Versione provvisoria ante Convegno. Per la definitiva si rinvia alla pubblicazione degli Atti. Divagazioni su nelle fonti odeporiche

Una tematica ristretta

Il tema iniziale di questo intervento ossia “Radicofani nelle fonti odeporiche” avrebbe potuto esaurirsi in poche righe.1 Le fonti odeporiche, quelle che testimoniano un percorso stradale strutturato, che ora noi tendiamo a chiamare con leggiadra sintesi, e talvolta con spudorata approssimazione postmoderna, “via Francigena”, cominciano a far riferimento a Radicofani, come luogo di sosta, almeno due secoli dopo che questo nucleo abitativo si è costituito. Oggettivamente, non danno l’impressione né di un miglioramento viario intervenuto, né di una vera e propria intercettazione del percorso romeo, perché le alternative stradali dell’alta valle del Paglia - le vie di fondovalle da un lato e la via di Radicofani dall’altro - continuano a dare l’immagine di tappe lunghe e faticose che, comunque, coesistono fino all’evo moderno. Questo, e solo questo, è, in estrema sintesi, quanto si ricava dai resoconti di viaggio, quelli che si riassumono nel concetto di “fonti odeporiche”. Ma non bisogna demordere o perdersi d’animo, se il tema è scarno e già ben frequentato.2 Proviamo anche a prendere in considerazione l’ipotesi che almeno una parte delle citazioni occasionali dei molti termini3 che individuano Radicofani nelle fonti medievali abbiano o possano

1 Oltre ad esser stato trattato diffusamente da Renato Stopani, Stelio Mambrini e molti altri, all’interno di riflessioni sul percorso romeo in quest’area, o su analisi del ruolo di in funzione odeporica (dal Kurze e dal Wickham, in particolare), il tema è troppo arido per uno come me che aspira sempre a recuperare, ove possibile, il senso delle azioni umane e, nello specifico, il senso del doppio itinerario della via romea nell’alta val di Paglia. In ogni caso, per non tradire l’attribuzione iniziale del tema all’interno del Convegno, ho voluto farne un’appendice cronologica, che troverete alla fine di questo intervento. 2 Bibliografia minima essenziale. “L'evoluzione del tracciato della via Francigena tra Val d'Orcia e Val di Paglia” / Stelvio Mambrini ; Renato Stopani. - In : «L'abbazia di San Salvatore al » / a cura di Wilhelm Kurze e Carlo Prezzolini. – Firenze : All’insegna del Giglio, 1988. - [Scilicet, pp. 27-38]. “Insediamenti e viabilità tra Val d'Orcia e Val di Paglia nel medioevo” / Renato Stopani ; Stelvio Mambrini. - In : «L'Amiata nel Medioevo : atti del Convegno internazionale di studi storici» (v.). “I percorsi della via Francigena tra Val d'Orcia e Val di Paglia” / Stelvio Mambrini. - In : R. Stopani ; F. Vanni (edd.) «...Passent la terre, Toscane et Mont Bardon...: i percorsi della via Francigena in Toscana» (v.). - [Scilicet, pp. 237-245, con cartina a p. 245]. «La via Francigena e l'abbazia del S.S.mo Salvatore al Monte Amiata» / Stelvio Mambrini. - [N. i. l., ma Abbadia San Salvatore] : [N. i. a., ma di Abbadia San Salvatore], 2010. - 52 p. : ill. e riprod. a colori nel testo ; 20x20 cm. 3 Nella «Toponomastica della Toscana Meridionale ecc.» (: Accademia degli Intronati, 1969) il Pieri ci propone Radicofani, Radicofano, Radicophani, Radicofini, Radicofanum e Radecofini, che non esauriscono certamente le varianti che si incontrano nelle fonti. Anche per l’etimologia del toponimo il Pieri si mostra stranamente prudente, limitandosi a interpretare la prima parte del nome come abbreviazione di Radipert o Radicauso (a cui non potremmo non aggiungere Ratchis, visto che si trattava di beni regi). Utile infine, anche se non risolutivo, l’elenco degli altri toponimi con l’identica componente: due Radi a Monteroni d’Arbia e a (Siena), (-), Radipopoli (Castell’Azzara di Grosseto) e Radicagnoli ( di Pisa). – Scilicet, p. 158. Il Kurze nel Codex Amiatinus aggiunge anche la voce Radicophino. Cfr. anche “Minute nel fondo del monastero di S. Salvatore al Monte Amiata” / Wilhelm Kurze. – In : «Scritti di storia toscana» / Wilhelm Kurze ; a cura di Mario Marronchi. – Pistoia : Società Pistoiese di Storia Patria, 2008. – Scilicet, p. 256. Nei Monumenta Germaniae Historica (d’ora in poi MGH) s’incontrano anche Radicofono, Radicofoni e Radicofino. Le molte varianti del toponimo sembrano, da un lato, non deporre a favore di una diffusa e coerente frequentazione della località, anzi ne suggeriscono l’occasionalità percettiva non degna di approfondimento. D’altro lato, quando si passa a formulare ipotesi sul significato del nostro toponimo, composto da due parti ben distinte, appare evidente, dalle molte grafie sopra esposte, che si è persa ben presto la cognizione di entrambi i termini che compongono il toponimo e che ne dovrebbero spiegare il senso: il nome proprio è scomparso dall’antroponimia, e il nome comune, che potrebbe comunque ricordare, nella lingua alto-tedesca, o meglio ancora alto-bavarese, un oggetto, la kofenna, che è un contenitore, una gerla, un corbello di vimini, ora detto Tragkorb. Cfr. «Althochdeutsches 1 avere una valenza anche odeporica. In alcuni casi, il contesto ci consente questa inferenza e vediamo allora, con queste, di recuperare un senso condivisibile alla funzione viaria di questa località.

Il Codex Amiatinus come fonte. Prendiamo le mosse dal Codice Amiatino. Le fonti qui contenute, edite scientificamente dal compianto Wilhelm Kurze,4 ci danno almeno il contesto del sorgere di Radicofani. La strada per Roma esisteva in quest’area ed era ben strutturata ancora prima del regno di Liutprando (regnabat 712 – 744): ce lo attesta la fondazione del monastero regio di San Donato all’Asso, seguita in epoca liutprandrea dal monastero regio di Eugenio e completata all’epoca di Ratchis (regnabat 744-749 et 756-757) dai monasteri regi di Marturi, Sant’Antimo e di San Salvatore sull’Amiata.5 Anche se la dotazione iniziale dell’abbazia di San Salvatore al Monte Amiata è stata ridotta dal Kurze al solo nucleo, sia pure imponente, tra la cima della montagna amiatina e il fiume Paglia, appare evidente che lo scorporo di quei beni dalla corte regia di riconducesse l’intera valle del Paglia e il sud della val d’Orcia a questo nucleo di interessi sovrani.6 In questo siamo confortati anche dalle confinazioni delle diocesi altomedievali, che, pur vedendo la diocesi aretina spingersi a fondo fino a Contignano e San Pietro in Campo, vedevano l’area della nostra discussione facente parte tutta della diocesi chiusina.7 Anche l’area del colle di Radicofani apparteneva con buona sicurezza al demanio regio, con il contesto di boschi, montagne e strade – non solo la Francigena

