di stucco. Oltrepassato la porta ci si trova direttamente nell’unica navata a forma rettangolare (4,40x7,80), di fronte all’entrata vi è posto l’altare, sormontato da una piccola nicchia scavata direttamente nel muro, racchiusa tra due piccoli pilastri con capitello ionico, in essa era posto il busto ligneo del Santo, alla cui base reca l’iscrizione: S. CASTRESE / PATRONO DI MARANO E CASTELVOLTURNO. Dietro il portone d’ingresso, sul lato destro, vi è posto una lapide che recita: D.O.M. / RISORGE SUL SACRO SUOLO / MALMENATO

DELL’ANTICA CHIESA / DI S. CASTRESE / QUESTA CAPPELLA È FABBRICATA / DALLO ZELO DEL PARROCO / SAC. GENNARO AMOROSO / 10-2-1952. In alto direttamente affrescata sulle pareti è raffigurata la storia leggendaria della vita di S. Castrese, su sei pannelli rettangolari, divisi tra loro da quattro figure, la prima rappresenta la Fede, la seconda l’Obbedienza, la terza la Nobiltà e la quarta la Religione. Le vicende narrate iniziano dal lato sinistro, dove nel primo pannello è rappresentato S. Castrese cacciato dall’Africa, nel secondo il Santo è raffigurato su una nave insieme ad altri martiri, nel terzo il Presule è giunto alla foce del Volturno, tutti i passeggeri sono scesi dall’imbarcazione ad essi è apparso il Signore e San Pietro tra gli Angeli, in una iscrizione si legge MONSTRATE ESSE MATREM. Sul lato destro della navata S. Castrese è raffigurato, nel quarto pannello, al centro della piazza del castello sulla soglia della futura cappella, mentre predica ai fedeli; nel quinto riquadro opera il miracolo sul nobile Aristodemo suo persecutore, che malato è trasportato in lettiga dai soldati al cospetto del Santo; nel sesto il Vescovo è raffigurato sul letto di morte attorniato dai fedeli e visitato dal Signore e dagli Angeli. Sotto la volta della cappella è rappresentata in un grande riquadro a gloria di San Castrese, che tra una schiera di angeli, dall’alto del cielo, veglia sul territorio di Castel Volturno, di cui è raffigurato il castello posto alla foce del fiume Volturno. I dipinti sono opera, come si legge dalla firma posta in questa ultima raffigurazione descritta, di Domenico Ferraro di Casagiove e datati 5-10- 1950. Al centro del pavimento vi è una piccola croce tra le lettere S e C. LA CAPPELLA DI SAN ROCCO

La Cappella si trova nell’omonima via S. Rocco nel Centro storico di Castel Volturno, vi si accede dopo aver superato due gradini. La facciata a capanna ha sul davanti un grande portone in legno, chiuso esternamente da una cancellata di ferro. L’interno è costituito da una sola navata con un altare centrale, rifatto nel 1983. Sull’altare troviamo un quadro firmato da L. PANARELLA 1968 AVERSA, che raffigura S. Rocco in ginocchio, al quale è apparsa tra gli Angeli la Vergine con in braccio il Bambino Gesù. In alto sopra l’altare, racchiusa in un cerchio vi è la scritta W.S. ROCCO PELLEGRINO. Sul lato sinistro, incastonata nel muro vi è una grande nicchia, dove è rinchiusa da una porta a vetri la grande statua del Santo a figura intera. Sul lato destro vi è una piccola acquasantiera a forma di conchiglia. Il pavimento in maioliche a rombi bianchi e neri è di antica fattura, questa chiesetta rurale, infatti, esisteva già nel 1766 eretta dalla pietà dei fedeli, che ne invocavano la protezione in caso di pestilenze.

La Cappella di Maria S.S. della Civita

La cappella della Madonna delle Grazie si trova in via Maria S. della Civita nel centro storico di Castel Volturno, costruita nel luogo dove sorgeva l’antica città romana di Volturnum, perciò detta della Civita, la costruzione che ha subito dei rimaneggiamenti. La chiesetta ha sul davanti un lungo cortile racchiusa da mura con all’ingresso un cancello di ferro. La forma della costruzione è a capanna, sul portone di accesso, all’unica navata di cui si compone la chiesetta, vi è una finestra circolare. L’abside si presenta con al centro un altare di pietra, sul quale è posto un quadro della Madonna delle Grazie di recente fattura, è racchiuso tra quattro archi, di cui tre addossati alle pareti. La cappella conserva una statua lignea della Vergine Assunta in cielo, sospesa su una nuvola retta da due piccole teste di Angeli. Sul lato sinistro una porta introduce in due ambienti uno inferiore e l’altro superiore, al quale si arriva tramite una scala addossata al lato sinistro della parete, gli ambienti, che anticamente ospitavano un eremita, sono illuminati da piccole finestrelle.

La Chiesa dell'Annunziata

E’ situata nell’omonima piazza nel centro storico di Castel Volturno. Fu eretta nel XVI secolo, ma fu più volte rimaneggiata, l’attuale impianto, insieme alla torre campanaria in quattro piani e di forma quadrata, risale al XVIII secolo. La facciata esterna della chiesa è a capanna e presenta al centro due aperture una nel sottotetto di forma rotonda e sotto questa un’ampia finestra ad arco, sui vetri della quale è raffigurata la scena dell’Annunciazione. Il sagrato coperto è delimitato da un imponente porticato rettangolare racchiuso tra cinque cancelli di ferro a due ante del 1886, quello centrale più grande ne ha poi due più piccoli ai lati sormontati da due finestra ovali, mentre vi sono altri due cancelli uno sul lato destro ed un altro su quello sinistro. Sotto il porticato del sagrato, sul lato sinistro, vi è posto una lapide di marmo del 1995, che riporta tutti i nomi dei vescovi e dei parroci, che hanno retto nei secoli la Parrocchia di S. Castrese. Oltrepassato il sagrato ci troviamo di fronte il monumentale portale cinquecentesco, che porta incisa l’in alto l’intestazione: DIVE ANNUNTIATAE TEMP. AN.DNI MDXXXIII. Esso è costruito in blocchi di travertino scolpiti con motivi geometrici o floreali stilizzati, per la maggior parte situati sotto la curva dell’arco. Le finte colonne ai lati del portale hanno i capitelli in stile ionico, il piedistallo che le sorregge porta scolpito due stemmi infiocchettati da nastri; in quello di sinistra, sono incise in uno scudo le iniziali A.G.P. (Ave Graia Plena), in quello di destra vi è raffigurato un ponte tra due torri ineguali per altezza e grandezza. L’intento dell’artista era quello di raffigurare evidentemente il ponte romano fatto erigere nel 95 d.C. dall’imperatore Domiziano a Castel Volturno. Il grande e massiccio portone di legno diviso in due battenti è suddiviso a sua volta in riquadri, nei due centrali posti in alto vi sono raffigurati in rilievo, in quello di sinistra, un Angelo con in mano un giglio, mentre in quello di destra la Vergine, negli altri riquadri ricorre lo stesso motivo floreale stilizzato. Oltrepassato il portone ci si trova, salendo un gradino, in un vestibolo rettangolare, delimitato da un grande portone centrale a due battenti e da due porticine laterali, che immettono nella chiesa vera e propria, entrando a sinistra vi è una piccola porticina che immette in una scala a chiocciola che porta sullo spazio soprastante il vestibolo, per il coro e l’organo, entrando a destra troviamo affissa sul muro la seguente iscrizione: A.G.P. / ANNO AERAE VULGARIS MDCCXXVI / DIE XXVIII APRILIS DOMENICA IN ALBIS / NIC. ABBATI EPUS CALENI / EMI, AC. REV. D. NIC S.R.E. CARDIN. CARACCIOLI / ARCHIEPI CAPUAE VIC. GLIS / CONSECRAVIT HANC ECCLESIAM ET ALTARE / INCLUSIS S.S.M.M. EXUPERY ET ASELLI / RELIQUIIS / ET OMNIBUS XPI FIDELIBUS VISITANTIBUS IN DIE ANNIVERSARIO / XL DIES DE VERA INDULGENTIA IN FORMA ECCLESIAE CONCESSIT / D.D. ANDREA CARAMANNA / DETIO FALCONE ET IOACHINO FRANCHINO.

L’interno della chiesa è costruito da una sola navata, le due pareti laterali sono formate da quattro archi simmetrici, in sei dei quali sono inseriti degli altari di marmi, sui quali sono poste delle tele. Sul lato sinistro, appena superata porticina laterale, troviamo inserito nell’arco addossato alla parete il quadro di S. Rocco, nel successivo è invece posto un altare con sopra una tela raffigurante S. Giuseppe, seguono un altro altare con una tela raffigurante il battesimo di Gesù e nel successivo la Madonna di Pompei; sul lato destro il volto Santo di Cristo, e poi un altare sul quale è posto una tela della Madonna del Carmelo tra le anime del Purgatorio e sul successivo un San Castrese, segue poi sospeso in alto sulla parete un pulpito in legno dorato. Oltrepassato il transetto, diviso dalla navata da una balaustra in

