TITOLO La meglio gioventù REGIA INTERPRETI , , , , , , GENERE Drammatico DURATA 360 min. Bianco e Nero - Colore PRODUZIONE Italia – 2003 Premio 2004 – Premio Nastri d’argento 2004 – Premio “Città di Roma” – Arc- En-Ciel Latin – Globo d’oro 2004 per miglior regista, per migliore sceneggiatura – Globo d’oro speciale (Adriana Asti) – Gran Premio Stampa Estera. La storia di una famiglia italiana dalla fine degli anni Sessanta a oggi. Al centro le vicende di due fratelli, Nicola e Matteo che all’inizio condividono sogni, speranze, letture e amicizie finché l’incontro con Giorgia, una ragazza psichicamente disturbata, non segnerà il destino di entrambi: Nicola deciderà di diventare psichiatra, Matteo di abbandonare gli studi ed entrare in polizia. Accanto a loro i genitori, Angelo e Adriana e due sorelle: Giovanna, entrata giovanissima in magistratura e Francesca, la minore, che sposerà Carlo, il migliore amico di Nicola, destinato a un importante ruolo alla Banca d’Italia e per questo motivo nel mirino dei terroristi durante gli anni di piombo.

Un tempo passato, una giovinezza ormai andata, un presente che attende di essere vissuto. La meglio gioventù racconta la storia dell’Italia negli anni che vanno dall’estate del 1966 alla primavera del 2000 attraverso le vicende e gli occhi di una famiglia che guarda, osserva e vive il suo tempo: dall’alluvione di Firenze alle vicende di Tangentopoli, passando per la contestazione giovanile del ’68, la nascita del terrorismo, la crisi della FIAT agli inizi degli anni ’80, la protesta di Bossi prima maniera, la strage del giudice Falcone e della sua scorta. Ne viene fuori un profilo lucido e disincantato, una storia amara e difficile, lunga e tortuosa come le anse di un fiume in piena, carico di potenza, devastante, affascinante, irresistibile. Il registro è asciutto ed esplicito, emancipato, ma prudente per non trascurare i vincoli strutturali del linguaggio del piccolo schermo; il pubblico si insinua nel privato, compenetrandosi con naturalezza; le vicende personali si evolvono sugli stimoli dell’attualità civile; il passaggio generazionale dagli anni ’60 ad oggi appare tormentato; emerge il bisogno di ordine che porta al nichilismo, l’accettazione della incompiutezza e della casualità come strada che porta all’armonia esistenziale.

I personaggi attraversano la storia con il coraggio di chi vuole tentare di cambiare qualcosa, di chi vuole lasciare anche solo un’ombra che possa contribuire a modificare il presente per migliorare il futuro, o di chi rimane ai margini perché impegnato a dare un senso alla propria vita.

E’ un film “coraggioso”, perché non è impresa da poco voler raccontare i mali del Belpaese della seconda metà del Novecento; “costruito”, perché appare chiaro l’intento di sfruttare eventi di cronaca per arrivare meglio al cuore dello spettatore; “imponente”, perché esso dura poco più di 6 ore; ma è anche un film colto e consapevole: affronta tematiche che hanno attraversato e modificato, anche con brucianti lacerazioni, il costume italiano, questioni come l’apertura dei manicomi o la piaga dell’inquinamento industriale o l’accettazione dell’omosessualità come diversità e non come malattia.

La meglio gioventù è un omaggio a maestri italiani del cinema: a Pasolini poeta – il titolo è eguale a quello di una raccolta di poesie dello scrittore – e a Pasolini regista, a Rossellini, a Scola, ma soprattutto a Visconti, al Visconti di “Rocco e i suoi fratelli”, ma ancor più de “Il Gattopardo”. Il metodo di analisi che usa il regista Marco Tullio Giordana è lo stesso e simili sono le conclusioni alla quali giunge: quelle enunciate da uno dei primi inquisiti per le tangenti milanesi, durante lo svolgimento di una perizia psichiatrica, sembrano le stesse che enuncia Tomasi di Lampedusa quando afferma che niente è cambiato e che chi fino ad allora ha prosperato, brigando e imbrogliando, continuerà a farlo. La regia di Giordana è magistrale: la macchina da presa si intrufola nell’interno dei personaggi, seguendo ogni loro muscolo e interpretandone ogni piccolo movimento; essi si svelano del tutto, non rifuggono dal mostrarsi.

E’ un film commovente grazie ad una fotografia calda e palpitante, partecipe delle emozioni dei protagonisti; coinvolgente grazie a dialoghi che colpiscono per l’originalità e la profondità, sempre aderenti alle vicende, mai sopra le righe, a volte appassionanti e significativi, a volte amari e disincantati. Regia e sceneggiatura saturano, in una profonda emozione schermica, gioie e tragedie tra gli Animals con The house of the Rising Sun e Astor Piazzola con Oblivion, tra la sotterranea umanità torinese e la caotica familiarità della capitale; è di incombente laconicità la scena del suicidio: quelle scarpe lasciate sul terrazzo, il funerale con quel groviglio di ombrelli scuri che si “apre” per lasciar passare la bara lucente.

Tutta la storia è racchiusa tra due dialoghi: in apertura “… lasci questo paese…. è un paese bello e inutile, da distruggere: tutto rimane uguale e immobile, in mano a i dinosauri.” e verso la fine “è l’Italia che hanno fatto i nostri padri, mi creda” “no, mio padrino, mi creda anche lei…”

Marco Tullio Giordana mostra una spiccata attitudine alla storiografia, sa calare se stesso e lo spettatore nel clima degli anni che hanno segnato la sua formazione politica ed intellettuale, gli anni ’60 e ’70 raccontati lungo percorsi narrativi dove riesce a fondere nello stesso quadro i crimini e le virtù della sua generazione, senza mai cedere alla tentazione di abbandonarsi ad un moralismo sterile e manieristico.

Egli quindi sembra convinto che il vissuto, il presente, quindi le scelte personali di ognuno di noi, dall’amore alle professioni, ciò che accade intorno non lascia via di scampo, ogni reazione è provocata da un’azione, come nelle leggi della fisica, l’uomo, protagonista del suo tempo agisce perché deve, perché gli è necessario.

“Il progetto – spiega il regista – è nato prima del mio arrivo da un’idea degli sceneggiatori Sandro Petraglia e Stefano Rulli, che col produttore Angelo Barbagallo hanno proposto alla Rai di raccontare in più puntate una saga familiare che ripercorresse i principali avvenimenti dell'Italia dagli anni 60 a oggi. Il cinema italiano ha raccontato spesso le saghe familiari, da Visconti a Scola fino a ; ho cercato, come in un romanzo dell'800, di raccontare i personaggi, con emotività ma senza sovraccarichi".