Wörterbuch» : 5. überarbeitete und erweiterte Auflage / Rudolf Schützeichel. – Tübingen : Max Niemeyer Verlag, 1995. – Ad vocem. Sulle terminazioni in –kofen di toponimi bavaresi e della Svizzera orientale, cfr. «Archiv für das Studium der neueren Sprachen und Literaturen» : XVIV Jahrgang, 34. Band / herausgegeben von Ludwig Herring. – Braunschweig : Druck und Verlag von George Westermann, 1863. – Scilicet, S. 468-469. “Charakteristisch für Baiern sind die Ortsnamen auf -kofen. In Altbaiern ist ein Mengkofen, Teutenkofen, Zaizkofen, und auch Köfering wird in die Verwandtschaft gehören. In der Ostschweiz finden sich die Ortschaftsnamen Böttigkofen, Dotzikofen, Dettigkofen, Heschikofen, Göttikofen, Latigkofen, Zollikofen, und eine große Anzahl von Ortschaftsnamen auf kon, welches aus kofen zusammengezogen, nicht etwa aus der lateinischen Endung cum entstanden ist.ʺ Disponibile su Google Libri. In italiano rimane soltanto il vocabolo cofano e il dialettale cofana, che esprime un contenitore concavo e capiente, specialmente di cibo, mentre, dalle parti di Roma, esprime anche, forse un traslato del primo senso, la crocchia raccolta sul capo dei capelli delle donne (fonte: Anna Marchesini del disciolto trio comico Lopez, Marchesini, Solenghi) a ricordarci il lontano uso di tale termine. Non escluderei, anche se è lectio difficillima, che la coniazione di quell’espressione presumibile «Ratchis-kofen» potesse avere una base metaforica, dove il colle di Radicofani per la sua forma, che appare ben distinguibile anche a distanza, quasi una catinella rovesciata, assume il senso ironico di “corbello o cofano di Ratchis o anche cappello di Ratchis” o, ancora più comico, “crocchia o catinella di Ratchis”, titolare, all’epoca della nascita del toponimo, del luogo e delle terre demaniali che circondano l’altura. Tra tutte queste, prediligo “cappello di Ratchis” perché a un grande re si addice un grosso cappello. Ma si tratta, ovviamente, di inferenze non dimostrabili, poco più di una serie di boutades. Dopo tutto, se il romantico William Hazlitt descrisse la notte passata a Radicofani “come essere alloggiati in una nuvola: sembrava proprio la cuna delle bufere e delle tempeste”, penso che anche l’interpretazione qui proposta abbia anch’essa una sua dignità immaginifica. 4 Codex diplomaticus Amiatinus (d’ora in poi CDA) : Urkundenbuch der Abtei S. Salvatore am Montamiata : von der Anfängen bis zum Regierungsantritt Papst Innozenz III. (736-1198) / von Wilhelm Kurze. – Tübingen : Max Niemeyer Verlag, 1974-. 5 “La Tuscia come parte del regno longobardo” / Wilhelm Kurze. - In : «Scritti di storia toscana» : assetti, diocesi, monasteri dai longobardi all’età comunale / Wilhelm Kurze, a cura di Mario Marrocchi. – Pistoia : Società Pistoiese di Storia Patria, 2008. 6 Cfr. “Il monastero di San Salvatore al Monte Amiata e la sua proprietà terriera” / Wilhelm Kurze. – In : «L’abbazia di San Salvatore al Monte Amiata» : documenti storici, architettura, proprietà / a cura di Wilhelm Kurze e Carlo Prezzolini. – Firenze : All’insegna del Giglio, 1998. 7 Si veda la carta della Tuscia, allegata ai volumi delle Rationes Decimarum. 2 quindi, perché il legame con Chiusi è inizialmente più forte di quello con Roma e Siena8 – tipico di quei beni che saranno definiti, molto più tardi con cognizione giuridica, come regalia. E’ quindi altrettanto ovvio che la viabilità principale di epoca romana puntasse dalla metropoli romana in modo prioritario e prevalente su Chiusi e sulla val di Chiana, dove si dirigeva la via Cassia, una volta giunta al lago di Bolsena,9 come ci testimoniano anche le presenze di martiri cristiani lungo questa direttrice,10 oltre alla pur anodina rappresentazione della Tabula Peutingeriana.11 La Tabula infatti riporta per la via Cassia, tra Volsinii (Bolsena) e Clusium (Chiusi) una sola sosta, Pallia Flumen (fiume Paglia, ribadito anche con caratteri rossi, che servono a denominare i fiumi). Qui è previsto un attraversamento del corso d’acqua e il tracciato rosso della strada prevede un’ansa, che rappresenta la località denominata. Sappiamo quindi che la Cassia traversava il fiume Paglia e proseguiva per Chiusi. Chiusi in epoca gota e, a maggior ragione in epoca longobarda, fu un caposaldo strategico per il controllo del Centro d’Italia e quindi del limes sul corridoio bizantino. Il ducato longobardo di Chiusi copriva l’intera Tuscia meridionale, con un’énclave che arrivava a Castiglione della Pescaia.12 Eppure la val d’Orcia e la val di Paglia avevano un potenziale viario che si rivelerà importante, se non centrale, nel corso del medioevo. E trascuro volutamente la teoria del ripiego per l’impaludamento della Val di Chiana, perché mi sembra di aver dimostrato a suo tempo, come si viaggiasse comunque tra i porti della palude chianina.13 Più solida la teoria del ripiego per quanto attiene l’impaludamento dell’Aurelia, che facilitava gli attacchi saraceni dal mare.14 Partiamo da due aspetti, falsamente intesi come secondari e marginali.

Il termalismo e i viaggiatori premoderni I romani vantavano una struttura viaria e una conseguente assistenza ai viaggiatori invidiabile e ineguagliata fino alla modernità: allora la comodità del viaggio era un valore che superava la rapidità, comunque consentita dalle stazioni di posta pubbliche per il cambio dei cavalli. Solo quando la sicurezza, e quindi anche la rapidità del viaggio diventerà il valore prioritario negli spostamenti, dopo le invasioni cosiddette barbariche, e dopo l’abbandono della cura publica

8 Sempre il Kurze ci propone, credibilmente, la conquista della bassa Maremma da parte longobarda a opera di contingenti provenienti da Chiusi e da Spoleto (…) 9 Oltre alla via Cassia, partendo dall’agro romano, la via Clodia puntava su Tuscania, Saturnia e Roselle; la via Aurelia invece puntava, lungo la costa, su Cosa, Talamone e Vetulonia. L’area della valle del Paglia era pertanto esclusa dalla viabilità romana maggiore. 10 Cfr. «Prime comunità cristiane e strade romane nei territori di Arezzo Siena Chiusi»: (dalle origini al secolo VIII) / Alfredo Maroni. - Siena : Edizioni Cantagalli, 1990. - [Ristampa dell'edizione dell'anno 1973]. - 271 p. : ill. b-n. fuori testo e carta ; 24 cm. Cfr. anche «Dulcissima e Mustiola»: rappresentazioni femminili lungo le vie di pellegrinaggio / Paola Refice. - Manziana di Roma : Vecchiarelli editore, 1996. - 32 p. : IV tavole b-n. ; 17 cm. 11 La Tabula Peutingeriana è conservata a Vienna nella Österreichische Nationalbibliothek, classificata come Codex Vindobonensis 324, e fu pubblicata per la prima volta da K. Miller nel 1962. Tra le molte edizioni italiane, segnalo «La “Tabula Peutingeriana”» / Annalina Levi ; Mario Levi. - Bologna : Edizioni Edison, 1978. - 164 p. : num. tav. nel testo e fuori testo b-n. e a colori : ril. ; 30 cm. + [1] riprod. facsimile della Tabula stessa in contenitore cilindrico a parte. E, per l’area qui in specifico, «Vie e luoghi dell’Etruria nella Tabula Peutingeriana» / a cura di Francesco Prontera. - Firenze : Leo S. Olschki editore, MMIII. - 65 p. : ril. : carte in piego; 30x34 cm. 12 «Goti e longobardi a Chiusi» / a cura di Carla Falluomini. - Chiusi : Edizioni Lui per conto di Banca Valdichiana, 2009. – (I tesori di Chiusi). - Scilicet, pp. 13-15, scaricabile anche da Internet. 13 Cfr. “Porti e ponti della Val di Chiana nel quadro della viabilità tra Siena e Arezzo” / Fabrizio Vanni. - In : «De strata francigena» 1997 (V/1). 14 Cfr. « De reditu suo» / Rutilio Namaziano ; col commento di Agostina Giannotti Villa. - Firenze : G. C. Sansoni editore, 1949. - Xvi,87 pp. ; 21 cm. Mi permetto anche di rinviare al mio “Considerazioni sulla genesi del tratto toscano della via Francigena” : approccio storico-sociologico al problema / Fabrizio Vanni. - In : «De strata francigena» 1995, n. 3. 3 viarum, l’idea di un percorso diretto e rapido tra Roma e Siena e quindi il nord dell’Italia si farà esigenza concreta. A questo punto emergono nuovi valori dei territori, primo fra i quali il termalismo naturale, che in certo senso consentiva di mimare, senza molte spese e curatela, l’organizzazione assistenziale romana, perché immergere i piedi nell’acqua calda era sempre stata un’esigenza primaria dei viaggiatori: fattori come questo diventano quel valore aggiunto dei territori di cui dicevo. Anche i romani realizzavano stazioni di sosta nei pressi di sorgenti termali, ma lo facevano in posti dove l’assistenza privata era più carente, come nei Balcani, dove città come Sofia e Pest nascono proprio su vie fondamentali anche perché potevano contare su una sorgente termale. Oltre alle fonti termali che si conoscono ancora oggi,15 nell’alta val di Paglia, toponimi come Vallecalda16 sono sicuro indizio di questo termalismo povero. Il fatto che siano in vicinanza della “via publica” non fa che esaltarne le funzioni.17

L’orografia come rassicurazione

Altrove scrissi che nel medioevo il crinale dei monti era rassicurante18 perché, all'interno di un mondo pieno di boschi e paludi, sollevare lo sguardo e scoprire linee spezzate facilmente riconoscibili di una cresta montana dava l'impressione di essere a casa, o di stare per arrivarci, perché proprio il lento modificarsi dell'orizzonte dava la consapevolezza delle distanze dalla mèta e della riconoscibilità del percorso. Che dire allora dell'"altum Radicophanum"19 che si riesce a vedere tranquillamente dal punto più alto di Montefiascone, ossia dalla terrazza del palazzo dei papi e che quindi accompagnava i pellegrini per almeno due tappe abbondanti del viaggio? La valle del Paglia, approcciata da sud, ha due parametri di orizzonte fondamentali e inequivocabili: l’Amiata e Radicofani, che guidavano il pellegrino nel suo ritorno a casa, offrendo la cosa più importante per chi si sente straniero: la certezza rassicurante della retta direzione.