marmo rosso e da un piccolo cancello di ferro, troviamo l’abside a forma quadrata, essa è delimitata da quattro archi sui quali poggia il tamburo ottagonale dell’ampia cupola, al centro della quale sono posti un altare di fattura settecentesca in marmi policromi, sul quale è posto una pala del quattrocento raffigurante l’Annunciazione della Vergine, e un contro altare, di recente costruzione, sulla cui facciata è stata inserita una lastra di marmo settecentesca, sulla quale è inciso un ponte tra due torri ineguali per altezza e grandezza su un fiume. Sul lato sinistro, prima di arrivare ad una porticina che immette nella torre campanaria, si trova la lastra tombale di Cesare Figliano. Il bassorilievo è racchiuso da un bordo istoriato di fiori e foglie stilizzate, il corpo del defunto giace raffigurato disteso sul letto di morte sul lato sinistro, la testa, rivolta verso l’altare, riposa adagiata su un cuscino, che presenta quattro nappe ai lati. Il volto è raffigurato con gli occhi chiusi, i capelli corti e la barba, il braccio sinistro con la mano chiusa è posta sotto la testa. L’abbigliamento è quello spagnoleggiante del XVII secolo, al collo porta una gorgiera a ruota, il busto è rivestito di un giubbotto, che arriva ai fianchi, con bottoni sul davanti, con lunghe maniche con spalline e una cintura annodata in vita, i pantaloni sono alla zuava con un fiocco sulla gamba destra, che sono rivestite, queste ultime, di calze lunghe con ai piedi delle scarpe basse senza stringhe. Il braccio destro è posto tra le gambe, le dita della mano stringono una corona per il rosario. Una iscrizione riporta: PRECLARO HVIC TVMULO CESARII FILIANI / SVBSVNT QVI HOC VVLTURNI OPIDVM VIT / ILLVSTRAVIT AC AD SVI MEMORIA FILI / EM SACELLV HOC SIBI SVISO DI. Nella retrostante sagrestia dell’altare maggiore vi sono anche qui due lastre tombali, quella sul alto destra appartiene a Luca Giovanni Toscano, è rotta al centro trasversalmente. Il defunto è raffigurato dormiente sul letto di morte, con il corpo reclinato sul lato sinistro, la testo poggia sopra un cuscino, che ha quattro nappe applicate negli angoli. La mano sinistra è posta sotto la guancia, che ha barba e baffi, i capelli sono corti, gli occhi sono socchiusi; ha in dosso una casacca, cha arriva ai fianchi, è chiusa sul davanti da piccoli bottoni, ha le maniche lunghe, una cintura legata in vita e una gorgiera a ruota al collo, i calzoni si fermano alle ginocchia, dove sono chiusi con tre bottoni ai lati, il vestito indossato è molto drappeggiato, le colze sono lunghe e le scarpe basse e allacciate con piccoli fiocchi, la gamba sinistra è piegata sotto quella di destra, così il braccio desto riposa tra le gambe e stringe tra le mani un paio di guanti. Dietro alle gambe adagiato su un cuscino vi è un piccolo cagnolino, su davanti lo stemma gentilizio, in uno scudo è raffigurato un tronco di albero con quattro rami spezzati, con sopra una stella. La scritta incisa riporta: LVCAS IOES THVSCANVS DE REGIMENE EIVS / PATRIAE EX FIDE PRAEFIECTVS AETATIS SVE / XLV OBIIT XVII MARTII MDLXXXIII. Sul lato opposto della stanza, sempre dietro l’altare maggiore, in corrispondenza dello stesso sepolcro vi è il bassorilievo tombale di Matteo Phoeniciosa, anche qui il corpo del defunto presenta la medesima posizione dei due precedenti, reclinato sul lato sinistro ha la mano posta sotto la guancia, la testa riposa su un cuscino con quattro nappe negli angoli, anche questo personaggio presenta un abbigliamento simile a quelli precedenti anche se meno drappeggiato, tra le mani stringe il rosario, dietro la gamba destra vi è un piccolo cagnolino accoccolato, dietro a quella di sinistra invece vi è uno stemma gentilizio a forma di scudo, nel quale è rappresentano un falco su un ramo, che sta adocchiando una colomba in volo. L’iscrizione riporta: MATTHAEUS PHOENICIVSA, TENERIS ANIS / SVOR VESTIGIA SECVTVS CVRSV XLVI / IAM EX ITINERE LAPSVS SIC SVB ISTO / LAPIDE SEDIT MDXCIII DIE II FEB.

La Torre di Patria

La torre di Patria, situata al km. 43 della via Domiziana in località Lago Patria, è tra gli esempi di torri di avvistamento e di difesa quella che si è meglio conservata, tra le tante che sorgevano lungo tutta la costa domiziana, nonostante le trasformazioni subite nel corso dei secoli. L’origini del nome della località è da attribuirsi alla frase pronunciata, secondo quanto scrive Valerio Massimo, da Publio Cornelio Scipione l’Africano: <>, che dopo la vittoria di Zama su Annibale si ritirò in esilio volontario nella città di Liternum, dove morì nel 183 a.C. e dove fu seppellito, in un grande sepolcro sormontato da una statua, che fu visitato da Livio e Seneca. La tradizione vuole che l’attuale Torre sia sta fabbricata con i ruderi della tomba del grande condottiero romano; secondo alcuni storici essa fu fatta costruita dagli Aversani nel 1421, per difendere la costa dalle incursioni dei Saraceni, secondo altri fu eretta dagli Aragonesi e venduta dal re di Napoli Ferrante d’Aragona alla città di Aversa nel 1467. L’impianto dell’edificio rientra nella tipologia delle tipiche torri fortificate, sorte sia per l’avvistamento dei nemici, che giungevano dal mare, sia per il controllo delle rotte di contrabbando; la sua funzione era di raccogliere, in caso di pericolo, i segnali luminosi o di fumo provenienti dalle altre torri e di ritrasmetterli a quella successiva. La costruzione ha la forma di una piramide tronca con la base quadrata, che misura 11,40m., ed un’altezza di 15m. L’interno si articola su tre piani coperti con volte a botte, adibiti anticamente a magazzino la parte inferiore, ad alloggio il primo piano e a batteria il terzo. Il piano terra è posto a livello del basamento, conserva una cisterna, che serviva per raccogliere l’acqua piovana proveniente dalla copertura mediante un cunicolo canale, che dal tetto raggiungeva la cisterna. Gli armamenti erano posizionati in alto nella zona contornata a caditoie, che impedivano l’assedio ravvicinato. Sulla facciata è posta una lapide in marmo con la seguente iscrizione: “PATRIA” / SCIPIONE L’AFRICANO SULLA PORTA DELLA SUA / VILLA CHE IN QUELL’EPOCA IN QUESTI PRESSI ERESSE ALLORCHE’ / FU ESULE DI ROMA, INCISE IL FAMOSO VERSO. / “INGRATA PATRIA, NEQUIDEM OSSA MEA HABET” / E POICHE’ COL TEMPO LOGORANDOSI LE LEGGENDA RIMASE LA / SOLA PAROLA PATRIA, TUTTA QUESTA CONTRADA FU COSI’ DENOMINATA / PER RICORDO AVV. COMM. LUIGI DE ROSA / MAGGIO 1924.

Giugliano

Documenti dell’architettura rurale sono le centinaia di Masserie del Seicento-Settecento; sul territorio sono state rinvenute lapidi sepolcrali romane e tombe osco- sannitiche; le chiese sono fonti di inestimabili valori artistici. Poco discosto dal centro storico c’è il Borgo di Casacelle: citato in un documento dell’anno 819, è quanto avanza del ricordo di un fiorente villaggio romano, e poi medievale, posto sul tracciato dell’antica Via Consolare Campana.

Il Palazzo Pinelli Duchi di Acerenza, detto antiche Palazzo Baronale e denominato Palazzo Palombo dal nome della famiglia che ne è proprietaria, fu edificato verso il 1545 da Giovan Francesco De Palma, detto il Mormando, per Cosimo Pinelli che aveva comprato il Feudo nel 1542. Il palazzo fu poi

ristrutturato e mirabilmente impreziosito dal Principe di Stigliano Marc’Antonio Colonna.

La fondazione Liternum dovrebbe essere di origine osca; nel 194 a. C. vi fu trasferita una colonia romana, e qui si ritirò a vivere in esilio Publio Cornelio Scipione detto L’africano. Nel II secolo d.C. troviamo Liternum elevata a Prefettura. Dopo il IV secolo, alluvioni e malaria contribuirono a declassarla, insieme con le invasioni barbariche, fino al completo abbandono. L’area archeologica, riportata alla luce tra il 1932 ed il 1937, comprende il Foro con un tratto della via Domitiana, la Basilica ed il Teatro.

È parte del territorio di Giugliano il lago di Patria. Sulle rive di questo specchio d’ acqua a forma di cuore, sorse la colonia di Liternum. Oltre al lago, la città di Giugliano comprende la riviera di Licola, Lago patria, Varcaturo ricca di strutture turistiche e balneari, discoteche e villaggi turistici.

Il Foro di Liternum dovrebbe essere di origine osca. Tito Livio ci dice che nel 194 a. C. fu trasferita a Liternum una colonia romana di 30 famiglie, ed altre 300 famiglie qualche anno dopo, sotto il consolato di Publio Cornelio Scipione detto l’Africano, che vi si ritirò a vivere gli ultimi anni della sua vita. Nel II secolo d. C. troviamo Liternum elevata al ruolo di Prefettura tra le più fiorenti d’Italia.

Dai campi Flegrei: Pozzuoli, Solfatara, Cuma, Baia...a Napoli

I campi Flegrei sono situati al Nord ovest di Napoli (crateri, laghi, fenomeni vulcanici, zone archeologiche, spiagge, ottima cucina). Visitando questi luoghi possiamo facilmente capire perché vi sono ambientate storie mitologiche greche e romane.

Pozzuoli fondata da rifugiati greci nel III secolo a.C. diventò un importante porto romano. Il centro antico dovette essere evacuato all'inizio degli anni '70 (del 1900) a seguito dei movimenti di bradisismo. Dal porto nuovo partono traghetti ed aliscafi per le isole di Procida (15 a 30 min.) e Ischia (60 min.). Da vedere: il tempio di Serapide, l’Anfiteatro, il centro storico, il piccolo porto di pescatori con caratteristici ristoranti a base di specialità di mare.

Il cratere del vulcano Solfatara risale a circa 4000 anni fa ed è l'unico dei Campi Flegrei ancora attivo, con notevoli manifestazioni fumaroliche. Un'idea x una breve passeggiata.

Cuma è una delle prime colonie greche nel Mediterraneo, la sua fondazione risale al VIII secolo a.C. Da vedere nei dintorni: Arco Felice, il parco archeologico (antro della Sibilla, Via Sacra con la sua vista splendida sul lago, le rovine del tempio d’Apollo e del tempio di Giove).

Da vedere anche: Il castello di Baia, museo archeologico del Campi Fegrei, Bacoli (villaggio di pescatori e stazione balneare), Miseno, il lago d'Averno, il lago di Fusaro...

Napoli fu una grande capitale europea fino all'unità d'Italia e tuttora è uno dei centri d'arte, cultura e commercio. La storia di Napoli è perfettamente rintracciabile nell'espansione della sua struttura urbana, con testimonianze sull'intero arco di 25 secoli che vanno dai primi insediamenti Greci su Monte Echia al Nuovo Centro Direzionale, ad Est della Stazione Centrale passando per le forti tracce Medioevali, (Angioine, Sveve) e quelle del Barocco (Spagnole e Francesi), che sostengono tuttora la funzione di capoluogo di regione e la dignità di capitale europea proiettata nel mediterraneo.

Il centro storico monumentale è situato nella zona attorno la centrale piazza Plebiscito. Vedere: il Teatro San Carlo, il palazzo Reale, la Chiesa San Francesco di Paola, la Galleria Umberto, Piazza Municipio, Castel Nuovo.

Spaccanapoli è una strada museo a cielo aperto! Palazzi, cortili, chiese e chiostri si succedono l'un l'altro. Situato sulla verticale del decumano inferiore della Napoli greco-romana, questa zona è molto animata: mercati, negozi di artigiani(San Gregorio Armeno), caffè, pizzerie. L'università Federico II è proprio lì vicino, è quindi piena di giovani. Da non perdere: la Chiesa di Gesù Nuovo, il monastero di Santa Chiara, il Convento San Domenico Maggiore, il palazzo Santangelo, La Cappella Sansevero, e le 'Napoli sotterranee', via Toledo - Via Roma (in parte pedonalizzata), i quartieri spagnoli (Via Speranzella).

Il museo archeologico nazionale è probabilmente uno dei più belli al mondo. La ricchezza delle sue raccolte dell'antichità è una meraviglia pura. Vedere: numerosi affreschi, statue e oggetti in provenienza dalle città romane (pre-eruzione del 79 d.C.) di Pompei e Ercolano. La zona degli antiquari si trova all'uscita del museo.

Il Lungomare è la piacevole passeggiata domenicale dei napoletani, molto apprezzata anche negli altri giorni, dagli extra-napoletani. Comincia scendendo da Piazza del Plebiscito, senza voltare a destra per il borgo di Santa Lucia e si prolunga fino al porto di Mergellina, con i suoi caratteristici bar-chalet, passando per Castel dell'Ovo, il museo di Villa Pignatelli ed il parco della Villa Comunale. La vista sul golfo è magica al tramonto.