L’abbazia di San Salvatore e Radicofani. Se nelle fonti medievali in genere si nota una costante dialettica che lega Radicofani all’abbazia di San Salvatore sul monte Amiata, nelle fonti odeporiche coeve questa dialettica si stempera topograficamente nel solo percorso romeo prescelto, che, fino alla fine del XII secolo,20 nelle fonti odeporiche, è la strada di Callemala, del fondovalle, ai due lati del corso del Paglia. Eppure, se aggiungiamo le citazioni riguardanti la via pubblica e le taverne che compaiono negli atti del Codex Amiatinus possiamo osservare che, a partire dalla seconda metà del secolo X, anche l’area di Radicofani si mette in gioco. Un po’ come se l’altalenarsi delle egemonie locali e degli eventi accidentali che si ripercuotono sulla viabilità si sublimassero nella strada e nella sua intercettazione più o meno occasionale. Con buona probabilità, il ruolo di Radicofani si viene

15 Cfr. «I "tepidi lavacri"» / : il termalismo nella Toscana del Medioevo / Renato Stopani. - : Centro studi romei, 1995. - 85 p. : ill. a colori : carta ; 24 cm. 16 CDA I, n. 231 – Libellus, 1010 März, Chiusi: “…et integra una petja de t(er)ra, q(ue) esti posita in navocabulo Ualecalda”. 17 Ibidem. 18 “Le aree francigene della Toscana, opportunità per il turismo culturale” / Fabrizio Vanni. - In : «Le soste dei pellegrini lungo la Via francigena» : la quotidianità della fede, la straordinarietà del viaggio / Banca CR Firenze, Ente Cassa di Risparmio di Firenze, Fondazione Cassa di Risparmio di Roma, Civita. (v.) 19 L’espressione, che dà il titolo al convegno, è tratta dalla relazione di Giovanni Porta del 1355. Vedi Cronologia in appendice, ad annum. 20 Vedi Cronologia in appendice, ad annum 973. 4 sviluppando grazie alla redistribuzione di beni demaniali, sottratti all’abbazia dell’Amiata il 3 agosto 964, da parte di Ottone I e ridistribuiti a poteri locali, laici e religiosi, per ampliare la base del consenso al sovrano in una zona strategicamente importante.21 La compensazione dell’abbazia per tali sottrazioni ampliava il raggio di ingerenza del monastero nell’area della via Francigena da Siena ad Acquapendente, come ci ricorda il Kurze stesso, ma nel contempo disgregava la compattezza territoriale del dominio monastico a oriente del Paglia, lasciando campo libero a poteri alternativi emergenti. In questo contesto nasce sommessamente Radicofani.

Le ragioni di una dialettica. E’ un po’ il destino dei possessi regi quello di altalenare di continuo tra il titolare o gestore, delegato direttamente dal re, e i potentati minori che, nella latitanza o nella lontananza del potere superiore, allungano le mani sul territorio: l’abbazia di San Salvatore, Radicofani e sono tutti formalmente possessi regi, ma, a differenza di quelli appenninici, più poveri e quindi parcellizzati di fatto in piccole comunità autonome, qui l’organizzazione curtense sviluppa appetiti ai massimi livelli, in un certo senso giustificando il dispendio di energie e di capacità offensiva con la vastità e la ricchezza almeno potenziale delle aree contese. L’area in questione nell’alto medioevo non è particolarmente antropizzata. Il Wickham ci ricorda che ancora nel 1250 “quasi l’intera popolazione della zona intorno all’Amiata era concentrata in una quindicina di castelli, tutti rimasti,con più o meno successo, fino ad oggi” e che “la popolazione di Rocca di Tintinnano (circa 500 persone nel 1250) era senza dubbio concentrata quasi totalmente dentro le sue mura. Constatazioni simili potrebbero esser fatte per Arcidosso, Montelaterone, Radicofani o Castel di Badia (la moderna Abbadia San Salvatore).” 22 La componente più tipica degli insediamenti altomedievali è quella degli exercitales longobardi, che si diramano dalla corte regia di Chiusi per venire a formare un più capillare controllo del territorio.23 Nei secoli IX e X il successo territoriale, e le donazioni in particolare, al monastero di San Salvatore sul monte Amiata sono connesse con il ruolo viario lungo la via Francigena: l’accoglienza e l’assistenza a carovane di nobili comportava la donazione diretta, o per interposta persona (il conte di Siena, in specifico), di altri elementi, casali, terre, molini, tali da rafforzare la vocazione assistenziale del monastero e dei suoi dipendenti.24

Cambiamenti generali della Tuscia alla fine del secolo X. Alla fine del secolo X, l’intera Tuscia è in fermento. L’incastellamento,25 nato alla fine del secolo precedente, per colpa delle frequenti invasioni ungare26 e agarene, continua, ma con altri scopi, vista la definitiva sconfitta sia dei primi27 che dei secondi.28

21 “Il monastero di S. Salvatore al Monte Amiata e la sua proprietà terriera” / Wilhelm Kurze. – In : «L’abbazia di San Salvatore al Monte Amiata», cit. – Scilicet, pp. 7-8. 22 Cfr. “Paesaggi sepolti: insediamento e incastellamento sull’Amiata, 750-1250” / Chris Wickham. – In : «L’Amiata nel medioevo». / Mario Ascheri e Wilhelm Kurze (edd.). – Roma : Viella, 1989. – Scilicet, p. 101 e segg. 23 Negli atti raccolti nel CDA, sia la componente notarile che la componente laica dei partecipanti, vede in Chiusi uno dei punti tipici di riferimento. E questo non può definirsi casuale. 24 Vedi anche Wickham, cit., p. 119. 25 Cfr. "Lo scavo archeologico di Montarrenti e i problemi dell'incastellamento medievale. Esperienze a confronto" disponibile su Internet. Sul tema, per l’area in oggetto, si veda anche il lavoro del Cammarosano, citato in seguito. 26 Vedi Cronologia in appendice, ad annum 937. Ma anche: «L'arrivo degli Ungheresi in Europa e la conquista della patria» : fonti letteratura critica / Carlo Di Cave. - Spoleto : Centro italiano di studi sull'alto medioevo, 1995. - 433 p : già intonso : carte b-n. nel testo ; 25 cm. 5 Tutta la documentazione superstite ci dice che la componente laica emergente ha in mente uno scopo elevato - Gramsci avrebbe detto für ewig - ossia il consolidamento dinastico. Far sì che la propria schiatta si consolidi territorialmente, nonostante le divisioni ereditarie, di generazione in generazione, anche attraverso forme simboliche forti, come i monasteri di famiglia e i castelli di consorteria. Il consolidamento dinastico è la premessa per la nascita della nobiltà,29 come concetto socialmente rilevante e come ruolo signorile che, attraverso l’amministrazione della giustizia nelle terre proprie e controllate, e nel conseguente riconoscimento di una primazia territoriale non carismatica, perché trasmissibile agli eredi, si consolida e si sedimenta.30

Ruolo iniziale di Radicofani. Noi sappiamo che Radicofani nasce come insediamento contadino, forse quasi da subito protetto da un castello o da un ricetto, in funzione di “timido” supporto a Callemala e alla sua diffusa capacità di accoglienza stradale. Ho sostituito l’aggettivo “alta” con “diffusa” perché anche il dato archeologico ci dice che nell’area della valle del Paglia, ai due lati del fiume, si avevano nel corso del medioevo numerosi piccoli insediamenti diffusi per un lungo tratto della strada, che potevano dare ospitalità e rifocillare i viandanti. Ma su questo tornerò in seguito. Il valore aggiunto delle derrate in surplus dato dalla strada era, allora, più che sufficiente stimolo al dissodamento sistematico e alla creazione di borghi che garantissero ai contadini una protezione minima del bestiame e dei familiari. Siamo nella seconda metà del secolo X. Sigeric deve ancora passare da queste parti. Le trasformazioni, avvenute nel corso dei secoli, sono state riassunte magistralmente dal Wickham alla scarsa luce delle fonti documentali: all’inizio del XII secolo Radicofani diventerà un polo di attrazione politico, ancora in parte legato ai monaci dell’abbazia, anche se ambìto in dimensione sovralocale dal papato e da Siena, al punto da diventare luogo di insediamento sia dei gruppi aristocratici minori dei castelli della val d’Orcia e della val di Paglia, sia dei lavoratori della terra dell’area.31 Gli spazi politici evidentemente c’erano: i monaci, di regola, anche nel medioevo non fanno le guerre e, quindi, famiglie legate al mestiere delle armi potevano ritagliarsi un ruolo adeguato e forse ancora più promettente del loro rango iniziale.

Le forze in campo per il controllo della strada

27 Cfr. anche se incentrati sull’Italia settentrionale “Gli Ungari in Italia e i mutamenti territoriali fra VIII e X secolo” / Aldo A. Settia. - In : AA.VV. «Magistra Barbaritas» : i barbari in Italia / Maria Giovanna Arcamone... [et alii] ; premessa di Giovanni Pugliese Carratelli. - Milano : Libri Scheiwiller per Credito Italiano, 1984. - 689 p. : ril. : 556 ill. a colori nel testo ; 28 cm. e “«Pagana», «Ungaresca», «Pelosa»” : strade medievali nell'Italia del nord / Aldo A. Settia. - In : «Studi storici» (1986) n. 27. - [Scilicet, pp. 649-666]. 28 Cfr. «I saraceni in Italia» / Rinaldo Panetta. - Milano : Mursia, 1998. - 299 p. ; 21 cm. Nonché «I saraceni in Provenza, in Liguria e nelle Alpi Occidentali» / Bruno Luppi ; prefazione di Ubaldo Formentini. - Bordighera : Istituto internazionale di studi liguri ; Museo Bicknell, 1973 [2^]. - [Ristampa dell'edizione 1952]. - Viii,184 pp. : [1] carta in piego ; 25 cm. 29 Cfr. «Dizionario dell’Occidente medievale» : temi e percorsi : volume 2. Letteratura/e-Violenza / a cura di Jacques Le Goff e Jean-Claude Schmitt. - Torino : Giulio Einaudi editore, 2004. - Xiii, da p. 587 a p. 1314 : ril. in cofanetto ; 21 cm. Ma anche: «Rechtlicher Anspruch und soziale Geltung in der Geschichte des Adels im hohen Mittelalter» / Gerd Tellenbach. - Firenze : Leo S. Olschki editore, MCMLXVI. - Abstract autonomo delle pp. 349-359 ; 24 cm. Più specifico per l’area senese cfr. «Monasteri e nobiltà nel Senese e nella Toscana medievale» : studi diplomatici, archeologici, genealogici, giuridici e sociali / Wilhelm Kurze ; Accademia senese degli Intronati. - Siena : Ente provinciale per il turismo, 1989. - Xxxv,441 pp. : ill. e carte b-n. nel testo ; 24 cm. 30 Per l’area in questione è sempre utile “Gli Aldobrandeschi” / Gabriella Rossetti. - Ne : «I ceti dirigenti in Toscana nell'età precomunale». Pisa : …, 1981. 31 Paesaggi sepolti, cit., p. 132. 6 Ma quello che ci deve esser chiaro è che non tutta l’alta valle del Paglia appartiene all’abbazia del Monteamiata. Quanto meno la parte sul lato sinistro del fiume ha proprietari laici, anche di un certo livello, come il marchese Ildebrando. Il fatto poi che ancora nel 1008 si misurino i campi e le terre col piede di Liutprando32 ci fa giustamente pensare che la tradizione longobarda sia stata ricca, forte e articolata in quest’area per lungo tempo. Che poi soggetti e testi della prima diplomatica amiatina si definiscano con la qualifica di “exercitalis” la dice lunga sulla natura della presenza militare dei liberi del re in quest’area.33 Per non parlare de “Lambardi de Callemala” come si legge nel cartiglio di alcuni documenti amiatini.34 Altri indizi convergenti stanno nella predilezione di Chiusi per la redazione di atti che riguardano la componente longobarda, tanto da farne un punto di riferimento politico e amministrativo, maggiore di Tuscania, Sovana, Roselle e Siena.

Da Callemala a Radicofani, una divisione del lavoro.

Lo spostamento di una strada ha sempre una ragione; talvolta ne ha più di una. Una spiegazione “postuma” ci viene fornita nel 1749 dalla “Descrizzione (sic!) della Fortezza di Radicofani”35 e si attesta sulla pericolosità della strada, attribuendone con cortigiana falsità la deviazione verso Radicofani e la creazione dell’osteria ai principi della casa Medici. Anche il Pecci, un’altra fonte relativamente tarda, ci propone un uso diversificato della via di fondovalle per il passaggio degli animali da vendere, quasi certamente nella capitale dei papi, il mercato più redditizio della zona.36 In realtà, anche in questi casi si tratta di dotazioni di senso troppo moderne, che cercano di giustificare, in qualche modo funzionale, l’opzione che si era venuta realizzando tra la strada, brutta ma rapida, di fondovalle e la strada, più lunga ma meglio attrezzata, che passava da Radicofani.

Lo spostamento del percorso francigeno verso Radicofani, più che un intercettamento politico della strada da parte di un nucleo abitativo emergente, sembra essere la creazione di un resort accogliente e in grado di offrire il meglio della vita sociale dell’epoca, in alternativa a chi, per problemi suoi, di urgenze funzionali o di ristrettezze economiche personali, preferisse tirar dritto, lungo il percorso parallelo al Paglia. Non un “intercettamento” della strada francigena, quindi, ma un differenziarsi dell’offerta di passo in base allo status, alla numerosità del seguito, all’assenza di fretta dei viaggiatori. Non appare,pertanto, molto condivisibile l’idea di una

32 CDA I, n. 228 – Cartula commutationis, 1008 Februar 27, Chiusi: “…et una p(er) unaquoq(ue) p(er)ticas est loncas pedes duodeci ad pedes Liuprand[i] rex.” 33 CDA I, n. 19; CDA I, n. 20 (entrambi dell’anno 772). CDA I, n. 36 (anno 789). Anche se nel passaggio al dominio carolingio questa presenza si perde. 34 CDA II, n. 229 Cartula iudicati, 1009 April, Chiusi. Riportato nell’introduzione del Kurze all’atto. 35 ASF, Segreteria di Gabinetto 625. “Raccolta di piante delle principali città e fortezze del Granducato di Toscana levate d'ordine di Sua Maestà Imperiale sotto la direzione del Signore Odoardo Warren colonnello del battaglione d'artiglieria e direttor generale delle fortificazioni di Toscana", MDCCXLIX, p. 166. “…Alla distanza di circa due miglia da questa piazza scorre il piccol fiume Paglia, lungo del quale passava altre volte la via maestra di Roma; ma essendo che questa era molto pericolosa, li principi della Casa de' Medici l'ànno cambiata, e fatta passare sotto Radicofani, dove ànno fatto fabbricare una bellissima osteria per alloggiare i viaggianti che in gran numero passano per questa via.” 36 ASS, ms. D. 71, G.A. PECCI Memorie storiche, politiche, civili e naturali delle città, terre e castella che sono e sono state suddite della città di Siena, parte V: «Lungo questo fiume [il Paglia], ove divide la corte di Radicofani da quella dell'Abbadia, vi passa la strada per i bestiami fidati a dogana. (Ibid., C 414). Non a caso la stazione di posta con dogana era lungo la strada romana di fondovalle. (E REPETTI, Dizionario Geografico fisico storico della Toscana, vol. IV, Firenze 1841, ad vocem. 7 “semplificazione” dell’offerta assistenziale stradale tra Centeno/Acquapendente e Le Briccole, proposta dal Wickham.37 Insisto sul problema di status dello spostamento di almeno una parte consistente dei flussi romei da Callemala a Radicofani, perché chi non aveva fretta faceva del viaggio un’occasione di scambi e di relazioni sociali. Dopotutto, la concorrente Callemala godeva di una notevole articolazione assistenziale: almeno quattro taverne, appartenenti all’abbazia,38 sono attestate intorno al mille, a cui si devono aggiungere le chiese e i molini, ai quali non manca la materia prima per il rifocillamento di gruppi anche consistenti di viandanti.

La sicurezza come finto problema Giustamente il Wickham ridicolizza le problematiche attinenti alla sicurezza,39 perché nonostante il mito di Ghino di Tacco, non sarebbe mai stato consentito, su una strada di grande percorrenza, con un controllo monastico e nobiliare così parcellizzato eppure egemonico, attentare alla sicurezza dei viaggiatori, se non per precise e circostanziate ragioni politiche, di “segnale” agli stessi monaci dell’Abbazia di San Salvatore oppure a terzi: e quindi anche i toponimi stessi Callemala e Malamulier andrebbero forse ricondotti alla ragione toponimica costitutiva, ossia a un diffuso trattamento di troppo basso livello, rispetto allo standard richiesto dallo status di certi viaggiatori oppure a costumi un po’ troppo licenziosi nell’accoglienza. Un castello, sia pure speciale e pittoresco come Radicofani, non poté attrarre e far deviare una consolidata strada di fondovalle per ragioni politiche, o perché all’improvviso, con un certo sostanziale autolesionismo, (dal momento che proprietari e manenti sono sempre e comunque gli stessi), si sia deciso di spazzar via tutte le forme di assistenza odeporica sul tracciato di fondovalle, cosa che non risulta vera né dalle fonti né dalle evidenze archeologiche, ma perché si viene creando una differenziazione di classe40 nell’assistenza: i ricchi si indirizzeranno naturalmente a Radicofani, dove troveranno loro simili e un’assistenza adeguata al proprio rango, mentre i poveri e i frettolosi si arrangeranno in improvvisati ricetti estivi lungo l’asse viario più rapido, mal frequentato e meno attrezzato.