Il palazzo di Capodimonte situato sulla omonima collina, è circondato da un parco splendido. Conserva raccolte d'arte medioevale e moderna.

Da San Giorgio a Cremano, Portici, Ercolano, Torre del Greco, Torre Annunziata, Pompei….a Vietri

A San Giorgio a Cremano è assolutamente da non perdere una visita al centro storico, ricco di angoli caratteristici in cui il tempo sembra si sia fermato.

Oltre al caratteristico centro storico, a Portici possiamo ammirare:

- la Chiesa Parrocchiale, di antica fondazione, che conserva al suo interno numerose opere di artisti locali;

- il Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa, in cui si conserva la prima locomotiva entrata in sevizio sulla Napoli-Portici, e molti altri oggetti legati alla storia della ferrovia italiana;

- le numerose ville settecentesche, tutte edificate da ricchi nobili partenopei che scelsero la zona per la bellezza dei paesaggi e per la salubrità dell’aria;

- le innumerevoli bellezze naturalistiche, che è possibile ammirare grazie a piacevoli passeggiate nella natura incontaminata

Ad Ercolano la Campolieto è la villa più famosa. Iniziata a costruire intorno al XVIII secolo da Mario Gioffredo e completata da Luigi Vanvitelli. Fu quasi praticamente distrutta sotto i bombardamenti della seconda guerra mondiale, ma ora, dopo la ristrutturazione avvenuta nel 1982, ospita numerosi beni culturali. Oltre l’androne si apre il luminoso vestibolo aperto sul cortile e sul giardino. Simile alla reggia di Caserta è lo scalone che conduce al vestibolo superiore coperto da una cupola ellittica. Un portico colonnato su cui si svolge una terrazza belvedere cinge il cortile. Mentre villa Favorita fu costruita per opera di Ferdinando Fu7ga sempre intorno al XVIII secolo commissionata dal principe Jaci fu arredata secondo usi e costumi reali. La facciata non ha un unico ingresso principale ma due piccole parti laterali all’interno gli affreschi risalgono al XIX secolo. Oltre villa davvero molto bella è villa Signorini molto probabilmente di Domenico Antonio Vaccaio.

Torre del Greco prende il suo nome dalla torre di avvistamento fatta costruire da Federico II di Svevia e dal vino Greco che qui si produce. Fu distrutta più di una volta dalle eruzioni del Vesuvio, ma è sempre stata ricostruita avvicinandola sempre di più al mare, di fatti sul suo stemma campeggia il motto dell'Araba fenice "Post fata resurgo". Fin dai tempi antichi Torre del Greco era molto apprezzata per l'aria salubre e per la mitezza del clima, negli ultimi anni della sua vita visse qui anche Giacomo Leopardi

che ispirato dalla bellezza del luogo scrisse “La ginestra” e “Il tramonto della luna”. Tra il XVII e il XVIII secolo furono edificate alcune delle più belle ville signorili dell'aera vesuviana, tra le quali Villa Vallelonga, dei primi del Settecento, Villa del Cardinale, con un bel salone con affreschi del 700, Villa Ferrigni detta delle Ginestre, dove soggiornò Giacomo Leopardi, Villa Prota, una delle più interessanti ville vesuviane. Tra gli edifici di culto da visitare è la chiesa di Santa Croce costruita sulle rovine di una chiesa più antica distrutta dall'eruzione del Vesuvio. L'interno è a croce latina, sull'altare maggiore si trova il dipinto rappresentante L'invenzione della Santa Croce, mentre nel transetto di sinistra si trova una cappella dove si conserva un frammento del legno della Santa Croce. anche la chiesa del SS. Sacramento e di S. Michele Arcangelo è stata ricostruita su di una chiesa più antica sepolta dalla lava e oggi visibile attraverso una lunga scala a sinistra dell'ingresso. Torre Del Greco è famosa soprattutto per la lavorazione artigianale dei coralli, dei cammei e della madreperla, questa tradizione artistica è ancora oggi tramandata dall'antica Scuola d'incisione e lavorazione del corallo annessa al Museo.

La città di Torre Annunziata, situata ad un’altitudine di 10 metri sopra il livello del mare, deve il suo nome all’antica Torre costruita nel 1300 per avvistare i pirati saraceni che venivano dal mare. Anche se le prime notizie dell’insediamento in questo territorio risalgono all’89 a.C., si può considerare l’anno mille come inizio per le popolazioni che iniziavano a stabilirsi nella zona, sopravvivendo con la pesca e l’agricoltura.

Nel 1319, dopo la costruzione della Torre, questa zona fu donata da Carlo d’Angiò ad un gruppo di fedeli che iniziarono a costruire una chiesa in devozione alla Vergina Annunziata, e da cui il nome attuale della città: Torre Annunziata. Lo sviluppo continuò con la costruzione di case, chiese e mulini per sfruttare le acque del Sarno fino al 1631, quando una violenta eruzione del Vesuvio distrusse ogni cosa. Oltre alla ricostruzione di abitazioni che iniziò quasi subito, si iniziò la anche la realizzazione di pastifici e mulini per sopperire al fabbisogno di una popolazione in crescita e nel 1652 la costruzione di una fabbrica di polvere di cannone.

A favorire tutto questo ci fu anche il prolungamento della ferrovia fino a Torre Annunziata, e l’ultimazione dei lavori al porto e allo scalo marittimo delle ferrovie, che agevolarono l’importazione di grano e carbone e l’esportazione in tutto il mondo delle paste alimentari. Il numero dei pastifici arrivò addirittura a 150, ma poi dopo la seconda guerra mondiale, iniziò pian piano a diminuire. Attualmente Torre Annunziata conta circa 50.100 abitanti ed è nota per le sue Terme Vesuviane Nunziante, costruite sui resti di uno stabilimento termale già presente nel periodo romano.

Pompei è richiamata dal celebre Santuario e dal notevolissimo ed, unico al mondo, patrimonio archeologico ed artistico di Pompei Scavi. L’antica Pompei fu fondata, probabilmente dagli Osci, successivamente abitato dagli Etruschi, Greci e Sanniti, divenne colonia romana nel 91 a.c. . Fu completamente distrutta dall’eruzione del Vesuvio il 24 agosto 79 d.c.. La sua riscoperta è avvenuta grazie all’opera di scavo intrapresa nel 1748 dal re di Napoli Carlo di Borbone. Gli scavi, i reperti e gli intensi dibattiti, condizionarono l’affermazione dell’arte neoclassica nel corso del ‘700.

Il mirabile porticato posto nel cuore della città Metelliana è una delle caratteristiche di Cava dei Tirreni. Il Borgo Scacciaventi è un pregevole esempio di architettura caratterizzato da una via fiancheggiata da portici a tutto sesto e da storiche residenze.

L'urbanesimo e la continua crescita del Borgo hanno lasciato tracce ben marcate nella struttura dei portici, estremamente varia e diversificata, con archi e soffitti tutti disuguali, a testimonianza del cambiamento del gusto e delle tendenze artistiche attraverso i secoli. Nel compiersi del tempo alcuni palazzi si sono uniti ad altri, per ingrandire l'abitazione, formando un lungo dipanare che va da P.zza S. Francesco a S. Vito, per circa due Km.

Nel punto più alto della città di Cava dei Tirreni, si erge l’imponente Badia, le cui origini risalgono al 1011. La sua fondazione risale al XVIII secolo, nello stesso secolo (1772) risale anche l’attuale facciata in pietra vulcanica. La Badia al suo interno contiene una biblioteca che raccoglie ben quindicimila pergamene latine e greche, codici e documenti tramandatici secondo l’antica tradizione dell’Ordine Benedettino di raccogliere rarità di interesse bibliografico, grazie agli amanuensi che miniavano i testi. E’ meta di studiosi, ricercatori e visitatori provenienti attratti da un archivio tra i più importanti d’Italia, ricco di tante opere d’arte romanico-normanno-moresche.

Il Santuario dell'Avvocatella è situato a Badia di Cava dei Tirreni e si trova nel territorio della Diocesi dell'Abbazia Territoriale della Santissima Trinità di Cava dei Tirreni. E' oggi un santuario metà di migliaia di pellegrini, grazie alle travagliate origini di questa chiesa sorta presso la grotta dei Pipistrelli dove spesso vi erano apparizioni spiritiche che spaventavano i passanti. La storia narra di un giovane parroco che appose un immagine della madonna presso la grotta dando così origine al attuale santuario.

Passeggiando nel caratteristico centro storico di Vietri sul Mare possiamo ammirare:

- la Chiesa di san Giovanni Battista, di antica fondazione e caratterizzata dalla cupola decorata con maioliche colorate; - il Museo Provinciale della Ceramica, che è ospitato all'interno della splendida Villa Guariglia, in cui sono conservati mirabili esempi di antiche ceramiche vietresi; - il Museo Manuel Cargaliero, nato con lo scopo di diffondere la conoscenza e l'arte di fare la ceramica contemporanea; - le innumerevoli bellezze naturalistiche e le belle spiagge che circondano il borgo abitato e le ceramiche artistiche espressione storica della città.

Da Capaccio…a Palinuro

Capaccio è celebre nel mondo per essere il comune che ospita la splendida area archeologica di Paestum uno fra i più importanti e meglio conservati esempi di civiltà greca in Italia.

A Paestum sono infatti visibili la Basilica, il Tempio di Athena, il Tempio di Nettuno, il Sacello, il Foro e l'Anfiteatro,tutti racchiusi in un'ampia cerchia di mura. All'ingresso dell'area si trova il Museo Nazionale di Paestum, in cui si conservano numerosi rilievi degli edifici ed altri reperti rinvenuti all'interno dell'area. Capaccio conserva anche un bellissimo centro storico impiantato su un'antica città, nonché delle spiagge attrezzate per il turismo estivo, che ne fanno una delle mete preferite degli amanti del mare.

Agropoli è un comune di circa 20.250 abitanti che si trova in Campania, in provincia di Salerno. Posto nel cuore del Cilento, Agropoli è una rinomata stazione balneare. Le origini del borgo sono molto antiche e la sua fondazione risale al periodo della dominazione romana, anche se la zona era abitata già dal Neolitico. L'economia di Agropoli è legata principalmente al turismo balneare.

Laureana Cilento è un comune di circa 1.080 abitanti, posto nel cuore del bellissimo Parco del Cilento, questo comune sorge in una zona collinare completamente immerso nel verde.L'economia di Laureana Cilento è legata principalmente all'agricoltura ed all'allevamento. Le origini del paese sono da far risalire all'epoca dell'occupazione longobarda; ma il paese si sviluppò soprattutto quando il conte Guido vi costruì il castello Lauri verso la fine IX sec.

Castellabate si trova interamente nel Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, dista pochi km da Paestum e il suo centro storico di origine medievale è tutelato dall'Unesco. L'economia di Castellabate è basata prevalentemente sul turismo balneare. Le origini del borgo sono antichissime e vengono fatte risalire ai Longobardi e ai Normanni, che per primi si stabilirono su queste terre. Dopo la costruzione del castello nel XII secolo, l'abitato si sviluppò notevolmente e nel corso dei secoli fu oggetto di numerose lotte per il suo possesso.

IL PARCO NAZIONALE DEL CILENTO E DEL VALLO DI DIANO il Parco del Cilento e del Vallo di Diano, risultato dell'opera combinata della Natura e dell'Uomo, rientra nella categoria dei paesaggi evolutivi (Beni Misti), essendo il risultato di eventi storici, sociali, economici, artistici e spirituali, e raggiungendo la sua "forma" attuale in associazione e risposta al suo ambiente naturale. È, oggi, un paesaggio vivente che, pur mantenendo un ruolo attivo nella società contemporanea, conserva i caratteri tradizionali che lo hanno generato nell'organizzazione del

territorio, nella trama dei percorsi, nella struttura delle coltivazioni e nel sistema degli insediamenti. Come le specie naturali negli ambienti geografici, così i diversi popoli hanno trovato in questi luoghi il punto di contatto, gli incroci e le fusioni, l'arricchimento del patrimonio genetico. Nel Cilento si realizza l'incontro tra mare e montagna, Atlantico e Oriente, culture nordiche e culture africane. Il territorio fonde popoli e civiltà e ne conserva le tracce evidenti nei suoi caratteri distintivi: la Natura, il Patrimonio Culturale, Archeologico, Architettonico, l'Assetto Territoriale intriso di elementi medioevali, il mondo vivo delle Tradizioni. Posto al centro del Mediterraneo ne è dunque il Parco per eccellenza perché di questo mare incarna quello che è lo spirito più profondo, la ricchezza in biodiversità, la compenetrazione ambientale, la Storia sintesi dell'incontro di genti e civiltà diverse.

Rispondenza ai criteri UNESCO:

Il Parco è stato candidato, unico in Italia, come Bene Misto, naturale e culturale. Come bene naturale esso risponde ai criteri UNESCO (ii); (iii); (iv):

(ii) è un esempio eminente e rappresentativo del processo ecologico e biologico degli ecosistemi mediterranei, racchiudendo in un unico Parco comunità di piante e di animali che vanno dalle forme marine a quelle terrestri aride, semi aride, nordiche, atlantiche, asiatiche, collinari e alto montane.

(iii) rappresenta, nelle sue coste intatte ricche di grotte ed insenature, nelle sue montagne interessate da fenomeni carsici, nella ricchezza di specie vegetali endemiche uniche, un'area di bellezza naturale ed importanza estetica eccezionale.

(iv) contiene habitat naturali tra i più rappresentativi per la conservazione in "situ" della diversità biologica e per la sopravvivenza di specie animali minacciate, come la Lontra, e specie vegetali uniche, come la Primula palinuri, aventi un valore universale eccezionale dal punto di vista della conservazione.

Dal punto di vista dei Beni Culturali risponde ai criteri UNESCO (iii); (iv); (v):

(iii) apporta una testimonianza eccezionale sulle tradizioni culturali e la civiltà delle antiche genti mediterranee, attraverso il sistema dei percorsi, degli insediamenti, dei santuari ancora esistenti e delle vestigia archeologiche intatte;

(iv) è un esempio eminente della civiltà urbana fin dalle sue prime manifestazioni conserva intatte le strutture e le architetture illustranti il periodo della prima colonizzazione greca in Italia, con la particolarità di esaltare l'incontro della Magna Grecia con le Culture Appenniniche e Mediterranee;

(v) costituisce un esempio eccezionalmente rappresentativo della cultura medioevale nel sistema degli insediamenti umani e dei modi di utilizzazione dello spazio, cultura stratificatasi su sistemi di percorsi e organizzazione territoriale risalenti alla più alta antichità e alla preistoria, e conservatasi fino ai nostri giorni preservando contemporaneamente i segni straordinari delle originarie e millenarie matrici culturali.

Perdifumo basa la sua economia soprattutto sull'agricoltura che resta ancora oggi la fonte di reddito principale del paese ed in particolare la produzione di olio di oliva.

Le sue origini sono antichissime: numerosi sono infatti i reperti archeologici rinvenuti nella zona, tra i quali una struttura fortificata in blocchi tramite la tecnica isodomica tipica delle popolazioni greche del IV secolo a.C.

Altra testimonianza delle origini antiche di questo paese, è il ritrovamento di piccolo nucleo rurale di età ellenistica.

A San Mauro Cilento ci sono notevoli opere di interesse storico artistico, interessanti sono : il palazzo Paleologo risalente al XV secolo, il palazzo Mazzarella, situato in piazza San Nicola nel quale è possibile osservare le cancellate delle "segrete" e il cippo di pietra per le pubbliche punizioni dei reati.

Notevoli sono anche la cappella dello Spirito Santo del XV secolo e la chiesa di San Mauro Martire a pianta romanica.

Da non perdere la cappella santuario dell’Addolorata detta cappella dei Sette Dolori situata vicino al cimitero.

Oltre al caratteristico centro storico, a Pollica sono molto interessanti da visitare:

 il borgo marino di Pioppi, con la chiesa del Carmine ed il Castello Vinciprova;  il borgo marino di Acciaroli, che si dice abbia ispirato Ernest Hemingway a scrivere il romanzo "Il vecchio e il mare" , con la Chiesa dell'Annunziata e la Torre Normanna;  il borgo collinare di Cannicchio, in cui possiamo visitare la chiesa San Martino e la cappella della Madonna del Soccorso;  il Palazzo dei Principi Capano, eretto durante il Medioevo come palazzo di rappresentanza;  la Chiesa di Santa Maria delle Grazie, edificio monumentale che conserva al suo interno il soffitto ligneo a cassettoni e numerose opere d'arte di artisti locali.

Castelnuovo Cilento

Posto su una collina che domina la valle dell’Alento, il borgo di Castelnuovo Cilento, capoluogo del comune omonimo, sorge intorno ad un castello, una struttura normanna risalente al XIII secolo dalla quale si gode un panorama eccezionale. Secondo la leggenda era collegato con quello di Velia e con altre fortificazioni della zona attraverso cunicoli sotterranei. Si ritiene che le origini del borgo di Castelnuovo siano da rinvenire nella caduta del castello della Bruca, i cui ruderi sono ancora visibili sull’acropoli dell’antica Velia. Infatti gli ultimi abitanti di quel posto a seguito di tale avvenimento

risalendo la piana verso l’interno trovarono un rifugio più sicuro nei pressi di una fortificazione normanna che da allora prese il nome di Castelnuovo.

Da visitare il centro storico con le case che recano ancora le scritte “Viva il Re” del 1946 e “Viva la Repubblica”, a testimonianza della fervente campagna referendaria sostenuta in quell’anno. Ritornando indietro di molti anni, ancor prima dell’Unità d'Italia durante i moti rivoluzionari del 1848, fu luogo d'incontro delle numerose colonne d'insorti cilentani.

Il territorio del comune attraversato dai fiumi Alento, Badolato e Palistro comprende anche le frazioni di Casal Velino Scalo e Castelnuovo Vallo Scalo. Gli elementi per una piacevole sosta in quest'area del Cilento ci sono tutti, la presenza di strutture ricettive nel territorio di un comune prevalentemente orientato alle attività agricole offre uno spaccato di vita agreste, di cose semplici e vissute dove vengono riprese le antiche ricette cilentane e riproposti gli antichi sapori contadini. La piana alluvionale dell'Alento è ricca di colture da alberi da frutta e ortaggi e numerose sono oggi le aziende che hanno aperto alla visita le loro strutture operando in parte una trasformazione verso l'agriturismo e l'ospitalità genuina dei bed & breakfast.

Ascea

Il comune di Ascea con poco più di 5.500 abitanti conta le frazioni di: Catona, Mandia, Marina di Ascea, Stampella, Terradura. La visita al comune non può che iniziare dall’antica città greca di Elea (Velia), alle porte di Ascea Marina, raggiungibile dalla strada e facilmente individuabile per la presenza di un pretenziosa torre medioevale sulla parte alta di un colle che ancora oggi conserva i resti dell'antica città. È un sito di rilevanza internazionale, definito patrimonio dell’UNESCO e riscoperto di recente, tanto che gli scavi sono ancora in corso.

Superata Velia, si continua in direzione di Ascea Marina, centro balneare di aspetto moderno con una bella spiaggia sabbiosa lunga circa 5 km che culmina con una piccola insenatura delimitata da una scogliera al cui apice sorge la diruta Torre del Telegrafo. Nascoste alle spalle della Torre, troviamo Baia d'Argento e Baia della Rondinella raggiungibili solo via mare. Sempre in prossimità del mare, c’è quello che viene chiamato “Quartiere arabo”, cioè il vecchio blocco di abitazioni dei pescatori. Prima di lasciare Ascea Marina, si incontra, nel centro urbano, Palazzo Alario antica dimora colonica oggi recuperata quale centro di alta formazione e sede di interessanti iniziative di cultura e spettacolo.

Andando verso l’interno, salendo il vallone della Fiumarella e procedendo lungo il dosso di Ascea, tra gli ulivi plurisecolari, con ampia vista sulla costa del Cilento si giunge al capoluogo del Comune, centro agricolo di origine medioevale nel quale si trovano alcuni palazzi settecenteschi, primo fra tutti palazzo Ricci. Continuando a salire si incontrano i borghi medioevali di Catona, Terradura e Mandia, in particolare a Catona vale la pena fermarsi al santuario della Madonna del Carmine, il punto più panoramico del territorio di Ascea, sulla sommità dell’omonimo monte. Da non perdere la festa degli antichi sapori organizzata a Mandia, un appuntamento con la cucina mediterranea e la rivisitazione delle tradizioni rurali cilentane, alla base delle quali vi è una centennale esperienza nella produzione dell'olio di oliva. L'economia rurale ancor oggi è basata sulla produzione dell'olio, di qualità pregiata e

selezionata dai numerosi frantoi presenti dal capoluogo Ascea fino alla più interne Catona, Terradura e Mandia.

Pisciotta

Pisciotta è un paese incastonato sulla sommità di una collina coperta di ulivi che si allunga verso un litorale sabbioso caratterizzato da una natura marina incontaminata. La bellezza di questo borgo ha radici antiche testimoniate da costruzioni di epoca medievale, dall'austera bellezza del Palazzo Marchesale Pappacoda costruito sui resti di un antico castello del XII secolo, e dalla Chiesa dei SS. Apostoli Pietro e Paolo iniziata nel XVI secolo. A rendere unica l’atmosfera di questa perla del Cilento contribuisce l'ospitalità tipica dei suoi abitanti che riesce a rendere parte attiva del territorio chiunque abbia la fortuna di potersi soffermare a godere dei piaceri di un soggiorno nella loro terra.

Il nome Pisciotta deriva molto probabilmente da "Pixote", cioè piccola Pixus, città che sorgeva nei pressi dei fiume Bussento, chiamata Buxentum dai Latini, a meridione e nei pressi di Sapri. La nascita di Pisciotta può essere collocata tra il 915 e l’anno 1000 quando la distruzione di Buxentum per mano dei saraceni portò i fuggitivi a stanziarsi nella posizione di riparo naturale della collina a metà strada tra Ascea e Palinuro. Nel XII secolo, sotto Guglielmo II, il nome Pissocta è trascritto nei documenti che fanno riferimento al feudo e agli inizi del 1700 Pisciotta è già divenuto un paese tra i più popolosi del salernitano con 2163 abitanti. Vicende storiche di Pisciotta più recenti sono legate ai moti del Cilento e all’epopea garibaldina a cui il paese prese parte.