La divisione del lavoro tra Callemala e Radicofani

Dalle fonti noi ricaviamo che dalla fine del secolo X le località di Callemala e Radicofani coesistono e che la loro coesistenza si prolungherà fino all’evo moderno. Ne dobbiamo dedurre che non abbiamo una conflittualità, come potrebbe esser stata quella tra San Genesio e San Miniato nel

37 Paesaggi sepolti, cit., p. 135. 38 CDA II, n. 230 – Callemala, 1009 Aprile. Anche se la notazione è sicuramente ancipite, l’esistenza nell’atto di due toponimi “Campolungo” e “Campomaiore” potrebbe non essere connessa con l’agricoltura, ma con la possibilità di accamparsi di carovane numerose. Lo deduco dalle numerose dedicazioni di chiese del tipo “Santa Maria in Campo” e “San Pietro in Campo” (tra queste, una località a 8 km. a nord di Radicofani), dove, evidentemente, non abbiamo quella connessione agricola, perché nel medioevo non si fondavano chiese in desertum, mentre lo si faceva abitualmente nei pressi di stanziamenti limitanei (campi d’arma) di exercitales da convertire. 39 Paesaggi sepolti, cit., p. 135. 40 E’ un tema che da qualche anno ho proposto, con accettazione unanime, al direttivo del Centro Studi Romei e su cui stanno lavorando studiosi di varie discipline. Senza voler creare alcuna connessione causale con il tema qui affrontato, anche l’abbazia di San Salvatore al Monte Amiata, nel suo settecentesco inventario, pubblicato in appendice al volume curato da Kurze e Prezzolini, cit., mostra evidenti prove di una differenziazione di trattamento interna (refettorio e refettorio dei conversi; più stanze per superiori e professi; diversa composizione dell’arredo e delle suppellettili; cantina e cantinino del vino scelto) ed esterna (foresteria di sopra e da basso; granaio del consumo di casa e granaio grande; ecc.) tanto da farci pensare che simili comportamenti non possano non venire da lontano. Cfr. “Un inventario di Badia San Salvatore nell'Archivio di Stato di Firenze: il patrimonio del monastero nell'anno 1770” / Laura Dal Prà. – In : «L’abbazia di San Salvatore al Monte Amiata», cit. – Scilicet, pp. 207-227. 8 basso Valdarno, che ha portato infine alla distruzione del borgo di San Genesio. Una conflittualità avrebbe lasciato strascichi documentari e avrebbe anche portato alla fine di una delle due località: avremmo avuto un intercettamento della strada con la scomparsa del tracciato facente capo alla località perdente. Non è stato così. Abbiamo anche indizi documentari che ci portano a ipotizzare una divisione dei ruoli tra Callemala e Radicofani. Callemala ha molte taverne, molti molini, quasi tutti dati in gestione a individui e famiglie libere o semilibere, quella che, con termine troppo moderno, si potrebbe anche riassumere come “iniziativa privata”. Callemala avrà nei suoi pressi la dogana granducale e in atti, sia pure moderni, si fa riferimento al transito delle mandrie da far pervenire ai mercati urbani, presumibilmente Viterbo e Roma. Radicofani è su una deviazione che allunga il tracciato di qualche miglio, è un castello, e lo stesso borgo sottostante il castello giungerà ad essere circondato da mura ed avrà torri al suo interno. Nei dintorni si hanno numerosi castelli in cui presto si svilupperà la signoria di contado.41 Radicofani, pur appartenendo all’abbazia di San Salvatore sul monte Amiata è stato edificato su terre demaniali, e di tale origine resta l’interesse, di lungo periodo, del conte di Chiusi, della componente laica dei poteri signorili dell’area, della città di Siena e, più larvato, delle città di Orvieto e di Chiusi stessa. Radicofani alla metà del XII secolo trova un suo equilibrio politico con la cessione alla Santa Sede del castello, pur restando formalmente dell’abbazia amiatina: la Santa Sede ne rafforza la cinta muraria e ne fa il punto estremo sul versante settentrionale del suo apparato di controllo del Patrimonium Petri.42 Tutti questi indizi, anche se eterogenei, sembrano farci convergere sull’interpretazione che Callemala e Radicofani abbiano avuto fin da subito ruoli diversi nell’ambito del controllo della strada per Roma: Callemala era una tappa “diffusa” perché le possibilità di accoglienza e di rifugio notturno si estendono per tutta l’alta valle del Paglia, da San Pietro in Paglia fino al crinale che dà sulla Valdorcia, e pertanto era in grado di intercettare il traffico veloce, quello dei viaggiatori che hanno urgenza di arrivare alla mèta, o che non hanno risorse tali da indulgere nella sosta più del minimo indispensabile per il ristoro fisico essenziale, e che forzano quindi la propria resistenza, in una tratta che tutte le fonti odeporiche definiscono lunga e difficoltosa, fino allo stremo: ogni molino, ogni locanda, ogni chiesetta dell’alta valle del Paglia andrà bene per rifocillarsi, dormire e riprendere il viaggio all’alba del giorno dopo. Non sarà garantita un’assistenza di qualità, ma solo funzionale e occasionale, da qui il nome Callemala. Mentre coloro che dal viaggio pretendono un’accoglienza di classe, adeguata allo status e alla ricchezza posseduti e ostentati, preferiranno procedere lungo la deviazione per Radicofani, dove troveranno un ceto nobiliare in grado di non sfigurare con personaggi di rango, accogliendoli per tutto il tempo necessario al recupero delle forze e della voglia di proseguire il viaggio.

Il conforto delle fonti odeporiche

Questa ipotesi ha il conforto delle fonti odeporiche. Abbiamo visto dalla Tabula Peutingeriana che la via Cassia per Chiusi traversava il fiume Paglia e che qui c’era una mansio: i dintorni di questa dovevano essere attrezzati per rifornire di vettovaglie e di cavalli da ricambio i viaggiatori.

41 “La signoria territoriale di castello e il suo sviluppo nell’area maremmana : alcuni esempi tra archeologia e storia” / Maria Luisa Ceccarelli Lemut. – In : «La signoria rurale in Italia nel medioevo» : Atti del II Convegno di studi, Pisa 6-7 novembre 1998 / organizzato da Cinzio Violante e Maria Luisa Ceccarelli Lemut ; introduzione di Gabriella Rossetti. – Pisa : Edizioni ETS, 1997. 42 Vedi Cronologia in appendice, ad annum 1154. 9 Però la testimonianza di Sigerico del 990 alla decima mansio ci parla di San Pietro in Paglia, ossia di Voltole, lungo il tracciato vallivo, non di Radicofani. Eppure Sigeric, primate di Canterbury, era un personaggio importante. Questo sembrerebbe contraddire la nostra tesi. In realtà, dal pur scarno resoconto della sua visita romana per ricevere il pallio arcivescovile, e quindi porre termine alle diatribe per la sua nomina ad arcivescovo di Canterbury, inevitabili per un seggio così importante, come del resto era avvenuto per i suoi predecessori, noi riusciamo anche ad arguire che Sigerico aveva fretta, una fretta dannata, probabilmente perché consapevole che le relazioni internazionali della sua patria non erano affatto tranquille. La sua sede arcivescovile era sotto la pressione degli invasori danesi e vichinghi.43 Non è un caso se si sia trattenuto a Roma pochissimi giorni, e c’è chi dice, interpretando letteralmente il suo resoconto di viaggio, soltanto due giorni. La fretta caratterizza quindi il suo viaggio di ritorno, forse addirittura era stato richiamato in patria, a tutela del suo gregge, minacciato da invasori nordici. Sigeric non fa quindi testo perché il suo desiderio di ritornare rapidamente in patria gli suggerisce la via più rapida, transitando appunto lungo il fondovalle del Paglia e proseguendo per le Briccole, San Quirico d’Orcia e Siena. Dopo Sigeric, bisogna fare un salto di un secolo e mezzo per arrivare al 1154, anno del viaggio a Roma dell’abate islandese Nikulas di Munkathvera. Costui, che è molto attento alle bellezze del creato (si lascia andare a un elogio delle donne senesi), ai paesaggi (elogia quanto si vede dai colli della Val di Magra), non poteva non apprezzare un’ospitalità di alto livello. In realtà, il discorso di Nikulas si fa confuso dopo San Quirico d’Orcia perché ci parla di un monte chiamato Klemunt e di un castello denominato Mala Mulier. Mala Mulier è toponimo che ci ricorda Muliermala, lo xenodochio qualche chilometro a nord di Radicofani, quindi sulla deviazione per i viaggiatori ricchi, ma Klemunt è toponimo assai dubbio, che Stopani e altri identificano con Radicofani stesso. Modestamente, vorrei ricordare che tutti i nordici, nelle loro lingue, hanno l’abitudine di invertire l’ordine dei nomi composti, ossia di quei nomi che accoppiano due termini significativi. Così come Malamulier è l’inversione di Muliermala, anche Klemunt potrebbe essere l’inversione di un toponimo creduto doppio da Nikulas: Klemunt potrebbe essere l’inversione nordica di un toponimo pronunciato da un valdorciano del medioevo come Mont-Cle, quindi Montecchio, Monticlo o Monticchiello.44 Purtroppo, di toponimi di questo tipo nell’area ce ne sono molti, come ci ricorda il Cammarosano,45 e quindi appare abbastanza gratuito azzardare una qualche ipotesi. Resta il fatto che, con buona probabilità, Nikulas ha percorso la strada di Radicofani. La prima citazione esplicita e inequivocabile di Radicofani nella letteratura odeporica è nel resoconto del viaggio di ritorno di Filippo Augusto di Francia dall’isola di Corfù dopo la terza crociata, avvenuto nel 1191. Lo scrivano che si prende la briga di raccontarci le tappe di quel viaggio o è un burlone o un gourmet. Quando trova l’occasione, gli piace storpiare i nomi delle località che incontra, ricordando cibi che forse potrebbe aver gustato in quei luoghi: così farà per Galleno, località tra Fucecchio e Altopascio che diventa nel suo racconto “Grasse Geline”, la gallina grassa, e così è, a mio avviso, per Radicofani che diventa Redcoc, che in un misto di anglo- normanno-francese, cosa non insolita per quei tempi in cui i regni non hanno ancora una dimensione nazionale e una lingua unica, potrebbe voler dire “Gallo rosso”. Il fatto che sia un