Tra gli eventi tradizionali più importanti e sentiti, oltre la celebrazione di Sant'Aniello il 14 dicembre e il 10 agosto, la “Fiera di Mezza Galera” (25 luglio - 25 agosto) a Marina di Pisciotta è uno spettacolo dei costumi e della cultura cilentana. Durante la fiera sono previste manifestazioni folkloristiche e culturali legate all'impegno storico che i cilentani dimostrano in veste di pittori, letterati o contadini con l’assegnazione del Premio Galera a tre esponenti che hanno dato lustro al Cilento in Italia e all’estero. "Mezza Galera" deriva dal nome di uno scoglio che consentiva alle barche che contrabbandavano il sale di sottrarsi ai controlli del fisco nascondendovisi dietro.

Marina di Pisciotta custodisce la tradizione della pesca delle alici con la menaica, la rete utilizzata dai pescatori a bordo della menaide, un gozzo di 8-9 metri. Le alici di menaica vengono prese con l'ausilio della sola rete lasciata libera alla deriva e tirata in barca a mano, pulite e sviscerate a bordo per poi essere salate e poste in conserva immediatamente allo sbarco in vasi di terracotta, senza l'utilizzo di refrigerazione o ghiaccio. Il risultato è una carne tenera e rosata apprezzata nella cucina in piatti semplici come l'insalata d'alici condita con limone e olio d'oliva, e in ricette elaborate quale le inchiappate.

La produzione di olio d'oliva extravergine a Pisciotta ha il riconoscimento della denominazione di origine protetta (DOP) ed è basata sulla coltura della varietà d'oliva Pisciottana, autoctona e raccolta a mano da piante millenarie con il solo ausilio di sbattitori meccanici. Le olive vengono battute e raccolte in teli e trasferite al frantoio per la molitura nella stessa giornata per garantire olio con acidità inferiore allo 0,70% ed un gusto tenue e delicato, con appena percettibili note vivaci di amaro e piccante

Centola

Posta su una collina che separa le valli del Lambro e del Mingardo e dalla quale si può ammirare la bellezza del territorio circostante in particolare il fascino di Palinuro e del suo mare, la cittadina di Centola riveste particolare importanza sotto il profilo storico e artistico. Fu fondata nel VI secolo da cento profughi di Molpa città che molto probabilmente dipese dalla colonia greca di Elea - Velia e che vide la presenza dell’imperatore Massimiliano dopo la rinuncia all’impero. Tra i caratteristici vicoli che si diramano dal borgo lungo tutto il paese si possono ammirare una torre campanaria del IX secolo la Chiesa di San Nicola di Mira costruita in stile barocco e appena fuori dall’abitato troviamo il Convento dei Cappuccini.

Capoluogo del comune omonimo, Centola comprende quattro frazioni: Forìa, Palinuro, San Nicola di Centola e San Severino di Centola. La frazione più importante per storia, leggende e fascino del luogo, Palinuro, è una celebre località balneare con notevoli attrezzature ricettive situata tra il verde degli ulivi in una pittoresca insenatura alla base di di un promontorio ricco di caverne e grotte che si specchiano in un mare limpidissimo. È uno dei tratti di costa più belli del Cilento: la Grotta Azzurra, lo Scoglio del Coniglio, la Baia del Buon Dormire, l’Arco Naturale, sono uno spettacolo in una terra dove la natura sembra si sia divertita a lasciare il segno della sua forza. Palinuro deve il suo nome, secondo la leggenda, al nocchiero di Enea che qui morì e fu sepolto. Scavi effettuati verso la metà del secolo scorso hanno portato alla luce una necropoli del VI secolo a.C. Gli oggetti che sono stati rinvenuti sono esposti all’Antiquarium posto all’estremità del paese, al disopra della spiaggia della Ficucella.

Dal porto di Palinuro partono le visite alla bellissima costa del promontorio, ricca di grotte, muraglie tagliate a picco sul mare e spiagge meravigliose. Prima della punta del promontorio, in una piccola insenatura troviamo la Grotta Azzurra che rappresenta la cavità più nota di Palinuro. Il suo nome deriva dalla particolare colorazione dell’acqua, di un azzurro brillante. Proseguendo, possiamo notare la presenza di altre grotte, fino a giungere alla Cala Fetente, così chiamata perché vi sgorga una sorgente di acqua solforosa. Doppiata la Punta della Galera, troviamo la Cala del Buon Dormire, una splendida spiaggetta raggiungibile dal mare o via terra, così chiamata da quando alcuni forestieri vi passarono la notte. Seguono in prossimità delle foci del Lambro e del Mingardo la Grotta delle Ossa, la Grotta Visco e la straordinaria bellezza dell’ Arco Naturale. Ma Palinuro non è solo mare. Lungo il promontorio di Capo Palinuro tra la macchia mediterranea tipica del territorio del Cilento è possibile imbattersi in una delle rare primule di Palinuro (Primula palinuri Pedagna) simbolo insieme alla lontra del Parco Nazionale del Cilento.

In estate le serate di Palinuro si animano di eventi culturali, rievocativi storico religiosi, manifestazioni musicali, mostre e festival, iniziative capaci di esaltare le tipicità gastronomiche del territorio. Tutto ciò fa da cornice ad una località viva e stimolante che di notte si apre ai più giovani alla ricerca di divertimento nei numerosi locali capaci di proporre eventi di alto livello con la presenza di vari superospiti, tra deejay, cantanti e animatori.

Celle di Bulgheria

Il Palazzo Canonico De Luca, ubicato a Celle, fu costruito alla fine del '700. Presenta il portale in pietra e l'atrio a corte centrale. L'attuale santuario di S. Sofia fu eretto nel primo '900 di sana pianta in quanto la preesistente omonima cappella, che esisteva già nel 1500, risultava incapace di ricevere l'afflusso dei fedeli.

I lavori di ampliamento iniziarono il 16 luglio 1900 e furono ultimati in 18 anni. Il 14 Maggio 1919, Mons. Giovanni M. Vescia di v. m., Vescovo di Policastro Bussentino, solennemente benedisse e aprì al culto il nuovo tempio.

Al lato sinistro sta il campanile a 4 piani con 3 campane. Di notevole bellezza è la statua della Santa con le tre figliole: Fede, Speranza e Carità, che arrivò da Napoli nel 1820.

Fu costruita nel Fondo Pantrato una cappella (ancora esistente, ma non più destinata a funzioni religiose) dove veniva venerata la santa, vestita da monaca. Detta cappella fu prolungata di 5 metri a cura del parroco don Cristofaro Caputo. La prolunga nel 1927 si dovette abbattere per le gravi lesioni verificatesi tra la vecchia e la nuova costruzione.

La Chiesa Maria SS. delle Nevi è stata riedificata in luogo della preesistente cappella seicentesca nel 1715.

L'altare maggiore è realizzato in marmo di vivi colori (bianco, rosso, arancione, turchino e verde scuro).

Dietro l'abside con semicupola e pareti poligonali, tutte decorate di stucchi e fregi di stile neoclassico più che barocco.

A San Giovanni a Piro vale la pena vedere:

 Cenobio Basiliano (X sec.)

 Chiesa della Madonna di Pietrasanta

 Panorama dalla Loc. Ciolandrea

 Opere del Pittore José ORTEGA a Bosco

 Porto e borgo marinaro di Scario

 Costa Infreschi

A Maratea:

 Il centro storico e le frazioni

 Basilica Pontificia Santuario di S.Biagio

 La statua del Cristo redentore, seconda al mondo dopo quella di Rio de Janeiro

 Il Borgo del Castello

 Chiesa di S.Pietro con affreschi del '300

 Chiesa dell'Annunziata (XVI sec.)

 Monastero del Rosario (XVI sec.)

 Isolotto di Santo Janni con caratteristiche vasche per la preparazione del "Garum"

Maratea e frazioni conta ben 44 chiese, 30 Km di costa con calette e spiagge

Sapri

Sapri, meravigliosa perla del Golfo di Policastro, nasce e si sviluppa in un territorio in cui la storia la fa da padrona. Addirittura si pensa che quando Erodoto scrisse nelle sue opere di “Sidro” dove si rifugiarono i profughi di Sibari nel 510 a.C. si riferisse proprio a Sapri; secondo altre fonti Sapri era invece Sapròs, un luogo paludoso ma situato geograficamente in maniera invidiabile in un’ insenatura che funse da porto naturale per i coloni greci e in seguito fu sistemato divenendo un punto importantissimo nel traffico marittimo del Tirreno meridionale; secondo altri ancora fu forse Avenia, grosso centro etrusco a lungo conteso tra Etruschi e Romani prima di scomparire in seguito ad un violento cataclisma.

Aldilà dell’ incertezza delle radici storiche possiamo sicuramente affermare che ciò che rende interessante questa città è la felice posizione geografica e la bellezza del suo paesaggio da favola, avvolto dolcemente tra un limpidissimo mare e una pittoresca zona collinare. Proprio la fortunata collocazione, unita ad un clima favorevolmente temperato hanno da subito stimolato la vocazione turistica di Sapri. Già Cicerone infatti la nominò "parva gemma maris inferi" (piccola gemma del mare del Sud). È in una villa patrizia costruita ne I secolo d.c. e ampliata in età imperiale che l'imperatore romano d'Oriente Massimiano Erculio soggiornava nel periodo estivo proprio per la mitezza del clima e la bellezza del territorio circostante. Purtroppo le tristi vicende belliche e alcuni violenti eventi naturali hanno distrutto molte delle antiche testimonianze del passato. Tuttavia nella località "Santa Croce” sono ancora presenti testimonianze degli antichi culti della città. Dell’imponente edificio dotato di un approdo privato, di un impianto termale, di un teatro e di mosaici di un certo rilievo artistico non sono rimaste molte tracce, di sicuro la dimora addossata alla collina doveva essere una delle più grandi ville marittime sorte in età repubblicana.

La ragione per cui Sapri è sicuramente più conosciuta è la sfortunata spedizione di Carlo Pisacane partita il 25 giugno 1857 e tristemente fallita il 1° luglio successivo, evento storico trasposto poeticamente nella ballata risorgimentale "La Spigolatrice di Sapri" di Luigi Mercantini. Ancor oggi sono numerose le iniziative turistico-culturali che onorano la memoria dello sbarco dei 300 coraggiosi a cui si lega un articolato e interessante programma di iniziative che organicamente racchiudono le

esigenze del turismo e della cultura. In largo Pisacane in prossimità della spiaggia dove avvenne lo sbarco, un cippo con i versi della celebre poesia ne ricorda l’impresa.

Da vedere a Lagonegro :

 Castello feudale

 Palazzo Corrado

 Fontana del 1813

 Chiesa di S.Nicola di Bari IX, la leggenda vuole che al suo interno sia sepolta Monnalisa, la famosa Gioconda di Leonardo

 Chiesa di S.Anna

 Chiesa del Rosario

 Chiesa Madre di S.Nicola IX sec. contenente un busto argenteo del settecento

 Chiese di S.Cataldo

 Parco Giada - giardino zoologico

 Lago Laudemio

 Monastero di S.Maria degli Angeli

La VIA DEI BORBONI

A Casoria per visitare le chiese

A Casoria è possibile visitare molte chiese interessanti come la chiesa di S. Benedetto, dove è stato ritrovato il più antico documento di Casoria: una lapide di un sarcofago di un guerriero morto nel 1281 e sepolto in una antica Cappella all'interno della Chiesa. La chiesa di S. Maria delle Grazie, eretta in stile tardo barocco, vanta origini più antiche, forse risalenti a metà '400. All'interno si trovano notevoli stucchi. Si ricorda inoltre la chiesa del santo patrono S. Mauro, la chiesa del Carmine e la chiesa del SS. Sacramento. In piazza Santa Croce, si segnala, il monumento in bronzo a Ludovico da Casoria.

Pomigliano: il polo industriale

Oggi quella che fu l'area di sviluppo industriale ospita uno dei più importanti poli industriale e di ricerca applicata in Italia, che annovera, tra le altre, la Elasis (società di progettazione e ricerca del gruppo Fiat), gli stabilimenti Alfa Romeo (la cui costruzione venne seguita dall'ing. Ugo Gobbato e dalle cui linee escono modelli quali l'Alfa 159 e l'Alfa 147), Alenia Aeronautica e Avio (ex Alfa Romeo Avio).

Nola tra storia e religione

Le Basiliche Paleocristiane dell'antica Nola di Cimitile sono uno dei monumenti più rilevanti del Sud Italia, un eccezionale spaccato di arte e cultura paleocristiana per la presenza di numerosi affreschi, mosaici, sculture e bassorilievi che testimoniano la ricchezza del luogo sia sotto il profilo culturale che religioso. L'Antiquarium, inaugurato da poco, conserva numerosi reperti epigrafici, marmorei ed artistici pertinenti alle basiliche ed e' situato all'interno del complesso basilicale.

La Festa dei Gigli si tiene a Nola (in provincia di Napoli), per celebrare il ritorno in città del Vescovo Ponzio Meropio Paolino (353 - 431 d.C.) dalla prigionia ad opera dei barbari.

Le sue origini risalgono a molti secoli fa. La leggenda vuole che il popolo nolano accogliesse il ritorno dalla prigionia del suo Vescovo con dei fiori, dei gigli, raccolti nelle campagne e che, alla testa dei gonfaloni delle antiche corporazioni di mestieri, lo scortasse dalle rive di Oplonti (l'attuale Torre Annunziata, allora il porto di Nola) fino alla sede Vescovile. In memoria di quell'avvenimento, i Nolani hanno tributato nei secoli la loro devozione a San Paolino, portando in processione ceri e fiori, prima su strutture rudimentali, poi su apposite costruzioni denominate cataletti e infine su torri piramidali che, nel XIX secolo, hanno assunto l'attuale altezza di 25 metri con base cubica di tre metri di lato per un peso complessivo di oltre venti quintali, ricoperte di tradizionali decorazioni in cartapesta, secondo temi religiosi, storici o d'attualità.

Tali costruzioni, denominate per l'appunto Gigli, complesse opere architettoniche realizzate dagli artigiani locali, vengono portate in processione a spalla, da gruppi di oltre 100 uomini (che assumono il nome di paranza), al ritmo di canzoni e musiche composte ogni anno appositamente per la festa, oltre a rivisitazioni di brani appartenenti alla tradizione musicale napoletana ed italiana.

Con gli 8 Gigli (nell'ordine: Ortolano, Salumiere, Bettoliere, Panettiere, Beccaio, Calzolaio, Fabbro, Sarto - in ricordo delle antiche corporazioni dei mestieri), attraversa la città una Barca che simboleggia il ritorno in patria del Santo. Da sempre la Festa dei Gigli si celebra ogni anno la domenica di giugno che cade dopo il 22, giorno in cui la città festeggia San Paolino.

La manifestazione copre l'intero arco della giornata. Nel corso della mattinata i Gigli vengono trasportati nella piazza principale di Nola, dove avviene la solenne benedizione degli obelischi. Dopo pranzo, le costruzioni percorrono le strade del centro storico cittadino, secondo un percorso rituale stabilizzatosi nel tempo, dove le paranze affrontano spettacolari "prove" di abilità e di forza in particolari punti del percorso. Alla festa dei Gigli di Nola si ispirano altre festività simili che si tengono in diverse città della Campania.

Avella - Baiano

Nella valle baianese, attraversata dalla borbonica strada delle Puglie, Avella custodisce gelosamente un notevole patrimonio archeologico, fatto di monumenti, cippi e mosaici, un Anfiteatro e un Acquedotto, quello di S. Paolino, di epoca romana. L'Anfiteatro Romano di Avella può essere considerato come uno dei più antichi della Campania. Fu costruito tra il I secolo a.C. ed il II secolo d.C. nell'odierna località S. Paolino, nell'immediata periferia del paese. All'Arena si accedeva attraverso due porte principali: la "Porta Triumphalis", orientata in direzione della città, e dal lato opposto la "Porta Libitinensis", dalla quale venivano portati via i gladiatori morti in combattimento. Una terza porta, ad ovest, era riservata ai giudici di gara. Il sito non è custodito ed è ad accesso gratuito.

Circa le tecniche edilizie è prevalente l'opus incertum con rivestimento in stucco. I monumenti appartenevano a famiglie dell'aristocrazia locale, ai ceti dirigenti cittadini e al cosiddetto "ordo". Quelli meglio conservati sono in località Casale.

Il Castello Normanno, anch'esso sito non custodito ad accesso gratuito, è caratterizzato dalla sua posizione strategica, una collinetta che domina la vallata sottostante e permette di godere del panorama fino al golfo di Napoli.

L' Antiquarium è una mostra permanente di rinvenimenti del territorio avellano, ordinati ed esposti secondo un ordine cronologico che va dalla preistoria fino al tardo impero. Insieme al materiale di recentissima scoperta, si espongono anche i risultati degli ultimi interventi di tutela. Tra i siti architettonici, invece, di particolare rilievo è la Chiesa di S. Pietro, del 1300. A tre navate, costruita sulle rovine di un palazzo gentilizio romano, fu sede dell'antico vescovato di Avella che comprendeva, tra gli altri, le città di Baiano, Mugnano, Sperone, Quadrelle, Sirignano, Roccarainola. Una cappella annessa custodisce un bell'altare in marmo con colonne di colore verde antico e, alle spalle di questo, un sarcofago sul quale è incisa in esametri latini una appassionata e bella iscrizione a Prenestina, consorte di Veio, che testimonia la fede dell'autore nell'immortalità dell'anima.

Di pari interesse è la Chiesa di SS. Annunziata, con annesso Convento dei Frati Minori. Edificata nel 1580, con soffitto a cassettone e dipinti di Giuseppe Castellano, la Chiesa conserva gelosamente una "deposizione" in legno che si dice copia del Rubens, un Sant'Antonio da Padova della scuola Salernitana e un bellissimo Crocifisso. Il suo chiostro è sorretto da colonne monolitiche, alcune delle quali provengono da palazzi o monumenti romani. Numerose altre Chiese contribuiscono ad arricchire il patrimonio architettonico della città di Avella: tra queste ricordiamo la Chiesa di San Romano, che conserva una tavola su fondo dorato del XV secolo e un quadro della Madonna di scuola leonardesca, e la Chiesa dei Sette Preti, chiesetta situata nei pressi della Chiesa di S. Romano, piccola e di squisita fattura.

Ancora, va ricordato il Palazzo Ducale Alvarez De Toledo, palazzo, oggi proprietà del Comune di Avella, situato al centro del paese. Esempio di rara bellezza architettonica del XVI secolo, con un bellissimo giardino vanvitelliano, il Palazzo appartenne agli Spinelli, ai Cattanei, agli Orsini e ai Colonna. Conservato egregiamente fino alla morte del suo ultimo proprietario, conte Alvaro Alvarez De Toledo, fu danneggiato dal sisma del 1980 ed attualmente è chiuso al pubblico.

Il Castello si erge a nord della città, sulla vetta di una collina e, secondo la tradizione, sorge sulle rovine di un antichissimo tempio pagano dedicato ad Ercole. Tra le sue rovine fu rinvenuto, nel 1685, il "cippus abellanus" (circa 150 a.C.), iscrizione in lingua osca recante la convenzione tra Abella e Nola inerente i terreni in mezzo a cui sorgeva un comune tempio di Eracle, attualmente custodita presso il Seminario Vescovile di Nola.

La costruzione sorse ad opera dei Longobardi nel VII secolo d.C.. Fu sede poi del Baroni di Avella, che appartenevano alla dinastia dei Normanni, dei Del Balzo, degli Orsini e dei Doria del Carretto. Strutturalmente si può dire che il Castello rappresenta un sunto di tutte le tecniche costruttive medioevali: infatti, le torrette all'interno sono longobarde, quelle esterne normanne e il "Maschio" o "Mastio" è svevo-angioino.

Proseguendo sull'asse "Palazzo Ducale-Castello medievale", la Collegiata di San Giovanni - di stile vanvitelliano - è caratterizzata dal campanile isolato, con il particolare castello campanario originario in legno.

Nella sacrestia è custodita una tavola di Cristo che versa sangue e su cui si legge l'iscrizione "Detius Tramontos facebat" (1581). Al di sopra è posta la vetusta immagine del Crocifisso, tratta dalle rovine di un tempio pagano che, secondo la tradizione popolare, sorgeva sulla vetta accanto al Castello. Di notevole valore sono le acquasantiere datate 1501, probabilmente resti dell'antica basilica fondata da San Silverio.

Infine, meritevole di essere segnalata è anche la Grotta di San Michele, un sito non custodito ad accesso gratuito costituito da una Chiesa rupestre ricavata in una grande grotta naturale ricca di numerosi affreschi, a spunto religioso, di influsso bizantino (XI e XIV secolo). Sita in montagna in un'ampia grotta di origine carsica, è nota per le suggestive e spettacolari cerimonie che vi si svolgono durante la notte di Natale.

Le bellezze ambientali

Il"Parco del Partenio" comprendente i territori dei Comuni di Avella, Sperone, Baiano, Sirignano, Quadrelle, Mugnano del Cardinale, Monteforte, Mercogliano, Ospedaletto, Summonte, Sant'Angelo, Pietrastornina, Roccabascerana, Pannarano, San Martino Valle Caudina, Cervinara, si prefigge di tutelare il territorio e le sue componenti, di agevolare la fruizione delle risorse e la loro valorizzazione per mezzo di attività a carattere scientifico, didattico, turistico e ricreativo.

Il patrimonio naturale di Avella è, però, fatto anche di singolari grotte naturali come la "Grotta di Camerelle", di origine carsica, sita in località Pianura e alla quale vi si accede tramite la strada Panoramica. Suggestive sono, infatti, le formazioni stalattitiche e stalagmitiche che offre ai visitatori.

Altre splendide grotte sono presenti in zona, come la "Grotta degli Sportiglioni", così chiamata per la presenza di numerosi pipistrelli, situata in località S. Egidio e raggiungibile dalla strada Rustineta, il cui ingresso non è regolamentato e vi si accede con notevole difficoltà, o ancora la "Grotta di San Michele Arcangelo", in località San Michele, grotta di origine carsica adibita a chiesa rupestre da monaci eremiti e, così, ricca di affreschi di influsso bizantino.