43 Già nel 982 c’era stato un primo sbarco vichingo nel Dorsetshire e nel 991, dopo quindi il rientro in patria di Sigeric, ci sarà il saccheggio di Ipswich, come ci ricorda la Anglo Saxon Chronicle, ad annos. Cfr. «The Anglo-Saxon Chronicle» : vol. II Translation / edited with a translation by Benjamin Thorpe. – London : Longman, Green, Longman and Roberts, 1861. Lo stesso Sigeric non è molto amato dalla storiografia britannica, presumibilmente perché troppo disponibile a trovare compromessi e pattuizioni, anche gravose, con gli invasori. 44 A puro titolo di esempio, ricordo che Federico II con atto del 1232 da Capua emana un diploma in favore del maestro dell’ospedale di Santa Maria dei Teutonici in Gerusalemme con cui dona “medietatem castri sui Muntickelli juxta Radicophanum” e altri beni nella zona. Cfr. «Historia diplomatica Friderici secundi»… : Tomus IV Pars I / J.-L.-A. Breholles. – Parisiis : excudebant Plon Fratres, MDCCCLIV. – Scilicet, p. 392 et seq. 45 “Nota sulla formazione dei castelli nell’area amiatina” / Paolo Cammarosano. – In : «L’abbazia di San Salvatore al monte Amiata», cit. – Scilicet, p. 201, dove si discute di toponimi simili nell’area ovest dell’Amiata. 10 cortigiano di un corteo regale a citare per primo la tappa di Radicofani ci conforta non poco nella nostra tesi. Nel 1211 due canonici premonstratensi di un cenobio sperduto della Frisia, l’attuale Olanda, si recano a Roma per perorare gli interessi del proprio monastero. Il loro viaggio viene descritto accuratamente nell’Emonis et Menkonis Chronica.46 Dopo Pontremoli e Lucca, toccano San Quirico d’Orcia, definito castello, e Radicofani, poi Viterbo, Sutri e Roma. Si tratta di un tragitto compiuto con una certa fretta, se dobbiamo credere all’accuratezza del resoconto, con tappe molto lunghe quasi sicuramente compiute a cavallo. Recano con sé una lettera del maestro generale dei Premonstratensi per il papa, e quindi è presumibile che possano esigere un’assistenza di rango elevato. Il fatto che nella nostra area sostino presso castelli ci conforta nella nostra ipotesi. Ancora nel 1254 è un alto dignitario della Chiesa a parlare di Radicofani come tappa del suo viaggio: è l’arcivescovo di Rouen, Eudes Rigaud, che nel viaggio di ritorno da Roma tocca Radicofani. Altra conferma della nostra tesi. Negli anni 1311-1313 si svolge la sfortunata impresa di Arrigo VII di Lussemburgo, che tanta speranza infuse nell’esule Dante Alighieri. Del suo viaggio abbiamo due fonti importanti: gli Acta Henrici VII imperatoris47 e la relazione al papa del vescovo di Butrinto, Nicola, che accompagnò l’imperatore in gran parte della sua vicenda italica.48 I legati dell’imperatore, scesi in Tuscia per ottenere la fedeltà delle varie città, si spostano da Chiusi a , terra degli Aldobrandeschi, fedeli all’impero, passando per Radicofani, castello che appartiene alla chiesa. Questo viaggio non fa testo, trattandosi di uno spostamento condizionato dalle non buone relazioni con Siena. Anche la relazione del vescovo di Butrinto si limita a riportare che, usciti dal distretto di Chiusi, passando dal territorio della Chiesa per radi cofani giungono a Santa Fiora.49 Nel 1350 il mercante francese Bartolomeo Bonis scende a Roma e pranza al mulino del Paglia, quindi nella strada commerciale di fondovalle. Ma si tratta di un mercante, sicuramente accompagnato da bestie cariche di mercanzie. E, infine l’ultima citazione che qui richiamo, è tolta da un’importante fonte odeporica non molto conosciuta: si tratta del resoconto di Giovanni Porta di Annoniaco del viaggio da Avignone a Roma, compiuto dal cardinale Pietro di Columbario, compiuto nel 1355 per partecipare all’incoronazione imperiale di Carlo IV. Il resoconto del Porta si divide in due parti: la prima è un resoconto politico del viaggio di avvicinamento a Roma, con trascrizione della corrispondenza e con alcune note che danno idea della complessità dei rapporti tra comunità locali e le massime autorità, impero e chiesa, alla meta del Trecento; la seconda è invece una sintesi del viaggio del cardinale con distanze tra le tappe, descrizione sommaria della sosta (se vi ha mangiato o dormito) e talvolta anche qualche giudizio di merito, probabilmente avrebbe dovuto essere una base conoscitiva per futuri spostamenti tra Avignone e Roma. Nella prima parte, per la zona di nostra competenza il Porta ci dice che i sovrani decidono di accelerare il viaggio per Roma e che, sebbene non ovunque trovassero comoda accoglienza (“licet non omnino comode simul recipiantur in via”), fecero di necessità virtù e per San Quirico e per

46 Vedi Cronologia in appendice, ad annum. 47 «Acta Henrici VII imperatoris Romanorum et monumenta quaedam alia medii aevi» : Pars I / nunc primum luci dedit Guil. Doenniges. – Berolini : in officina libraria Nicolai, 1839. – Scilicet, p. XXXVI. 48 “Post recessum de districto Clusino, per terras ecclesie versus Radicophanum et continuatis dietis applicuimus ad sanctam Floram.” Il testo della relazione “Nicolai episcopi Botrontinensis relatio de Heinrici VII itinere italico ad Clementem Papam V. 1310-1313” è contenuto in «Fontes Rerum Germanicarum. Geschichtsquellen Deutschlands» / herausgegeben von Joh. Friedrich Boehmer. Erster Band (Johannes Victoriensis und andere Geschichtsquellen Deutschlands im vierzehnten Jahrhundert) – Stuttgart und Tübingen : J. G. Cotta'scher Verlag, 1843. – Scilicet, p. 105. – Scaricabile da Internet (Google Books). 49 Il testo della relazione “Nicolai episcopi Botrontinensis relatio de Heinrici VII itinere italico ad Clementem Papam V. 1310-1313” è contenuto in «Fontes Rerum Germanicarum. Geschichtsquellen Deutschlands» / herausgegeben von Joh. Friedrich Boehmer. Erster Band (Johannes Victoriensis und andere Geschichtsquellen Deutschlands im vierzehnten Jahrhundert) – Stuttgart und Tübingen : J. G. Cotta'scher Verlag, 1843. - Ora disponibile su Internet in Google Books. 11 l’alto Radicofani e quindi per Acquapendente e Bolsena, passando nei pressi di Montefiascone, raggiunsero Viterbo.50 Dalla seconda parte, l’itinerario vero e proprio, veniamo a sapere che il cardinale, di domenica, fu a pranzo nel castello di Radicofani; ma, a parte la distanza in miglia e in leghe da san Quirico, l’unica cosa che ci viene raccontata in più è l’incertezza sul nome della località (“de Raticofano seu de Radicofeno”).51 Abbiamo iniziato questa breve rassegna, che vede Radicofani protagonista, con il viaggio di un re e chiudiamo con l’avvicinamento a Roma di un corteo imperiale, imperatore, imperatrice e cardinal legato, descritto dal segretario di un cardinale. Non potevamo augurarci migliori conferme all’ipotesi qui in esame.