Per quanto concerne i corsi d'acqua, bisogna citare il "Clanio", un torrente stagionale, a carattere torrentizio, che costeggia la strada Rustineta e attraversa il centro abitato. Per finire occorre menzionare la "Cascata di Acquapendente", situata in località Malepasso. Vi si accede dalla via "Rustineta" ed è molto suggestiva perché incassata in un'alta rupe con una fitta vegetazione.

La VIA DEI PELLEGRINI

Mignano Montelungo

Secondo l'ANPI Mignano Monte Lungo è tra le Città decorate al Valor Militare per la Guerra di Liberazione perché è stato insignito della Croce di Guerra al Valor Militare per i sacrifici delle sue popolazioni durante la seconda guerra mondiale.

I monumenti ed i siti archeologici da vedere sono:

 La Chiesa di Santa Maria Grande: eretta nel sedicesimo secolo per volere dalla moglie del de Capua.  La Chiesa dell'Addolorata a Campozillone: conserva una statua dell'Immacolata risalente al diciottesimo secolo.  La Chiesa di Sant'Andrea a Caspoli: conserva una statua lignea di Sant’Andrea e una ottocentesca raffigurante la Madonna col Bambino.  Il Castello: realizzato in tufo, presenta una notevole stratificazione architettonica conseguenza della sua lunga storia. Guido Fieramosca diede il contributo maggiore alla costruzione.  Il Museo militare ai piedi di monte Lungo: raccoglie documenti e reperti della battaglia.  Il Sacrario: aperto nel 1951, vi riposano soldati caduti tra il 1943 e il 1945.  Porta Fratte: la famosa porta medievale che segnava l'ingresso nel feduo, le sue rovine, l'unico rimasuglio delle mura medievali, sono poste in un caratteritico quartiere storico ancora incontaminato e lasciano spazio all'immaginazione riprtando il turista indietro di mille anni..

Presenzano sorge nell'alta valle del fiume Volturno, tra una serie di borghi medievali fortificati, posti sulle alture che dominano le direttrici di collegamento tra la Campania ed il Lazio e fu un fondamentale centro per la difesa del territorio.

Le origini sono da attribuire al popolo sannita che costruì la prima massiccia rete di insediamenti sulle alture, fortificati con cinta di mura megalitiche a difesa e controllo dei passaggi verso Sesto Campano e la piana di Cesima di cui ci sono tracce visibile nella zona Pentime, a colle Castello e in Cesima stessa. Negli anni '70 vennero ritrovati una necropoli e un santuario a testimonianza dell'esistenza di un importante centro preromano, identificato come Rufrae, ad economia agricola-pastorale. Il centro era costituito da una cinta muraria in blocchi poligonali, utilizzata successivamente dal Castello longobardo, per la comunicazione visiva con gli altri luoghi fortificati delle alture vicine, e per il controllo dell'ampia piana sottostante.

Quello che colpisce è l’omogeneità del territorio, il clima particolarmente mite con un cielo azzurro spazzato dai venti, l’abitato ben esposto al sole come tutti gli insediamenti antichi dove l’attività umana s’integra armonicamente coi i cicli naturali. In adiacenza all’abitato nella piana, c’è il lago circondato a nord dal massiccio del Monte Cesima identificato dalla Comunità Europea quale sito di interesse comunitario per le rinvenienze archeologiche e naturalistiche. La magia di affacciarsi da una delle innumerevoli postazioni dalle quali si domina l’orizzonte per decine di chilometri riempie l’animo pensando alle popolazioni che tremavano all’arrivo di gente in armi lungo una strada che per secoli è stata l’unico passaggio per andare verso il nord, escludendo le strade costiere troppo mal frequentate. Di qua sono passati i Saraceni che nel nono secolo andarono a distruggere l’abbazia cistercense di Castel S.Vincenzo e uccisero 2.000 monaci.

A Conca della Campania si può visitare i resti, ben conservati, del principesco castello e l’annessa cappella che conserva una statua della Madonna della Libera, in pregiato legno risalente al 600; la collegiata di S. Pietro Apostolo del 500, custodisce un affresco del 1570 raffigurante l’adorazione dei Re Magi, un coro in pregiato legno intagliato, una tavola dell’annunciazione risalente al 500 ed un trittico di legno raffigurante la Madonna, S. Pietro e S. Paolo del 1519, firmato "Rubens (o Rubeus) da Pietravairano; la chiesa dell’Annunziata, custodisce un trittico con colonnine in legno intarsiate. Meritano una visita: Palazzo Galdieri Antonone, Casa Saraceno (‘700), ospitò Mons. Saraceno vescovo di Lorima in Cina, Casa Mazzitelli, ricca di pregiati mobili antichi e di una biblioteca.

Si possono ricercare i prodotti gastronomici locali. Le castagne, con la varietà Tempestiva rinomata in tutta l’Europa e futura IGT, sono tra i prodotti più importanti di Conca (da provare sono le caldarroste sciroppate). Inoltre, di notevole importanza è la produzione di vino, olio, nocciole e prosciutti. Se poi siete intenditori, o semplicemente golosi di funghi, sappiate, allora, che questo è il regno indiscusso del porcino, anche se è possibile trovare squisiti ovuli, superbi gallinacci, preziose mazze di tamburo e il semplice e ottimo chiodino. Cercate qui nei mesi di maggio e giugno.

Si possono esplorare sentieri sconosciuti sul vulcano spento di Roccamonfina. Attraversando castagneti secolari è possibile raggiungere il Santuario dei Lattani di Roccamonfina, alternativamente si può fare un'escursione sul Monte Friello (uno dei coni del vulcano di Roccamonfina) o lungo uno dei tanti sentieri di campagna. E' consigliabile una guida.

Si consiglia di percorrere il sentiero dei mulini che, da Conca Centro attraverso il borgo, porta agli antichissimi mulini sul fosso pubblico e poi alla cascata.

Vairano

Il castello di Vairano e' stato costruito nel secolo XI secolo da Ripandolfo VI ma non si hanno molte notizie sulla sua struttura originaria. Si può dedurre che fu molto ampio poiché ospitò contemporaneamente Re Carlo I e Papa Gregorio X. Solo nel XII secolo si trovano fonti certe che si riferiscono al Castrum Vayrani. L'aspetto ben diverso dai resti attuali. C'e' chi presume che fu costituito da tre torri per riuscire a resistere agli attacchi dell'Abate di Montecassino e chi sostiene

che fosse costituito da un unico, grosso torrione a pianta quadrata con coronamento appiombante dominante, dalla sommità del rilievo, con poche abitazioni sparse sulla pendice e circondate da una cinta muraria relativamente stretta. Nel 1193 sotto la guida del castellano Rugero di Chieti, seppe resistere all'assedio dell'esercito di Enrico VI di Svevia e di Roffredo dell'Isola. Successivamente a queste vicende il castello perse man mano importanza a favore di quello di Presenzano considerato più strategico. Un documento del 1271 però ne prova una rivalutazione del castrum che fu racchiuso in nuove mura e fa supporre che in questo periodo la sua configurazione passò da quella di torrione isolato all'aspetto quadrilatero con torri angolari che, nonostante i vari danni subiti da terremoti, guerre e conseguenti restauri e potenziamenti, ha sostanzialmente conservato fino ad oggi.

Dalla cattedrale di San Paolo,a Aversa con il suo splendido deambulatorio romanico e la sua maestosa cupola ottagonale, alla stupenda chiesa barocca di San Francesco delle Monache. Il Duomo di Aversa possiede un capolavoro unico: San Giorgio e il drago, tra le poche sculture preromaniche presenti nell'Italia meridionale ed è inoltre caratterizzato da una delle più grandi cupole ottagonali del mondo. Al suo interno è visitabile l'interessantissimo museo diocesano che contiene argenti sacri del 600' e del 700' di importanti botteghe napoletane, tra cui quella dei Guarriniello,diversi documenti di epoca normanna,la Madonna con il Gonfalone tela datata e firmata da Francesco Solimena, e considerata un "exmplum" del pittore di Canale di Serino, nonché alcune tavole della seconda metà del quattrocento di Angiolillo Arcuccio, tra cui il celebre Martirio di San Sebastiano. I più importanti pittori sono presenti nelle chiese aversane, da Giotto e la sua scuola a Guido da Siena, da Angiolillo Arcuccio a Colantonio. Ed ancora Polidoro da Caravaggio, Marco Pino da Siena, Pietro da Cortona, Pietro Negroni detto il Giovane Zingaro, Josè de Ribeira detto lo Spagnoletto, Cornelius Smeet, Abram Vink, Teodoro d'Errico, Francesco De Mura, Massimo Stanzione, Francesco Solimena, Paolo De Majo, solo per citarne alcuni. Non vanno trascurati i complessi dell'ex Ospedale Psichiatrico Santa Maria Maddalena, fondato da Gioacchino Murat nel 1813, primo manicomio d'Italia, che nonostante l'abbandono conserva un altare di grande interesse scultoreo attribuito a Giovanni da Nola (il Merliani) secondo alcuni, mentre altri la attribuiscono allo scultore partenopeo Salvatore Caccavello, ne la Real Casa dell'Annunziata che vanta origini remotissime, ascrivibili ai primi anni del XIV secolo.

L'anfiteatro Campano o anfiteatro Capuano, è un anfiteatro di epoca romana della città di Capua, secondo solo al Colosseo, attualmente all'interno della superficie comunale di Santa Maria Capua Vetere. In epoca medievale fu ampiamente depredato dagli stessi capuani successivamente al trasferimento della Civitas Capuana dal sito d'epoca romana (Capua antica) all'attuale sito (vedi Capua (CE)) in particolare per la creazione del Castello di età longobarda. Alcuni resti sono nel Museo Campano della città di Capua (CE). In epoca romana sorgeva nelle sue vicinanze la Scuola dei Gladiatori della città di Capua, celebre per la ribellione di Spartaco.

San Felice

Il territorio di San Felice fa parte del Parco Regionale del Partenio.

Il Partenio è caratterizzato dalla pressoché totale copertura boschiva: un mantello ininterrotto, costituito da castagneti, e faggeti ricopre tutte le aree montane, ed è ancora alta la biodiversità faunistica. Quest'area è una vera e propria isola biogeografica, un prezioso polmone di verde e di natura, per il benessere e la gioia dei numerosi abitanti di tutta la regione.

E’ molto presente l’artigianato che si è sviluppato intorno alle maggiori attività lavorative. Per questo i diversi prodotti artigianali sono legati a quella civiltà Contadina, nata dalla tradizione agricola locale che ha garantito la conservazione di una cultura e di una tradizione genuine. L’attività prevalentemente diffusa è quella della lavorazione del legno. Tale lavorazione è diversamente diffusa, soprattutto perché legata all’edilizia ed all’arredamento. Resiste ancora, soprattutto a sud del Partenio, la lavorazione delle botti per la conservazione del vino. Anche la lavorazione artigianale del ferro è alquanto diffusa. Una tradizione ancora fiorente, anche perché incontra i favori del mercato, è quella della produzione di cesti e contenitori in giunchi o in scorza di castagno. Tra le forme di artigianato artistico più antiche troviamo ancora il ricamo a mano per la produzione di pizzi, merletti, coperte, capi di abbigliamento. La lavorazione più interessante del settore è quella realizzata al Tombolo. Si tratta di un singolare strumento consistente in una sorte di base cilindrica sulla quale, con l’ausilio di spillini e guide in legno si intrecciano i fili di cotone per realizzare diversi tipi di creazioni. Famose le produzioni di vari tipi di Torrone e di biscotti, nonché di frutta secca come le famose “Castagne del prete” e le nocciole “Andrite”.