Un tentativo di spiegazione

Siamo nel periodo del “secondo incastellamento”,52 fenomeno non solo toscano.53 Radicofani, con la sua struttura urbana - un castello accessibile solo da un lato, praticamente imprendibile d’assalto, con un borgo fortificato e dotato di torri, con un’ampia possibilità di sortite per sorprendere gli eventuali assedianti - sarebbe una struttura ideale per realizzare quell’inurbamento signorile, drenate i contadini dei dintorni, che ha portato, anche in Toscana, a nuovi insediamenti come Empoli, la sfortunata Semifonte e altri. Questo auspicio, il cui indizio principe sta nella fortificazione del borgo, non si è realizzato che in minima parte. La gente di Callemala ha continuato a distribuirsi nel fondo valle. A mio avviso la spiegazione sta tutta nei soggetti che hanno portato al secondo incastellamento di Radicofani: stando alle fonti, dobbiamo attribuire al papa Adriano IV la costruzione delle mura che incastellano anche il borgo.54 E l’obbiettivo della curia romana appare subito prevalentemente difensivo, mettendo l’aspetto signorile, dominante in altre operazioni consimili, in netto subordine. Gli eventuali altri soggetti, delegati o delegabili a gestire questo secondo aspetto dell’incastellamento, non hanno la forza e la capacità egemonica per attrarre i rustici di Callemala all’interno delle nuova mura. Perché questi ultimi possono contare su due fattori importanti: la protezione del monastero di Abbadia San Salvatore, da un lato, e il surplus, diretto e senza gravami signorili della rendita di posizione della strada. L’unico dazio lo pagheranno i mercatores nel punto dove il Paglia riceve un affluente, nei pressi del Ponte a Rigo: con tutta evidenza la vendita diretta di cibi e servizi ai viandanti e ai pellegrini è priva di imposizioni dirette o indirette, specifiche di uno stato moderno. Cosa che non sarebbe stata più tale, all’interno delle mura del borgo, dove soltanto un ulteriore surplus, dato dalla qualità dei viaggiatori e dalla conseguente specificità del servizio reso alla loro prodigalità, avrebbe potuto rendere appetibile l’esercizio di analoghi commerci.

50 Vedi Cronologia in appendice, ad annum 1355 e nota. "Post hec et alia sic, ut predicitur, ordinata predicti domini et regina iter eorum accelerant versus Urbem et, licet non omnino comode simul recipiantur in via, tamen ut prudentes et providi faciunt de necessitate virtutem: ac per Sanctum Quiricum ac altum Radicofanum et deinde per Aquam pendentem atque Bolsenas et iuxta Montem Flasconem attingunt Viterbium…" 51 “Item die Dominico sequenti, XXIX. dicti mensis, fuit in prandio in castro de Raticofano seu de Radicofeno, quod est de patrimonio ecclesie ; et distat a dicto loco de sancto Quirico per duodecìm mil., que valent quatuor leucas.” 52 Cfr. “«Castellum reficere vel aedificare» : il secondo incastellamento in area senese. Fenomeni di accentramento insediativo tra la metà del XII e i primi decenni del XIII secolo” / R. Farinelli, A. Giorgi. – In : «Fortilizi e campi di battaglia» (…) 53 Si veda la prima parte del volume «Semifonte in Va d’ e i centri di nuova fondazione dell’Italia medievale» : Atti del convegno nazionale organizzato dal Comune di Barberino Val d’Elsa : (Barberino Val d’Elsa, 12-13 ottobre 2002) / a cura di Paolo Pirillo. – Firenze : Leo S. Olschki editore, 2004. – In particolare, gli interventi di Francesco Panero, Donata Degrassi, Giuseppe Albertoni e Paola Guglielmotti, con i relativi riferimenti bibliografici. 54 Vedi Cronologia in appendice, ad annum 1154. 12 Nelle variegate vicende della storia, anche la strada diventa così, nel caso di Radicofani e di Callemala, una variabile attiva, in contrasto con le logiche che la strada stessa produsse in molti dei nuovi borghi nati col secondo incastellamento.

Fabrizio Vanni

Cronologia Le fonti odeporiche sono evidenziate dal grassetto del testo.

830 – E’ attestata una taberna nel casale di Presoniano sul crinale tra Paglia e Orcia.55 876 – Attestato il toponimo Via Francisca nell’area di Presoniano-Callemala.56 937 - Gli Ungari invadono ancora l’Italia, ma stavolta si spingono fin nella parte meridionale della Penisola, passando dalla Tuscia. A loro si attribuisce la distruzione della chiesa di Santa Cristina a Lucignano d’Arbia.57 962 – Callemala è detta burgo. Questo sta a significare uno sviluppo dell’accoglienza. L’espressione “in capite burgo” sta anche a rappresentare lo sviluppo di Callemala come borgo di strada, allungato e sviluppantesi sui due lati della via pubblica. 58 973 - In questa data inizia la documentazione storica di Radicofani, come risulta nell’atto di vendita dei beni di Lamberto, figlio del marchese Ildebrando. Radicofani è qui citato come possesso n. 10 dei quarantacinque venduti della lista e già dotato di castello.59 990 – Il viaggio di Sigeric non fa menzione di Radicofani. La mansio IX è Acquapendente, la X San Pietro in Paglia (Voltole), la XI Le Briccole e la XII è San Quirico d’Orcia.60 1009 – Case e taverne di Callemala sono attestate dentro e fuori il burgo, così come molini, per la rapida trasformazione di anche notevoli quantità di grano in pane. Le taverne hanno un gestore, chiamato per nome e cognome, per evitare rischi di indeterminatezza. Sono segnali che il borgo è assai abitato e ben articolato nelle sue funzioni ospitaliere.61 1144-1145 – Cinque sesti del castello di Radicofani entrano a far parte dei possessi del monastero di San Salvatore sul monte Amiata. La sesta parte era già stata ceduta nel 1139 dal conte Manente I di

55 CDA I, n. 108 - Libellus, 830 Dezember, im Salvatorkloster am Monteamiata: “inde p(er)git via ad taverna et in fossato Petroso, inde p(er) fossato Petroso usque in Palia”. – Scilicet, S. 227 und folg. 56 CDA I, n. 157 – Libellus, 876 Mai 4, Chiusi: “…et p(er) fossatu descendente usque in via Francisca…” 57 «Le incursioni ungare in Europa nel secolo X» / Gina Fasoli. – Firenze : Sansoni, 1945. – Scilicet, p. 168. “A loro attribuiamo anche la distruzione della chiesa di S. Cristina di Lucignano d'Arbia, sulla strada che da Siena conduce a , Radicofani, Roma.” 58 CDA I, n. 201 – Libellus, 962 August [8-31], Chiusi: “simul et confirmo in una pecia [de terra po]si(ta) in Calemala: de una latere abet terra Ildibrandi et de alia latere abet terra Stefani et Ursip(er)ti, intro in capite burgo”. 59 CDA I, n. 203 – Cartula venditionis, 973 April 14, Galliano: “decima Radicofani cu(m) suo castello,”. 60 La prima pubblicazione dell’itinerario sigericiano è a cura di William Stubbs nei «Rerum Britannicarum Medii Aevii Scriptores» vol. 63 Cap. VII. - Anche in : K. Miller «Mappae Mundi». - Pure in : J. Jung «Das Itinerar des Erzbischofs Sigeric von Canterbury und die Strasse von Rom über Siena nach Lucca». - Ora anche in : R. Stopani «Le vie di pellegrinaggio del Medioevo» et alibi. 61 CDA II, n. 230 – Callemala, 1009 Aprile. 13 Chiusi al vescovo di Siena.62 Questo provoca una reazione di Siena. Truppe senesi invadono le pertinenze dei monaci. 1153 – Il papa prende a livello dall’abbazia di San Salvatore sul monte Amiata la metà del castello di Radicofani. Una sorta di divisione del lavoro politico, secondo il Wickham: ai papi l’egemonia regionale, ai monaci le clientele locali. Anche Callemala entra tra le dipendenze di Radicofani.63 1154 – Secondo quanto riporta ad annum Tolomeo da Lucca nei suo Annali, il papa Adriano IV (regnabat 1154-1159) fece costruire un giro di mura a Radicofani, ma aggiunge anche una notazione di non facile decrittazione che ha probabili risvolti odeporici: “Hic Adrianus girum fecit in Radicofono et hic primam stationem fecit in Urbe vetere et extra Urbem.”64 1154 – Diario di viaggio dell’abate islandese Nikulas di Munkathvera.65 Anche lui cita San Quirico d’Orcia (Klerkaborg) e Acquapendente (Hangandaborg). Alcuni vogliono che il monte chiamato Klemunt su cui sorge un castello chiamato Mala Mulier sia Radicofani, ma non esistono prove certe. Così la traduzione latina: “Transeundus tum mons Clemunt, in quo castellum Mala Mulier, nostro idiomate illa kona, ibi pessimae indolis gens degit.” Per l’abitudine nordica di tedeschi, olandesi, danesi, e quindi anche islandesi, di creare toponimi invertendo i fattori, Kle-Munt potrebbe anche essere Montecchio o Monticchiello, inteso qui dall’abate Nikulas come se – da un suo interlocutore italico - fosse stato pronunciato come “Munt(i) Kle”. Quanto alla “pessima indole” degli abitanti, potrebbe trattarsi di un topos connesso con il nome Mala Mulier, per rimarcarne il senso. 1154 – Anche l’arabo Idrisi, incaricato da re Ruggero II di redigere una compilazione geografica parla della strada per Roma, ma si limita a citare Siena, il monte Amiata e Roma, individuando in quindici miglia la distanza dell’Amiata da entrambe le città.66 1191 – Prima citazione di Radicofani come mansio della strada per Roma. E’ citata nel viaggio di ritorno di Filippo Augusto di Francia dall’isola di Corfù dopo la terza crociata. Dopo Roma, il sovrano tocca Sutri, Bolsena, Viterbo, Monte Fiascone, Santa Cristina a Bolsena, Acquapendente e arriva a Redcoc (Radicofani), poi prosegue per Le Briccole, San Quirico d’Orcia, Buonconvento e infine Siena. Lo scrivano del sovrano aveva l’abitudine di trasformare i toponimi italici in modo che avessero un qualche significato, meglio se ironico, per un francofono: Redcoc dovrebbe voler dire, in un misto di franco anglo normanno, non certo insolito all’epoca, “Gallo Rosso”, così come la località di Galleno, vicino ad Altopascio, diventerà per lui la “Grassa Gallina” (Grasse Geline).67 1211, novembre 9 – Due canonici premonstratensi di Frisia iniziano, per perorare cause del proprio cenobio, un viaggio per Roma, accuratamente riportato in Emonis et Menkonis Chronica.68 Il viaggio di andata, di cui ci interessa la sequenza di tappe italiche, è così descritto: “(…) His acceptis litteris et valedicto, viam incognitam est ingressus. Via autem hec est, qua ivit perveniens Romam, habens civitates et castella signata vice quasi commonitorii in

62 CDA II, n. 337 – Pagina constitutionis, Rom, Lateran, 1144 Februar 23. CDA II, n. 338 – Iuramentum, 1145 Juli, vor dem Salvatorkloster am Monteamiata. 63 CDA II, n. 341 – 1153 Mai 29. Cfr. Anche Paesaggi sepolti, cit. p. 131 e per Callemala, p. 134. 64 MGH, Die Annalen des Tholomeus von Lucca, - Scilicet, S. 62-63. 65 La prima traduzione del testo islandese in latino è stata pubblicata in «Symbolas ad geographiam Medii Aevi ex monumentis Islandicis edendo prolusit» / Eric Christian Werlauff. – Hauniae (Copenhagen) : Typis Schultzianis, 1821. La traduzione critica in italiano è stata pubblicata in “Itinerari italiani in una miscellanea geografica islandese del XII secolo” / Fabrizio D. Raschellà. 66 Cfr. «L’Italia descritta nel libro del re Ruggero compilato da Edrisi» / Michele Amari, Carlo Schiaparelli (edd.). – Roma : 1883. 67 MGH Scriptores in folio, XXVII, “Ex gestis Henrici II. Et Ricardi I.” 68 MGH Scriptores in folio, XXIII. “Emonis et Menkonis Werumensium Chronica” / edidit Ludewicus Weiland. - Scilicet, S. 454 und folg. 14 perpetuum laboris ipsius, Sessun (Soissons), Castellum Theodorici (Château-Thierry), Sechana (Sezanne), Mer sur Seine (Mery-sur-Seine), Troes sur Seine (Troyes), Bar sur Seine (-), Lugdunum super Rodanum (Lione). Demum Vallem Morianam ingressus est usque Minit, qui est terminus vallis. Post vallem secuntur civitates Longobardie, Susia (Susa), deinde post alias Papia super Padum (Pavia), Placentia super Padum (Piacenza), deinde Pons Tremulus (Pontremoli), Luke (Lucca), castellum quod dicitur Sanctus Quiricus (San Quirico d’Orcia), Radecophanum (Radicofani), Viterbium (Viterbo), Sutrium (Sutri), Castellum Beati Petri (Vaticano). Kalendis igitur Februarii 14, die Marii et Marthe Romam venit, presidente Innocentio papa tercio, anno pontificatus eius…”

1230, maggio 22 – Incursione armata dei fiorentini a sud di Siena (“…andarono a Radicofani et a San Chirico in Rosenna e presono il bagno e disfeciono XX castella e tagliarono a Monte Ciellese il pino e andarono insino alle porte di Siena e disfeciono i serragli et intrarono dentro alla terra e trassonne delle donne.”69 1243, ottobre 2 – Papa Innocenzo IV conferma agli abitanti di Radicofani quanto promesso dal suo predecessore Gregorio IX.70 1253 – L’Iter de Londinio in Terram Sanctam di Matthew Paris non cita Radicofani, ma soltanto Siena, San Quirico d’Orcia, il lago di Santa Cristina a Bolsena, Montefiascone, Viterbo e Sutri e quindi Roma.71 1254 – L’arcivescovo di Rouen, il francescano Eudes Rigaud si reca a Roma per far approvare dal papa il suo modo di gestire l’arcidiocesi, contrastato da una parte del suo clero. All’andata passa dalla via Emilia e dalla Flaminia per visitare Assisi e Gubbio, due mete indispensabili per un francescano, ma al ritorno sceglie la via Francigena per Sutri, Viterbo, Montefiascone, Acquapendente, Radicofani, San Quirico d’Orcia e Siena.72 1250 (circa) – Gli Annales Stadenses nell’avvicinamento a Roma prendono in considerazione due percorsi per il Bagno di Santa Maria, quella che ora si riscopre come via teutonica o via dell’Alpe di Serra, e quella per Acquapendente, ovvero la via Francigena, ma preferiscono la prima soluzione. 1254, gennaio 1 – Papa Innocenzo IV assegna al giurista Bernardo da Napoli la castellania di Radicofani, Acquapendente e Proceno.73 1255 – Radicofani si dota di uno spedale per i pellegrini. E’ anche l’anno dello statuto comunale in cui si tratta la riparazione di dieci strade diverse del territorio. 1264, giugno 5 – Papa Urbano IV emette un atto che fa divieto ai ghibellini senesi, sbandati fautori di Tancredi, di avvicinarsi a Radicofani.74 1300 (circa) – L’Hauksbok, itinerario norvegese per Roma, ci descrive un tracciato terrestre che coincide quasi del tutto con quello degli Annales Stadenses, eccetto per il tratto finale che vede le tappe di Firenze, Siena e Roma.75 1303 – Sotto la minaccia dei conti di Santa Fiora, Abbadia San Salvatore stringe un patto con Siena per la difesa e la protezione.

69 MGH, Tholomeus Anhang I : “Gesta Florentinorum”. – Scilicet, S. 254-255. 70 MGH, Epistolae selectae, ad annum 1243. – Scilicet, S. 21-22. 71 “Iter de Londinio in Terram Sanctam” / (Matthew Paris) – British Library of London, Ms. 14.C.VII. 72 Cfr. “Regestum visitationum archiepiscopi Rothomagensis” / Thomas Bonnin (ed.). – Rouen, 1852. 73 MGH, Epistole selectae, ad annum 1254. – Scilicet, S. 209. 74 MGH, Epistolae selectae, ad annum 1264. – Scilicet, S. 606-607. 75 Cfr. “Medieval Pilgrim Routes from Scandinavia to Rome” / O. Springer. – In : «Medieval Studies» XII (1950). 15 1311 – Acta Henrici VII imperatoris: “Post recessum de districtu Clusino, per terras Ecclesiae versus Radicophanum (Radicofani) et continuatis dietis applicuimus ad Sanctam Floram (Santa Fiora). Comites de Sancta Flora, qui sunt tres, libenter nos receperunt, et fidelitatem iuraverunt, et semper pro Imperio inventi sunt fideles. Ibi mare intravimus, et equi nostri cum familia de nocte in magno periculo transiverunt per unam aquam prope civitatem Grossetanam, quam Senenses tenebant, et est situata prope mare.” 1346-1347 – Dopo l’occupazione dell’abbazia da parte dei figli del conte Enrico di Santa Fiora, i senesi decidono di intervenire e occupano l’abbazia. Ciò rafforza anche il debole controllo senese su Radicofani e . 1350 – Barthélemy Bonis, mercante francese di Montauban, scende verso Roma, passando da Siena, Buonconvento, San Quirico d’Orcia, dove riposa, e il giorno dopo pranza al mulino del Paglia per arrivare la sera ad Acquapendente. Nei giorni successivi tocca Bolsena, Viterbo, Sutri, e Cesano per arrivare infine a Roma.76 1355 – Viaggio da Avignone a Roma per l’incoronazione imperiale di Carlo IV del cardinale Pietro di Columbario, accompagnato da Giovanni Porta che descrive minutamente le tappe del viaggio.77

76 Cfr. “Les livres de comptes des frères Bonis, marchands montalbanais du XIVème siècle” / E. Forestié. – In : «Archives Historiques de la Gascogne», t. XX et XXI, Paris-Auch 1890-1891. 77 MGH “Iohannis Porta de Annoniaco liber de coronazione Karoli IV. Imperatoris” / edidit Richardus Salomon. – Hannoverae et Lipsiae : Impensis Bibliopolii Hahniani, 1913. – (Scriptores rerum Germanicarum in usum scholarum ex Monumentis Germaniae Historicis separatim editi). 16