Rimanendo nel novero delle specialità gastronomiche e delle produzioni tipiche non si possono non ricordare i famosi prodotti erboristici, soprattutto i liquori dei Padri Benedettini di Montevergine. Chi volesse , poi, degustare una delle specialità del Parco, non dovrà che provare i diversi prodotti del forno, a cominciare dall’ottimo pane, prodotto ancora da qualche massaia del luogo e cotto negli antichi forni in materiale refrattario. Molto buoni anche le diverse paste lavorate a mano come orecchiette, gnocchi, fusilli, cicatelli, diversamente prodotti e conditi con sughi a base di carne.

Anche le verdure trovano un posto di primo piano nelle gastronomia locale. Broccoli, rape, cavolfiori sono cucinati in decine di modi ed accompagnati da carne cotta nelle pignatte, soprattutto delle parti povere del maiale, o da impasti di farina di granoturco prodotti localmente. Questi piatti sono poi innaffiati da ottimi vini prodotti localmente, tra cui è d’obbligo annoverare uno dei D.OC.G. della Campania ossia il Fiano di Avellino.

A Baia da vedere la chiesa di S. Vito ed il borgo medioevale con i ruderi del più antico abitato. A Latina la chiesa dell'Annunziata e il Santuario della Madonna delle Grazie. Si potrebbe poi proseguire per Rocca Romana per giungere a Pietramelara dove assolutamente da vedere è la chiesa di S. Agostino con annesso il museo di arte sacra, il convento francescano di S. Pasquale, il palazzo ducale.

A Dragoni si consiglia la visita ai resti di fortificazioni megalitiche di epoca sannita sul Monte Castello.

Alvignano

Tale paese è ricordato dal sec. VIII; si ritiene che il nome derivi da una villa gentilizia appartenente, pare, a un Marcus Aulus Albinus, ch'ebbe potere sul territorio (da Albinus si ebbe il nome Albinianum, poi Alvignano e volgarmente Levignano). Si pensa, inoltre, che il centro originario abbia tratto incremento dalla distruzione, ad opera dei Saraceni, della vicina città sannitica di Compulteria o Kompulternum, di cui si possono vedere dei resti. La cittadina è dominata da un Castello medievale (VIII sec.) di cui restano una pianta quadrilatera e robuste torri cilindriche; notevole, anche, la Chiesa di S. Ferdinando costruita sui resti di una basilica paleocristiana, a sua volta costruita su un antico tempio dedicato a Giunone.

Ruviano è situata sulla riva sinistra del fiume Volturno ad un'altezza di circa 100 metri sul livello del mare. Nel Comune va compresa Alvignanello, unica frazione riconosciuta, sita sulle falde orientali del territorio comunale. Esiste però un ulteriore agglomerato, San Domenico, che presenta le caratteristiche di polo aggregante della popolazione rurale dei dintorni e che quindi, di fatto, può considerarsi un'altra frazione.

In merito alla derivazione del nome, la leggenda predominante, accettata e condivisa dalla maggior parte degli storici antichi e moderni, è quella secondo cui la parola Raiano deve farsi derivare da Ara Iani. Ne è prova il ritrovamento di un fanum, un centro di culto campestre al dio italico Giano. Un'altra leggenda, del tutto fantastica, è quella secondo cui il nome Ruviano deve farsi derivare da Rufrano, villaggio edificato dopo la distruzione di Rufrae da alcuni superstiti di questa città. Il cambiamento di denominazione che ha portato il nome alla forma attuale, è avvenuto dopo l'Unità d'Italia, il 14 dicembre 1862, con Regio decreto n.1078. L'etimo Alvignanello deriva probabilmente da Vignanello, ossia piccola vigna, perché per molto tempo la coltivazione della vite ha rappresentato per i suoi abitanti la principale fonte di occupazione. Ancora oggi sono noti i cospicui vigneti di cui è cosparso il suo territorio e l'ottimo vino prodotto. Tra i prodotti tipici locali segnaliamo: pane casereccio, freselle, taralli, struffoli, olive nere essiccate, salsiccia, formaggio locale, vino e olio.

Amorosi Quasi tutti gli edifici civili e religiosi di maggiore interesse artistico di Amorosi si affacciano sulla piazza principale del paese, piazza Municipio. In piazza, pertanto, è possibile ammirare il palazzo del Comune, il palazzo della Camera Marchesale (o palazzo Piscitelli) che in passato è stata dimora dei feudatari ed il palazzo dei Maturi del quale vanno sicuramente apprezzati i particolari stilistici ed architettonici della facciata e la pregevole struttura dell'annessa Cappella; continuando lungo il perimetro della piazza ci si imbatte nella Chiesa Arcipretale di S. Michele Arcangelo, caratterizzata dalla presenza di un maestoso campanile e custode di preziose statue e tele antiche; proseguendo si incontra prima la Canonica ed, infine, il palazzo Salvione-Parente.

Nell'annoverare le costruzioni ed i luoghi più importanti sotto il profilo storico-architettonico, vanno poi sicuramente ricordati i palazzi Giaquinto di via Telese e le case palaziate del filosofo Sebastiano Maturi, che si trovano nell'omonima via dei Maturi ed in via Mazzini e, ancora, il vicolo palaziato D'Angelo-Barrerar, infine, non va dimenticato l'Ossario, pregevole monumento sito in via Calore.

Di grande interesse naturalistico sono poi le grotte preistoriche di via Alvignanello ed il caratteristico ponte naturale "de le brutte janare" sul Vallone S. Giovanni.

Telese è nota soprattutto per le acque che hanno una tradizione antichissima. Le sorgenti sulfuree comparvero dopo il terremoto del 1349 che causò la fuoriuscita di acque minerali. Ben presto la loro fama si diffuse, essendosi rivelate utilissime per la cura delle malattie della pelle, dell'apparato digerente, dell'apparato respiratorio e dei reumatismi. Risale al 1734 la prima pubblicazione sull'argomento dal titolo "De acidulis telesinis dissertatio", di Tommaso Bruni a cui seguirono nel 1819 le "Memorie sull'indole e sull'uso delle acque minerali di Telese" di Pietro Paolo Perugini e nel 1857 la "Guida medica per l'uso delle acque minerali di Telese" di Liborio Marone. Le acque di Telese Terme sono acque minerali sulfuree che contengono zolfo bivalente in stato di trasformazione permanente simile a quello contenuto in tutte le cellule del corpo umano. Interagendo con quello presente nel nostro organismo genera una miscela di benefici chimico-fisico-biologici e terapeutici che non si riscontra in altre acque prive di zolfo o che lo contengono con altre valenze. Inoltre, ricche di anidride carbonica, facilitano la circolazione sanguigna periferica poiché il loro effetto sulla cute provoca la dilatazione dei capillari, a vantaggio dell'attività cardio-vascolare. Per trarre il massimo beneficio dalle preziose acque curative, le Terme di Telese offrono programmi di cura personalizzati sotto stretto controllo medico L’attività termale si svolge in parte nello stabilimento delle Terme di Telese in Piazza Minieri, dal nome della famiglia cui, dalla fìne dell'800, si deve l'affermarsi nel territorio di questa attività, in parte presso il complesso turistico alberghiero del Grand Hotel Telese.

I reparti di cura situati in Piazza Minieri sono immersi in un incantevole parco di alberi secolari tra i più estesi d'ltalia, dove si trovano, tra l'altro, due piscine di acqua termale sorgiva (denominate Goccioloni e Pera), padiglioni delle varie terapie termali, strutture ricreative ed un centro congressi di circa 500 posti.

Benevento è una città ricca di attrattive storico artistiche. Nel centro storico è possibile visitare lo splendido complesso del Duomo, costruito verso il XII sec. venne distrutta dai bombardamenti del 1943. La facciata si presenta aperta da arcate cieche e con loggia soprastante, nella quale ci sono frammenti romani, lapidi longobarde e sculture varie.

Notevole è il Campanile che viene fatto risalire al 1279, mentre all'interno si presenta con cinque navate. Merita una visita il Museo Diocesano dove sono custoditi i frammenti della porta centrale del Duomo, formelle, alcune raffiguranti la vita di Cristo. Nella cripta troviamo alcuni pregevoli affreschi, i resti degli amboni del Duomo, e una tela di Francesco Bonamici. Nella Biblioteca Capitolare, sono presenti antichi codici medievali, antifonari e preziose pergamene.

Da non perdere una visita ai resti del Teatro Romano, voluto dall'Imperatore Adriano, oggi ancora ben conservato e utilizzato per varie rappresentazioni teatrali.

L' Arco di Traiano fu eretto per celebrare il prolungamento della Via Appia da Benevento a Brindisi. Sulla parte rivolta verso la città sono narrate alcune scene di buongoverno e opere di pace. Sul fronte esterno, troviamo raffigurate scene militari relative alla politica imperiale delle province. Da non perdere la Chiesa di S. Sofia un tempo antica abbazia benedettina di fondazione longobarda, ha una struttura massiccia e portale del XII secolo. Al suo interno è possibile contemplare i resti di pregevoli affreschi risalenti al VIII secolo. Accanto troviamo il Museo del Sannio, istituito nel 1873 per raccogliere le testimonianze storiche del popolo Sannita. All'interno è diviso in sezioni che ripercorrono le varie epoche storiche: dall'età romana, a quella bizantina, per poi passare a quella longobarda e romanica, sino ad arrivare a i secoli XIV, XVIII e XX. Nella sezione archeologica troviamo alcune ceramiche daune, greche e italiche. Nella sezione numismatica è visibile la raccolta di monete auree appartenute al principato di Benevento.

Una visita merita la Rocca dei Rettori, eretta nel 1321 per volere di papa Giovanni XXII. Suddivisa in tre grandi piani è oggi sede del Museo del Sannio.

Per completare la visita di Benevento consigliamo una passeggiata al Ponte Leproso e al Ponte Valentino situato poco fuori della Città. Inoltre da non perdere la Villa dei Papi, i Palazzi nobiliari eretti tra Seicento ed Ottocento e la Chiesa barocca di San Bartolomeo.

A Paduli tra gli edifici religiosi: Chiesa di San Bartolomeo; Chiesa di San Giovanni; Chiesa di San Rocco. Da Vedere: Palazzo Coscia.

A Buonalbergo gli edifici religiosi: Chiesa Madre di San Nicola; Chiesa di San Carlo Borromeo; Eremo della Madonna della Macchia.

Per quanto concerne Savignano irpino va segnalato che le origini risalgono all'età paleolitica come testimoniano i recenti reperti archeologici rinvenuti nella zona. Il territorio offre la possibilità di ammirare un vasto panorama dal castello e dal vicino belvedere.

Inoltre, nelle vicinanze del laghetto Aguglia, vi è una sorgente d' acqua denominata Rifieto le cui acque si pensa abbiano proprietà curative per il fegato ed alcune dermatiti.